RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 211 - Testo della Trasmissione di mercoledì 30 luglio 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il celebre Miserere, salmo sulla fragilità dell’uomo e la gioia del peccatore convertito, nella catechesi del Papa all’udienza generale nella residenza di Castel Gandolfo

 

Nella suggestiva cornice dei Giardini Vaticani ieri sera, per la festa di Santa Marta, la tradizionale recita del Santo Rosario, dedicato quest’anno a Giovanni Paolo II nel 25.mo di Pontificato.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La guerra civile in Liberia: rischio di catastrofe umanitaria se non si pone fine ai combattimenti tra governativi e ribelli. Con noi, il giornalista Massimo Alberizzi, la missionaria suor Annella Gianoglio e padre Carmine Curci

 

“La diversità è una risorsa, non una minaccia”: così a Loreto il Convegno sulle migrazioni promosso dai missionari scalabriniani.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Anche i valori dell’Illuminismo derivano dal Vangelo: lo ricorda il vescovo Amédée Grab nel dibattito sulle radici cristiane d’Europa

 

Moratoria sulla pena di morte in Illinois: firmata dal governatore una legge che rende più difficili le esecuzioni

 

In Spagna, la riforma della legge sulla fecondazione assistita migliora quella precedente: il commento della Chiesa spagnola sul progetto proposto dal governo di Madrid

 

Appello del vescovo di Ajaccio, in Corsica, contro la piaga degli incendi estivi

 

In Piemonte, convegno per i laici marianisti di tutta Europa su temi della nuova evangelizzazione e della missionarietà

 

Eletta la nuova superiora generale delle Suore Figlie dell’Oratorio.

 

24 ORE NEL MONDO:

Dopo un nuovo messaggio di Saddam, la Casa Bianca sempre più decisa a trovare il deposto presidente iracheno

 

Il presidente americano Bush esprime soddisfazione per i progressi compiuti nell’itinerario di pace della “Road Map”

 

Sempre più drammatica la situazione in Libera, dove il presidente Taylor ha respinto una proposta di tregua avanzata dai ribelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 luglio 2003

 

IL MISERERE, SALMO SULLA FRAGILITA’ DELL’UOMO E LA GIOIA

DEL PECCATORE CONVERTITO, COMMENTATO STAMANI DA GIOVANNI

PAOLO II ALL’UDIENZA GENERALE A CASTEL GANDOLFO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

Un componimento sacro, che indica i limiti e la fragilità dell’uomo, ma è anche latore di un messaggio di speranza. Circondato dall’affetto di duemila fedeli riuniti nel cortile del Palazzo pontificio di Castel Gandolfo, Giovanni Paolo II ha dedicato la catechesi dell’udienza generale al Salmo 50, il celebre Miserere. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

 

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Un’oasi di meditazione, dove “scoprire il male che si annida nella coscienza ed invocare dal Signore purificazione e perdono”. Così, il Papa ha tratteggiato il Miserere “Pietà di me, o Signore”. Un salmo che mostra, in tutta la sua gravità, il “limite e la fragilità della creatura umana, la sua capacità di seminare male e violenza, impurità e menzogna”. Ma che al tempo stesso contiene un “messaggio di speranza”, per il peccatore convertito. Il Papa ha messo l’accento sulla gioia dell’orante consapevole di essere stato perdonato dal Signore. Intima gioia, che “sperimenta l’anima purificata dal male e perciò liberata dal rimorso”. Proseguendo, poi, il commento del salmo davidico, ne ha rimarcato il passaggio in cui si evidenza come il sacrificio più gradito al Signore non sia l’olocausto dei tori e di agnelli, ma piuttosto “il cuore affranto e umiliato”. D’altro canto, ha aggiunto, il Miserere si conclude con una prospettiva diversa: dalla supplica di un singolo peccatore si passa a una preghiera per la ricostruzione della città di Gerusalemme. Un passo, ha spiegato, che è un’aggiunta posteriore, perché il salmo non si restringa a una preghiera individuale. Viene, inoltre, ridimensionato il rifiuto divino dei sacrifici rituali, “perché si trattava di un culto prescritto da Dio nella stessa Torah”. Un’intuizione valida, giacché il salmista ha capito la necessità in cui si trovano i peccatori, la necessità di “una mediazione esterna efficace”:

 

“Il Nuovo Testamento rivelerà il senso pieno di questa intuizione mostrando che con l’offerta della sua vita, Cristo ha effettuato una mediazione sacrificale perfetta”.

 

Il Papa ha, quindi, ricordato come nelle Omelie su Ezechiele, San Gregorio Magno abbia colto la differenza di prospettiva presente nel Miserere applicando il verso 19, “che parla di spirito contrito all’esistenza terrena” e il verso 21, “che parla di olocausto alla Chiesa nel cielo”:

 

“In entrambi si offrono le carni, perché qui l’oblazione della carne è la mortificazione del corpo, lassù l’oblazione della carne è la gloria della risurrezione nella lode a Dio”.

 

Prima di accomiatarsi, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ad un centinaio di fedeli di Banja Luka, presenti all’udienza. Giovanni Paolo II ha ricordato la recente visita in Bosnia ed Erzegovina, durante la quale ha proclamato beato Ivan Merz. E qui ha sottolineato che vanno scelti “autentici valori umani e religiosi per essere in grado di costruire una società fondata sulla verità, sulla giustizia e sul rispetto della dignità di ogni essere umano”. Infine, si è detto lieto di accogliere tre gruppi di religiosi in occasione dei Capitoli generali dei propri Istituti: gli Oblati di Maria Vergine, le Suore di Santa Marta e le Religiose Riparatrici del Sacro Cuore.

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NOMINA IN ACCADEMIA PER LA VITA E RINUNCIA CON SUCCESSIONE IN HAITI

 

Il Papa ha nominato membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita il prof. Jaroslav Sturma, illustre studioso della Repubblica Ceca, docente di Psicologia infantile e Psicologia della religione all’Università Carlo di Praga.

 

La Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II nel 1994, è composta da 70 membri ordinari nominati dal Santo Padre, sulla base della loro professionalità e competenza. Vi appartengono anche membri corrispondenti, nominati dal Consiglio Accademico, che operano in Istituti e Centri di studio sulla cultura della vita. Gli accademici sono scelti senza alcuna discriminazione  religiosa o nazionale. Essi firmano l’Attestazione dei Servitori della Vita e si impegnano ad agire in conformità con il Magistero della Chiesa.

 

L’Università Carlo, fondata da Carlo IV di Boemia nel 1348, è la più antica dell’Europa centrale ed ha avuto grande importanza nella cultura e nella formazione di una coscienza nazionale della popolazione cèca.

 

In Haiti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Les Gonaives, presentata dal vescovo mons. Emmanuel Constant, per raggiunti limiti di età. Al suo posto, succede il presule mons. Yves-Marie Péan, della Congregazione di Santa Croce, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.

 

 

 

 

 

 

NELLA SUGGESTIVA CORNICE DEI GIARDINI VATICANI SI È SVOLTA IERI SERA

IN OCCASIONE DELLA FESTIVITÀ DI SANTA MARTA, LA TRADIZIONALE RECITA

DEL SANTO ROSARIO, DEDICATO QUEST’ANNO

AL 25.MO ANNO DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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(Canto Ave Maria)

 

Tra le aiuole ordinate, gli alberi ad alto fusto, gli arbusti, le piante decorative e la ricca vegetazione dei Giardini Vaticani, situati alle spalle della Basilica San Pietro, il chiarore delle fiaccole ha accompagnato ieri sera, in occasione della festività di Santa Marta, la tradizionale recita del Santo Rosario. L’iniziativa è stata promossa dal Vicariato della Città del Vaticano con la preziosa collaborazione dell’Associazione impegnata nel volontariato dei Santi Pietro e Paolo, in occasione del XXV anno di pontificato di Giovanni Paolo II. La processione “aux flambeaux”, alla quale hanno partecipato oltre 200 persone, ha avuto inizio nel piazzale dell’Eliporto, l’area adibita ai trasferimenti in elicottero del Papa a Castel Gandolfo ed in altre località prossime al Vaticano. Dopo la recita del I mistero davanti alla effige della Madonna di Czestochowa la sosta successiva è avvenuta dinanzi al monumento raffigurante l’apparizione, avvenuta nel 1531, della Madonna di Guadalupe all’indio messicano, San Juan Diego. Completato il suggestivo viale degli Olivi, la processione si è fermata prima dinanzi alla statua della Madonna di Fatima e, successivamente, davanti alla grotta della Madonna di Lourdes. Il V mistero è stato recitato di fronte alla Madonna della Guardia dove le suore carmelitane di clausura, volute dal Santo padre come fiaccole oranti all’interno del Vaticano, hanno anticipato con una preghiera il canto del “Salve Regina”. La celebrazione si è conclusa con i mottetti mariani eseguiti dalla corale della pontificia parrocchia di Sant’Anna ed intramezzati dalla lettura, di Claudio Capone, del XXXIII canto del Paradiso. Sulla manifestazione di ieri, che ha voluto unire, nella preghiera, le “Marie” della vita contemplativa con le “Marte” della vita attiva, ascoltiamo la testimonianza di don Giorgio, uno dei sacerdoti partecipanti a questo significativo momento di spiritualità.

 

R. – Come tra Marta e Maria c’era un rapporto molto intenso, anche se due stili diversi di accogliere il Signore, penso che nella Chiesa tutti, chi lavora e chi si dedica alla vita contemplativa, debbano avere un’unica e comune radice, quella dell’attenzione alla presenza del Signore nella loro vita. Pensiamo al messaggio bellissimo di San Benedetto “Prega e lavora” anche se ovviamente ogni persona privilegia un impegno maggiore nella contemplazione o un impegno maggiore nella vita attiva, ma le due vocazioni non sono contrapposte ma sono riconducibili alla esperienza della fede.

 

D. – I giardini vaticani sono indubbiamente un eccezionale scenario per la recita del Rosario. Ma il teatro più importante è sicuramente quello del cuore. Come incastonare, dunque, questa preghiera tra le cornici dell’anima?

 

R. – La preghiera del Rosario è una preghiera molto semplice, anche se evidentemente è una preghiera che invita ad essere vissuta in profondità. La contemplazione dei Misteri ed il ripetere con intensità di affetto una lode alla Madonna, o un’invocazione alla Madonna, sono certamente qualche cosa che deve trovare nel cuore la sua radice.

 

D. – La recita delle Litanie mariane al chiarore delle fiaccole disegna un tracciato illuminato dalla fede. QQQQuale luce può proiettare la preghiera nelle nostre vite?

 

R. – La preghiera non ci dispensa dalla fatica di ogni giorno, dalle difficoltà che la vita porta con sé, a volte dagli smarrimenti, dalle sofferenze, ma nello stesso tempo la preghiera ci dà un punto di riferimento al Signore e quindi è un modo con cui noi cerchiamo di tenere saldo questo rapporto con il Signore attraverso le vicende di ogni giorno. La preghiera ci aiuta a vivere ogni esperienza con la certezza che il Signore accompagni i nostri passi nella gioia e nel dolore.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

La prima pagina sottolinea che, nell'udienza generale, è stato compiuto “ancora un passo” del viaggio apostolico a Banja Luka: Giovanni Paolo II incontra gli studenti del liceo frequentato dal beato Ivan Merz.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

Un articolo di Pasquale Puca sul volume di Jean Claud Dhotel: “Ignazio di Loyola, chi sei?”

Un articolo di Remo Baronti sulla testimonianza del cardinale Domenico Tardini nel quarantaduesimo anniversario della morte.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: Israele non sospende la costruzione di un muro di separazione con i Territori occupati.

Liberia: svanisce in poche ore la speranza di una tregua.

Iraq: nuove minacce di Saddam contro le truppe Usa.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Elisabetta Pozzetti sulla mostra - a Reggio Emilia - dedicata a Camille Claudel.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia: il ministro sblocca le rogatorie e il Senato gli conferma la fiducia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 luglio 2003

 

LA GUERRA CIVILE IN LIBERIA: RISCHIO DI CATASTROFE UMANITARIA

SE NON SI PORRA’ FINE AI COMBATTIMENTI TRA RIBELLI E GOVERNATIVI:

CON NOI, MASSIMO ALBERIZZI, SUOR ANNELLA GIANOGLIO E PADRE CARMINE CURCI

- Servizio di Giancarlo La Vella -

 

 

Non passa giorno che le cronache dalla Liberia non parlino di nuovi attacchi. A fronteggiarsi i ribelli del Lurd, i Liberiani Uniti per la Riconciliazione e la Democrazia, e quelli del Model, Movimento per la Democrazia in Liberia, e i militari governativi del controverso presidente Charles Taylor. Sul piatto della contesa probabilmente la gestione delle immense ricchezze naturali del Paese africano, mentre la popolazione civile guarda attonita e terrorizzata lo svolgersi della battaglia quotidiana, non sapendo se abbracciare l’incognita del cambiamento, fidandosi di sigle apparentemente tranquillizzanti, o rimanere ancorata al presente, difficile, ma conosciuto. Fatto sta che le vere vittime della situazione sono i civili che, fuggendo dagli scontri, vagano alla ricerca di cibo, e acqua, praticamente introvabili. Ieri, quando la battaglia ha coinvolto il centro di Buchanan, si è temuto per la sorte della missione della Consolata, ma, da quanto riferisce da Monrovia, l’inviato del Corriere della Sera, Massimo Alberizzi, i ribelli entrati nella città si sono comportati correttamente:

 

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I ribelli mi sembra si siano comportati molto bene. Ci sono due suore italiane che sono a Buchanan, che hanno parlato con loro, e hanno riferito di essere state trattate umanamente. I ribelli sono entrati nella residenza, loro li hanno pregati, per favore, di non rubare neanche la macchina, perché hanno una clinica e quindi la macchina serve per trasportare gli ammalati ed i ribelli gliela hanno lasciata. Almeno fino a ieri sera, l’ultima volta che ho sentito le suore, stavano bene, in buone condizioni, i ribelli non hanno torto un capello, né a loro, né al resto della popolazione, ed infatti la città non è stata saccheggiata, come di solito invece accade in questi casi.

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E proprio suor Annella Gianoglio, del convento delle Missionarie della Consolata, nella città di Harbel, conferma che il vero dramma in questo momento in Liberia è la difficilissima situazione umanitaria che coinvolge la gente comune:

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Quello che manca è il cibo, la sicurezza e il posto dove stare. La gente è arrivata allo stremo. Tutto quello che avevano l’hanno consumato. Non arriva più niente. E’ stato tutto saccheggiato da questi gruppi ribelli che prima attaccano, e allora la gente scappa spaventata, poi vanno nelle case abbandonate e saccheggiano tutto. I civili sono tutti fuggiti e non hanno accesso ad alcun bene di prima necessità. Ci sono stati tanti di quegli attacchi, che alcuni hanno già cambiato posto moltissime volte. Quindi rimangono prostrati, distrutti anche psicologicamente, senza più capacità di reagire. Poi l’acqua che c’è non è pulita e questo provoca le malattie: il colera senz’altro si sta sviluppando un po’ dappertutto. Non è possibile avere una condizione di igiene anche minima. E’ una situazione catastrofica.

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Una delle soluzioni della crisi in Liberia è, secondo la comunità internazionale, l’invio di una forza multinazionale di interposizione su cui lo stesso segretario generale dell’Onu, Kofi Annan sta lavorando non senza incontrare difficoltà. Dovrebbero farne parte militari della Nigeria, dislocati attualmente in Sierra Leone, ma Abuja chiede garanzie economiche. Ma l’invio della forza multinazionale rappresenta veramente la soluzione alla guerra civile liberiana? Lo abbiamo chiesto al direttore della rivista Nigrizia, padre Carmine Curci:

 

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R. - Per lo meno per la povera popolazione verrà un momento di respiro e soprattutto le forze multilaterali possono mantenere un certo ordine e consentire alla Comunità internazionale di portare gli aiuti umanitari.

 

D. – Quindi caschi blu in chiave senz’altro umanitaria. Ma possono essere utilizzati anche in chiave politica, cioè per fare andare d’accordo ribelli e governativi che in questo momento si combattono?

 

R. – E’ molto difficile. Il movimento di guerriglia del Lurd è stato molto chiaro: come primo passo. Charles Taylor deve andare via. Questo è l’obiettivo principale, dopodiché si potrà ricominciare a discutere un piano politico alternativo. Anche Charles Taylor, dalla sua, è stato molto chiaro: andrà via solo dopo che arriveranno le forze internazionali. Ma i ribelli hanno paura che Charles Taylor, che non è nuovo ad imbrogliare le carte politiche, possa restare nel Paese.

 

D. - Che cosa c’è dietro questa guerra in Liberia, quale supremazia è in gioco tra governo e i distinti gruppi ribelli?

 

R. – Da una parte si sapeva chi era Charles Taylor, dall’altra parte non sappiamo ancora chi sono i gruppi del Lurd e del Model, quindi siamo lì in attesa anche di scoprire chi sono questi ribelli e di scoprire anche che intenzione hanno. La nostra unica e seria preoccupazione è che questa gente si chiede perché deve soffrire in mano di capi che per anni hanno gestito poco e male la cosa pubblica, sfruttando i diamanti, le foreste e tutti gli interessi e sfruttando soprattutto la povera gente.

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“LA DIVERSITA’ E’ UNA RISORSA, NON UNA MINACCIA”:

E’ QUANTO SI AFFERMA A LORETO AL CONVEGNO EUROPEO SULLE MIGRAZIONI

PROMOSSO DAI PADRI SCALABRINIANI

- Servizio di Giovanni Peduto –

 

 

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Dai tavoli di lavoro del VI Meeting internazionale delle migrazioni si auspica il raggiungimento di una nuova consapevolezza attorno al tema dei flussi migratori: occorre vivere la diversità come una fonte di ricchezza non di paura. Il futuro sta qui: occorre partire dalle scuole, educare i bambini ad una nuova normalità, in cui popoli diversi possano convivere dentro frontiere allargate, conservando la propria identità religiosa e culturale. La migrazione va ormai considerata come un evento normale, non più eccezionale. In un mondo globalizzato come quello d’oggi, dove merci, informazioni e risorse viaggiano senza frontiere, sarebbe anacronistico alzare barriere contro il flusso di persone. L’Europa, con la sua storia di democrazia e libertà, dovrà dare un contributo decisivo verso una nuova cooperazione mondiale a livello economico, sociale e culturale. Come ha detto il Santo Padre nella sua recente esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, “dire Europa deve voler dire apertura”.

 

L’Europa ha registrato un milione e 400 mila entrate nell’ultimo anno, rispetto alle 850 mila di Stati Uniti e Canada assieme. Una realtà ben diversa dalla situazione negli anni ’50, ’60 e ’70, quando il fenomeno migratorio in Europa si considerava transitorio. Oggi l’Europa deve accantonare la paura e la diffidenza, e guardare ad un futuro di condivisione e cooperazione.

 

Mons. Amédée Grab, vescovo di Coira, in Svizzera, e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee ha sottolineato come le migrazioni, così come sono strutturate ora, non possono essere la soluzione ai problemi del mondo. La dimensione dell’accoglienza è fondamentale. La Chiesa è un popolo di migranti: per questo è impensabile una vita da cristiani che prescinda da un’apertura incondizionata verso qualsiasi tentativo di flusso migratorio. Serve, dunque, un rimodellamento della politica europea in tema di immigrazione, rimodellamento che può essere attuato solo se il Vecchio Continente si lascia alle spalle i retaggi di quella cultura improntata al nazionalismo e all’idea di fortezza che l’ha contraddistinto nell’800 e nel primo ‘900 e ritrova se stesso, le sue radici, la vitalità delle sue origini cristiane che la prepareranno all’accoglienza.

 

“Il Meeting internazionale di Loreto rappresenta un’occasione importante di riflessione su temi fondamentali per lo sviluppo del nostro pianeta”, ha scritto il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, nel telegramma di saluto, aggiungendo: “Di fronte alle complesse modificazioni sociali, culturali ed economiche della società, dobbiamo rafforzare l’impegno per la pace e la convivenza fra i popoli, fondato sulle radici comuni delle diverse civiltà nel segno dei diritti dell’uomo. Nella consapevolezza che la formazione e l’educazione dei giovani rappresentano un punto di forza per coniugare sviluppo economico e giustizia sociale, rivolgo a tutti i partecipanti – conclude il messaggio del capo dello Stato – un cordiale saluto augurale”.

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CHIESA E SOCIETA’

30 luglio 2003

 

NOTA DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE

SULLE RADICI CRISTIANE D’EUROPA. I VALORI ILLUMINISTICI SUI QUALI SI VUOLE

COSTRUIRE L’EUROPA – SCRIVONO I VESCOVI –

DERIVANO DIRETTAMENTE DAL VANGELO

 

SAN GALLO. = “Nell’Europa in costruzione si sta ponendo l’attenzione più sulle radici illuministe che cristiane, quasi si giocasse al ribasso, alla ricerca di un minimo comune denominatore, senza tenere conto che, come più volte ha detto il Papa, gli stessi valori dell’illuminismo sono nati dai valori cristiani”. E’ quanto scrive, nell’editoriale del settimanale SirEuropa, il vescovo svizzero Amédée Grab, presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee). Secondo mons. Grab, infatti, la celebre triade rivoluzionaria “libertà, uguaglianza e fraternità” non deriva da altre culture, ma si radica direttamente nel Vangelo vissuto in Europa per diciotto secoli. I valori universali, propagati anche dall’umanesimo illuministico quindi non sono estranei alla Chiesa, ma solo alla luce del cristianesimo rivelano la loro pienezza e profondità. Il presule ricorda l’esortazione post sinodale “Ecclesia in Europa” nel quale Giovanni Paolo II parla dell’offuscamento della speranza che circola nei nostri giorni e della tendenza a rinnegare le radici cristiane del continente, fondamento per affrontare con forza la storia futura. Secondo mons. Grab, “serpeggia” in Europa una forma di illuminismo che tende a diffondere norme minime di convivenza umana tollerabili per tutti secondo un tacito relativismo. Il vescovo denuncia questo pensiero “debole” che impedisce il confronto con i grandi temi della vita e dell’esser umano. Un pensiero, conclude mons. Grab, che genera anche nei cristiani, la difficoltà ad impegnarsi per tutta la vita sia nelle vocazioni religiose e sacerdotali che nel matrimonio. (M.A.)

 

 

DOPO LA MORATORIA CHE A GENNAIO HA COMMUTATO 167 CONDANNE A MORTE

IN ALTRETTANTI ERGASTOLI, CONTINUA IN ILLINOIS L’ATTIVITÀ PER RENDERE

PIÙ GIUSTO IL SISTEMA GIUDIZIARIO. IL GOVERNATORE HA FIRMATO IERI

UNA LEGGE CHE RENDE PIÙ DIFFICILE LA CONDANNA A MORTE DEGLI IMPUTATI

 

SPRINGFIELD. = Prosegue nello stato americano dell’Illinois la lotta contro gli errori giudiziari che possono causare la condanna a morte degli imputati. Il governatore democratico, Rod Blagojevich, ha firmato ieri una legge che rende più difficile per i procuratori ottenere la condanna a morte di un imputato e dà la possibilità  ai  detenuti  di mettere i loro difensori alla pari dell’accusa. L’iniziativa continua l’opera del predecessore repubblicano, George Ryan, che a gennaio aveva annullato le condanne di tutti i 167 detenuti nel braccio della morte e scarcerato quattro condannati risultati poi innocenti. Il nuovo governatore ha mantenuto in vigore questa moratoria sulle esecuzioni e, inoltre, ha garantito che nessuno sarà messo a morte in Illinois fino a quando, a suo avviso, la legislazione sarà a prova di errori giudiziari. La legge firmata da Blagojevich permette alla Corte Suprema dello Stato di cancellare una condanna a morte per ragioni diverse dagli errori procedurali. Il provvedimento va ad aggiungersi ad una legge varata poco tempo fa dal Parlamento locale, che ha fatto diventare l’Illinois il primo Stato a richiedere l’obbligo per le forze dell’ordine di registrare confessioni di omicidi. (M.A.)

 

 

LA RIFORMA DELLA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA IN SPAGNA

MIGLIORA QUELLA PRECEDENTE. TUTTAVIA SERVONO ULTERIORI PASSI PER GARANTIRE ALL’EMBRIONE LA DIGNITÀ DOVUTA ALL’ESSERE UMANO.

QUESTO IL COMMENTO DELLA CHIESA SPAGNOLA SUL PROGETTO

PROPOSTO IN QUESTI GIORNI DAL GOVERNO DI MADRID

 

MADRID. = La Conferenza episcopale spagnola ha pubblicato la nota di commento alla riforma della legge per la fecondazione in vitro e la sperimentazione sugli embrioni varata in questi giorni dal governo. La riforma permette la ristretta ricerca scientifica sugli embrioni congelati da più di cinque anni, tramite il consenso di uno specifico comitato e dei genitori. “Disgraziatamente – si legge nel documento – la riforma che il governo pensa di realizzare è insoddisfacente. Secondo la dottrina morale cattolica la riforma dovrebbe porre la scienza al servizio della salute e della integrità fisica e spirituale delle persone, senza essere utilizzata mai per disporre mezzi che soppiantino la relazione interpersonale che sta alla base della procreazione a beneficio di una tecnica di produzione di esseri umani. L’embrione umano – scrivono i presuli - merita il rispetto dovuto alla persona umana. Non è una cosa né un mero aggregato di cellule vive, ma il primo stadio dell’esistenza di un essere umano. Da questi principi deriva la non-liceità morale delle possibili investigazioni realizzate sugli embrioni umani che producessero danno o ne causassero la morte”. Il progetto del governo contempla la risoluzione del gravissimo problema degli embrioni esistenti custoditi nei laboratori, che in Spagna, secondo fonti ufficiali, sono circa 35 mila e potrebbero essere destinati alla ricerca o rimanere per anni congelati. “Mantenere congelati gli embrioni umani in una situazione abusiva contro queste vite -  continua la nota - può essere comparato all’accanimento terapeutico. Procedere alla decongelazione è porre fine a tale abuso e permettere che la natura segua il suo corso, cioè, produca la morte. Lasciare morire in pace, non è lo stesso che uccidere”. Tuttavia i vescovi riconoscono che la riforma rappresenta un miglioramento rispetto alle precedente legge del 1988, ma è necessario compiere passi ulteriori. “Sono in gioco – conclude la nota – diritti umani fondamentali come il diritto alla vita e i diritti della famiglia. La scienza e la tecnica devono porsi al servizio delle persone e della giustizia nella convivenza e nella libertà”. (M.A.)

 

 

APPELLO DEL VESCOVO DI AJACCIO, NELL’ISOLA MEDITERRANEA DELLA CORSICA,

CONTRO LA PIAGA DEGLI INCENDI ESTIVI. “LA NOSTRA FEDE CRISTIANA – RICORDA

IL PRESULE – CI FA AFFERMARE CHE DIO CI HA DONATO QUESTA TERRA PER GESTIRLA CON SAGGEZZA. PER QUESTO TUTTO CIÒ CHE LE RECA OFFESA È UN’OFFESA A DIO”

 

AJACCIO. = Le terre che si affacciano sul Mediterraneo con la loro caratteristica “macchia” sono famose in tutto il mondo per la loro bellezza. Purtroppo durante l’estate, questa meraviglia del Creato è spesso rovinata da incendi dolosi, che non di rado minacciano la sicurezza degli stessi abitanti. Per questo il vescovo di Ajaccio, nell’isola francese della Corsica, mons. André Lacrampe, ha diffuso ieri un messaggio nel quale manifesta la sua profonda preoccupazione. Il presule definisce criminali gli atti che distruggono queste terre e portano gravi danni a coloro che lavorano per il loro sviluppo. “Le distruzioni e i danni provocati – scrive il presule - suscitano pena, tristezza, indignazione e costernazione”. Da questo stato d’animo nasce l’impegno per la tutelare dell’ambiente. “Non possiamo rassegnarci né ad essere complici di tali fatti, né a banalizzare questi crimini – esorta mons. Lacrampe - specialmente se si ama questa terra, se la si vuole servire nel rispetto della vita e del bene comune. E’ tempo di risvegliarci”. La piaga degli incendi infatti impoverisce le risorse di una comunità. Spazi che potrebbero essere dedicati al turismo, al tempo libero, a giardini o parchi sono abbruttiti e distrutti. Perciò il presule con fermezza sottolinea le conseguenze che nascono dall’appiccare dolosamente gli incendi. “La nostra fede cristiana – dice – ci fa affermare che Dio ci ha donato questa terra per gestirla con saggezza ed intelligenza. Ed è per questo che tutto ciò che le reca offesa è un’offesa a Dio”. (M.A.)

 

 

LAICI MARIANISTI PROVENIENTI DA TUTTA EUROPA A CONVEGNO IN PIEMONTE

SU TEMI DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E DELLA MISSIONARIETÁ

 

VERBANIA. = Si chiude oggi a Verbania, in Piemonte, sulla scia dell’esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Europa”, il Convegno europeo del laicato marianista, dedicato al tema della nuova evangelizzazione nel vecchio continente. "I laici hanno preceduto la nostra stessa fondazione ed ora puntiamo molto sulla collaborazione con loro, sui temi della nuova evangelizzazione e della missionarietà", ha spiegato all’agenzia  "Vidimus Dominum" suor Franca Zonta, superiora provinciale per l’Italia delle Suore Marianiste. Il convegno, che si era aperto sabato scorso, si è  concentrato soprattutto sul ruolo dei laici cristiani nell’Europa di oggi. Il movimento laicale marianista conta nel mondo 8 mila aderenti, di cui la metà in Europa. I partecipanti al convegno provengono soprattutto da Italia, Spagna, Francia, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca, Polonia. (M.D.)

 

 

LE SUORE FIGLIE DELL’ORATORIO HANNO ELETTO LA NUOVA SUPERIORA GENERALE.

E’ L’ITALIANA SUOR MARILENA BORSOTTI

 

PAVULLO. = La Congregazione della suore figlie dell’oratorio ha concluso in questi giorni a Pavullo, in provincia di Modena, il suo 14. mo capitolo generale. Nel corso dei lavori è stata eletta la nuova superiora generale, l’italiana suor Marilena Borsotti. Il tema del capitolo è stato “Ripartire da  Cristo per un cammino di santità più radicale, per una sequela più evangelica, per essere casa e scuola di comunione. (M.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 luglio 2003

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Massimo Donaddio -

 

 

Rimane sempre tesa la situazione in Iraq, dove le truppe americane trovano ancora opposizione in diverse fasce della popolazione civile. Per questo motivo, le istituzioni transitorie avrebbero avanzato la proposta di costituire una presidenza collegiale nel Paese, in rappresentanza delle varie fazioni presenti. Nel frattempo, nella città di Falluja, i militari statunitensi sperimentano un nuovo tipo di approccio con la popolazione locale. I soldati hanno infatti incontrato i capi delle tribù del posto e si sono ritirati dalle postazioni più visibili, riducendo anche il numero delle perquisizioni nei confronti dei civili. A Washington, invece, il numero due del Pentagono, Paul Wolfowitz, ha dovuto rispondere alle domande della commissione esteri del Senato, che lo ha sollecitato ad ottenere più aiuti dagli alleati per gestire la situazione in Iraq e limitare le perdite di soldati. La Casa Bianca, intanto,  ha confermato la propria ferma volontà di trovare Saddam Hussein e di catturarlo vivo o, se ciò non fosse possibile, di eliminarlo. Lo stesso ex-rais, d’altra parte, in un messaggio registrato e trasmesso ieri dall’emittente televisiva araba Al Arabya, avrebbe pianto i figli uccisi la settimana scorsa a Mossul e rilanciato la guerra santa contro gli invasori. Ma sentiamo Elena Molinari:

 

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Il messaggio, il quinto attribuito a lui emerso in questo mese, Saddam piange la morte di Udai e Qusai e del figlio di quest’ultimo, Mustafà, e li definisce martiri dell’Iraq. Più avanti ribadisce che l’America sarà sconfitta, ma secondo i generali Usa in Iraq, il cerchio attorno al deposto rais, che sembra si muova lungo il fiume Tigri, si sta stringendo. La notte scorsa, infatti, i soldati americani hanno catturato una sua guardia del corpo insieme ad un capo della sicurezza del regime e ad un leader della milizia dei fedain. Il raid è avvenuto a Tikrit, la città natale del dittatore e ora c’è la speranza che la guardia del corpo sappia esattamente dove si trovi Saddam. Intanto il Consiglio di governo transitorio iracheno ha deciso di affidare la dirigenza dell’Iraq ad una presidenza a rotazione di nove membri: 5 sciiti, 2 sunniti e 2 curdi. A turno ciascuno presiederà il Consiglio per un mese.

 

Elena Molinari, per la Radio Vaticana.

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Non si placano negli Stati Uniti i timori di un possibile clamoroso attentato da parte di Al Qaeda, la rete terroristica di Osama bin Laden. La Cia avrebbe raccolto informazioni attendibili sulla preparazione di un attacco verso obiettivi ed interessi americani, potenzialmente anche su suolo italiano, britannico o australiano. L’azione potrebbe avvenire prima del prossimo 11 settembre, data del secondo anniversario degli attentati contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Si temono in particolare, ancora una volta, i dirottamenti aerei: verranno perciò potenziati i controlli negli aeroporti statunitensi.

 

Sembra proseguire a piccoli passi la lunga strada verso la pace in Medio Oriente tracciata dalla “Road map”. È previsto in giornata un incontro, in una località non precisata, fra il ministro della difesa israeliano, Shaul Moffaz, ed il ministro per la sicurezza palestinese, Mohammed Dahlan. Nell’incontro si dovrebbe parlare di un possibile ritiro di Israele da due città palestinesi, verosimilmente Gerico e Qalqilya. Anche il presidente americano, George Bush, che ha incontrato ieri alla Casa Bianca il premier israeliano, Ariel Sharon, si è detto soddisfatto dei positivi sviluppi della situazione. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Lo stato di salute della ‘Road Map’ non sembra compromesso se Bush, al termine dell’incontro con Sharon, si è detto incoraggiato dai gesti positivi presi da Israele per far progredire il processo di pace. Bush ha tuttavia insistito nel dire che la creazione dello Stato palestinese indipendente, a cui tende la ‘Road Map’, dipenderà innanzitutto dalla fine degli attentati terroristici contro Israele, cioè dalla tenuta dell’attuale tregua. Sharon si è dapprima felicitato con Bush per il coraggio mostrato nel porre fine al regime dittatoriale di Saddam Hussein, si è complimentato quindi per la sua determinazione dinanzi alle minacce di altri Paesi della regione mediorientale, Iran e Siria in particolare, e per la fermezza verso i Paesi europei, e poi sulla barriera di sicurezza, di cui i palestinesi chiedono l’immediata sospensione e la totale demolizione, ha detto invece che Israele proseguirà nella sua costruzione evitando di dare dispiaceri alla popolazione. Una formula che non è stata per nulla apprezzata dal ministro dell’informazione palestinese che ha espresso la dura reazione del suo governo.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Cinque soldati russi sono morti per l’esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio militare nella repubblica russa dell’Inguscezia, nel Caucaso settentrionale. Secondo quanto hanno reso noto oggi fonti militari, la bomba, che era comandata a distanza, ha distrutto uno dei due camion del convoglio. L'attacco è avvenuto ieri sera presso il villaggio di Galashki, in un'area dove si sono verificati violenti scontri con i guerriglieri separatisti della vicina Cecenia.

 

Sembra destinata a peggiorare, purtroppo, la situazione della Liberia, Paese dove ieri il presidente liberiano, Charles Taylor, ha respinto un’offerta di tregua avanzata dai ribelli per permettere il dispiegamento di reparti di peacekeeping. I combattimenti sono ricominciati anche sul fronte di Buchanan, il secondo porto della Liberia situato un centinaio di chilometri a Sud-Est della capitale Monrovia. Ieri, intanto, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, aveva chiesto al Consiglio di sicurezza di approvare il dispiegamento di forze nigeriane nel Paese, ma i leader dell'Africa occidentale non hanno voluto fissare date precise per l’intervento. Sulla situazione del Paese africano ci riferisce Giulio Albanese:

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Non è durata neanche due ore la speranza che i ribelli governativi sospendessero i violenti combattimenti che da ormai 12 giorni sconvolgono Monrovia e dintorni. Il cessate-il-fuoco unilaterale, dichiarato dal rappresentante del Lurd, i colloqui di pace in corso in Ghana, è stato seccamente rifiutato ieri dal governo del presidente Charles Taylor che lo ha giudicato insoddisfacente. In realtà la gente a Monrovia ha saputo della tregua solo attraverso i bollettini radio, dal momento che i combattimenti in città sono proseguiti regolarmente, ed anzi, si spara dappertutto nel Paese africano. Nonostante i proclami e le dichiarazioni di sostegno da parte della Comunità internazionale, nessuno nei fatti, per il momento, sembra disposto a mandare i propri soldati nell’inferno di Monrovia e nel frattempo la gente è in condizioni disperate.

 

Per Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Il processo di pace in Somalia ha subito purtroppo un brusco rallentamento. Il presidente del governo di transizione somalo, Abdulkassim Salat Hassan, ha lasciato oggi i colloqui di pace in corso a Nairobi, in Kenya, ed ha fatto ritorno a Mogadiscio. Il capo di Stato africano ha rifiutato le proposte di mediazione avanzate da Kenya, Gibuti, Etiopia, Stati Uniti e Italia.

 

Trasferiamoci nelle Filippine, dove i ribelli del Fronte moro islamico di liberazione (Milf), il più grande movimento della guerriglia dell’arcipelago asiatico, hanno dichiarato di avere comperato le proprie armi da alcuni militari dell’eser-cito regolare filippino, confermando una delle accuse formulate dai circa trecento ufficiali e soldati che si erano ammutinati domenica scorsa a Manila. Il Fronte moro era stato in effetti nominato dagli ammutinati come uno dei gruppi terroristici cui una corrotta gerarchia militare avrebbe venduto armi. Il portavoce dei ribelli ha però precisato che non esiste collusione fra musulmani e il potere centrale dello Stato. A causa del clima di agitazione che si registra nell’esercito dalla fine del tentativo di insurrezione, si è dimesso dal suo incarico il generale Victor Corpus, capo dei servizi segreti filippini.

 

Continuiamo a parlare del Continente asiatico e andiamo in Cambogia, dove, in attesa dei risultati delle elezioni legislative svoltesi domenica, si moltiplicano già le accuse di brogli da parte delle formazioni politiche di opposizione nei confronti del partito governativo e del primo ministro uscente Hun Sen. I risultati delle votazioni si conosceranno il prossimo 8 agosto. 

 

 

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