RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 211 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 30 luglio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Appello del vescovo di Ajaccio, in Corsica, contro la piaga
degli incendi estivi
Eletta la nuova superiora generale delle Suore
Figlie dell’Oratorio.
Dopo
un nuovo messaggio di Saddam, la Casa Bianca sempre più decisa a trovare il
deposto presidente iracheno
Il
presidente americano Bush esprime soddisfazione per i progressi compiuti
nell’itinerario di pace della “Road Map”
Sempre
più drammatica la situazione in Libera, dove il presidente Taylor ha respinto
una proposta di tregua avanzata dai ribelli.
30 luglio 2003
IL MISERERE, SALMO SULLA FRAGILITA’
DELL’UOMO E LA GIOIA
DEL
PECCATORE CONVERTITO, COMMENTATO STAMANI DA GIOVANNI
PAOLO
II ALL’UDIENZA GENERALE A CASTEL GANDOLFO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Un componimento sacro, che indica i limiti e la fragilità
dell’uomo, ma è anche latore di un messaggio di speranza. Circondato
dall’affetto di duemila fedeli riuniti nel cortile del Palazzo pontificio di
Castel Gandolfo, Giovanni Paolo II ha dedicato la catechesi dell’udienza
generale al Salmo 50, il celebre Miserere. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Un’oasi di meditazione, dove “scoprire il male che si
annida nella coscienza ed invocare dal Signore purificazione e perdono”. Così,
il Papa ha tratteggiato il Miserere “Pietà di me, o Signore”. Un salmo
che mostra, in tutta la sua gravità, il “limite e la fragilità della creatura
umana, la sua capacità di seminare male e violenza, impurità e menzogna”. Ma
che al tempo stesso contiene un “messaggio di speranza”, per il
peccatore convertito. Il Papa ha messo l’accento sulla gioia dell’orante
consapevole di essere stato perdonato dal Signore. Intima gioia, che
“sperimenta l’anima purificata dal male e perciò liberata dal rimorso”. Proseguendo,
poi, il commento del salmo davidico, ne ha rimarcato il passaggio in cui si evidenza
come il sacrificio più gradito al Signore non sia l’olocausto dei tori e di
agnelli, ma piuttosto “il cuore affranto e umiliato”. D’altro canto, ha
aggiunto, il Miserere si conclude con una prospettiva diversa: dalla
supplica di un singolo peccatore si passa a una preghiera per la ricostruzione
della città di Gerusalemme. Un passo, ha spiegato, che è un’aggiunta posteriore,
perché il salmo non si restringa a una preghiera individuale. Viene, inoltre,
ridimensionato il rifiuto divino dei sacrifici rituali, “perché si trattava di
un culto prescritto da Dio nella stessa Torah”. Un’intuizione valida, giacché
il salmista ha capito la necessità in cui si trovano i peccatori, la necessità
di “una mediazione esterna efficace”:
“Il Nuovo Testamento rivelerà il senso pieno di
questa intuizione mostrando che con l’offerta della sua vita, Cristo ha
effettuato una mediazione sacrificale perfetta”.
Il Papa ha, quindi, ricordato come nelle Omelie su
Ezechiele, San Gregorio Magno abbia colto la differenza di prospettiva
presente nel Miserere applicando il verso 19, “che parla di spirito
contrito all’esistenza terrena” e il verso 21, “che parla di olocausto alla
Chiesa nel cielo”:
“In entrambi si offrono le carni, perché qui
l’oblazione della carne è la mortificazione del corpo, lassù l’oblazione della
carne è la gloria della risurrezione nella lode a Dio”.
Prima di accomiatarsi, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ad un centinaio
di fedeli di Banja Luka, presenti all’udienza. Giovanni Paolo II ha ricordato
la recente visita in Bosnia ed Erzegovina, durante la quale ha proclamato beato
Ivan Merz. E qui ha sottolineato che vanno scelti “autentici valori umani e
religiosi per essere in grado di costruire una società fondata sulla verità,
sulla giustizia e sul rispetto della dignità di ogni essere umano”. Infine, si
è detto lieto di accogliere tre gruppi di religiosi in occasione dei Capitoli
generali dei propri Istituti: gli Oblati di Maria Vergine, le Suore di Santa
Marta e le Religiose Riparatrici del Sacro Cuore.
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NOMINA
IN ACCADEMIA PER LA VITA E RINUNCIA CON SUCCESSIONE IN HAITI
Il Papa
ha nominato membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita il prof.
Jaroslav Sturma, illustre studioso della Repubblica Ceca, docente di Psicologia
infantile e Psicologia della religione all’Università Carlo di Praga.
La
Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II nel 1994, è
composta da 70 membri ordinari nominati dal Santo Padre, sulla base della loro
professionalità e competenza. Vi appartengono anche membri corrispondenti,
nominati dal Consiglio Accademico, che operano in Istituti e Centri di studio
sulla cultura della vita. Gli accademici sono scelti senza alcuna
discriminazione religiosa o nazionale.
Essi firmano l’Attestazione dei Servitori
della Vita e si impegnano ad agire in conformità con il Magistero della
Chiesa.
L’Università
Carlo, fondata da Carlo IV di Boemia nel 1348, è la più antica dell’Europa
centrale ed ha avuto grande importanza nella cultura e nella formazione di una
coscienza nazionale della popolazione cèca.
In Haiti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Les Gonaives, presentata dal vescovo mons.
Emmanuel Constant, per raggiunti limiti di età. Al suo posto, succede il
presule mons. Yves-Marie Péan, della Congregazione di Santa Croce, finora
vescovo coadiutore della medesima diocesi.
NELLA
SUGGESTIVA CORNICE DEI GIARDINI VATICANI SI È SVOLTA IERI SERA
IN
OCCASIONE DELLA FESTIVITÀ DI SANTA MARTA, LA TRADIZIONALE RECITA
DEL
SANTO ROSARIO, DEDICATO QUEST’ANNO
AL
25.MO ANNO DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
**********
(Canto Ave Maria)
Tra le aiuole ordinate, gli alberi ad alto fusto, gli
arbusti, le piante decorative e la ricca vegetazione dei Giardini Vaticani,
situati alle spalle della Basilica San Pietro, il chiarore delle fiaccole ha
accompagnato ieri sera, in occasione della festività di Santa Marta, la
tradizionale recita del Santo Rosario. L’iniziativa è stata promossa dal
Vicariato della Città del Vaticano con la preziosa collaborazione
dell’Associazione impegnata nel volontariato dei Santi Pietro e Paolo, in occasione
del XXV anno di pontificato di Giovanni Paolo II. La processione “aux
flambeaux”, alla quale hanno partecipato oltre 200 persone, ha avuto inizio
nel piazzale dell’Eliporto, l’area adibita ai trasferimenti in elicottero del
Papa a Castel Gandolfo ed in altre località prossime al Vaticano. Dopo la
recita del I mistero davanti alla effige della Madonna di Czestochowa la sosta
successiva è avvenuta dinanzi al monumento raffigurante l’apparizione, avvenuta
nel 1531, della Madonna di Guadalupe all’indio messicano, San Juan Diego.
Completato il suggestivo viale degli Olivi, la processione si è fermata prima
dinanzi alla statua della Madonna di Fatima e, successivamente, davanti alla
grotta della Madonna di Lourdes. Il V mistero è stato recitato di fronte alla
Madonna della Guardia dove le suore carmelitane di clausura, volute dal Santo
padre come fiaccole oranti all’interno del Vaticano, hanno anticipato con una
preghiera il canto del “Salve Regina”. La celebrazione si è conclusa con i
mottetti mariani eseguiti dalla corale della pontificia parrocchia di Sant’Anna
ed intramezzati dalla lettura, di Claudio Capone, del XXXIII canto del
Paradiso. Sulla manifestazione di ieri, che ha voluto unire, nella preghiera,
le “Marie” della vita contemplativa con le “Marte” della vita attiva, ascoltiamo
la testimonianza di don Giorgio, uno dei sacerdoti partecipanti a questo
significativo momento di spiritualità.
R. –
Come tra Marta e Maria c’era un rapporto molto intenso, anche se due stili
diversi di accogliere il Signore, penso che nella Chiesa tutti, chi lavora e
chi si dedica alla vita contemplativa, debbano avere un’unica e comune radice,
quella dell’attenzione alla presenza del Signore nella loro vita. Pensiamo al
messaggio bellissimo di San Benedetto “Prega e lavora” anche se ovviamente ogni
persona privilegia un impegno maggiore nella contemplazione o un impegno
maggiore nella vita attiva, ma le due vocazioni non sono contrapposte ma sono
riconducibili alla esperienza della fede.
D. – I giardini vaticani sono indubbiamente un eccezionale
scenario per la recita del Rosario. Ma il teatro più importante è sicuramente
quello del cuore. Come incastonare, dunque, questa preghiera tra le cornici
dell’anima?
R. – La preghiera del Rosario è una preghiera molto
semplice, anche se evidentemente è una preghiera che invita ad essere vissuta
in profondità. La contemplazione dei Misteri ed il ripetere con intensità di
affetto una lode alla Madonna, o un’invocazione alla Madonna, sono certamente
qualche cosa che deve trovare nel cuore la sua radice.
D. – La recita delle Litanie mariane al chiarore delle
fiaccole disegna un tracciato illuminato dalla fede. QQQQuale luce può proiettare la preghiera nelle nostre
vite?
R. – La preghiera non ci dispensa dalla fatica di ogni
giorno, dalle difficoltà che la vita porta con sé, a volte dagli smarrimenti,
dalle sofferenze, ma nello stesso tempo la preghiera ci dà un punto di
riferimento al Signore e quindi è un modo con cui noi cerchiamo di tenere saldo
questo rapporto con il Signore attraverso le vicende di ogni giorno. La
preghiera ci aiuta a vivere ogni esperienza con la certezza che il Signore
accompagni i nostri passi nella gioia e nel dolore.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina sottolinea che,
nell'udienza generale, è stato compiuto “ancora un passo” del viaggio
apostolico a Banja Luka: Giovanni Paolo II incontra gli studenti del liceo
frequentato dal beato Ivan Merz.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell’udienza generale.
Un articolo di Pasquale Puca
sul volume di Jean Claud Dhotel: “Ignazio di Loyola, chi sei?”
Un articolo di Remo Baronti
sulla testimonianza del cardinale Domenico Tardini nel quarantaduesimo
anniversario della morte.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: Israele non sospende la costruzione di un muro di separazione con i
Territori occupati.
Liberia: svanisce in poche ore
la speranza di una tregua.
Iraq: nuove minacce di Saddam contro le truppe Usa.
Nella pagina culturale, un
articolo di Elisabetta Pozzetti sulla mostra - a Reggio Emilia - dedicata a
Camille Claudel.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema della giustizia: il ministro sblocca le rogatorie e il Senato gli
conferma la fiducia.
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30 luglio 2003
LA
GUERRA CIVILE IN LIBERIA: RISCHIO DI CATASTROFE UMANITARIA
SE NON
SI PORRA’ FINE AI COMBATTIMENTI TRA RIBELLI E GOVERNATIVI:
CON
NOI, MASSIMO ALBERIZZI, SUOR ANNELLA GIANOGLIO E PADRE CARMINE CURCI
- Servizio di Giancarlo La Vella -
Non passa giorno che le cronache dalla Liberia non parlino
di nuovi attacchi. A fronteggiarsi i ribelli del Lurd, i Liberiani Uniti per la
Riconciliazione e la Democrazia, e quelli del Model, Movimento per la
Democrazia in Liberia, e i militari governativi del controverso presidente
Charles Taylor. Sul piatto della contesa probabilmente la gestione delle
immense ricchezze naturali del Paese africano, mentre la popolazione civile
guarda attonita e terrorizzata lo svolgersi della battaglia quotidiana, non
sapendo se abbracciare l’incognita del cambiamento, fidandosi di sigle
apparentemente tranquillizzanti, o rimanere ancorata al presente, difficile, ma
conosciuto. Fatto sta che le vere vittime della situazione sono i civili che,
fuggendo dagli scontri, vagano alla ricerca di cibo, e acqua, praticamente
introvabili. Ieri, quando la battaglia ha coinvolto il centro di Buchanan, si è
temuto per la sorte della missione della Consolata, ma, da quanto riferisce da
Monrovia, l’inviato del Corriere della Sera, Massimo Alberizzi, i ribelli
entrati nella città si sono comportati correttamente:
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I ribelli mi sembra si siano comportati molto bene. Ci
sono due suore italiane che sono a Buchanan, che hanno parlato con loro, e
hanno riferito di essere state trattate umanamente. I ribelli sono entrati
nella residenza, loro li hanno pregati, per favore, di non rubare neanche la
macchina, perché hanno una clinica e quindi la macchina serve per trasportare
gli ammalati ed i ribelli gliela hanno lasciata. Almeno fino a ieri sera, l’ultima
volta che ho sentito le suore, stavano bene, in buone condizioni, i ribelli non
hanno torto un capello, né a loro, né al resto della popolazione, ed infatti la
città non è stata saccheggiata, come di solito invece accade in questi casi.
**********
E
proprio suor Annella Gianoglio, del convento delle Missionarie della Consolata,
nella città di Harbel, conferma che il vero dramma in questo momento in Liberia
è la difficilissima situazione umanitaria che coinvolge la gente comune:
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Quello che manca è il cibo, la sicurezza e il posto dove
stare. La gente è arrivata allo stremo. Tutto quello che avevano l’hanno
consumato. Non arriva più niente. E’ stato tutto saccheggiato da questi gruppi
ribelli che prima attaccano, e allora la gente scappa spaventata, poi vanno
nelle case abbandonate e saccheggiano tutto. I civili sono tutti fuggiti e non
hanno accesso ad alcun bene di prima necessità. Ci sono stati tanti di quegli attacchi,
che alcuni hanno già cambiato posto moltissime volte. Quindi rimangono
prostrati, distrutti anche psicologicamente, senza più capacità di reagire. Poi
l’acqua che c’è non è pulita e questo provoca le malattie: il colera senz’altro
si sta sviluppando un po’ dappertutto. Non è possibile avere una condizione di
igiene anche minima. E’ una situazione catastrofica.
**********
Una delle soluzioni della crisi in Liberia è, secondo la
comunità internazionale, l’invio di una forza multinazionale di interposizione
su cui lo stesso segretario generale dell’Onu, Kofi Annan sta lavorando non
senza incontrare difficoltà. Dovrebbero farne parte militari della Nigeria,
dislocati attualmente in Sierra Leone, ma Abuja chiede garanzie economiche. Ma
l’invio della forza multinazionale rappresenta veramente la soluzione alla
guerra civile liberiana? Lo abbiamo chiesto al direttore della rivista Nigrizia,
padre Carmine Curci:
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R. - Per lo meno per la povera popolazione verrà un
momento di respiro e soprattutto le forze multilaterali possono mantenere un
certo ordine e consentire alla Comunità internazionale di portare gli aiuti
umanitari.
D. – Quindi caschi blu in chiave senz’altro umanitaria. Ma
possono essere utilizzati anche in chiave politica, cioè per fare andare
d’accordo ribelli e governativi che in questo momento si combattono?
R. – E’
molto difficile. Il movimento di guerriglia del Lurd è stato molto chiaro: come
primo passo. Charles Taylor deve andare via. Questo è l’obiettivo principale,
dopodiché si potrà ricominciare a discutere un piano politico alternativo.
Anche Charles Taylor, dalla sua, è stato molto chiaro: andrà via solo dopo che
arriveranno le forze internazionali. Ma i ribelli hanno paura che Charles
Taylor, che non è nuovo ad imbrogliare le carte politiche, possa restare nel
Paese.
D. - Che cosa c’è dietro questa guerra in Liberia, quale
supremazia è in gioco tra governo e i distinti gruppi ribelli?
R. – Da una parte si sapeva chi era Charles Taylor,
dall’altra parte non sappiamo ancora chi sono i gruppi del Lurd e del Model,
quindi siamo lì in attesa anche di scoprire chi sono questi ribelli e di
scoprire anche che intenzione hanno. La nostra unica e seria preoccupazione è
che questa gente si chiede perché deve soffrire in mano di capi che per anni
hanno gestito poco e male la cosa pubblica, sfruttando i diamanti, le foreste e
tutti gli interessi e sfruttando soprattutto la povera gente.
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“LA
DIVERSITA’ E’ UNA RISORSA, NON UNA MINACCIA”:
E’
QUANTO SI AFFERMA A LORETO AL CONVEGNO EUROPEO SULLE MIGRAZIONI
PROMOSSO
DAI PADRI SCALABRINIANI
- Servizio
di Giovanni Peduto –
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Dai tavoli di lavoro del VI
Meeting internazionale delle migrazioni si auspica il raggiungimento di una
nuova consapevolezza attorno al tema dei flussi migratori: occorre vivere la
diversità come una fonte di ricchezza non di paura. Il futuro sta qui: occorre
partire dalle scuole, educare i bambini ad una nuova normalità, in cui popoli
diversi possano convivere dentro frontiere allargate, conservando la propria
identità religiosa e culturale. La migrazione va ormai considerata come un
evento normale, non più eccezionale. In un mondo globalizzato come quello
d’oggi, dove merci, informazioni e risorse viaggiano senza frontiere, sarebbe
anacronistico alzare barriere contro il flusso di persone. L’Europa, con la sua
storia di democrazia e libertà, dovrà dare un contributo decisivo verso una
nuova cooperazione mondiale a livello economico, sociale e culturale. Come ha
detto il Santo Padre nella sua recente esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia
in Europa, “dire Europa deve voler dire apertura”.
L’Europa
ha registrato un milione e 400 mila entrate nell’ultimo anno, rispetto alle 850
mila di Stati Uniti e Canada assieme. Una realtà ben diversa dalla situazione
negli anni ’50, ’60 e ’70, quando il fenomeno migratorio in Europa si
considerava transitorio. Oggi l’Europa deve accantonare la paura e la
diffidenza, e guardare ad un futuro di condivisione e cooperazione.
Mons. Amédée Grab, vescovo di
Coira, in Svizzera, e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee
ha sottolineato come le migrazioni, così come sono strutturate ora, non possono
essere la soluzione ai problemi del mondo. La dimensione dell’accoglienza è
fondamentale. La Chiesa è un popolo di migranti: per questo è impensabile una
vita da cristiani che prescinda da un’apertura incondizionata verso qualsiasi
tentativo di flusso migratorio. Serve, dunque, un rimodellamento della politica
europea in tema di immigrazione, rimodellamento che può essere attuato solo se
il Vecchio Continente si lascia alle spalle i retaggi di quella cultura
improntata al nazionalismo e all’idea di fortezza che l’ha contraddistinto
nell’800 e nel primo ‘900 e ritrova se stesso, le sue radici, la vitalità delle
sue origini cristiane che la prepareranno all’accoglienza.
“Il Meeting internazionale di
Loreto rappresenta un’occasione importante di riflessione su temi fondamentali
per lo sviluppo del nostro pianeta”, ha scritto il presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, nel telegramma di saluto, aggiungendo: “Di
fronte alle complesse modificazioni sociali, culturali ed economiche della
società, dobbiamo rafforzare l’impegno per la pace e la convivenza fra i
popoli, fondato sulle radici comuni delle diverse civiltà nel segno dei diritti
dell’uomo. Nella consapevolezza che la formazione e l’educazione dei giovani
rappresentano un punto di forza per coniugare sviluppo economico e giustizia
sociale, rivolgo a tutti i partecipanti – conclude il messaggio del capo dello
Stato – un cordiale saluto augurale”.
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30 luglio 2003
NOTA
DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE
SULLE
RADICI CRISTIANE D’EUROPA. I VALORI ILLUMINISTICI SUI QUALI SI VUOLE
COSTRUIRE
L’EUROPA – SCRIVONO I VESCOVI –
DERIVANO
DIRETTAMENTE DAL VANGELO
SAN GALLO. = “Nell’Europa in costruzione si sta ponendo
l’attenzione più sulle radici illuministe che cristiane, quasi si giocasse al
ribasso, alla ricerca di un minimo comune denominatore, senza tenere conto che,
come più volte ha detto il Papa, gli stessi valori dell’illuminismo sono nati
dai valori cristiani”. E’ quanto scrive, nell’editoriale del settimanale
SirEuropa, il vescovo svizzero Amédée Grab, presidente del Consiglio delle
conferenze episcopali europee (Ccee). Secondo mons. Grab, infatti, la celebre triade
rivoluzionaria “libertà, uguaglianza e fraternità” non deriva da altre culture,
ma si radica direttamente nel Vangelo vissuto in Europa per diciotto secoli. I
valori universali, propagati anche dall’umanesimo illuministico quindi non sono
estranei alla Chiesa, ma solo alla luce del cristianesimo rivelano la loro
pienezza e profondità. Il presule ricorda l’esortazione post sinodale “Ecclesia
in Europa” nel quale Giovanni Paolo II parla dell’offuscamento della speranza
che circola nei nostri giorni e della tendenza a rinnegare le radici cristiane
del continente, fondamento per affrontare con forza la storia futura. Secondo
mons. Grab, “serpeggia” in Europa una forma di illuminismo che tende a diffondere
norme minime di convivenza umana tollerabili per tutti secondo un tacito
relativismo. Il vescovo denuncia questo pensiero “debole” che impedisce il
confronto con i grandi temi della vita e dell’esser umano. Un pensiero,
conclude mons. Grab, che genera anche nei cristiani, la difficoltà ad impegnarsi
per tutta la vita sia nelle vocazioni religiose e sacerdotali che nel matrimonio.
(M.A.)
DOPO LA MORATORIA CHE A
GENNAIO HA COMMUTATO 167 CONDANNE A MORTE
IN ALTRETTANTI ERGASTOLI, CONTINUA IN ILLINOIS
L’ATTIVITÀ PER RENDERE
PIÙ GIUSTO IL SISTEMA GIUDIZIARIO. IL GOVERNATORE
HA FIRMATO IERI
UNA LEGGE CHE RENDE PIÙ DIFFICILE LA CONDANNA A
MORTE DEGLI IMPUTATI
SPRINGFIELD. = Prosegue nello stato americano
dell’Illinois la lotta contro gli errori giudiziari che possono causare la
condanna a morte degli imputati. Il governatore democratico, Rod Blagojevich,
ha firmato ieri una legge che rende più difficile per i procuratori ottenere la
condanna a morte di un imputato e dà la possibilità ai detenuti di mettere i loro difensori alla pari
dell’accusa. L’iniziativa continua l’opera del predecessore repubblicano,
George Ryan, che a gennaio aveva annullato le condanne di tutti i 167 detenuti
nel braccio della morte e scarcerato quattro condannati risultati poi
innocenti. Il nuovo governatore ha mantenuto in vigore questa moratoria sulle
esecuzioni e, inoltre, ha garantito che nessuno sarà messo a morte in Illinois
fino a quando, a suo avviso, la legislazione sarà a prova di errori giudiziari.
La legge firmata da Blagojevich permette alla Corte Suprema dello Stato di
cancellare una condanna a morte per ragioni diverse dagli errori procedurali.
Il provvedimento va ad aggiungersi ad una legge varata poco tempo fa dal
Parlamento locale, che ha fatto diventare l’Illinois il primo Stato a richiedere
l’obbligo per le forze dell’ordine di registrare confessioni di omicidi. (M.A.)
LA RIFORMA DELLA LEGGE SULLA FECONDAZIONE
ASSISTITA IN SPAGNA
MIGLIORA
QUELLA PRECEDENTE. TUTTAVIA SERVONO ULTERIORI PASSI PER GARANTIRE ALL’EMBRIONE
LA DIGNITÀ DOVUTA ALL’ESSERE UMANO.
QUESTO
IL COMMENTO DELLA CHIESA SPAGNOLA SUL PROGETTO
PROPOSTO
IN QUESTI GIORNI DAL GOVERNO DI MADRID
MADRID.
= La Conferenza episcopale spagnola ha pubblicato la nota di commento alla
riforma della legge per la fecondazione in vitro e la sperimentazione sugli
embrioni varata in questi giorni dal governo. La riforma permette la ristretta
ricerca scientifica sugli embrioni congelati da più di cinque anni, tramite il
consenso di uno specifico comitato e dei genitori. “Disgraziatamente – si legge
nel documento – la riforma che il governo pensa di realizzare è
insoddisfacente. Secondo la dottrina morale cattolica la riforma dovrebbe porre
la scienza al servizio della salute e della integrità fisica e spirituale delle
persone, senza essere utilizzata mai per disporre mezzi che soppiantino la
relazione interpersonale che sta alla base della procreazione a beneficio di
una tecnica di produzione di esseri umani. L’embrione umano – scrivono i
presuli - merita il rispetto dovuto alla persona umana. Non è una cosa né un
mero aggregato di cellule vive, ma il primo stadio dell’esistenza di un essere
umano. Da questi principi deriva la non-liceità morale delle possibili
investigazioni realizzate sugli embrioni umani che producessero danno o ne
causassero la morte”. Il progetto del governo contempla la risoluzione del
gravissimo problema degli embrioni esistenti custoditi nei laboratori, che in
Spagna, secondo fonti ufficiali, sono circa 35 mila e potrebbero essere
destinati alla ricerca o rimanere per anni congelati. “Mantenere congelati gli
embrioni umani in una situazione abusiva contro queste vite - continua la nota - può essere comparato
all’accanimento terapeutico. Procedere alla decongelazione è porre fine a tale
abuso e permettere che la natura segua il suo corso, cioè, produca la morte.
Lasciare morire in pace, non è lo stesso che uccidere”. Tuttavia i vescovi
riconoscono che la riforma rappresenta un miglioramento rispetto alle
precedente legge del 1988, ma è necessario compiere passi ulteriori. “Sono in
gioco – conclude la nota – diritti umani fondamentali come il diritto alla vita
e i diritti della famiglia. La scienza e la tecnica devono porsi al servizio
delle persone e della giustizia nella convivenza e nella libertà”. (M.A.)
APPELLO
DEL VESCOVO DI AJACCIO, NELL’ISOLA MEDITERRANEA DELLA CORSICA,
CONTRO
LA PIAGA DEGLI INCENDI ESTIVI. “LA NOSTRA FEDE CRISTIANA – RICORDA
IL PRESULE
– CI FA AFFERMARE CHE DIO CI HA DONATO QUESTA TERRA PER GESTIRLA CON SAGGEZZA.
PER QUESTO TUTTO CIÒ CHE LE RECA OFFESA È UN’OFFESA A DIO”
AJACCIO.
= Le terre che si affacciano sul Mediterraneo con la loro caratteristica
“macchia” sono famose in tutto il mondo per la loro bellezza. Purtroppo durante
l’estate, questa meraviglia del Creato è spesso rovinata da incendi dolosi, che
non di rado minacciano la sicurezza degli stessi abitanti. Per questo il
vescovo di Ajaccio, nell’isola francese della Corsica, mons. André Lacrampe, ha
diffuso ieri un messaggio nel quale manifesta la sua profonda preoccupazione.
Il presule definisce criminali gli atti che distruggono queste terre e portano
gravi danni a coloro che lavorano per il loro sviluppo. “Le distruzioni e i
danni provocati – scrive il presule - suscitano pena, tristezza, indignazione e
costernazione”. Da questo stato d’animo nasce l’impegno per la tutelare
dell’ambiente. “Non possiamo rassegnarci né ad essere complici di tali fatti,
né a banalizzare questi crimini – esorta mons. Lacrampe - specialmente se si
ama questa terra, se la si vuole servire nel rispetto della vita e del bene comune.
E’ tempo di risvegliarci”. La piaga degli incendi infatti impoverisce le
risorse di una comunità. Spazi che potrebbero essere dedicati al turismo, al
tempo libero, a giardini o parchi sono abbruttiti e distrutti. Perciò il
presule con fermezza sottolinea le conseguenze che nascono dall’appiccare
dolosamente gli incendi. “La nostra fede cristiana – dice – ci fa affermare che
Dio ci ha donato questa terra per gestirla con saggezza ed intelligenza. Ed è
per questo che tutto ciò che le reca offesa è un’offesa a Dio”. (M.A.)
LAICI
MARIANISTI PROVENIENTI DA TUTTA EUROPA A CONVEGNO IN PIEMONTE
SU
TEMI DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E DELLA MISSIONARIETÁ
VERBANIA.
= Si chiude oggi a Verbania, in Piemonte, sulla scia dell’esortazione
apostolica post-sinodale “Ecclesia in Europa”, il Convegno europeo del laicato
marianista, dedicato al tema della nuova evangelizzazione nel vecchio continente.
"I laici hanno preceduto la nostra stessa fondazione ed ora puntiamo molto
sulla collaborazione con loro, sui temi della nuova evangelizzazione e della missionarietà",
ha spiegato all’agenzia "Vidimus
Dominum" suor Franca Zonta, superiora provinciale per l’Italia delle Suore
Marianiste. Il convegno, che si era aperto sabato scorso, si è concentrato soprattutto sul ruolo dei laici
cristiani nell’Europa di oggi. Il movimento laicale marianista conta nel mondo
8 mila aderenti, di cui la metà in Europa. I partecipanti al convegno
provengono soprattutto da Italia, Spagna, Francia, Austria, Svizzera,
Repubblica Ceca, Polonia. (M.D.)
LE SUORE FIGLIE DELL’ORATORIO HANNO ELETTO LA
NUOVA SUPERIORA GENERALE.
E’
L’ITALIANA SUOR MARILENA BORSOTTI
PAVULLO.
= La Congregazione della suore figlie dell’oratorio ha concluso in questi
giorni a Pavullo, in provincia di Modena, il suo 14. mo capitolo generale. Nel
corso dei lavori è stata eletta la nuova superiora generale, l’italiana suor
Marilena Borsotti. Il tema del capitolo è stato “Ripartire da Cristo per un cammino di santità più
radicale, per una sequela più evangelica, per essere casa e scuola di comunione.
(M.A.)
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30 luglio 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco e Massimo Donaddio -
Rimane sempre tesa la situazione in Iraq, dove le truppe
americane trovano ancora opposizione in diverse fasce della popolazione civile.
Per questo motivo, le istituzioni transitorie avrebbero avanzato la proposta di
costituire una presidenza collegiale nel Paese, in rappresentanza delle varie
fazioni presenti. Nel frattempo, nella città di Falluja, i militari statunitensi
sperimentano un nuovo tipo di approccio con la popolazione locale. I soldati
hanno infatti incontrato i capi delle tribù del posto e si sono ritirati dalle
postazioni più visibili, riducendo anche il numero delle perquisizioni nei
confronti dei civili. A Washington, invece, il numero due del Pentagono, Paul
Wolfowitz, ha dovuto rispondere alle domande della commissione esteri del
Senato, che lo ha sollecitato ad ottenere più aiuti dagli alleati per gestire
la situazione in Iraq e limitare le perdite di soldati. La Casa Bianca,
intanto, ha confermato la propria ferma
volontà di trovare Saddam Hussein e di catturarlo vivo o, se ciò non fosse
possibile, di eliminarlo. Lo stesso ex-rais, d’altra parte, in un messaggio
registrato e trasmesso ieri dall’emittente televisiva araba Al Arabya, avrebbe
pianto i figli uccisi la settimana scorsa a Mossul e rilanciato la guerra santa
contro gli invasori. Ma sentiamo Elena Molinari:
**********
Il messaggio, il quinto attribuito a lui emerso in questo
mese, Saddam piange la morte di Udai e Qusai e del figlio di quest’ultimo,
Mustafà, e li definisce martiri dell’Iraq. Più avanti ribadisce che l’America
sarà sconfitta, ma secondo i generali Usa in Iraq, il cerchio attorno al
deposto rais, che sembra si muova lungo il fiume Tigri, si sta stringendo. La
notte scorsa, infatti, i soldati americani hanno catturato una sua guardia del
corpo insieme ad un capo della sicurezza del regime e ad un leader della
milizia dei fedain. Il raid è avvenuto a Tikrit, la città natale del dittatore
e ora c’è la speranza che la guardia del corpo sappia esattamente dove si trovi
Saddam. Intanto il Consiglio di governo transitorio iracheno ha deciso di affidare
la dirigenza dell’Iraq ad una presidenza a rotazione di nove membri: 5 sciiti,
2 sunniti e 2 curdi. A turno ciascuno presiederà il Consiglio per un mese.
Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
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Non si placano negli Stati Uniti i timori di un possibile
clamoroso attentato da parte di Al Qaeda, la rete terroristica di Osama bin Laden.
La Cia avrebbe raccolto informazioni attendibili sulla preparazione di un
attacco verso obiettivi ed interessi americani, potenzialmente anche su suolo
italiano, britannico o australiano. L’azione potrebbe avvenire prima del
prossimo 11 settembre, data del secondo anniversario degli attentati contro le
Torri Gemelle e il Pentagono. Si temono in particolare, ancora una volta, i
dirottamenti aerei: verranno perciò potenziati i controlli negli aeroporti
statunitensi.
Sembra proseguire a piccoli passi la lunga strada verso la
pace in Medio Oriente tracciata dalla “Road map”. È previsto in giornata
un incontro, in una località non precisata, fra il ministro della difesa
israeliano, Shaul Moffaz, ed il ministro per la sicurezza palestinese, Mohammed
Dahlan. Nell’incontro si dovrebbe parlare di un possibile ritiro di Israele da
due città palestinesi, verosimilmente Gerico e Qalqilya. Anche il presidente
americano, George Bush, che ha incontrato ieri alla Casa Bianca il premier
israeliano, Ariel Sharon, si è detto soddisfatto dei positivi sviluppi della
situazione. Il servizio di Graziano Motta:
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Lo stato di salute della ‘Road Map’ non sembra
compromesso se Bush, al termine dell’incontro con Sharon, si è detto
incoraggiato dai gesti positivi presi da Israele per far progredire il processo
di pace. Bush ha tuttavia insistito nel dire che la creazione dello Stato
palestinese indipendente, a cui tende la ‘Road Map’, dipenderà
innanzitutto dalla fine degli attentati terroristici contro Israele, cioè dalla
tenuta dell’attuale tregua. Sharon si è dapprima felicitato con Bush per il
coraggio mostrato nel porre fine al regime dittatoriale di Saddam Hussein, si è
complimentato quindi per la sua determinazione dinanzi alle minacce di altri
Paesi della regione mediorientale, Iran e Siria in particolare, e per la
fermezza verso i Paesi europei, e poi sulla barriera di sicurezza, di cui i
palestinesi chiedono l’immediata sospensione e la totale demolizione, ha detto
invece che Israele proseguirà nella sua costruzione evitando di dare dispiaceri
alla popolazione. Una formula che non è stata per nulla apprezzata dal ministro
dell’informazione palestinese che ha espresso la dura reazione del suo governo.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sembra destinata a peggiorare, purtroppo, la situazione
della Liberia, Paese dove ieri il presidente liberiano, Charles Taylor, ha
respinto un’offerta di tregua avanzata dai ribelli per permettere il
dispiegamento di reparti di peacekeeping. I combattimenti sono
ricominciati anche sul fronte di Buchanan, il secondo porto della Liberia
situato un centinaio di chilometri a Sud-Est della capitale Monrovia. Ieri,
intanto, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, aveva chiesto al
Consiglio di sicurezza di approvare il dispiegamento di forze nigeriane nel Paese,
ma i leader dell'Africa occidentale non hanno voluto fissare date precise per
l’intervento. Sulla situazione del Paese africano ci riferisce Giulio Albanese:
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Non è durata neanche due ore la speranza che i ribelli
governativi sospendessero i violenti combattimenti che da ormai 12 giorni
sconvolgono Monrovia e dintorni. Il cessate-il-fuoco unilaterale, dichiarato
dal rappresentante del Lurd, i colloqui di pace in corso in Ghana, è stato
seccamente rifiutato ieri dal governo del presidente Charles Taylor che lo ha
giudicato insoddisfacente. In realtà la gente a Monrovia ha saputo della tregua
solo attraverso i bollettini radio, dal momento che i combattimenti in città
sono proseguiti regolarmente, ed anzi, si spara dappertutto nel Paese africano.
Nonostante i proclami e le dichiarazioni di sostegno da parte della Comunità
internazionale, nessuno nei fatti, per il momento, sembra disposto a mandare i
propri soldati nell’inferno di Monrovia e nel frattempo la gente è in
condizioni disperate.
Per Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Il processo di pace in Somalia ha subito purtroppo un
brusco rallentamento. Il presidente del governo di transizione
somalo, Abdulkassim Salat Hassan, ha lasciato oggi i colloqui di pace in corso
a Nairobi, in Kenya, ed ha fatto ritorno a Mogadiscio. Il capo di Stato
africano ha rifiutato le proposte di mediazione avanzate da Kenya, Gibuti,
Etiopia, Stati Uniti e Italia.
Trasferiamoci
nelle Filippine, dove i ribelli del Fronte moro islamico di liberazione (Milf),
il più grande movimento della guerriglia dell’arcipelago asiatico, hanno dichiarato
di avere comperato le proprie armi da alcuni militari dell’eser-cito regolare
filippino, confermando una delle accuse formulate dai circa trecento ufficiali
e soldati che si erano ammutinati domenica scorsa a Manila. Il Fronte moro era
stato in effetti nominato dagli ammutinati come uno dei gruppi terroristici cui
una corrotta gerarchia militare avrebbe venduto armi. Il portavoce dei ribelli
ha però precisato che non esiste collusione fra musulmani e il potere centrale
dello Stato. A causa del clima di agitazione che si registra nell’esercito dalla
fine del tentativo di insurrezione, si è dimesso dal suo incarico il generale
Victor Corpus, capo dei servizi segreti filippini.
Continuiamo a parlare del Continente asiatico e andiamo in
Cambogia, dove, in attesa dei risultati delle elezioni legislative svoltesi
domenica, si moltiplicano già le accuse di brogli da parte delle formazioni
politiche di opposizione nei confronti del partito governativo e del primo
ministro uscente Hun Sen. I risultati delle votazioni si conosceranno il
prossimo 8 agosto.
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