RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 210 - Testo della
Trasmissione di martedì 29 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La religiosa francese Marie José Tudic nuova superiora generale delle Suore di Cristo.
Si aggrava la situazione in Liberia: i ribelli
hanno conquistato Buchanan, la seconda città del Paese.
Nuova storica tappa nell’itinerario di pace per il
Medio Oriente: oggi George Bush incontrerà Ariel Sharon.
In Italia si aprirà oggi alle 17 il dibattito al
Senato con il voto sulla mozione di sfiducia al ministro della Giustizia,
Roberto Castelli.
29 luglio 2003
APPUNTAMENTO SETTIMANALE CON IL PAPA
DOMANI MATTINA A CASTEL GANDOLFO,
PER
L’UDIENZA GENERALE
- A
cura di Paolo Salvo -
Nuovo
appuntamento estivo con Giovanni Paolo II domani mattina a Castel Gandolfo per
l’udienza generale del mercoledì, la terza da quando il Papa si è trasferito lo
scorso 10 luglio dal Vaticano alla residenza pontificia della cittadina laziale
sul lago di Albano.
Il tradizionale incontro settimanale del Santo Padre con i
fedeli ed i pellegrini provenienti da varie parti d’Italia e del mondo,
favorito anche dall’estate, avrà inizio come sempre alle ore 10.30 e si
svolgerà nel cortile interno dell’antico Palazzo Pontificio, realizzato nella
forma attuale da Urbano VIII su un progetto di Carlo Maderno, ma poi
ristrutturato e abbellito da altri Papi nel corso dei secoli.
Nel cortile del Palazzo, Giovanni Paolo II è a diretto
contatto con i fedeli, che si trovano a pochi metri da lui ed hanno quindi la
possibilità di vederlo da vicino. Per chi invece è lontano e non è in grado di
spostarsi, è sempre possibile ascoltare il Papa e la sua catechesi attraverso
la Radio Vaticana in cronaca diretta, sull’onda media di 585 kHz, sull’onda
corta di 5.890 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz, con il commento
in italiano.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con la situazione
in Liberia: si consuma la tragedia delle popolazioni mentre tarda l'intervento
di forze di pace.
Nelle vaticane, un articolo di
p. Gino Concetti su un Documento della Conferenza Episcopale di Abruzzo-Molise
sul tema degli esercizi spirituali.
Un articolo sul XXX incontro di
studio del gruppo italiano docenti di Diritto Canonico.
Nelle pagine estere, riguardo
all'Iraq, si sottolinea che gli Usa si stanno confrontando con una guerriglia
inattesa: stillicidio di attacchi contro i militari statunitensi.
Medio Oriente: prima
dell'incontro con Sharon, Bush accoglie con favore le concessioni di Israele.
Nella pagina culturale, un
articolo di Danilo Mazzoleni sulla catacomba di Santa Vittoria a Monteleone
Sabino.
Nella "Pagina del
libro", un approfondito contributo di Giorgio Picasso sulla monografia di
Giovanna Forzatti Golia sul tema "Istituzioni ecclesiastiche pavesi
dall'età longobarda alla dominazione visconteo-sforzesca".
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema della giustizia: avviato a soluzione il caso delle rogatorie.
Divorzio: maggioranza contraria
alla riduzione dei tempi; no all'ipotesi del ministro Prestigiacomo.
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29 luglio 2003
UN’
OCCASIONE PER RITEMPRARE IL CORPO E LO SPIRITO
-
Intervista a mons. Piero Monni -
L’estate rappresenta per molti un momento particolarmente
atteso e desiderato per potersi finalmente riposare dalle fatiche dell’anno
trascorso, e per rigenerare il corpo e la mente in vista dei nuovi impegni
lavorativi a venire. Potrebbe, però, anche essere un tempo utile, come ricorda
spesso Giovanni Paolo II, per ricaricare lo spirito e approfondire la propria
cultura, attraverso viaggi istruttivi in località di interesse storico,
artistico o archeologico. Su questo argomento Luca Collodi ha raccolto il
parere di mons. Piero Monni, Osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Organizzazione mondiale del turismo:
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R. – La preparazione alle vacanze è qualcosa che oggi si
sta facendo strada nell’opinione di quanti intendono essere turisti;
specialmente i genitori che si portano i figli appresso e che affrontano un
viaggio interessante, vogliono che questo viaggio costituisca per i ragazzi ed
anche per loro un esame, una prova culturale notevole. Io dico sempre che un
viaggio all’estero, un viaggio ben preparato, ben classificato è un esame
universitario.
D. – Perché, secondo lei, mons. Monni, è importante
preparare le vacanze: forse ci sono anche elementi spirituali che giocano in un
viaggio?
R. – Le vacanze devono rappresentare non solo un momento
di riposo per il corpo, ma anche per lo spirito e anche per la nostra mente. É
l’igiene mentale che richiede, dopo tanti mesi trascorsi in un ufficio oppure
in un’officina, l’esigenza del riposo. Ma è necessaria anche una parentesi
spirituale per poter riordinare durante le vacanze certe opinioni sulla vita
sociale, sulla vita politica, culturale; poter, durante le vacanze,
sintetizzare quello che durante l’anno è stato oggetto di spettacoli
televisivi, di servizi televisivi, di letture di giornali, di riviste, di
libri: è molto importante raccogliere, sintetizzare e poi affacciarsi nel nuovo
anno di lavoro con le idee più chiare.
D. – Sembrano in aumento le persone che scelgono di
viaggiare all’ultimo minuto e per questo si rivolgono proprio alle agenzie
specializzate in questi tipo di viaggi. Lei trova corretta questa tendenza?
R. – Io penso che uno che si prepara a spendere un piccolo
capitale come quello che necessita per le vacanze, debba essere anche oculato,
debba affrontare questa spesa attraverso un ragionamento, attraverso un’analisi
intellettuale; non può mettersi in viaggio soltanto per scegliere una meta
qualsiasi! Mi pare che il sacrificio dell’affrontare una spesa debba essere
bilanciato dalla gioia di poter andare in un posto che corrisponda al
sacrificio finanziario affrontato.
D. – Mons. Monni, utilizzare i villaggi turistici: credo
che la Chiesa abbia preso posizione in passato ...
R. – La Chiesa ha preso posizione sugli eccessi non
‘etici’ di certi villaggi turistici che hanno monopolizzato l’attenzione ed
hanno estraniato i loro ospiti dall’ambiente circostante. Perché molte volte un
villaggio turistico rappresenta un’isola in un’isola, per cui tanta è
l’attività che si realizza in questo villaggio turistico, tante le occasioni di
incontri e di svaghi, che magari si è vicini ad un sito di grande interesse
archeologico, artistico, culturale e i turisti vanno lì ma non hanno neppure la
possibilità di visitare l’entroterra dove questo villaggio è situato.
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TRA DIFFICOLTA’ E SPERANZE, ISRAELIANI E
PALESTINESI
PROSEGUONO
IL CAMMINO SUL PERCORSO DELLA PACE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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(musica)
Una strada difficile, intrapresa con coraggio. Una via irta
d’ostacoli, certo. Tuttavia necessaria per raggiungere la pace. Per dare vita
ad una speranza troppe volte uccisa dalla follia di una violenza cieca. La
storia del Medio Oriente, una storia dalle tante pagine buie, segnata da
momenti di sconforto e dall’odio non può indurre al facile ottimismo. Ora,
però, sembrano rafforzarsi, pur tra mille difficoltà, le speranze, le
aspirazioni più profonde dei popoli israeliano e palestinese, aggrappate alla
buona volontà di chi ha deciso di percorrere
la “road map”. Un itinerario verso la pace, dunque, che rispetto
ai tentativi del passato offre degli elementi di novità, di concretezza. Ne è
convinto padre Justo Lacunza, preside del Pontificio istituto di studi arabi e
d’islamistica:
R. – Prima di tutto, ambedue i popoli, ambedue le comunità
sono stanche, hanno la faretra piena delle violenze, dei morti, dei feriti,
della paura e quindi vogliono assolutamente uscire da questa trappola. Tutti e
due i popoli cercano la pace, pure se questa è difficilissima. Una seconda
differenza in questa road-map - rispetto ai processi di pace del passato
- è che contiene dei punti molto concreti che vanno dalla liberazione dei
detenuti all’abbattimento del muro di sicurezza, dal blocco dei nuovi
insediamenti israeliani fino al ritiro dell’esercito israeliano dai Territori
occupati.
D. – In questa fase delicata del processo di pace, quanto
può essere utile il dialogo interreligioso per sanare le ferite profonde
presenti sul corpo dei popoli israeliano e palestinese?
R. – Penso che il dialogo interreligioso, che sempre è
collegato al dialogo interculturale e che viene inserito nella storia in una
zona geografica concreta ed ha, dunque, una dimensione locale, ha nel contesto
del Medio Oriente due aspetti importantissimi. Innanzitutto, entrambi i popoli
sono legati ad una fede monoteista; un secondo aspetto che mi sembra molto
importante: ambedue i popoli – palestinese e israeliano – toccano quella che
viene chiamata la ‘Terra Santa’, dove sono accaduti i grandi eventi che hanno
trasformato, hanno segnato la vita e la storia di tutta l’umanità. Bisogna
trovare uno spazio comune dove le pietre e i campanili, dove le moschee e le
sinagoghe, le strade e le città e i villaggi possono arrivare all’anima di
tutti e due i popoli. Dunque, il dialogo interreligioso passa attraverso le
strade della storia, attraverso il cammino storico nel quale sono inseriti gli
israeliani e i palestinesi.
D. – Pacifisti israeliani e palestinesi hanno annunciato
ieri a Gerusalemme la costituzione della prima radio a direzione congiunta: un
gesto semplice, ma di grande significato. Da quali valori comuni si deve
partire nella costruzione di un futuro di pace e sicurezza in Medio Oriente?
R. – Si deve partire da considerazioni di concretezza, nel
senso che palestinesi e israeliani condividono la terra, condividono l’aria,
condividono le risorse, condividono l’acqua. Non possiamo prendere questi due
popoli e mandarli da un’altra parte del pianeta. E’ lì che loro devono vivere.
Sono vicini di casa e dunque questa consapevolezza di essere vicini porta -
malgrado tutte le violenze, tutte le guerre, il terrorismo - malgrado tutto, la
speranza di potere costruire la pace, di poter costruire saldamente questa
nuova vita fondata su una condivisione della loro terra, delle loro ricchezze,
delle loro risorse. Nell’animo e nel cuore di palestinesi e di israeliani,
comincia a nascere una volta di più la primavera della pace nel solco storico e
geografico del Medio Oriente.
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AL VIA VENT’ANNI DOPO IL CAMPO NAZIONALE DELL’AGESCI
-
Intervista con Lino Lacagnina -
Dodici giorni di vita all’aperto, di giochi e di
esplorazione ambientalista, ma anche di riflessione e di preghiera. Si tratta
del campo nazionale dell’Agesci, l’Associazione Guide e Scout Cattolici
Italiani che 20.000 ragazzi e ragazze vivono da ieri fino al prossimo 7 agosto.
L’evento, a 20 anni di distanza dal precedente, si svolge in quattro località:
Avellino, Spoleto, Assèmini e Villafré. L’associazione, che è nata nel 1974,
coinvolge in Italia ben 180mila giovani e oltre 30 mila educatori volontari. Ma
per quali motivi oggi un ragazzo decide di entrare negli scout? Marina Tomarro
lo ha chiesto al presidente nazionale Agesci, Lino Lacagnina:
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R. – Il motivo principale per cui io penso che un ragazzo
decida di essere negli scout, è legato proprio a quel senso di autonomia che il
ragazzo riesce a realizzare nello scoutismo, distaccandosi proprio in fase
adolescenziale dalla famiglia, ad esempio. Quindi questa voglia di
responsabilizzazione, di autonomia, tutti valori che sono un po’ in
controtendenza oggi, non sempre si trova il luogo dove poterlo fare e
soprattutto non sempre i genitori sono disposti a farle fare queste esperienze
se non sanno che sono svolte in un ambito attento all’aspetto educativo,
protetto con delle esperienze forti.
D. – L’ultimo campo nazionale si è svolto 20 anni fa. Da
allora ad oggi come sono cambiate le cose?
R. – Per quanto riguarda i valori che noi portiamo avanti
ed anche i bisogni degli adolescenti non mi sembra che ci siano grandi
cambiamenti. I nostri figli non sono poi così diversi dagli adolescenti di un
po’ di anni fa. Certamente, però, sono cambiate molte cose. Per esempio
dobbiamo utilizzare strumenti, modalità comunicative, situazioni che un tempo
non avevamo. Pensiamo all’era di Internet, agli Sms. Queste cose noi pensiamo
siano puramente degli strumenti. Noi facciamo in modo che vengano utilizzati
nella migliore maniera possibile. Cerchiamo di trasferire nelle tecniche
classiche anche le nuove situazioni che vanno assimilate, ma senza con questo
stravolgere quello che è lo specifico del metodo scout. Dati che noi abbiamo ci
dicono che i ragazzi che vengono a fare gli scout vengono ancora per questo
fascino dell’avventura, del gioco, che sono cose che oggi cominciano a trovare
anche altrove, ma che in realtà non trovano altrove con questa valenza
educativa.
D. – Che cosa si augura per il futuro dell’Agesci?
R. – Mi auguro che continui quello che abbiamo finora
realizzato e cioè questa coniugazione tra quelli che sono gli elementi
fondamentali del metodo scout - i concetti appunto di autoeducazione, di
protagonismo dei giovani, che sono gli elementi fondanti del metodo scout - ed
i cambiamenti che via via la società ci impone. In questi anni credo che l’abbiamo
saputo fare. Per esempio la nostra penetrazione nel territorio, il nostro
essere dentro il territorio come una realtà viva, attiva che sa interagire con
la Chiesa e con il mondo civile è un segno di questo. Mi auguro che in questo
percorso, che ci vede interpretare il metodo
nella esigenze della modernità, continui questo trend, perché mi sembra
che in qualche modo ci siamo riusciti. Certo, la sfida diventa più difficile,
la proposta, così come credo la proposta cristiana, è certamente sempre più in
controtendenza e quindi le difficoltà non mancano, però i risultati positivi li
vediamo sempre negli occhi dei ragazzi che vengono da noi.
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UN
OMAGGIO AI MISSIONARI ITALIANI NEL MONDO:
RICONOSCIMENTO
DEL PRESIDENTE CIAMPI A PADRE GIULIO ALBANESE,
DIRETTORE
DELL’AGENZIA MISNA
-
Intervista con padre Venanzio Milani -
Il
presidente della Repubblica italiana, Ciampi ha ricevuto questa mattina al
Quirinale, Enzo Iacopino, presidente dell’Associazione della Stampa
Parlamentare, con i componenti del consiglio direttivo ed altri esponenti
dell'associazione per la tradizionale Cerimonia del Ventaglio. Ciampi ha
insignito tra gli altri dell’onorificenza di Grand’Ufficiale il direttore
dell’agenzia missionaria internazionale Misna, padre Giulio Albanese, per aver
dato voce, tramite l’agenzia, ai problemi spesso dimenticati del Terzo Mondo.
Nell’occasione il capo dello Stato ha anche elogiato la difficile opera
umanitaria e di evangelizzazione che i 14 mila missionari italiani compiono
nelle aree più depresse dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Stefano Leszczynski
ha chiesto al padre comboniano, Venanzio Milani, presidente dell’agenzia Misna,
un commento alle parole del capo dello Stato italiano:
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R. –
Innanzitutto mi ha colpito il grande accenno che il presidente Ciampi a fatto
all’Africa, per la quale l’Europa – ha detto – deve impegnarsi ampiamente
attuando delle politiche coordinate di sostegno economico e sanitario. Poi
l’elogio alla Misna, grazie alla quale – ha detto Ciampi – disponiamo di
informazioni preziose sulle vicende tragiche dei popoli dell’Africa e di altri
continenti, che altrimenti non avremmo la possibilità di conoscere. Queste
informazioni – ha aggiunto – le riceviamo soprattutto attraverso i nostri
missionari che danno, con ciò, una straordinaria testimonianza di carità e di
valore civile. Il presidente ha detto che l’Italia è orgogliosa dei suoi
missionari, dei 14 mila missionari italiani, che operano in Africa, America
Latina ed Asia e in particolare dei cinque che insieme ad un giornalista sono
ancora in Monrovia, capitale della Liberia, in questo momento di grave ed angosciosa crisi.
D. – Che effetto le fa sentire parlare dei missionari non
soltanto come esponenti e rappresentanti della Chiesa nel mondo, ma anche come
rappresentanti dell’Italia nel mondo?
R. – Di grande soddisfazione perché di solito quando noi
missionari ci troviamo nei Paesi di missione siamo un po’ sconosciuti, o non
riconosciuti, come italiani. Sentire il presidente della Repubblica che,
invece, ci elogia come italiani e come missionari fa piacere perché vuol dire
che stiamo facendo un lavoro che è utile
a diversi livelli, non solo come evangelizzazione ma anche come
manifestazione di solidarietà e di promozione umana. E’ una grande
soddisfazione sentire il presidente parlare in questo modo.
D. – Come sta cambiando l’attività missionaria all’estero,
soprattutto nelle aree difficili, e come si svilupperà in futuro?
R.- Il lavoro del missionario non è che cambi nella
sostanza. Quello che è diverso è l’approccio con la popolazione e anche con la
gerarchia locale. Il missionario non è più il protagonista, non è più quello
che dirige tutto, ma è quello che si mette al servizio della gente e della
gerarchia. In altre parole, come diceva il nostro fondatore, Daniele Comboni,
diventa capace di “fare causa comune con la gente”, soprattutto con i più
poveri ed abbandonati.
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INIZIATO QUESTA MATTINA A LORETO
IL
DIBATTITO SUL PROBLEMA DEGLI IMMIGRATI IN EUROPA
AL VI
MEETING INTERNAZIONALE PROMOSSO DAI MISSIONARI SCALABRINIANI
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Servizio di Giovanni Peduto –
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Dopo
gli arrivi, i saluti e l’inaugurazione ufficiale ieri sera, e lo spettacolo di
musica etnica dei Tamil, questa prima mattinata del convegno, che durerà fino a
domenica, ha subito preso in esame il tema “Globalizzazione e migrazione in
Europa”. Ha fatto da moderatore il vescovo di Coira, in Svizzera, mons. Amédée
Grab, presidente della Commissione delle conferenze episcopali europee. Sono
intervenuti esponenti politici e studiosi di ambito europeo.
Circa
20 anni fa, si parlava di villaggio globale per significare il destino
comune e solidale degli abitanti del nostro pianeta, nella dinamica
composizione delle diversità cultuali, sociali, politiche ed economiche. Ma il
volto umano della solidarietà globale, già a partire dagli anni
Sessanta, e durante lo stesso processo di de-colonizzazione, svaniva, mentre si
metteva in evidenza l’imporsi di una economia globale: un’economia di
mercato unica ed uniforme che, superando i confini nazionali e continentali,
determinava i destini del pianeta, sotto molti aspetti, la fine del
bi-polarismo politico, con la caduta del Muro di Berlino e la situazione di
un’unica potenza a livello mondiale (la globalizzazione politica), sono la
conseguenza logica di questo processo, anche se le cause di tale cambiamento
risultano alquanto più complesse.
L’entrata
di tutti i Paesi in un unico sistema avrebbe potuto significare un salto
qualitativo con la possibilità per tutti di essere cittadini del
villaggio globale. Di fatto, l’economia ha avuto la possibilità di espandersi e
di egemonizzare, mentre le altre dimensioni sono diventate sempre più
rachitiche ed inesistenti. La liberalizzazione dei mercati, lo spostamento
senza controlli politici e sociali dei capitali e degli investimenti hanno
creato un vortice economico, che ha creato un abisso tra i poli economicamente
sviluppati e quelli sottosviluppati o in via di sviluppo.
Le
migrazioni sono un fenomeno complesso, nel quale entrano tanti fattori. Ma è
indubbio che lo squilibrio economico e sociale costituisca uno dei fattori
principali. La globalizzazione economica, di fatto, accentua e produce le zone
mondiali di sottosviluppo, anche perché non intende affrontare i problemi
strutturali economici e politici che sono alla base del sottosviluppo di intere
aree della terra e di interi continenti. Per questo, nei prossimi anni, le
migrazioni, invece che diminuire, conosceranno una crescita costante.
Si
proseguirà questo pomeriggio approfondendo l’argomento “Colonizza-zione ed
immigrazione: il complesso dell’impero”, in una tavola rotonda con
studiosi di Italia, Inghilterra, Belgio e Francia. E domani, al centro
dell’attenzione sarà l’Africa e i suoi flussi migratori in Europa.
Da
Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.
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29 luglio 2003
“COME I PRIMI
CRISTIANI SIAMO UN PICCOLO GREGGE CHIAMATO A SEGUIRE
LE ORME DI GESÙ”. QUESTA L’ESORTAZIONE DEL CARDINALE
MAJELLA AGNELO
AI FEDELI BRASILIANI, INVITATI A TESTIMONIARE
LE RAGIONI DELLA LORO SPERANZA IN CRISTO
CITTA’ DEL VATICANO. = La Chiesa
cattolica brasiliana è chiamata a rispondere con fedeltà evangelica alle sfide
lanciate dalla scristianizzazione in atto nel Paese. Questa l’indicazione
fornita dal presidente dell’episcopato brasiliano, il cardinale Geraldo Majella
Agnelo, in un’intervista pubblicata oggi dall’agenzia Fides. Il porporato, a
Roma per informare la Santa Sede sui lavori dell’assemblea plenaria dei vescovi
svoltasi a maggio, ricorda con entusiasmo l’Anno giubilare e l’impulso che da
esso è nato per l’evangelizzazione. “Intendiamo
– dice il cardinale Majella Agnelo - rendere consapevoli i credenti di cosa
significa essere cristiano, essere battezzato, essere figlio di Dio, e cosa
significa essere discepoli di Cristo”. Per questo è fondamentale essere fedeli alla dottrina del Concilio
Vaticano II che ha rinnovato le modalità di proposta della fede attraverso
l’invito a cogliere il segno dei tempi. Perciò in un contesto di forte
individualismo, secondo il porporato, è necessario invitare le persone ad
aprirsi al prossimo. “La tendenza all’individua-lismo – rileva - tende ad
impedire che le persone comprendano cosa significa essere Chiesa e cosa
rappresenta la sua dimensione comunitaria. Da questo deriva la necessità di
rafforzare la dimensione comunitaria della fede. Vogliamo attirare tutta la
società per attualizzare il comandamento di Cristo: “andate in tutto il mondo e
fate discepoli tutte le genti”. Noi che siamo chiamati ad essere discepoli di
Cristo dobbiamo testimoniare questo di fronte al mondo per fare altri discepoli”.
La sollecitudine per l’evangelizzazione è centrale nella pastorale della Chiesa
brasiliana nei prossimi anni. Molte persone (circa il 10 per cento dei battezzati)
hanno abbandonato la Chiesa cattolica negli ultimi 10 anni. E’ necessario perciò
far conoscere alle nuove generazioni le ragioni della speranza dei cristiani.
“Il vero cattolico – afferma deciso il cardinale - è quello che accetta la fede
nella sua totalità e non solo parte di essa. La tendenza individualista
dell’uomo contemporaneo a volte lo spinge ad agire in materia di fede
scegliendo, come in un supermercato, quelle ‘verità’ che non si scontrano con
il suo stile di vita accettando quello che gli conviene e rifiutando quello che
richiederebbe una conversione. Tutto ciò provoca un indebolimento graduale
della fede fino alla perdita totale”. Per questo un compito prezioso e delicato
è affidato ai fedeli. “Come i primi cristiani – dice il porporato - siamo un
piccolo gregge chiamato a seguire le orme di Gesù così da essere un gran segnale.
Siamo quindi molto impegnati nella corretta formazione di questo piccolo gregge
in modo che sia in grado di offrire al mondo un’autentica testimonianza di vita
cristiana”. Le ultime battute sono dedicate all’incontro avuto con Giovanni
Paolo II. Il Papa ha chiesto informazioni sulla teologia della liberazione, che
proprio in Brasile ebbe inizio. “Gli ho risposto - ha riferito il cardinale – che la teologia della liberazione ha
fatto il suo tempo, ha lasciato il suo contributo e si è esaurita laddove doveva
esaurirsi”. (M.A.)
PER LA FESTIVITA’ DI SANTA
MARTA AVRÀ LUOGO QUESTA SERA,
NEI GIARDINI VATICANI, LA TRADIZIONALE RECITA DEL
SANTO ROSARIO DEDICATO QUEST’ANNO AL PAPA
NELLA RICORRENZA DEL SUO 25.MO ANNO DI PONTIFICATO
CITTA’ DEL VATICANO. = Questa sera, in occasione
dell’odierna festività di Santa Marta si svolgerà, come ogni anno, la
tradizionale recita del Santo Rosario nella suggestiva cornice dei giardini
Vaticani. L’iniziativa, dedicata a Giovanni Paolo II nella ricorrenza del suo
XXV anno di pontificato, è stata organizzata dal vicariato della Città del
Vaticano con la collaborazione dell’Associazione Santi Pietro e Paolo,
espressione laica istituita nel 1971 ed impegnata nel volontariato. Come di
consueto, si svolgerà anche la processione “aux flambeaux” dinanzi
all’immagine della Madonna del Divino Amore, presso la Torre di San Giovanni.
La recita del Rosario, in lingua latina, si concluderà con il canto “Salve
Regina” dinanzi all’effige della Madonna della Misericordia. Tramite la Radio
Vaticana ci sarà un collegamento con le suore carmelitane di clausura, volute
dal Papa come fiaccole oranti nella Città del Vaticano, che parteciperanno ad
una comune preghiera finale. La manifestazione si concluderà con il canto di
mottetti mariani eseguiti dalla Schola Cantorum della parrocchia di
Sant’Anna in Vaticano. Il canto dei testi sacri verrà intramezzato dalla
lettura del XXXIII Canto del Paradiso, interpretata da Claudio Capone. (A.L.)
LA CHIESA CATTOLICA MESSICANA
PREOCCUPATA PER L’ALTA DISOCCUPAZIONE
NEL PAESE, HA INVITATO
IL GOVERNO E GLI IMPRENDITORI AD UN RINNOVATO IMPEGNO
PER CREARE POSTI DI
LAVORO SICURI CON UNA RETRIBUZIONE RISPETTOSA DELLA DIGNITÀ UMANA
CITTÀ DEL MESSICO. = Dopo la
diffusione la scorsa settimana di dati scoraggianti per l’occupazione
messicana, la Chiesa cattolica locale ha rivolto un appello ai vertici politici
ed economici del Paese affinché al più presto si appronti un piano di sviluppo
che permetta di combattere la disoccupazione. Secondo l’Istituto di statistica
nazionale, il 35 per cento della popolazione attiva (circa 14 milioni di
persone) non ha lavoro. “Il presidente della repubblica - ha detto il
vicepresidente della Conferenza episcopale, il vescovo Josè Guadalupe Martin
Rabago - ha una grande responsabilità come dirigente del sistema economico
nazionale, ma anche gli imprenditori generano lavoro e si spera che abbiano
creatività e immaginazione per poter creare impieghi ben remunerati”. La
preoccupazione del presule per un lavoro sicuro con una giusta e dignitosa
retribuzione è particolarmente viva. La povertà e la precarietà infatti sono le
cause principali della crescita della delinquenza nel Messico. Un invito al
governo affinché trovi un modello economico in grado di rilanciare
l’occupazione e combattere la povertà è stato rivolto dal presidente dalla
stessa Conferenza episcopale, l’arcivescovo Luis Morales Rios. Domenica scorsa
anche il cardinale arcivescovo di Città del Messico, Norberto Rivera Carrera,
ha commentato i dati, affermando che il problema della disoccupazione non
riguarda solo chi non ha lavoro, ma l’intera nazione. “E’ un momento opportuno
– ha dichiarato il porporato – affinché la società e il governo si uniscano per
dare ai nostri fratelli non solamente il pane, ma una dignità”. La disoccupazione
infatti crea insicurezza sociale, violenza ed emigrazione. Proprio per questo
il cardinale ha precisato che la povertà ha due facce: materiale e spirituale.
“Il patto sociale - ha spiegato - non
può dissociarsi da un impegno spirituale, altrimenti la religione si svilisce e
diventa alienante. Cristo non è lo statista rivoluzionario che la moltitudine
sogna, ma nemmeno è il mistico separato dal mondo. Chi ha la possibilità di
accedere all’Eucaristia, la moltiplicazione dei pani, deve dividere con i
fratelli la forza e l’allegria ricevuta”. Intanto, dopo aver rivolto un appello
a tutti i settori della società perché si impegnino per contrastare la disoccupazione,
il presidente della repubblica Vicente Fox ha dato ordine al suo gabinetto di
revisionare i programmi attuali in favore del lavoro, per elaborare nuove
modalità di azione. (M.A.)
LA
RELIGIOSA FRANCESE MARIE JOSÉ TUDIC É LA NUOVA SUPERIORA GENERALE
DELLE SUORE DI CRISTO. L’ ELEZIONE È AVVENUTA
DURANTE IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE TENUTOSI A ROMA
ROMA. = La Congregazione delle Suore di Cristo –
Unione Mysterium Christi ha eletto, nel corso del capitolo generale tenutosi in
questi giorni a Roma, la nuova superiora generale. Si tratta di suor Marie José
Tudic, di nazionalità francese e da oltre 20 anni missionaria in Cile, la quale
succederà nell’importante incarico a suor Ita Conlan. La congregazione delle
Suore di Cristo è nata il 6 agosto del 1976 ed è presente in Francia, Italia,
Inghilterra, Belgio, Madagascar, Cile, Camerun. La spiritualità dell’istituto
attinge particolarmente all’esempio e all’insegnamento dei grandi santi del
Seicento, come Sant’Ignazio, San Francesco di Sales, San Vincenzo de’ Paoli,
San Giovanni Eudes, promuovendo un carisma di comunione, di riconciliazione e
di unità. La missione delle Suore di Cristo consiste, prima di tutto, nella
testimonianza di Dio attraverso la consacrazione religiosa, e si concretizza
nel servizio alla Chiesa specialmente attraverso la visita agli anziani, alle
persone sole, agli ammalati, portando ascolto ed il conforto dell’Eucaristia.
(M.D.)
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29 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Si aggrava la situazione in Liberia per l’apertura di
nuovi fronti. Le forze armate fedeli al
presidente liberiano, Charles Taylor, hanno annunciato di aver lanciato una
massiccia controffensiva per riprendersi Buchanan, la seconda città del Paese,
caduta ieri in mano ai ribelli che controllano quasi tutto il Paese e stringono
d’assedio la capitale Monrovia. Poco dopo aver conquistato Buchanan i miliziani
del sedicente Movimento per la democrazia in Liberia sono entrati, ieri, nella missione
cattolica delle suore della Consolata dove sono presenti due religiose italiane
ed una brasiliana. L’episodio è stato confermato all’Agenzia Misna da suor
Annella Gianoglio, appartenente allo stesso ordine missionario e raggiunta
telefonicamente ad Harbel, città alle porte di Monrovia. “Un gruppo di
guerriglieri armati - ha riferito - ha assaltato la missione ieri pomeriggio ma
senza compiere violenze nei confronti delle suore, che stavano offrendo
ospitalità a centinaia di persone in fuga per l’arrivo dei ribelli”.
Con
l’obiettivo di far progredire l’itinerario di pace della “Road map”, il
presidente americano, George Bush, incontrerà oggi, a Washington, il premier
israeliano Ariel Sharon che rimarcherà le concessioni fatte ai palestinesi,
come l’imminente scarcerazione di 540 detenuti o lo smantellamento di alcuni
insediamenti ebraici nei Territori palestinesi. Sharon dovrebbe anche
manifestare l’intenzione di non rinunciare alla costruzione del muro destinato
a dividere Israele dalla Cisgiordania. Proprio per evitare di celebrare questo
progetto, osteggiato dagli Stati Uniti, è stata intanto annullata, ieri, la
cerimonia per l’inaugurazione del primo tratto del muro. Il servizio di
Graziano Motta:
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Alla vigilia dell’incontro di Sharon alla Casa Bianca nuovi
motivi di inquietudine per il ritrovamento presso Cana del cadavere del soldato
ventenne di Nazareth, scomparso proprio una settimana fa. La polizia segue la
pista del delitto nazionalista, anche se non è ancora riuscita ad identificare
gli assassini che potrebbero essere arabo-israeliani – Cana è infatti il centro
del fondamentalismo islamico della Galilea – o palestinesi. Infine, presso
Jenin, una manifestazione di alcune centinaia di palestinesi e di pacifisti
stranieri contro la cosiddetta barriera di sicurezza, eretta per separare il
territorio israeliano da quello abitato da palestinesi. La barriera di
sicurezza è stato uno degli argomenti di cui Sharon ha discusso a Washington
con la signora Condoleeza Rice, consigliera per la sicurezza, e con il
segretario di Stato Powell, e ne discuterà domani con il presidente Bush al
quale ribadirà le ragioni per cui Israele intende completarla e non demolirla,
come gli ha chiesto venerdì scorso il primo ministro palestinese Abu Mazen.
Per la Radio Vaticana,
Graziano Motta.
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L’odierna attività diplomatica del presidente americano,
George Bush, prevede anche l’importante incontro con il ministro degli esteri
saudita, il principe Saud al-Faisal. Durante il colloquio, che avviene su
richiesta saudita, al-Faisal presumibilmente chiederà a Bush di rendere
pubblici i brani del rapporto della commissione d'inchiesta del Congresso sugli
attacchi all’America dell’11 settembre 2001 riguardanti il suo Paese. “Non
abbiamo nulla da nascondere e possiamo affrontare gli interrogativi in
pubblico”, aveva detto la settimana scorsa, dopo la pubblicazione dei passaggi
non riservati del rapporto, l’ambasciatore di Riad a Washington, il principe
Bandar bin Sultan.
Le notizie che giungono dall’Iraq continuano a
sottolineare la possibile, imminente cattura del deposto presidente iracheno,
Saddam Hussein, ma nel Paese arabo continua purtroppo la drammatica scia di
violenze antiamericani. Secondo quanto riferito dalla televisione araba Al
Jazeera, un convoglio è stato attaccato a colpi di bazooka a Bakuba, a Nord di
Baghdad ed al momento non si sa se questo grave episodio abbia causato vittime.
Intanto, la stessa rete televisiva ha reso noto che a Bassora, nel Sud del Paese,
si è sviluppato un grosso incendio nel quartiere di Al Shueiba: le fiamme si
sarebbero sviluppate in un impianto petrolifero e ancora non è chiaro se si
tratti di un incidente o di un atto di sabotaggio. Il servizio di Elena
Molinari:
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Le unità americane, che in Iraq danno la caccia a Saddam
Hussein, hanno mancato l’ex rais di poche ore anche ieri, come già domenica. Lo
ha detto il vice-segretario di Stato americano, Richard Armitage. “Saddam non è
come Osama Bin Laden – ha ribadito il vice segretario – perché non è abituato a
vivere alla macchia”. Quanto alla resistenza, che sta colpendo in continuazione
le truppe di occupazione americane, Armitage la attribuisce ad una combinazione
di elementi del partito del regime di Saddam e di terroristi che vengono da
fuori.cita gli hezbollah, ma anche elementi che provengono da Arabia Saudita,
Giordania, Siria e Pakistana. Intanto, la nuova settimana in Iraq è iniziata
con notizie di altri giovani morti. Ieri sono stati tre i militari uccisi nel Paese.
Due soldati hanno perso la vita a causa delle ferite riportate in un’imboscata,
mentre erano di pattuglia a Baghdad. Poche ore dopo un altro soldato è morto in
un incidente automobilistico a nord di Nasseria,nel sud del Paese.
Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.
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Sarebbe
in buone condizioni la leader dell’opposizione birmana, Aung San Suu Kyi,
ancora detenuta dal governo di Rangoon. Ad incontrare il Premio Nobel della
Pace sono stati alcuni rappresentanti della Croce Rossa birmana che hanno
constatato il buono stato fisico e psichico della donna. Aung San Suu Kyi è
stata arrestata lo scorso 30 maggio dalla giunta militare birmana che finora ha
respinto tutte le richieste internazionali di liberarla. Intanto secondo alcune
agenzie, il presidente americano, George Bush, sarebbe pronto a firmare una
legge che prevede severe sanzioni economiche, contro l’esecutivo birmano, fino
alla liberazione del premio nobel per la pace.
Il presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha
annunciato ieri la creazione di una commissione indipendente per indagare sulle
radici e le motivazioni che hanno portato all’ammutinamento, lo scorso fine
settimana, di circa 300 soldati che lamentavano l’inadeguatezza delle condizioni di lavoro. Il
capo di Stato ha comunicato la sua decisione durante l’annuale discorso alla
Nazione tenutosi a meno di 24 ore dalla soluzione pacifica dell’insurrezione
dei militari iniziata, sabato scorso, in un centro commerciale di Manila. Dietro la protesta potrebbe
esservi il deposto presidente Estrada.
L’ex presidente dell’Ecuador, Gustavo Noboa, ha
chiesto asilo politico alla Repubblica Dominicana, dopo aver tentato invano di
abbandonare il Paese andino, domenica scorsa, alla volta degli Stati Uniti. In
una registrazione video, trasmessa ieri dalla televisione nazionale, Noboa ha
denunciato l’esistenza di una presunta “persecuzione politica” avviata nei suoi
confronti. Salito al potere il 22 gennaio del 2000 – dopo la sollevazione
indigena e militare che depose Jamil Mahuad – Noboa procedette alla ristrutturazione
del debito estero causando allo Stato, secondo la magistratura, danni per 9
miliardi di dollari.
Sembra
definitivamente terminata la drammatica epidemia di polmonite atipica. Ieri
sono stati dimessi dagli ospedali di Pechino gli ultimi dodici pazienti colpiti
dalla sindrome che ha causato 349 morti e circa 5.300 contagi.
In
Italia si tiene oggi alle 17 il dibattito al Senato con il voto sulla mozione
di sfiducia al ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Il Guardasigilli non
interverrà al dibattito e a chiarire la posizione del governo sarà il
vicepremier Gianfranco Fini. E lo stesso Fini dovrebbe farsi portavoce
dell’intenzione di Castelli di sbloccare le rogatorie, ossia la richiesta di
procedere alla ricerca di prove e documenti giudiziari in Paesi stranieri;
nello specifico, in Svizzera e negli Stati Uniti nell’ambito della vicenda
Mediaset. Inizialmente Castelli aveva bloccato la richiesta in esecuzione della
recente legge che prevede la sospensione dei processi a carico delle cinque più
alte cariche dello Stato.
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