RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 208 - Testo della Trasmissione di domenica 27 luglio 2003

 

Sommario

 

 

                                                                                    

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’Europa di oggi ha bisogno di cattolici adulti nella fede per contrastare ateismo e agnosticismo. Così il Papa all’Angelus di oggi a Castel Gandolfo, durante il quale ha rivolto un accorato appello per la pace in Liberia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il futuro dell’Iraq nel difficile e incerto dopo guerra: ne parliamo con mons. Isaac Jacques, il giornalista Guido Olimpio e Fabio Alberti di “Un Ponte Per…”

 

Le migrazioni in Europa, in primo piano al VI meeting internazionale di Loreto, promosso dai missionari Scalabriniani. Intervista con padre Beniamino Rossi

 

Dopo quattro mesi di attività, il Comitato per la tutela dei minori in Tv ottiene già i primi risultati. Ai nostri microfoni: il presidente del Comitato, Emilio Rossi  

 

L’Azione Cattolica guarda al futuro e si prepara alla prima Assemblea straordinaria, in programma a settembre.  Con noi, il presidente del sodalizio, Paola Bignardi

 

Un’estate all’insegna della preghiera e del risposo: è la proposta delle domenicane del monastero aretino di Pratovecchio. Ce ne parla suor Maria Pia Fragni.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ancora violenza nella Liberia, scossa dalla guerra civile.

 

Braccio di ferro tra militari filippini  ribelli e il presidente Arroyo  

 

Cinquant’anni fa, l’armistizio tra le due Coree – Chiusi i seggi in Cambogia: tra i favoriti i popolari del premier uscente Hun Sen.

 

L’Istituto salesiano per giovani di Damra in India celebra i suoi primi cinquant’anni  

 

I ragazzi preferiscono una buon libro  alla tv

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 luglio 2003

 

 

 

L’EUROPA DI OGGI HA BISOGNO DI CATTOLICI ADULTI NELLA FEDE PER CONTRASTARE ATEISMO E AGNOSTICISMO. COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS DA CASTEL GANDOLFO,

 DURANTE IL QUALE HA RIVOLTO UN ACCORATO APPELLO PER LA PACE IN LIBERIA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

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L’Europa e il continente africano nel cuore di Giovanni Paolo II. All’Angelus, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo circondato dall’affetto dei fedeli, il Papa ha manifestato la propria solidarietà ai fratelli e sorelle dell’Africa, dove, ha detto, “accanto a progressi ed iniziative positive di pace perdurano focolai di violenza micidiale”. Quindi, si è soffermato sulla tragica situazione della Liberia, martoriata dalla guerra civile ed ha rivolto un accorato appello per la pace nel Paese africano:

 

“Di fronte alle prove di quelle care popolazioni, non possiamo che chiedere a tutti quelli che hanno un’arma nelle mani di deporla per ridare spazio al dialogo e all'azione concertata della Comunità internazionale”.

 

Accanto all’Africa, dunque, il Papa è tornato stamani a rivolgere il suo pensiero all’Europa. Un continente, ha rimarcato, in cui i credenti devono saper “ritrovare l’entusiasmo evangelico dell’annuncio e della testimonianza”. Ricordando che la Chiesa ha ricevuto da Cristo risorto il “mandato di proclamare il Vangelo sino agli estremi confini della terra”, il Santo Padre ha indicato questo come un compito a cui sono “chiamate in modo singolare le comunità ecclesiali d’Europa”. Se, infatti, ci sono regioni che ancora attendono un primo annuncio del Vangelo, c’è tuttavia bisogno che ovunque esso sia rinnovato. Spesso, ha proseguito, la “conoscenza del cristianesimo è data per scontata, mentre in realtà la Bibbia è poco letta e studiata, la catechesi non è sempre approfondita” e i Sacramenti poco frequentati. Per tale ragione, ha avvertito, “al posto dell’autentica fede si diffonde un sentimento religioso vago e poco impegnativo”, che può divenire “agnosticismo e ateismo pratico”. Un richiamo, che il Papa ha corredato con una profonda riflessione per tutti i fedeli del Vecchio Continente:

 

“L’Europa di oggi esige la presenza di cattolici adulti nella fede e di comunità cristiane missionarie che testimonino l’amore di Dio a tutti gli uomini. Questo rinnovato annuncio di Cristo domanda di essere  accompagnato da una profonda unità e comunione all’interno della Chiesa, come pure da un sincero impegno in campo ecumenico e nel dialogo con i seguaci delle altre religion”i.

 

Il Vangelo, ha aggiunto il Pontefice, “è luce che investe tutto il vasto campo della vita sociale”, giacché Cristo va “incontro all’uomo dovunque vive e opera” offrendo “senso pieno alla sua esistenza”. Riecheggiando poi l’appello scaturito dall’Assemblea sinodale del 1999  - “Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo” - il Papa ha auspicato che ogni comunità ecclesiale possa accoglierlo con gioia, diventando “segno credibile del messaggio della salvezza”.

 

Prima di accomiatarsi, Giovanni Paolo II ha espresso un cordiale ringraziamento a tutta la comunità cittadina di Castel Gandolfo per il tradizionale omaggio offerto in occasione dell’odierna “Sagra delle Pesche”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 luglio 2003

 

 

 

 

IRAQ: LA LUNGA E DIFFICILE STRADA VERSO LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’

 

- Con noi Guido Olimpio, mons. Isaac Jacques e Fabio Alberti -

 

 

A oltre due mesi da quando il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha dichiarato la fine della guerra in Iraq la pacificazione del Paese appare ancora un obiettivo lontano ed i militari Usa continuano a morire proprio come in tempo di guerra. Escalation che, nelle ultime 24 ore, ha provocato la morte di 5 militari statunitensi, sotto attacco in tre diverse zone vicino Baghdad. D’altro canto, gli analisti non sono certi che la notizia della morte dei due figli di Saddam Hussein, Qusay ed Uday, possa portare allo scioglimento della residua resistenza armata all’interno dell’Iraq. Intanto, la popolazione è stremata dalla grave situazione umanitaria e dalla mancanza di ogni sicurezza. La strada verso la libertà e la democrazia appare quindi ancora lontana. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

 

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(musica)

 

“La guerra non è finita”: per l’intelligence americana la voce, che ripete quasi ossessivamente questa frase è senza dubbio quella di Saddam Hussein, anche se è difficile stabilire quando sia stata registrata. La televisione al-Arabiya l’ha trasmessa dopo che si era diffusa la notizia della morte dei famigerati figli di Saddam, Uday e Qusay, durante un’incursione americana a Mosul. Ma come influiranno questi ultimi avvenimenti sulla instabile situazione irachena? Sentiamo il parere di Guido Olimpio, corrispondente del Corriere della Sera:

 

“Certamente può essere un colpo al morale di chi si sta battendo contro gli americani. In secondo luogo, ovviamente, è un colpo anche al prestigio, ormai ridotto, di Saddam Hussein, anche perché i due figli hanno rappresentato una buona parte del regime e dell’aspetto peggiore del regime di Saddam Hussein. Sono stati accusati di violenze e nefandezze di ogni tipo. Qusay Hussein, in particolare, era l’uomo della sicurezza, quindi è possibile che avesse ancora dei rapporti con i suoi seguaci”.  

 

Iraqi Freedom, il nome della guerra, che una variegata alleanza – americani ed inglesi in testa – ha lanciato per liberare il Paese dalla dittatura e riportare la democrazia si è ufficialmente conclusa oltre due mesi fa. Il primo obiettivo è stato conseguito, ma quanto manca per il secondo? Andrea Sarubbi lo ha chiesto a mons. Isaac Jacques, rettore della Pontificia università Babel College di Baghdad.

 

R. - Veramente non so come rispondere. Le cose non sono così chiare. Non è nero o bianco. Non so come le cose andranno, ma noi vescovi a Baghdad, in Iraq, ogni settimana abbiamo una riunione per studiare gli sviluppi della situazione e prendere posizione. Non è così semplice rispondere.

 

D. – Che cosa manca allora all’Iraq per arrivare a questa democrazia?

 

R. – Manca che gli iracheni abbiano un loro governo, quando sarà il momento giusto, per guidare se stessi.

 

Eppure sono in molti a credere che dietro la guerra irachena vi siano altri obiettivi e sicuri interessi economici. Fabio Alberti, dell’ong “Un Ponte Per… Baghdad”:

 

“Devo dire che inizialmente, almeno parte della popolazione irachena era disponibile, non dico a dar credito, ma comunque a stare a vedere che cosa sarebbe successo. Nessuno pensa che gli Usa siano lì per liberare. Tutti sanno che c’ è il petrolio dietro a tutta la vicenda, però questa mancanza di intervento sia sul piano umanitario che della sicurezza, sta rapidamente facendo volgere l’insieme della popolazione in una posizione di forte ostilità e quindi, evidentemente ci sono anche frange che questa ostilità la manifestano in maniera armata”.

 

Oltre 160 i militari americani uccisi in azione e il numero tende a salire. Ma si può veramente parlare di movimento di resistenza agli invasori anglo-americani? Ancora mons. Isaac Jacques.

 

“Mi sembra una esagerazione questa, perché, se ci sono alcuni casi isolati, non vuol dire che è una cosa generale. Io ho visto a Baghdad i soldati americani che giocavano con i bambini nelle strade. Mi sembra che siano tutti convinti che non è questo il momento perché gli americani lascino il Paese”.

 

(musica)

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I PROBLEMI COMPLESSI E MOLTE VOLTE DRAMMATICI DELLE MIGRAZIONI IN EUROPA

AL VI MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO,

PROMOSSO DAI MISSIONARI SCALABRINIANI. CON NOI, PADRE BENIAMINO ROSSI.

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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         Ci sono stati tanti emigranti italiani che sono partiti e non hanno dato più notizie di sé. Si raccontano storie di madri o mogli rimaste ad aspettare anni e anni. E quando qualcuno rimpatriava dal Venezuela o dall’Argentina vi era un mesto viavai per sapere se aveva visto Tizio o Caio. Di solito i commenti erano sconsolati e si pensava che coloro i quali non erano tornati si erano formati un’altra famiglia e per questo motivo non avevano dato più notizie. Spesso era vero; altre volte forse erano semplicemente morti, come oggi gli asiatici, gli africani. Quanti sono gli immigrati desaparecidos? Il Mediterraneo è pieno di morti. Nessuno conosce il numero, ma sono tanti. Un quotidiano ha parlato di oltre 20 mila annegati prima di giungere sulle coste europee negli ultimi dieci anni. E secondo alcuni è una cifra per difetto. E’ sufficiente ascoltare i racconti dei clandestini per rendersi conto che su cento che sbarcano ci sono sette, otto, dieci... che scompaiono. E molte famiglie non vengono mai a sapere quale sorte è toccata ai loro familiari...

 

         Di questo e di altro si parlerà a Loreto al VI Meeting internazionale sulle migrazioni, da domani a domenica prossima, per iniziativa dei Missionari Scalabriniani. Con noi padre Beniamino Rossi, responsabile per l’Europa e l’Africa:

 

D. – Le finalità di questi raduni?

 

R. – In Europa il fenomeno migratorio è strutturale nella nostra società. Quindi, il dibattito sulle politiche migratorie ha bisogno di uno spazio adeguato: la nostra società, sempre più multiculturale, deve trovare la complessa e difficile strada della democrazia culturale, cioè del dialogo e del rapporto tra le diversità che compongono la società e che devono tutte contribuire positivamente al suo futuro. Da sei anni, il Meeting di Loreto, che si articola lungo un’intera settimana, ha voluto porsi come luogo e spazio per dibattere, riflettere, approfondire le problematiche migratorie a livello europeo. L’iniziativa offre ad un pubblico sempre più vasto, un’occasione di superare l’approccio migratorio spesso occasionale e polemico. Quest’anno, verrà offerto anche al pubblico giovanile uno spazio specifico, attraverso laboratori tematici.

 

D. - Qual è la situazione migratoria in Europa?

 

R. – Le statistiche ufficiali parlano di una presenza di 23-25 milioni di migranti regolari in Europa. Di essi circa 17 milioni provengono da Paesi extra comunitari e circa 12 milioni sono di religione musulmana. La percentuale degli immigrati rispetto alla popolazione autoctona è diversa a secondo delle nazioni: 37 per cento in Lussemburgo, 19 per cento in Svizzera, 9 per cento in Germania, 6 per cento in Francia, 4 per cento in Inghilterra ed Italia. Più del 70 per cento vivono in quattro Paesi: Germania, Francia, Italia, Inghilterra. La situazione demografica ed economica dell’Europa richiede una presenza sempre più consistente di immigrati: le migrazioni non sono fenomeno provvisorio o congiunturale, ma strutturale. 

 

D. – La presenza degli Scalabriniani fra i migranti in Europa...

 

R. – La Congregazione dei Padri Scalabriniani è nata nel 1887 nel momento dell’esodo migratorio degli italiani verso le Americhe. Scalabrini, il Padre dei migranti, ha fondato anche la Società di Patronato San Raffaele, organizzazione laica, che si occupava dei problemi assistenziali e dei diritti dei migranti. Dopo il grande esodo degli italiani, con il rinnovarsi dei flussi migratori nell’immediato dopoguerra, la congregazione si consolida in Europa, Australia ed altre nazioni americane. A partire dagli anni ’60 si apre all’assistenza di tutte le migrazioni, viste le dimensioni planetarie del fenomeno migratorio. Con i suoi sette centri studi sulle migrazioni (Roma, Parigi, Basilea, New York, San Paolo, Buenos Aires e Manila) ed un istituto universitario sulla mobilità umana (SIMI di Roma), la Congregazione del beato Scalabrini opera in 28 Paesi con i migranti di varie nazionalità. L’esperienza più che centenaria nel mondo della migrazioni ci porta a promuovere la sfida della “comunione delle diversità” come progetto per il futuro.   

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IL COMITATO PER LA TUTELA DEI MINORI IN TV, ISTITUITO PRESSO

IL MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI, HA PRESENTATO

IL RAPPORTO SUI PRIMI QUATTRO MESI DI ATTIVITA’

 

- Servizio di Ignazio Ingrao –

 

 

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         “Il Grande Fratello” su Canale 5, il “Papirazzo” su Italia 1, quattro film e tv movie trasmessi da Rai Due, due rubriche di attualità e dibattito su tv locali. Questi alcuni dei 12 programmi sanzionati nei mesi scorsi dal Comitato per la tutela dei minori in Tv. E per la prima volta Canale 5 e Rai Due hanno mandato in onda un messaggio di scuse ai telespettatori. Sono i primi risultati dell’attività del Comitato chiamato a far rispettare il codice di autoregolamentazione per la tutela dei minori in tv entrato in vigore a fine 2002. Composto da 15 membri, il Comitato finora ha preso in esame oltre 180 segnalazioni da parte di enti, associazioni, telespettatori. Abbiamo chiesto al presidente, Emilio Rossi, se l’impegno del Comitato sta producendo un maggiore rispetto delle regole a tutela dei minori da parte delle emittenti televisive:

 

R.- Mi auguro di sì, anche se gli elementi sono a volte contraddittori. In qualche caso pare che la presenza del Comitato si faccia sentire, in altri casi pare che così non sia. Credo che sia troppo presto per dare delle valutazioni. Naturalmente mi auguro che la principale funzione del Comitato sia proprio questa, cioè di abituare a considerare l’attenzione ai minori come una delle regole da seguire, anzi addirittura la primaria. Ricordo in proposito che un anno fa, di questi tempi, una lettera di Giovanni Paolo II, indirizzata all’Unione cattolica stampa italiana, diceva che l’attenzione rivolta ai minori è uno dei parametri di civiltà di un Paese. Mi pare sia una osservazione che pochi possono contestare. Forse è la chiave giusta.

 

D. – Possiamo riassumere le luci e le ombre di questi primi mesi di attività?

 

R.– Le luci sono che effettivamente attorno ad un tavolo si riuniscono, con rapporti cordiali e costruttivi, rappresentanti delle istituzioni, rappresentanti del “grande popolo” dei telespettatori e delle televisioni. Il fatto che alcune delle delibere incisive siano addirittura state approvate all’unanimità e alcune, comunque, con una maggioranza superiore agli otto voti su 15, perché altrimenti il codice non ne prevede la validità, significa pur qualcosa. Per esempio il fatto che Reality Show, come il Grande Fratello, o film come quelli del sabato di Rai Due siano stati oggetto di una considerazione particolare e di accertamenti di violazioni, a nostro giudizio, credo che siano alcuni segni forti. Certo, abbiamo dovuto organizzarci, prendere un certo passo. Siamo ancora troppo lenti e una delle esigenze che, unanimemente, abbiamo riconosciuto insieme è quella, alla ripresa dell’attività, di trovare i modi per sveltire i nostri interventi.

 

D. – La nuova legge di riforma del sistema radiotelevisivo avrà effetti sulla vostra   attività?

 

R. - Aspettiamo di vedere quando e quale testo sarà approvato definitivamente. C’è un titolo nel disegno di legge in esame che riguarda in particolare la tutela dei minori e questo per sé è un segnale di attenzione apprezzabile. C’è anche un riferimento al nostro Comitato, il che, indubbiamente, avvalora la nostra funzione. Vedremo il testo definitivo e l’operatività che ne seguirà.

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L’AZIONE CATTOLICA ITALIANA GUARDA AL FUTURO

CON IL PROSSIMO RINNOVO DEGLI STATUTI

 

- Intervista con Paola Bignardi –

 

 

 

Fedele al proprio passato, ma pronta a raccogliere le sfide del futuro. Con questo spirito, l’Azione Cattolica Italiana si prepara alla sua prima Assemblea straordinaria, prevista dal 12 al 14 settembre prossimi. Nel corso dell’appuntamento, illustrato nei giorni scorsi a Roma, sarà approvata la bozza del nuovo statuto, che sostituirà quello del 1969. In questo spirito di rinnovamento, quindi, l’Azione Cattolica decide di non operare solo nelle parrocchie, ma di muoversi anche negli ambienti di vita e di lavoro, per assumere uno spirito più missionario. Ma quali sono gli aspetti essenziali ai quali l’organismo laicale è voluto rimanere fedele? Barbara Castelli lo ha chiesto a Paola Bignardi, presidente nazionale dell’Azione Cattolica:

 

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R. – L’elemento di continuità nello statuto, come anche nell’esperienza dell’Azione Cattolica, è il riferimento allo spirito conciliare, quindi allo spirito della scelta religiosa proprio dell’Azione Cattolica, che crede nel valore della vocazione laicale, che si radica nella Chiesa diocesana, al servizio della vita pastorale della comunità locale. Simbolo di ciò è la non modifica, in questo statuto fortemente rimaneggiato, dei primi dieci articoli, ovvero di quelli che tratteggiano l’aspetto ideale. Gli elementi di novità riguardano invece un più esplicito orientamento alla missione da parte dell’Azione Cattolica e un’accentuazione dell’aspetto del radicamento diocesano, che porta ad una maggiore adattabilità delle strutture.

 

D. – Accennava prima alla bozza dello statuto, che è stata più volte ripresa in mano. Quali sono stati gli ambiti in cui ci si è confrontati con maggiore intensità?

 

R. – Credo quelli organizzativi, relativi al rapporto tra unitarietà e i settori interni dell’Associazione. Ma anche l’aspetto, che riguarda i movimenti come espressione missionaria dell’Azione Cattolica e l’altro, più spirituale, che si interroga sull’Azione Cattolica come vocazione o meno nella Chiesa. Questa è la domanda sulla quale si sono confrontati i consigli diocesani, soprattutto a livello locale.

 

D. – Al cristiano di oggi, che vuole rispondere alla propria chiamata di santità, cosa propone l’Azione Cattolica?

 

R. – Propone un percorso formativo che intende accompagnarlo nel vivere l’essenziale della vita cristiana, senza commenti, senza nulla di costruito o di parziale: un’esistenza vissuta nell’essenzialità della dimensione battesimale, nel quotidiano. Questo aspetto di semplicità non è emblematico di un vissuto banale, ma è piuttosto vivere il cuore della vita cristiana.

 

D. – Quali sono i nuovi ambiti entro i quali l’Azione Cattolica si muove e quali sono i progetti che sta portando avanti?

 

R. – Anzitutto, l’ambito della missione, in particolare l’ambito che stiamo studiando, che fa parte della progettazione di questa fase, di un nuovo annuncio del Vangelo. Poi, l’ambito del dialogo con chi non crede o con chi crede a modo proprio. Quindi, la testimonianza cristiana negli ambienti di vita. Infine, gli ambiti tradizionali dell’Azione Cattolica, in particolare alcuni temi, che sono quello dell’educazione, quello della pace, quello della solidarietà. Credo che siano temi molto forti nella tradizione dell’Azione Cattolica e continuano ad essere forti anche oggi.

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PREGHIERA E RIPOSO PER RITROVARE SE STESSI:

 E’ LA PROPOSTA PER L’ESTATE DELLE DOMENICANE

 DEL MONASTERO ARETINO DI PRATOVECCHIO

 

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

 

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(musica)

 

Prosegue il nostro viaggio per quei luoghi dello Spirito – abbazie, monasteri, certose e conventi – che d’estate offrono a chi lo desidera la possibilità di trascorrere vacanze diverse dal solito alla ricerca di sollievo per il corpo, ma anche per lo spirito. Oggi vi invitiamo al monastero domenicano di Pratovecchio  in  provincia di Arezzo, dove le religiose animano corsi e incontri di introduzione alla Bibbia o semplicemente sono a disposizione per colloqui personali o di gruppo. La frase scelta per le iniziative di quest’estate è tratta dalle parole di sant’Alberto Magno: “Il nostro cuore ha bisogno di due cose: della vita e del riposo. E queste cose si trovano in Dio solo”. Abbiamo incontrato suor Maria Pia Fragni, madre priora del monastero di Pratovecchio.

 

R. - Facciamo corsi, scuola di preghiera molto spesso, ‘lectio divina’ e anche incontri dedicati ai giovani di orientamento vocazionale.

 

D. – Suor Maria Pia, chi si unisce a voi condivide un po’ la vita del monastero?

 

R. – Se si tratta di adulti, sì. Partecipano, per esempio, ai nostri incontri che noi proponiamo e poi partecipano alle Liturgie con la Comunità delle monache. Anche i giovani, ma soprattutto le ragazze che vogliono fare questo corso, ma al tempo stesso conoscere più da vicino la nostra vita. Quindi, eventualmente una giovane può essere ammessa qualche giorno anche all’interno della comunità.

 

D. – Gli incontri di quest’anno sono basati sulla frase di Sant’Alberto Magno, che indicano in ‘vita’ e ‘riposo’ le due qualità a cui ambisce il nostro cuore per trovare Dio …

 

R. – La preghiera non è solamente pregare, ma, soprattutto, è ‘riposo’ in Dio, quindi ‘riposo’ è al tempo stesso ritrovare la propria vita. E’ chiaro perché chi riposa in Dio ritrova se stesso. E’ tutto un percorso dal ritrovare se stesso, ritrovarsi in Dio, ritrovarsi nei fratelli.

 

D. – Come mai, a suo parere, tanta gente viene in un monastero per trascorrere le vacanze estive?

 

R. – La gente corre, ma alla fine è stanca, e allora si va proprio all’estremo, dal caos al silenzio, alla preghiera. Non c’è una via di mezzo.

 

D.  – Ha qualche episodio significativo da raccontarci?

   

R. – Per esempio, noi abbiamo una coppia di sposi che si stavano per lasciare e, venendo da noi, non solo per imparare la preghiera, si è riunita. Ora sono una famiglia felice. Altre esperienze, ci hanno dato anche delle vocazioni. Abbiamo 3 giovani, due novizi, ed una professa semplice in noviziato. Persone che sono tornate a riscoprire la parrocchia e i Sacramenti.

 

D. – Suor Maria Pia, per concludere, un augurio a tutti coloro che non potranno, per vari motivi, unirsi a queste vostre iniziative o a quelle di altri monasteri, o luoghi religiosi. Un augurio per quest’estate …

 

R. – Dio è dappertutto. Basterà riscoprire la sua impronta nel vaso di fiori che abbiamo sul terrazzo, anche quei fiori sono un dono di Dio, e poi, naturalmente, affidarsi alla preghiera, questo senz’altro. Comunque, noi siamo disponibili anche per chi vuole scrivere, chi vuole telefonare. Noi siamo pronte ad aiutare tutti.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

27 luglio 2003

                                                                                                            

 

ANCORA VIOLENZA NELLA LIBERIA SCOSSA DALLA GUERRA CIVILE:

 PER IL PRESIDENTE TAYLOR, I RIBELLI HANNO GIA’ UCCISO MILLE PERSONE

 

MONROVIA. = “Incertezza”: sembra questa l’unica parola adatta per descrivere l’aria che si respira nelle ultime ore in Liberia. Incertezza diplomatica: non si conosce ancora se e quando una missione diplomatica arriverà nel Paese. Incertezza politica: il presidente Charles Taylor continua a ripetere che lascerà il suo ruolo per la salvezza del popolo liberiano martoriato dagli attacchi continui dei guerriglieri del Lurd, i Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia. Nella giornata di ieri sono proseguiti i bombardamenti nella città di Monrovia. Tra i bersagli colpiti una chiesa protestante nella quale da diversi giorni erano stipate più di duemila persone: sette i morti, imprecisato il numero delle vittime. Secondo il reverendo K.A. Paul, hindu convertito al cristianesimo e consigliere spirituale di Taylor, il presidente se andrà subito dopo l’arrivo di una forza di pace internazionale, passando le consegne al vice presidente Moses Blah o al presidente dell’assemblea nazionale Nyundueh Markonma. Intanto, la prossima settimana dovrebbe giungere presso le coste del Paese il gruppo navale inviato dal governo di Washington. (P.O.)

 

 

NELLE FILIPPINE, I MILITARI RIBELLI, CHE DA IERI OCCUPANO UN CENTRO COMMERCIALE DI MANILA, RIFIUTANO LA RESA E RESPINGONO L’ULTIMATUM IMPOSTO

DAL PRESIDENTE GLORYA ARROYO

 

MANILA.= Un ultimatum annunciato, revocato di due ore e poi definitivamente rinviato a scadenza ancora da definirsi quello imposto dal presidente filippino Gloria Arroyo, previsto originariamente per le 11 di stamani ora italiana. Nel frattempo si sono arresi almeno cinquanta dei circa duecento militari ammutinati, che da ieri sono asserragliati nel centro commerciale Ayala, nel quartiere finanziario e diplomatico di Makati, nel cuore di Manila. Ma le trattative sono ancora in corso. Gli uomini avevano depositato cariche di esplosivo davanti alle vetrine di numerosi negozi ed alberghi del complesso. Tra gli ostaggi anche l’ambasciatrice australiana Ruth Pearce, rilasciata nelle ultime ore, quattro funzionari al suo seguito e due cittadini americani. Più volte ieri la Arroyo aveva chiesto la fine della ribellione, arrivando nelle ultime ore a dichiarare lo “stato di rivolta”, in ragione del quale i militari possono arrestare i ribelli senza alcuna indicazione da parte della magistratura. Ieri, lo stesso presidente aveva informato, in una dichiarazione radiofonica, del tentativo da parte di una decina di sottoufficiali dell’esercito e della marina, di organizzare un golpe contro la sua persona, confermando così quelle voci, mai prese seriamente in considerazione dalle autorità filippine e che già da una settimana circolavano sulla trama di un complotto. Solo mercoledì scorso durante una cena con alcuni ufficiali al palazzo presidenziale, Gloria Arroyo avrebbe però riconosciuto “l'esistenza di motivi legittimanti il malcontento tra gli ufficiali subalterni delle forze armate”: la corruzione dei politici, le paghe troppo basse e la pessima qualità dei loro alloggi.  A capo della dimostrazione di queste ultime ore ci sarebbe, secondo il ministro dell’Interno Josè Lima, il senatore dell’opposizione Gregorio Honasan, 54 anni, meglio noto come  El Gringo. Ex colonnello dell'esercito è stato già autore di due attentati rispettivamente contro i presidenti Marcos e Corazon Aquino. (P.O.)

 

 

COMMEMORATO QUESTA MATTINA IL CINQUANTENARIO

 DELL’ARMISTIZIO TRA LE DUE COREE

- A cura di Chiaretta Zucconi -

 

SEUL.= Millecinquecento veterani e oltre duecento personalità politiche straniere hanno partecipato questa mattina, sotto una pioggia scrosciante nel villaggio di Panmunjon, alle celebrazioni organizzate dal Comando delle Nazioni Unite per ricordare l’anniversario dell’armistizio della guerra di Corea, siglato 50 anni fa, proprio in questo luogo dal generale americano William Harrison e dalla controparte nordcoreana Nam II. La cerimonia si è svolta ad appena 5 metri di distanza dalla linea di demarcazione militare che separa le due Coree, definita nel suo intervento dal Comandante delle Forze Armate americane in Corea, generale Leon La Porte, come la linea della libertà e della prosperità che ha sbarrato la strada all’aggressione comunista. Particolarmente commoventi le parole di Horace Underwood, il missionario, oggi 85.enne, che partecipò mezzo secolo fa in veste di interprete agli storici negoziati per l’armistizio. Quell’accordo ha messo fine alla guerra, ma non ha portato alla pace, ha detto il missionario, sollecitando alla preghiera affinché possa essere presto raggiunto un vero e proprio trattato di pace. Grande esclusa la Corea del Nord non invitata a partecipare alla cerimonia commemorativa di oggi e che celebra, invece, il 27 luglio come la giornata della vittoria contro gli imperialisti. Sull’anniversario grava, come un macigno, la decisione annunciata ieri da Washington di imporre nuove sanzioni contro il regime di Pyongyang, in particolare contro l’azienda nord coreana Changgwang Synyong Corporation accusata per la vendita di componenti e tecnologia missilistica all’Iran.

 

 

CHIUSURA SENZA INCIDENTI DI RILIEVO PER I SEGGI ELETTORALI IN CAMBOGIA:

 TRA I FAVORITI, IL PARTITO POPOLARE DEL PREMIER USCENTE, HUN SEN

 

PHNOM PENH. = Si sono chiusi nelle ultime ore i seggi elettorali in Cambogia, dopo una consultazione politica, che fortunatamente non ha registrato incidenti di rilievo, salvo il rinvenimento di due granate davanti al palazzo del re Norodum Sihanouk e l’esplosione di una bomba artigianale davanti alla sede del partito realista  Funcinpec. Il Paese, con alle spalle due decenni di violenze, nutre speranze per un futuro più prospero: dei suoi 14 milioni di abitanti infatti, il 36 per cento vive sotto la soglia della povertà. L’indigenza è stata quindi al centro di una campagna elettorale definita meno violenta di quella del 1998, ma dominata ancora da un clima di paura. Tra le promesse dei partiti candidati, la lotta senza quartiere alla corruzione. Il risultato finale, che non sarà annunciato prima dell’8 agosto, è quasi scontato: il Partito popolare cambogiano del primo ministro uscente, Hun Sen, dovrebbe riconfermarsi al primo posto, ma difficilmente raggiungerà la soglia dei due terzi dei seggi, necessaria per governare senza coalizzarsi con altri movimenti. (P.O.)

 

 

 

 

ESCALATION DI VIOLENZA NELLA REGIONE CONGOLESE DELL’ITURI: DECINE

DI CIVILI MASSACRATI A SEGUITO DEL SACCHEGGIO DI DUE VILLAGGI

 

DRODRO. = Decine di persone sono state uccise ieri in due villaggi a nord di Bunia, nell'Ituri, la regione nel nord-est della Repubblica democratica del Congo sconvolta da un conflitto interetnico. Il nuovo massacro è stato perpetrato nel villaggio di Drodro e Largo, a circa 80 chilometri a nord di Bunia da miliziani dell'etnia Lendu. Le violenze sono state precedute nelle ultime settimane da altri episodi non meno cruenti: il 3 aprile scorso almeno 150 persone sono state uccise nello stesso luogo. Un'altra strage è stata compiuta domenica scorsa a Nizi, vicino a Bunia, dove sono morte 22 persone (P.O.).

 

 

I RAGAZZI ITALIANI  PREFERISCONO I LIBRI ALLA TV. E’ QUANTO EMERGE DA UN SONDAGGIO DEL GIORNALE CATTOLICO “MESSAGGERO RAGAZZI”

 

PADOVA. = Nonostante si parli spesso di loro come di una generazione noncurante della cultura e attratta solo dagli effetti speciali di video giochi o play-station, i ragazzi italiani indicano tra le priorità dei loro interessi la lettura. E’ quanto emerge da un sondaggio on-line promosso dalla rivista “MeRa”, delle edizioni messaggero di sant’Antonio, dedicato agli adolescenti dai 10 ai 15 anni. Interrogati su cosa non è possibile non portare con sé durante le vacanze estive il 27,4 per cento ha indicato come beni irrinunciabili sotto l’ombrellone i libri. Pari merito al secondo posto per radio e computer. Sull’ultimo gradino del podio lo sport, dato non confortante visto il progressivo aumento del numero di obesi tra i giovanissimi italiani. Seguono per ordine di importanza videogiochi, hobbies vari e fumetti. Infine, dato che dovrebbe interrogare e allo stesso tempo confortare chi teme il potere diseducativo del piccolo schermo, è l’ultimo posto deputato dai lettori del “Messaggero Ragazzi” alla televisione. Il sondaggio è ancora in corso e si può partecipare con un semplice clic sul sito www.meraweb.it (P.O.)

 

 

 

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