RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 207 - Testo della
Trasmissione di sabato 26 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il
consorzio “Etimos” finanzia progetti a favore delle fasce sociali povere in Sud
America.
24 ORE NEL MONDO:
La ‘Road Map’ al centro dell’incontro di ieri tra il presidente americano, George Bush, ed il premier palestinese, Abu Mazen.
Il Giappone invierà in Iraq mille soldati per contribuire alla ricostruzione del Paese arabo.
Ricorre oggi il 50.mo anniversario della fine del conflitto tra Corea del Nord e del Sud.
26 luglio 2003
NOMINATO DAL PAPA UN INVIATO
SPECIALE
PER LA
CHIUSURA DELL’ANNO MARIANO SIRACUSANO
- A
cura di Paolo Salvo -
Il Papa
ha nominato il cardinale arcivescovo di Palermo, Salvatore De Giorgi, suo
Inviato speciale alla celebrazione di chiusura dell’Anno Mariano Siracusano,
che avrà luogo nel Santuario della Madonna delle Lacrime, a Siracusa, il 1°
settembre prossimo.
Giovanni Paolo II si unisce così spiritualmente alla
Chiesa siciliana che ha voluto ricordare quell’evento prodigioso di 50 anni fa,
quando una statua di gesso raffigurante la Vergine iniziò a lacrimare, dal 29
agosto al 1° settembre 1953, ad intervalli regolari. Proclamando l’Anno
Mariano, l’arcivescovo di Siracusa, Giuseppe Costanzo, affermava in una lettera
pastorale che uno dei compiti primari di ciascun fedele è “cercare di capire il
senso di quel pianto, ognuno col suo dono, con la sua sensibilità spirituale,
ognuno con la sua esperienza di vita e tutti con la luce e la grazia dello
Spirito Santo”.
Già Papa Pio XII si interrogava, in un messaggio del 1954,
su quello che definì “l’arcano linguaggio di quelle lacrime”. Un concreto e
toccante suggerimento venne da Giovanni Paolo II, proprio a Siracusa, durante
l’omelia della Messa per la dedicazione del Santuario della Madonna delle
Lacrime: “Sono lacrime di dolore per quanti rifiutano l’amore di Dio, per le
famiglie disgregate o in difficoltà, per la gioventù insidiata dalla civiltà
dei consumi e spesso disorientata, per la violenza che tanto sangue ancora fa
scorrere, per le incomprensioni e gli odi che scavano fossati profondi tra gli
uomini e i popoli. Sono lacrime di preghiera: preghiera della Madre – disse
ancora il Papa – che dà forza ad ogni altra preghiera e si leva supplice anche
per quanti non pregano perché distratti da mille altri interessi, o perché
ostinatamente chiusi al richiamo di Dio. Sono lacrime di speranza, che
sciolgono la durezza dei cuori – aggiungeva Giovanni Paolo II – e li aprono
all’incontro con Cristo Redentore, sorgente di luce e di pace per i singoli, le
famiglie e l’intera società”.
A conclusione dell’Anno Mariano, è previsto nella città di
Siracusa, dal 29 settembre al 3 ottobre, il 13.mo Colloquio internazionale di
Mariologia, sul tema: “Lacrime nel cuore della città”, con l’intervento di
personalità provenienti da varie nazioni. Sempre per l’Anno Mariano Siracusano,
la comunità diocesana ha progettato la “Casa della Carità”, per offrire ai più
poveri e agli immigrati più bisognosi assistenza medica, viveri e indumenti.
NOMINE
DI CURIA E PROVVISTE DI CHIESE IN CENTRAFRICA E MESSICO
Il
Santo Padre ha nominato una ventina di consultori della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, vescovi, sacerdoti e una religiosa di varie
nazionalità.
In Centrafrica, il Papa ha accettato la rinuncia al
governo pastorale dell’arcidiocesi di Bangui, presentata dall’arcivescovo mons.
Joachim N’Dayen, di 68 anni, in conformità alla norma canonica relativa ad
“infermità o altra grave causa”. Il Pontefice ha quindi nominato arcivescovo
metropolita di Bangui il presule mons. Paulin Pomodimo, finora vescovo di
Bossangoa.
In Messico, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Celaya, presentata dal vescovo mons. Jesùs Humberto
Velàzquez Garay, di 63 anni, in conformità alla norma canonica concernente i
casi di “infermità o altra grave causa”. Come nuovo vescovo di Celaya, il Santo
Padre ha nominato il presule mons. Làzaro Pérez Jiménez, finora vescovo di
Autlàn.
PER UNA RISCOPERTA DELLA CONFESSIONE, COME
CHIEDE IL PAPA,
PUBBLICATO
IN QUESTI GIORNI,
CON LA
PREFAZIONE DEL CARDINALE FRANCIS ARINZE,
IL
PICCOLO CATECHISMO SUL SACRAMENTO DELLA PENITENZA,
A CURA
DELLE EDIZIONI STUDIO DOMENICANO DI BOLOGNA
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Nella sua Lettera Apostolica Misericordia
Dei del 7 aprile 2002, su alcuni aspetti della celebrazione del Sacramento
della Penitenza, il Santo Padre chiede “un rinnovato coraggio pastorale perché
la quotidiana pedagogia delle comunità cristiane sappia proporre in modo
suadente ed efficace la pratica del Sacramento della riconciliazione”. In
risposta a tale appello le Edizioni Studio Domenicano di Bologna hanno
messo a punto il Piccolo Catechismo sul Sacramento della Penitenza, che fa
seguito all’altro, uscito lo scorso anno, sull’Eucaristia, entrambi destinati
ai ragazzi. Ascoltiamo padre Vincenzo Benetollo, che ha curato l’opera:
“Abbiamo voluto tentare di rilanciare questo sacramento
così importante. E’ il sacramento della guarigione che è molto più importante
che non la guarigione del corpo, perché dona la serenità e la contentezza. Noi
oggi abbiamo dei corpi sazi, ma poca contentezza interiore, poca pace. Il
metodo che abbiamo seguito è stato quello della domanda e della risposta. Una
specie di intervista, perché è molto più viva, più incisiva, perché più
essenziale e chiara e poi, volendo, anche alcune domande e risposte si possono
imparare a memoria. E così, da un punto di vista pedagogico, da un punto di
vista contenutistico, crediamo che questo Catechismo abbia qualcosa di nuovo da
dire, nel panorama di oggi”.
La
stampa e la diffusione del Piccolo Catechismo sul Sacramento della Penitenza
sono a cura dell’Istituto San Clemente I Papa e Martire, che ha sede a Roma.
Con noi la presidente Antonia Salzano Acutis:
“Il progetto parte dal desiderio di facilitare i ragazzi
ad avvicinarsi ai Sacramenti attraverso la Sacra Scrittura, la Tradizione e gli
esempi dei Santi. Il metodo è quello già usato con successo nel Piccolo
Catechismo Eucaristico: il testo è ampiamente corredato con opportune
raffigurazione grafiche. L’Istituto San Clemente intende tradurre nelle principali
lingue e divulgare gratuitamente nei Paesi e territori di missione anche questo
nuovo volume come già stiamo facendo con l’altro finora tradotto in 9 lingue.
Per i Paesi di rito cattolico orientale curiamo i testi con una particolare
attenzione alla grafica da adattare alle diverse liturgie. Per il 2004 è
prevista la pubblicazione di un terzo catechismo sul Sacramento della Cresima”.
Nella prefazione al volume il
cardinale Francis Arinze, nella sua qualità di prefetto della Congregazione per
il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, raccomanda caldamente l’opera
definendola “un sussidio per tutti: per la prima Confessione dei bambini, per i
giovani e per gli adulti. E’ di grande attualità ai nostri giorni – aggiunge il
porporato – perché in più di un Paese si lamenta la diminuzione delle
Confessioni e contemporaneamente si assiste al fenomeno di alcune assemblee
eucaristiche domenicali in cui quasi tutti si accostano alla Comunione, ma
molti non si sono confessati da mesi, se non addirittura da anni”. Il cardinale
Arinze si felicita con le Edizioni Studio Domenicano e l’Istituto San Clemente
per questa “pregevole pubblicazione”.
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La prima pagina si apre con
l'Iraq, con il titolo "Al di là delle immagini, aprire la strada verso la
pace e la libertà".
Nelle vaticane, un articolo di
Gianluca Biccini sulle conclusioni del Simposio dedicato al tema
"Università e Chiesa in Europa".
Un articolo di p. Gino Concetti
sul libro "Padre Pio e Madre Teresa. L'esperienza di un collaboratore
medico" di Francesco Raimondo.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: Bush annuncia aiuti economici per lo sviluppo dei Territori occupati.
Liberia: sempre più aspra e più
sanguinosa la battaglia a Monrovia.
Nella pagina culturale, un
contributo di Irene Iarocci sulla silloge poetica di Takano Kikuo dal titolo
"Nel cielo alto".
Nelle pagine italiane, tra i
temi in rilievo il lavoro e la giustizia.
Un articolo dal titolo
"Dieci anni fa gli orrendi attentati di Milano e di Roma".
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26 luglio 2003
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LA MORTE IN SOLITUDINE DI UN ANZIANO RIPORTA
TRAGICAMENTE
IN PRIMO PIANO I DISAGI DELLA TERZA ETA’
NELLA STAGIONE ESTIVA.
LA
RIFLESSIONE DELLO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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(musica)
Morire in solitudine, nell’indifferenza di un silenzio che
ferisce le coscienze. Per molti, troppi anziani, l’estate non è la stagione
attesa con entusiasmo nel corso dell’anno. E’ piuttosto un momento in cui la
propria fragilità si confronta con ostacoli, che appaiono a volte
insormontabili. Accade così che la notizia della morte, in questi giorni, di un
76enne di Civitavecchia, l’ennesima di un anziano solo in casa, venga quasi
accolta, ed è forse la cosa più grave, con un sentimento di rassegnazione. Una
realtà amara, che non può non sollevare interrogativi profondi sulla nostra
società. Ascoltiamo lo psichiatra Vittorino Andreoli, docente all’Università di
Verona:
R. - Innanzitutto una tristezza infinita pensando di far
parte di una società in cui la persona anziana, che tradizionalmente si legava
alla saggezza, alla ricchezza di una vita già passata, a tutto quello che è la
memoria, è considerata un oggetto da buttare, da abbandonare.
D. – Nelle società occidentali la popolazione diventa
sempre più anziana eppure le esigenze della “terza età” sembrano spesso
inascoltate. Quali le ragioni di questo apparente paradosso?
R. – La
ragione principale è che questa è una società in cui conta produrre e apparire.
Ora la persona anziana non è inserita nel processo industriale o commerciale.
D’altro canto, la sua visibilità non corrisponde all’estetica di questa
società, all’estetica delle modelle, del voler apparire nella propria forza,
nella propria attrazione. Quindi, è il segno di una società non solo decadente.
Credo che la disattenzione verso gli anziani indichi veramente segnali di
agonia di una società.
D. – Qual è la via migliore per rafforzare, specie tra i
giovani, la cultura della solidarietà verso gli anziani?
R. - Sono convinto che la solidarietà, che vuol dire
donare all’altro, sia importante, ma mi permetto di dire che qui occorre forse
più che la solidarietà, la consapevolezza che la persona anziana è parte di
questa società. Non è un orpello, non è un sopramobile, ma è qualcosa che fa sì
che una società sia l’insieme di più età, di più esperienze. Non è possibile
nemmeno vedere solo l’anziano come una persona da assistere. E’ una persona che
vive, sia pure con uno stile di vita diverso, assieme ad altri, che saranno più
attivi, che faranno altre cose. Ma non è possibile una società senza l’anziano.
D. – Il disagio, la solitudine degli anziani conquista
l’onore della cronaca quasi esclusivamente a seguito di eventi drammatici. Dove
affondano le radici di questa deprecabile disattenzione e come combatterla?
R. – C’è una cronaca ignominiosa, c’è una cronaca che è
attratta solo dalla disgrazia, dal dolore che si fa spettacolo, quasi a dover
rappresentare storie estreme per mostrare che in fondo la vita di ciascuno di
noi non è tanto sfortunata. In fondo rappresenta strumentalmente delle vite da
buttare che in qualche modo servono a farci sentire meglio. Un po’ come quel
cattivo elemosiniere che fa l’elemosina per sentirsi generoso e magari non lo è
affatto.
(musica)
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POVERTÀ, VIOLENZA E ANALFABETISMO
MINANO IL FUTURO DI EL SALVADOR.
DRAMMATICA LA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELLA GIOVENTÙ
- Intervista a mons. Gregorio Rosa Chavez -
Il piccolo Stato centroamericano di El Salvador fatica a
trovare un futuro sereno. Il difficile superamento delle divisioni interne del
passato e l’ardua ricostruzione dopo le catastrofi naturali del 2001 rallentano
il suo cammino verso il benessere. Povertà, violenza e analfabetismo sono
diffuse. I loro effetti, come sempre purtroppo, vengono avvertiti dai più
indifesi: i bambini. Ce ne parla, al microfono di Matteo Ambu, il vescovo
ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chavez.
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R. - Dopo la guerra la realtà è molto difficile per i
bambini ed i ragazzi. La Chiesa ha molti programmi per aiutare i bambini e i
ragazzi in difficoltà, soprattutto nelle grandi città. Pensa a San Salvador
dove molti gruppi ecclesiali se ne occupano, ma io penso che dovremmo
domandarci perché questa realtà esiste e come attaccare le radici della
situazione. Io dico che i giovani in difficoltà hanno il diritto ad una
opportunità. Un Paese che non è capace di dare ai giovani l’opportunità di
studiare, l’opportunità di avere un lavoro per una società esclusiva, è una
società ingiusta.
D. – Il 2001, per El Salvador, fu un anno terribile con il
terremoto e la siccità che causarono povertà e distruzione. A due anni di
distanza, a che punto è la ricostruzione?
R. – C’è da dire una cosa bella ed una cosa molto brutta.
Comincio per la seconda. Dopo il terremoto, la Chiesa ha chiesto al governo di
accordare, con i partiti politici, la società civile, la Chiesa, un piano di
ricostruzione. Noi abbiamo detto “non dobbiamo pensare a ricostruire lo stesso
Paese ma un nuovo Paese, dove la giustizia, la saggezza e la solidarietà hanno
una priorità”, ma devo dire che il governo si è rifiutato di accordarlo.
L’altra cosa è questa, la solidarietà mondiale è stata meravigliosa. La Chiesa,
per esempio, sta terminando il progetto di costruire 8.500 case nuove grazie,
soprattutto, all’aiuto internazionale. Abbiamo sottolineato che dobbiamo
ricostruire le case, ma, soprattutto, dobbiamo ricostruire la comunità, il
tessuto sociale distrutto per le ingiustizie, l’egoismo, l’individualismo. Ecco
il nostro progetto.
D. – El Salvador ha sofferto di una lunga guerra civile.
La riconciliazione nazionale a che punto è?
R. – Abbiamo la Commissione della verità. Le loro
raccomandazioni dicevano “dobbiamo leggere la nostra storia per imparare,
re-imparare la lezione”. Dobbiamo sottolineare la giustizia e dobbiamo aiutare
le famiglie offese dalla violenza della guerra, ma il governo ha deciso di
rifiutare il rapporto della Commissione della verità, ha detto “noi siamo un
Paese riconciliato, dobbiamo guardare in avanti e dobbiamo dimenticare il
passato”. Con il Papa, la Chiesa dice “è necessaria sia la verità, sia la
giustizia per arrivare al perdono”. Ecco una realtà assente e dobbiamo
continuare a sottolineare che la strada per arrivare alla riconciliazione passa
per lì.
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IL DRAMMA DELLA POPOLAZIONE IN
LIBERIA,
CON I BAMBINI SOLDATO IN PRIMA LINEA NELLA
SANGUINOSA GUERRA CIVILE
- Intervista con Lucio Meandri -
La difficile situazione in Liberia a causa dei
combattimenti tra ribelli e forze governative sta diventando più preoccupante
con il passare dei giorni. Le organizzazioni umanitarie, presenti sul territorio,
denunciano crescenti difficoltà e l’incapacità di portare aiuto alla popolazione
locale. Benedetta Capelli ha raggiunto telefonicamente Lucio Meandri,
responsabile di Intersos, che da due giorni ha lasciato Monrovia. A lui ha
chiesto qual è la situazione nella capitale liberiana.
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R. – Ci sono bombardamenti indiscriminati su tutta la
città e gruppi armati composti per lo più da bambini cha vanno dai 10 ai 15
anni, armati, che saccheggiano la città. Noi abbiamo rivolto la nostra
attenzione all’ospedale missionario di Saint Joseph. Siamo stati accompagnati
dall’aeroporto fino all’ospedale dentro un’ambulanza, perché sono gli unici
mezzi che riescono ancora a muoversi in questi giorni, pur in mezzo a molti
posti di blocco e incontrando diversi combattimenti e gruppi armati che stanno
depredando un po’ tutta la città.
D. – Chi sono questi bambini soldato?
R. – Quest’ultima generazione di bambini, di adolescenti,
hanno ricevuto come unica educazione quella dell’arma, dei fucili, tramite i
quali acquisiscono potere e riescono a ottenere quello che vogliono. Molte
volte si tratta di bambini anche sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e
risultano, quindi, anche più pericolosi.
D. – Qual è la situazione sul piano umanitario?
R. – Fondamentalmente il problema principale oggi è quello
del cibo, nel senso che la popolazione che in Monrovia solitamente era inferiore
ad un milione di persone, in un Paese dove vive un totale di poco più di 3
milioni di persone, oggi ha già raggiunto un milione e mezzo come numero,
proprio perché dall’entroterra, nelle ultime settimane, si sono spostati
migliaia di sfollati alla ricerca di un riparo e di un rifugio. Sono arrivati
nella capitale da dove poi hanno dovuto spostarsi costantemente perché
assediati dai bombardamenti. Non esistono più negozi o magazzini. Sappiamo che
il programma alimentare mondiale ha alcune scorte immagazzinate nel porto di
Monrovia, ma proprio il porto in queste ore è sotto assedio ed è oggetto di
combattimento tra le forze che si rivaleggiano.
D. – Che situazione ha trovato a livello sanitario?
R. – I problemi sono fondamentalmente due. Uno è quello
delle vittime dirette dei conflitti armati e dei bombardamenti. Dall’altra
parte non dimentichiamo però che ci troviamo nelle stagioni delle piogge, in un
Paese dove la malaria è comunque sempre onnipresente, e non poter accedere a
farmaci basilari significa arrivare anche alla morte per patologie che
potrebbero essere curate molto semplicemente. Perché il problema grosso oggi è
proprio quello della mobilità. Le organizzazioni umanitarie non riescono ad
accedere alla popolazione in stato di necessità. E, dall’altra parte, la
popolazione non riesce più a muoversi per poter raggiungere quei presidi che
sono stati creati, o che già erano esistenti, da parte dei missionari e delle
organizzazioni umanitarie.
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“PROGETTO NETTUNO”, UN ACCORDO INTERNAZIONALE
PER
REGOLARE L’IMMIGRAZIONE IN EUROPA
- Intervista con don Cesare
Lodeserto -
La piaga dei “mercanti di uomini”, coloro cioè che muovono
le fila dell'immigrazione clandestina, deve diventare una priorità a livello
internazionale perché il fenomeno si può arginare solo con azioni congiunte di
tutti i Paesi. E’ il principio alla base del “Progetto Nettuno”, un accordo di
cooperazione internazionale al quale Italia e Spagna hanno dato piena adesione
e che è stato presentato questa settimana al ministro dell’Interno inglese e alle
autorità competenti di Cipro, Malta e Atene. Nei primi giorni di agosto,
inoltre, sarà sottoposto al vaglio della Germania.
Un punto centrale del progetto è che dovrà essere l’Europa
a stipulare gli accordi di collaborazione con i Paesi da cui partono e
transitano i flussi. Ma, al di là delle linee operative, quali considerazioni
non si possono dimenticare? Fausta Speranza lo ha chiesto a don Cesare
Lodeserto, responsabile dei centri di accoglienza in Puglia, in Italia:
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R. – La
chiave di lettura non può essere sempre la sicurezza, il contrasto, la
frontiera, quanto invece lo sviluppo e la cooperazione e quant’altro possa
aiutare e gestire i flussi migratori. Non c’è dubbio che va contrastato tutto
ciò che ha il sapore del crimine e del traffico degli esseri umani all’interno
del fenomeno migratorio. Però, bisogna fare attenzione a non criminalizzare
l’immigrazione. L’immigrato non è un criminale, è un viandante, un uomo in
cammino, anche se è gestito da organizzazioni che vanno contrastate con
fermezza e determinazione, ma senza confonderne le situazioni, altrimenti
rischiamo di rimettere l’immigrato in una condizione di diversità e di rifiuto.
Il fenomeno migratorio - e parlo perché ho esperienza dei Paesi dell’Est - è un
fenomeno che passa attraverso la corruzione molte volte degli Stati da cui
provengono gli immigrati. Andiamo, quindi, ad individuare gli attori di questo
fenomeno, in modo tale che l’immigrazione non sia gestita da organizzazioni
criminali, ma scorra lungo itinerari di legalità, di ordine, gestiti anche dai
flussi, ma sempre in una condizione di serenità per il migrante. Confondere
l’organizzazione con il migrante significa mettere il migrante nella condizione
di pagare un costo con l’organizzazione e di pagare un altro costo con i
governi che li allontanano.
D. –
Don Cesare, si parla di collaborazione tra Stati per contrastare le azioni
illegali, ma esiste collaborazione tra le organizzazioni criminali dei diversi
Paesi?
R. –
Non c’è alcun dubbio. Oggi non è possibile lavorare in un territorio se non c’è
un consenso da parte di chi è forte in quel territorio dal punto di vista
criminale. Noi parliamo di grandi organizzazioni criminali. Pensiamo alla mafia
russa, alla mafia israeliana, alla mafia turca, a realtà che gestiscono il cammino
degli uomini e lo fanno anche con intelligenza, perché sono persone che
conoscono le leggi, che sanno come muoversi, che conoscono il comportamento
delle polizie, che lavorano attraverso i mezzi informatici e che in ogni
momento possono individuare strumenti di corruzione, strumenti di penetrazione
dei territori, e attraverso questi strumenti anche infiltrare gente,
all’interno del fenomeno migratorio, sulla quale bisogna nutrire dei dubbi.
Ecco perché le organizzazioni sono forti e hanno un reddito molto elevato.
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26 luglio 2003
LA CHIESA CATTOLICA SLOVACCA SODDISFATTA
PER LA
DECISIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI NON FIRMARE LA LEGGE SULL’ABORTO
APPROVATA DAL PARLAMENTO.
IMPEDITA
LA SUA ENTRATA IN VIGORE
BRATISLAVA. = Dopo 20 giorni di riflessione, il presidente
della Repubblica slovacca, Rudolf Schuster, ha deciso di non firmare la legge
sull’aborto approvata il 3 luglio dal parlamento di Bratislava. La controversa
e scandalosa legge prevedeva che in caso di malformazioni del feto, fosse
possibile abortire sino a 24 settimane dal concepimento. La legge era passata
grazie ad una maggioranza trasversale che comprendeva i voti dell’opposizione e
del partito di governo “Alleanza del nuovo cittadino” ma, per entrare in vigore
come previsto della Costituzione, aveva bisogno della firma del presidente
della repubblica. La Chiesa cattolica locale, attivissima nell’ultimo mese per
sensibilizzare l’opinione pubblica nei riguardi di una legge ingiusta e
immorale, ha espresso la propria soddisfazione per la decisione di Schuster.
“Durante il pellegrinaggio nazionale al santuario mariano a Levoca, lo scorso 6
luglio - ha spiegato il portavoce dei vescovi slovacchi, mons. Marian Gavenda -
il presidente della Conferenza episcopale, il vescovo František Tondra davanti
a più di mezzo milione di fedeli, assicurò il presidente della repubblica,
presente alla cerimonia, che i cattolici avrebbero pregato per lui e per
una saggia e responsabile decisione. La scelta di porre il veto – ha aggiunge
mons. Gavenda - è stata accolta con soddisfazione da mons. Tondra che ha
espresso fiducia in una giusta soluzione del problema. In una dichiarazione
ufficiale la Chiesa ha espresso un netto rifiuto dell’aborto e sottolineato in
sostanza che il diritto del feto alla vita non può essere messo in discussione.
Si tratta, infatti, di valori e norme morali basati sulla legge naturale,
vincolanti per ogni persona umana. La verità e la morale non dipendono né da
una maggioranza né da una minoranza parlamentare. La speranza – ha concluso il
portavoce – è che in questo tempo di riposo ci sia spazio per una riflessione
più ampia ed equilibrata tra i deputati e nell’opinione pubblica”. Come prevede
la costituzione slovacca infatti la legge ritornerà in Parlamento per una nuova
votazione. Per la sua approvazione sarà necessaria la maggioranza assoluta (in
questo caso 76 su 150) dei componenti l’assemblea. La discussione è prevista il
4 settembre, esattamente una settimana prima dell’annunciata visita di Giovanni
Paolo II. (M.A.)
IL GOVERNO SPAGNOLO HA CONCESSO
L’AUTORIZZAZIONE PER L’USO DI EMBRIONI NELLA RICERCA SCIENTIFICA.
PRIMA
DI PRONUNCIARSI, LA CHIESA LOCALE ATTENDE DI CONOSCERE INTEGRALMENTE IL TESTO
DELLA LEGGE
MADRID. = Il governo spagnolo ha autorizzato l’uso di
embrioni congelati da oltre cinque anni per la ricerca scientifica. La
decisione è stata presa dal Consiglio dei ministri, tenutosi ieri a Madrid, che
ha riformato la legge della fecondazione assistita del 1988 che proibiva
l’impiego di embrioni per l’uso non riproduttivo. Secondo i dati forniti dal
governo, in Spagna esistono circa 30 mila embrioni congelati, avanzati da
procedimenti di fecondazione in vitro. Il possibile uso scientifico degli
embrioni sarà sottoposto a restrizioni. I genitori da cui provengono le
cellule, dovranno autorizzare per iscritto questo uso. Avranno quattro scelte:
utilizzarlo, donare l’embrione alle coppie in lista di attesa, scongelarlo (che
coinciderebbe con la sua distruzione) o destinarlo alla ricerca scientifica. In
quest’ultimo caso, sarà necessaria l’autorizzazione della Commissione nazionale
per la riproduzione umana assistita
e del comitato di etica. La
Chiesa cattolica locale ancora non si è pronunciata ufficialmente. L’arcivescovo
di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, si è limitato per ora a
ricordare la dottrina cattolica in materia che afferma che l’embrione non possa
essere trattato come un oggetto. In attesa di conoscere il testo integrale
della legge e studiarlo con attenzione, anche il segretario della Commissione
per la famiglia e la difesa della vita della Conferenza episcopale, Inocente
García de Andrés, ha declinato ogni commento in merito alla legge. “La dottrina
della Chiesa in questo campo – ha ribadito - è chiara: non si ammette la
ricerca con embrioni se vanno a beneficio di una terza persona. Ciò comporta
distruzione di vita umana. Sebbene la fecondazioni in vitro sia immorale, gli
embrioni risultanti da essa sono persone con il diritto alla vita”. Secondo il
catechismo della Chiesa cattolica sono da ritenersi leciti gli interventi
sull’embrione umano, a patto che rispettino la vita e l’integrità
dell’embrione. Immorale, invece, produrre embrioni umani destinati ad essere
sfruttati come “materiale biologico disponibile”. (M.A.)
PRIMO INCONTRO, IERI A NEW
DELHI, FRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI INDIANO
E
L’AMBASCIATORE PAKISTANO DOPO LA RIPRESA DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE.
AL
CENTRO DEL COLLOQUIO IL RIPRISTINO DELLE VIE DI COMUNICAZIONE
E UNA
MAGGIORE COOPERAZIONE MEDICA
NEW
DELHI. = La vicenda della piccola Noor, la bambina pakistana di due anni,
gravemente cardiopatica, che ha potuto curarsi in India, ha suscitato forte
commozione in entrambi i Paesi asiatici e ha portato fortuna anche a molti
altri bambini. Le autorità di New Delhi, infatti, hanno deciso di rendere più
facile, per i piccoli malati pakistani, ottenere un visto per ragioni di salute
ed essere curati negli ospedali indiani. La buona notizia è giunta dopo
l’incontro, avvenuto ieri, fra l’ambasciatore pakistano, Aziz Ahmed Khan e il
ministro degli esteri indiano Yashwant Sinha, il primo da quanto il diplomatico
di Islamabad ha ripreso il suo posto in India il 30 giugno scorso. I rapporti
diplomatici tra i due paesi si erano, infatti, interrotti 18 mesi fa in seguito
all’attentato al parlamento indiano da parte di un commando di estremisti
islamici, che New Delhi accusa Islamabad di sostenere. Il grave incidente, in
cui morirono 12 persone compresi 5 terroristi, aveva determinato anche la sospensione
dei collegamenti viari. Invece, proprio grazie alla riattivazione delle linea
di autobus sulla tratta Lahore-New Delhi, la piccola Noor ha potuto raggiungere
l’India e poi la città di Bangalore dove è stata operata con successo. Nel
comunicare la maggiore cooperazione a scopi medici tra i due Paesi, le autorità
indiane hanno aggiunto che sono stati stanziati dei finanziamenti per pagare le
spese di viaggio, permanenza e cure mediche a una ventina di bambini pakistani.
(M.D.)
300 MILA EURO DAL CONSORZIO “ETIMOS” PER
IL FINANZIAMENTO DI PROGETTI
DI
MICROFINANZA IN SUD AMERICA. SOSTEGNI A FAVORE DELLE FASCE SOCIALI
PIÚ
POVERE IN ECUADOR, BOLIVIA E PERÚ
PADOVA. = Etimos, consorzio italiano non profit di
microfinanza, composto da cooperative del commercio equo e solidale, Ong,
associazioni, fondazioni ed enti religiosi ha erogato, nel mese di luglio,
cinque nuovi finanziamenti a organizzazioni sudamericane, per un ammontare
complessivo di circa 300 mila euro. I fondi, secondo quanto comunicato dallo
stesso consorzio, serviranno a potenziare i programmi di microfinanza e di
sostegno alla microimpresa rivolti alle fasce più povere ed emarginate della
popolazione in Perù, Ecuador e Bolivia. Dei circa 30 mila euro, 100 mila vanno
a “Mide”, una Ong peruviana attiva negli altopiani andini intorno a Cuzco con
piccoli prestiti a favore di donne di etnia quechua. 50 mila euro sono concessi
a “Fondeco”, organizzazione specializzata in microfinanza rurale in Bolivia. Una
cifra analoga è riservata all’associazione “Fundamic” e alla cooperativa di
risparmio e credito “Maquita Cushunchic”, due organizzazioni che operano in
Ecuador, nell’area urbana di Quito, sostenendo le piccole attività
imprenditoriali e commerciali femminili. Sempre in Ecuador, 50 mila dollari vanno,
infine, a “Cepesiu”, Ong attiva con programmi di microcredito. Attualmente
Etimos finanzia circa 30 organizzazioni in 16 Paesi, dall’America Latina a
quella Centrale, dall’Africa ai Balcani. (M.D.)
NASCERÁ IN VENEZUELA UNA COMMISSIONE
NAZIONALE PER I RIFUGIATI.
SI
OCCUPERÁ IN PARTICOLARE DI IMMIGRATI PROVENIENTI DALLA VICINA COLOMBIA
CARACAS.
= Il governo di Caracas ha reso nota la volontà di costituire una commissione
nazionale per i rifugiati, che avrà il compito di regolarizzare la posizione di
un numero imprecisato di immigrati colombiani riparati in territorio
venezuelano a causa della violenza che continua a insanguinare il vicino Paese.
Il mese scorso la responsabile regionale dell’Alto commissariato Onu per i
rifugiati (Unhcr), l’argentina Maria Virginia Trimarco, aveva sollecitato la
creazione di un organismo che si facesse carico di assistere e monitorare la
situazione di almeno 2mila clandestini colombiani. La legge organica per i
rifugiati e i richiedenti asilo, varata dall’Assemblea nazionale venezuelana
dall’ottobre 2001, stabilisce che la Commissione sia formata da delegati del
ministero degli esteri, della difesa e degli interni. L’organismo, secondo
quanto riferisce il governo, coordinerà le attività di assistenza umanitaria e
legale agli immigrati, inoltrando alle autorità competenti le domande di asilo.
(M.D.)
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26 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’incontro
di ieri tra il presidente americano, George Bush, ed il premier palestinese, Abu
Mazen, ha confermato la convergenza di
vedute tra i due leader politici. George Bush ha infatti affermato di nutrire
sempre maggiore fiducia nel premier palestinese ed Abu Mazen ha definito il
colloquio “fruttuoso”. Il capo dell’esecutivo palestinese ha sollecitato il
presidente statunitense, che il prossimo 29 luglio riceverà il premier
israeliano, Ariel Sharon, ad intervenire per il rilascio di un maggiore numero
di detenuti palestinesi e per bloccare la crescita degli insediamenti ebraici.
Abu Mazen ha anche ribadito a George Bush la richiesta di convincere Israele ad
allentare le restrizioni contro il presidente palestinese, Yasser Arafat,
confinato da mesi nel suo quartier generale di Ramallah. La Casa Bianca ha
intanto disposto un piano di aiuti del valore di venti milioni di dollari
a favore dell’Autorità nazionale palestinese. Il servizio di Graziano
Motta:
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“Nostro
obiettivo comune è la pace in Terra Santa fra due Stati liberi e sicuri”. Così
Bush ha detto ai giornalisti, annunciando che un gruppo di esperti economici
americani aiuteranno lo Stato palestinese a dotarsi di solide strutture.
Riferendosi ad uno dei temi che il primo ministro palestinese avrebbe
sollevato, ovvero l’opposizione alla cosiddetta barriera di sicurezza, costruita
da Israele per separare il suo territorio da quello abitato dai palestinesi,
Bush ha auspicato un’intesa. Da parte sua Abu Mazen, con chiaro riferimento
all’opposizione israeliana al rilascio di tutti e 6 mila i prigionieri
palestinesi, attivisti e combattenti dell’Intifada, ha sollecitato il massimo
impegno perché la liberazione sia generale e avvenga al più presto. A
Gerusalemme si ritiene che il rilascio dei prigionieri sarà deciso solo dopo il
ritorno del primo ministro Sharon da Washington che sarà ricevuto da Bush
martedì prossimo. Secondo l’emittente radiofonica governativa, Sharon
assicurerà il presidente americano della sua flessibilità, fermo restando la
priorità della sicurezza dello Stato ebraico.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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La taglia per la morte di Uday e Qusay, i figli di Saddam
Hussein, supera ampiamente l’aiuto di 20 milioni di dollari concesso, oggi,
dagli Stati Uniti all’Autorità nazionale palestinese. Il Dipartimento
di Stato americano ha infatti promesso che verranno pagati rapidamente i
30 milioni di dollari all’informatore che ha permesso alle forze
statunitensi di localizzare i due figli dell’ex rais. Un alto ufficiale del comando americano in
Iraq ha intanto rivelato che, ieri, in una casa a Sud di Tikrit, città natale
di Saddam, le forze americane hanno arrestato tredici persone, tra le quali
presunte guardie del corpo del deposto presidente iracheno.
Dopo un durissimo braccio di
ferro tra governo e partiti di opposizione, il parlamento giapponese ha
acconsentito all’invio di circa 1000 soldati in Iraq per contribuire alla
ricostruzione del Paese arabo. Si tratta del più ampio dispiegamento di
soldati nipponici all’estero dalla seconda guerra mondiale ed è significativo
che le forze giapponesi saranno impegnate in un Paese sotto il controllo
militare americano.
Trasferiamoci in Liberia. Al
largo delle coste del Paese africano, martoriato da 14 anni di guerra civile ed
ormai in preda al caos, si sono schierati, con tre navi, 2300 marines
statunitensi, pronti ad intervenire in caso di necessità. Il presidente
americano, George Bush, ha ribadito che i militari americani entreranno in
azione solo a sostegno della forza di pace della Comunità Economica degli Stati
Africani dell’Ovest (Ecowas). Ma la condizione essenziale, per ripristinare
l’ordine, sembra l’allontanamento del presidente liberiano, Charles Taylor. Il
servizio di Giulio Albanese:
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Ieri è stata una giornata davvero infernale,
contrassegnata da un attacco violentissimo sul centro della capitale Monrovia,
che ha provocato decine di vittime ed
oltre 100 feriti. Poi, in serata, è arrivata la notizia di un nuovo cessate il
fuoco, proclamato dai ribelli del Lurd, Liberiani uniti per la riconciliazione
e la democrazia. E’ la terza volta dal 17 giugno che queste forze ribelli
proclamano la tregua, ma fino ad ora l’hanno sempre sistematicamente violata.
Nell’attesa i missionari e gli operatori umanitari continuano a lanciare
ripetutamente appelli che cadono sistematicamente nel vuoto sulle condizioni soprattutto
disperate degli oltre 200 mila sfollati di Monrovia.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Riunificazione
del Paese a tutti i livelli, pacificazione dell’intero ex Zaire, consolidamento
della pace, riconciliazione nazionale ed organizzazione di elezioni libere e
trasparenti. Sono questi gli obiettivi del nuovo governo di transizione della
Repubblica Democratica del Congo, la cui prima seduta, ieri, ha visto la
presenza del capo di Stato, Joseph Kabila, e dei 4 vicepresidenti che lo
affiancheranno fino alle prossime elezioni, previste entro 2 anni.
L’Argentina sembra decisa a voltare pagina e a fare
giustizia dei crimini commessi dalla dittatura militare che ha governato il
Paese sudamericano dal 1976 al 1983. Ieri il presidente argentino, Kirchner, ha
infatti rimosso gli ostacoli legali all’iniziativa del giudice spagnolo Garzon,
che ha chiesto l’estradizione dei leader militari tra cui gli ex dittatori
Videla e Massera. Ce lo conferma Maurizio Salvi:
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In una giornata drammatica cominciata con il tentativo di
suicidio da parte dell’ex militare Juan Antonio Astiz, e seguita dall’arresto
di vari ex ufficiali della dittatura, come richiesto dal giudice spagnolo Baltasar Garzon, il presidente Nestor Kirchner ha annunciato l’abrogazione del
decreto che impediva l’estradizione dei protagonisti della repressione.
Personaggi come Jorge Videla ed Emilio Massera, pur essendosi macchiati di
gravi delitti, hanno potuto minimizzare i danni grazie alle leggi di obbedienza
dovuta e di punto finale e ad un’amnistia. Ieri, abrogando il decreto del 2001,
Kirchner ha messo il massimo tribunale davanti ad una chiara alternativa: se la
vigenza delle leggi di amnistia venisse confermata, gli ex repressori
potrebbero essere estradati; nel caso invece di un loro annullamento i processi
potrebbero essere celebrati in patria, permettendo alla società argentina di
ottenere l’agognata giustizia.
Da Buenos Aires, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Non sono bastati 50 anni a sopire le tensioni tra
le due Coree. Il 27 luglio 1953, infatti, terminava il sanguinoso conflitto tra
Corea del Nord e Sud, con un armistizio che segnò le frontiere tra i due Stati
al 38° parallelo. Ma sentiamo in proposito il servizio di Chiaretta Zucconi:
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Alle dieci in punto di quella notte colpi di cannone
smisero di risuonare lungo i 243 chilometri che dividono a metà la penisola
coreana. Un armistizio che, tuttavia, non si è mai trasformato in un trattato
di pace e le tensioni create da una guerra mai risolta hanno portato lo scorso
anno alla crisi nucleare tra Washington e Pyongyang, dopo l’ammissione della
Nord Corea di possedere un piano di sviluppo nucleare in violazione
dell’accordo del 1994 con gli Usa. A sottolineare la tensione domani le due
Coree ricorderanno con cerimonie separate l’anniversario dell’armistizio e le
vittime di quel sanguinoso conflitto terminato nel ’53 con quasi 4 milioni di
morti. La Nord Corea terrà una cerimonia commemorativa in Pyongyang, mentre
Stati Uniti e alleati sud coreani si riuniranno nella zona demilitarizzata
insieme a migliaia di veterani di guerra e a rappresentanti dei 16 Paesi
stranieri che presero parte alla guerra. Ma la tensione è alle stelle. Ieri il
tribunale internazionale di Pyongyang ha accusato il presidente Bush e dieci
suoi predecessori per crimini contro la Corea, tra cui il genocidio.
Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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Elezioni
legislative domani in Cambogia. Grande favorito per la tornata elettorale, che
chiama alle urne circa 6,3 milioni di aventi diritto al voto, il partito
cambogiano del popolo guidato dal premier Hun Sen. Le elezioni, nel Paese
asiatico, rappresentano un ulteriore passo in avanti verso la rinascita e la
costruzione della democrazia, che ha preso il via nel 1993, dopo oltre 3
decenni di guerra civile.
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