RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 203 - Testo della
Trasmissione di martedì 22 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
La situazione irachena
all’esame dell’Onu. Con noi, Fabio Alberti di “Un ponte per…”.
Vacanze estive, tempo da
spendere per servire il prossimo: intervista con suor Katia Roncalli.
CHIESA E SOCIETA’:
Ucciso in
Brasile un missionario italiano. Da quarant’anni operava nel Paese
latinoamericano.
Siccità, incendi e
temperature elevate in tutta Europa. Danni per svariati milioni di euro.
Fervono
i preparativi a Calcutta per la beatificazione di Madre Teresa, il prossimo 19
ottobre.
Successo in Germania per la mostra itinerante dedicata
alla Bibbia.
Ennesimo episodio di
violenza in Iraq: un soldato americano è morto in un agguato a Nord-Ovest di
Baghdad.
Dalla Corea del Sud
arrivano nuove speranze per una svolta della crisi nucleare nord coreana.
Rimane drammatica la
situazione in Congo: 20 civili sono stati uccisi nella martoriata regione
dell’Ituri.
22 luglio 2003
LA SOLLECITUDINE PASTORALE DELLA CHIESA VERSO
GLI ZINGARI
IN UN
APPELLO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI
E GLI
ITINERANTI. CON NOI, L’ARCIVESCOVO AGOSTINO MARCHETTO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Agli inizi del mese si è tenuto a
Budapest, in Ungheria, il quinto Congresso mondiale della pastorale per gli
zingari sul tema “Chiesa e zingari per una spiritualità di comunione”, promosso
dal Dicastero vaticano per i migranti e gli itineranti. In questa importante
assise, dedicata ai circa 18 milioni di zingari sparsi nel mondo - la maggior
parte dei quali vive in Europa, mentre altrettanti si presume vivano in India,
terra originaria di quel popolo - è stata sottolineta la necessità di coniugare
gli sforzi a favore degli zingari all’interno di una sana, giusta e rispettosa
collaborazione fra Chiesa e Stato. I congressisti, preso atto della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali,
hanno formulato un Appello in cui si chiede una pronta realizzazione di quanto
previsto nella Convenzione stessa, sottolineando con forza che la tutela
giudiziaria di tali diritti concerne ogni zingaro residente nei Paesi europei.
Ma diamo la parola all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del
Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:
R. – Ad ogni rom - leggiamo
nell’appello - deve essere riconosciuto il diritto alla nazionalità,
all’alloggio, al riconoscimento del nomadismo come stile di vita volontario,
alla libertà di circolazione all’interno e all’esterno del proprio Paese, e
all’accesso ai sistemi di protezione sociale e in particolare alla sanità.
D. – Con quali modalità,
eccellenza, sarà diffuso l’appello?
R. – Sarà premura di questo
Pontificio Consiglio inviare il testo dell’appello a tutte le Conferenze
episcopali, affinché lo sottopongano all’attenzione delle istanze competenti ed
interessate. Il nostro Pontificio Consiglio auspica che l’appello sia accolto
positivamente dai governanti degli Stati e dalle organizzazioni internazionali,
in modo che si crei il terreno adatto per la crescita di una vera, autentica
comunione nella solidarietà, nel rispetto e nella tolleranza in armonia di
diritti e doveri di ciascuno. Diritti e doveri vanno insieme. Perciò oso anche
sperare che gli zingari, non sentendosi più discriminati ed emarginati, ma
cittadini a pieno diritto, saranno più disposti ad adempiere pure i loro doveri
nei confronti di tutti.
Il Congresso di Budapest ha
riunito oltre 200 persone in rappresentanza di 26 nazioni di Europa, Asia e
Americhe. Le delegazioni più numerose sono state quelle dei Paesi dell’Europa
occidentale - Francia, Italia, Spagna, Germania e Portogallo - in cui la Chiesa
è presente ed agisce nel mondo zingaro ormai da molti anni. Vi era poi un
gruppo consistente di operatori pastorali proveniente dai Paesi del centro e
dell’est europeo: Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Romania, Slovacchia e
Ungheria. Questo è stato il primo Congresso a cui hanno partecipato anche gli
incaricati dell’Ucraina, della Bosnia Erzegovina, di Serbia e Montenegro.
Tredici delegazioni erano accompagnate dai vescovi promotori e ciò indica un
vero interesse dei pastori della Chiesa verso il popolo rom. I congressisti
hanno ritenuto necessario e fondamentale garantire agli zingari pari
opportunità di accesso all’istruzione, alla formazione professionale, alla
conoscenza delle lingue e all’esercizio della professione. Ancora mons.
Marchetto:
R. – Considerando che solo in Europa vi sono due milioni
di ragazzi zingari in età scolastica, ma non ancora scolarizzati – due milioni
invece sono scolarizzati – risulta evidente che investire nell’educazione e
nella formazione professionale dei Rom è una delle priorità per il vecchio
continente. Il Congresso ha espresso l’augurio che anche fra gli stessi zingari
vengano scelti operatori per la pastorale. Credo infatti che il segno più
tangibile di una vera ed autentica comunione tra la Chiesa e gli zingari siano
proprio i Rom che hanno consacrato totalmente la loro vita a Dio e ve ne sono
più di 30 nel mondo.
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Apre la
prima pagina la drammatica situazione in Liberia: la durissima battaglia a
Monrovia provoca centinaia di morti tra i civili.
Sempre
in prima, la notizia dell'assassinio, in Brasile, del missionario padre Taddeo
Gabrieli, appartenente all'Ordine dei Frati Minori cappuccini.
Nelle
vaticane, l'omelia del patriarca di Venezia, Angelo Scola, nella festa del
Santissimo Redentore.
Un
articolo di Gianfranco Grieco sul volume del vescovo Fisichella dal titolo:
"La via della Verità".
Un
articolo di padre Gino Concetti dal titolo "La vocazione e la missione
della famiglia al centro della sollecitudine pastorale della diocesi di Roma
per il Terzo Millennio": in un Vademecum le conclusioni del Convegno
diocesano del giugno scorso.
Un articolo
sulla conclusione delle celebrazioni - nel centenario della morte - in onore di
mons. Giuseppe Masnini de Cornati, fondatore delle Ancelle del Santuario.
Nelle
pagine estere, Medio Oriente: missione di Abu Mazen in Egitto e in Giordania.
In Iraq:
nuovi attacchi contro militari Usa. I Quindici dell'Unione Europea elogiano
l'istituzione del Consiglio del Governo provvisorio.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula sui ricordi di un viaggio in
Finlandia.
Nell'
"Osservatore Libri", un contributo di Giulio Colombi su un numero di
"Humanitas" dedicato al "Brenner Kreis" ed alla sua
influenza sulla cultura del primo Novecento.
Nelle
pagina italiane, in rilievo la vicenda della neonata abbandonata a Palermo; il
titolo è "Occorre tornare a sorridere alla vita".
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22 luglio 2003
GRAZIA E AMNISTIA, DUE CONCETTI DISTINTI MA
APPLICABILI
PER CHIUDERE PAGINE
DRAMMATICHE DELLA STORIA ITALIANA
- Intervista con il
cardinale Achille Silvestrini -
La
vicenda di Adriano Sofri, ex leader di “lotta continua”, condannato a 22 anni
di reclusione per l’omicidio del commissario Calabresi è attualmente al centro
del dibattito politico italiano, in un momento in cui nel Paese è acceso il
confronto sul sovraffollamento delle carceri. Su quest’ultima questione si è
già espresso Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000 e nel corso della
sua storica visita al Parlamento italiano. Sentiamo l’opinione del cardinale
Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese
Orientali, intervistato da Fabio Colagrande:
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R. – La condizione di sovraffollamento delle carceri
preoccupa. Mi sono permesso di far notare che nel Vangelo Gesù dice: “Ero
carcerato e mi avete visitato”. Oggi chi può visitare un carcerato? Oggi la
situazione è tale che soltanto assistenti sociali o personale specializzate
possono andare in visita a un detenuto. E ciò è dovuto non alla cattiva
volontà, ma proprio al fatto che le carceri sono talmente sovraffollate che non facilitano questi
contatti.
D. – Tornando al caso Sofri e alla
proposta del ministro della Giustizia Roberto Castelli, lei - anche come
conoscitore delle vicende degli Anni di Piombo - sarebbe in questo caso
favorevole alla grazia, ma anche favorevole alla proposta di un’amnistia, per
esempio fatta dal Guardasigilli?
R. – Penso di sì. Mantenendo
distinti i concetti. Che non si dica: “O la grazia o l’amnistia”. La grazia si
può concedere a Sofri come ad altri condannati, per i quali si verifichino le
condizioni e le motivazioni. L’amnistia si ispira ad un altro principio.
Suggerisce: “Va bene, chiudiamo questo periodo del terrorismo e diamo un
segnale di pacificazione, che sia anche di buon esempio”.
D. – All’interno del Parlamento
italiano, però, si nota che la proposta di un condono di due anni di pena da
applicare ad alcuni condannati, quelli che hanno commesso reati non gravi - il
cosiddetto “indultino” - sta incontrando delle difficoltà …
R. - E’ curioso come alcuni che adesso chiedono la clemenza, prima
l’abbiano negata, al momento del Giubileo e dopo la visita del Papa al
Parlamento. Ci può essere anche una rivoluzione in tutto questo. Io me
l’augurerei.
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CHE
ATTENDE L’ARRIVO DELLE FORZE USA
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Intervista con padre Carmine Curci -
Si aggrava con il passare delle
ore il bilancio delle vittime degli scontri in Liberia. Le strade della
capitale Monrovia sono teatro di una battaglia violentissima tra i ribelli del
Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia) e le forze fedeli
al presidente Taylor. Il governo parla addirittura di oltre 600 morti negli
ultimi giorni, ma la cifra non è confermata da fonti indipendenti. Nonostante
l’appello da parte statunitense di cessare gli attacchi, i guerriglieri - che
hanno conquistato il porto - continuano a sparare colpi di mortaio verso il
quartiere delle ambasciate. Per proteggere la propria, Washington ha inviato i
primi 41 marines, mentre è ancora incerto l’arrivo dei 4.500 uomini messi in
allerta. Ma come si è giunti a questa situazione, a pochi giorni dall’accordo
firmato da Taylor e dai ribelli? Andrea Sarubbi lo ha chiesto a padre Carmine
Curci, direttore della rivista missionaria “Nigrizia”:
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R. - Sia i movimenti dei ribelli,
sia il presidente Charles Taylor non hanno nessuna intenzione di trattare la
pace. Per Taylor, l’importante era guadagnare tempo per ristrutturare le sue
poche forze, che sono intorno a lui. Per i ribelli, invece, la possibilità
ancora più forte di avanzare, soprattutto verso la capitale. In queste ore
stanno avanzando verso il Nord di Monrovia.
D. – Secondo lei, l’arrivo di un
contingente americano potrà risolvere la situazione?
R. – C’è un fatto, che negli
americani esiste ancora, per quanto riguarda l’Africa: la “sindrome Somalia”.
Gli americani hanno ancora oggi molto timore di poter entrare in un conflitto
da cui non saprebbero più uscire. Teniamo presente che gli americani entrano
sempre con molta forza, ma la realtà - come sta succedendo anche in Iraq - è
che non hanno poi la capacità di mantenere il territorio. Quindi, è possibile
che si continuerà, ancora una volta, a provocare la morte di soldati
statunitensi e ciò è molto pericoloso per gli americani che non hanno grande
esperienza, soprattutto in territori africani.
D. – Anche la Nigeria ha promesso
uomini in diverse centinaia: perché non partono?
R. – Il problema nigeriano è molto
tecnico e pone alcuni quesiti. Chi è che finanzia anzitutto questo contingente?
E, secondo, con quale autorità politica può intervenire il contingente? Anche
l’Unione africana si è pronunciata più volte per la fine del conflitto, però
non ha ancora fatto dei passi concreti per giungerne alla fine. Charles Taylor
è stato chiaro: “Io vado via solo dopo un contingente di pace”, ha detto. Però
molti, soprattutto da parte dell’opposizione, vedono questo come un guadagnare
terreno.
D. – Padre Curci, lei crede che si
riesca a porre fine a questo massacro in tempi rapidi?
R. – Per il momento no, nel senso
che dovremo aspettare ancora qualche settimana, perché la situazione pensiamo
che si aggraverà ancora di più. I ribelli entreranno sempre di più verso il
palazzo presidenziale, quindi ci aspettiamo drammaticamente ancora tanti morti.
E’ la comunità internazionale che deve intervenire con forza, soprattutto
mandando un contingente che possa fare da divisione tra le forze di Charles
Taylor e i ribelli. Ma questa è una situazione ancora molto fluida e anche
molto ambigua, dal punto di vista internazionale.
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IL DRAMMA DELL’IRAQ ALL’ESAME DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA
DELL’ONU,
ALLA
PRESENZA DI UNA DELEGAZIONE DEL GOVERNO TRANSITORIO DI BAGHDAD
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Intervista con Fabio Alberti -
Mentre, lo stillicidio quotidiano dei morti e degli
attentati contro le truppe statunitensi in Iraq non sembra avere fine, al
Palazzo di Vetro di New York, oggi è il giorno della riunione pubblica del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu per la presentazione del primo rapporto
sull’Iraq, stilato dal rappresentante speciale dell’Onu nel Paese, Sergio
Vieira de Mello. Alla seduta sarà presente una delegazione del Consiglio di
governo transitorio iracheno, i cui membri non interverranno davanti al
Consiglio di Sicurezza in veste ufficiale, ma solo a titolo personale. Ma qual
è la situazione nel Paese, dove si intensificano le rappresaglie contro le
truppe statunitensi? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Fabio Alberti,
presidente dell’organizzazione umanitaria “Un ponte per …”
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R. – La situazione purtroppo sta degenerando. Sta
peggiorando sia sul piano umanitario che sul piano della sicurezza. Continua a
mancare elettricità in gran parte del Paese. A tratti, durante le giornate,
siamo in estate. La settimana scorsa c’erano 55 gradi per cui risultano
comprensibili le conseguenze di questa mancanza di energia. E poi la sicurezza
dei cittadini: non esiste tuttora un’amministrazione o una capacità delle
potenze occupanti di farsene carico. Il che sta rallentando, oltre ai problemi
già esistenti, una ripresa della vita economica e civile.
D. – Ci si poteva aspettare una
resistenza così forte da parte dei gruppi di opposizione in Iraq?
R. – Devo dire che, inizialmente,
almeno una parte della popolazione irachena era disponibile a dar credito o
comunque a vedere cosa sarebbe successo Nessuno pensa che gli Usa siano lì per
liberare. Tutti sanno che c’è il petrolio dietro alla vicenda. Però questa
mancanza d’intervento, sia sul piano umanitario che della sicurezza, sta
rapidamente facendo volgere l’insieme della popolazione in una posizione di forte
ostilità. Quindi, evidentemente ci sono poi anche frange che manifestano questa
ostilità in maniera armata.
D. – Che cosa si dice in Iraq:
Saddam Hussein è ancora vivo?
R. – Questo non lo sa nessuno. Ma
devo dire che non interessa molto a nessuno.
D. – Lei ha visto l’intervento da
parte della Chiesa a livello umanitario?
R. – Sì, la Chiesa è attiva
attraverso le Caritas internazionali e la comunità caldea, che comunque conta
una certa presenza in Iraq, ma senza – da quello che abbiamo potuto vedere –
discriminazioni nei confronti dell’insieme della popolazione.
D. – Parlando di questa avversione
che c’è contro gli americani in Iraq, lei crede possa diventare anche un odio
contro l’Occidente e quindi uno scontro di culture, o ritiene riguardi soltanto
le truppe americane?
R. – Per ora no. Per ora, nella
popolazione, si distingue in modo molto forte tra Europa ed America. Certo che,
se aumentasse la potenza militare di altri Paesi - per esempio quella italiana,
ormai avviata ad essere consistente a Nassirya; ma si parla anche della Spagna,
della Polonia – allora, certamente questa distinzione tra Europa e Stati Uniti
potrebbe sfumare e coinvolgere anche noi. Devo dire, fra l’altro, che questa è
una delle preoccupazioni che abbiamo per i nostri operatori, per i quali la
sicurezza è garantita dal loro essere indipendenti. Nel momento in cui
venissero accerchiati da militari italiani, potremmo correre dei rischi.
D. – In Iraq è invocato un
intervento di truppe delle Nazioni Unite, dei caschi blu…
R. – Sì, direi che la maggior
parte della gente, anche se non tutti arrivano a questo dettaglio di
descrizione, chiede che in questo momento la sicurezza e l’intervento
umanitario sia garantito dall’Onu. Anche perché finora le potenze occupanti lo
hanno fatto.
D. – Il governo provvisorio a
Baghdad dà garanzie secondo lei?
R. – Purtroppo non ha poteri e non
rappresenta l’insieme delle forze irachene, anche se in tanti vi partecipano.
Ma molti altri, in particolare gli ambienti religiosi, sia sciiti che sunniti,
ne sono rimasti fuori. Il rischio è che venga scaricato su di loro, cioè su un
corpo certamente iracheno, ma senza poteri, la responsabilità della situazione
e che questo possa far nascere anche degli scontri all’interno della stessa
popolazione, cosa che noi speriamo si possa evitare… Questa gente ha già
sofferto abbastanza.
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SERVIRE IL PROSSIMO CON ALLEGRIA ED IMPEGNO. QUESTA LA
PROPOSTA
DEI
CAMPI DI EVANGELIZZAZIONE ORGANIZZATI DALLE SUORE ALCANTARINE
DI SANTA
MARIA DEGLI ANGELI AD ASSISI. CON NOI SUOR KATIA RONCALLI
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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(musica)
Un momento da dedicare al riposo e
al relax, ma non solo: le vacanze estive possono essere una delle poche
occasioni dell’anno in cui ci è dato il tempo da spendere al servizio del
prossimo, magari in un clima di fraternità ed allegria. Con questa finalità le
suore francescane alcantarine di “Casa Frate Jacopa” a Santa Maria degli
Angeli, in provincia di Perugia, offrono a tutti i giovani la possibilità di
partecipare a “campi di evangelizzazione”. Suor Katia Roncalli ci ha spiegato
di cosa si tratta:
R. - Il campo di evangelizzazione è un’esperienza che
organizziamo coinvolgendo alcuni giovani che durante l’anno, da novembre fino a
maggio-giugno, hanno fatto delle tappe vocazionali; quindi, dopo un anno di
ascolto, questi giovani, che diventano con noi giovani missionari, fanno
un’esperienza sul campo. Da ascoltatori diventano a loro volta, insieme a noi,
evangelizzatori. Generalmente siamo invitati dai sacerdoti nelle loro
parrocchie dove viviamo un’esperienza a contatto con queste realtà, visitando
le famiglie, gli ammalati e un po’ tutta la comunità. Nel corso del campo
proponiamo incontri divisi per categorie.
D. – C’è molta richiesta di partecipazione
da parte dei giovani?
R. – Sì, molta, anche perché
l’esperienza in sé è abbastanza completa, nel senso che permette loro di
condividere uno stile. Venendo ospitati nelle parrocchie, molto spesso dormiamo
nelle scuole, per cui i giovani vengono come incorporati dentro la nostra
fraternità e messi a contatto con le dinamiche tipiche che si instaurano nella
nostra comunità francescana.
D. – Suor Katya, nella tua
esperienza in questi campi di evangelizzazione al fianco dei giovani, c’è un
episodio che ti ricordi in modo particolare?
R. – Ricordo di una giovane, che
restò molto meravigliata entrando in una famiglia con noi, perché, non appena
varcata la soglia di quella casa, abbiamo incontrato una ragazza sulla sedia a
rotelle che con la sua vita ci ha comunicato la fede. Siamo partiti noi, per
annunciare il Vangelo, e ci siamo trovati di fronte ad una testimone di fede.
D. – Ma il “progetto giovani”
delle suore alcantarine non si esaurisce con il campo di evangelizzazione. Ci
sono anche altre proposte, non è vero?
R. – La nostra fraternità da un
po’ di anni ha elaborato il “progetto giovani”, cioè un itinerario attraverso
il quale tentiamo di accompagnare i giovani verso la crescita nella fede, nella
formazione umana ed anche nel discernimento vocazionale. Ci sono i corsi “Zero”
e i corsi “Alef”, che di fatto sono esperienze per chi è all’inizio di un
cammino di fede; poi ci sono i corsi “Seguimi” che sono invece esperienze di
approfondimento, di discernimento vocazionale. Un’altra esperienza che
consigliamo e che abbiamo inserito quest’anno è il corso “Tu sei, sentirsi
amati”, ritrovarsi davanti a Dio come un prodigio, come una realtà bella,
unica, importante. Inoltre, il progetto propone anche esperienze di eremo:
l’occasione di sostare con la parola di Dio, con l’esperienza di preghiera di
Francesco d’Assisi. Infine, vogliamo accompagnare le coppie di fidanzati, di
giovani sposi nel loro difficile cammino, soprattutto attraverso il corso ‘Cana
di Galilea’. In poche parole il nostro è un tentativo di venire incontro ad
ogni giovane, lì dove si trova, e accompagnandolo nella crescita.
(musica)
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22 luglio 2003
NELLA CINA MERIDIONALE, UN TERREMOTO PROVOCA SEI MORTI
E DUECENTO
FERITI. MIGLIAIA LE ABITAZIONI DANNEGGIATE DAL SISMA
PECHINO. = Un terremoto di magnitudo 6.2 della scala
Richter ha colpito - alle 23,16 ora locale - la provincia dello Yunnan, nella
Cina meridionale, provocando la morte di 11 persone. E’ quanto riferito oggi da
funzionari locali, citati dall’agenzia Nuova Cina. Il sisma - che ha causato
duecento feriti, di cui 23 in modo grave - si è verificato nel distretto di
Dayao, abitata dall’etnia minoritaria degli Yi. Le vittime, hanno aggiunto i
funzionari, sono morte sotto le macerie delle case crollate a causa del
terremoto. La televisione di Stato riferisce che il sisma ha distrutto o
seriamente danneggiato 5 mila abitazioni, 18 edifici scolastici e 68 palazzi
governativi. L’area è stata già colpita in passato da devastanti terremoti. Nel
febbraio del 1996, a Lijiang, sempre nella provincia dello Yunnan, un sisma
provocò la morte di oltre 300 persone. (A.G.)
ASSASSINATO IN BRASILE MISSIONARIO
ITALIANO.
AVEVA
DEDICATO TUTTA LA VITA AI POVERI DEL PAESE SUDAMERICANO.
FERMATO
DALLA POLIZIA UN GIOVANE TOSSICODIPENDENTE,
PIÚ
VOLTE AIUTATO DAI CAPPUCCINI DEL CONVENTO DI IMPERATRIZ
IMPERATRIZ. = Preferiva vestirsi
con abiti da lavoro, piuttosto che con il saio francescano, e anche per questo
era conosciuto come “il frate con la tuta”. Una vita dedicata alle missioni, in
particolare accanto ai “senza terra” brasiliani, quella di padre Taddeo
Gabrieli, cappuccino di 73 anni, assassinato a Imperatriz con due coltellate.
Nativo di Bergamo e ordinato sacerdote nel 1954, aveva svolto la sua prima
missione in Eritrea nel 1955, per poi passare, nel 1961, nella poverissima
città nello Stato di Maranhao, dove è morto. Padre Taddeo era quindi impegnato
da più di quarant’anni a favore dei contadini “sem terra”, tanto da avere già
annunciato ai familiari la volontà di essere sepolto in Brasile. L’omicida,
racconta “L’eco di Bergamo”, un cinquantenne del posto, si trova in carcere. La
polizia sostiene che agisse sotto l’effetto di alcol e droga, ma comunque su
commissione di un secondo indiziato, anch’egli in carcere. Quest’ultimo, un
giovane di 27 anni, è ben conosciuto dai cappuccini di Imperatriz, poiché era
stato da loro aiutato a curarsi dalla droga. Circa un mese fa, però, era stato
proprio padre Taddeo a sorprenderlo all’interno del convento, mentre cercava di
rubare qualcosa. Lo aveva trattato con durezza, ma non lo aveva denunciato alla
polizia. Il giovane si sarebbe, però, sentito offeso e aveva minacciato di
morte il religioso. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’omicidio ha
fatto seguito proprio a quella macabra promessa. (M.D.)
TUTTA L’EUROPA PESANTEMENTE CONDIZIONATA DALLE
TEMPERATURE ELEVATE:
SICCITA’,
INCENDI, NAVIGAZIONI INTERROTTE SUI GRANDI FIUMI
E RACCOLTI DISTRUTTI PER MILIONI DI DOLLARI
EUROPA. = Caldo, fuoco, carenza d’acqua. E ancora:
raccolti distrutti e milioni di dollari in fumo, espressione drammaticamente
pertinente. L’assenza di pioggia che ha colpito tutta l’Europa sta
condizionando in modo pesante la vita del continente. Temperature che quasi mai
scendono sotto i 30 gradi, unite a gravi episodi di siccità, di incendi, di
calo della portata dei fiumi al punto da non essere più navigabili sono le
caratteristiche di questa torrida estate del 2003. Partendo da est, in Spagna
715 ettari sono andati in fumo nella regione di Madrid, con il fuoco che ha
devastato circa 200 ettari di foresta vicino a Barcellona, nel nord-est. In
Portogallo, più di 500 vigili del fuoco sono all'opera nel centro del paese per
fronteggiare numerosi focolai di incendio. A rischio, vi è la più vasta zona di
pini marittimi d'Europa, vicino a Serta. Risalendo verso nord, mentre la
Svizzera fa i conti con temperature urbane record, la Francia perde duemila
ettari di boscaglia e foreste in Corsica e la Germania vede seriamente
compromesse alcune delle sue arterie fluviali: sull’Oder, dove la navigazione è
interrotta da sabato, sul Reno e sull’Elba, dove si viaggia con pesanti
limitazioni. Anche l’Austria ha i battelli per il trasporto delle merci
bloccati sul Danubio, tra Vienna e la frontiera slovacca e le autorità temono
gravi conseguenze per l'economia. Nel sud Europa, alcuni incendi in Grecia
alimentati dal vento stanno rendendo la vita difficile agli abitanti di zone
dell’Attica e del Peloponneso. A est, in Croazia, centinaia di ettari di
boschi, pini, ulivi e vigneti sono bruciati sulla costa e nel retroterra di
Dubrovnik, dove gli incendi continuano. Ma è in Slovacchia, Repubblica ceca e
Ungheria che i danni del caldo mostrano il volto peggiore: le rispettive
coltivazioni di cereali sono andate distrutte per il 40, e in Slovenia, dove è
impossibile irrigare i campi, i raccolti persi ammontano a 80 milioni di
dollari. (A.D.C.)
CALCUTTA
SI PREPARA A VIVERE LA BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA.
NUMEROSE INIZIATIVE RELIGIOSE, CULTURALI E DI SOLIDARIETÁ NELLA CITTÁ INDIANA.
LE CELEBRAZIONI CULMINERANNO A ROMA IL 19 OTTOBRE
CON LA SOLENNE LITURGIA PRESIEDUTA DA GIOVANNI PAOLO II
CALCUTTA. = La città di Calcutta
si prepara a vivere la gioia di un evento straordinario: la beatificazione di
Madre Teresa, che avverrà il 19 ottobre nel corso della solenne liturgia
eucaristica celebrata da Papa Giovanni Paolo II. Sebbene l’arcivescovo della
metropoli indiana, mons. Lucas Sirkar, e numerosi esponenti della Chiesa locale
si recheranno a Roma per partecipare alla cerimonia di beatificazione, la
maggior parte dei fedeli della città dove visse e operò Madre Teresa resteranno
in India e seguiranno l’evento grazie a un collegamento televisivo. A Calcutta
fervono i preparativi. Il 19 ottobre la giornata comincerà all’insegna della
solidarietà, con la distribuzione di doni e dolci ai malati e ai poveri nelle
case di accoglienza delle Missionarie della Carità. Più tardi i bambini di
strada, assistiti da oltre 60 organizzazioni non governative che lavorano nella
città, si uniranno in corteo per le vie cittadine e raggiungeranno la tomba
della Madre, dove si svolgerà un momento di preghiera. La casa che ospita le
spoglie di Madre Teresa resterà aperta tutta la giornata, per accogliere il
flusso di fedeli e pellegrini, di qualunque religione siano, che verranno a
pregare e rendere omaggio alla nuova beata. Nel parco della Suola “Don Bosco”,
oltre ad una mostra sulla vita della religiosa, sarà allestito un maxi-schermo
per la proiezione della Santa Messa di beatificazione in diretta via satellite
dal Vaticano. Anche le radio di Calcutta si stanno organizzando per coprire
l’evento e trasmettere la celebrazione. Intanto la Chiesa locale, con una
domanda ufficiale alle autorità civili, ha avviato la pratica per intitolare
una via di Calcutta a Madre Teresa ed erigere un monumento alla religiosa in
una piazza della città. Le Missionarie della Carità hanno anche reso noto il
programma delle celebrazioni che si svolgeranno a Roma, centrate sul motto
“Vieni, sii la mia luce”. Il 17 ottobre a San Giovanni in Laterano, verranno
celebrate tre Messe per i pellegrini in diverse lingue, mentre in serata, fra
le 20,30 e le 22, si terrà l’Adorazione eucaristica. Sabato 18 la giornata si
aprirà con le Messe per i diversi gruppi linguistici a Santa Maria Maggiore,
mentre alle 17, nell’Aula Paolo VI, sarà celebrata una veglia di preghiera in
preparazione alla Giornata missionaria mondiale, che cade proprio il giorno
della beatificazione della suora della carità. Domenica 19 ottobre alle 10, in
piazza San Pietro, Giovani Paolo II proclamerà beata la fondatrice delle
Missionarie della Carità. La festa proseguirà nell’aula Paolo VI con la
proiezione in anteprima del film “Madre Teresa, l’eredità”. Lunedì 20, sempre
in piazza San Pietro, sarà celebrata la Messa di ringraziamento a cui seguirà
l’udienza con il Santo Padre. (M.D.)
APPREZZAMENTI E SUCCESSO DI PUBBLICO IN GERMANIA PER
LA MOSTRA ITINERANTE “BIBELBOX”,
ORGANIZZATA
NELL’AMBITO DELL’ANNO DELLA BIBBIA
COLONIA. = Sono state più di 100
mila in tre mesi le persone che hanno visitato la mostra itinerante “Bibelbox”,
conclusasi domenica 20 luglio, a Colonia. La mostra è stata organizzata dai
promotori dell’ Anno della Bibbia, in collaborazione con circa 15 mila comunità
cristiane delle diverse città tedesche, nelle cui piazze principali è stata
ospitata. Bibelbox è una tenda blu a forma di cubo, alta undici metri, davanti
alla quale sono state collocate cinque gigantografie rappresentanti figure
della Bibbia. All’interno vengono illustrati diversi passi della Scrittura con
l’ausilio di proiezioni, sculture ed altri sussidi, seguendo lo slogan
“Cercare. E trovare”, scelto anche come motto per l’Anno della Bibbia. Il
percorso viene sviluppato intorno a dieci personaggi del Vecchio e del Nuovo
Testamento (Abramo e Sara, Mosé, Ruth e Geremia, Maria, Pietro e Paolo, Maria
di Magdala e Gesù) seguendo una sorta di “catechesi attiva”, nella quale i
visitatori sono invitati a mettersi loro stessi in ricerca. Un allestimento
così insolito non poteva non attirare l’attenzione dei passanti e ha ottenuto
un notevole successo soprattutto fra i giovani. (M.D)
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22 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Ancora scontri violenti in Iraq,
dove purtroppo un soldato americano è morto ed un altro è rimasto ferito in un
agguato a nordovest della capitale. Il convoglio, a bordo del quale viaggiavano
due militari del terzo reggimento della Cavalleria è stato attaccato con
lanciagranate. Sale così a 39 il numero dei soldati statunitensi uccisi da
quando, il primo maggio scorso, il presidente americano, George Bush, ha
dichiarato la fine del conflitto nel Golfo Persico. Il presidente della
Repubblica egiziana, Hosni Mubarak, ha intanto chiesto oggi in un discorso
radio televisivo, pronunciato in occasione del 51.mo anniversario della
rivoluzione egiziana, un’autorità eletta in Iraq per impedire che il “caos si
estenda a tutta la regione”.
Il presidente egiziano, Mubarak, ha inoltre intensificato
gli sforzi della diplomazia internazionale per consolidare il processo di pace
in Medio Oriente. Incontrando, ieri, il primo ministro palestinese, Abu Mazen,
ha espresso la propria soddisfazione per il rispetto della tregua da parte dei
gruppi estremisti. Ha anche invitato Israele a liberare tutti i prigionieri.
Abu Mazen oggi sarà ad Amman per incontrare il re di Giordania, Abdallah II. Il
presidente dell’autorità palestinese, Yasser Arafat, ha intanto chiesto l’aiuto
dell’Europa per realizzare la ‘Road map’. “L'Unione Europea - ha
spiegato - è stata parte attiva nella stesura del piano di pace. Adesso è
venuto il momento di agire: abbiamo bisogno di un intervento rapido di Stati
Uniti, Russia, Nazioni Unite ed Europa”.
Proprio sulla crisi mediorientale e sul piano di pace è
stata incentrata, ieri, la riunione del Consiglio affari generali dell’Unione
europea. L’incontro, svoltosi a Bruxelles, è stato suggellato da una storica
stretta di mano fra il ministro degli esteri israeliano, Shalom, e quello
palestinese, Shaath. Nel summit di ieri si è parlato anche di Iran. L’Unione
europea ha espresso “crescente preoccupazione” per il programma nucleare
iraniano, indicando che in settembre procederà ad un riesame dei suoi rapporti
con Teheran.
Dalla Corea del Sud arrivano nuove conferme sulle
possibilità, “mai così tangibili come adesso”, di una svolta negoziale nella grave
controversia nucleare nordcoreana. “Nel giro di alcune settimane - ha
dichiarato oggi il ministro dell'unificazione nazionale sudcoreano Jeong Se
Hyun - sono probabili negoziati con la Corea del Nord per la soluzione della crisi”.
Nella regione del Kashmir, contesa
tra India e Pakistan, proseguono gli scontri tra i militanti separatisti
islamici e l’esercito indiano. Sette soldati indiani e quattro separatisti sono
morti, stamani, in seguito ad un attacco compiuto contro una base militare
delle forze di Nuova Delhi.
La minaccia
terroristica di Siria e Iran, il ruolo dell’Italia in Iraq e i segnali di progresso in Medio Oriente. Sono
questi alcuni dei temi affrontati, ieri, nell’incontro fra il capo di Stato
americano, George Bush, ed il presidente del consiglio italiano, Silvio
Berlusconi. Nel ranch texano di Crawford, i due leader
politici hanno ribadito la loro convergenza di vedute. “Siamo grati all’Italia per quello che ha fatto al fianco
degli Stati Uniti nella guerra contro il terrorismo e nella lotta per la
liberta”, ha dichiarato il capo della Casa Bianca. “Libertà, democrazia,
giustizia e sviluppo - ha aggiunto il premier italiano - sono le comuni
preoccupazioni dei due Paesi”. La solida intesa tra Italia e Stati Uniti non
sembra dunque aver risentito del difficile dopoguerra in Iraq. Ce lo conferma,
da Washington, la nota di Empedocle Maffia:
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Bush ha ripetuto che a suo parere
le Nazioni Unite hanno già conferito a Washington l’unica responsabilità
politica in Iraq e Berlusconi non ha avuto nulla da eccepire. Il premier
italiano ha parlato solo per dire che ritiene indiscutibile l’esigenza di
creare coesione ed unione tra Europa e Stati Uniti. Un’affermazione di
principio quasi scontata che però la politica in questi mesi non riesce a
realizzare. E mentre Bush - con la nuova sicurezza che si sta imponendo in
questi giorni, nei quali pure larga parte del suo Paese, e qualche voce persino
dentro il suo governo, gli chiedono di ricostruire un rapporto che tolga gli
Usa dall’attuale isolamento a cominciare proprio dall’Iraq - ignorava
quell’appello, Berlusconi gli consegnava l’impegno di portare tutta l’Europa su
questa posizione. Quando, oggi chi presiede l’Unione Europea, nega l’esistenza
e le motivazioni del contrasto che sta separando Europa e Stati Uniti sulla
visione strategica complessiva rispetto alla quale la guerra in Iraq è stata, o
meglio è, solo un passaggio, fa una scelta di campo. Non si può nel problema di
come superare quella rottura. E questo forse non giova agli Stati Uniti, ma
certamente condanna l’Europa a restare divisa proprio su quel contrasto.
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Il primo ministro britannico Tony Blair, giunto oggi ad
Hong Kong per l’ultima tappa del suo viaggio in Asia, ha decisamente negato di aver
autorizzato la diffusione del nome di David Kelly quale fonte degli scoop della
Bbc sui servizi segreti inglesi. Il premier ha aggiunto che il governo si è
comportato correttamente nella vicenda. Lo riferisce il canale satellitare Sky
News.
Gli Stati Uniti hanno rimpatriato ieri a Cuba le 15
persone che, la settimana scorsa, avevano raggiunto le coste della Florida dopo
aver sequestrato un’imbarcazione nella zona orientale dell’isola. Una decisione
che ha colto di sorpresa gli osservatori internazionali in quanto è la prima in
questa direzione da molti decenni e giunge dopo i duri avvertimenti degli
ultimi mesi al regime di Castro, da parte del presidente americano, Bush. Ce ne
parla Maurizio Salvi:
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I mezzi d’informazione cubani, in sintonia con la
sorprendente mossa statunitense, hanno smorzato i toni ostili di solito usati
nei confronti di Washington riconoscendo che il gesto è coerente con la lettera
e lo spirito degli accordi migratori bilaterali firmati per ottenere un
emigrazione sicura, legale e ordinata. Ed hanno anche ospitato un comunicato
del capo della sezione di interessi degli Stati Uniti nell’isola in cui si
riafferma la volontà politica di processare o restituire a Cuba futuri nuovi
protagonisti di atti di pirateria perché – si afferma letteralmente – il
sequestro di imbarcazioni o di aeronavi rappresenta una violazione estremamente
grave del diritto internazionale.
Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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Una ventina di civili sono
stati uccisi a pochi chilometri da Bunia, capoluogo dell'Ituri la provincia
nord orientale della Repubblica democratica del Congo. Lo riferiscono fonti
militari della forza internazionale guidata dalla Francia, all'agenzia France
Presse. Secondo le testimonianze raccolte, le vittime, in gran parte donne
e bambini, sono state letteralmente massacrate durante l'attacco che le milizie
Lendu hanno lanciato contro il villaggio di Nizi domenica scorsa. Questo è solo
l'ultimo episodio di una serie di attacchi che, da settimane, si stanno consumando
nelle zone intorno a Bunia.
Il gruppo separatista basco, Eta, è tornato a colpire
nelle località turistiche: otto persone sono rimaste ferite oggi in due diversi
attentati contro un albergo di Alicante e uno di Benidorm, sulla costa della
Spagna sudorientale. Le bombe sono esplose dopo che gli alberghi erano stati
fatti evacuare in seguito ad una telefonata al quotidiano “Gara”.
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