RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 202 - Testo della
Trasmissione di lunedì 21 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’impegno della Caritas per fronteggiare l’emergenza
idrica nel mondo: ce ne parla Paolo Beccegato.
CHIESA E SOCIETA’:
Il patriarca di Venezia, Angelo
Scola, per la festa del Redentore: il Veneto sia modello di civiltà.
Il cinema che viene da lontano, raccontato in un dossier realizzato dall’Agenzia Fides.
Non si interrompe la drammatica sequenza di violenze in Iraq: morti a Baghdad un soldato statunitense ed un interprete iracheno.
Incertezza sui risultati concreti raggiunti ieri nell’incontro tra il premier israeliano, Sharon, e quello palestinese, Abu Mazen.
Resta drammatica la situazione in Liberia: la capitale Monrovia continua ad essere teatro di sanguinosi scontri.
RIVITALIZZARE LE RADICI CRISTIANE
DELL’EUROPA: VASTA ECO PER L’APPELLO
DEL PAPA ALL’ANGELUS DI IERI. LA RIFLESSIONE
DEL RETTORE DELLA LATERANENSE,
MONS. RINO FISICHELLA, SUL RUOLO DELLA
CULTURA NELL’EDIFICAZIONE
DELLA
NUOVA CASA COMUNE EUROPEA
Il cristianesimo è un
“elemento centrale e qualificante” dell’Europa, un patrimonio che non può
essere disperso. All’angelus domenicale di ieri, Giovanni Paolo II è tornato a
sottolineare la centralità delle radici cristiane per l’edificazione della nuova
casa comune europea. Una sfida che vede l’istituzione universitaria chiamata ad
assumere un ruolo insostituibile. Aspetto, questo, che il Pontefice ha messo in
evidenza sabato scorso ricevendo a Castel Gandolfo i partecipanti al Simposio
“Università e Chiesa in Europa”. Nel discorso per l’occasione, il Santo Padre
ha ribadito che l’università non deve smarrire la propria natura, “che
rimane principalmente culturale”. Un passaggio sul quale si sofferma mons. Rino
Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. - Mi
ha fatto molto piacere sentire il Santo Padre ritornare su quelli che sono i
temi essenziali. Ha ancora una volta ribadito il primato della cultura che è
una cosa che, a questo livello, indica una strada che deve essere percorsa. Il
cristianesimo può veramente dire di essere “esperto” nella cultura, perché da
duemila anni entra nelle diverse culture e le rispetta a tal punto da farne
emergere la verità che esse contengono. Quindi, in qualche modo, riportando il
tema della Chiesa e delle cultura ha ulteriormente cercato di superare quella
frattura di cui Paolo VI parlava, cioè che il mondo di oggi sembra rivelare una
frattura quasi insanabile tra la cultura e la Chiesa. A me sembra che il lavoro
svolto dal Papa in questi anni non fa che riconfermare l’impegno per ricucire i
due ambiti.
D. – Il rapporto tra Università e Chiesa – ha affermato il
Papa – ci conduce direttamente al cuore dell’Europa. Quanto e cosa possono fare
oggi le istituzioni universitarie per la costruzione della nuova Europa?
R. – Fare una profonda memoria storica. Noi non dobbiamo
dimenticare che è stata la Chiesa che ha dato vita alle università. Noi
sappiamo benissimo quello che era l’Europa e la cultura nel Medioevo. Era
essenzialmente mantenuta e tenuta viva all’interno dei monasteri. Ed è dai
monasteri che si è andati incontro a questa dimensione di universitas, cioè
questa capacità di poter esprimere a tutti quello che era la ricchezza della
cultura. Bisogna ricordare che il cristianesimo ha promosso la cultura, l’ha
sempre voluta e ne ha dato anche quella espressione che oggi noi conserviamo.
D. – Giovanni Paolo II non perde occasione per ribadire
che la fede cristiana ha plasmato la cultura dell’Europa. Quali i rischi che il
Vecchio Continente può correre nel dimenticare le proprie radici?
R. – C’è il grande rischio della dimenticanza. L’oblio è
un nemico terribile per l’uomo, non soltanto in questo caso, ma per qualsiasi
cosa noi compiamo. Si tratta di mantenere vive quelle che sono le radici
dell’istituzione dell’università. E questo io ritengo sia oggi ancora più
valido, nel momento in cui si cerca di ricomporre nell’unità originaria la
nuova Europa. L’università è innanzitutto ricerca, luogo dove le varie
componenti si ritrovano; è capacità di stare insieme; è la capacità di saper
guardare al futuro con molta lungimiranza.
D. – Accanto al mondo della cultura, quanto, secondo lei,
la politica, le istituzioni a livello europeo sono sensibili ai richiami del
Papa?
R. – C’è una sensibilità che è sicuramente dovuta al fatto
che si riconosce che il Papa tocca delle tematiche reali, coerenti ed
essenziali. Bisognerebbe però che questo ascolto si traducesse più
immediatamente anche in un’aderenza legislativa. Inutile nasconderci che da
parte nostra permane sempre, nello stesso modo, e con una profonda intensità,
il volere che i politici abbiano a guardare con profonda lungimiranza a quello
che stanno facendo in questo mesi. La presenza nella carta costituzionale di un
richiamo esplicito a quello che è il ruolo che il cristianesimo, e solo il
cristianesimo, ha avuto per l’Europa credo sia non solo un riconoscimento di
ciò che è stato realmente fatto - e quindi la memoria storica - ma sia anche un
gesto di grande lungimiranza soprattutto per le generazioni che verranno nel
futuro. Sarebbe veramente triste dover pensare che le generazioni prossime si
dovranno incontrare con una costituzione in cui viene meno ciò che ancora oggi
invece è patrimonio di tutta quanta la popolazione europea.
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Apre la prima pagina il titolo
"Il cristianesimo elemento centrale e qualificante nella complessa storia
del Continente": all'Angelus, Giovanni Paolo II sottolinea ancora una
volta il contributo della Chiesa alla nuova Costituzione Europea.
Nelle vaticane, una pagina ad
un mese dal Viaggio apostolico del Papa in Bosnia ed Erzegovina.
Due pagine dedicate al IV
Incontro dei presidenti delle Commissioni Episcopali d'Europa per la Famiglia e
per la Vita.
Nelle pagine estere, riguardo
all'Iraq si sottolinea che "le operazioni di guerra sono finite ma la
guerriglia prosegue senza tregua".
Medio Oriente: nessun accordo
tra Sharon ed Abu Mazen.
Nella pagina culturale,
"Il 'vero tesoro' dell'Isola di Montecristo" è il titolo
dell'articolo di Fabrizio Contessa sui luoghi dove Alexandre Dumas ambientò il
suo celebre romanzo; luoghi che oggi sono una stupenda riserva naturale.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi del lavoro e delle pensioni.
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21 luglio 2003
LA CHIESA IN BRASILE ACCOLGA CON RINNOVATO
SLANCIO LA PROPRIA VOCAZIONE MISSIONARIA.
CON
QUESTA ESORTAZIONE SI E’ CONCLUSO, IERI A BELO HORIZONTE,
IL
PRIMO CONGRESSO MISSIONARIO NAZIONALE DEL PAESE LATINO AMERICANO
Con un rinvigorito spirito evangelizzatore si è concluso
ieri a Belo Horizonte, nello stato brasiliano di Minas Gerais, il primo
Congresso missionario nazionale del Paese latino americano. Chiamati a
riflettere sul tema “Inviati ai confini
del mondo per annunciare il Vangelo della pace, a partire dalla povertà,
dall'alterità e dal martirio in mezzo a noi” i 400 partecipanti - tra
membri dei consigli missionari diocesani, rappresentanti di istituzioni e
organismi impegnati nell'animazione missionaria delle Chiese - hanno tratteggiato
le sfide della Chiesa in Brasile. L'iniziativa è stata promossa dal Consiglio
missionario nazionale (COMINA) con l’intento di approfondire il contributo
della Chiesa in Brasile al secondo Congresso missionario americano e settimo
Congresso missionario latinoamericano (CAM 2 - COMLA 7), in programma a Città
del Guatemala il prossimo novembre. Sui lavori del Congresso, Raimundo Lima,
del programma brasiliano, ha raccolto il commento di padre Daniel Lagni,
presidente delle Pontificie Opere Missionarie in Brasile e presidente del I°
Congresso missionario nazionale.
**********
R. -
Questo è stato il primo congresso missionario nazionale della Chiesa cattolica
in Brasile ed è stato un momento molto importante per approfondire la tematica
della missione, soprattutto la missione rivolta all’estero, la missione “ad
gentes”. Il Congresso ha rappresentato anche l’occasione per guardare al
futuro, in vista del CAM 2 e COMLA 7, il prossimo novembre in Guatemala. In
questi 4 giorni, abbiamo cercato di approfondire la tematica della missione su
tre ambiti per noi molto importanti: la povertà, l’alterità, cioè gli altri, le
altre culture e gli altri popoli, e il martirio, realtà molto viva e presente
in tutta la Chiesa latino-americana e anche in tutta la Chiesa universale.
D. - Pensando all’Amazzonia, quali sono le sfide per la
Chiesa in Brasile?
R. -
L’Amazzonia rappresenta praticamente il 40 per cento del territorio nazionale.
Dobbiamo, quindi, guardare con molta responsabilità alla presenza e
all’attività della Chiesa in tutta l’Amazzonia, soprattutto per quanto riguarda
una nuova spinta evangelizzatrice e una stretta collaborazione tra le Chiese e
le diocesi. Un gemellaggio, perciò, che non sia solo economico, ma anche umano,
con addetti alla pastorale, con suore, con preti. Lo scorso maggio, la
Conferenza episcopale ha elaborato un progetto per la Chiesa dell’Amazzonia,
approvato nell’ultima Assemblea generale, invitando tutti a contribuire alla
nuova evangelizzazione, anche per quello che riguarda l’aspetto culturale. Si
pensa, infatti, a dar vita ad una Università dell’Amazzonia, perché rappresenta
un mondo con le sue caratteristiche specifiche dal punto di vista culturale,
geografico, etnico. Ci sono centinaia di tribù indigene che hanno bisogno di
una riscoperta dei loro valori, della loro cultura e anche della loro fede.
D. - La Chiesa si è sempre
battuta contro la piaga della fame. Un tema di grande attualità in Brasile è
senz’altro il Programma “Fame Zero” del governo di Inacio Lula da Silva. Qual è
la partecipazione della Chiesa in questo programma?
R. - La Chiesa ha iniziato prima del governo a fare questo
tipo di lavoro, da molti anni. Due anni fa, ha cominciato un programma
specifico di educazione e alimentazione per la popolazione più povera. Il
nostro obiettivo non è dare solo cibo nell’immediato, ma creare condizioni per
l’auto-sostentamento dei popoli e della gente, con il lavoro, lo studio,
l’educazione, la salute. Quindi, un programma molto più ampio. Quello del
governo è molto importante, anche se è stato criticato per certi versi.
Dobbiamo dare sì il cibo, il pesce, ma dobbiamo anche insegnare a pescare.
Questo è il problema più grosso, quello dell’educazione, della formazione,
della salute, quello di guardare la persona umana nel suo insieme, anche
nell’aspetto culturale e della fede.
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TRACCIATO STAMANI DAL NUOVO DIRETTORE GENERALE DELL’OMS,
JONG WOOK LEE, IL PIANO D’AZIONE PER I
PROSSIMI CINQUE ANNI.
TRA LE
PRIORITA’ LA LOTTA ALL’AIDS E ALLE MALATTIE DERIVANTI DAL FUMO
- Con
noi Roberto Bertollini -
La lotta all’Aids, al polio, alle malattie
derivanti dal fumo, dall’inquinamento e dalla cattiva alimentazione: sono
queste le priorità dell’Organizzazione mondiale della Sanità per i prossimi
cinque anni. Le ha tracciate stamattina a Ginevra il nuovo direttore generale,
il sudcoreano Jong Wook Lee, che ha preso il posto della norvegese Gro Harlem
Brundtland. A Roberto Bertollini, direttore tecnico di Oms Europa, Andrea
Sarubbi ha chiesto di tracciare un bilancio di quest’ultimo mandato:
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R. – Direi che sono stati anni molto
importanti, nel senso che il nostro direttore generale ha fatto sì che l’agenda
della sanità fosse prioritaria all’interno dell’agenda più generale dello
sviluppo e della politica internazionale. Questo è stato uno dei più grandi
obiettivi raggiunti dalla dott.ssa Brundtland. E accanto a questo, la
convenzione quadro contro il tabacco, che è stata approvata recentemente nel maggio
di quest’anno e che, per la prima volta, mette sul piano di un trattato internazionale
una battaglia di sanità pubblica per sconfiggere questo flagello responsabile
di molti milioni di morti all’anno.
D. – Negli ultimi tempi comunque non sono
mancate le difficoltà, ne cito una su tutte: l’epidemia della Sars …
R. – Certamente questa è stata una
difficoltà che ha messo alla prova il ruolo delle organizzazioni
internazionali, in particolare dell’Oms, nel garantire la sanità e la salute
nel mondo. Direi che nonostante ci siano stati dei problemi iniziali - il
ritardo della notificazione dei casi da parte della Cina, e così via –quello
che è successo dopo ha, tuttavia, dimostrato da un lato l’efficienza del
sistema di monitoraggio e di sorveglianza, e dall’altro anche la necessità che
ci sia un’agenzia internazionale di questo livello e con queste capacità, che
possa in qualche modo coordinare le risposte a tali problemi. La Sars purtroppo
non è stata la prima di queste emergenze e non sarà senz’altro l’ultima.
D. – In cima alla lista delle emergenze che
attendono il nuovo direttore ce n’è una: la lotta all’Aids …
R. -
L’Aids è un problema davvero drammatico. Ci sono 30 milioni di persone affette
da questo virus nell’Africa subsahariana, dove i farmaci che consentono di
controllare l’epidemia sono disponibili solo per una piccola minoranza della
popolazione. Ovviamente, è un problema che necessita degli interventi e degli
aiuti dei Paesi più ricchi e ovviamente della volontà politica e dell’impegno
anche delle popolazioni, e dei governi dei Paesi affetti. Si tratta senz’altro
di una delle priorità ricordate dal nuovo direttore generale nel suo discorso
di insediamento.
D. -
E a parte la lotta all’Aids, quali obiettivi si pone l’Organizzazione
mondiale della sanità per i prossimi 5 anni?
R. – Sostenere questi obiettivi relativi alle
malattie infettive che ancora affliggono una buona parte della popolazione del
mondo, in particolare quindi l’Aids, la tubercolosi e la malaria; concludere
l’altra grande campagna dell’Oms contro la polio - siamo molto vicini, ma manca
ancora qualche sforzo – e continuare la battaglia contro le malattie non
trasmissibili. Il tabacco è una delle cause principali. Abbiamo raggiunto
questo obiettivo della convenzione quadro. Dobbiamo prima di tutto metterlo in
pratica e inoltre estendere il nostro impegno anche ad altri fattori, come
l’inquinamento ambientale, l’alcool, la denutrizione, l’obesità. Da ultimo, ma
non ultimo, il problema della sorveglianza epidemiologica e dei costi del
sistema sanitario, che sono un problema importante per tutto il mondo.
D. – A proposito di costi del sistema
sanitario, la Santa Sede ha più volte ribadito la necessità di un accesso
libero da parte dei Paesi poveri ai farmaci essenziali. Una soluzione purtroppo
non è stata ancora trovata, secondo lei si troverà?
R. – Noi ci auguriamo
che si trovi, perché una soluzione a questo problema significa la vita per
moltissima gente. L’accesso ad alcuni farmaci essenziali è ormai un diritto
umano e, quindi, come tale non può essere in nessun modo alterato o cancellato
da pratiche di natura commerciale. Penso, quindi, che la cosa più importante
sia avere consapevolezza di questo e consentire che in condizioni eccezionali
come quelle dell’epidemia dell’Aids si consenta la produzione di farmaci
generici che permettano alle popolazioni affette di essere curate. Non è
accettabile che una persona che vive in un Paese come l’Uganda non possa avere
accesso agli stessi farmaci di cui ha invece diritto un’altra persona in un
altro Paese del mondo.
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IL PIANO DELLA CARITAS PER FARE FRONTE ALL’EMERGENZA
IDRICA NEL MONDO:
UNA
MANO TESA VERSO QUELLE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE
CHE
OGNI ANNO NON DISPONGONO DI ACQUA POTABILE
- Ai
nostri microfoni Paolo Beccegato -
La
siccità in Italia e in altre zone d’Europa ha riportato in primo piano la
questione delle risorse idriche, proprio nell’anno dichiarato dall’Onu Anno
Internazionale dell’acqua. La Caritas torna a ribadire l’invito a una politica
solidale, sottolineando l’importanza di diffondere nuovi modelli
comportamentali. Il servizio di Fausta Speranza:
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La siccità mette a rischio la fornitura regolare di acqua,
manda in crisi le produzioni idriche, provoca un rincaro dei prezzi di beni
alimentari essenziali. Ma se da situazione di crisi, come quella dell’Italia,
spostiamo lo sguardo alle emergenze dell’intero pianeta, va ricordato che quasi
un miliardo e mezzo di persone non ha
accesso all’acqua potabile, due miliardi e mezzo non dispongono di impianti
igienici adeguati, 5 milioni muoiono ogni anno per malattie legate alla scarsa
qualità dell’acqua. L’Onu ha lanciato più volte l’allarme per il futuro affermando
che nei prossimi anni le guerre si combatteranno per il controllo delle risorse
idriche, che già rappresentano un patrimonio se pensiamo che il mercato
dell’acqua, secondo la Banca mondiale, è stimato in 1000 miliardi di dollari.
Un patrimonio che, però, è di tutti, sottolinea la Caritas che ha avviato
progetti concreti. Ne parla Paolo Beccegato, responsabile dell’area
internazionale:
“Tra i tanti certamente segnaliamo quelli in Iraq, che è
un Paese molto strano perché i due grossi fiumi Tigri e Eufrate non permettono
l’accesso all’acqua potabile per tutta la popolazione. Il primo progetto, in
Iraq, permetterà di raggiungere l’acqua, di depurarla e di distribuirla a centinaia
di migliaia di persone, circa 300 mila. Altri progetti sono in Mauritania,
soprattutto per l’accesso all’acqua potabile, e in Etiopia per la perforazione
di pozzi. Poi c’è il problema opposto, zone dove l’acqua ha causato dei
disastri per eccesso, a causa di inondazioni e per gli uragani. Pensiamo
soprattutto alla ricostruzione dopo l’uragano Mitch in Salvador, Honduras,
Nicaragua e Guatemala, o ad altre situazioni simili”.
Resta la raccomandazione di adottare nelle zone più ricche
del pianeta comportamenti più responsabili che partano dalla considerazione che
l’acqua è una risorsa limitata…
“L’attenzione ai Paesi più poveri è dovuta al fatto che la
distribuzione dell’acqua, in modo particolare, è più carente. Però, certamente
in termini di responsabilità dobbiamo pensare ai Paesi occidentali. Hanno il
più grosso consumo di energia, le più grosse emissioni di anidride carbonica e
di altri fattori inquinanti e certamente non possono esimersi dal rivedere
alcune politiche. Poi dobbiamo educarci ad un maggiore senso di responsabilità
nell’uso, nei consumi. Una sobrietà crescente può permettere l’equa distribuzione
delle ricchezze, anche della ricchezza acqua”.
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21 luglio 2003
LE NUOVE TECNOLOGIE AL
CENTRO DELL’ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DELLE UNIVERSITÁ
CATTOLICHE,
RIUNITA DA DOMANI IN UGANDA
ENTEBBE. = La città di Entebbe, in Uganda, ospiterà
questa settimana la 21.ma assemblea generale della Federazione internazionale
delle università cattoliche (Fiuc). L'assemblea si svolgerà dal 22 al 26 luglio
ed avrà come tema: “Nuove tecnologie e progresso dell'umanità - Impegno e
responsabilità delle università cattoliche”. L'incontro vuole proseguire e approfondire
la riflessione avviata dalle due ultime assemblee generali di Santiago del Cile
e di Fremantle in Australia, che avevano trattato il ruolo delle università
cattoliche di fronte alle sfide del XXI secolo e il rapporto fra pedagogia
universitaria e formazione integrale. Ad Entebbe, i partecipanti rifletteranno
sulle potenzialità delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e,
ancora, delle biotecnologie per capire se esse sono veramente da considerarsi
come un progresso per l'umanità e definire il ruolo delle università cattoliche
in questo ambito. L'incontro si articolerà in tre fasi: nella prima, i
partecipanti saranno invitati a scoprire la rete universitaria cattolica
africana e in particolare a conoscere la “Uganda Martyrs University”.
Discuteranno poi delle nuove tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, mentre nell'ultima fase dell'assemblea si discuterà di
biotecnologie, con un'attenzione particolare alla questione degli organismi
geneticamente modificati (Ogm) sulla quale il dibattito nel mondo scientifico e
nell'opinione pubblica è ancora molto aperto. I partecipanti si concentreranno
sulle implicazioni etiche di queste tecnologie e sulla posizione degli
istituiti di ricerca cattolici in merito, nel solco della tradizione cristiana
e del Magistero della Chiesa. Le liturgie di apertura e di chiusura
dell’assemblea saranno rispettivamente presiedute dal cardinale Zenon
Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, e dal
cardinale Emmanuel Wamala, arcivescovo di Kampala. (M.D.)
POSTA
LA PRIMA PIETRA PER IL MUSEO DELLA CIVILTÁ NERA DI DAKAR.
SI REALIZZERÁ IL SOGNO
DEL PRESIDENTE-POETA SENEGALESE SENGHOR
DAKAR. = La prima pietra di quello che sarà il nuovo
museo della civiltà nera è stata posta. Il presidente
del Senegal, Abdoulaye Wade, ha dato ufficialmente inizio ai lavori per il
progetto architettonico che dovrà concretizzare il sogno di Léopold Sédar
Senghor, il presidente-poeta che guidò il Senegal dal 1960 al 1980, dando ampio
rilievo alla cultura africana, soprattutto nelle sue espressioni artistiche più
significative. "Questa cerimonia rappresenterà un punto di riferimento sul
lungo cammino dell'affermazione della personalità del popolo nero", ha
detto il presidente senegalese, subito dopo aver inaugurato i lavori. “Il
nostro genio artistico - ha sottolineato Wade - trova ancora oggi la sua
ispirazione nell'intimità delle famiglie, grazie soprattutto all'artigianato,
che ha fatto conoscere la nostra cultura nel mondo, anche nei musei delle capitali
occidentali”. La costruzione sarà realizzata da un giovane architetto
senegalese, avrà una forma futurista ed occuperà uno spazio circolare di 100
metri di diametro. Il primo a immaginare la realizzazione di un museo “afro” fu
proprio Senghor, quando nel 1966 organizzò a Dakar il “Festival mondiale delle
arti negre”. Solo la mancanza di mezzi economici, ha spiegato l'attuale
presidente, ha causato questo grande ritardo nell'esaudire il sogno di Senghor,
considerato uno dei massimi intellettuali ed artisti dell'intero continente
africano, tanto da essere chiamato, nel 1984, a far parte della prestigiosa
Académie Française. (M.D.)
NON SOLO LUOGO DI BENESSERE
ECONOMICO, MA ESEMPIO E MODELLO DI CIVILTÁ.
PER IL VENETO, MA CON LO
SGUARDO RIVOLTO A TUTTA L’ITALIA, L’ESORTAZIONE
DEL PATRIARCA DI
VENEZIA, MONS. ANGELO SCOLA, NELL’OMELIA
IN OCCASIONE DELLA LA
FESTA DEL REDENTORE
VENEZIA. = Non è sufficiente costruire un valido e
competitivo modello di sviluppo economico, se questo non si evolve in un compiuto
modello di civiltà. E’ il senso del richiamo del patriarca di Venezia, mons.
Angelo Scola, nel corso dell’omelia per la festa del Redentore, celebrata ieri
nel capoluogo veneto. E proprio guardando al notevole progresso che ha portato
il nord-est d’Italia ai primi posti nella produttività dell’intero continente
europeo, mons. Scola ha ricordato come per ogni autentica civiltà non sia
sufficiente solo generare maggiore benessere, bensì un intreccio creativo di
dimensioni materiali e spirituali che consentano ai singoli e al popolo di
praticare una vita buona. “È civile – ha affermato il patriarca – una società
nella quale il valore di ogni singolo, sempre radicato nella comunità, è riconosciuto
e perseguito in tutte le umane espressioni dall’individuo, dalle famiglie, dai
corpi intermedi, in una parola da tutta la società civile al cui servizio sono
chiamate le autorità istituzionali di ogni ordine e grado”. Certamente non
mancano anche i problemi, che mons. Scola, ha individuato nel decremento della
natalità, nelle tensioni sociali collegate al fenomeno dell’immigrazione, nella
microcriminalità, nelle nuove povertà. Una speranza per il futuro potrebbe
venire, nelle parole del patriarca, dall’impegno diretto dei giovani in
politica, a patto, però, che cali l’alto tasso di litigiosità che sta
attualmente caratterizzando il rapporto fra i partiti e le forze politiche in
Italia. (M.D.)
GENERAZIONI
A CONFRONTO SUL FATTO RELIGIOSO. SI APRE A TORINO
IL CONGRESSO DELLA SOCIETÁ INTERNAZIONALE DI
SOCIOLOGIA DELLE RELIGIONI.
TORINO. = Sarà “Religione e generazioni” il tema del
ventisettesimo congresso biennale della Società internazionale di sociologia
delle religioni, che ha inizio oggi presso l’università di Torino. I lavori,
che si prolungheranno fino a venerdì prossimo, si articoleranno in sessioni
plenarie e sessioni tematiche, con l’obiettivo di studiare l’influenza dei
cambiamenti generazionali sull’evoluzione del fenomeno religioso in vari luoghi
del mondo. La prima delle due sessioni plenarie sarà dedicata a sviluppare il
tema del rapporto fra religione e generazioni guardando ad alcuni Paesi
africani teatro di conflitti, all’Asia meridionale del post-colonialismo e
all’America latina, protagonista di particolari casi di sincretismo e
commistione religiosa. La seconda plenaria tratterà invece l’atteggiamento dei
giovani dell’Europa centrale ed orientale di fronte all’ateismo di Stato
imposto alle generazioni precedenti, la gestione del patrimonio religioso e
culturale dei padri da parte della gioventù musulmana emigrata nell’Europa
occidentale, nonché il rapporto delle nuove generazioni europee nei confronti
delle radici cristiane del continente. Le sessioni tematiche approfondiranno,
invece, argomenti specifici come l’esoterismo, la secolarizzazione, il terrorismo
religioso, i matrimoni misti, la relazione fra religione ed economia, nonché
quella fra Stato e religioni. Sovrintendono all’organizzazione del congresso
Franco Garelli (università di Torino), il presidente della Società
internazionale di sociologia delle religioni Jim Beckford (università di
Warwick), il segretario generale della Società medesima, Karel Dobbelaere (università
di Lovanio). (M.D.)
DOSSIER SUL CINEMA CHE VIENE DA
LONTANO. L’AGENZIA FIDES ALLA SCOPERTA
DI CONTENUTI E VALORI DI UNA CINEMATOGRAFIA POCO
CONOSCIUTA
DAL GRANDE PUBBLICO
CITTÀ DEL VATICANO. = “Non è pensabile una nuova
evangelizzazione che non coinvolga il mondo dello spettacolo, così importante
per la formazione della mentalità e dei costumi. La Chiesa attende che nel cinema,
nella televisione, nella radio, nel teatro e in ogni altra forma di
intrattenimento sia trasfuso quel lievito evangelico grazie al quale ogni
realtà umana sviluppa al massimo le sue potenzialità positive.” Queste le
parole di Giovanni Paolo II, il 17 dicembre 2000, in occasione del Giubileo del
mondo dello spettacolo. Con queste premesse l’agenzia Fides vuole compiere un
viaggio attraverso cinematografie poco conosciute, ma spesso ricche di storia,
contenuti e tematiche importanti, in una serie di dossier dedicati al cinema
dei vari continenti. L’obiettivo è quello di cercare di invertire la tendenza
in base alla quale molto spesso un film africano, o cinese, o latinoamericano
pur essendo portatore di valori morali e spirituali non indifferenti, resta
escluso dai grandi circuiti internazionali. La prima parte del dossier, curato
dalla giornalista Miela Fagiolo d’Attilia, è già ora disponibile sul sito
dell’agenzia www.fides.org. (M.D.)
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21 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’Iraq in primo piano con l’ennesimo attacco
antiamericano, perpetrato stamani nell’area settentrionale di Baghdad e costato
la vita ad un militare statunitense e ad un interprete iracheno, confermando la
drammatica situazione del dopoguerra nel Paese arabo. Per garantire una più
efficace cornice di sicurezza nel Golfo Persico, “gli Stati Uniti – ha rivelato
ieri sera il primo ministro turco, Erdogan - hanno chiesto alla Turchia di
inviare truppe in Iraq”. Il tema dei possibili rinforzi alleati
in Iraq, figura anche tra gli argomenti toccati nella visita tra il presidente
del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, giunto ieri in Texas, ed il presidente
americano, George Bush. Accanto ad attività prettamente militari, sono state
intanto avviate, in Iraq, anche altre iniziative: i soldati italiani, che
partecipano alla missione “Antica Babilonia”, sono infatti impegnati, da questa
mattina, nel programma “Sesterzi”, operazione che prevede il pagamento degli
stipendi agli ex militari iracheni con i fondi dell’Autorità provvisoria della
coalizione (Acp). Ma il programma più importante è sicuramente quello che
riguarda la ricostruzione del Paese. E proprio il futuro politico
iracheno è stato discusso oggi nel dibattito aperto, a Bruxelles, dal Consiglio
affari generali. Ce ne parla Andrea Sarubbi:
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“Vincere
la pace è molto più difficile che vincere la guerra”: davanti ai ministri degli
Esteri europei, il presidente della Commissione, Romano Prodi, ha ricordato stamattina
a Bruxelles che la strada è ancora lunga. Forse anche più di quanto abbia
previsto lo statunitense Paul Bremer – capo dell’amministrazione provvisoria –
che ieri da Baghdad ha fissato un calendario abbastanza preciso: tra i 6 e gli
8 mesi per la nuova costituzione irachena, meno di un anno per il governo.
Washington sa di essere di fronte ad un compito difficile: nei giorni scorsi il
Pentagono ha ammesso di non essersi preparato abbastanza per un dopoguerra così
cruento, ed oggi è arrivata la conferma della richiesta di truppe anche alla
Turchia dopo il sì di Bulgaria, Ungheria, Romania e Polonia. Ma non c’è altra
strada, al momento, che quella attuale: lo ha riconosciuto lo stesso Kofi
Annan, segretario generale dell’Onu, chiedendo al Consiglio di sicurezza di
appoggiare il lavoro dei 25 amministratori scelti dalla coalizione
anglo-americana.
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La morte dello scienziato, David Kelly, sembra aver
inflitto un duro colpo alla credibilità del governo britannico ed al suo
premier, Tony Blair. In un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano “Daily
Telegraph”, l’83 per cento degli intervistati ritiene che il decesso del
microbiologo possa essere direttamente collegabile allo scontro sulle armi di
distruzione di massa. La Bbc ha intanto confermato che la sua fonte degli scoop
sui servizi segreti inglesi era proprio David Kelly. Mentre il primo ministro
britannico Tony Balir, giunto oggi in Cina, non preferisce pronunciarsi sulla
vicenda, il magistrato, Lord Hutton, incaricato di svolgere l'inchiesta sul
caso Kelly, ha annunciato che la maggior parte dei suoi atti processuali
saranno resi pubblici ed ha dichiarato di voler riferire i risultati della sua
indagine al più presto.
Fortunatamente
non sono gravi le ferite riportate dai quattro paracadutisti italiani della
Folgore vittime, ieri, di un agguato in Afghanistan. I soldati erano di
pattuglia su due automezzi della Task Force “Nibbio”, di stanza a Khost, in una
zona a circa 20 chilometri a sud-est di Gardez.
Episodi di violenza si registrano, purtroppo, anche
in Medio Oriente: soldati israeliani hanno ucciso, la scorsa notte, un
militante palestinese che stava attivando una bomba al passaggio del loro
veicolo militare, ad est di Jenin, in Cisgiordania. E nonostante le attese,
l’incontro di ieri tra il premier israeliano, Ariel Sharon, ed il primo
ministro, Abu Mazen, non sembra aver prodotto progressi determinanti per la ‘Road
map’. Ce lo conferma Graziano Motta:
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Nessuna decisione concreta sul ritiro dei soldati
israeliani da altre località della Cisgiordania. Sharon lo ha condizionato alla
presentazione di un piano credibile palestinese, sul mantenimento della
sicurezza e nemmeno sulla scarcerazione dei prigionieri palestinesi. L’esame è
rinviato a dopo il ritorno di Sharon ed Abu Mazen dal viaggio a Washington,
rispettivamente il 25 e il 29 di questo mese. Verosimilmente, Abu Mazen è
rimasto deluso. Si attendevano dei progressi su questo problema per le forti
pressioni esercitate dalle organizzazioni della rivolta che hanno proclamato la
tregua. E’ così giunto a respingere seccamente una lista di persone, una
sessantina, membri di Hamas e della Jihad, che Israele è già disposto a far
uscire dalle prigioni. Alla riunione del Consiglio dei ministri israeliano, il
ministro della Difesa Mofaz ha riferito che in generale la situazione è
migliorata. “E’ diminuito in particolare il numero degli allarmi attentati, ma
le organizzazioni estremiste – ha detto – sono sempre attivissime”.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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È ormai guerra aperta a Monrovia, capitale della
Liberia, Paese dove la situazione, precipitata nonostante un accordo nei giorni
scorsi tra il presidente Taylor ed i ribelli, appare ormai fuori controllo. Una
squadra di 41 marines statunitensi è intanto partita per il Paese
africano con l’obiettivo di assicurare una migliore protezione all’ambasciata
americana di Monrovia. Washington intanto conferma che le sue forze militari,
sebbene invocate da molti liberiani, non interverranno nel Paese se non saranno
prima dispiegate truppe di peacekeeping africane. Il servizio di Giulio
Albanese:
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Il quartiere di Mamba Point continua ad essere sotto il
fuoco ed anche l’edificio che ospita l’emittente cattolica Radio Veritas è
andato distrutto almeno in parte, perché centrato da due colpi di artiglieria
pesante. Si è anche appresa la notizia di una forte esplosione avvenuta sempre
ieri in un edificio, un tempo adibito a tempio massonico, in cui avevano
trovato riparo numerosi sfollati. Nella fatale circostanza, oltre 20 persone
hanno perso la vita. “Il numero delle vittime è certamente alto in tutto il
quartiere di Mamba Point”, ha raccontato un sacerdote locale, precisando che
sono numerosi i cadaveri anche sulle strade, nel tentativo da parte ribelle di
raggiungere il palazzo presidenziale difeso dalle forze lealiste. Intanto, il
capo di Stato, Charles Taylor, ha ripetuto ancora una volta a chiare lettere la
sua posizione. “Io dico - ha dichiarato - che non lascerò questo Paese, che non
mi muoverò di un millimetro, fino a quando non arriverà una forza
internazionale che garantisca la pace”.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Speranze
per il processo di pace in Burundi. Il governo e i ribelli hutu delle “Forze
della Difesa e della Democrazia” si sono impegnati a rispettare il cessate-il-fuoco
siglato lo scorso dicembre. Le consultazioni di ieri tra il presidente burundese,
Domiitien Ndayizeye, e i guerriglieri si sono svolte sotto l’egida del presidente
ugandese, Yoweri Museveni, e del capo di Stato della Tanzania, Benjamin Mkapa.
Si è
aperto oggi a Casablanca, in Marocco, il processo per gli attentati dello
scorso 16 maggio, che costarono la vita a 44 persone. Al banco degli imputati
52 persone, sospettate di essere legate al gruppo integralista marocchino Salafia
Jihadia.
Restiamo in Africa: a São Tomé e Principe, dove ieri sera
sono stati liberati sette ministri e un consigliere giuridico che mercoledì
scorso erano stati imprigionati dai militari autori del golpe nel piccolo
arcipelago. “Questa liberazione – ha dichiarato il maggiore Fernando Pereira -
è un gesto importante che apre una finestra per la soluzione della crisi nel
Paese”.
Porte chiuse al nucleare e avanti tutta con
l'energia efficiente e pulita. Dai ministri europei dell’Ambiente e
dell’Energia, che hanno partecipato al Vertice conclusosi ieri a Montecatini,
arriva un segnale chiaro: l'atomo e la ricerca restano fuori dalle possibili
strategie per integrare le politiche dell’ambiente nella produzione di energia.
La risposta a Kyoto e allo sviluppo sostenibile, passa invece per 5 punti
chiave, che vanno dallo sviluppo dei biocombustibili, dell’efficienza
energetica, del mercato dell’elettricità ‘verde’, al rafforzamento della
ricerca e dell'innovazione.
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