RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 200 - Testo della Trasmissione di sabato 19 luglio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Un nuovo richiamo alle radici cristiane dell’Europa, nel discorso del Papa ai partecipanti al Simposio su “Università e Chiesa in Europa”. Con noi, il prof. Giorgio Di Matteo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sessant’anni fa, Pio XII abbracciava il popolo romano colpito dal bombardamento nel quartiere di San Lorenzo. La testimonianza del cardinale Fiorenzo Angelini, allora giovane prete.

 

Il gesuita Matteo Ricci, simbolo di dialogo tra Cina ed Europa, in una suggestiva mostra a Macerata e in autunno a Roma. Ai nostri microfoni il curatore, prof. Filippo Mignini.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi del Canada in una Lettera pastorale per i 35 anni del Rinnovamento Carismatico nel Paese: è un servizio inestimabile alla Chiesa cattolica e alla nuova evangelizzazione.

 

Si chiude domani a Belo Horizonte il primo Congresso missionario del Brasile.

 

Approvati dai vescovi statunitensi i nuovi direttori sulla catechesi e sul diaconato.

 

Positivi gli esiti del progetto di cooperazione con il Burkina Faso promosso da Chiesa e associazioni di categoria piemontesi.

 

24 ORE NEL MONDO:

Si tinge di giallo la vicenda dello scienziato inglese, David Kelly, trovato morto non lontano dalla sua abitazione.

 

L’amministrazione statunitense ha ammesso di non essere preparata ad affrontare il dopo-guerra in Iraq.

 

Nuovo appuntamento per la pace in Medio Oriente: domani, probabilmente, si incontreranno il premier israeliano Ariel Sharon e quello palestinese Abu Mazen.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 luglio 2003

 

 

LE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA E IL RUOLO DELL’UNIVERSITA’

NELLA COSTRUZIONE DELLA CIVILTA’ EUROPEA IN PRIMO PIANO NEL DISCORSO DEL PAPA

AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO “UNIVERSITA’ E CHIESA IN EUROPA”,

RICEVUTI STAMANI IN UDIENZA A CASTEL GANDOLFO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Per fondare la “prospettiva culturale dell’Europa di oggi e di domani”, l’università “è chiamata a svolgere un ruolo insostituibile”: è la profonda riflessione offerta, stamani, da Giovanni Paolo II ai partecipanti al Simposio “Università e Chiesa in Europa”, ricevuti in udienza nel cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo. Un discorso nel quale il Papa ha ribadito la necessità di non dimenticare le radici cristiane nella costruzione della nuova Europa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Il rapporto tra Università e Chiesa ci “conduce direttamente al cuore dell’Europa”. Così, di fronte ad un uditorio attento e caloroso di 1500 tra professori e studenti, Giovanni Paolo II ha voluto mettere l’accento sul ruolo straordinario svolto nella costruzione della civiltà europea dall’istituzione universitaria. Soffermandosi sul settimo centenario de “La Sapienza”, il più antico ateneo dell’Urbe, il Papa ha rammentato come, proprio nel tredicesimo e quattordicesimo secolo, l’Umanesimo sia nato dalla “felicissima sintesi tra il sapere teologico, quello filosofico e le altre scienze”. Una sintesi, ha proseguito, “impensabile senza il Cristianesimo” e la “secolare opera di evangelizzazione compiuta dalla Chiesa”. Una “memoria storica indispensabile”, ha poi avvertito, giacché la “nuova Europa non può progettarsi senza attingere alle proprie radici”. Richiamo, questo, che il Papa ha esteso alle università, “per eccellenza luogo di ricerca della verità”.

 

“Come l’Europa non può ridursi a mercato, così l’università, pur dovendo ben inserirsi nel tessuto sociale ed economico, non può essere asservita alle sue esigenze, pena lo smarrimento della propria natura, che rimane principalmente culturale”.

 

E qui il Santo Padre ha sottolineato il “multiforme contributo” offerto dalla Chiesa al mondo delle Università. Innanzitutto, con la presenza di professori e studenti capaci di unire competenza e rigore scientifico con “un’intensa vita spirituale”, che sappia “animare di spirito evangelico l’ambiente universitario”. Quindi, ha evidenziato, l’importanza degli atenei cattolici. E ancora, dei “cosiddetti laboratori culturali”, che, ha rilevato, costituiscono “una scelta prioritaria della pastorale universitaria a livello europeo”. Luoghi, ha detto ancora, dove si opera un “dialogo costruttivo tra fede e cultura, tra scienza, filosofia e teologia”. Al termine del discorso, il Papa ha acceso la fiaccola delle “Sapientiadi”, un’olimpiade universitaria, che - dal 27 marzo al 3 aprile dell’anno prossimo - riunirà a Roma migliaia di giovani provenienti dai cinque continenti. Fiaccola, che sarà portata con una staffetta nella Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, passando per le diverse sedi universitarie romane. Un gesto, ha spiegato il Papa, per “sottolineare il significato e il valore del settimo centenario” de “La Sapienza”.

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Torniamo al Simposio su “Università e Chiesa in Europa”, evento promosso dal consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e dalla commissione episcopale italiana per l’Università in collaborazione con il ministero italiano dell’Istruzione. I temi discussi, in questi giorni, nei vari seminari alla Pontificia Università Lateranense sono stati affrontati tutti tenendo presente il riferimento ai bisogni dell’uomo di oggi. Di particolare rilevanza, dunque, gli interrogativi posti dai nuovi orizzonti della tecnologia applicata alla medicina. Fausta Speranza ha intervistato il professore emerito di chirurgia generale dell’Università “La Sapienza”, Giorgio Di Matteo, che ha preso parte al dibattito su tali questioni etiche.

 

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R. – E’ un cammino cruciale e anche pieno di interessi del tutto moderni, perché il progredire ed il ‘dilagare’ delle tecnologie, hanno proposto dei problemi e degli interrogativi che prima non erano immaginabili e che comunque non si sono mai verificati. Questi problemi riguardano prevalentemente l’etica dell’uso delle tecnologie, l’adattamento della personalità umana morale all’adozione di queste tecnologie, la possibilità che queste tecnologie vadano al di là di quanto sia previsto ai fini curativi per i malati ed occupino spazi etici in qualche modo alterandoli.

 

D. – Quale può essere il cammino da percorrere?

 

R. – Bisogna controllare le tecnologie, seguire lo sviluppo delle tecnologie in modo che queste non deroghino da quelli che sono gli spazi e le aree della spiritualità umana. Al momento in cui derogano e vanno al di là, bisogna saperle respingere. E’ difficilissimo da affrontare, però noi ci troveremo continuamente e sempre di più ad affrontarlo.

 

D. – Sottolineiamo perché? Quali sono, poi, questi rischi?

 

R. – Il rischio che la tecnologia si imprima in un modo da sopprimere la individualità umana, da sopravanzare il pensiero morale, da interferire con i sentimenti, le sensazioni e lo spirito dell’uomo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il titolo "E' indispensabile la memoria storica per fondare la prospettiva culturale dell'Europa di oggi e di domani": Giovanni Paolo II ai partecipanti al Simposio europeo sul tema "Università e Chiesa in Europa".

Si sottolinea, sempre in prima, che "in questa costruzione l'Università è chiamata a svolgere un ruolo insostituibile se, come la nuova Europa, saprà attingere alle proprie radici e non essere asservita alle esigenze del mercato".

 

Nelle vaticane, un articolo di Hans-Joachim Kracht sulla figura di Leone XIII, nel centenario della morte: "Un lungimirante precursore della dottrina sociale della Chiesa". 

Un contributo di Domenico De Gregorio sulla testimonianza di mons. Giovanni Battista Peruzzo, a quarant'anni dalla morte: "Levò la sua voce durante il Concilio come un antico Padre della Chiesa". 

Un articolo di Antonio Giorgini nel diciannovesimo anniversario della morte di mons. Luigi Novarese.

 

Nelle pagine estere, in Iraq non si placano gli episodi di violenza.

In Medio Oriente vi è attesa per il nuovo colloquio tra Ariel Sharon ed Abu Mazen.  

Nella pagina culturale, un articolo di Agnese Pellegrini sul romanzo "Naif.Super" di Erlend Loe.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema del lavoro e l'emergenza-siccità.

Caso-Sofri: le posizioni del Quirinale e del Guardiasigilli a proposito di un'eventuale grazia.

                         

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 luglio 2003

 

 

LE BOMBE SU ROMA:

SAN LORENZO RICORDA A 60 ANNI DI DISTANZA LA TRAGEDIA DEL QUARTIERE

- Con noi, il cardinale Fiorenzo Angelini -

 

Sessanta anni fa, la sacralità della città di Roma venne violata dalle bombe che caddero sul quartiere di San Lorenzo. Una tragedia che costò la vita a 1492 persone. Colpiti l’orfanotrofio statale in cui morirono 78 bambini e 6 suore, il carcere minorile e la Basilica di San Lorenzo fuori le mura. Papa Pio XII accorse sul luogo del disastro e portò conforto alle numerose vittime. Stamattina, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nel Parco dei caduti del 19 luglio ’43, ha inaugurato un monumento in memoria di quei morti. Il servizio di Benedetta Capelli.

 

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“Nella memoria dei nostri caduti impegniamoci ad essere sempre più uniti e solidali per la libertà, per la giustizia, per la democrazia, per la pace”.

 

Con queste parole il presidente Ciampi ha inaugurato la lastra di cristallo con i nomi delle 1492 vittime del bombardamento. Erano le 11 del mattino quando sul quartiere romano di San Lorenzo, una pioggia di bombe, tirate dagli americani, seminò morte e terrore. Una strage vera, molti i morti  ufficiali ma molti altri cadaveri non vennero identificati, diecimila i feriti e migliaia di sfollati. Roma, fin da allora protetta dalla presenza del Papa, era stata ferita. In un’epistola del giorno successivo al bombardamento, Papa Pio XII  ribadiva il suo immenso dispiacere per la violazione di Roma: “Ricordammo ai belligeranti da qualunque parte militassero, che se volevano tenere alta la dignità delle loro Nazioni, dovevano rispettare la incolumità dei pacifici cittadini e i monumenti della fede e della civiltà”. A 4 ore dall’attacco, il Papa  lasciò il Vaticano per portare conforto alla gente del quartiere. Il racconto del cardinale Fiorenzo Angelini, allora viceparroco della Chiesa della Natività di Roma.

 

“Correndo da una parte all’altra per soccorrere la gente, vidi una macchina nera che veniva avanti e mi accorsi subito che c’era  il Santo Padre Pio XII, allora allargai le braccia perché lì vicino c’era una bomba di aereo inesplosa. Il Papa scese dalla macchina con una sensibilità, con uno spirito di carità! Proprio sembrava il prete dei poveri, il sacerdote degli afflitti, dei feriti ... dovessi fare un paragone, rappresentava Cristo nel Getsemani, Cristo in croce con i suoi figli che erano veramente crocifissi, sofferenti ... Ad un certo momento si rivolse a mons. Montini, e mons. Montini tirò fuori un pacco grande di banconote, e il Papa incominciò la distribuzione. Io, con molta umiltà, mi permisi di dire: ‘Padre Santo, la gente che ha bisogno non si trova qui, si trova sotto le macerie’, per cui le dia al parroco, li distribuirà poi alle famiglie’, e il Papa accettò questo mio povero consiglio, umile, però molto pratico. Il Papa poi pregò insieme, ci fu un coro, invocazione della pace, insomma, il Papa catalizzò immediatamente tutta la zona attorno a sé. Il Papa pregò, pregammo con lui e poi andò via, ma lasciando un’impronta non ‘consolatoria’, perché la tragedia era una tragedia compiuta; ma quello che colpì e che ancora oggi, pensando al cuore di Pio XII, a questo grande, veramente sommo pontefice, santo pontefice, vidi veramente la presenza di Gesù che era venuto in mezzo alla gente più derelitta, più abbandonata, più bisognosa in quel momento”.

 

E il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha consegnato alle parole di Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, il motivo per non dimenticare quelle vittime:

 

“Dimenticare i morti significa ucciderli una seconda volta, negare la vita che hanno vissuto, la speranza che li sosteneva, la fede che li animava”.

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L’EPOPEA DI PADRE MATTEO RICCI, SIMBOLO DI ARMONIA TRA CINA ED EUROPA,

IN UNA MOSTRA A MACERATA, CITTA’ NATALE DEL POLIEDRICO MISSIONARIO GESUITA

- Intervista con i professor Filippi Mignini -

 

“Padre Matteo Ricci. L’Europa alla Corte dei Ming”: è il titolo che accompagna la suggestiva mostra in corso da oggi a Macerata. Oltre 200 opere, tra libri preziosi, strumenti musicali e scientifici, ricostruiscono il lavoro instancabile del missionario gesuita, che alla fine del ‘500 diede un apporto fondamentale al dialogo e alla reciproca comprensione tra Cina ed Europa. In autunno l’esposizione si trasferirà a Roma. Il servizio è di Barbara Castelli:

 

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(musica)

 

Missionario della Compagnia di Gesù, umanista e matematico, astronomo, geografo e cartografo: è alla poliedrica figura di padre Matteo Ricci che la città natale di Macerata ha voluto offrire un tributo. Fu chiamato “il saggio d’Occidente” e riuscì a portare per la prima volta il pensiero occidentale e cattolico alla corte imperiale della Cina. Eppure l’opera del gesuita Matteo Ricci è ancora sconosciuta ai più. E’ in questo contesto che matura il desiderio di allestire una mostra interamente dedicata all’instancabile missionario: “Padre Matteo Ricci. L’Europa alla Corte dei Ming”, appunto.

 

Li Madou, come veniva chiamato il gesuita nel Paese del Drago, impiegò 18 anni per risalire a Pechino da Macao, dove arrivò 32.ne con la consegna di convertire al cattolicesimo l’imperatore di quello sconfinato e sconosciuto Paese. La mostra, che in autunno giungerà anche a Roma, è suddivisa in diverse sezioni, che ripercorrono la formazione culturale di Matteo Ricci, la vita quotidiana di corte, l’incontro con le religioni cinesi, la stampa e le arti.

 

Ma cosa emerge, lungo i corridoi dell’esposizione, della personalità del missionario gesuita? Abbiamo girato la domanda a Filippo Mignini, curatore della mostra e ordinario di Storia della filosofia all’Università di Macerata.

 

R. – Quello che colpisce anzitutto è la sua ricchezza umana e la sensibilità per alcuni valori che la cultura occidentale moderna ha valorizzato e sottolineato molto più tardi. Una apertura quasi ‘innaturale’ all’incontro con lo straniero: su questo fondo naturale, bisogna poi inserire le sue virtù cristiane e poi quella particolare intelligenza che gli ha consentito di adottare una strategia particolare nei confronti della Cina, un Paese fino a quel momento chiuso, estremamente serrato nei confronti di ogni straniero e che Ricci riconosce come ‘un altro mondo’, sottolineando il significato particolare della parola ‘mondo’, che significa un’altra civiltà.

 

D. – Dopo oltre 400 anni dall’arrivo di padre Ricci a Pechino, qual è l’attualità della sua figura, oggi?

 

R. – Per quanto riguarda la Cina, Ricci è considerato un cinese, dai cinesi. Per l’Occidente, Ricci è stato di nuovo presentato dalla Chiesa, in particolare da Giovanni Paolo II, come un emblema dell’evangelizzazione del terzo millennio, soprattutto per quel che riguarda la capacità di inculturazione, il metodo dell’inculturazione. Per quel che riguarda il grande pubblico, invece, Ricci è una figura ancora da scoprire. Quel che mi pare importante è che, per quel che riguarda questo problema fondamentale che è la diffidenza naturale degli uomini nei confronti degli altri, dei popoli nei confronti degli altri popoli, delle nazioni nei confronti delle altre nazioni eccetera, invece sia riuscito ad ottenere questa grande vittoria, perché la Cina lo considera un proprio figlio.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

19 luglio 2003

 

 

I VESCOVI DEL CANADA IN UNA LETTERA PER I 35 ANNI

DEL RINNOVAMENTO CARISMATICO NEL PAESE: E’ UN SERVIZIO INESTIMABILE

ALLA CHIESA CATTOLICA E ALLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

- A cura di Paolo Salvo -

 

OTTAWA. = Il Rinnovamento Carismatico ha reso “un servizio inestimabile” alla Chiesa cattolica in Canada e uno “straordinario contributo” alla nuova evangelizzazione, suscitando una più viva consapevolezza della presenza attiva e dell’azione dello Spirito Santo nella vita dei battezzati. E’ questo il concetto centrale che la Conferenza episcopale canadese esprime in una Lettera pastorale indirizzata a tutti i fedeli per i 35 anni di questo movimento ecclesiale nel Paese, dove il Rinnovamento Carismatico coinvolge oggi – dicono i vescovi – oltre un milione di cattolici. “Con profonda gratitudine ed un rinnovato senso di speranza nei nostri cuori, noi – scrivono i vescovi canadesi nella lettera datata a Pentecoste 2003 – invitiamo tutti ad unirsi a noi nel celebrare gli innumerevoli doni e benedizioni che il Rinnovamento Carismatico ha recato alla vita della nostra Chiesa in Canada durante questi 35 anni”. Ricorrenza che offre ai vescovi anche l’opportunità di evidenziare alcune nuove sfide che il Rinnovamento Carismatico ha davanti mentre la Chiesa “prende il largo” nel nuovo millennio, ricordando al tempo stesso gli obiettivi che accomunano tanti individui, gruppi di preghiera, comunità, anche assai diversi tra loro: “la continua conversione personale a Gesù Cristo, la disponibilità ad accogliere la presenza, la potenza e i doni dello Spirito Santo, un profondo amore per la Chiesa e la sua opera di evangelizzazione, un forte senso di fraternità, uno zelo pieno di gioia per il Vangelo”. Per tutto questo, i vescovi del Canada dicono: “Innalziamo i cuori e rendiamo grazie”. Tra i “frutti spirituali” del Rinnovamento Carismatico, i presuli menzionano la “profonda esperienza personale” che si verifica quando il cristiano è “toccato” dallo Spirito di Dio, la centralità della preghiera, specialmente di lode e di ringraziamento, sia personale che comunitaria, il “grande contributo” alla nuova evangelizzazione, attraverso la conversione personale, la resa completa alla persona di Gesù Cristo, l’ardente desiderio di essere “battezzati nello Spirito”. La Conferenza episcopale del Canada accoglie poi con favore, come un “ricco potenziale”, le varie forme in cui trova espressione nella Chiesa il “ministero di guarigione”, con la preghiera personale e comunitaria, al di fuori della Messa, possibilmente unita alla riconciliazione. “Sarebbe davvero meraviglioso – scrivono i vescovi – se le preghiere per la guarigione e la riconciliazione divenissero una normale pratica quotidiana, specialmente nelle nostre famiglie cristiane”. I vescovi del Canada, che si richiamano più volte agli insegnamenti del Papa e del Concilio, pongono un accento speciale anche sulla formazione permanente dei fedeli laici: una formazione a tutto campo, spirituale e dottrinale, che dovrebbe essere “tra le priorità di ogni diocesi”.

 

 

SI CHIUDE DOMANI A BELO HORIZONTE IL PRIMO CONGRESSO MISSIONARIO

DEL BRASILE. 400 RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE DIOCESI E CONGREGAZIONI

DEL PAESE RIUNITI CON LO SGUARDO RIVOLTO AL CONTINENTE

 

BELO HORIZONTE. = “Brasile, la tua vita è missione”. Con questo motto è stato inaugurato, giovedì scorso, a  Belo Horizonte  il primo Congresso missionario nazionale del Brasile, promosso dalle Pontificie Opere Missionarie brasiliane, che si concluderà domani 20 luglio. Il congresso, che vede la partecipazione di circa 400 persone, fra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici rappresentanti delle diverse diocesi, congregazioni e istituti, vuole essere un momento di preparazione al Congresso Missionario Americano (CAM 2), previsto a Città del Guatemala, nel prossimo novembre.  Alla sessione d’apertura di giovedì, presso la Pontificia Università Cattolica di Belo Horizonte, è stato letto il messaggio che il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli,  ha rivolto ai partecipanti. Il porporato ricorda  nel messaggio  che “il compito delle numerose commissioni e consigli, a livello regionale e nazionale direttamente coinvolti in questo evento d’animazione missionaria è quello di sviluppare e coordinare in modo agile ed efficace l’opera d’animazione e cooperazione missionaria nel Brasile, non soltanto come un momento d’incontro e dibattito, ma soprattutto, per fare emergere e mettere a servizio diretto della missione ad gentes il maggiore numero di persone ed energie”. Nella sua lettera, il cardinale prefetto del dicastero missionario richiama gli impegni fondamentali assunti negli ultimi congressi continentali e ricorda a tutti che il successo dell’azione pastorale dipende della santità personale degli evangelizzatori. Il primo Congresso Missionario Nazionale brasiliano si chiuderà, come ricordato, domani con la celebrazione di invio missionario. (M.D.)

 

 

I VESCOVI STATUNITENSI APPROVANO I NUOVI DIRETTORI SULLA CATECHESI

E SULLA FORMAZIONE E IL MINISTERO DEI DIACONI PERMANENTI.

ULTIMO PASSAGGIO LA CONFERMA DELLA SANTA SEDE

 

WASHINGTON. = I vescovi degli Stati Uniti, nel corso dell’ultima assemblea plenaria, hanno approvato le nuove direttive sulla catechesi e sulla formazione, il ministero e la vita dei diaconi permanenti, che ora dovranno essere confermate dalla Santa Sede. Il Direttorio nazionale della catechesi sostituirà quello risalente al 1979, alla luce dell’insegnamento contenuto nel “Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 e di altri documenti ecclesiali pubblicati in quest’ultimo ventennio. Il nuovo direttorio di 350 pagine sottolinea, in sostanza, l’importanza di catechesi appropriate per ciascuna categoria di persone, ma anche per diversi contesti lavorativi e culturali: coppie, singoli, malati, portatori di handicap, detenuti, immigrati, persone operanti nell’educazione e in altri ambienti professionali. Il secondo direttorio stabilisce per la prima volta una serie completa di norme nazionali sulla preparazione al ministero diaconale alla luce delle indicazioni del Concilio Vaticano II. In particolare, le nuove disposizioni enunciano i requisiti umani, spirituali, accademici dei diaconi permanenti, indicando inoltre il percorso formativo che dovranno seguire gli aspiranti diaconi, che prevede anche un periodo propedeutico di discernimento prima dell’ammissione al programma di formazione. (M.D.)

 

 

SONO POSITIVI GLI ESITI DEL PROGETTO DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

PROMOSSO DALLA CHIESA E DALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA PIEMONTESI

IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEL 2000.

COINVOLTI CONTADINI, AGRICOLTORI E ORGANIZZAZIONI DEL BURKINA FASO

 

TORINO. = Sono passati quasi tre anni dal lancio del “Progetto Giubileo” da parte della pastorale sociale e del lavoro piemontese, un’esperienza di cooperazione tra piccoli imprenditori del nord e del sud del mondo che coinvolge contadini, artigiani, organizzazioni del Burkina Faso e sette associazioni di categoria piemontesi. Oltre 60 missioni di imprenditori italiani nel Paese africano, una quindicina di agricoltori e artigiani burkinabé ospitati in Italia, venti corsi di formazione a cui hanno partecipato più di 500 piccoli imprenditori locali: questi i risultati resi noti in un incontro che si è svolto ieri a Torino, da don Gianni Fornero, responsabile piemontese dell’Ufficio per la pastorale del lavoro. Si fa strada la proposta di trovare nuovi sentieri per coinvolgere sempre più associati delle diverse categorie, magari con interventi non solo a livello regionale, ma anche provinciale. "Siamo partiti dalla convinzione che l’Africa rappresenta una risorsa e non un problema”, ha sottolineato mons. Fernando Charrier, vescovo di Alessandria  e delegato della Conferenza episcopale piemontese per i problemi sociali e del lavoro. “Il nostro intento – ha affermato il presule -  è stato quello di lavorare per ricreare una situazione di giustizia in quella terra, non volevamo fare carità. La collaborazione rappresenta un sostegno importante per aiutare i nostri fratelli africani a trovare il livello di civiltà che compete loro. Per troppi secoli il mondo occidentale li ha sfruttati”. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 luglio 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

I dossier britannici sulle armi di distruzione di massa irachene e le relative smentite sul presunto traffico di uranio tra Niger ed Iraq, sembrano tingere di giallo il decesso del 59.enne scienziato inglese, David Kelly. Lo studioso, trovato morto non lontano dalla propria abitazione, era consulente alla difesa ed era “sospettato” di essere la fonte delle inchieste condotte dalla rete televisiva Bbc sui servizi segreti britannici. Secondo l’emittente Sky News, che cita fonti della polizia, le cause del decesso dello scienziato saranno rese note solo domani, o forse addirittura lunedì. Ma quale è la posizione assunta dal primo ministro, Tony Blair, su questa vicenda? Ascoltiamo in proposito, da Londra, Simonetta Musso:

 

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La morte dello scienziato David Kelly ha avuto ripercussioni politiche immediate. Il premier britannico Tony Blair, in visita a Tokyo, ha detto che la morte dell’esperto governativo di armi batteriologiche è stata una terribile tragedia e ha aggiunto che verrà istituita una inchiesta giudiziaria indipendente per stabilire le circostanze della morte. Kelly, indicato dallo stesso governo inglese come la possibile fonte di informazione per l’articolo della BBC, era scomparso lo scorso giovedì. L’articolo in questione sollevava dubbi sulla credibilità del dossier iracheno indicando come fossero state aggiunte informazioni esagerate e fuorvianti. Blair ha detto anche di augurarsi che siano messe da parte speculazioni sul caso per permettere il normale decorso delle indagini. Blair, infatti, aveva respinto fino ad ora le richieste di una inchiesta più ampia sul caso della guerra in Iraq e il possesso da parte di Saddam  Hussein delle armi di distruzione di massa.

 

Da Londra per la Radio Vaticana, Simonetta Musso.

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Negli Stati Uniti è confermata la decisione del presidente George Bush di non sottoporre ad un processo militare i nove britannici detenuti a Cuba, nel penitenziario americano di Guantanamo. Una fonte del Pentagono ha intanto reso noto che 37 detenuti sono stati rilasciati ed ha aggiunto che i prigionieri liberati saranno trasportati in Afghanistan.  

 

Nella città afgana di Kandahar è stato lanciato ieri sera un razzo contro la base delle forze speciali statunitensi, ubicate nell’ex residenza del mullah Omar. Precedentemente una bomba esplosa su un convoglio militare, aveva causato il ferimento di tre soldati nei pressi di Asadabad, nell’Est del Paese. A questa drammatica ondata di violenza bisogna purtroppo aggiungere anche la morte di otto militari afgani, vittime di un’imboscata avvenuta ieri a Khost.

 

L’Afghanistan e soprattutto l’Iraq continuano a destare le preoccupazioni della comunità internazionale. “Il popolo iracheno non vuole che la democrazia gli sia imposta dall’esterno. Serve un calendario chiaro in vista di un ritorno alla piena sovranità”. E’ questo uno dei passi centrali contenuti nel rapporto del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, sul dopoguerra in Iraq. Gli Stati Uniti avrebbero intanto accettato, secondo il quotidiano francese “Le Monde”, un mandato da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che regoli l'invio di una forza di stabilizzazione in Iraq. Ma nel Paese arabo la situazione non sembra purtroppo normalizzarsi: un soldato statunitense è rimasto ucciso ieri dal fuoco nemico a Baghdad. Proprio i ripetuti attacchi anti-americani sollevano interrogativi sulla gestione del dopoguerra in Iraq. Ce lo conferma da New York Elena Molinari:

 

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Anche secondo le stime più caute i soldati americani morti in Iraq hanno superato il numero dei caduti della prima guerra del Golfo. Il primato non è passato inosservato negli Usa dove continuano le lamentale e le polemiche dei familiari dei militari. E’ chiaro a questo punto che gli Stati Uniti erano impreparati ad affrontare il caos del dopoguerra iracheno. Lo ha ammesso persino il vice segretario alla difesa americano Paul Wolfowitz attualmente in Iraq. A Washington intanto la stampa e il Congresso americano continuano ad indagare sui falsi documenti sull’uranio del Niger che la Casa Bianca ha usato per giustificare la guerra. Ieri la stampa statunitense chiedeva fra l’altro, perché il dipartimento di Stato non condivise il documento con gli ispettori dell’Onu, che ne chiesero una copia già a dicembre. Gli ispettori lo ebbero solo a febbraio quando la Casa Bianca era ormai pronta a dare l’ultimatum a Saddam  Hussein.

 

Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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Dopo aver affrontato la questione sulle armi di distruzione di massa irachene, apriamo ora il capitolo relativo ai programmi nucleari della Corea del Nord. Secondo il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Mohammed El Baradei, Pyongyang rappresenta attualmente “la minaccia nucleare più grave”. Dopo aver espresso la propria preoccupazione per il riciclo, da parte dei nordcoreani, di 8 mila barre di combustibile dalle quali è possibile estrarre plutonio, El Baradei ha anche manifestato la propria soddisfazione per la decisione della Cina di riprendere i colloqui con la Corea del Nord.

 

Il dialogo sembra essere il protagonista anche del processo di pace in Medio Oriente. Le speranze di un nuovo importante appuntamento per la ‘Road Map’ derivano dal prossimo incontro che, secondo fonti palestinesi, si terrà domani tra  il premier Abu Mazen ed il primo ministro israeliano, Ariel Sharon. Il servizio i Graziano Motta:

 

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Non c’è finora conferma da parte israeliana, ma certamente i due primi ministri hanno in programma di discutere l’andamento della ‘Road Map’, il piano di pace, prima del viaggio che compiranno a Washington. Abu Mazen sarà ricevuto da Bush il 25; quattro giorni dopo, Sharon. Dovrebbero discutere dei due problemi in contestazione: la liberazione di detenuti palestinesi in maggior numero di quanto Israele abbia previsto e il ritiro dei soldati da altri grossi centri abitati della Cisgiordania. Problemi collegati, però, alla situazione sul terreno che, pur non registrando da tempo gravi attentati, resta caratterizzata da episodi di guerriglia. Sul piano diplomatico una nuova delusione per Sharon da parte della Commissione dell’Unione Europea, la cui portavoce a Bruxelles ha ribadito che i suoi rappresentanti continueranno a mantenere contatti con Yasser Arafat, un dialogo che, contrariamente a quanto ritiene il primo ministro israeliano, rafforzerà la posizione di Abu Mazen.

 

Per la Radio Vaticana. Graziano Motta.

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“La gente è terrorizzata, sentiamo i rumori degli spari e dobbiamo scappare”. E’ questa la drammatica testimonianza diretta di un abitante di Monrovia, la capitale liberiana dove continuano, in periferia, i sanguinosi scontri tra i ribelli e le forze governative. Migliaia di sfollati stanno cercando rifugio dalle atrocità della guerra civile ed il leader dei guerriglieri del sedicente gruppo dei “Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia” (Lurd), ha comunque ribadito la propria disponibilità alla ripresa dei negoziati per la formazione di un governo di transizione se il presidente, Charles Taylor, lascerà il Paese.

 

Restiamo in Africa. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato ieri sera il ritiro definitivo dei ‘caschi blu’ dalla Sierra Leone. Entro il 2004 i 12 mila soldati della missione delle Nazioni Unite, attualmente presenti nel Paese, verranno fatti gradualmente rientrare.

 

E’ passato a Roma il testimone della Costituzione Europea. Il governo italiano, presidente di turno dell’Unione, ha ricevuto ieri dal presidente della Convenzione, Valery Giscard D’Estaing, la bozza della nuova carta. Sarà proprio l’Italia a presiedere la Conferenza intergovernativa che, ad ottobre, sarà chiamata ad approvare il testo definitivo.

 

 

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