RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 194 - Testo della
Trasmissione di domenica 13 luglio 2003
Il bilancio del viaggio di George Bush in cinque Paesi africani: con noi padre Carmine Curci
Chiesa e società
Si è spento stamane a Roma
padre Carlo Cremona, apostolo del Vangelo attraverso i media
Escalation
di violenza in Cecenia: in un’imboscata, muoiono nove soldati russi
Aperti,
stamani a Baghdad, i lavori del Consiglio del governo di transizione iracheno
Morta
la fotoreporter Zahra Rasemi, scomparsa nei disordini avvenuti in Iran nel
giugno scorso
Ancora
scontri in Burundi: i ribelli attaccano la capitale Bujumbura.
13 luglio 2003
IL PENSIERO DEL
PAPA ALL’EUROPA PRIMA DELLA PREGHIERA MARIANA CON I FEDELI CONVENUTI A
CASTEL GANDOLFO PER L’ANGELUS DOMENICALE
- A
cura di Giovanni Peduto -
“In questo momento storico, nel quale è in atto un
importante processo di riunificazione dell’Europa attraverso l’allargamento
dell’Unione Europea ad altri Paesi, la Chiesa osserva con uno sguardo pieno di
amore questo Continente”: così il Pontefice ha parlato ai fedeli nel suo primo
appuntamento domenicale di questa estate a Castel Gandolfo. Ed ha proseguito:
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Accanto a tante luci, non mancano alcune ombre. A un certo
smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura
nell'affrontare il futuro; a una diffusa frammentazione dell’esistenza si
uniscono non di rado il diffondersi dell’individualismo e un crescente
affievolirsi della solidarietà inter-personale.
************
Si assiste come a una perdita della speranza – ha
soggiunto il Santo Padre - alla cui radice sta il tentativo di far prevalere
un’antropologia senza Dio e senza Cristo...
************
Paradossalmente,
la culla dei diritti umani rischia così di smarrirne il fondamento, eroso dal
relativismo e dall’utilitarismo.
************
. Nell’Esortazione apostolica
post-sinodale Ecclesia in Europa, promulgata lo scorso 28 giugno, Giovanni
Paolo II ha ripreso queste tematiche di urgente attualità, largamente dibattute
nel corso dell’Assemblea sinodale dell’ottobre 1999.“Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per
l’Europa”: questo è l’annuncio che i credenti non cessano di rinnovare,
consapevoli delle enormi possibilità che offre l’ora presente, ma consci, al
tempo stesso, delle sue gravi incertezze a livello culturale, antropologico,
etico e spirituale...
************
La cultura europea dà
l’impressione di un’apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio, che vive
come se Dio non esistesse. L’urgenza allora più grande che attraversa l’Europa,
a Est come ad Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da
poter dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme.
************
Come
non soddisfare un così profondo anelito di speranza? Occorre ritornare a Cristo
e ripartire da Lui, ha sostenuto il Papa che ha concluso:
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La Chiesa - ho scritto nell’Esortazione
- ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: la
fede cioè in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude.
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Infine l’auspicio del Papa che Maria,
aurora di un mondo nuovo, vegli sulla Chiesa in Europa e la renda pronta ad
annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza.
Dopo la preghiera mariana Giovanni
Paolo II ha rivolto un saluto cordiale agli abitanti di Castel Gandolfo.
Ha ringraziato il vescovo di Albano e il suo ausiliare, le autorità civili, il parroco e gli altri
sacerdoti, come pure il direttore e il personale delle Ville Pontificie. A
tutti ha rivolto il suo grazie sincero per la premurosa accoglienza.
Alla fine di questa settimana avranno
luogo a Roma due iniziative destinate al mondo universitario: la prima edizione
delle “Sapientiadi”, giochi di sport e cultura in occasione del settimo
centenario dell’Università “La Sapienza”, e il Simposio su “Università e Chiesa
in Europa”. In attesa di incontrare, sabato prossimo, i partecipanti, il Papa
ha già oggi voluto rivolgere loro un cordiale benvenuto.
Non ha mancato di ricordare la banda
musicale della scuola salesiana “Sarasit” di Banpong in Thailandia, che ha
allietato l’incontro, e a tutti i pellegrini e visitatori ha augurato una
serena domenica e buone vacanze.
13 luglio 2003
lLA
DRAMMATICA SITUAZIONE NEL CONGO
KINSHASA
E LE
SFIDE PER LA CHIESA LOCALE
-
Intervista con padre Valerio Shango -
L’Eucaristia celebrata a Kinshasa dal cardinale Crescenzio
Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, presso il
santuario di Nostra Signora di Fatima, ha concluso questa mattina l’Assemblea
plenaria dei vescovi congolesi. Proprio la visita del porporato – insieme a
quella dell’arcivescovo di Firenze, mons. Ennio Antonelli – ha contribuito a
portare una ventata di solidarietà ai presuli dell’ex Zaire, che nella capitale
si sono confrontati sulla difficile situazione nel Paese e sulle sfide che
attendono la Chiesa locale. Sui temi al centro di questa assemblea, Andrea
Sarubbi ha intervistato padre Valerio Shango, consulente dei vescovi congolesi,
raggiunto telefonicamente a Kinshasa:
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R. - Sul piano strettamente
ecclesiale, una riflessione molto forte è stata fatta sulla necessità di una
nuova evangelizzazione, dato che in Congo si sta verificando una recrudescenza
delle sette di origine americana e asiatica. Si assiste alla moltiplicazione di
ciarlatani che, ogni giorno, martellano la gente con predicazioni di tipo
millenario, senza nemmeno aiutarla a risolvere i problemi veri, come la ricerca
della pace e la ricostruzione.
D. – Sul piano
politico, invece, cosa è emerso da questa Assemblea dei vescovi, rispetto alla
difficile situazione del Paese?
R. – Su questo
aspetto, c’è silenzio. I vescovi rimandano all’ultimo documento pubblicato: la
dichiarazione del febbraio scorso, intitolata “Quando è troppo, è troppo!”. Ma
è un silenzio che richiama alla riflessione, dinanzi a questa miseria dilagante
ed a questo caos politico tuttora esistente nella Repubblica democratica del
Congo.
D. – In pochi
giorni sono arrivati nell’ex Zaire il cardinale Sepe e l’arcivescovo di
Firenze, mons. Antonelli: due visite che hanno portato una ventata di solidarietà
…
R. – Questi sono
momenti di grande speranza. Il cardinale Crescenzio Sepe ha espresso alla Conferenza
episcopale congolese – quindi al popolo congolese – la sollecitudine del Santo
Padre, l’incoraggiamento e la solidarietà della Santa Sede in questo momento
delicato. Quindi, il porporato ha compiuto un viaggio coraggioso a Kisangani,
città distrutta – la cattedrale è distrutta, così come le infrastrutture –
dagli scontri tra rwandesi e ugandesi, sotto gli occhi indifferenti della
comunità internazionale, sia nel ’99 che nel 2000. Mons. Elio Antonelli,
invece, è venuto a visitare la comunità “Amore e libertà” che è sorta in un
quartiere molto povero di Kinshasa. Entrambe le visite sono state molto
apprezzate.
D. – Padre Shango,
lei è congolese. Quale Congo ha trovato adesso, ritornandoci?
R. – Un Congo molto
peggiorato, un Congo dove non c’è più niente. Le strade sono distrutte. I
bambini, a scuola, devono addirittura pagare gli insegnanti per farsi
correggere i compiti. Ho visto tanti ragazzi universitari che si lamentano,
perché gli esami vengono generalmente rimandati alla sessione seguente: i professori,
infatti, si trovano di fronte a 2 mila alunni e non sanno cosa fare. Gli
ospedali sono strapieni di ammalati, ma mancano i medicinali. I medici non sono
pagati. Oggi la gente non solo mangia una volta al giorno, ma mangia a turno. E
questa è una situazione inaccettabile.
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EDUCAZIONE
DELLA GIOVENTÙ, AMORE PER I POVERI, APOSTOLATO LAICO: COSÌ, CONSERVANDO IL
CARISMA DEL FONDATORE, GLI SCOLOPI AFFRONTANO CON SOLLECITUDINE LE SFIDE DEL
MONDO CONTEMPORANEO
-
Intervista con padre Jesus Maria Lecea Sainz -
Si svolge in
questi giorni a Roma, il 45.mo Capitolo generale dei Padri Scolopi. Il celebre
istituto, fondato da San Giuseppe Calasanzio quasi quattrocento anni fa, rimane
fedele al suo originario carisma di servizio ai poveri e di impegno
nell’istruzione scolastica, ma si rinnova conscio delle necessità che richiede
il mondo contemporaneo. Durante il Capitolo è stato eletto il nuovo preposito
generale, padre Jesus Maria Lecea Sainz che, al microfono di Matteo Ambu, ci
spiega gli orientamenti futuri dell’ordine:
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R. – Nel Capitolo stanno emergendo
due grandi linee che sono sintetizzate nel tema del Capitolo stesso “Rivestiti
dal Vangelo e dai sandali”, cioè un indirizzo in riferimento alla persona di
Cristo, quindi alla sua sequela – la vita religiosa consacrata degli Scolopi –
e l’altro rappresentato dal simbolo dei sandali, usati dal nostro fondatore,
per il servizio ai poveri, cioè per il nostro ministero educativo con una
particolare preferenza per i poveri.
D. – Voi siete presenti anche in
Africa, un continente dove sono numerosi i conflitti armati, eppure anche una
terra dove la gente è capace di grandi slanci di generosità e di fede…
R. – Siamo presenti non tanto come
missionari di prima evangelizzazione, ma siamo piuttosto al servizio delle
giovani Chiese le quali per prima cosa domandano soprattutto l’educazione
cristiana. Noi Scolopi, nati per l’educazione cattolica operiamo molto bene in
questi Paesi perché hanno tante necessità e soffrono tante prove. Veramente il
continente africano è stato dimenticato dai Paesi ricchi e soffre tanto, per le
malattie, per le guerre, per la povertà. Noi pensiamo che la nostra presenza
educativa sia importante perché la rinascita di una società deve cominciare
dall’educazione. Per questo, anche se noi Scolopi non siamo una Congregazione
tradizionalmente missionaria, alla fine abbiamo deciso di essere presenti in
Africa,
D. – Gli istituti religiosi,
purtroppo, non raccolgono più le vocazioni di un tempo. Ci sono d’altra parte
tanti laici che, colpiti, si avvicinano alla loro spiritualità e collaborano
dall’esterno…
R. – I nostri centri educativi
soprattutto,ma non solo, hanno una grande presenza di laici che si sentono in
sintonia con la nostra spiritualità. Essi ci hanno chiesto di poter collaborare
direttamente con noi. Il nostro Ordine ha accolto con grande gioia questa
richiesta da parte dei laici ed ha tutto un programma di formazione con loro
perché la loro presenza nelle nostre opere, soprattutto educative, non sia una
presenza puramente professionale, ma anche pastorale. Perfino nella pastorale
vocazionale ci sono gruppi di nostri laici che lavorano molto bene procurando
vocazioni religiose.
D. – La secolarizzazione del mondo
che sfide lancia alla scuola cattolica?
R. – Le sfide sono tante. Possiamo
dire che la scuola cattolica rende più facile la nostra presenza accanto ai
bambini, ai ragazzi e ai giovani, molti dei quali si allontanano dalla fede,
perché spesso le famiglie ne trascurano l’educazione cristiana. Questo
contatto, ma soprattutto la testimonianza veramente evangelica dei religiosi e
degli educatori, facilita molto il lavoro di evangelizzazione. Per questo io
penso che la scuola cattolica, la scuola cristiana, sia sempre necessaria nella
società e anche nella missione della Chiesa.
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GEORGE BUSH IN AFRICA:
IL
BILANCIO DEL VIAGGIO CHE HA TOCCATO
SENEGAL,
SUDAFRICA, BOTSWANA, UGANDA E NIGERIA
- Con
noi, padre Carmine Curci -
George Bush sulle orme del suo
predecessore Bill Clinton, che 5 anni fa si recò in visita in Africa. Questo in
sintesi il viaggio del capo della Casa Bianca nel Continente africano, in una
missione che ha toccato Senegal, ex colonia francese, Sudafrica, la grande
potenza del Continente, Botswana, la possibile forza economica del sud del
mondo, Uganda, il laboratorio africano contro l’Aids, e Nigeria, il colosso
petrolifero d’Africa. Tra
i grandi temi del viaggio di Bush, cominciato lunedì scorso, c’è stata
sicuramente la lotta all’Aids, per la quale il presidente statunitense s’è
impegnato a versare all’Africa 15 miliardi di dollari in cinque anni. Di questo
argomento Giada Aquilino ha parlato con padre Carmine Curci, direttore della
rivista dei missionari comboniani ‘Nigrizia’ e grande esperto di Africa:
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R. – Non è una novità che George
Bush faccia queste promesse. Il problema è che le parole ci sono, ma dove sono
i fatti? Bush aveva sottolineato tre aspetti per il suo viaggio: pace e
sicurezza, lotta all’Aids e commercio. Ma la sua missione va letta in una
prospettiva di cui ben pochi hanno parlato: quella delle elezioni del novembre
del prossimo anno. Bush ha estremamente bisogno dei voti degli elettori di
colore, che fino ad ora sono andati ai democratici. La campagna elettorale,
quindi, è già cominciata.
D. – A proposito
della lotta all’Aids, il presidente sudafricano Mbeki non vede di buon occhio
le politiche delle multinazionali farmaceutiche. I farmaci invece sono al
centro della lotta di Bush all’Aids …
R. – Dietro i
finanziamenti della campagna di Bush, ci sono anche le compagnie farmaceutiche.
E George Bush ha scelto un ex dirigente di una multinazionale farmaceutica per
gestire i 15 miliardi di dollari per l’Africa. Per questo il presidente Mbeki e
le organizzazioni non governative pongono e continueranno a porre grossi
interrogativi su questo desiderio del capo della Casa Bianca di aiutare gli
africani.
D. – La guerra in Iraq: in Sudafrica non se
ne è parlato, perché Mbeki è stato tra i più critici sull’attacco all’Iraq. In
Uganda il tema è stato affrontato, perché Museveni è stato uno dei pochi in
Africa ad appoggiare il conflitto. Non c’è il timore che anche per altri temi
sia andata così?
R. – Questo viaggio
di Bush, il suo primo in Africa, doveva essere soprattutto un viaggio di
immagine, non di contenuti. Per cui gli organizzatori dell’evento hanno cercato
il più possibile di non porre sul tavolo temi ‘caldi’, come la questione
dell’Iraq. Teniamo presente che Mbeki aveva detto chiaramente, all’inizio della
guerra, che il conflitto avrebbe portato ad una grave crisi dell’Africa, dal
punto di vista del turismo e del petrolio. Ed è quello che sta succedendo.
Museveni è interessato invece ad avere un grosso appoggio finanziario dagli
Stati Uniti.
D. – Tra le
critiche che Bush ha ricevuto, c’è quella di non aver partecipato al vertice
dell’Unione Africana in Mozambico...
R. – Questo è il
secondo anno del nuovo impegno africano per decidere insieme le sorti del
Continente. L’assenza di Bush al vertice spingerà ancora una volta i presidenti
africani a vedere la politica americana con molta diffidenza. E i popoli
africani ritorneranno a non aspettarsi molto dagli Stati Uniti. Ci si aspettava
per esempio che il presidente statunitense andasse in Kenya e in Tanzania, due
Paesi che hanno sofferto più degli altri per attacchi terroristici. E invece
Bush non è andato. Ci si aspettava che potesse fare qualcosa di più, ma a
quanto pare non è successo.
**********
E’ IN CORSO NELLA CHIESA UN PROCESSO DI
SETTARIZZAZIONE
A CAUSA DEI NUOVI MOVIMENTI ECCLESIALI?
UN DUBBIO DISSIPATO DALL’INDAGINE
INTERDISCIPLINARE DELLA RIVISTA CONCILIUM
- Con noi il direttore padre Rosino Gibellini -
E’ in
corso nella Chiesa un processo di settarizzazione a causa dei movimenti? Questo
interrogativo è stato considerato dal Comitato scientifico della rivista
teologica Concilium. Una delle grandi
questioni urgenti a livello internazionale che investono la Chiesa. A partire
da questa domanda ha preso il via un’indagine interdisciplinare, curata dallo
storico Alberto Melloni, che investe storia, teologia, diritto canonico e
sociologia, pubblicata sull’ultimo fascicolo della rivista. Quale l’esito di
questo studio? Ce ne parla il direttore di Concilium, padre Rosino Gibellini,
nel servizio di Carla Cotignoli:
**********
R. - “Dallo studio di Concilium
risulta praticamente che non si può applicare questo schema, questa è la
conclusione. E’ una conclusione anche sorprendente, perché anche nel parlare
così nelle comunità cristiane, nelle comunità religiose, affiora sempre questo
concetto: “sì ma voi siete un po’
sette, siete settari”… Il saggio del sociologo Diotallevi dice che non possiamo
accettare certamente il concetto di setta. I movimenti sono organizzazioni
religiose. Non sono settari innanzitutto perché fanno riferimento ai vertici della
Chiesa, anzi si direbbe che hanno un filo diretto con la guida della Chiesa. E
inoltre, un altro riferimento che dovranno accentuare, è il servizio all’umano.
Questi due riferimenti fanno sì che non si possa parlare di sette”.
D. - Allo stesso risultato giunge il saggio del teologo
Alexandre Ganoczy...
R. - Questo saggio
ecclesiologico fa vedere che la setta c’è, quando c’è una forma di ecclesialità
oppositiva e alternativa: “noi siamo ‘la’ Chiesa” ecco. Qualche volta magari
nel discorso qualcuno dice “noi siamo la Chiesa”. Qui c’è una piega
settaria. Ma, praticamente la ecclesialità di questi movimenti non è una
ecclesialità oppositiva ed esclusiva, e qui non si può usare il concetto di
setta.
D. - Questo non toglie che i problemi sussistano…
R. - Qui c’è una
duplice correzione. Non si può continuare ad avere questa mentalità squalificante nei confronti di questi
movimenti, perché devono essere valutati sul metro di una ecclesialità aperta.
E d’altra parte questi movimenti devono mantenersi nell’orizzonte di questa
ecclesialità aperta. Concilium, senza
analisi ideologizzata, ha fatto vedere
come questi movimenti devono essere inseriti in questo contesto di ecclesialità
aperta; ciascuno porta quindi il suo contributo. Il processo poi è aperto.
D. - Può
essere di aiuto, nell’affrontare questa tematica, anche lo studio della logica della scienza. Lo dimostra ancora il teologo Ganoczy:
R. - E’ un concetto
scientifico la sinergia. Nella misura
in cui c’è sinergia nella Chiesa non
c’è settarismo. Un altro concetto mutuato dalla teoria del caos: la scienza mostra come ci sono vie caotiche per arrivare ad
un certo equilibrio e poi ancora vie caotiche per arrivare ad un certo
equilibrio. Questo presumibilmente e analogicamente si può anche trasferire nel
campo della Chiesa: ci sono movimenti, diciamo così, con qualche turbolenza
spirituale. Ma si potrà arrivare ad una unità che unifica, a quell’unità che
unifica diversi movimenti differenti, ma sinergici.
D. - Appurato che,
in riferimento ai movimenti, non si può parlare di settarizzazione, in
positivo, quale l’apporto che danno
alla Chiesa oggi?
R, - Anni fa era
stato introdotto il concetto di ecclesiogenesi,
la Chiesa cioè esiste ma il tessuto comunitario della Chiesa deve sempre essere
ritessuto. Penso che questi movimenti portano una rivitalizzazione del tessuto
comunitario cristiano.
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IL
GENIO E LA VITA DI MICHELANGELO
IN MOSTRA A PALAZZO VENEZIA IN ROMA
- Ai
nostri microfoni Pina Ragionieri,
direttrice
della Fondazione Casa Buonarroti -
“Michelangelo
tra Firenze e Roma”: è il suggestivo titolo di una mostra, inaugurata questa
settimana a Roma, a Palazzo Venezia. Visitabile fino al 12 ottobre prossimo, la
rassegna è illuminata dalla qualità eccezionale di 20 capolavori del grande
artista del ‘500. Il servizio è di Alessandro Gisotti:
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(Musica)
Michelangelo
artista impareggiabile, ma anche uomo impegnato con passione nella vita civile.
La mostra di Palazzo Venezia offre un’immagine a tutto tondo del genio rinascimentale.
Attraverso disegni di figura, architettonici e di fortificazioni, rivela alcuni
momenti determinanti della parabola umana del Maestro. Una vita annodata in
modo inscindibile a Firenze e Roma. Città ricche, come nessun’altra, di segni
straordinari dell’opera michelangiolesca. Una mostra, dunque, che permette al
visitatore di rivivere le stagioni umane e artistiche di Michelangelo, come
spiega la curatrice dell’evento, Pina Ragionieri, direttrice della Fondazione
Casa Buonarroti:
R. - Il nostro
percorso avviene attraverso argomenti: una prima sezione sui ritratti, poi una
sezione, oso dire, molto nuova che esplora il cittadino, la persona vindice
delle libertà repubblicane, cioè la sezione sulle repubbliche fiorentine.
Quindi, uno spazio dedicato alla Fabbrica di San Lorenzo a Firenze, per poi
continuare con un esame sul lavoro di Michelangelo nella Cappella Sistina, in
due periodi successivi della sua vita. Infine, uno sguardo sulle architetture
romane della ‘Vecchiaia’, che, in qualche modo, costituiscono un preludio a
quello che poi fu il fiorire Barocco della città nel ‘600.
D. – Quali, tra
queste straordinarie opere in mostra, desta particolare attenzione, particolare
interesse?
R. – La mostra è
illuminata certamente dai disegni di Michelangelo, alcuni dei quali sono dei
veri e propri capolavori. Potrei citarne tre: uno è il nudo di schiena
giovanile, l’altro è il bellissimo profilo della Leda, per finire con la
Madonna col Bambino, che è una delle espressioni più alte, tout court
dell’arte di Michelangelo.
D. – Firenze e Roma,
quale era il suo rapporto personale con queste due città, che proprio
Michelangelo ha reso straordinarie ed uniche al mondo?
R. – Una domanda
alla quale si risponde difficilmente. Michelangelo era un uomo molto solitario.
Viveva molto per suo conto, aveva pochissimi amici, per cui la sua vita è
sempre stata la vita di un solitario. Il suo trasferimento a Roma fu un
trasferimento dovuto anche a motivi di affetto, a motivi di lavoro, persino a
motivi politici. Viveva nella città, ma viveva contornato da pochi amici. E’
diventata proverbiale la solitudine di Michelangelo.
D. – Che cosa rende
ancora così attraente, non solo nei confronti di chi ama l’arte, ma anche del
cittadino qualunque, che cos’è che rende così attuale, così moderno
Michelangelo?
R. – Il mio parere è
questo, che Michelangelo, giovanissimo, era già al di là di ogni perfezione
tecnica, per cui non è la perfezione che rende grande Michelangelo, ma quello
che le sue opere esprimono. Aveva dentro di sé una straordinaria spiritualità,
uno straordinario senso delle cose. Del resto anche il modo in cui lui
concepisce la maternità, questa Madonna che non osa concludere il suo rapporto
d’amore con il Figlio, perché sa che davanti a Lui c’è la passione e la morte.
Queste Madonne, a cominciare dalla Pietà di San Pietro, sono così belle,
profonde ed emozionanti, perché esprimono sentimenti straordinari. La vera
grandezza di Michelangelo sta veramente dentro di lui, ‘in interiore hominis’.
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13 luglio 2003
CORDOGLIO
NEL MONDO DEL GIORNALISMO PER L’IMPROVVISA MORTE
DI
PADRE CARLO CREMONA. APPREZZATO SCRITTORE, FU TRA I PRIMI
A
PORTARE L’INFORMAZIONE RELIGIOSA IN TRASMISSIONI RADIO-TELEVISIVE
ROMA.=
Lutto nel mondo dell’informazione religiosa. Stamani, è venuto improvvisamente
a mancare padre Carlo Cremona, sacerdote pioniere del giornalismo religioso e,
dagli anni Cinquanta, apprezzato protagonista di rubriche radiofoniche e
televisive della Rai. Il sacerdote si è sentito male negli studi Rai di Saxa
Rubra, dopo aver partecipato ad una puntata del programma Uno mattina.
Al termine della trasmissione, si è alzato e dopo aver fatto pochi passi si è
accasciato, spegnendosi poco dopo. La notizia ha suscitato profonda emozione:
numerosi giornalisti si sono recati all’infermeria di Saxa Rubra, dove è stato
portato il corpo, per rendere un omaggio commosso allo stimato collega. Padre
Carlo Cremona era nato a Genazzano, in provincia di Roma, 85 anni fa. Monaco
agostiniano, era poi divenuto sacerdote diocesano sempre al servizio della fede
e della cultura attraverso una lunga esperienza di sacerdote, scrittore e
giornalista. E’ stato vaticanista per il Giornale Radio della Radiotelevisione
italiana. Oltre che per i numerosi saggi religiosi e la collaborazione assidua
al quotidiano Avvenire, padre Cremona viene ricordato per i suoi
numerosi libri, tra cui spiccano Vita di Cristo, Paolo VI e San
Paolo. Accompagnano questi lavori, un’antologia agostiniana Pensieri di
Sant’Agostino, e L’ultima Apocalisse, un romanzo-parabola sul senso
del male morale. Della sua attività di oratore televisivo resta il ricordo de Il
Vangelo e la Vita. (A.G.)
ESCALATION
DI VIOLENZA IN CECENIA: IN UN’IMBOSCATA TESA DAI
RIBELLI
INDIPENDENTISTI, RESTANO UCCISI NOVE SOLDATI RUSSI
MOSCA.= Nove soldati russi sono stati uccisi in
un’imboscata attuata dai ribelli nel sud della Cecenia. Altri cinque militari
sono rimasti gravemente feriti. I soldati viaggiavano a bordo di un automezzo
che è saltato su una mina e contro il quale è stato aperto il fuoco dagli
indipendentisti. L’imboscata è stata messa in atto nella tarda serata di ieri,
secondo quanto riferito dall’agenzia Interfax, che ha citato fonti
militari. Quando il veicolo con a bordo i militari è stato costretto a fermarsi
per l’esplosione di una mina, lungo la riva del fiume Argun, contro di esso le
formazioni ribelli hanno lanciato un attacco servendosi di armi da fuoco e granate.
Ieri, in due distinti episodi, erano stati uccisi altri sei soldati: tre per
l’esplosione di una mina nel villaggio di Benoi-Vedeno; gli altri per lo
scoppio di un ordigno di fattura artigianale vicino a dieci chilometri a ovest
di Grozny. (A.G.)
GLOBALIZZAZIONE
E MIGRAZIONI IN EUROPA: E’ IL TEMA CENTRALE DEL
SESTO MEETING INTRENAZIONALE SULLE MIGRAZIONI,
IN PROGRAMMA
A LORETO DAL PROSSIMO 28 LUGLIO AL 3 AGOSTO
LORETO.= Un appuntamento per capire le
problematiche fondamentali del nostro tempo. E’ questo l’obiettivo che si
prefigge il sesto Meeting Internazionale sulle Migrazioni, che a Loreto, dal 28
luglio al 3 agosto, offrirà l’occasione per un confronto sul tema quanto mai
attuale “Globalizzazione e migrazioni in Europa”. L’evento, promosso dalla
Famiglia Scalabriniana presenta un programma particolarmente ricco di contenuti
incentrati in particolare sul binomio Europa-Africa. Al Meeting prenderanno
parte numerose personalità del mondo ecclesiale, della politica e della
cultura. Accanto alle tavole rotonde, si affiancherà uno “spazio giovani”: ogni
pomeriggio, infatti, ci sarà l’opportunità di continuare a riflettere ed
approfondire i temi, trattati al mattino dagli esperti, attraverso laboratori tematici
improntati principalmente su metodologie interattive. Non solo, le serate del
Meeting saranno allietate da una serie di eventi musicali, gratuiti, tra i quali
un concerto di musica brasiliana e uno spettacolo di musica senegalese.
L’evento, che vanta il patrocinio dell’Alto commissariato dell’Onu per i
Rifugiati, della Commissione europea e della Presidenza della Repubblica
italiana, sarà impreziosito da due mostre. La prima “Il Continente sensibile” è
una raccolta di fotografie sull’Africa, curata da Mauro Tamburini; la seconda,
intitolata “Gli azzurri mari che navigammo…”, è una mostra di sculture e poesie
di Luciano Galassi. Domenica 3 agosto, nella Basilica della Santa Casa, si
svolgerà la concelebrazione eucaristica conclusiva, presieduta da mons. Amedée
Grab, vescovo di Coira, in Svizzera, presidente della Commissione delle conferenze
episcopali europee. (A.G.)
APERTI
STAMANI A BAGHDAD I LAVORI DEL CONSIGLIO DEL GOVERNO
DI TRANSIZIONE IRACHENO. INTANTO, NON SI
PLACA LA POLEMICA
SULLE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA DI SADDAM
HUSSEIN
BAGHDAD.= In Iraq, si procede a piccoli passi
verso la normalizzazione in un’accidentata fase post-bellica. Stamani, si sono
aperti, a Baghdad, i lavori del Consiglio del Governo di transizione, di cui fanno
parte 25 personalità irachene. La riunione si svolge in quello che era il
Ministero dell’industria militare di Saddam Hussein, che diventerà la sede del
Consiglio. In una dichiarazione al New York Times, l’amministratore americano
Paul Bremer, che ha incontrato i 25 membri del Consiglio, ha affermato che la
coalizione sostiene “l’istituzione di questo consiglio di iracheni e per gli
iracheni”. Si tratta, ha aggiunto, di “un primo passo verso la creazione di un’amministrazione
interinale”. Il consiglio ha stabilito che il 9 aprile, giorno della caduta del
regime di Saddam, venga dichiarato festa nazionale. Intanto, sul fronte caldo
delle armi di distruzioni di massa dell’ex raìs di Baghdad, il presidente Bush
ha confermato la fiducia al direttore della Cia, George Tenet, considerando
“chiuso” il caso dell’errore fatto nel discorso sullo Stato dell'Unione del 28
gennaio scorso, quando Bush denunciò un tentativo (mai avvenuto) dell’Iraq di
acquistare in Africa uranio per la costruzione di armamenti nucleari.
L’opposizione democratica, tuttavia, annuncia battaglia e chiede un’indagine
del Congresso. Dal canto suo, l'ex capo degli ispettori dell’Onu sul disarmo,
Hans Blix, ha affermato che il premier britannico Blair ha commesso un “errore
fondamentale” nel sostenere che Saddam Hussein potesse attivare armi di
distruzione di massa nell'arco di 45 minuti. (A.G.)
E’
MORTA LA FOTOREPORTER, ZAHRA KAZEMI, SCOMPARSA NEI DISORDINI AVVENUTI
IN
IRAN NEL GIUGNO SCORSO. IL PADRE DELLA GIORNALISTA AVEVA DENUNCIATO IL
SEQUESTRO DI ZAHRA DA PARTE DELLE AUTORITA’ IRANIANE. NEGLI ULTIMI GIORNI,
SEI
GIORNALISTI SONO STATI ARRESTATI DALLA POLIZIA DI TEHERAN
TEHERAN.=
E’ morta la giornalista-fotografa iraniana con passaporto canadese, Zahra
Kazemi, scomparsa nei disordini avvenuti in Iran nel giugno scorso e che era
stata poi ritrovata dal padre in coma in un ospedale di Teheran. La morte è
stata annunciata ieri dalle autorità iraniane, secondo le quali il decesso,
causato da un ictus, risale a venerdì sera. Un funzionario del ministero della
Cultura, ha riferito che la 54enne reporter si era sentita male durante un
interrogatorio ed era stata ricoverata in ospedale, dove era stata colpita
dall’ictus. La fonte ha aggiunto che Zahra Kazemi era stata arrestata per aver
scattato fotografie fuori dalla prigione di Evin malgrado fosse vietato. Il
padre della donna nei giorni scorsi aveva presentato una denuncia alla
Commissione per i diritti umani del Parlamento iraniano, sostenendo che la
figlia era stata sequestrata e selvaggiamente picchiata, e che lui stesso
l'aveva ritrovata nel reparto di rianimazione di un ospedale della capitale
dopo 12 giorni di ricerche. Il governo canadese ha chiesto un incontro col
ministro degli Esteri iraniano per accertare le circostanze dell’arresto e
della morte della giornalista. Dal canto suo, poco fa, il presidente iraniano
Khatami ha ordinato un’inchiesta sulle circostanze della morte di Zahra. Intanto,
altri sei giornalisti sarebbero stati arrestati in Iran negli ultimi giorni, a
quanto riferiscono diverse fonti di stampa. L'ambasciata della Repubblica ceca
a Teheran ha, comunque, smentito la notizia secondo cui due cameramen cechi erano
stati arrestati venerdì scorso. (A.G.)
ANCORA
SCONTRI IN BURUNDI: LE FORZE RIBELLI LANCIANO
UN
ATTACCO SULLA CAPITALE BUJUMBURA
BUJUMBURA.= I ribelli delle Forze nazionali di
liberazione del Burundi hanno lanciato, questa mattina, un nuovo attacco contro
la capitale Bujumbura. L’attacco, che segue una settimana di combattimenti, è
cominciato - secondo il corrispondente dell’agenzia France Presse -
dalle zone di Gatoke e Mutanga. Gli scontri, secondo il Ministero degli interni
del Burundi, nella scorsa settimana hanno provocato la morte di 135 persone,
tra militari e civili. Preoccupata per l'intensificarsi dei combattimenti nella
regione, l'Unione europea aveva lanciato, nei giorni scorsi, un appello per la
“fine immediata dei combattimenti”. (A.G.)
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