RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 193 - Testo della
Trasmissione di sabato 12 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Mea culpa del capo
della Cia, Tenet: era falsa la vicenda dell’acquisto di uranio africano da
parte dell’Iraq. Bush ha comunque confermato la propria fiducia alla Cia.
Si conclude oggi a
Maputo, in Mozambico, il vertice dell’Unione africana.
Tragedia
in Burundi: gli scontri tra i ribelli e l’esercito hanno causato almeno 135
vittime.
Frenetica
attività della diplomazia internazionale in vista del prossimo incontro,
venerdì prossimo, tra Sharon e Abu Mazen.
12 luglio 2003
IL PAPA AL TERZO GIORNO NELLA RESIDENZA ESTIVA DI CASTEL
GANDOLFO.
DOMANI
IL PRIMO APPUNTAMENTO DOMENICALE PER LA RECITA DELL’ANGELUS
CON I FEDELI E I PELLEGRINI NELLA RIDENTE
CITTADINA DEI CASTELLI ROMANI
- A cura di Paolo Salvo -
Giovanni
Paolo II è ormai da tre giorni a Castel Gandolfo, lontano dal caldo afoso di
Roma e favorito dal fresco dei Colli Albani, che si fa sentire specialmente
nelle ore serali e notturne. Un luogo certamente ideale per il riposo e il
raccoglimento, grazie anche agli ampi spazi offerti dalle Ville pontificie
nella ridente cittadina laziale affacciata sul lago di Albano.
Qui il Papa reciterà domani a mezzogiorno il primo Angelus
domenicale di questa estate del 2003, insieme agli abitanti dell’antico borgo e
ai pellegrini che si recheranno a visitarlo. Al periodo estivo, il Santo Padre
aveva accennato durante l’udienza generale di mercoledì scorso in Vaticano,
definendo questi mesi “tempo di turismo e di pellegrinaggi, di ferie e di
riposo”. Nell’occasione, Giovanni Paolo II aveva invitato i giovani ad
“approfittare dell’estate per utili esperienze sociali e religiose”, augurato
ai malati di “trovare conforto nella vicinanza dei familiari”, suggerito agli
sposi novelli di approfondire la loro “importante missione nella Chiesa e nella
società”.
Sull’argomento il Papa si era soffermato anche all’Angelus
di domenica scorsa in Piazza San Pietro, parlando specialmente ai giovani della
“purezza di cuore” nella festa di Santa Maria Goretti, martire di questa virtù
che come tutte “esige un quotidiano allenamento della volontà e una costante
disciplina interiore”, con “l’assiduo ricorso a Dio nella preghiera”. Per
questo, augurando a tutti di “trarre profitto dal riposo estivo”, Giovanni
Paolo II aveva osservato che le vacanze, “se non vengono ‘bruciate’ nella
dissipazione e dal semplice divertimento, possono diventare un’occasione
propizia per ridare respiro alla vita interiore”.
In
Paraguay, il Papa ha nominato vescovo di Concepciòn il presule salesiano mons. Zacarìas Ortiz Rolòn, finora
vicario apostolico di Chaco Paraguayo.
NONOSTANTE
LA CRISI ECONOMICA MONDIALE CRESCONO LE OFFERTE DEI FEDELI
ALLA CHIESA CATTOLICA. UNA SIGNIFICATIVA
TESTIMONIANZA DI CARITA’ CRISTIANA
-
Intervista con il cardinale Sergio Sebastiani -
La crisi delle economie mondiali è la principale causa del
deficit di Santa Sede e Città del Vaticano, secondo il bilancio 2002 presentato
giorni fa in Sala Stampa Vaticana. Ma insieme al dato negativo relativo ai
conti in rosso è emerso il fattore decisamente positivo dell’aumento delle
offerte versate dai fedeli. Nonostante la crisi di fiducia innescata dallo
scandalo pedofilia all’interno della Chiesa degli Stati Uniti, le diocesi
americane mantengono il primato nelle donazioni nei confronti della Santa
Sede. Ma offerte cospicue giungono anche
da Germania e Italia, rispettivamente il secondo ed il terzo Paese più generoso
nel mondo cattolico. Per un commento più approfondito sul bilancio ascoltiamo
il cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari
economici della Santa Sede. L’intervista è di Luca Collodi.
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R. – La crisi nasce dall’11 settembre del 2001 e continua
per tutto il 2002 con i famosi scandali di società avvenuti negli Stati Uniti.
Oltre a questo va considerato il fattore politico ed internazionale: l’economia
non può non risentirne e il più esposto settore economico è quello finanziario.
Ovviamente la Santa Sede vive nel mondo, ecco perché, quindi, il bilancio che
abbiano presentato è un bilancio di deficit, anzi, il nostro deficit non è così
catastrofico.
D. – Quindi si parla delle offerte. Sono aumentate le
offerte dei fedeli. Tra l’altro, uno dei Paesi più attento alle esigenze della
Chiesa universale, sono stati proprio gli Stati Uniti …
R. – Sì, e questa, effettivamente è stata anche un po’ la
nostra sorpresa. Quest’anno abbiamo avuto circa un milione di euro in più di
offerte. Cosa che è notevole, perché l’anno è stato difficile per tutti. Ciò
nonostante, e questa, veramente, è una cosa che mi ha sorpreso e meravigliato.
Nei momenti più difficili, la gente non guarda soltanto a se stessa, ma guarda
anche agli altri. E questo è molto, molto cristiano.
D. – Perché i preti si devono occupare di soldi?
R. – Le posso confessare una cosa, quando il Santo Padre
mi ha chiamato a dirigere questo dicastero di controllo dell’economia vaticana,
mi sono posto la domanda “ma io sono vescovo, perché mi debbo occupare di
queste cose?”. E’ stata istintiva per me questa domanda a cui ho voluto
rispondere. Un giorno ho letto il capitolo VIII del Vangelo di San Luca. Luca
annota che oltre agli Apostoli c’erano poi anche altre persone che seguivano
gli Apostoli, tra cui delle donne che li aiutavano nelle cose umane, nelle cose
temporali. Fa dei nomi, una certa Giovanna, moglie dell’amministratore di
Erode, quindi da questo gli esegeti deducono che c’era, non soltanto Giuda con
la sua borsa, ma quelli che poi dovevano dare il necessario per la vita, un
piccolo embrione di un’attività amministrativa. Quindi, se l’hanno fatto gli
Apostoli … io, sono successore degli Apostoli in quanto vescovo, non potevo
rifiutarmi!
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ACCANTO AI POVERI, GLOBALIZZANDO LA SOLIDARIETÁ.
CON
QUESTO IMPEGNO SI CONCLUDE OGGI LA 17.MA ASSEMBLEA GENERALE
DELLA CARITAS INTERNATIONALIS. CON NOI DUNCAN
MACLAREN
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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La
globalizzazione è un successo a patto che tutti godano dei suoi benefici.
Questa la convinzione dei partecipanti alla 17.ma assemblea generale di Caritas
Internationalis, dal titolo “Globalizzare la solidarietà”, i cui lavori si
concludono oggi con l'approvazione di un piano di azione per i prossimi quattro
anni. Nel documento, presentato ieri alla stampa nell’aula magna della
Pontificia Università Urbaniana a Roma gli oltre 400 delegati delle 154 Caritas
nazionali partecipanti invitano a vivere la globalizzazione non esclusivamente
in chiave economica, ma come un’opportunità di condivisione tra paesi ricchi e
paesi poveri.
Si
tratta di un piano di lavoro mirato a focalizzare l’attenzione sulla
solidarietà verso gli ultimi e gli esclusi favorendo l’accesso all’insegnamento
primario per tutti, l’uguaglianza tra i sessi, l’autonomia della donna,
l’assistenza a questa durante la maternità,
la riduzione della mortalità infantile, la lotta al virus dell’HIV e,
elemento nuovo rispetto agli scorsi anni, garantire una politica di protezione
della terra. Per un commento sui lavori svolti ascoltiamo, nell’intervista di
Massimo Donaddio. Duncan MacLaren segretario generale di Caritas Internationalis.
R. - Abbiamo sviluppato un piano di lavoro. La prima cosa
è la pace e la riconciliazione. La seconda cosa è il lavoro di pressione
politica a livello internazionale. Ci sono 3 punti importanti per questo tipo
di lavoro: combattere la povertà, l’intercessione per la pace e la giustizia
economica, e soprattutto nei confronti della politica della Banca Mondiale e
delle altre istituzioni internazionali e finanziarie.
D. – Il Papa ha detto che “mondializzare la carità”
significa pensare in maniera nuova le relazioni fra Paesi ricchi e Paesi poveri
…
R. – La “globalizzazione normale”, diciamo, non crede in
un’economia che include tutti. Noi crediamo, come cristiani, come Caritas, in
un’economia che include tutti, compresi poveri, malati, ed anziani. Dobbiamo
eliminare una povertà che mortifica la nostra dignità di creature di Dio.
L’economia deve produrre politiche per i poveri e non politiche che creano più
povertà. Noi vogliamo contribuire a questa “mentalità della pace” a tutti i
livelli della Confederazione. La pace comincia con la mentalità di ogni
individuo.
D. – Caritas Internationalis sta crescendo con l’entrata
di nuovi membri nella Confederazione …
R. – Noi abbiamo dato l’accoglienza ai nuovi membri della
Mongolia, della Bielorussia, Estonia, Tonga, Kazahstan. Alcuni di questi sono
Paesi emarginati, e adesso fanno parte della rete umanitaria più grande del
mondo, seconda solo alla Croce Rossa. Lo Spirito di Cristo è al cuore della
Confederazione e cedo che questa sia una buona notizia per questi nuovi
entrati, una buona notizia per la Confederazione e direi, con tutta umiltà, una
buona notizia per il mondo.
Nel corso della conferenza stampa di ieri è stato sottolineato infine il ruolo fondamentale
del volontariato per le Caritas di tutto il mondo: migliaia tra uomini e donne
in tutto il mondo, testimoniano con il loro gratuito e disponibile contributo
che “c’è più gioia nel donare che nel ricevere”.
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La prima pagina si apre con la
situazione in Iraq, dove l'incalzante susseguirsi di sanguinosi attacchi mina
ancora le condizioni di sicurezza.
Nelle vaticane, la Prefazione
del cardinale Dionigi Tettamanzi al volume che raccoglie i messaggi e i
discorsi del Papa sui temi della difesa della vita umana e della promozione
della salute.
Due pagine dedicate al cammino
della Chiesa in Italia.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: affidate alla mediazione egiziana le speranze di comporre la frattura
nell'Autorità palestinese.
L'arcivescovo di Gulu chiede al
presidente Bush di "non dimenticare" la guerra che
sconvolge l'Uganda.
Nella pagina culturale, un
contributo di Giuseppe Costa dal titolo "La qualità in televisione":
riflessioni su un tema di attualità.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica.
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12 luglio 2003
IL CAMMINO DELLA CROAZIA VERSO L’INTEGRAZIONE EUROPEA
IN
PRIMO PIANO NELLA VISITA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
DI BRUXELLES A ZAGABRIA.
AI
NOSTRI MICROFONI, ROMANO PRODI
Quella
che si va chiudendo è una settimana importante per il futuro della Croazia. Un
futuro, che si chiama Europa. Martedì, il presidente della Commissione europea,
Romano Prodi, ha visitato la capitale Zagabria dove, in un discorso al
parlamento nazionale, ha espresso la convinzione che la Croazia abbia “cominciato
un processo che la porterà nell’Unione”. Quindi, ha sottolineato come la
Croazia sia la “punta avanzata di tutta la regione”. Un’area, quella della ex
Jugoslavia, che, secondo Prodi, “deve essere traghettata verso l’Unione
europea”. Il governo di Zagabria ha presentato, nel febbraio scorso, la sua
domanda di adesione e conta di ottenere lo status di candidato entro il
prossimo anno. Risultato, che permetterebbe al Paese mitteleuropeo di entrare a
far parte dell’Unione nel 2007 assieme a Romania e Bulgaria. Sul processo di
integrazione e il ruolo della Chiesa croata, Aldo Sincovich, del nostro
programma croato, ha intervistato il presidente della Commissione Ue, Romano
Prodi:
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R. – Abbiamo cominciato il lavoro in comune. Ho portato,
forse in modo un po’ burocratico, ma anche con molto calore, le 2500 domande
che danno inizio al lavoro di adeguamento delle nostre legislazioni, delle
nostre amministrazioni. Quindi, direi che ormai siamo diventati compagni di
scuola e poi entreremo nella stessa famiglia. Difficile dare una data, ma sono
molto ottimista sulla velocità con cui la Croazia si inserirà in questa
direzione.
D. – Che ruolo potrebbe svolgere, o dovrebbe svolgere, la
Chiesa cattolica in questo settore?
R. – Ricordo che molti anni fa il Papa disse che l’Europa
deve respirare con due polmoni. Non può esserci un’Europa senza che anche il
mondo slavo, il mondo balcanico entri a farne parte. Credo che la Chiesa debba
seguire questa linea. Noi abbiamo preparato tutto quello che si poteva preparare
perché i polmoni siano veramente due e perché l’Europa sia unita. E’ il momento
di lavorare assieme in questa direzione e credo che il ruolo della Chiesa sia
enorme. Enorme perché è un’Europa che non si costruisce soltanto sui rapporti
commerciali, economici, ma si costruisce su principi diversi rispetto a quelli
su cui è nato lo Stato moderno. Sono principi di uguaglianza, di adesione
democratica alla nuova Europa, principi che non sono solo compatibili, ma che
sono al fondamento stesso della dottrina cristiana.
D. – Com’è vista la Chiesa cattolica in Croazia da
Bruxelles?
R. – Noi sappiamo che la Chiesa ha sempre svolto in
Croazia un ruolo fondamentale nel formare le coscienze e nell’illuminare anche
il cammino comune del Paese. Noi contiamo, quindi, che vi sia un contributo
positivo per il difficile compito che dobbiamo svolgere. Ma quello che è
importante sottolineare è che stiamo tentando qualcosa di nuovo, che nel mondo
non è mai stato fatto: stiamo tentando per la prima volta di mettere insieme il
nostro destino senza i carri armati. Questa è una cosa importante.
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BURUNDI, I CIVILI SOTTO LE BOMBE:
AL
SESTO GIORNO DI ASSEDIO, BUJUMBURA CONTA I SUOI MORTI
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Intervista con un missionario -
È una guerra in corso da dieci anni, che a tratti si
assopisce, per poi riesplodere in tutta la sua drammaticità. Parliamo del
conflitto in Burundi, che sta conoscendo in questi giorni una nuova fiammata di
violenza. La capitale, Bujumbura, è da 6 giorni sotto l’assedio dei ribelli
delle Forze nazionali di liberazione (Fnl), ed il numero di vittime è piuttosto
elevato: addirittura 135, secondo il ministero dell’Interno. Ma è ancora
difficile fornire cifre attendibili, come ci conferma da Bujumbura un
missionario che preferisce restare anonimo. L’intervista è di Andrea Sarubbi:
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R. -
Probabilmente del bilancio si saprà con esattezza tra uno o due giorni, quando
si sarà riusciti a penetrare nelle zone dei combattimenti. Per ora, l’unico
posto possibile è il quartiere sulla strada che porta verso Rumonge, nella
provincia di Bururi. Sul numero di vittime abbiamo sono solo voci governative,
ma probabilmente si tratta soltanto, o
quasi, di civili, perché la popolazione non ha avuto il tempo di lasciare le
case.
D. – Anche il governo ha ammesso la presenza di vittime
civili per degli errori nei bombardamenti. Ancora non è chiaro se da parte
dell’Esercito o dei ribelli …
R. – Si tratta senz’altro di informazioni verosimili,
perché il problema maggiore, in questo momento, sono proprio i bombardamenti,
su una città – Bujumbura – che non ha punti di riferimento. Parlo sia delle
bombe lanciate dai ribelli sulla città che di quelle lanciate dai militari
sulle colline. Naturalmente, i mezzi a loro disposizione non sono quelli che
vengono utilizzati ultimamente nelle guerre: il margine di errore è dunque
molto più elevato, e la presenza di vittime civili è praticamente una certezza.
D. – Come sta vivendo il governo questa ripresa dei
combattimenti?
R. – È praticamente impossibile prendere contatto con qualsiasi
parte del governo in questi giorni. Sono continuamente in riunione, a
testimonianza dell’attuale situazione di emergenza. Il grosso problema è che il
presidente della Repubblica è ancora fuori, in Europa, e con lui una parte del
suo governo.
D. – E come vivono, invece, i missionari questa alternanza
continua tra la guerra ed i momenti di pace… che poi durano sempre troppo poco?
R. – Sono ormai dieci anni che sperimentiamo la guerra, e
lo schema si ripete: un momento, si è nella calma e si può fare qualcosa, e si
cerca di rimettere in piedi delle situazioni impossibili; un altro momento, si
deve ricominciare da capo, e cercare di far uscire uno straccio di speranza
dalla gente, perché possa riprendersi. Il problema è sempre lo stesso.
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LA CHIESA DELLA SOLIDARIETA’ IN LOTTA CONTRO LE
MISERIE DELLA VIOLENZA.
OGGI
POMERIGGIO, LA PRIMA PUNTATA DELLA NUOVA SERIE DI “A SUA IMMAGINE”,
IL
PROGRAMMA RELIGIOSO DI RAIUNO, DEDICATA AI MISSIONARI
NEI
LUOGHI CALDI DEL MONDO
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Intervista con Fabrizio Truini -
I
drammi del mondo, le guerre dimenticate, su un versante. La Chiesa di
frontiera, quella dei missionari in prima linea, sull’altro. Oscilla tra questi
due argini il nuovo programma che la redazione di “A sua immagine” – la
trasmissione di punta della testata religiosa della Rai – lancia oggi
pomeriggio con la prima puntata dedicata all’Uganda. La formula consolidata,
fatta di reportage e ospiti in studio, pilotati da Andrea Sarubbi, si propone
di fare luce sulle situazioni sociali, religiose e umanitarie che vivono
nazioni come l’Iraq post-bellico, l’Etiopia della carestia, le Filippine
dell’estremismo islamico, l’Albania della ricostruzione democratica.
Ma
quella della Rai è anche una sfida all’audience: entrare nelle case
degli italiani distratti dalle ferie con tematiche di grande impatto – umano
prima ancora che religioso – per ricordare che le emergenze e i missionari che
le affrontano non conoscono soste ma, al contrario, hanno estremo bisogno di
attenzione in ogni periodo dell’anno. A confermarlo è il responsabile delle
Rubriche religiose di Raiuno, Fabrizio Truini:
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R. – In un momento, non proprio di rilassamento, ma
certamente contraddistinto da un’attenzione meno viva ai drammi del mondo, io
penso che occorra dare visibilità ad una Chiesa di frontiera, che è soprattutto
quella missionaria. Siamo riusciti, penso, ad offrire con il nostro nuovo
programma un panorama delle missioni e dei problemi della Chiesa in missione un
po’ in tutto il mondo.
D. – Quindi, oltre ai drammi che raccontate, sono in
qualche modo i missionari e le
missionarie i veri protagonisti del vostro programma…
R. – Il mondo vive un gravissimo dramma di morte. E molte
delle persone che con tanto amore salvano gente dalla fame, dalle malattie,
sono i missionari e le missionarie. Mentre offrono una parola di
evangelizzazione, curano insieme i corpi. Li curano nel senso della promozione
umana, che la Chiesa deve portare come ci ha insegnato il Concilio e come ci
ripetono continuamente i Papi, soprattutto Giovanni Paolo II, che ci invita a
porre attenzione al “corpo” dell’umanità. Il nostro intento, quindi, è quello
di contribuire a sollevare, possibilmente, qualche piccolo velo di ignoranza.
D. – Dalla fame all’estremismo islamico, dalle Filippine
al Nicaragua. Quale itinerario avete seguito nell’ideare il programma?
R. – Abbiamo scelto alcuni Paesi e le guerre dimenticate.
Abbiamo voluto dare uno sguardo soprattutto a quei Paesi nei quali la fanno da
padrone la crudeltà e la violenza, dove non si capisce quali limiti ormai abbia
raggiunto la disumanità: la violenza sulle donne, per esempio. O quella contro
i bambini che vengono mandati a combattere le guerre. Abbiamo raccolto delle
immagini veramente angoscianti, molte delle quali non potremo trasmetterle in versione
integrale proprio perché il nostro obiettivo non è quello di suscitare angoscia
ma consapevolezza. Come ci ha ripetuto anche il Santo Padre nell’“Ecclesia in
Europa”, i cristiani devono avere una “coscienza missionaria” e tutti i fedeli
devono rinnovarsi interiormente ed avere una coscienza della propria
responsabilità nei confronti del mondo. Con le nostre limitate possibilità,
vorremmo far crescere questa coscienza. E inoltre, desideriamo semplicemente
testimoniare, documentare quello che tanti missionari e missionarie compiono
ogni giorno, quotidianamente, in tutto il mondo, così come vorremmo pure
documentare quello che gruppi sempre più ampi di volontari stanno compiendo a
in aiuto alle missioni.
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12 luglio 2003
L’ARCIVESCOVO
DELLA CITTÀ UGANDESE DI GULU SCRIVE AL PRESIDENTE STATUNITENSE BUSH.
“CHIEDIAMO – SI LEGGE NELLA LETTERA – UN SUO
INTERVENTO
PERCHÉ IL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU SI
OCCUPI DI UNA TRAGEDIA DIMENTICATA COME QUELLA DEL NORD UGANDA”
GULU. = “Il presidente degli
Stati Uniti deve sapere che l’Uganda non è un Paese dove regna la pace: la zona
settentrionale è scossa da violenze e combattimenti e nella agenda di George W.
Bush non possono figurare solo temi quali l’Aids o la lotta al terrorismo”.
Così mons. John Baptiste Odama, arcivescovo di Gulu, capoluogo dell’omonimo
distretto dell’Uganda settentrionale, ha commentato ieri l’arrivo del
presidente degli Stati Uniti nel Paese africano. L’arcivescovo ha scritto al
presidente statunitense una lettera con la richiesta di un impegno concreto da
parte degli Usa per portare la pace. “Le chiediamo signor presidente – scrive
il presule - di intervenire perché il Consiglio di sicurezza dell’Onu si occupi
di una tragedia dimenticata come quella del nord Uganda, o che lei direttamente
chieda alle parti di intavolare un dialogo come ha fatto per la questione
sudanese”. Mons. Odama ricorda che la parte settentrionale del Paese è
sconvolta da 18 anni dalle violenze dei ribelli del sedicente Esercito di
resistenza del signore (Lra) che combattono una guerra ad oltranza contro le
truppe governative. Un conflitto trascurato che dalla fine degli anni ‘80 ha causato il rapimento di oltre 20 mila
bambini e ben 850 mila sfollati su una popolazione di 1 milione e 440 mila
persone. “Vogliamo attirare la sua attenzione signor Bush su questo conflitto –
si legge nella lettera del presule – e chiediamo all’esecutivo e alla gente
degli Stati Uniti di fare pressione sul
governo sudanese perché smetta di fornire le armi allo Lra, di proteggere i
bambini dai rapimenti, di appoggiare gli sforzi per una soluzione pacifica
della crisi e di convincere l’Onu e l’opinione pubblica internazionale che la
situazione ugandese ha bisogno di una soluzione urgente”. (M.A)
OLTRE MILLE PROFESSIONISTI
DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE SI RIUNISCONO OGGI A SALVADOR DE BAHIA
PER IL CONGRESSO DELL’UNIONE CATTOLICA
INTERNAZIONALE DELLA STAMPA.
AL CENTRO DEI LAVORI IL RUOLO DEI MASS MEDIA
NELL’ATTUALE CONTESTO DELL’AMERICA LATINA
SALVADOR DE BAHIA. = La crisi dell’America latina chiama
chi lavora nel campo delle comunicazioni sociali ad una rinnovata sensibilità e
competenza professionale. Per questo da oggi sino al 21 luglio si svolge nella
città brasiliana di Salvador de Bahia, il congresso “Multiculturalità e
religione: il ruolo dei giornalisti e i mezzi di comunicazione”, organizzato
dall’Unione cattolica internazionale della stampa. Nel corso del congresso sarà
presentato, per la prima volta nell’America Latina, il programma Refresh. Attraverso
di esso, i giornalisti hanno la possibilità di un aggiornamento continuo sulle
modalità di svolgimento del loro lavoro e sulle nuove esigenze che il mondo
manifesta nel campo della comunicazione. I lavori si concentreranno
particolarmente sui temi latinoamericani più urgenti: crisi politica, economica
e sociale, cambiamenti politici, impatto del neoliberismo, povertà, situazione
dell’infanzia e conseguente ruolo della Chiesa cattolica. Parallelamente al
congresso si tiene anche l’incontro dei professionisti brasiliani dei mezzi
comunicazione, promosso anch’esso da organizzazioni cattoliche. Tra le due
manifestazioni sono attività in comune. Nella città sudamericana sono attesi
più di mille partecipanti. (M.A.)
“STRINGIAMO
INSIEME UN NUOVO PATTO PER L’AFRICA”. QUESTO L’APPELLO RIVOLTO
AL VERTICE DELL’UNIONE AFRICANA DALLA COMUNITÀ DI
SANT’EGIDIO,
A NOME DI 300 MILA RAGAZZI AFRICANI OSPITATI NEI
SUOI CENTRI
MAPUTO. = Un nuovo appello in favore della prosperità
futura dell’Africa è stato lanciato al vertice dell’Unione Africana dalla
Comunità di Sant’Egidio. Il lungo impegno dell’organizzazione italiana in
Africa per la risoluzione dei conflitti è riconosciuto ufficialmente
dall’Unione Africana, che ha invitato la Comunità a partecipare come osservatore
ai lavori del vertice di Maputo, che è iniziato giovedì e si conclude oggi. I
capi di Stato africani hanno affrontato i principali nodi delle crisi
politiche, dello sviluppo economico e della democratizzazione del continente e
hanno ricevuto un messaggio firmato da 300 mila ragazzi africani assistiti dai
vari centri della Comunità di Sant’Egidio nel continente. Il messaggio si apre con la citazione del
famoso discorso di Martin Luther King jr, “Io ho un sogno”, che i giovani
africani propongono come speranza per il loro continente. “Il nostro
sogno – scrivono i giovani - è che presto le cure mediche diventino accessibili
a tutti i figli d’Africa, che l’Aids non sia più una condanna. Il nostro sogno
è che tutti i bambini possano andare a scuola e non debbano più lavorare
precocemente. Il nostro sogno è che la schiavitù, anche quella nascosta, sia
abolita dalle nostre terre. Il nostro sogno è che la sete di guadagno, la
corruzione siano estirpate presto”. Amara la constatazione dei giovani nei
confronti della comunità internazionale e anche dei loro stessi conterranei.
“Il mondo – denunciano - è pessimista verso l’Africa: pensa sia un continente
senza speranza. Ma il pessimismo peggiore è quello di noi Africani”. Ma dalle
comuni radici è necessario ripartire per costruire un domani sereno.
“Stringiamo insieme un nuovo patto per l’Africa. Un patto per il futuro del
nostro continente. Troppe lacrime sono state versate. Troppe vite sono state
spezzate. Il mondo ha bisogno dell’Africa, ha bisogno di un’Africa migliore.
Non abbiate paura di essere migliori. La nostra madre, l’Africa, è bella.
Amiamola di più e meglio, con coraggio. Solo così sarete veramente “grandi” e i
figli dei nostri figli ricorderanno il vostro nome”. (M.A.)
DIGNITÀ
DELLA DONNA E RIAPPACIFICAZIONE DEL PAESE.
QUESTE LE RICHIESTE FATTE DALL’ARCIDIOCESI DI
HONIARA, CAPITALE DELLE ISOLE SALOMONE,
AL TERMINE DEL SUO CONSIGLIO PASTORALE
HONIARA. = Quali sono le necessità e le sfide che la
Chiesa cattolica affronta nelle isole dell’Oceania? Si è concluso recentemente,
nelle Isole Salomone, il Consiglio pastorale dell’arcidiocesi di Honiara.
L’appuntamento è stato importante per tracciare gli orientamenti del nuovo
piano pastorale che permetterà alla comunità cattolica di confrontarsi con le
esigenze del Paese. Erano presenti 140 delegati, provenienti da tutte le Isole
Salomone, con sacerdoti, laici e rappresentanti di dodici congregazioni
religiose. Dopo una settimana di dibattito e preghiera, i partecipanti hanno
sottolineato l’importanza dell’adeguata formazione dei catechisti, dell’impegno
nell’educazione dei giovani e della difesa della donna. Infatti la società
ancora non ha riconosciuto il contributo che le donne possono dare. L’assemblea
ha sostenuto la necessità di portare questa problematica nelle scuole,
inserirla nelle classi del catechismo per ragazzi, nei discorsi di sacerdoti e
laici. Il Consiglio ha costituito un importante momento di formazione per gli
operatori ecclesiali e i laici e, soprattutto, è stato un momento di comunione
per tutta la comunità, che conta più di 40 mila fedeli. La preoccupazione più
grande però è stata espressa per la situazione economica precaria e per le
tensioni sociali che stanno attraversando il Paese. Dal 1998 infatti si
verificano scontri tra le varie comunità etniche del Paese. La situazione
ancora non è riappacificata e due giorni fa il parlamento ha dato il suo
assenso affinché intervenga una forza multinazionale per garantire la
sicurezza. (M.A.)
LA CHIESA
CATTOLICA COREANA RICONOSCENTE VERSO I MISSIONARI FRANCESI
CHE MORIRONO 150 ANNI FA PER L’EVANGELIZZAZIONE
DEL PAESE ASIATICO.
INAUGURATO A PARIGI, GRAZIE AL CONTRIBUTO DEI
FEDELI COREANI,
UN MONUMENTO IN LORO RICORDO
PARIGI. = Campeggia da alcuni
giorni in Rue de Bac, a Parigi, un monumento commemorativo dei missionari
martiri francesi in Corea, inaugurato dai padri della Società per le missioni
estere (Mep) di Parigi per ricordare i religiosi che diedero la vita per
l’evangelizzazione del popolo coreano. Il monumento, offerto dai fedeli della cattedrale
di Myongdong a Seul, è stato portato a Parigi nel gennaio 2003 e collocato sei
mesi dopo in una via pubblica grazie all’interessamento dei religiosi del Mep e
della piccola comunità cattolica coreana (circa 200 fedeli) che vive nella
capitale francese. Alcuni membri della comunità hanno sbrigato tutte le
pratiche necessarie presso l’amministrazione comunale per ottenere la licenza
di collocare il monumento. Oltre 200 persone hanno partecipato alla cerimonia
di inaugurazione, in cui la Chiesa parigina ha ricordato il contributo dei suoi
missionari per la diffusione della Parola di Dio in Corea oltre 150 anni fa.
“Questo monumento - ha dichiarato il giorno dell’inaugurazione padre Etcharren,
superiore generale dell’istituto - mostra la vitalità della Chiesa cattolica in
Corea, che oggi offre un importante contributo alla Chiesa universale inviando
numerosi missionari in molte parti del mondo”. (M.A.)
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12 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco e Massimo Donaddio -
Apriamo la nostra consueta rubrica e andiamo in Iraq dove
continua, purtroppo, la scia di violenza contro le truppe americane. Un soldato
statunitense è rimasto ferito, stamani, a causa di un ordigno esplosivo
lanciato su un penitenziario che si trova 25 chilometri ad Ovest dalla capitale
Baghdad. L’Onu ha annunciato stamani che domani, nel Paese arabo, si riunirà
per la prima volta il nuovo Consiglio governativo di transizione, primo organo esecutivo
dalla caduta di Saddam Hussein. Prosegue, intanto, il dibattito sulle armi di
distruzione di massa irachene. Non erano corrette le notizie sul traffico di
uranio tra il Niger e l’Iraq, contenute nel discorso sullo stato dell’Unione
pronunciato dal presidente americano, George Bush, alla vigilia del conflitto
nel Golfo persico. Il direttore della Cia, George
Tenet, si è assunto la responsabilità di questo grave errore. “La Cia – ha dichiarato
- avrebbe dovuto assicurare che quelle 16 parole inserite nel testo scritto per
il presidente fossero rimosse”. George Bush, la cui popolarità negli Stati
Uniti è in netto calo a causa del preoccupante numero di militari uccisi in
Iraq, ha comunque confermato la propria fiducia alla Cia ed al suo direttore
Tenet. Ma ascoltiamo il servizio di Maurizio Pascucci:
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“Ho
pronunciato un discorso alla Nazione, che era stato controllato dai servizi di
Intelligence. Era un discorso che dettagliava agli americani i pericoli posti
dal regime di Saddam Hussein. Ed il mio governo ed io abbiamo preso le misure
idonee contro quei pericoli. Il risultato è che il mondo sarà più sicuro e più
pacifico”. George Bush risponde così alle insistenti critiche mossegli
nell’ambito di questa saga che non vuole finire. Le accuse, secondo cui l’Iraq
avrebbe tentato di acquistare uranio dal Niger, erano state messe in dubbio
dalla Cia prima del discorso alla Nazione di Bush, per poi essere
definitivamente smentite. Intanto, un’altra polemica si affaccia all’orizzonte,
quella istigata dai democratici, che al Senato sono riusciti a far passare un
documento che chieda al presidente di iniziare quanto prima colloqui formali
per lo stanziamento in Iraq di forze della Nato e delle Nazioni Unite.
Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.
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Parliamo
ora di un importante appuntamento politico. Per discutere sull’avvenire
dell’Iraq e sul processo di pace in Medio Oriente il presidente statunitense,
George Bush, incontrerà a Washington,
il prossimo 17 luglio, il primo ministro inglese, Tony Blair. Al centro dei
colloqui ci sarà anche la posizione di alcuni britannici sospettati di
terrorismo e detenuti nella base militare americana di Guantanamo, a Cuba.
Prosegue dunque senza sosta l’attività diplomatica del
presidente americano George Bush, giunto oggi in Nigeria, ultima tappa del suo
viaggio in Africa. Al capo della Casa Bianca le comunità religiose del Nord
Uganda hanno indirizzato una lettera chiedendogli di inserire il conflitto, che
sta martoriando il loro Paese,
nell’agenda del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Oggi, intanto, si
conclude a Maputo, in Mozambico, il vertice dell’Unione africana. Sui temi
affrontati ieri, nella seconda giornata del summit, ascoltiamo il servizio di
Giulio Albanese:
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Il vertice dell’Unione Africana è la cartina di tornasole
di un Continente, dove i paradossi sono all’ordine del giorno. E’ per questo
che occorre dialogare. Ed è stato questo l’invito, ieri, di Romano Prodi,
presidente della Commissione Europea: innanzitutto la scelta del rapporto
multilaterale con i governi africani, contrapposta a quella bilaterale del
presidente Usa, George Bush, che, tra parentesi, ha fatto una pessima figura
saltando il summit dell’Unione Africana, malgrado fosse a Pretoria, 40 minuti
di aereo da Maputo. Dal punto di vista della cronaca, la seconda giornata del
Vertice è stata soprattutto caratterizzata dalla decisione dei capi di Stato
africani di convocare due Vertici straordinari dell’Unione, dedicati a
questioni di difesa e di economia. Il primo Vertice, a carattere d’urgenza che
dovrà affrontare il tema di una politica comune della difesa, si terrà
probabilmente per ragioni logistiche in Sudafrica. Il secondo Summit
straordinario affronterà il piano di salvataggio dell’economia del continente.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Restiamo in Africa dove continuano ad arrivare drammatiche
notizie dal Burundi. La capitale Bujumbura è da 6 giorni sotto l’assedio dei
ribelli. Secondo il ministero dell’interno, gli scontri tra l’esercito e le
Forze nazionali di liberazione avrebbero provocato almeno 135 vittime.
Nella Repubblica Democratica del Congo sono stati
registrati scontri tra gruppi di guerriglia locale e soldati francesi dell’Onu.
Nella periferia di Bunia, almeno 5 miliziani del gruppo armato dell’Unione
Patrioti Congolesi sono stati raggiunti da colpi sparati da uomini delle
Nazioni Unite.
Il Polisario, Fronte popolare di liberazione del
Saguiat el Hamra e del Rio de Oro, ha accettato la proposta delle Nazioni Unite
per mettere fine alla decennale disputa sulla sovranità del Sahara occidentale.
Tre le opzioni possibili: l’indipendenza, l’annessione al Marocco o la piena
autonomia all’interno del territorio marocchino.
Trasferiamoci
in Medio Oriente da dove sembrano arrivare segnali di speranza. Il giornale
governativo siriano “Tishrin” riporta in un editoriale la notizia della disponibilità
dell’esecutivo di Damasco a riprendere i negoziati di pace con Israele,
incagliatisi nel 2000 sul nodo del Golan. Un graduale miglioramento sarebbe
anche confermato dal ritorno di pellegrini e turisti a Betlemme in seguito al
ritiro dell’esercito israeliano. Intanto il ministro degli esteri di
Gerusalemme, Shalom, per la prima volta in visita in Italia, esprime auspici
positivi per la collaborazione dell’Unione alla “road map” e al rafforzamento
del premier palestinese Abu Mazen. La diplomazia internazionale è
freneticamente al lavoro per tentare di accelerare il processo di
riavvicinamento tra israeliani e palestinesi, in attesa del nuovo incontro di
venerdì prossimo tra Sharon e Abu Mazen.
Il servizio di Graziano Motta:
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La Casa Bianca intende mantenere un ritmo accelerato alla
“Road map”, il piano di pace. Ha chiesto così a Sharon di anticipare, e
di compiere quindi fra 15 giorni, il viaggio che su invito del presidente Bush
doveva effettuare dopo le vacanze estive. Ed entro la fine del mese anche Abu Mazen
dovrebbe recarsi negli Stati Uniti. Sharon lunedì sarà a Londra e quindi ad
Oslo. Cerca di raccogliere consensi alla sua linea di sostegno ad Abu Mazen, in
seria difficoltà nel mondo politico palestinese, da lui ritenuto interlocutore
valido. In un’intervista al Daily Telegraph, Sharon constata che la
maggior parte dei dirigenti europei mantiene invece contatti con Yasser Arafat,
destabilizzando Abu Mazen. E la stessa posizione rappresentata dal suo ministro
degli Esteri, Silvan Shalom, nella visita a Roma, è condivisa dall’Italia.
Intanto la Russia si è detta pronta ad unirsi ad una forza di osservatori
americani per monitorare la “Road map”. Il suo ministro degli Esteri, Ivanov,
sta per intraprendere una visita di 5 giorni in Medio Oriente.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Oltre 10 mila persone hanno partecipato ieri a
Srebrenica, nella Bosnia orientale, alla commemorazione dei fatti dell’11
luglio 1995, quando le forze serbe, guidate dal generale Ratko Mladic,
entrarono nella città, fino a quel momento dichiarata “zona protetta” dalle
Nazioni Unite e presidiata da un contingente olandese, uccidendo ottomila
musulmani. Ieri nel cimitero di Potocari, nella periferia di Srebrenica, sono
state tumulate le spoglie di 282 vittime di quel massacro, identificate con
l'analisi del Dna.
Concludiamo
la panoramica andando in Italia dove sembra tornare il sereno nel governo, dopo
le giornate di scontri che hanno visto protagonista soprattutto il ministro
Umberto Bossi. Il presidente del Consiglio Berlusconi ha incontrato il leader
della Lega confermando l’impegno dell’esecutivo per le riforme federaliste
entro il 2004. Rientra anche completamente l’incidente fra Italia
e Germania, provocato dalle dichiarazioni sui turisti tedeschi del
sottosegretario Stefano Stefani. Quest’ultimo ha rassegnato le dimissioni,
richiestegli dal premier Berlusconi, dopo le forti critiche del cancelliere
tedesco Schroeder. Il
presidente della Repubblica italiana Ciampi ha voluto rilasciare una
dichiarazione al settimanale tedesco “Bild am Sonntag” nella quale invita
Italia e Germania alla amicizia e alla cooperazione reciproca. Schroeder
comunque, trascorrerà le sue ferie ad Hannover e non in Italia, come aveva
previsto in un primo tempo.
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