RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 189 - Testo della Trasmissione di martedì 8 luglio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sacerdoti, apostoli del Vangelo e maestri di santità: così il Papa all’Istituto secolare dei Sacerdoti della regalità di Cristo, nel 50.mo di fondazione

 

 Globalizzare la solidarietà per non provocare il suicidio dei poveri. Lo afferma il cardinale Maradiaga, all’assemblea di Caritas Internationalis

 

 La preghiera e il cordoglio del Pontefice per la morte del Patriarca di Babilonia dei caldei, Raphael I Bidawid. Un suo ricordo del vescovo caldeo di Beirut, Michel Kassarji.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le azioni politiche a livello globale per sconfiggere fame e povertà al centro del Rapporto 2003 dell’Onu sullo sviluppo umano

 

 Gli studenti iraniani commemorano la rivolta studentesca del luglio ’99. Con noi, il giornalista Anmad Rafat

 

 Dolore e commozione per la morte delle due sorelle siamesi iraniane. La riflessione di padre Raphael Callagher, docente di teologia morale.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Con un appello ai governi per il riconoscimento dei diritti dei rom si é concluso a Budapest il Congresso dedicato alla pastorale per gli zingari

 

Pubblicato il sito internet con il programma della Giornata mondiale della Gioventù di Colonia

 

Oltre 1200 delegati, provenienti da 40 Paesi Europei, parteciperanno al simposio su “Università e Chiesa in Europa”, in programma a Roma dal 17 al 20 luglio

 

 Aperte le iscrizioni per il premio mondiale di poesia mistica della fondazione “Fernando Rielo” di Madrid

 

Lo spagnolo padre Jesús María Lecea Sáinz eletto dal Capitolo generale degli Scolopi come nuovo Superiore generale

 

24 ORE NEL MONDO:

 E’ iniziato oggi, con l’arrivo in Senegal, il viaggio del presidente americano, George Bush, in Africa

 

Tragedia in Sudan: morte, in un incidente aereo almeno 115 persone

 

La tv libanese “Al-Hayat Lbc” ha trasmesso oggi un presunto nuovo messaggio di Saddam Hussein, in cui l’ex rais dichiara che “la vittoria è vicina”

 

Rivendicato dalla Jihad islamica palestinese l’attentato avvenuto, nella scorsa notte, a nord di Tel Aviv.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 luglio 2003

 

 

 

SACERDOTI E MISSIONARI CON NEL CUORE L’ANELITO ALLA PERFEZIONE EVANGELICA.

COSI’ IL PAPA AI SACERDOTI MISSIONARI DELLA REGALITA’ DI CRISTO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Testimoniare la vocazione al sacerdozio con la radicalità tipica della professione religiosa: attraverso la professione dei voti, lo stile di una fraternità sacerdotale e una spiccata tensione missionaria. Sono le caratteristiche dell’Istituto secolare dei Sacerdoti missionari della regalità di Cristo, ricevuti questa mattina da Giovanni Paolo II, in occasione del loro 50.mo di fondazione. Nato il 4 ottobre 1953 per opera di padre Agostino Gemelli nella Chiesa di S. Damiano in Assisi, l’Istituto - ha detto il Papa, citandone le Costituzioni - si ispira a S. Francesco nel vivere “il ministero presbiterale secondo il modello di vita che Cristo additò ai suoi primi discepoli, invitandoli a lasciare tutto per lui e per il Vangelo”.

 

“Proseguite in questo impegnativo, ma liberante itinerario ascetico e apostolico, rendendo grazie al Signore ogni giorno per il ministero presbiterale, dono e mistero di amore divino”.

 

Festeggiare un anniversario, ha detto il Pontefice, significa ringraziare Dio per i “tanti frutti di bene maturati fino ad oggi”, ma anche confidare in Lui “per ripartire con rinnovato slancio missionario, annunciando il Vangelo agli uomini e allo donne del terzo millennio”. A questo proposito, rivolgendosi ai 150 rappresentanti di un Istituto oggi diffuso in Europa, Africa e America Latina, Giovanni Paolo II li ha invitati ad essere “maestri della perfezione evangelica” e a conservare “vivo il carisma del fondatore, adattandolo alle mutate situazioni sociali e culturali della nostra epoca”. Il vostro servizio ecclesiale “sarà fruttuoso - ha soggiunto - se vi manterrete in contatto constante con Cristo nella preghiera, e se coltiverete sempre più la comunione con il Vescovo e con il collegio dei presbiteri delle Diocesi alle quali appartenete”:

 

“Siate missionari pieni di zelo e di generosa dedizione ai fratelli. L'anelito per l'evangelizzazione vi spinga a un apostolato che non conosca frontiere. Come scrivevo nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, il dono spirituale ricevuto dai presbiteri nell’ordinazione 'non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, fino agli estremi confini della terra'”.

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LA GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETA’ CONDIZIONE PERCHE’ 

LA GLOBALIZZAZIONE NON SIA UN SUICIDIO PER I POVERI

COSI’ IL CARDINALE RODRIGUEZ MARADIAGA IN APERTURA ALL’ASSEMBLEA

DELLA CARITAS INTERNAZIONALIS

 

La globalizzazione economica senza la globalizzazione della solidarietà è un suicidio per i poveri e perciò per la maggioranza dell’umanità”.  Sono parole forti quelle pronunciate dal cardinale dell’Honduras, Oscar Andrei Rogriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, nella relazione fondamentale svolta ieri all’assemblea generale della Caritas Internazionalis. Una relazione che ha approfondito “la globalizzazione della solidarietà”  nei suoi molti aspetti: etici, teologici, aprendo nuove prospettive sul fronte dell’economia e dello sviluppo integrale dei popoli. La sua relazione ha tracciato le piste di lavoro per i 400 delegati rappresentanti di ben 154 Paesi, convenuti a Roma: globalizzare la solidarietà per favorire  l’autodeterminazione dei popoli; per l’uso equo delle risorse universali; scelta preferenziale per i poveri; bene comune. Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli.

 

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“Se non si attua la globalizzazione della solidarietà, tutti gli altri aspetti della globalizzazione ci distruggeranno”. E’ questa la ferma convinzione del cardinale Maradiaga. A conferma cita il Papa quando per la prima volta  prospettò questa  dimensione della globalizzazione, in occasione del Sinodo per l’America. “Fu capace di guardare al di là della storia – ha detto il porporato honduregno, quando ha dimostrato che una globalizzazione senza valori è una globalizzazione indegna dell’uomo”. “Non possiamo continuare ad essere ciechi – ha aggiunto. Non stiamo andando semplicemente verso una globalizzazione dei mercati, cioè verso la concentrazione di ricchezza, ma stiamo andando anche verso la globalizzazione della povertà, il che significa accettare che per i poveri la speranza sia morta”. “Ciò che è moralmente falso, - ha continuato il porporato -  non può essere economicamente corretto.” “L’attuale situazione mondiale ci porterà a scegliere tra la nostra autodistruzione, e il recupero di speranze certe, quelle che fioriscono al ritmo del Vangelo”. E qui ha richiamato le parole forti dell’ultimo giudizio: “tutto ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me”.

 

Il cardinale scende al concreto. Chiede coraggio sia a livello personale che collettivo. La “solidarietà nell’azione personale, che significa prossimità e sostegno, è essenziale – ha affermato -  per aiutare a riconquistare l’autostima e l’identità perse nei processi di impoverimento ed esclusione”. Antidoto  “alla povertà che provoca emarginazione,  può essere solo la prossimità che crea una calda atmosfera accogliente”. “La logica del dono è quella che guarisce l’anima distrutta o indebolita dalla emarginazione”.

 

La relazione affronta i necessari cambiamenti di mentalità, l’universo dei valori culturali, l’area dell’azione socio politica.  “Occorre diffondere la sensibilità alla solidarietà tra intere popolazioni – afferma ancora il cardinale Maradiaga - per fare così  pressione sui centri di potere per trasformare i meccanismi di sfruttamento in nuovi sistemi a favore dello sviluppo umano di tutti”.

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SI E’ SPENTO IERI POMERIGGIO IN LIBANO, DOVE ERA RICOVERATO DA TEMPO,

IL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI, RAPHAEL I BIDAWID.

LE ESEQUIE DEL CAPO DELLA CHIESA IRACHENA

SI TERRANNO SABATO 12 LUGLIO, A BEIRUT

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Aveva assistito da lontano, dal Libano, all’offensiva messa in campo nella sua terra dalle forze angloamericane per rovesciare Saddam Hussein. La malattia che lo aveva colpito gli aveva impedito di vivere questo capitolo in prima linea, dove era stato e dove certamente avrebbe voluto essere, accanto alla sua gente e alla sua Chiesa, che per anni lo aveva avuto come pastore nei momenti difficili dell’isolamento internazionale. E nel Libano è morto ieri pomeriggio, all’età di 81 anni, il Patriarca di Babilonia dei Caldei, l’arcivescovo Raphael I Bidawid.

 

Nell’apprendere la notizia della scomparsa del presule, Giovanni Paolo II ha subito fatto pervenire un telegramma alle autorità del Patriarcato, inviando la sua “affettuosa benedizione apostolica” ed esprimendo il proprio dolore per la scomparsa di un’”illustre” figura che “da lungo tempo esercitava il ministero sacerdotale, quindi episcopale e patriarcale al servizio della Chiesa cattolica caldea”.

 

Nato a Mossul, nel nord dell’Iraq, il 17 aprile 1922, il futuro patriarca iracheno compie gli studi filosofici e teologici nel Pontificio Collegio di Propaganda Fide. Ordinato sacerdote in una Roma segnata dalle macerie della guerra, il 22 ottobre 1944, il futuro capo della Chiesa irachena torna in patria, dove insegna nel Seminario Patriarcale Caldeo di Mossul fino alla morte del Metropolita di Kerkuk, nel ‘56, quando viene nominato amministratore patriarcale di quella sede. L’anno successivo, viene eletto vescovo di Amadiyah per poi venire trasferito alla sede di Beirut dei Caldei. Il 21 maggio 1989 viene eletto Patriarca di Babilonia dei Caldei e Giovanni Paolo II gli concede la “ecclesiastica communio”. I problemi di salute si aggravano lo scorso anno e il 5 dicembre 2002, il Patriarca lascia l’Iraq per ricoverarsi in Libano. Non riuscirà più a riprendersi fino alla fine, sopraggiunta nell’ospedale libanese di Bhannès. I funerali di mons. Bidawid saranno celebrati sabato 12 luglio, alle ore 16, nella Cattedrale caldea di Beirut. Alle esequie parteciperà il cardinale Ignace Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

 

La responsabilità della Chiesa irachena ha coinciso per mons. Bidawid con il pesante periodo dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite a Baghdad, subito dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, nel ’90. Un periodo che ha segnato duramente le sorti della popolazione irachena, in favore della quale il Patriarca ha levato più volte degli appelli nel corso degli anni. Vi riproponiamo la sua voce - che descrive le condizioni del suo Paese sotto le sanzioni Onu - in una registrazione del 1992:

 

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Si può dire veramente che il nostro popolo viva una situazione tragica, in miseria e nell’indigenza più assoluta, per mancanza di medicinali e di viveri. Di conseguenza, anche il costo della vita è aumentato in maniera impossibile. Non è più alla portata del comune cittadino.

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Da Libano ci viene anche un primo ricordo del presule. Roberto Piermarini ha contattato telefonicamente poco fa il vescovo caldeo di Beirut, Michel Kassarji:

 

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R. - Era una figura che, conoscendola, colpiva tutti. Era vescovo da 44 anni, aveva partecipato al Concilio Vaticano II ed era membro del Consiglio patriarcale in Libano. Dunque, è una perdita piuttosto grave in questo momento. Girava da 13-14 anni più o meno la Chiesa caldea in Iraq. Passava dei momenti duri. C’era la guerra, come sapete, e l’embargo contro l’Iraq. Quindi, la sua presenza era piuttosto importante.

 

D. – Mons. Bidawid ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita in Libano. Che cosa diceva dell’ultima guerra in Iraq, che lui non ha potuto vivere personalmente a Baghdad?

 

R. – Amava l’Iraq, ma purtroppo la sua malattia era grave. Ecco perché lo hanno trasferito in Libano, dove ha passato lì più o meno 6 o 7 mesi. Quando c’era una chiamata dall’Iraq, da qualsiasi persona, vescovi o sacerdoti, lui ascoltava attentamente e voleva sapere qual era la situazione dei preti, dei vescovi e dei fedeli.

 

D. – Per il suo successore bisognerà attendere il Sinodo caldeo?

 

R. – Sì, speriamo che nel prossimo Sinodo - è in programma il mese prossimo, anche se ancora non sappiamo con precisione la data - i vescovi caldei eleggano un altro vescovo. Sarà un patriarca che dovrà rappresentare veramente la popolazione caldea in tutto il mondo. Per noi sarà un bene.

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ERRATA CORRIGE

 

Rettifichiamo le cifre sul collegio cardinalizio riportate ieri in calce alla notizia sulla scomparsa del cardinale arcivescovo di Caracas, Ignacio Antonio Velasco García. Il numero del collegio risulta così composto: 166 cardinali, dei quali 109 elettori e 57 non elettori.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La situazione in Medio Oriente apre la prima pagina: gli Usa chiedono ad Israele e all'Autorità palestinese di accelerare il processo di pace.

Il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del Patriarca di Babilonia dei Caldei.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai Sacerdoti Missionari della Regalità di Cristo, Giovanni Paolo II ha esortato a riconoscere nella tensione alla santità la priorità della propria esistenza.

Tre pagine dedicate al viaggio apostolico del Papa in Croazia compiuto un mese fa.

 

Nelle pagine estere, in Iraq i continui attacchi rendono sempre più precarie le condizioni di sicurezza.

Appello dell'Arcivescovo di Monrovia perché sia tempestivamente inviata nella travagliata Liberia una Forza di pace. 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli sulla mostra "Giuseppe Zanardelli: il coraggio della coerenza", allestita al Vittoriano di Roma.

Nell' "Osservatore libri", un contributo di Sergio Pagano sul volume "Consegnare la memoria. Manuale di Archivistica ecclesiastica".

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema della pensioni e la questione dell'indultino.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 luglio 2003

 

 

LE STRATEGIE GLOBALI PER LA LOTTA ALLA POVERTA’ E ALLA FAME

IN PRIMO PIANO NEL RAPPORTO 2003 DELL’ONU SULLO SVILUPPO UMANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Le azioni politiche contro la povertà al centro del Rapporto sullo sviluppo umano del 2003, diffuso oggi, in Italia, all’Unioncamere di Roma. Il documento, stilato dall’Undp (il programma per lo sviluppo umano dell’Onu) analizza in profondità la questione dello sviluppo dal punto di vista sociale, economico e culturale. Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti il sottosegretario italiano agli Esteri, Mario Baccini, il coordinatore della compagna per lo sviluppo delle Nazioni Unite, Eveline Herfkens, e numerosi esponenti delle Ong italiane. Per noi, c’era Alessandro Gisotti:

 

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Nonostante le promesse fatte dalle nazioni ricche di eliminare la povertà estrema, i Paesi in via di sviluppo necessitano di maggiori aiuti, scambi commerciali più equi e significative riduzioni del debito. Il rapporto sullo sviluppo umano 2003, dell’Undp non lascia spazio a dubbi. Se il nord del mondo non manterrà gli impegni assunti al Vertice del Millennio, il traguardo del dimezzamento della povertà, entro il 2015, non verrà raggiunto. Il rapporto, che classifica i 173 Paesi in base al loro livello di sviluppo socio-economico, suona dunque il campanello d’allarme. Più di 1 miliardo di persone avverte, vive, o meglio, sopravvive con meno di un dollaro al giorno e sono 800 milioni gli esseri umani che soffrono di fame cronica.

 

Drammatica la situazione sotto il profilo sanitario: in gran parte dei Paesi poveri, ogni anno, mezzo milione di donne muore in gravidanza o durante il parto. Nell’ultimo decennio 13 milioni di bambini sono morti per malattie diarroiche, mentre la pandemia dell’Aids continua a diffondersi in modo incontrollato. Nel solo 2001 più di 14 milioni di bambini hanno perso un genitore a causa del terribile virus. Il rapporto sottolinea così che, nonostante la consistente crescita globale, durante gli anni ’90, 54 Paesi in via di sviluppo hanno sofferto una riduzione del proprio reddito medio.

 

Significativi i dati offerti dall’indice di sviluppo umano, misura composita che prende in esame diversi parametri, come l’aspettativa di vita, l’istruzione ed il reddito pro capite. Rispetto all’anno scorso, il primo e l’ultimo posto sono rimasti invariati, rispettivamente Norvegia e Sierra Leone. L’Australia è quarta, gli Stati Uniti settimi, il Giappone noni, l’Italia ventunesima. Quasi tutti i Paesi a basso sviluppo umano si trovano nell’Africa Subsahariana, 30 su un totale di 34. In quest’area è propria la devastante diffusione dell’Hiv ad essere responsabile del declino dell’indice di sviluppo umano. D’altro canto, negli ultimi anni circa metà dei Paesi dell’America Latina e dei Carabi hanno registrato una riduzione o stagnazione del proprio reddito.

 

Non manca tuttavia qualche buona notizia: Benin, Ghana, Rwanda, Senegal e Uganda hanno migliorato in maniera significativa le proprie posizioni. Lo stesso vale per Bangladesh, Cina, Nepal e Tailandia. In Sud America, il Brasile ha segnato un forte balzo in avanti nella speciale classifica grazie soprattutto agli sforzi compiuti sul fronte dell’istruzione. L’Onu identifica in particolare 59 Stati nei quali, senza interventi urgenti, gli obiettivi di Sviluppo del Millennio non potranno essere ottenuti. Si tratta di nazioni con problemi endemici, 24 di questi Paesi hanno un’alta incidenza di casi di Aids, 13 sono coinvolti in conflitti armati e 31 presentano debiti esteri elevati. In tale contesto, il rapporto presenta un “patto di sviluppo” che esorta i Paesi ricchi ad impegnarsi seriamente per smantellare sussidi al commercio e dazi in vista di una situazione più equilibrata, quindi cancellare il debito insostenibile che strozza l’economia dei Paesi poveri e ancora creare un accesso migliore al progresso tecnologico e infine aumentare il flusso degli aiuti secondo quanto stabilito al vertice di Monterreyl del 2002. Secondo le nazioni Unite i finanziamenti allo sviluppo devono raddoppiare fino a quota 100 miliardi di dollari. Prima che sia troppo tardi.

 

Per la Radio Vaticana, dall’Unioncamere di Roma, Alessandro Gisotti

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GLI STUDENTI IRANIANI COMMEMORANO DOMANI

LA RIVOLTA STUDENTESCA DEL 9 LUGLIO ’99, REPRESSA NEL SANGUE

- Con noi, il giornalista Anmad Rafat -

 

Si ritroveranno domani davanti alla sede dell'Onu a Teheran gli studenti iraniani che nelle scorse settimane hanno dato vita alle imponenti manifestazioni di protesta per chiedere più democrazia nel loro Paese. L’occasione viene dal quarto anniversario della rivolta studentesca che, il 9 luglio del 1999, portò ai più gravi scontri di piazza dalla rivoluzione del 1979, poi repressi nel sangue. Per domani - giorno in cui nella capitale iraniana arriverà anche il direttore dell'Agenzia Onu per l'energia atomica, Mohamed El Baradei, per colloqui su questioni nucleari - le autorità iraniane non hanno concesso alcuna autorizzazione a manifestare, neppure nelle Università. Ma cosa chiedono gli studenti per l’Iran? Risponde Anmad Rafat, giornalista di origine iraniana, già segretario della stampa estera in Italia, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. - Gli studenti chiedono soprattutto che le riforme promesse sei anni fa dal presidente Khatami vengano attuate. I giovani, in una lettera a firma di 106 leader studenteschi, hanno dato un ultimatum al presidente. In sintesi hanno scritto: “riconosciamo la sua autorità. Abbiamo sempre dialogato, ma questa è l’ultima volta che ci rivolgiamo a lei”. In Iran il potere consta di due componenti: uno eletto, come il presidente Khatami, ed uno non eletto, rappresentato dalle autorità religiose e da alcune istituzioni come il Consiglio dei saggi, il Consiglio dei guardiani. Gli studenti non riconoscono l’autorità della parte non eletta, dialogano solo con chi è stato scelto dal popolo, ma ora dicono che il tempo per dialogare è scaduto. Pertanto - affermano gli studenti - o si fanno le riforme o si va verso uno scontro frontale tra la società ed il potere.

 

D. – Perché gli studenti accusano il presidente Khatami di aver abbandonato la strada delle riforme?

 

R. – Perché in sei anni non ci sono state riforme. Gli studenti nelle loro ultime manifestazioni, due settimane fa, hanno inventato un soprannome per Khatami, la cui traduzione è ‘uomo dalle belle parole’. Lo accusano di parlare molto bene, ma di non agire mai.

 

D. – Qual è oggi la situazione delle libertà in Iran?

 

R. – E’ abbastanza grave, soprattutto per quanto riguarda gli studenti ed i giornalisti. Sono le due categorie più colpite. Dopo gli scioperi delle ultime settimane, sono stati arrestati 4 mila studenti e 2 mila a tutt’oggi si trovano in carcere. I leader del movimento di quattro anni fa, del 9 luglio 1999, in gran parte sono ancora detenuti. Per quanto riguarda invece la stampa, sono state chiuse 107 testate riformiste, negli ultimi anni; 11 giornalisti si trovano con condanne definitive in carcere; nelle ultime tre settimane sono stati arrestati 15 giornalisti, di cui 2 sono stati rilasciati stamani; 1600 giornalisti, in seguito alla chiusura forzata dei giornali da parte dell’autorità giudiziaria, sono disoccupati e i pochi giornali indipendenti che continuano ad uscire applicano una tale autocensura che praticamente la loro presenza non si nota.

 

D. – Oggi si parla di riarmo nucleare iraniano. Teheran alla fine accetterà le ispezioni dell’Aiea?

 

R. – Credo che la Repubblica islamica dell’Iran sia costretta a trovare un compromesso con l’Agenzia di Vienna, perché altrimenti rischia di interrompere il dialogo che ha stabilito qualche anno fa con l’Unione europea. Pertanto credo che un compromesso si troverà. Non so però in che termini possa essere questo compromesso: bisogna attendere i colloqui di domani tra El Baradei e le autorità iraniane.

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DOLORE E COMMOZIONE PER LA MORTE DELLE

DUE GEMELLE SIAMESI IRANIANE

- Intervista con p. Joseph Gallagher -

 

Un ringraziamento per quanti, anche con messaggi da tutto il mondo, hanno offerto loro sostegno: è l’ultimo messaggio delle sorelle siamesi iraniane morte questa mattina a distanza di alcune ore l’una dall’altra. Lo avevano affidato alla lettera consegnata al Raffles Hospital di Singapore che ha tentato il delicato intervento della separazione. Ladan e Laleh Bijani, nate unite per la testa, erano entrate in camera operatoria, nella sezione che l’ospedale aveva realizzato espressamente per l' intervento, domenica, quando in Italia erano le quattro del mattino, con la previsione minima di durata di 48 ore. La notizia ha suscitato dolore e commozione anche in tutti coloro che hanno seguito attraverso i media la vicenda. Al microfono di Fausta Speranza ascoltiamo la riflessione di P. Joseph Gallagher, docente di Teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma.

 

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R. – Per prima cosa provo certamente un senso di dolore. La prima riflessione etica è una riflessione sulla tragedia. Rispetto al massimo il coraggio delle due donne e penso che la loro scelta di fare l’intervento sia stata una scelta morale molto coraggiosa. Mi dispiace molto che l’intervento non sia riuscito.

 

D. – Dal punto di vista teologico-morale, padre, ha da dirci qualcosa?

 

R. – Dal punto di vista morale mi sembra che l’intervento non crei difficoltà. Era un intervento molto delicato, ma tutte e due si sono preparate bene. Ho letto nei giornali che si sono preparate per 6-9 mesi. I medici erano certamente all’altezza. L’équipe e le due donne erano consapevoli delle possibili conseguenze dell’intervento. La scelta, dunque, di fare l’intervento non mi sembra crei problemi etici.

 

D. – Le due donne hanno lasciato scritta una lettera di ringraziamento per quanti le hanno sostenute, e aiutate e in questa lettera esprimono proprio la speranza di una nuova vita …

 

R. – Forse si deve leggere questa parola “nuova vita” in senso analogico. Mi spiego: nuova vita significa nuova vita come due donne indipendenti. Erano legate, come sappiamo. Ma nuova vita anche nel senso che erano persone distinte, anche se legate. Penso, quindi, che la nuova vita non era solo intesa come vita fisica, ma anche come vita spirituale e trascendentale, secondo la loro religione.

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CHIESA E SOCIETA’

8 luglio 2003

 

 

 

UN APPELLO AI GOVERNI PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI DEI ROM.

SI É CONCLUSO IERI A BUDAPEST IL CONGRESSO DEDICATO ALLA PASTORALE

PER GLI ZINGARI. LA CHIESA CHIAMATA A DENUNCIARE PREGIUDIZI E DISCRIMINAZIONI

 

BUDAPEST. =  Con un appello ai governi per il pieno riconoscimento dei diritti dei Rom e delle loro libertà fondamentali si è concluso ieri a Budapest lo speciale Congresso dedicato alla pastorale per gli zingari, promosso dal Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti in collaborazione con la Conferenza episcopale d'Ungheria. Nella sede dell'Università Cattolica Peter Pazmani, si sono dati appuntamento più di 200 congressisti di 26 Paesi europei ed extraeuropei, fra i quali è stato consistente il numero di  sacerdoti, di religiosi e di laici zingari. Al termine dei loro lavori, i congressisti hanno diffuso un documento nel quale viene richiesto l'impegno dei governi a garantire i diritti di cittadinanza e di alloggio, dai quali deriva in buona parte il miglioramento delle condizioni di salute, di educazione, di scolarizzazione e di sviluppo economico e culturale dei Rom. I congressisti chiedono poi alla Chiesa,  guardata con fiducia come madre e maestra, “chiamata a sostenere l'impegno pastorale a favore dei Rom nell'intero pianeta, nella coscienza dei legami profondi che uniscono  l'evangelizzazione alla promozione umana”, di denunciare ingiustizie, pregiudizi, discriminazioni, indifferenza egoistica di cui sono spesso vittime i gruppi zingari. (M.D.)

 

 

PUBBLICATO IN CINQUE LINGUE IL SITO INTERNET DELLA PROSSIMA GIORNATA

MONDIALE DELLA GIOVENTÙ. ALL’INTERNO DEL PORTALE IL PROGRAMMA

DELLA MANIFESTAZIONE CHE SI SVOLGERÀ A COLONIA DAL 16 AL 21 AGOSTO 2005

 

ROMA. = Disponibile in cinque lingue, è stato pubblicato il sito internet ufficiale della prossima Giornata mondiale della gioventù, che si terrà a Colonia, in Germania, dal 16 al 21 agosto 2005. Il Pontificio consiglio per i laici, ha già diffuso attraverso il portale – l’indirizzo è www.wyd2005.org - l’elenco degli avvenimenti previsti. Le giornate avranno inizio il pomeriggio di martedì 16 agosto con una messa celebrata dall’arcivescovo di Colonia. La Via Crucis avrà luogo, come di consueto, il venerdì, e la veglia con il Papa, il sabato. La conclusione delle giornate è fissata per domenica 21 con la celebrazione eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II. Durante tutte le giornate, i giovani avranno la possibilità di accostarsi al sacramento della Riconciliazione, mentre dal 16 al 19 si svolgerà il “Festival della gioventù”, con danze, musica, cultura nelle piazze di Colonia. Il logo ufficiale della Giornata comprende una croce - che domina in posizione centrale - una stella, la coda della cometa, la rappresentazione stilizzata della cattedrale, l’arco ellittico. Dall’11 al 15 agosto, intanto, le diocesi tedesche promuoveranno momenti d’incontro e di accoglienza per i giovani provenienti dall’estero. (M.D.)

 

 

OLTRE 1200 DELEGATI, PROVENIENTI DA 40 PAESI EUROPEI,

PARTECIPERANNO AL SIMPOSIO SU “UNIVERSITÀ E CHIESA IN EUROPA”,

IN PROGRAMMA A ROMA DAL 17 AL 20 LUGLIO, IN COINCIDENZA CON L’INIZIO

DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DELL’UNIONE EUROPEA

 

ROMA. = Università e Chiesa in Europa. È questo il tema di un importante simposio internazionale promosso dal Consiglio delle conferenze episcopali europee e dalla Cei, in collaborazione con il Ministero dell’università e della ricerca scientifica italiano. L’evento, che si colloca all’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, si svolgerà dal 17 al 20 luglio presso la Pontificia Università Lateranense e avrà luogo proprio nell’ambito delle celebrazioni dei settecento anni di fondazione dell’università “La Sapienza” di Roma, che hanno già avuto un momento importante nel conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza a Giovanni Paolo II. Parteciperanno al simposio 1200 delegati - fra professori, studenti e cappellani delle università statali, private e pontificie - di 40 Paesi europei, guidati da circa 50 rettori e da 30 vescovi di diocesi con sedi universitarie. La cerimonia inaugurale è prevista per giovedì 17 luglio alle ore 15, con interventi, tra gli altri, di Giuseppe D’Ascenzo, rettore della Sapienza, e del ministro Letizia Moratti. L’introduzione dei lavori è affidata al presidente del Ccee, Amedée Grab, mentre la prolusione su “Università e Chiesa in Europa: in dialogo per la nuova civiltà” spetterà al cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca. Quindi, Walter Schwimmer, segretario generale del Consiglio d’Europa, parlerà di “Dinamiche e identità culturale dei popoli europei”, Eric Froment, presidente della European University Association interverrà su “L’università in Europa” e Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale italiana concluderà col tema “Verso una costituzione europea”. La giornata di venerdì 18 luglio vedrà l’incontro dei rettori delle università europee, e quello dei vescovi europei, oltre a 19 seminari di studio su 4 grandi aree tematiche: la persona umana, la visione delle scienze, creatività e memoria, la città dell’uomo. Sabato 19, il simposio si trasferirà a Castel Gandolfo per l’udienza speciale con il Papa e al Centro Mariapoli, per alcuni momenti culturali e ricreativi. Domenica 20, luglio la celebrazione eucaristica nella Basilica di S. Giovanni in Laterano concluderà i lavori. (M.D.)  

 

 

UN CONCORSO DI POESIA PER PROMUOVERE LA CREATIVITÁ LIRICA

IN UNA PROSPETTIVA SPIRITUALE. APERTE A MADRID LE ISCRIZIONI

PER IL PREMIO MONDIALE DI POESIA MISTICA DELLA FONDAZIONE “FERNANDO RIELO”

 

MADRID. = Promuovere la creatività lirica in una prospettiva spirituale. È questa la caratteristica saliente del Premio mondiale di poesia mistica, per il quale la fondazione “Fernando Rielo” di Madrid ha aperto le iscrizioni. Il regolamento prevede testi in spagnolo o inglese, oppure tradotti in queste due lingue, da un minimo di 600 versi ad un massimo di 1300, che dovranno pervenire entro il 15 ottobre prossimo. Nato a Madrid il 28 agosto del 1923, Fernando Rielo ha fondato  nel 1959 a Tenerife la Asociación de Cristo Redentor de Misioneros y Misioneras Identes, fondazione cattolica a carattere universitario che attualmente opera in 21 nazioni. Successivamente, ha dato vita alla Juventud Idente, che fa appello alla solidarietà fra ogni razza e cultura, e alla Escuela Idente (Istituto Superiore di Scienze e Lettere). Il termine “Idente”, neologismo ricorrente nel suo linguaggio, si compone di “id”, imperativo del verbo spagnolo “ir” (andare), e della desinenza “ente” del participio latino, e significa procedere verso un’unione permanente con Cristo. Questo è il principio mistico che anima ogni iniziativa umanitaria e letteraria di Rielo, come nel caso specifico della fondazione che porta il suo nome. Creata nel 1981, essa promuove la diffusione della poesia mistica nel mondo, principalmente attraverso corsi, premi letterari e pubblicazioni di poesia. (M.D.)

 

 

ELETTO DAL CAPITOLO GENERALE DEGLI SCOLOPI IL NUOVO SUPERIORE GENERALE.

E’ PADRE JESÚS MARÍA LECEA SÁINZ, 62.ENNE SPAGNOLO

 

ROMA. = Il capitolo generale dei Padri scolopi, riunito in questi giorni a Roma, ha eletto ieri il nuovo superiore generale. Si tratta di padre Jesús María Lecea Sáinz, che avrà la responsabilità dell’Istituto fondato da San Giuseppe Calasanzio, per il prossimo sessennio 2003-2009. Spagnolo, originario della Navarra, succede a padre Josep Maria Balcells Xuriach, che è stato superiore generale durante 18 anni. Padre Lecea Sáinz è stato ordinato sacerdote nel 1965 e ha conseguito sia a Roma che a Madrid prestigiosi titoli accademici. Per l’Istituto era stato precedentemente assistente generale, dal 1985 al 1997, e incaricato delle missioni in Africa e Asia, responsabilità che ha svolto sempre con grande attenzione e sollecitudine. Dal 1997, ricopre la carica di presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose spagnoli, di cui è infaticabile animatore. (M.A.)

 

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24 ORE NEL MONDO

8 luglio 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il presidente americano, George Bush, è atterrato stamani all'aeroporto di Dakar, in Senegal, per la prima tappa del suo viaggio nel Continente nero. Nell’isola senegalese di Gorée, punto di partenza nel XVIII e nel XIX secolo di molti africani, come schiavi,  per l’America e meta del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nel 1992, il Capo di Stato statunitense pronuncerà oggi un discorso sulla schiavitù cercando di riscattare quello che il consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleeza Rice, definisce “l'errore originale dell'America”. Temi chiave della missione del presidente Bush, che domani proseguirà il suo viaggio in Sudafrica,  sono le crisi in Liberia e in Congo, la lotta all’Aids, alla fame, al terrorismo, e i programmi di sviluppo per rilanciare l’economia africana.

 

Resta sempre critica, purtroppo, la situazione in Liberia, Paese sconvolto dalla guerra civile. Ieri il Tribunale speciale per la Sierra Leone ha emesso un mandato d’arresto internazionale contro il presidente liberiano, Taylor, con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità. Sulla situazione del Paese liberiano è intervenuto l’arcivescovo di Monrovia, mons. Francis. Ascoltiamo in proposito il servizio di Giulio Albanese:

 

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Mons. Michael Francis, arcivescovo di Monrovia ha dichiarato ieri, chiaro e tondo, che se il presidente liberiano Charles Taylor se ne andasse dalla capitale prima dell’arrivo di un contingente internazionale di pace, militari governativi e ribelli riprenderebbero le ostilità in una lotta senza quartiere, con il risultato di peggiorare la già drammatica situazione in una città dove oltre un milione di persone si trovano già a fare i conti con una catastrofe umanitaria. Mons. Francis ha dunque fatta sua la decisione dei 15 Paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale, l’Ecowas, che hanno stabilito l’invio di 3 mila soldati, ma che hanno ripetutamente chiesto agli Stati Uniti di assumere un ruolo di leadership nell’operazione di peacekeeping in Liberia. Da alcuni giorni, intanto, nelle vie della capitale non si spara, ma continuano i saccheggi e le violenze da parte sia dei soldati governativi, che dei ribelli rimasti in città in gran parte bambini soldato allo sbando e armati di Kalashnikov.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Restiamo in Africa da dove arriva, purtroppo, una drammatica notizia. Nell’area nord orientale del Sudan, un  incidente aereo ha provocato la morte di almeno 115 persone. L’aereo, diretto a Karthoum, si è schiantato al suolo poco dopo il decollo, avvenuto questa mattina all’alba dall’aeroporto di Port Sudan, sul Mar Rosso. Un bambino di due anni è l’unico sopravvissuto del disastro aereo. Le autorità sudanesi escludono che sia stato un atto di sabotaggio a causare l'incidente, anche se non è stata ancora fornita una ricostruzione precisa dell'accaduto.

 

In Nigeria si è concluso oggi lo sciopero nazionale contro l’aumento del prezzo dei carburanti. I leader della principale forza sindacale del Paese, il Congresso nigeriano del lavoro (Ncl), hanno dichiarato che sospendono la protesta per alleviare le sofferenze che i nigeriani hanno dovuto affrontare in questi giorni.

 

Nuovi scontri in Burundi tra l’esercito e i ribelli hutu. Almeno 28 persone, tra cui 17 miliziani e due soldati, sono state uccise ieri nel corso di  un’offensiva sferrata, nel sud di Bujumbura, da ribelli hutu delle Forze nazionali di liberazione (Fnl).

 

Spostiamoci in Iraq dove altri tre militari americani sono stati uccisi nelle ultime 24 ore, a causa dell’intensificarsi degli attacchi della guerriglia. Il presidente statunitense Bush sta ora prendendo in considerazione, un intervento della Nato. Continuano intanto i presunti messaggi di Saddam Hussein al popolo iracheno. “La vittoria è vicina. Non permettete alle forze di occupazione di restare sul vostro territorio”. Sono queste le parole, apparentemente dell’ex rais, registrate su una cassetta audio trasmessa oggi dalla Tv libanese Al-Hayat Lbc. Sul tema delle armi di distruzione di massa è intervenuto oggi, di fronte alla commissione della Camera dei Comuni, il primo ministro britannico Tony Blair. “Non ho alcun dubbio - ha detto - che alla fine verranno trovate le armi di distruzioni di massa di Saddam”. Sulla situazione del Paese arabo, ascoltiamo il servizio di Maurizio Pascucci:

 

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Salgono così a 73 le vittime americane, dalla conclusione della guerra. Il generale Richard Mayers indica il triangolo compreso tra Baghdad, Tikriti e Ramadi, come la zona in cui si consumano la stragrande maggioranza degli attentati anti-americani, ma proprio a Baghdad si è tenuto ieri l’incontro inaugurale del nuovo consiglio cittadino, composto di 37 membri. Con la costituzione dell’organismo tutte le maggiori città irachene hanno ora una struttura di governo locale. Per il massimo funzionario amministrativo americano, che ha preso parte all’incontro, Paul Bremer, si sarebbe trattato di un evento storico. Così si è rivolto ai partecipanti:

 

“TODAY IS A VERY IMPORTANT DAY ...”

E’ un giorno estremamente importante in Iraq, forse il più importante dal 9 aprile, quando le forze della coalizione vi hanno liberato dalla dittatura di Saddam Hussein. Oggi si celebra il ritorno di un sistema democratico a Baghdad, dopo 30 anni.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

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In Iran, dopo le contestazioni degli studenti, è la questione nucleare ad attirare l’attenzione sul Paese. Nella capitale iraniana giungerà, domani, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Mohammed El Baradei. Un incontro, questo, che giunge all’indomani della conferma, da parte del governo di Teheran, di aver effettuato alcune settimane fa una prova del potente missile balistico Shahab 3.

 

Trasferiamoci in Medio Oriente. E’ stato rivendicato da un gruppo locale di Jenin della Jihad islamica palestinese l’attentato, avvenuto nella scorsa notte a nord di Tel Aviv, che ha causato la morte di una donna israeliana e dell’attentatore suicida. Ma questi isolati atti di terrorismo non sembrano fermare, per fortuna, il dialogo israelo-palestinese. Ieri infatti si sono tenuti due incontri, a livello ministeriale, fra i primi ministri Sharon ed Abu Mazen, che dovrebbero rivedersi nei prossimi giorni. Ascoltiamo per i particolari il servizio di Graziano Motta:

 

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Il primo incontro dedicato al problema della liberazione dei prigionieri che i palestinesi considerano prioritario, ma che in Israele incontra fortissime resistenze. Il ministro della giustizia ha spiegato che non è realistico chiedere la scarcerazione di tutti gli attivisti di Hamas e della Jihad, anche di quelli che hanno compiuto cruenti attentati. Solo qualche giorno fa il loro esponente, Abdel Aziz Ramtisi, ha detto alla televisione che “la guerra, per la distruzione dello Stato ebraico, riprenderà dopo la tregua”. E d’altra parte il ministro palestinese, Abdel Razak, ha insistito nel sostenere che la mancata liberazione avrà conseguenze nefaste sul processo di pace. L’altro incontro è stato dedicato ai provvedimenti per eliminare le incitazioni all’odio e alla violenza nei programmi della televisione governativa palestinese e nelle strade di Gaza.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Bandiere a mezz’asta e spettacoli sospesi a Mosca dove si ricordano le vittime dell’attentato di sabato scorso al Festival rock di Tushino. Il bilancio della strage è di 15 morti e 38 feriti, 8 dei quali ancora in rianimazione.

 

In Messico il presidente Fox, riconoscendo la sconfitta alle legislative di domenica scorsa, si è detto comunque pronto a collaborare con il Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) per portare a termine le riforme politiche ed economiche promesse.

 

 

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