RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 189 - Testo della
Trasmissione di martedì 8 luglio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Pubblicato il sito
internet con il programma della Giornata mondiale della Gioventù di Colonia
E’ iniziato oggi, con l’arrivo in Senegal, il
viaggio del presidente americano, George Bush, in Africa
Tragedia
in Sudan: morte, in un incidente aereo almeno 115 persone
La
tv libanese “Al-Hayat Lbc” ha trasmesso oggi un presunto nuovo messaggio di
Saddam Hussein, in cui l’ex rais dichiara che “la vittoria è vicina”
Rivendicato
dalla Jihad islamica palestinese l’attentato avvenuto, nella scorsa notte, a
nord di Tel Aviv.
8
luglio 2003
SACERDOTI E MISSIONARI CON NEL CUORE
L’ANELITO ALLA PERFEZIONE EVANGELICA.
COSI’
IL PAPA AI SACERDOTI MISSIONARI DELLA REGALITA’ DI CRISTO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Testimoniare la vocazione al sacerdozio con la radicalità
tipica della professione religiosa: attraverso la professione dei voti, lo
stile di una fraternità sacerdotale e una spiccata tensione missionaria. Sono
le caratteristiche dell’Istituto secolare dei Sacerdoti missionari della
regalità di Cristo, ricevuti questa mattina da Giovanni Paolo II, in occasione
del loro 50.mo di fondazione. Nato il 4 ottobre 1953 per opera di padre
Agostino Gemelli nella Chiesa di S. Damiano in Assisi, l’Istituto - ha detto il
Papa, citandone le Costituzioni - si ispira a S. Francesco nel vivere “il
ministero presbiterale secondo il modello di vita che Cristo additò ai suoi
primi discepoli, invitandoli a lasciare tutto per lui e per il Vangelo”.
“Proseguite in questo impegnativo, ma liberante
itinerario ascetico e apostolico, rendendo grazie al Signore ogni giorno per il
ministero presbiterale, dono e mistero di amore divino”.
Festeggiare un anniversario, ha detto il Pontefice,
significa ringraziare Dio per i “tanti frutti di bene maturati fino ad oggi”,
ma anche confidare in Lui “per ripartire con rinnovato slancio missionario,
annunciando il Vangelo agli uomini e allo donne del terzo millennio”. A questo
proposito, rivolgendosi ai 150 rappresentanti di un Istituto oggi diffuso in
Europa, Africa e America Latina, Giovanni Paolo II li ha invitati ad essere
“maestri della perfezione evangelica” e a conservare
“vivo il carisma del fondatore, adattandolo alle mutate situazioni sociali e
culturali della nostra epoca”. Il vostro servizio ecclesiale “sarà fruttuoso -
ha soggiunto - se vi manterrete in contatto constante con Cristo nella
preghiera, e se coltiverete sempre più la comunione con il Vescovo e con il
collegio dei presbiteri delle Diocesi alle quali appartenete”:
“Siate missionari pieni di
zelo e di generosa dedizione ai fratelli. L'anelito per l'evangelizzazione vi
spinga a un apostolato che non conosca frontiere. Come scrivevo
nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, il dono
spirituale ricevuto dai presbiteri nell’ordinazione 'non li prepara ad una
missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di
salvezza, fino agli estremi confini della terra'”.
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LA
GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETA’ CONDIZIONE PERCHE’
LA
GLOBALIZZAZIONE NON SIA UN SUICIDIO PER I POVERI
COSI’
IL CARDINALE RODRIGUEZ MARADIAGA IN APERTURA ALL’ASSEMBLEA
DELLA
CARITAS INTERNAZIONALIS
“La globalizzazione economica senza la
globalizzazione della solidarietà è un suicidio per i poveri e perciò per la
maggioranza dell’umanità”. Sono parole
forti quelle pronunciate dal cardinale dell’Honduras, Oscar Andrei Rogriguez Maradiaga,
arcivescovo di Tegucigalpa, nella relazione fondamentale svolta ieri
all’assemblea generale della Caritas Internazionalis. Una relazione che ha approfondito
“la globalizzazione della solidarietà”
nei suoi molti aspetti: etici, teologici, aprendo nuove prospettive sul
fronte dell’economia e dello sviluppo integrale dei popoli. La sua relazione ha
tracciato le piste di lavoro per i 400 delegati rappresentanti di ben 154
Paesi, convenuti a Roma: globalizzare la solidarietà per favorire l’autodeterminazione dei popoli; per l’uso
equo delle risorse universali; scelta preferenziale per i poveri; bene comune.
Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli.
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“Se non si attua la
globalizzazione della solidarietà, tutti gli altri aspetti della
globalizzazione ci distruggeranno”. E’ questa la ferma convinzione del cardinale
Maradiaga. A conferma cita il Papa quando per la prima volta prospettò questa dimensione della globalizzazione, in occasione del Sinodo per
l’America. “Fu capace di guardare al di là della storia – ha detto il porporato
honduregno, quando ha dimostrato che una globalizzazione senza valori è una
globalizzazione indegna dell’uomo”. “Non possiamo continuare ad essere ciechi –
ha aggiunto. Non stiamo andando semplicemente verso una globalizzazione dei
mercati, cioè verso la concentrazione di ricchezza, ma stiamo andando anche
verso la globalizzazione della povertà, il che significa accettare che per i
poveri la speranza sia morta”. “Ciò che è moralmente falso, - ha continuato il
porporato - non può essere
economicamente corretto.” “L’attuale situazione mondiale ci porterà a scegliere
tra la nostra autodistruzione, e il recupero di speranze certe, quelle che
fioriscono al ritmo del Vangelo”. E qui ha richiamato le parole forti
dell’ultimo giudizio: “tutto ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei
fratelli, l’avete fatto a me”.
Il cardinale scende al concreto.
Chiede coraggio sia a livello personale che collettivo. La “solidarietà
nell’azione personale, che significa prossimità e sostegno, è essenziale – ha
affermato - per aiutare a riconquistare
l’autostima e l’identità perse nei processi di impoverimento ed esclusione”.
Antidoto “alla povertà che provoca
emarginazione, può essere solo la
prossimità che crea una calda atmosfera accogliente”. “La logica del dono è
quella che guarisce l’anima distrutta o indebolita dalla emarginazione”.
La relazione affronta i
necessari cambiamenti di mentalità, l’universo dei valori culturali, l’area
dell’azione socio politica. “Occorre
diffondere la sensibilità alla solidarietà tra intere popolazioni – afferma
ancora il cardinale Maradiaga - per fare così
pressione sui centri di potere per trasformare i meccanismi di sfruttamento
in nuovi sistemi a favore dello sviluppo umano di tutti”.
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SI E’ SPENTO IERI POMERIGGIO IN LIBANO, DOVE ERA
RICOVERATO DA TEMPO,
IL
PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI, RAPHAEL I BIDAWID.
LE
ESEQUIE DEL CAPO DELLA CHIESA IRACHENA
SI
TERRANNO SABATO 12 LUGLIO, A BEIRUT
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Aveva assistito da lontano, dal Libano, all’offensiva
messa in campo nella sua terra dalle forze angloamericane per rovesciare Saddam
Hussein. La malattia che lo aveva colpito gli aveva impedito di vivere questo
capitolo in prima linea, dove era stato e dove certamente avrebbe voluto
essere, accanto alla sua gente e alla sua Chiesa, che per anni lo aveva avuto
come pastore nei momenti difficili dell’isolamento internazionale. E nel Libano
è morto ieri pomeriggio, all’età di 81 anni, il Patriarca di Babilonia dei
Caldei, l’arcivescovo Raphael I Bidawid.
Nell’apprendere
la notizia della scomparsa del presule, Giovanni Paolo II ha subito fatto
pervenire un telegramma alle autorità del Patriarcato, inviando la sua “affettuosa
benedizione apostolica” ed esprimendo il proprio dolore per la scomparsa di
un’”illustre” figura che “da lungo tempo esercitava il ministero sacerdotale,
quindi episcopale e patriarcale al servizio della Chiesa cattolica caldea”.
Nato a Mossul,
nel nord dell’Iraq, il 17 aprile 1922, il futuro patriarca iracheno compie gli
studi filosofici e teologici nel Pontificio Collegio di Propaganda Fide. Ordinato
sacerdote in una Roma segnata dalle macerie della guerra, il 22 ottobre 1944,
il futuro capo della Chiesa irachena torna in patria, dove insegna nel
Seminario Patriarcale Caldeo di Mossul fino alla morte del Metropolita di Kerkuk,
nel ‘56, quando viene nominato amministratore patriarcale di quella sede.
L’anno successivo, viene eletto vescovo di Amadiyah per poi venire trasferito
alla sede di Beirut dei Caldei. Il 21 maggio 1989 viene eletto Patriarca di
Babilonia dei Caldei e Giovanni Paolo II gli concede la “ecclesiastica
communio”. I problemi di salute si aggravano lo scorso anno e il 5 dicembre
2002, il Patriarca lascia l’Iraq per ricoverarsi in Libano. Non riuscirà più a
riprendersi fino alla fine, sopraggiunta nell’ospedale libanese di Bhannès. I
funerali di mons. Bidawid saranno celebrati sabato 12 luglio, alle ore 16,
nella Cattedrale caldea di Beirut. Alle esequie parteciperà il cardinale Ignace
Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
La
responsabilità della Chiesa irachena ha coinciso per mons. Bidawid con il
pesante periodo dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite a Baghdad, subito dopo
l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, nel ’90. Un periodo che ha
segnato duramente le sorti della popolazione irachena, in favore della quale il
Patriarca ha levato più volte degli appelli nel corso degli anni. Vi
riproponiamo la sua voce - che descrive le condizioni del suo Paese sotto le
sanzioni Onu - in una registrazione del 1992:
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Si può
dire veramente che il nostro popolo viva una situazione tragica, in miseria e
nell’indigenza più assoluta, per mancanza di medicinali e di viveri. Di conseguenza,
anche il costo della vita è aumentato in maniera impossibile. Non è più alla
portata del comune cittadino.
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Da
Libano ci viene anche un primo ricordo del presule. Roberto Piermarini ha
contattato telefonicamente poco fa il vescovo caldeo di Beirut, Michel Kassarji:
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R. -
Era una figura che, conoscendola, colpiva tutti. Era vescovo da 44 anni, aveva
partecipato al Concilio Vaticano II ed era membro del Consiglio patriarcale in
Libano. Dunque, è una perdita piuttosto grave in questo momento. Girava da
13-14 anni più o meno la Chiesa caldea in Iraq. Passava dei momenti duri. C’era
la guerra, come sapete, e l’embargo contro l’Iraq. Quindi, la sua presenza era
piuttosto importante.
D. – Mons. Bidawid ha trascorso gli ultimi giorni della
sua vita in Libano. Che cosa diceva dell’ultima guerra in Iraq, che lui non ha
potuto vivere personalmente a Baghdad?
R. – Amava l’Iraq, ma purtroppo la sua malattia era grave.
Ecco perché lo hanno trasferito in Libano, dove ha passato lì più o meno 6 o 7
mesi. Quando c’era una chiamata dall’Iraq, da qualsiasi persona, vescovi o
sacerdoti, lui ascoltava attentamente e voleva sapere qual era la situazione
dei preti, dei vescovi e dei fedeli.
D. – Per il suo successore bisognerà attendere il Sinodo
caldeo?
R. – Sì, speriamo che nel prossimo Sinodo - è in programma
il mese prossimo, anche se ancora non sappiamo con precisione la data - i
vescovi caldei eleggano un altro vescovo. Sarà un patriarca che dovrà
rappresentare veramente la popolazione caldea in tutto il mondo. Per noi sarà
un bene.
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ERRATA CORRIGE
Rettifichiamo le cifre sul collegio cardinalizio
riportate ieri in calce alla notizia sulla scomparsa del cardinale arcivescovo
di Caracas, Ignacio Antonio Velasco García. Il numero del collegio risulta così
composto: 166 cardinali, dei quali 109 elettori e 57 non elettori.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La situazione in Medio Oriente
apre la prima pagina: gli Usa chiedono ad Israele e all'Autorità palestinese di
accelerare il processo di pace.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre per la morte del Patriarca di Babilonia dei Caldei.
Nelle vaticane, nel discorso ai
Sacerdoti Missionari della Regalità di Cristo, Giovanni Paolo II ha esortato a
riconoscere nella tensione alla santità la priorità della propria esistenza.
Tre pagine dedicate al
viaggio apostolico del Papa in Croazia compiuto un mese fa.
Nelle pagine estere, in Iraq i
continui attacchi rendono sempre più precarie le condizioni di sicurezza.
Appello dell'Arcivescovo di
Monrovia perché sia tempestivamente inviata nella travagliata Liberia
una Forza di pace.
Nella pagina culturale, un
articolo di Mario Spinelli sulla mostra "Giuseppe Zanardelli: il coraggio
della coerenza", allestita al Vittoriano di Roma.
Nell' "Osservatore
libri", un contributo di Sergio Pagano sul volume "Consegnare la
memoria. Manuale di Archivistica ecclesiastica".
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema della pensioni e la questione dell'indultino.
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8
luglio 2003
LE
STRATEGIE GLOBALI PER LA LOTTA ALLA POVERTA’ E ALLA FAME
IN
PRIMO PIANO NEL RAPPORTO 2003 DELL’ONU SULLO SVILUPPO UMANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Le
azioni politiche contro la povertà al centro del Rapporto sullo sviluppo umano
del 2003, diffuso oggi, in Italia, all’Unioncamere di Roma. Il documento,
stilato dall’Undp (il programma per lo sviluppo umano dell’Onu) analizza in profondità
la questione dello sviluppo dal punto di vista sociale, economico e culturale.
Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti il sottosegretario italiano
agli Esteri, Mario Baccini, il coordinatore della compagna per lo sviluppo delle
Nazioni Unite, Eveline Herfkens, e numerosi esponenti delle Ong italiane. Per
noi, c’era Alessandro Gisotti:
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Nonostante
le promesse fatte dalle nazioni ricche di eliminare la povertà estrema, i Paesi
in via di sviluppo necessitano di maggiori aiuti, scambi commerciali più equi e
significative riduzioni del debito. Il rapporto sullo sviluppo umano 2003,
dell’Undp non lascia spazio a dubbi. Se il nord del mondo non manterrà gli
impegni assunti al Vertice del Millennio, il traguardo del dimezzamento della povertà,
entro il 2015, non verrà raggiunto. Il rapporto, che classifica i 173 Paesi in
base al loro livello di sviluppo socio-economico, suona dunque il campanello
d’allarme. Più di 1 miliardo di persone avverte, vive, o meglio, sopravvive con
meno di un dollaro al giorno e sono 800 milioni gli esseri umani che soffrono
di fame cronica.
Drammatica
la situazione sotto il profilo sanitario: in gran parte dei Paesi poveri, ogni
anno, mezzo milione di donne muore in gravidanza o durante il parto.
Nell’ultimo decennio 13 milioni di bambini sono morti per malattie diarroiche,
mentre la pandemia dell’Aids continua a diffondersi in modo incontrollato. Nel
solo 2001 più di 14 milioni di bambini hanno perso un genitore a causa del terribile
virus. Il rapporto sottolinea così che, nonostante la consistente crescita
globale, durante gli anni ’90, 54 Paesi in via di sviluppo hanno sofferto una
riduzione del proprio reddito medio.
Significativi
i dati offerti dall’indice di sviluppo umano, misura composita che prende in
esame diversi parametri, come l’aspettativa di vita, l’istruzione ed il reddito
pro capite. Rispetto all’anno scorso, il primo e l’ultimo posto sono rimasti
invariati, rispettivamente Norvegia e Sierra Leone. L’Australia è quarta, gli
Stati Uniti settimi, il Giappone noni, l’Italia ventunesima. Quasi tutti i
Paesi a basso sviluppo umano si trovano nell’Africa Subsahariana, 30 su un
totale di 34. In quest’area è propria la devastante diffusione dell’Hiv ad
essere responsabile del declino dell’indice di sviluppo umano. D’altro canto,
negli ultimi anni circa metà dei Paesi dell’America Latina e dei Carabi hanno
registrato una riduzione o stagnazione del proprio reddito.
Non
manca tuttavia qualche buona notizia: Benin, Ghana, Rwanda, Senegal e Uganda
hanno migliorato in maniera significativa le proprie posizioni. Lo stesso vale
per Bangladesh, Cina, Nepal e Tailandia. In Sud America, il Brasile ha segnato
un forte balzo in avanti nella speciale classifica grazie soprattutto agli
sforzi compiuti sul fronte dell’istruzione. L’Onu identifica in particolare 59
Stati nei quali, senza interventi urgenti, gli obiettivi di Sviluppo del
Millennio non potranno essere ottenuti. Si tratta di nazioni con problemi
endemici, 24 di questi Paesi hanno un’alta incidenza di casi di Aids, 13 sono
coinvolti in conflitti armati e 31 presentano debiti esteri elevati. In tale
contesto, il rapporto presenta un “patto di sviluppo” che esorta i Paesi ricchi
ad impegnarsi seriamente per smantellare sussidi al commercio e dazi in vista
di una situazione più equilibrata, quindi cancellare il debito insostenibile
che strozza l’economia dei Paesi poveri e ancora creare un accesso migliore al
progresso tecnologico e infine aumentare il flusso degli aiuti secondo quanto
stabilito al vertice di Monterreyl del 2002. Secondo le nazioni Unite i
finanziamenti allo sviluppo devono raddoppiare fino a quota 100 miliardi di
dollari. Prima che sia troppo tardi.
Per la
Radio Vaticana, dall’Unioncamere di Roma, Alessandro Gisotti
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GLI
STUDENTI IRANIANI COMMEMORANO DOMANI
- Con
noi, il giornalista Anmad Rafat -
Si ritroveranno domani davanti alla sede dell'Onu a
Teheran gli studenti iraniani che nelle scorse settimane hanno dato vita alle
imponenti manifestazioni di protesta per chiedere più democrazia nel loro
Paese. L’occasione viene dal quarto anniversario della rivolta studentesca che,
il 9 luglio del 1999, portò ai più gravi scontri di piazza dalla rivoluzione
del 1979, poi repressi nel sangue. Per domani - giorno in cui nella capitale
iraniana arriverà anche il direttore dell'Agenzia Onu per l'energia atomica,
Mohamed El Baradei, per colloqui su questioni nucleari - le autorità iraniane
non hanno concesso alcuna autorizzazione a manifestare, neppure nelle
Università. Ma cosa chiedono gli studenti per l’Iran? Risponde Anmad Rafat,
giornalista di origine iraniana, già segretario della stampa estera in Italia,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. - Gli studenti chiedono soprattutto che le riforme
promesse sei anni fa dal presidente Khatami vengano attuate. I giovani, in una
lettera a firma di 106 leader studenteschi, hanno dato un ultimatum al
presidente. In sintesi hanno scritto: “riconosciamo la sua autorità. Abbiamo
sempre dialogato, ma questa è l’ultima volta che ci rivolgiamo a lei”. In Iran
il potere consta di due componenti: uno eletto, come il presidente Khatami, ed
uno non eletto, rappresentato dalle autorità religiose e da alcune istituzioni
come il Consiglio dei saggi, il Consiglio dei guardiani. Gli studenti non riconoscono
l’autorità della parte non eletta, dialogano solo con chi è stato scelto dal
popolo, ma ora dicono che il tempo per dialogare è scaduto. Pertanto -
affermano gli studenti - o si fanno le riforme o si va verso uno scontro
frontale tra la società ed il potere.
D. – Perché gli studenti
accusano il presidente Khatami di aver abbandonato la strada delle riforme?
R. – Perché in sei anni non ci sono state riforme. Gli
studenti nelle loro ultime manifestazioni, due settimane fa, hanno inventato un
soprannome per Khatami, la cui traduzione è ‘uomo dalle belle parole’. Lo
accusano di parlare molto bene, ma di non agire mai.
D. – Qual è oggi la situazione delle libertà in Iran?
R. – E’ abbastanza grave, soprattutto per quanto riguarda
gli studenti ed i giornalisti. Sono le due categorie più colpite. Dopo gli
scioperi delle ultime settimane, sono stati arrestati 4 mila studenti e 2 mila
a tutt’oggi si trovano in carcere. I leader del movimento di quattro anni fa,
del 9 luglio 1999, in gran parte sono ancora detenuti. Per quanto riguarda
invece la stampa, sono state chiuse 107 testate riformiste, negli ultimi anni;
11 giornalisti si trovano con condanne definitive in carcere; nelle ultime tre
settimane sono stati arrestati 15 giornalisti, di cui 2 sono stati rilasciati
stamani; 1600 giornalisti, in seguito alla chiusura forzata dei giornali da
parte dell’autorità giudiziaria, sono disoccupati e i pochi giornali
indipendenti che continuano ad uscire applicano una tale autocensura che praticamente
la loro presenza non si nota.
D. – Oggi si parla di riarmo nucleare iraniano. Teheran
alla fine accetterà le ispezioni dell’Aiea?
R. – Credo che la Repubblica islamica dell’Iran sia
costretta a trovare un compromesso con l’Agenzia di Vienna, perché altrimenti
rischia di interrompere il dialogo che ha stabilito qualche anno fa con
l’Unione europea. Pertanto credo che un compromesso si troverà. Non so però in
che termini possa essere questo compromesso: bisogna attendere i colloqui di
domani tra El Baradei e le autorità iraniane.
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DOLORE
E COMMOZIONE PER LA MORTE DELLE
DUE GEMELLE SIAMESI IRANIANE
-
Intervista con p. Joseph Gallagher -
Un
ringraziamento per quanti, anche con messaggi da tutto il mondo, hanno offerto
loro sostegno: è l’ultimo messaggio delle sorelle siamesi iraniane morte questa
mattina a distanza di alcune ore l’una dall’altra. Lo avevano affidato alla
lettera consegnata al Raffles Hospital di Singapore che ha tentato il delicato
intervento della separazione. Ladan e Laleh Bijani, nate unite per la testa, erano
entrate in camera operatoria, nella sezione che l’ospedale aveva realizzato espressamente
per l' intervento, domenica, quando in Italia erano le quattro del mattino, con
la previsione minima di durata di 48 ore. La notizia ha suscitato dolore e
commozione anche in tutti coloro che hanno seguito attraverso i media la
vicenda. Al microfono di Fausta Speranza ascoltiamo la riflessione di P. Joseph
Gallagher, docente di Teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma.
**********
R. – Per prima cosa provo certamente un senso di dolore.
La prima riflessione etica è una riflessione sulla tragedia. Rispetto al
massimo il coraggio delle due donne e penso che la loro scelta di fare
l’intervento sia stata una scelta morale molto coraggiosa. Mi dispiace molto
che l’intervento non sia riuscito.
D. – Dal punto di vista teologico-morale, padre, ha da
dirci qualcosa?
R. –
Dal punto di vista morale mi sembra che l’intervento non crei difficoltà. Era
un intervento molto delicato, ma tutte e due si sono preparate bene. Ho letto
nei giornali che si sono preparate per 6-9 mesi. I medici erano certamente
all’altezza. L’équipe e le due donne erano consapevoli delle possibili conseguenze
dell’intervento. La scelta, dunque, di fare l’intervento non mi sembra crei problemi
etici.
D. – Le due donne hanno lasciato scritta una lettera di
ringraziamento per quanti le hanno sostenute, e aiutate e in questa lettera
esprimono proprio la speranza di una nuova vita …
R. – Forse si deve leggere questa parola “nuova vita” in
senso analogico. Mi spiego: nuova vita significa nuova vita come due donne
indipendenti. Erano legate, come sappiamo. Ma nuova vita anche nel senso che
erano persone distinte, anche se legate. Penso, quindi, che la nuova vita non
era solo intesa come vita fisica, ma anche come vita spirituale e
trascendentale, secondo la loro religione.
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8
luglio 2003
UN APPELLO AI GOVERNI PER IL RICONOSCIMENTO DEI
DIRITTI DEI ROM.
SI É
CONCLUSO IERI A BUDAPEST IL CONGRESSO DEDICATO ALLA PASTORALE
PER
GLI ZINGARI. LA CHIESA CHIAMATA A DENUNCIARE PREGIUDIZI E DISCRIMINAZIONI
BUDAPEST. = Con un appello ai governi per il pieno riconoscimento dei diritti
dei Rom e delle loro libertà fondamentali si è concluso ieri a Budapest lo
speciale Congresso dedicato alla pastorale per gli zingari, promosso dal
Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti in collaborazione
con la Conferenza episcopale d'Ungheria. Nella sede dell'Università Cattolica
Peter Pazmani, si sono dati appuntamento più di 200 congressisti di 26 Paesi
europei ed extraeuropei, fra i quali è stato consistente il numero di sacerdoti, di religiosi e di laici zingari.
Al termine dei loro lavori, i congressisti hanno diffuso un documento nel quale
viene richiesto l'impegno dei governi a garantire i diritti di cittadinanza e
di alloggio, dai quali deriva in buona parte il miglioramento delle condizioni
di salute, di educazione, di scolarizzazione e di sviluppo economico e
culturale dei Rom. I congressisti chiedono poi alla Chiesa, guardata con fiducia come madre e maestra,
“chiamata a sostenere l'impegno pastorale a favore dei Rom nell'intero pianeta,
nella coscienza dei legami profondi che uniscono l'evangelizzazione alla promozione umana”, di denunciare
ingiustizie, pregiudizi, discriminazioni, indifferenza egoistica di cui sono
spesso vittime i gruppi zingari. (M.D.)
PUBBLICATO IN CINQUE LINGUE IL SITO INTERNET DELLA
PROSSIMA GIORNATA
MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ. ALL’INTERNO DEL PORTALE IL PROGRAMMA
DELLA
MANIFESTAZIONE CHE SI SVOLGERÀ A COLONIA DAL 16 AL 21 AGOSTO 2005
ROMA. = Disponibile in cinque lingue, è stato pubblicato
il sito internet ufficiale della prossima Giornata mondiale della gioventù, che
si terrà a Colonia, in Germania, dal 16 al 21 agosto 2005. Il Pontificio
consiglio per i laici, ha già diffuso attraverso il portale – l’indirizzo è www.wyd2005.org - l’elenco degli avvenimenti
previsti. Le giornate avranno inizio il pomeriggio di martedì 16 agosto con una
messa celebrata dall’arcivescovo di Colonia. La Via Crucis avrà luogo, come di
consueto, il venerdì, e la veglia con il Papa, il sabato. La conclusione delle
giornate è fissata per domenica 21 con la celebrazione eucaristica presieduta
da Giovanni Paolo II. Durante tutte le giornate, i giovani avranno la
possibilità di accostarsi al sacramento della Riconciliazione, mentre dal 16 al
19 si svolgerà il “Festival della gioventù”, con danze, musica, cultura nelle
piazze di Colonia. Il logo ufficiale della Giornata comprende una croce - che
domina in posizione centrale - una stella, la coda della cometa, la
rappresentazione stilizzata della cattedrale, l’arco ellittico. Dall’11 al 15
agosto, intanto, le diocesi tedesche promuoveranno momenti d’incontro e di
accoglienza per i giovani provenienti dall’estero. (M.D.)
OLTRE 1200 DELEGATI, PROVENIENTI DA 40 PAESI
EUROPEI,
PARTECIPERANNO
AL SIMPOSIO SU “UNIVERSITÀ E CHIESA IN EUROPA”,
IN
PROGRAMMA A ROMA DAL 17 AL 20 LUGLIO, IN COINCIDENZA CON L’INIZIO
DEL
SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DELL’UNIONE EUROPEA
ROMA. = Università e Chiesa in Europa. È questo il tema di
un importante simposio internazionale promosso dal Consiglio delle conferenze
episcopali europee e dalla Cei, in collaborazione con il Ministero
dell’università e della ricerca scientifica italiano. L’evento, che si colloca
all’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, si svolgerà
dal 17 al 20 luglio presso la Pontificia Università Lateranense e avrà luogo
proprio nell’ambito delle celebrazioni dei settecento anni di fondazione
dell’università “La Sapienza” di Roma, che hanno già avuto un momento
importante nel conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza a
Giovanni Paolo II. Parteciperanno al simposio 1200 delegati - fra professori,
studenti e cappellani delle università statali, private e pontificie - di 40
Paesi europei, guidati da circa 50 rettori e da 30 vescovi di diocesi con sedi
universitarie. La cerimonia inaugurale è prevista per giovedì 17 luglio alle
ore 15, con interventi, tra gli altri, di Giuseppe D’Ascenzo, rettore della
Sapienza, e del ministro Letizia Moratti. L’introduzione dei lavori è affidata
al presidente del Ccee, Amedée Grab, mentre la prolusione su “Università e
Chiesa in Europa: in dialogo per la nuova civiltà” spetterà al cardinale Karl
Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca. Quindi, Walter
Schwimmer, segretario generale del Consiglio d’Europa, parlerà di “Dinamiche e
identità culturale dei popoli europei”, Eric Froment, presidente della European
University Association interverrà su “L’università in Europa” e Cesare
Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale italiana concluderà
col tema “Verso una costituzione europea”. La giornata di venerdì 18 luglio
vedrà l’incontro dei rettori delle università europee, e quello dei vescovi
europei, oltre a 19 seminari di studio su 4 grandi aree tematiche: la persona
umana, la visione delle scienze, creatività e memoria, la città dell’uomo.
Sabato 19, il simposio si trasferirà a Castel Gandolfo per l’udienza speciale
con il Papa e al Centro Mariapoli, per alcuni momenti culturali e ricreativi.
Domenica 20, luglio la celebrazione eucaristica nella Basilica di S. Giovanni
in Laterano concluderà i lavori. (M.D.)
UN CONCORSO DI POESIA PER PROMUOVERE LA CREATIVITÁ
LIRICA
IN UNA
PROSPETTIVA SPIRITUALE. APERTE A MADRID LE ISCRIZIONI
PER IL
PREMIO MONDIALE DI POESIA MISTICA DELLA FONDAZIONE “FERNANDO RIELO”
MADRID. = Promuovere la creatività lirica in una
prospettiva spirituale. È questa la caratteristica saliente del Premio mondiale
di poesia mistica, per il quale la fondazione “Fernando Rielo” di Madrid ha
aperto le iscrizioni. Il regolamento prevede testi in spagnolo o inglese,
oppure tradotti in queste due lingue, da un minimo di 600 versi ad un massimo
di 1300, che dovranno pervenire entro il 15 ottobre prossimo. Nato a Madrid il 28 agosto del 1923, Fernando Rielo ha
fondato nel 1959 a Tenerife la
Asociación de Cristo Redentor de Misioneros y Misioneras Identes,
fondazione cattolica a carattere universitario che attualmente opera in 21
nazioni. Successivamente, ha dato vita alla Juventud Idente, che fa
appello alla solidarietà fra ogni razza e cultura, e alla Escuela Idente (Istituto
Superiore di Scienze e Lettere). Il termine “Idente”, neologismo ricorrente nel
suo linguaggio, si compone di “id”, imperativo del verbo spagnolo “ir”
(andare), e della desinenza “ente” del participio latino, e significa procedere
verso un’unione permanente con Cristo. Questo è il principio mistico che anima
ogni iniziativa umanitaria e letteraria di Rielo, come nel caso specifico della
fondazione che porta il suo nome. Creata nel 1981, essa promuove la diffusione
della poesia mistica nel mondo, principalmente attraverso corsi, premi
letterari e pubblicazioni di poesia. (M.D.)
ELETTO DAL CAPITOLO GENERALE DEGLI SCOLOPI IL
NUOVO SUPERIORE GENERALE.
E’
PADRE JESÚS MARÍA LECEA SÁINZ, 62.ENNE SPAGNOLO
ROMA.
= Il capitolo generale dei Padri scolopi, riunito in questi giorni a Roma, ha
eletto ieri il nuovo superiore generale. Si tratta di padre Jesús María Lecea
Sáinz, che avrà la responsabilità dell’Istituto fondato da San Giuseppe Calasanzio,
per il prossimo sessennio 2003-2009. Spagnolo, originario della Navarra,
succede a padre Josep Maria Balcells Xuriach, che è stato superiore generale
durante 18 anni. Padre Lecea Sáinz è stato ordinato sacerdote nel 1965 e ha
conseguito sia a Roma che a Madrid prestigiosi titoli accademici. Per
l’Istituto era stato precedentemente assistente generale, dal 1985 al 1997, e
incaricato delle missioni in Africa e Asia, responsabilità che ha svolto sempre
con grande attenzione e sollecitudine. Dal 1997, ricopre la carica di
presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose spagnoli, di cui è
infaticabile animatore. (M.A.)
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8
luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il presidente americano, George Bush, è atterrato stamani
all'aeroporto di Dakar, in Senegal, per la prima tappa del suo viaggio nel
Continente nero. Nell’isola senegalese di Gorée, punto di partenza nel XVIII e
nel XIX secolo di molti africani, come schiavi, per l’America e meta del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nel 1992, il Capo di Stato statunitense pronuncerà oggi
un discorso sulla schiavitù cercando di riscattare quello che il consigliere
per la sicurezza nazionale, Condoleeza Rice, definisce “l'errore originale
dell'America”. Temi
chiave della missione del presidente Bush, che domani proseguirà il suo viaggio
in Sudafrica, sono le crisi in Liberia
e in Congo, la lotta all’Aids, alla fame, al
terrorismo, e i programmi di sviluppo per rilanciare l’economia africana.
Resta sempre critica,
purtroppo, la situazione in Liberia, Paese sconvolto dalla guerra civile. Ieri
il Tribunale speciale per la Sierra Leone ha emesso un mandato d’arresto
internazionale contro il presidente liberiano, Taylor, con l’accusa di crimini
di guerra e contro l’umanità. Sulla situazione del Paese liberiano è
intervenuto l’arcivescovo di Monrovia, mons. Francis. Ascoltiamo in proposito
il servizio di Giulio Albanese:
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Mons. Michael Francis, arcivescovo
di Monrovia ha dichiarato ieri, chiaro e tondo, che se il presidente liberiano
Charles Taylor se ne andasse dalla capitale prima dell’arrivo di un contingente
internazionale di pace, militari governativi e ribelli riprenderebbero le
ostilità in una lotta senza quartiere, con il risultato di peggiorare la già
drammatica situazione in una città dove oltre un milione di persone si trovano
già a fare i conti con una catastrofe umanitaria. Mons. Francis ha dunque fatta
sua la decisione dei 15 Paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa
Occidentale, l’Ecowas, che hanno stabilito l’invio di 3 mila soldati, ma che
hanno ripetutamente chiesto agli Stati Uniti di assumere un ruolo di leadership
nell’operazione di peacekeeping in Liberia. Da alcuni giorni, intanto, nelle
vie della capitale non si spara, ma continuano i saccheggi e le violenze da
parte sia dei soldati governativi, che dei ribelli rimasti in città in gran
parte bambini soldato allo sbando e armati di Kalashnikov.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Restiamo
in Africa da dove arriva, purtroppo, una drammatica notizia. Nell’area nord
orientale del Sudan, un incidente aereo
ha provocato la morte di almeno 115 persone. L’aereo, diretto a Karthoum, si è
schiantato al suolo poco dopo il decollo, avvenuto questa mattina all’alba
dall’aeroporto di Port Sudan, sul Mar Rosso. Un bambino di due anni è l’unico
sopravvissuto del disastro aereo. Le autorità sudanesi escludono che sia stato
un atto di sabotaggio a causare l'incidente, anche se non è stata ancora fornita
una ricostruzione precisa dell'accaduto.
In Nigeria si è concluso oggi
lo sciopero nazionale contro l’aumento del prezzo dei carburanti. I leader
della principale forza sindacale del Paese, il Congresso nigeriano del lavoro
(Ncl), hanno dichiarato che sospendono la protesta per alleviare le sofferenze
che i nigeriani hanno dovuto affrontare in questi giorni.
Nuovi scontri in Burundi tra
l’esercito e i ribelli hutu. Almeno 28 persone, tra cui 17 miliziani e due
soldati, sono state uccise ieri nel corso di
un’offensiva sferrata, nel sud di Bujumbura, da ribelli hutu delle Forze
nazionali di liberazione (Fnl).
Spostiamoci in Iraq dove altri
tre militari americani sono stati uccisi nelle ultime 24 ore, a causa
dell’intensificarsi degli attacchi della guerriglia. Il presidente statunitense
Bush sta ora prendendo in considerazione, un intervento della Nato. Continuano
intanto i presunti messaggi di Saddam Hussein al popolo iracheno. “La vittoria
è vicina. Non permettete alle forze di occupazione di restare sul vostro
territorio”. Sono queste le parole, apparentemente dell’ex rais, registrate su
una cassetta audio trasmessa oggi dalla Tv libanese Al-Hayat Lbc. Sul tema
delle armi di distruzione di massa è intervenuto oggi, di fronte alla
commissione della Camera dei Comuni, il primo ministro britannico Tony Blair.
“Non ho alcun dubbio - ha detto - che alla fine verranno trovate le armi di
distruzioni di massa di Saddam”. Sulla situazione del Paese arabo, ascoltiamo
il servizio di Maurizio Pascucci:
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Salgono così a 73 le vittime
americane, dalla conclusione della guerra. Il generale Richard Mayers indica il
triangolo compreso tra Baghdad, Tikriti e Ramadi, come la zona in cui si
consumano la stragrande maggioranza degli attentati anti-americani, ma proprio
a Baghdad si è tenuto ieri l’incontro inaugurale del nuovo consiglio cittadino,
composto di 37 membri. Con la costituzione dell’organismo tutte le maggiori
città irachene hanno ora una struttura di governo locale. Per il massimo
funzionario amministrativo americano, che ha preso parte all’incontro, Paul
Bremer, si sarebbe trattato di un evento storico. Così si è rivolto ai
partecipanti:
“TODAY
IS A VERY IMPORTANT DAY ...”
E’ un giorno estremamente
importante in Iraq, forse il più importante dal 9 aprile, quando le forze della
coalizione vi hanno liberato dalla dittatura di Saddam Hussein. Oggi si celebra
il ritorno di un sistema democratico a Baghdad, dopo 30 anni.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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In
Iran, dopo le contestazioni degli studenti, è la questione nucleare ad attirare
l’attenzione sul Paese. Nella capitale iraniana giungerà, domani, il direttore
generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Mohammed El
Baradei. Un incontro, questo, che giunge all’indomani della conferma, da parte
del governo di Teheran, di aver effettuato alcune settimane fa una prova del
potente missile balistico Shahab 3.
Trasferiamoci in Medio Oriente.
E’ stato rivendicato da un gruppo locale di Jenin della Jihad islamica
palestinese l’attentato, avvenuto nella scorsa notte a nord di Tel Aviv, che ha
causato la morte di una donna israeliana e dell’attentatore suicida. Ma questi
isolati atti di terrorismo non sembrano fermare, per fortuna, il dialogo
israelo-palestinese. Ieri infatti si sono tenuti due incontri, a livello
ministeriale, fra i primi ministri Sharon ed Abu Mazen, che dovrebbero
rivedersi nei prossimi giorni. Ascoltiamo per i particolari il servizio di
Graziano Motta:
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Il primo incontro dedicato al
problema della liberazione dei prigionieri che i palestinesi considerano
prioritario, ma che in Israele incontra fortissime resistenze. Il ministro
della giustizia ha spiegato che non è realistico chiedere la scarcerazione di
tutti gli attivisti di Hamas e della Jihad, anche di quelli che hanno compiuto
cruenti attentati. Solo qualche giorno fa il loro esponente, Abdel Aziz
Ramtisi, ha detto alla televisione che “la guerra, per la distruzione dello
Stato ebraico, riprenderà dopo la tregua”. E d’altra parte il ministro
palestinese, Abdel Razak, ha insistito nel sostenere che la mancata liberazione
avrà conseguenze nefaste sul processo di pace. L’altro incontro è stato
dedicato ai provvedimenti per eliminare le incitazioni all’odio e alla violenza
nei programmi della televisione governativa palestinese e nelle strade di Gaza.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Bandiere a mezz’asta e spettacoli sospesi a Mosca dove si
ricordano le vittime dell’attentato di sabato scorso al Festival rock di
Tushino. Il bilancio della strage è di 15 morti e 38 feriti, 8 dei quali ancora
in rianimazione.
In Messico il presidente Fox,
riconoscendo la sconfitta alle legislative di domenica scorsa, si è detto
comunque pronto a collaborare con il Partito rivoluzionario istituzionale (Pri)
per portare a termine le riforme politiche ed economiche promesse.
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