RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 188 - Testo della
Trasmissione di lunedì 7 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il messaggio
dei vescovi spagnoli per la sicurezza stradale durante le vacanze estive.
L’invito al
turismo responsabile nel messaggio della ong cattolica Manos Unidas.
Inizia oggi la visita di
una delegazione della Cei nei Paesi caraibici.
In Medio Oriente, primi passi concreti della Road Map: Israele libera 350 prigionieri palestinesi.
La guerriglia cecena è responsabile dell’attentato
di sabato scorso: lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin.
Nelle elezioni parlamentari ed amministrative in
Messico, il Partito rivoluzionario istituzionale ha ottenuto finora la
maggioranza relativa.
Bocciato in Corsica il referendum che avrebbe reso
l’isola più autonoma da Parigi.
7 luglio 2003
LA SOLIDARIETA’,
PERCHE’ SIA EFFICACE OGGI, E’ UN DOVERE E UN IMPEGNO
CHE GLI STATI RICCHI DEVONO ASSUMERE IN PIENA COLLABORAZIONE
CON LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE INTERNAZIONALI.
LO HA DETTO IL PAPA, IN UN MESSAGGIO AL PRESIDENTE
DI CARITAS INTERNATIONALIS
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Mondializzare la carità significa concepire politiche
sociali ed economiche di ampio respiro, concordate su base internazionale anche
con le organizzazioni umanitarie, che vanno tutelate nelle loro missioni di
soccorso. Significa pensare in maniera nuova le relazioni tra Paesi ricchi e
Paesi poveri, cessando “i rapporti di assistenza a senso unico” che creano
squilibri, preferendo invece un più utile “partenariato”.
Sono alcune delle indicazioni che Giovanni Paolo II offre
ai membri di Caritas Internationalis, riuniti da oggi a Roma per i lavori della
17.ma Assemblea generale. Nel messaggio indirizzato al presidente
dell’organismo umanitario, Fouad El-Hage, il Papa prende in esame l’attuale
contesto mondiale, “segnato – afferma – da una moltitudine di cambiamenti, che
creano sempre di più dei legami di interdipendenza tra i sistemi, le nazioni e
le persone”, ma anche “minacciato in modo eclatante da divisioni e da
opposizioni violente, come dimostra la recrudescenza del terrorismo”. Di fronte
a un simile scenario, obietta il Pontefice, è chiaro che “non è più possibile
concepire politiche o programmi che restino limitati a un aspetto particolare
dei problemi”. La mondializzazione, asserisce il Papa, “è divenuta come un
orizzonte obbligato di tutte le politiche” e ciò è vero soprattutto “per ciò
che concerne il mondo dell’economia, come pure i campi dell’assistenza e
dell’aiuto internazionale”.
E qui, Giovanni Paolo II offre la propria visione di
quella “fantasia della carità” evocata nella Novo millennio ineunte che,
sostiene, deve agire “con efficacia”, badando nel contempo a far sì che la
solidarietà non sia donata a chi soffre come “un’elemosina umiliante”, ma come
una “condivisione fraterna”. Perché la solidarietà divenga mondiale, scrive il
Pontefice, bisogna che essa “tenga effettivamente in conto tutti i popoli di
tutte le regioni del mondo”. Essa, aggiunge ancora, “esige molti sforzi e
soprattutto garanzie internazionali stabili nei confronti delle organizzazioni
umanitarie, sovente messe in disparte, loro malgrado – osserva il Papa – in
terra di conflitto, poiché la sicurezza non è loro garantita e il diritto di
assistere le persone non è assicurato”. Mondializzare la solidarietà, afferma
subito dopo, “chiede inoltre di lavorare in stretto e costante rapporto con le
organizzazioni internazionali, garanti del diritto, per equilibrare in modo
nuovo le relazioni tra i Paesi ricchi e quelli poveri”, cessando relazioni di
assistenza a senso unico, “che troppo spesso contribuiscono ad approfondire
ancor più lo squilibrio a causa di un meccanismo di indebitamento permanente”.
Meglio optare per il partenariato che – ponendo i due Paesi sullo stesso piano
- consente a ciascuno di effettuare “le scelte per il proprio avvenire”.
Giovanni Paolo II conclude con un incoraggiamento
all’attività di Caritas Internationalis, perché ciascuna persona in difficoltà
possa sperare di ricevere “il medesimo soccorso”, sul modello di Cristo, “Buon
Samaritano della nostra umanità ferita”.
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UDIENZE E NOMINE
Il Papa nel corso della
mattinata ha ricevuto in successive udienze: ricevuto questa mattina in udienza
il Presidente della Confederazione Elvetica, Pascal Couchepin, insieme alla
consorte e seguito; il cardinale. Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari
Economici della Santa Sede; il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle
Cause dei Santi
Il Papa ha nominato ausiliari dell'arcidiocesi di
Detroit (U.S.A.): mons. Walter A. Hurley, del clero della medesima arcidiocesi,
parroco della "Our Lady of Sorrows Parish" a Farmington,
assegnandogli la sede titolare vescovile di Cunavia; mons. John M. Quinn, del
clero della medesima arcidiocesi, direttore del Dipartimento per l’Educazione,
assegnandogli la sede titolare vescovile di Ressiana; il sacerdote Francis R.
Reiss, del clero della medesima arcidiocesi, parroco della “Saint Frances
Cabrini Parish” in Allen Park, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Remesiana.
I
DECRETI DI APPROVAZIONE DEI MIRACOLI O
DELLE VIRTU’ EROICHE
IN
VISTA DELLA BEATIFICAZIONE O CANONIZZAZIONE
DI 10 NUOVI TESTIMONI
DELLA FEDE. PRESTO SARA’ PROCLAMATO SANTO IL
BEATO LUIGI ORIONE
“Il cristiano è chiamato alla
santità in ogni stagione della vita”. Queste parole di Giovanni Paolo II sono
state richiamate questa mattina dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto
della Congregazione per le Cause dei Santi, presentando al Papa 10 nuovi
decreti delle cause che recentemente hanno raggiunto traguardi decisivi in
vista della beatificazione o della canonizzazione. 10 testimoni della fede, la
maggior parte nostri contemporanei, di
cui vengono riconosciuti i miracoli o le virtù eroiche. Tra queste spicca il
beato Luigi Orione, che presto sarà proclamato santo. Servizio di Carla
Cotignoli.
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Dieci nuovi testimoni. “Con la
loro spiritualità e con le loro iniziative di evangelizzazione e di carità
sociale – ha detto il cardinale Saraiva Martins citando Giorgio la Pira – hanno
cooperato a trascrivere nella civiltà e nella società terrena i lineamenti
della città celeste”. 10 grandi figure che testimoniano come davvero si può
diventare santi in ogni condizione sociale, ad ogni stagione della vita e sotto
ogni latitudine.
Solo qualche esempio. Il beato
Luigi Orione, morto nel 1940, presto
santo, lascia in eredità un’opera a favore dei portatori di handicap, la
Piccola Opera della Divina Provvidenza e una nuova famiglia religiosa. Uomo
“con la tempra e il cuore dell’Apostolo Paolo”, come lo ha definito il
Papa. Ha solo 25 anni il sacerdote
trappista francese Giuseppe Maria Cassan, presto beato che ha dato testimonianza
della gioia che fiorisce dalla sofferenza. Morirà di tubercolosi nel 1903.
Anche un altro giovane, questa volta italiano sarà proclamato beato. E’
della diocesi di Rimini. Alberto
Marvelli morto a causa di un incidente
stradale a 28 anni impegnato attivamente nel dinamismo ecclesiale, sociale e
politico della sua città nel tempo difficile del secondo conflitto mondiale.
Tra i nuovi beati anche due testimoni della fede slovacchi, un vescovo, Basilio
Hopko, della Chiesa Greco-cattolica e
una religiosa, Suor Zdenka Schelingova, vittime del regime comunista. E ancora
due religiose: una colombiana, Laura Montoyay Upegui, dedita a portare il Vangelo agli indigeni della sua terra, e una
tedesca, Anna Caterina Emmerick, che ha fatto delle sofferenze fisiche la
sorgente di un apostolato fecondissimo.
Delle tre figure, di cui sono
state riconosciute le virtù eroiche - un sacerdote francese, Pietro Vigne, e
una religiosa italiana, al secolo Costanza Storace - vi è anche una umile donna
del popolo, madre di 9 figli, Eurosia Fabris. La sua ricchezza è la fede
assoluta nella provvidenza di Dio. Apre la sua casa, pur povera, ad accogliere
bambini bisognosi. Si cura delle ragazze del Paese, degli infermi e delle
famiglie in difficoltà. Tre suoi figli saranno sacerdoti.
Ci soffermiamo ora sul
riconoscimento del miracolo attribuito all’interces-sione del beato Luigi
Orione. Si tratta della guarigione di un tumore giunto ad una fase senza più
possibilità di intervento da parte dei medici. Ce ne parla il postulatore della
causa, Don Flavio Peloso, intervistato da Angela Ambrogetti.
R. –
Tutto parte dall’autunno 1998, da un incontro quasi fortuito in un nostro
piccolo Cottolengo, con una persona che mi parla molto discretamente di quanto
era successo al papà, cioè un tumore, manifestatosi con emottisi. L’analisi non
dà dubbi. Non c’è più niente da fare. Dopo l’ultimo referto dell’esame citologico
si decide di dimetterlo. Non era possibile praticare alcun tipo di
chemioterapia o alcun tipo di radioterapia, solo di rivolgersi ad un esperto di
terapia del dolore. Questa famiglia era molto devota del beato Luigi Orione. In
particolare una figlia, Gabriella, racconta che proprio due, tre ore dopo
l’esito ancora infausto della diagnosi - era l’ultimo dell’anno 1999 lei è andata
nella cappella dell’ospedale. Si è rivolta a don Orione, chiedendo “Conservaci
ancora un po’ il papà”, con fede. E dopo ha sperimentato una grande pace e
sicurezza interiore, quasi a dire: “Papà è in buone mani”. Nel giro di
pochissimi giorni il papà esce da quello stato di deperimento accentuato, recupera
le sue energie. Invece del peggioramento previsto, dell’esplosione esterna in
dolori, del tumore ai polmoni, c’è un miglioramento rapido e definitivo.
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E’ MORTO A CARACAS IL 74.ENNE CARDINALE
IGNACIO ANTONIO VELASCO GARCÍA,
ARCIVESCOVO
DELLA CAPITALE VENEZUELANA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La comunità venezuelana di Caracas è in lutto per la morte
del suo cardinale, l’arcivescovo Ignacio Antonio Velasco García, salesiano,
deceduto all’età di 74 anni dopo una lunga malattia. Ai familiari del porporato
e alla sua comunità ecclesiale, Giovanni Paolo II ha indirizzato stamani un
telegramma di cordoglio per la scomparsa di un pastore “zelante”, definito un
“esempio di abnegazione”. Nell’affidare alla misericordia di Dio il cardinale
scomparso, “che con tanta prudenza e carità ha servito il popolo di Dio”, il
Papa ha messo in risalto la “grande dedizione alla causa del Vangelo” mostrata
dal porporato nelle singole fasi del suo ministero: da giovane sacerdote,
ordinato a Roma nel 1955, alla consacrazione come vescovo, nel 1990, fino alla
promozione alla sede metropolitana di Caracas, avvenuta cinque anni più tardi,
dove diede prova, scrive il Papa, “del suo profondo amore alla Chiesa e delle
qualità che lo avevano contraddistinto”. Giovanni Paolo II gli consegnò la
berretta cardinalizia nel concistoro del 21 febbraio 2001.
Con la scomparsa del cardinale Velasco García, il numero
dei cardinali scende a 167, dei quali 111 elettori e 65 non elettori.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Il messaggio di Santa Maria Goretti: rifiuto di ogni compromesso con il
male": all'Angelus, Giovanni Paolo II ha riproposto ai giovani l'esempio
della piccola martire nel centenario della morte.
Bisogna riaffermare con chiarezza
che la purezza del cuore e del corpo va difesa, perché la castità
"custodisce" l'amore autentico.
Sempre in prima, in evidenza il
titolo "Il Papa per l'entrata in vigore della Convenzione internazionale:
il fenomeno delle migrazioni nel rispetto delle persone e delle famiglie".
Il telegramma di cordoglio del
Papa per la morte del Cardinale Ignacio Velasco Garcia. All'interno, la
biografia del compianto Porporato.
Nelle vaticane, il Messaggio
del Santo Padre al Presidente della "Caritas internationalis".
L'indirizzo d'omaggio del Card.
Saraiva Martins al Papa in occasione della Lettura dei Decreti.
Nelle pagine estere,
l'intervento dell'Arcivescovo Martino, ad una Conferenza organizzata dagli
Stati Uniti, sui temi degli organismi geneticamente modificati e la lotta alla
fame.
Medio Oriente: Israele decide
la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi.
In Iraq, non si placa la
spirale di attacchi e di imboscate.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle pensioni.
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7 luglio 2003
GLOBALIZZARE LA SOLIDARIETÁ: L’OBIETTIVO DI
CARITAS INTERNATIONALIS
ALL’APERTURA
DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFEDERAZIONE
L’impegno
nel coordinamento delle emergenze, nella promozione della donna,
nell’educazione alla pace e alla riconciliazione, nel dialogo con l’Onu e altre
istituzioni, nel consolidamento delle proprie strutture regionali. Assumerà,
anche nei temi, una prospettiva mondiale la diciassettesima Assemblea generale
di Caritas Internationalis, un appuntamento che si tiene ogni quattro anni e
che si svolge a Roma da lunedì 7 a sabato 12 luglio presso la Pontificia
Università Urbaniana. Oltre 400 delegati provenienti da 154 Paesi avranno il
compito di definire il piano di lavoro della confederazione che riunisce gli
organismi di solidarietà della Chiesa cattolica sparsi in tutto il mondo. Farà
da sfondo alla settimana di lavoro l’invito di Papa Giovanni Paolo II a
“globalizzare la solidarietà”. Sul significato di questo appello e sugli
obiettivi dell’assemblea, Massimo Donaddio ha intervistato mons. Vittorio
Nozza, direttore della Caritas italiana:
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R. - Significa in pratica, per la Caritas, per le Caritas nazionali che sono qui
convenute nella 17.ma Assemblea, assumere delle responsabilità sia in difesa
dei diritti delle popolazioni maggiormente segnate da povertà, da sofferenza,
da conflittualità, sia anche un impegno maggiore a far sì che la presenza della
Caritas, nei diversi territori del mondo, crei uno sviluppo ed una solidarietà
sempre più ampia, cogliendo, in modo particolare, il tema della
globalizzazione, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di
vista sociale, sanitario, politico, religioso e culturale. Aspetti, questi, che
ci stanno profondamente a cuore, proprio perché significano mettere al centro
la persona umana, in questo caso la persona in situazione di estrema povertà o
in condizioni di conflittualità sempre più crescenti.
D. – Quali sono, secondo la Caritas, le priorità da
affrontare oggi per le agenzie internazionali umanitarie? Di che cosa vi
occuperete in questi giorni?
R. – Noi, durante queste giornate, ci occuperemo, in modo
particolare, da una parte di rafforzare sempre più l’identità di Caritas, in
quanto organismo pastorale; di rafforzare la collaborazione fra i membri della
Confederazione, che è Caritas Internationalis, ma soprattutto è quello di
individuare linee comuni su cui lavorare, proprio perché questo ci permetterà
di essere maggiormente presenti nei territori segnati dalle emergenze. Si tratta
di assumere sempre più la capacità di essere nelle emergenze, come presenza che
risponde al bisogno, che accompagna le popolazioni, che crea le condizioni di
una ripresa del vissuto di queste popolazioni, sia nei territori segnati da
guerre, da conflittualità sempre più crescente - molte volte dimenticate, ma
che purtroppo continuano a mietere e a provocare grandi conseguenze su queste
popolazioni - sia laddove la cooperazione a livello internazionale e lo
sviluppo di questi popoli richiede una costante attenzione. Quindi in pratica
significa essere presenti dentro il mondo delle emergenze, delle
conflittualità, laddove con progetti di cooperazione e di sviluppo si cerca di
promuovere il cammino di queste popolazioni.
D. – Quali sono oggi, secondo voi, i principali diritti
che la comunità internazionale ha il compito di affermare?
R. – Innanzitutto il diritto allo sviluppo, il diritto
alla comunicazione, il diritto ad un vissuto dove il cibo, la salute,
l’istruzione, dove l’abitazione, dove la possibilità di muoversi all’interno
del mondo sia garantito. Il diritto all’espressione religiosa. Tutto ciò che,
in pratica, ponendo al centro la persona, fa sì che essa sia considerata in
tutte le sue espressioni, rispettata e soprattutto aiutata a viversi come parte
del mondo, come elemento portante del mondo.
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LOTTA ALLA FAME E ALL’AIDS IN PRIMO PIANO
NEL
VIAGGIO IN AFRICA DI GEORGE BUSH,
CHE DA
DOMANI VISITERA’ SENEGAL, SUDAFRICA, BOTSWANA, UGANDA E NIGERIA.
AI NOSTRI MICROFONI, IL PRESIDENTE DEGLI
STATI UNITI D’AMERICA
L’emergenza fame e il flagello
dell’Aids, ma anche sviluppo economico e lotta contro il terrorismo. Questi i
punti chiave del viaggio in Africa di George Bush, che volerà oggi alla volta
di Dakar. Nei prossimi cinque giorni, dunque, il presidente americano visiterà
Senegal, Botswana, Uganda, Nigeria e Sud Africa. Il viaggio avviene proprio
mentre si moltiplicano gli sforzi per riportare la pace in Liberia, Paese
sconvolto dalla guerra civile. Il governo di Washington sta valutando l’invio
di una forza di pace nella regione. Intanto, il presidente Taylor sembra ora
disposto a prendere la via dell’esilio per la Nigeria. Sul futuro della Liberia
e gli obiettivi principali della visita in Africa, Simon Marks ha intervistato,
a Washington, il presidente degli Stati Uniti d’America, Gorge Bush:
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R. - WE’RE
IN THE PROCESS OF DETERMINING…
Stiamo
ragionando su quale tipo di azione intraprendere, affinché si affermino pace e
stabilità in Liberia. Ancora non ho preso una decisione, ma con il passare dei
giorni questa è più vicina. Tuttavia prima di assumere un impegno, voglio
raccogliere le informazioni necessarie per capire ciò che bisogna fare e
comprendere chi ha voglia di prendervi parte. La prima cosa che ritengo debba
succedere è che Charles Taylor se ne vada. La ‘conditio sine qua non’ per ogni
operazione di stabilizzazione del Paese è che il signor Taylor lasci la
Liberia, cosicché si possa raggiungere l’obiettivo diplomaticamente. Colin
Powell sta lavorando a stretto contatto con Kofi Annan e gli altri partner alle
Nazioni Unite per preparare la base, se possibile, per la partenza di Charles
Taylor.
D - Qualche tempo fa, il suo segretario di Stato, Colin
Powell, ha scritto sul New York Times che “il Sudafrica dovrebbe svolgere un
ruolo più deciso per la soluzione dei problemi dello Zimbabwe”. Nello specifico
cosa chiede al presidente Thabo Mbeki?
R. -
INSIST THAT THERE BE ELECTIONS…
Insistere affinché si svolgano le elezioni. Insistere
affinché la democrazia si affermi. Far sì che siano messe in campo le
condizioni necessarie, affinché questo Paese divenga nuovamente prospero. Sono
d’accordo con il segretario di Stato. Certo non voglio fare pressione sui miei
amici. Ma lo Zimbabwe non è certo un buon esempio per la democrazia in una
parte così importante del pianeta. Vorrei essere chiaro: ci sono molte persone
nell’Africa sub sahariana che muoiono di fame, tuttavia lo Zimbabwe era capace
di produrre più di quanto fosse necessario a combattere la fame. Spenderemo
miliardi di dollari quest’anno in programmi contro questa piaga. Sarebbe
davvero utile se l’economia dello Zimbabwe fosse in grado di tornare a produrre
cibo in quantità tale da poter contrastare il problema della fame.
D – Lei ha sorpreso molti a Washington per il vigore con
cui ha intrapreso la battaglia contro l’Aids. Alcuni dicono che potrebbe fare
di più impegnandosi per la cancellazione del debito estero dell’Africa. Lo ha
fatto entusiasticamente per l’Iraq. Perché non farlo con più entusiasmo nel
caso dell’Africa?
R. - WELL,
LET ME START WITH HIV PROGRAM…
Mi faccia dire del programma contro l’Aids. Entusiasmo a
suon di 15 miliardi di dollari. Mi sembra un buon entusiasmo per affrontare una
pandemia. Ho inoltre deciso di aumentare i sussidi diretti riguardanti l’Aids
del 15 per cento. D’altro canto, ci attendiamo che i Paesi, che stanno
chiedendo questi soldi abbraccino i costumi delle nazioni libere come la
trasparenza e la lotta alla corruzione. Ciò affinché possa essere certo che le
persone siano educate e ricevano l’assistenza sanitaria. C’è un programma per
la cancellazione del debito e spero che venga realizzato in pieno. Il nostro
programma, secondo il mio giudizio, esprime partecipazione, compassione perché
abbiamo a cuore le sorti dell’Africa, dei popoli dell’Africa.
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7 luglio 2003
UN NUOVO APPELLO PER LA PACE IN
LIBERIA GIUNGE DAI SALESIANI ATTRAVERSO
IL
MESSAGGIO DEL RETTORE MAGGIORE DELLA CONGREGAZIONE, PASCUAL CHAVEZ,
AL
PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ROMANO PRODI
ROMA. =
La grave situazione umanitaria della Liberia ha indotto il rettore maggiore dei
Salesiani, padre Pascual Chavez, a scrivere a Romano Prodi, presidente della
Commissione europea, affinché si intervenga nella nazione africana per ristabilire
la pacifica convivenza e assicurare la serenità della popolazione sconvolta
dagli eventi della guerriglia civile. Il rettore maggiore, sulla scia
dell’appello di Papa Giovanni Paolo II e in sintonia con altre istituzioni
umanitarie, ha chiesto che si faccia pressione sul presidente liberiano,
Charles Taylor, e sulle fazioni in lotta perché pongano fine alla distruzione e
alla sofferenza della popolazione e permettere così alle organizzazioni
umanitarie internazionali di avviare la ricostruzione. Il religioso ha chiesto
inoltre l’impegno concreto dell’intera comunità internazionale a favore di tali
questi progetti. I Salesiani sono presenti nello Stato liberiano da circa 25
anni, con due sacerdoti responsabili di una parrocchia nella capitale Monrovia,
oltre di una casa d’accoglienza per giovani, un centro di promozione sociale e
un oratorio. (M.A.)
L’ARCIVESCOVO DI DAVAO, MONS. FERNANDO
CAPALLA,
È IL
NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FILIPPINA.
LO HA
ELETTO OGGI L’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI
MANILA.
= L’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale filippina ha eletto oggi suo
nuovo presidente: si tratta di mons. Fernando Capalla, arcivescovo di Davao,
capoluogo dell’isola meridionale di Mindanao. Il presule assumerà il nuovo
incarico dal prossimo primo dicembre. Sostituisce l’arcivescovo di Cotabato,
mons. Orlando Quevedo. L’incarico di vicepresidente è stato affidato a mons. Angel
Lagdameo, arcivescovo di Jaro. Mons. Capalla è nato nel 1934, è stato ordinato
sacerdote nel 1961 ed è divenuto vescovo di Davao nel 1996. Il presule è uno
dei fondatori della Conferenza tra vescovi e ulema, le guide spirituali della
comunità islamica delle Filippine meridionali. (M.A.)
LA STRADA, LUOGO PRIVILEGIATO PER L’ESERCIZIO
DELLE VIRTÙ EVANGELICHE.
QUESTO
L’INVITO DEI VESCOVI SPAGNOLI ALLE PERSONE
CHE
ACCINGONO A METTERSI IN VIAGGIO PER LE VACANZE
BILBAO.
= Le vacanze estive portano sulle strade milioni di persone che, dai posti in
cui vivono e lavorano, si spostano per raggiungere i luoghi di villeggiatura.
Per diffondere una cultura della guida rispettosa della salute propria e degli
altri, l’Ufficio della pastorale della strada dei vescovi spagnoli ha promosso
la campagna intitolata “Conducete!” (Guidati!). La manifestazione è iniziata
ieri, “Giornata della responsabilità della strada”, promossa dalla Conferenza
episcopale, e durerà sino a settembre. Il vescovo coordinatore dell’apostolato
della strada, mons. Carmelo Echenagusía Uribe, ausiliare di Bilbao, ha
indirizzato per l’occasione ai fedeli un messaggio che li esorta ad avere anche
alla guida delle loro automobili un comportamento consono agli insegnamenti
evangelici e, come dice lo slogan adottato, ad essere coscienti dei pericoli
che un guida spericolata può causare. “Con frequenza - si legge nel messaggio -
succede qualcosa di importante nella condotta di una persona quando si mette al
volante. La sua psicologia e il suo comportamento accusano accentuate
alterazioni: persone che nella vita sono educate, cortesi e pazienti, diventano
esseri esigenti, nervosi, intolleranti di fronte agli sbagli e agli errori
degli altri; persino offensivi e aggressivi in gesti e parole”. Il presule
invece ricorda che chi guida una macchina o qualsiasi altro veicolo deve prima
guidare se stesso, controllarsi ed essere responsabile. “Il buon guidatore
- continua il presule - è colui che
domina il veicolo e non si lascia dominare da esso”. Per un cristiano,
“discepolo di Colui che passò facendo del bene – è l’esortazione finale di
mons. Echenagusía Uribe – la strada deve essere il contesto speciale per
esercitare le sue virtù, fondate, soprattutto, sulla prudenza e sulla carità”.
(M.A.)
LETTERA DELL’ONG MANOS UNIDAS SUL TURISMO DURANTE LE VACANZE.
TRA I
TEMI TRATTATI, IL RISPETTO DELLE DIFFERENTI USANZE DEI PAESI
NEI
QUALI SI È OSPITI E LO SCANDALO DEL COSIDDETTO TURISMO SESSUALE
MADRID.
= L’organizzazione non governativa cattolica Manos Unidas ha recentemente
lanciato un appello per promuovere il turismo responsabile e ricordare alcuni
accorgimenti da adottare nel comportamento soprattutto se ci si reca nei Paesi
più poveri. “Quando godiamo di questo periodo di riposo - suggerisce
l’organizzazione - viaggiando in Paesi non progrediti economicamente, dobbiamo
farlo con responsabilità e rispetto. Se visitiamo luoghi con differenti
costumi, non possiamo comportarci con arroganza e irriverenza nei confronti di
umili condizioni di vita o di diverse religioni dalla nostra”. Un passaggio
importante del messaggio di Manos Unidas è dedicato al cosiddetto
“turismo sessuale”, vergognosamente incrementato negli ultimi decenni e
abominevole quando avviene con l’abuso di un minore. “E’ degradante - si legge
nel testo - approfittare dei poveri per ottenere prestazioni sessuali, ma è
sicuro che gli effetti peggiori si avvertono su chi subisce quest’abuso, perché
li rovina la vita”. Riguardo alla prostituzione minorile, piaga dolorosa di
tanti Paesi poveri, Manos Unidas rileva che non ci sarebbe se non ci
fosse domanda. “Risulta avvilente che persone che provengono da paesi
sviluppati che godono anche di una buona posizione sociale, compiano abusi su
minorenni e dopo siano capaci di condurre una vita normale quando tornano nei
loro luoghi d’origine”. (M.A.)
INIZIA OGGI LA VISITA DI UNA DELEGAZIONE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA NEI PAESI CARAIBICI
ROMA. =
Una delegazione ristretta della Conferenza episcopale italiana è partita questa
mattina alla volta dei Caraibi per incontrare i missionari italiani operanti a
servizio delle Chiese di quei Paesi. Lo riferisce l’agenzia missionaria Misna.
Mons. Giuseppe Andreozzi, direttore dell’Ufficio nazionale per la cooperazione
missionaria tra le Chiese della Cei, e don Giuseppe Pellegrini, vicedirettore
dello stesso ufficio, visiteranno, fino al prossimo 19 luglio, Cuba e Haiti con
l’intento di promuovere il dialogo e lo scambio d’esperienze tra i missionari e
la Chiesa italiana. (M.A.)
PUBBLICATO IN CILE LO STUDIO SULL’AIDS DI PADRE FERNANDO CHOMALI,
MEMBRO
DELLA PONTIFICA ACCADEMIA PER LA VITA:
“LA
PREVENZIONE COMINCIA DAL CAMBIAMENTO DEL PROPRIO COMPORTAMENTO”
SANTIAGO
DEL CILE. = “Non bisogna dimenticare che siamo stati creati a immagine e
somiglianza di Dio e dobbiamo far tesoro della dignità di ogni essere umano, in
particolare se è malato”. Questo il messaggio lanciato da padre Fernando
Chomali, membro corrispondente della Pontifica Accademia per la Vita e della
Commissione di bioetica dell’episcopato cileno, nel suo ultimo studio sul’Aids,
pubblicato in questi giorni. “Aspetti scientifici ed etici dell’epidemia del
virus dell’Hiv e della sindrome da
immunodeficienza acquisita. Verso una proposta autenticamente umana” - questo
il titolo della ricerca - affronta con attenzione il problema del virus
esponendo aspetti scientifici, statistiche, considerazioni legali ed etiche ed
aspetti antropologici. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della
sanità, l’epidemia di Aids si diffonde velocemente, soprattutto nel Paesi in
via di sviluppo. Ogni giorno nel mondo si registrano 14 mila nuovi casi di contagio,
il 95 per cento dei quali nei Paesi poveri. Tra i contagiati, circa 2 mila
hanno meno di 15 anni, mentre i restanti 12 mila sono adulti, la metà dei quali
donne. Sino ad ora il virus ha contagiato circa 42 milioni di persone in tutto
il mondo: 30 milioni nella sola Africa. “La logica che anima questo documento -
ha dichiarato padre Chomali all’agenzia Fides - è il rispetto di tutti gli
esseri umani, indipendente dal loro stato di salute, e l’interesse reale di far
conoscere tutti gli aspetti di questa infermità in virtù del diritto di tutti
di avere accesso ad una informazione corretta”. E sulla prevenzione, il
sacerdote afferma che trattandosi di una malattia che si trasmette da persona a
persona non è possibile separare il comportamento di ogni individuo dalla
stessa malattia. La prevenzione deriva perciò automaticamente dal cambio del
comportamento della persona. (M.A.)
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7 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Israele ha deciso di liberare
350 prigionieri palestinesi e, con un voto contrastato, il governo Sharon ha
approvato, ieri, i criteri per le prime scarcerazioni tra i 7 mila detenuti
arabi. La misura, una delle tappe fissate nella “Road Map”, è però ancora
lontana dalle richieste palestinesi. Hamas vuole, infatti, il rilascio di tutti
i prigionieri. Si sono verificate manifestazioni di dissenso anche fra gli israeliani:
ieri hanno protestato i familiari delle vittime del terrorismo. Oggi, intanto,
la polizia palestinese ha bloccato una ragazza di 18 anni che, dalla Striscia
di Gaza, stava tentando di entrare in Israele per compiere un attentato suicida.
Lo riportano fonti degli organi di sicurezza palestinesi.
“La guerriglia cecena è responsabile
dell'attentato kamikaze che sabato scorso ha provocato, a Mosca, la morte di 18
persone”. Lo ha affermato oggi il presidente russo, Vladimir Putin, condannando
il duplice attentato suicida perpetrato dinanzi all’aerodromo moscovita di
Tushino. Per il
presidente russo, il suo popolo non deve cedere ai ribelli perché ciò
significherebbe un “primo passo verso l'inizio della disgregazione dello
Stato”.
Spostiamoci in Iraq, dove due
soldati americani sono stati uccisi, nella scorsa notte, in due attacchi
distinti a Baghdad. Uno dei due militari è stato ucciso mentre con la sua
pattuglia stava inseguendo uomini armati iracheni nel quartiere di Azamiyah, a
Baghdad. Il secondo è stato ucciso da una granata che ha colpito il veicolo su
cui si trovava, nel distretto di Kadhimiya, sempre nella capitale irachena. Washington, intanto, si divide
sulla necessità di inviare altre truppe ed allargare l’inchiesta parlamentare
sul mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa.
Dall’Iran
provengono notizie di un nuovo test missilistico. Oggi il governo di Teheran ha
infatti confermato di aver effettuato “alcune settimane fa”' una prova del
missile balistico Shahab 3, che secondo la stampa israeliana sarebbe in grado
di raggiungere il territorio dello Stato ebraico.
Voliamo
oltre Oceano e andiamo in Messico, un Paese che esce spaccato dalle elezioni
parlamentari ed amministrative di ieri. Il presidente Fox, alla guida del Paese
da quasi tre anni, cercava una conferma al suo operato di governo ma gli
elettori non sembrano averlo premiato. Secondo i dati ufficiali, che si riferiscono
alla metà dei voti scrutinati, il suo partito, il Partito di azione nazionale
(Pan), esce infatti sconfitto dalle elezioni legislative, mentre il Partito
rivoluzionario istituzionale (Pri) ottiene la maggioranza relativa. Ma per i
particolari ascoltiamo il servizio di Andrea Sarubbi:
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Avevano
ragione gli exit poll. Il voto di ieri ha mischiato le carte, premiando il
Partito rivoluzionario istituzionale, alla guida del Paese dagli anni Trenta
fino a quando – nel 2000 – la vittoria di Fox diede il via all’alternanza. Il
Pri si conferma prima forza del Messico – paradossalmente, in termini numerici,
lo erano rimasti anche in questi due anni e mezzo trascorsi all’opposizione –
con il 34 per cento di voti, ma aumentano il numero di seggi: in tutto sono
227, che però – in un Parlamento con 500 deputati – non significano
maggioranza. Crolla, invece, il partito del presidente, che si ferma a 150
seggi, perdendone per strada una cinquantina. Più o meno quelli che guadagnano
i progressisti del Prd, il Partito della Rivoluzione democratica, vera
rivelazione di questo voto, che sfiora quota 100 e si impone nella capitale.
Nessuno può cantare vittoria, perché la maggioranza è tutta da costruire. Ma di
certo il Pri ha parecchi motivi in più per farlo, visti i 5 governatori
ottenuti nelle 6 province del Paese. Per Fox, a questo punto, solo una scelta:
un governo di unità nazionale, ipotesi che lo stesso presidente ha già
prospettato in un messaggio televisivo alla Nazione. Ci sarà molto lavoro da
fare, e tra le priorità c’è quella di riavvicinare la gente alla politica: sono
andati a votare solo 4 messicani su dieci, gli altri hanno bocciato tutti.
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Restando
in tema di elezioni, la Corsica ha detto ‘no’ al progetto di riforma del
governo di Parigi, che avrebbe reso l’isola più autonoma. Con il 50,98% di voti
per il ‘no’ al referendum, i corsi hanno bocciato un progetto fortemente
sponsorizzato dal governo di Jean-Pierre Raffarin e in particolare dal ministro
degli Interni Nicolas Sarkozy. Da Parigi ascoltiamo il servizio di Francesca
Pierantozzi:
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Il ministro più popolare dell’esecutiva francese, eroe
della lotta contro la criminalità, aveva puntato molto sul referendum e si era
recato in Corsica ben 8 volte negli ultimi 12 mesi. La vittoria del ‘no’, anche
se per una manciata di voti, infligge anche un duro colpo al progetto di
decentralizzazione, caro a Raffarin. “Abbiamo compreso il messaggio” ha detto
seccamente il primo ministro dopo l’annuncio dei risultati ufficiali, “tutti dovranno
adesso assumerne le responsabilità”. Laconico anche Farcosil il quale ha
sottolineato che la priorità resta il ristabilimento della sicurezza e della
pace nell’isola. A 48 ore dal voto aveva suscitato scalpore e qualche
interrogativo l’arresto di Ivan Colonna, super ricercato da 4 anni per
l’assassinio del prefetto Erignac. La Riforma proposta dal governo, che avrebbe
concentrato i poteri in Corsica, ad Ajaccio, aveva spaccato l’isola. I separatisti
da parte loro lo avevano, anche se prudentemente, sostenuto.
Francesca Pierantozzi, da Parigi, per Radio Vaticana.
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Alla vigilia della partenza per
l’Africa del presidente americano Bush, si intensificano gli sforzi di pace per
la Liberia, il Paese africano più legato agli Stati Uniti e devastato da 14
anni di guerra civile. Una missione di studio
militare statunitense è giunta stamani, nella capitale Monrovia, per valutare la fattibilità dell'invio
di una forza di pace. Ieri il presidente nigeriano Obasanjo è
volato a Monrovia per convincere il presidente liberiano Taylor, su cui pesano
accuse di crimini di guerra, a farsi da parte, come per altro richiesto dalla
diplomazia internazionale. “Il presidente liberiano Taylor – ha affermato
Obasanjo - ha un rifugio sicuro in Nigeria, dove può recarsi quando vuole e
dove ha accettato di andare”. Sull’incontro tra i due capi di Stato africani ci
riferisce Giulio Albanese:
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Al di là dei sorrisi solari e dei calorosi abbracci, che
hanno preceduto il colloquio tra i due, Taylor è apparso sì, un uomo in
disgrazia, ma anche estremamente deciso a non gettare la spugna. “We believe
that the participation of the United States ...” ha infatti detto chiaro e
tondo che sarà disposto, sì a fare le valigie, solo però dopo l’arrivo della
forza di pace internazionale in Liberia, ma gli Stati Uniti, che sembrano
essere i veri protagonisti dell’operazione di peacekeeping, non sono d’accordo,
pensano che lui debba andarsene prima, perché è lui il vero problema. Insomma,
se resta ancora qualche giorno, ci sarebbe il rischio per Washington di una
nuova escalation di violenza a Monrovia e dintorni. Intanto è partita dalla
Germania per la Liberia una delegazione militare americana composta da una
decina di esperti, con il compito di valutare la situazione sul terreno in
vista di una decisione del presidente Bush, sull’invio di una missione di “peacekeeping”
in Liberia.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Restiamo
in Africa e andiamo in Nigeria dove prosegue ad oltranza lo sciopero generale
indetto contro il caro-benzina. La principale confederazione sindacale, il
‘National Labour Congress’, ha, infatti, rifiutato l’ultimo compromesso offerto
dal governo, giudicandolo “inaccettabile”.
Segni di speranza in Sudan. Il governo e i ribelli
dell’Esercito Popolare di Liberazione hanno riaperto ieri in Kenya le
trattative di pace. In 19 anni di guerra civile, oltre 2 milioni di persone
hanno perso la vita nel Paese africano.
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