RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 186 - Testo della Trasmissione di sabato 5 luglio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La riunificazione di Cipro e le radici cristiane dell’Europa i temi affrontati dal Papa nell’udienza al nuovo ambasciatore di Cipro, ricevuto per la presentazione delle lettere credenziali.

 

Consegnato al filosofo francese Paul Ricoeur il Premio Paolo VI, alla presenza di Giovanni Paolo II.

 

Dal Papa i membri della Fondazione “Centesimus Annus – Pro Pontifice a 10 anni dalla sua istituzione.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’Iraq in ginocchio sul piano umanitario e sociale. L’appello all’Europa del vescovo ausiliare di Baghdad, Shlemon Warduni.

 

Domani, in Corsica, referendum per decidere il futuro istituzionale dell’isola.

 

Si intitola “Sigue con nosotros” (“Rimani con noi”) il libro appena pubblicato sull’ultimo viaggio in Spagna del Pontefice.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’appello per la pace in Liberia levato dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e  Madagascar.

 

Ucciso in Pakistan la scorsa notte il sacerdote cattolico George Ibrahim.

 

Il messaggio di Kofi Annan in occasione della Giornata internazionale delle cooperative.

 

Il profondo rammarico della Chiesa cattolica slovacca per l’approvazione in Parlamento di una nuova legge sull’aborto.

 

I vescovi inglesi e gallesi esprimono perplessità sulla proposta del governo di conferire un riconoscimento legale alle coppie omosessuali.

 

Iniziati in Repubblica Ceca i pellegrinaggi organizzati per la Giornata dei cattolici mitteleuropei.

 

24 ORE NEL MONDO:

Mosca scossa da un’ondata di attentati durante un concerto: in continua evoluzione il bilancio delle vittime.

 

Prossima la risoluzione alla crisi in Liberia.

 

Proseguono in Iraq gli episodi di violenza ai danni dei soldati delle forze di occupazione.

 

Il Messico domani alle urne per eleggere il nuovo parlamento.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 luglio 2003

 

 

LE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA E LA RIUNIFICAZIONE DI CIPRO

IN PRIMO PIANO NEL DISCORSO DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE CIPRIOTA,

 GEORGIOS POULIDES, RICEVUTO IN UDIENZA PER LE LETTERE CREDENZIALI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Grazie al suo eccezionale patrimonio religioso, Cipro potrà rendere l’Europa più consapevole delle proprie radici cristiane. Così, stamani il Papa - nel discorso al nuovo ambasciatore cipriota presso la Santa Sede, Georgios Poulides - ha messo l’accento sul significato della firma d’adesione della Repubblica di Cipro all’Unione europea. Giovanni Paolo II ha inoltre espresso il proprio rammarico per la perdurante divisione dell’isola, auspicando un sincero dialogo tra le parti sulla strada della riconciliazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Un’Europa, che negasse il valore della sua dimensione spirituale e religiosa ne risulterebbe estremamente impoverita. Il Papa ha riecheggiato, stamani, il discorso al corpo diplomatico del gennaio scorso ed ha messo in luce come proprio Cipro, in ragione della sua storia, potrà - al momento dell’ingresso nell’Unione - “trovarsi in una posizione vantaggiosa per rendere l’Europa sempre più consapevole delle proprie radici cristiane”. D’altro canto, ha definito la continua espansione dell’Unione europea “un segno incoraggiante” dei risultati che possono essere conseguiti quando la “fiducia reciproca” e lo spirito di cooperazione sono alla base del “modo di operare nello scenario internazionale”. Valori, ha avvertito, irrinunciabili in questo frangente storico caratterizzato dall’interdipendenza tra le nazioni. Solo “l’accettazione reciproca e il sincero dialogo tra i popoli”, ha proseguito Giovanni Paolo II, “può sostenere il mantenimento di relazioni distese”. Una pace vera, ha detto ancora, richiede “la salvaguardia della dignità e dei diritti di tutti i membri della famiglia umana” quale “criterio di azione politica”, specie nei confronti dei più bisognosi.

 

Il Papa si è poi soffermato sulla “perdurante divisione dell’isola”. La Santa Sede, ha detto, ha accolto con grande rammarico la notizia che il piano di pace e riunificazione - presentato l’anno scorso dal segretario generale dell’Onu - non abbia raggiunto il necessario consenso tra le parti. Tuttavia, ha aggiunto, c’è la speranza che l’attuale clima di crescente integrazione europea possa fornire una “nuova spinta” agli sforzi per superare finalmente la crisi di Cipro. La violenza, ha ammonito il Pontefice, non “fornirà mai soluzioni alle controversie tra i popoli”. Un negoziato sincero è, dunque, necessario se si vogliono comporre i contrasti nell’interesse del bene comune. In tale contesto, il Papa ha ribadito che la comunità cattolica sarà sempre pronta a “dare il proprio contributo assieme ai concittadini ciprioti”.

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Nell’indirizzo di saluto, l’ambasciatore Poulides ha assicurato l’impegno del suo governo a lavorare con abnegazione per trovare una soluzione alla crisi di Cipro. Il 57enne diplomatico ha quindi affermato che il presidente Papadopoulos è pronto a tornare al tavolo del negoziato sulla base del piano Annan, in accordo con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza. La nostra aspirazione, ha spiegato il neoambasciatore, è quella di “vedere entrare nella famiglia europea una Cipro riunificata” per il bene di tutti i suoi cittadini.

 

 

FILOSOFO E UOMO DI FEDE, IMPEGNATO NELLA DIFESA DEI VALORI CRISTIANI

E APERTO AL DIALOGO TRA CATTOLICI E RIFORMATI:

RICORDATI DAL PAPA I MERITI DEL FILOSOFO FRANCESE PAUL RICOEUR,

INSIGNITO DEL PREMIO PAOLO VI

- A cura di Alessandro De Carolis e Debora Donnini -

 

Un premio prestigioso ad una personalità del mondo della cultura religiosa – il filosofo francese Paul Ricoeur - all’ombra di un Pontefice che fu egli stesso pensatore di alto profilo spirituale ed ecclesiale: Paolo VI. In suo ricordo, si è celebrata questa mattina in Vaticano, alla presenza del Papa - per iniziativa dell’Istituto bresciano intitolato a Papa Montini - la consegna dell’omonima onorificenza che ogni cinque anni viene attribuita a personalità o istituti che abbiano contribuito al progresso della cultura di ispirazione religiosa. L’edizione del 2003 consegna agli annali del Premio Paolo VI - nei quali figurano nomi del calibro del teologo von Balthasar e dell’esegeta Oscar Cullmann - uno studioso considerato tra i più grandi pensatori contemporanei. “Un uomo di fede - ha riconosciuto il Papa -  impegnato nella difesa dei valori umani e cristiani” e conosciuto anche “per l’apporto generoso al dialogo ecumenico tra cattolici e riformati”:

 

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La sua ricerca evidenzia quanto sia fecondo il rapporto tra filosofia e teologia, tra fede e cultura. Per la teologia punto di partenza e fonte originaria dovrà essere sempre la parola di Dio.

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Nel suo intervento in Sala Clementina, il Pontefice non ha ovviamente mancato di ricordare i meriti di Papa Montini, recentemente da lui definito “un padre e un maestro”:

 

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Paolo VI ha avvertito profondamente le inquietudini e le speranze del suo tempo, e si è sforzato di comprendere le esperienze dei suoi contemporanei, illuminandole con la luce del messaggio cristiano. Ha additato loro la sorgente della verità in Cristo, l’unico Redentore, fonte della vera gioia e dell’autentica pace.

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“Possa l’esempio di questo zelante Pastore della Chiesa universale - ha auspicato Giovanni Paolo II – incoraggiare e stimolare sempre più i credenti ad essere testimoni di speranza all’alba del terzo millennio”.

 

Tra i presenti alla cerimonia di questa mattina, vi era anche il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Così il porporato spiega le ragioni alla base del Premio consegnato a Paul Ricoeur:

 

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R. - In questo momento si è voluto onorare una persona - un pensatore, un cristiano pensatore - che unisce la profondità e la libertà dell’intellettuale all’attaccamento profondo alla Parola di Dio. Direi che è una risposta viva a quelli che hanno il timore che il riconoscersi cristiani sarebbe una difficoltà per la libertà. E’ tutto il contrario. Quello che mi ha più colpito è la sua capacità di non essere prigioniero dei concetti, ma di tornare sempre a riflettere sull’esistenza così com’è: cioè dalla nascita alla morte, dall’amore alla sofferenza. E dunque, mai Ricoeur è stato un uomo astratto, ma sempre dotato di una riflessione esistenziale.

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Una riflessione, quella del filosofo francese, che abbraccia anche questioni quali il perdono e la compassione. Lo conferma egli stesso, ai nostri microfoni:

 

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LA PREMIERE PARTIE DE MON TRAVAIL PHILOSOPHIQUE ...

La prima parte del mio lavoro filosofico è stata una riflessione sul male, sviluppata a livello di una sua espressione nei simboli, nei miti, nelle grandi interpretazioni filosofico-teologiche. Ma direi che questo non è che un versante del problema. Nella mia opera c’è un’evoluzione progressiva: da una sensibilità della colpevolezza, e attraverso un’esperienza personale particolarmente dolorosa, mi sono sempre più aperto a quella che chiamerei una cultura della compassione, che non abolisce l’altra, ma la mette nella luce di condivisione della sofferenza: di un compatire attivo, che tende alla diminuzione del male.

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L’ATTUALITA’ DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

E LA RESPONSABILITÀ DEI LAICI CRISTIANI. SONO I TEMI CENTRALI DEL DISCORSO

RIVOLTO DAL PAPA ALLA FONDAZIONE “CENTESIMUS ANNUS – PRO PONTIFICE” 

NEL DECENNALE DELLA SUA ISTITUZIONE

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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Il Papa ha ricevuto stamani in udienza circa 130 appartenenti alla Fondazione “Centesimus Annus – Pro Pontifice”, in occasione del decennale della loro istituzione. La Fondazione, che ha la propria sede nello Stato della Città del Vaticano, è impegnata nella diffusione dei valori umani, etici, sociali e cristiani esposti nella dottrina sociale della Chiesa ed in particolare nell’Enciclica Centesimus Annus.

 

Giovanni Paolo II ha messo in evidenza le tre grandi convinzioni che i membri della Fondazione sono chiamati a tenere presenti nel loro impegno. In primo luogo, il Papa ha rimarcato “la permanente attualità della dottrina sociale della Chiesa”. Le “drammatiche vicende che travagliano il mondo contemporaneo e le deplorevoli condizioni di sottosviluppo in cui versano ancora troppi Paesi – ha affermato il Pontefice - stanno a dire che occorre davvero ripartire da una giusta prospettiva: la verità dell'uomo è scoperta dalla ragione e confermata dal Vangelo di Gesù Cristo, che proclama e promuove la vera dignità e la nativa vocazione sociale della persona”.

 

Giovanni Paolo II ha quindi sottolineato “la responsabilità propria dei cristiani laici”: un tema, questo, riproposto con grande chiarezza dal Vaticano II. “Il Concilio - ha ricordato il Papa - parla di compito, luce, forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina”. “Questo compito – ha aggiunto - è proprio e peculiare dei fedeli laici, chiamati a investire della luce che viene dal Vangelo le molteplici realtà sociali e, con la forza infusa da Cristo, ad impegnarsi per ‘umanizzare’ il mondo”.

 

Il Santo Padre ha poi espresso “la consapevolezza che soltanto uomini nuovi possono far nuove tutte le cose”. “Non si può chiedere all'economia, alla politica e alle istituzioni sociali - ha detto ancora il Papa - ciò che esse non possono dare”. “Ogni vera novità - ha soggiunto - nasce dal cuore, da una coscienza riscattata, illuminata e abilitata a vera libertà dall'incontro vivo con Colui che ha detto: ‘lo sono la via, la verità e la vita’”.

 

“L’impegno sociale dei cristiani laici – ha concluso Giovanni Paolo II – può essere dunque nutrito e reso coerente, tenace e coraggioso soltanto da una profonda spiritualità che li renda capaci di esprimere le grandi virtù teologali – fede, speranza e carità – attraverso l’esercizio della difficile responsabilità di edificare una società meno lontana dal grande disegno provvidente di Dio”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina, in successive udienze, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e due vescovi dell’India in visita ad Limina.

 

In Paraguay, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Encarnación, presentata dal vescovo Jorge Adolfo Carlos Livieres Banks per sopraggiunti limiti d’età.

 

In Italia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tivoli, presentata dal vescovo Pietro Garlato per sopraggiunti limiti d’età. Al suo posto, Giovanni Paolo II ha nominato come suo successore Giovanni Paolo Benotto, finora vicario generale dell’arcidiocesi di Pisa. Il 53.enne neopresule è nato a S. Giuliano Terme, nel pisano, ed è stato ordinato sacerdote il 28 giugno del 1973. Docente di Teologia liturgica nel Seminario di Pisa, dal 1994 è canonico della Cattedrale della città toscana.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con il Pakistan, dove un attacco alla moschea sciita di Quetta ha provocato quarantotto morti.

Sempre in prima, la notizia dell'uccisione, a colpi di arma da fuoco, del sacerdote cattolico a Renala Khurd, a Sud di Islamabad.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai partecipanti al conferimento del "Premio internazionale Paolo VI" al prof. Paul Ricoeur, il Papa ha sottolineato che Paolo VI ha avvertito le inquietudini e le speranze del suo tempo illuminandole con la luce del messaggio cristiano.

Nel discorso al nuovo ambasciatore di Cipro, Giovanni Paolo II ha auspicato una soluzione della crisi, così da giungere alla pace e alla riconciliazione dell'Isola.

Nel Messaggio per il decennale della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice", il Santo Padre ha ricordato che l'impegno sociale dei cristiani laici può essere nutrito e reso coraggioso soltanto da una profonda spiritualità.

 

Nelle pagine estere, in Liberia, il presidente Taylor si dice pronto a dimettersi, sotto la crescente pressione della Casa Bianca.

Riguardo all'Iraq, un nuovo messaggio attribuito a Saddam Hussein.

In Kuwait, si vota per il rinnovo del Parlamento.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Giuseppe Dalla Torre dal titolo "Due secoli di storia dei rapporti Stato-Chiesa": pubblicato l'"Enchiridion dei Concordati". 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 luglio 2003

 

 

IN IRAQ MANCANO SICUREZZA E GENERI DI PRIMA NECESSITA’:

L’APPELLO DEL VESCOVO AUSILIARE CALDEO DI  BAGHDAD,

MONS. SHLEMON WARDUNI

- Intervista con il presule -

 

Lo spettro del conflitto armato - non quello delle rapide avanzate nel deserto, ma quello oscuro degli agguati e delle improvvise esplosioni di violenza – aleggia ancora in Iraq. La guerra si è trasformata in guerriglia, le forze angloamericane contano nuovi caduti quasi ogni giorno, i civili iracheni sono nel mezzo del guado di una transizione sociopolitica ancora molto lontana dalla sponda di arrivo. Da Baghdad a Bassora, le città del Paese hanno bisogno di aiuto in ogni settore. E ancora una volta, in favore della popolazione, si è levata la voce di un vescovo: ecco un resoconto della situazione dall’ausiliare caldeo di Baghdad, Shlemon Warduni, al microfono di Luca Collodi:

 

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R. - Manca la sicurezza in Iraq. Gli iracheni vivono in un grande disagio, sono in grande difficoltà. E per questo noi alziamo la voce e diciamo a tutti quelli che possono sempre fare del bene di resistere. Che si organizzi un governo provvisorio per governare la nazione, altrimenti cadremo nel caos.

 

D. - Mons. Warduni, che cosa preoccupa maggiormente la Chiesa irachena in questo momento?

 

R. – La Chiesa irachena è preoccupata per la pace dell’Iraq, per il suo futuro. E’ finito il tempo della paura, della dittatura: adesso vorremmo per i nostri giovani, le nostre ragazze, i nostri bambini un po’ di libertà. La Chiesa è preoccupata per ciò stiamo facendo tutto il possibile per avere un accordo con i nostri fratelli musulmani, sciiti e sunniti, perché anche tra loro c’è un po’ di preoccupazione a causa del fanatismo islamico.

 

D. – Quali sono, in questo momento, le maggiori urgenze che andrebbero risolte?

 

R. – Prima di tutto la sicurezza, poi i salari per tutti quanti - mancano da cinque mesi - cosicché gli iracheni possano vivere con dignità. Poi c’è la mancanza dell’elettricità, la mancanza di cose urgenti per vivere, la mancanza di medicine e altre cose, specialmente per i bambini malati e per gli anziani.

 

D. – Che appello lancia in questo momento?

 

R. – Io dico a tutti gli uomini di buona volontà, specialmente agli europei, di fare il possibile per sensibilizzare l’opinione pubblica, affinché si formi un governo, almeno provvisorio - o comunque un sistema di leggi per governare l’Iraq - e perché ritorni questa serenità di cui parlavo. Dico a tutti: amici, fate il possibile per arrivare ad un Iraq libero, democratico, nuovo senza che vi sia chi lo occupi. Gli americani sono qui per aiutarci a vivere e li ringraziamo. Hanno fatto tanto e spero che facciano tutto il possibile.

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IL REFERENDUM IN CORSICA:

200 MILA ELETTORI SCELGONO LE ISTITUZIONI DEL FUTURO,

NEL TENTATIVO DI DISINNESCARE LE SPINTE SEPARATISTE

- Intervista con Pierantonio Lacqua -

 

Si celebra domani, in Corsica, il referendum che potrebbe modificare le istituzioni dell’isola. In caso di vittoria del “sì”, si avrebbe una decentralizzazione dei poteri. Viceversa, il “no” segnerebbe una sconfitta per il governo di Raffarin. Al voto, sono attesi 191 mila elettori. Stefano Leszczynski ha sentito il corrispondente dell’Ansa a Parigi, Pierantonio Lacqua:

 

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R. – In Corsica, di fatto, si vive da anni in uno stillicidio di attentati quasi quotidiani contro edifici pubblici, banche, caserme. In sostanza, c’è una situazione di guerriglia strisciante, che è chiaramente ispirata da queste tendenze secessioniste, indipendentiste, che sono sì minoritarie, ma che esprimono un disagio. E poi c’è chiaramente un problema di rapporto politico. La Francia, Paese ipercentralizzato, ha avuto ed ha moltissime difficoltà a concedere alla Corsica quelle forme di autogestione che probabilmente sarebbero in grado di disinnescare queste tendenze secessionistiche.

 

D. – Domenica si svolgerà questo importante referendum. Nel dettaglio, di cosa si tratta e qual è la sua importanza?

 

R. – Il referendum di domani, in apparenza, è soltanto una consultazione popolare che riguarda una modifica istituzionale sulla seguente questione: se sia cioè opportuno creare un’unica collettività territoriale - ovvero un’unica entità, una specie di ente regione - che gestisca tutti gli affari locali. Quindi, il governo Raffarin ha voluto indire questo referendum anzitutto per dare una forma di maggior efficienza e coerenza amministrativa alle strutture della Corsica.

 

D. – Cosa potrebbe accadere se il referendum fallisse, quindi se vincesse il “no”?

 

R. – Il ministro degli Interni, Nicola Sarkozy, che è un po’ l’architetto di questo referendum e di questo progetto, ha  già detto che se domani vince il “sì” sarà la prima bella notizia in 30 anni. Se ovviamente vincesse il partito del “no” sarebbe una grossa battuta d’arresto e la Corsica rimarrebbe chiaramente alle prese con i suoi problemi. Ne farebbero le spese i corsi e probabilmente ne farebbe anche le spese Sarkozy: il ministro degli Interni, che è veramente l’astro nascente della politica francese e che finora non ha mai sbagliato un colpo.

 

D. – Il risultato del referendum è tutt’altro che scontato …

 

R. – In effetti, la maggioranza del ‘sì’ è accreditata di un margine esiguo - 51-55 per cento al massimo dicono i sondaggi – con un numero enorme di indecisi. Questo è piuttosto singolare se si tiene conto che, di fatto, tutti i maggiori partiti - sia di destra che di sinistra - hanno fatto la campagna a favore del “sì”. Solo che in Corsica esiste tutta una parte, sia della destra che della sinistra, che per ragioni o campanilistiche o di attaccamento ad un’idea molto centralizzata dello Stato e della république francese resta molto diffidente di fronte a questa modifica: non di per sé, ma per ciò che potrebbe poi succedere dopo questa riforma. E’ chiaro che, con questa riforma, gli indipendentisti dovrebbero avere un maggiore coinvolgimento nella gestione delle cose amministrative. E’ anche chiaro che un tentativo di concedere autonomia dovrebbe disinnescare queste tendenze indipendentiste.

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“SIGUE CON NOSOTROS” (RIMANI CON NOI):

E’ IL TITOLO DEL LIBRO SULL’ULTIMA VISITA DEL PAPA

IN SPAGNA NEL MAGGIO SCORSO

- Servizio di Giancarlo La Vella -

 

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(applausi)

 

E’ ancora vivo il ricordo dell’entusiasmo dei giovani spagnoli che segnò il loro incontro col Papa nel corso della sua ultima visita a Madrid, il 3 e 4 maggio scorsi. Un milione i ragazzi accorsero alla base aerea dei Cuatro Vientos, altrettanti i fedeli, il giorno successivo, a Piazza Colon, per assistere a cinque nuove canonizzazioni.

 

A poco più di un mese da quello storico viaggio - il quinto del Santo Padre in terra spagnola - è da pochi giorni nelle librerie un volume che fa rivivere quei momenti indimenticabili. “Sigue con nosotros”, ovvero “Resta con noi”, è il titolo del libro pubblicato dalla casa editrice Edibesa e presentato a Roma qualche giorno fa. “Il ricordo della quinta visita apostolica di Giovanni Paolo II in Spagna” è il sottotitolo del testo, in lingua spagnola, resoconto fedele e commento di quei due giorni rimasti nel cuore degli spagnoli e che trasmette ancor oggi, attraverso passi, commenti e immagini, le forti sensazioni di quel viaggio. Ma qual è lo spirito della pubblicazione? Lo abbiamo chiesto all’autore, padre Manuel Maria Bru Alonso, delegato episcopale per i mezzi di comunicazione sociale dell’arcidiocesi di Madrid:

 

“Quello che per me è più importante, e che ho voluto sottolineare fra le righe, nel libro, è l’esperienza molto forte fra il Papa e gli spagnoli. Non è solo l’esperienza del Maestro con i suoi discepoli, ma anche quella di un Padre con i suoi figli, fatta di vero amore reciproco. Questa è, a mio avviso, la cosa più importante di questi viaggi. Il Papa non è solo il Maestro che insegna ai suoi discepoli, ma il Padre che abbraccia i suoi figli”.

 

“Sigue con nosotros”, rappresenta un vero record di velocità editoriale, a poco più di un mese e mezzo dalla conclusione della visita del Pontefice in Spagna. Quasi un modo per non disperdere le emozioni di quel momento. Ma a chi si vuole rivolgere questo libro? Ci risponde padre Martinez Puche, fondatore e direttore della casa editrice Edibesa:

 

“Il libro è scritto per coloro che sono stati presenti a Madrid e per quelli che hanno ascoltato e seguito questa visita del Papa in Spagna attraverso i mezzi di comunicazione. E’ una possibilità per ricordare tutto ciò che è accaduto: un grande dono del Papa alla gioventù cattolica spagnola, un dono non solo per oggi, ma anche per il futuro”.

 

“Sarete miei testimoni”, “Spagna evangelizzata, Spagna evangelizzatrice”, “Siate costruttori di pace”, “Hasta siempre, tierra de Maria”. Frasi e temi che hanno caratterizzato il viaggio del Papa a Madrid e che ora sono oggetto di meditazione e rappresentano un ricordo indelebile, grazie anche al libro di padre Bru Alonso. E tra le testimonianze di quell’evento abbiamo raccolto quella dell’ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, Carlos Abella:

 

“Io ho avuto un momento molto personale, al ritorno dalla Spagna, con il Papa. Mi hanno chiamato accanto a lui per una foto ricordo, in aereo. Il Santo Padre era contentissimo, io l’ho ringraziato per la visita in Spagna e lui mi ha detto che c’erano tanti giovani bravi e affettuosi: erano tantissimi...”.

 

(canto)

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CHIESA E SOCIETA’

5 luglio 2003

 

 

“LA PACE DI OGNI NAZIONE NON PUÒ NASCERE DALLA VIOLENZA O DAI CONFLITTI ARMATI”.

QUESTO IL MESSAGGIO DEL SIMPOSIO DEGLI EPISCOPATI AFRICANI

SUL CONFLITTO IN LIBERIA. I PRESULI CHIEDONO L’IMMEDIATA FINE DELLE OSTILITÀ

 

ACCRA. = Il Simposio della Conferenze episcopali d’Africa e del Madagascar raccoglie l’appello di Giovanni Paolo II in favore della pace in Liberia e chiede alle parti in lotta il cessate in fuoco. In un messaggio diffuso oggi, i presuli esprimono il loro profondo dolore per gli scontri che stanno insanguinando il Paese africano ed esortano le fazioni a trovare una soluzione pacifica. “Nel nome di Cristo che è nostra pace – si legge nel messaggio – chiamiamo le parti a deporre le armi e a cercare con mezzi pacifici la prosperità del Paese ed il benessere della popolazione”. La pace di ogni nazione, sottolineano con decisione i vescovi, “non può nascere dalla violenza o dai conflitti armati”. Particolare apprensione è rivolta alla popolazione civile che subisce la violazione dei diritti umani e atroci atti di violenza: per questo motivo, i vescovi liberiani chiedono che al più presto vengano messi in moto progetti di aiuto umanitario. “Preghiamo per quelli che stanno facendo il possibile per arrivare alla soluzione pacifica di quest’inutile e insensato conflitto - concludono il loro messaggio - Ci appelliamo a chi ha la responsabilità di assicurare che i servizi umanitari raggiungano chi più ne ha necessità”. (M.A.)

 

 

UCCISO IN PAKISTAN DA CINQUE SCONOSCIUTI

IL SACERDOTE CATTOLICO GEORGE IBRAHIM

 

ISLAMABAD. = Un sacerdote cattolico è stato ucciso la scorsa notte a colpi d’arma da fuoco nella città pakistana di Okara, 300 chilometri a sud di Islamabad. Secondo la ricostruzione della polizia, cinque uomini, la cui identità è finora sconosciuta, sono entrati nella parrocchia durante la notte. Don George Ibrahim, 38 anni, originario del Punjab, svegliato dai rumori, stava controllando la canonica quando è stato raggiunto dai colpi sparati dai malviventi. “Ignoriamo del tutto il motivo di questa aggressione – ha dichiarato all’agenzia Misna, l’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence Saldanha – ma siamo sicuri che chi ha sparato contro don Ibrahim sapeva di avere di fronte un sacerdote cattolico”. (M.A.)

 

 

MESSAGGIO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU KOFI ANNAN,

PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE COOPERATIVE: “UN ALLEATO CHIAVE DELLE NAZIONI UNITE

PER UNO SVILUPPO SOCIOECONOMICO EQUILIBRATO E DI AMPIO RESPIRO”

 

NEW YORK. = “Liberare tutte le persone dalla fame e dalla povertà e raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio. Le cooperative, in quanto modelli di autotutela  e di solidarietà, capiscono meglio di molti altri che i progressi non si producono da soli, ma piuttosto attraverso un’intensa azione individuale e collettiva”. Le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della Giornata mondiale delle cooperative, mettono in evidenza i connotati di questo specifico settore, che svolge un ruolo importante nell’ambito delle aspirazioni e dei bisogni umani. Le cooperative forniscono servizi di base in campo sanitario e bancario, nonché nel settore degli alloggi. Promuovono l’istruzione e le pari opportunità, tutelano l’ambiente e i diritti dei lavoratori. “Attraverso una serie di attività – si legge nel messaggio di Annan sul tema “Le cooperative fanno dello sviluppo una realtà” – esse aiutano le persone in più di cento Paesi a migliorare le condizioni di vita e quelle delle proprie comunità. Mediante centinaia di milioni di associati, le cooperative rappresentano, a tutti i livelli, un alleato chiave del sistema delle Nazioni Unite e dei governi nello sforzo per raggiungere uno sviluppo socioeconomico equilibrato e di ampio respiro”. Nel 2001, l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato delle linee guida per aiutare i governi a stabilire normative e politiche favorevoli alla creazione di cooperative. Le Nazioni Unite stesse sono membro del Comitato per la promozione ed il progresso delle cooperative, il principale organo di coordinamento del movimento. Fra i progetti concreti dell’Onu vi è poi il sostegno dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) alle cooperative situate nella regione del Sahel e impegnate nello stoccaggio dei cereali nei villaggi e nella gestione dei piani di irrigazione e delle risorse naturali. (M.D.)

 

 

APPROVATA DAL PARLAMENTO SLOVACCO LA LEGGE SULL’ABORTO

FINO A 24 SETTIMANE,

IN CASO DI MALFORMAZIONI GENETICHE DEL FETO.

FERMA L’OPPOSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA LOCALE

 

BRATISLAVA. = Le polemiche sulla presunta ammissibilità dell’aborto investono in questi giorni la Slovacchia. Il parlamento di Bratislava ha infatti approvato giovedì scorso la legge che prevede il ricorso all’aborto sino a 24 settimane dopo il concepimento, in caso di malformazioni genetiche, riservando la decisione finale alle madre. Dei 150 deputati solo 132 erano presenti: i “sì” hanno prevalso con 70 voti. Per far entrare la legge in vigore però bisogna aspettare la firma del presidente della repubblica, Rudolf Schuster, che si è riservato 15 giorni di tempo per decidere. Ferma e decisa la posizione contraria assunta dalla Chiesa cattolica locale. Parole durissime sono state pronunciate dal vescovo di Nitra, il cardinale Jan Chryzoston Korec, mentre il presidente della Conferenza episcopale, il vescovo Frantisek Tondra, ha espresso il suo rammarico e la speranza che il presidente della Repubblica non firmi il provvedimento. In quest’ultimo caso, la Costituzione slovacca prevede che la legge ritorni al Parlamento per una nuova votazione che dovrà avere la maggioranza del 50 per cento più uno del totale dei componenti l’assemblea. Per settembre, inoltre, si attende il responso della Corte costituzionale sulla precedente legge sull’aborto del 1986. (M.A.)

 

 

I VESCOVI CATTOLICI INGLESI E GALLESI ESPRIMONO PERPLESSITÀ SULLA PROPOSTA DEL GOVERNO

DI RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE COPPIE OMOSESSUALI.

I PRESULI RIBADISCONO CHE È IL MATRIMONIO TRA UOMO

E DONNA IL FONDAMENTO DELLA FAMIGLIA E DELLA SOCIETÀ

 

LONDRA. = “Il matrimonio, che è una comunione a vita tra un uomo e una donna, è la pietra angolare della famiglia e della società. Di conseguenza gode di uno status diverso e speciale rispetto a qualsiasi altra relazione umana: il nostro auspicio è che questo venga sempre riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico”. Con queste parole, mons. John Hine, presidente della Commissione per il matrimonio e la famiglia della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, ha espresso le perplessità dei vescovi sulla recente proposta del governo britannico di conferire un riconoscimento legale alle unioni tra persone dello stesso sesso. La proposta è stata presentata a fine giugno dal Ministero delle pari opportunità. Mons. Hine giudica l’iniziativa poco comprensibile. “Non è chiaro – ha detto il presule - il motivo dell’attenzione del governo verso le unioni tra persone dello stesso sesso, quando ci sono molte altre relazioni a lungo termine di natura non sessuale che hanno lo stesso tipo di problematiche e che meriterebbero la stessa attenzione. Non si capisce poi - ha aggiunto - se la proposta riguarda semplicemente le coppie dello stesso sesso o se si tratti di conferire ad esse un riconoscimento sociale”. In quest’ultimo caso, il vescovo ha ricordato che la posizione della Chiesa è molto chiara sul particolare e speciale status del matrimonio. Mons. Hine ha annunciato che la Conferenza episcopale ha costituito uno speciale gruppo di lavoro per rispondere formalmente in merito. (L.Z.)

 

 

SI CHIUDE OGGI, NELLA BASILICA CECA DI VELEHRAD, IL PRIMO

PELLEGRINAGGIO NAZIONALE PER LA GIORNATA DEI CATTOLICI MITTELEUROPEI.

 

VELEHRAD. = Portare i fedeli dell’Europa centrale ad una maggiore comprensione reciproca, alla riconciliazione e all’unità cristiana. Con questi auspici si conclude oggi, presso la Basilica di Velehrad, nella Repubblica ceca, il primo dei pellegrinaggi nazionali organizzati nel quadro della Giornata dei cattolici mitteleuropei. L’evento, coincidente con la festa nazionale ceca  in cui vengono commemorati i Santi Cirillo e Metodio, culmina in una celebrazione eucaristica, cui partecipano vescovi provenienti dagli otto Paesi coinvolti nella Giornata, fra i quali il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn. Il pellegrinaggio è anche l’occasione per un incontro politico fra i ministri degli Esteri dei Paesi partecipanti. Inoltre, sono stati organizzati concerti di artisti provenienti da tutta l’Europa centrale. Particolare attenzione è stata riservata ai pellegrini disabili, cui sono dedicati alcuni incontri con personalità dello sport e dello spettacolo. Le manifestazioni della Giornata dei cattolici mitteleuropei si concluderanno con il pellegrinaggio transnazionale a Mariazell, in Austria, il 22 e il 23 maggio 2004. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 luglio 2003

 

  

- A cura di Barbara Castelli -

 

La Russia è stata scossa stamani da un’ondata di attentati. E’ di almeno 20 morti e 30 feriti il bilancio aggiornato della serie di esplosioni verificatesi oggi nell’aerodromo moscovita di Tushino, mentre era in corso un festival di musica rock. Lo ha reso noto il Ministero della protezione civile, precisando che si tratta di un bilancio ancora provvisorio. Almeno due delle deflagrazioni sono state attribuite a donne kamikaze.

 

Sembra prossima ad una soluzione la crisi in Liberia. Il presidente americano, George Bush, che martedì intraprenderà un viaggio diplomatico in Africa, ha deciso di mandare un gruppo di esperti nel Paese, per valutare l’opportunità dell’invio di una forza di pace statunitense. Sempre ieri la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’ovest ha dato il via libera all’invio di una “forza di interposizione” di 3 mila uomini. Lo stesso presidente, Charles Taylor, sembra aver ammorbidito le proprie posizioni. Il capo di Stato liberiano ha ventilato l’ipotesi di abbandonare il potere, accogliendo la proposta d’asilo della Nigeria esigendo, tuttavia, che prima del suo esilio si insedi nel Paese africano una forza di stabilizzazione internazionale. Ma ascoltiamo le parole dello stesso presidente, Charles Taylor:

 

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I WILL STEP DOWN AND TAKE OVER A TRANSNATIONAL ARRANGEMENT IN AN ORDERLY FASHION WHEN THERE ARE INTERNATIONAL FORCES HERE THAT WILL GUIDE YOU FROM ALL OTHER FORCES.

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A turbare i pensieri del presidente statunitense Bush, intanto, è tornato lo spettro di Saddam Hussein. Mentre in Iraq proseguono gli episodi di violenza ai danni delle forze di occupazione - l’ultimo questa mattina a Ramadi quando un’esplosione ha causato la morte di 7 poliziotti iracheni addestrati dalle forze statunitensi - si registra una nuova presunta apparizione dell’ex dittatore. L’emittente televisiva Al Jazeera ha infatti messo in onda ieri un nastro audio, in cui Saddam Hussein annuncia di essere in Iraq, tra il suo popolo. Paolo Mastrolilli:

 

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“Sono vivo tra gli iracheni e vi porto una buona notizia: le cellule e le brigate per la guerra santa sono state formate”. E’ il messaggio contenuto nella registrazione trasmessa ieri dalla televisione araba Al Jazeera che, secondo l’emittente, risale al 14 giugno e contiene la voce di Saddam Hussein. L’ex leader incita la popolazione a non arrendersi e a non cooperare con gli angloamericani, aggiungendo che la resistenza esiste ed è ben visibile, perché non passa giorno senza che le forze di occupazione subiscano delle perdite. Il presunto Saddam dichiara che le armi di distruzione di massa erano solo una copertura per distruggere il Paese, tanto che nessuno le ha ancora trovate, e promette giorni difficili nel prossimo futuro per gli invasori. Alcuni ex oppositori sono convinti che Saddam stia fomentando la resistenza, che continua a colpire le forze di occupazione ogni giorno. Il presidente Bush, parlando da una base aerea dell’Ohio in occasione della festa dell’Indipendenza, ha detto che il Paese resta in guerra contro i terroristi e non starà ad aspettare che tornino a colpire.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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L’uomo più ricercato di Francia, l’indipendentista corso Yvan Colonna, è stato arrestato ieri per l’omicidio del prefetto della Corsica Claude Erignac, delitto che risale al 1998. La cattura, avvenuta in località Porto Polo, giunge due giorni prima del referendum regionale sull’avvenire istituzionale dell’isola.

 

Continua a reggere con qualche difficoltà la tregua in Medio Oriente. La radio militare israeliana ha riferito stamani di colpi esplosi nel Libano meridionale dai guerriglieri Hezbollah contro aerei israeliani in volo nella zona. Non si sarebbe trattato un attivista che stava preparando un attentato invece il palestinese morto questa mattina nella striscia di Gaza, ma un pendolare ucciso dallo scoppio di una mina. Sul piano diplomatico, sono in corso oggi al Cairo colloqui tra il presidente egiziano Mubarak ed il collega siriano El Assad.

 

Nuove accuse di Amnesty International contro gli Stati Uniti, per le condizioni di detenzione dei prigionieri nel campo cubano di Guantánamo. Nei prossimi giorni, si svolgeranno i processi nei confronti dei primi sei presunti terroristi: processi le cui modalità di svolgimento sono state definite dall’organizzazione umanitaria “una parodia di giustizia”.

 

E l’allarme terrorismo è tornato alto in Pakistan, dopo la strage di ieri nella moschea sciita di Quetta, nel sud-ovest del Paese. Secondo il presidente, Pervez Musharraf, l’attentato, che ha causato 48 morti e 65 feriti, potrebbe essere stato organizzato con il coinvolgimento di elementi stranieri. Cresce, intanto, la rabbia della minoranza sciita: scuole e negozi resteranno chiusi due giorni, per protesta. Maria Grazia Coggiola:

 

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Anche oggi, nella città al confine con l’Afghanistan, continua il coprifuoco dichiarato ieri, dopo che una folla di sciiti, da cui provengono quasi tutte le vittime, ha circondato l’ospedale dove si trovano i feriti e distrutto negozi ed automobili nelle vicinanze. La polizia è riuscita a riportare la calma, ma la tensione rimane alta. Il presidente Musharraf, che si trova in Francia, ha promesso di colpire duramente i responsabili. “Non permetteremo che una piccola minoranza - ha detto - alteri i sentimenti di una nazione”. Il leader del principale partito sciita, e oppositore di Musharraf, ha invece parlato di un attacco terroristico organizzato con la complicità di strutture dello Stato. Dopo quasi un anno di relativa calma, i gruppi estremisti religiosi hanno di nuovo rialzato la testa. Nonostante gli sforzi per sradicare il fondamentalismo, e nonostante il supporto politico ed economico degli Stati Uniti, il Pakistan è ancora lontano dalla normalizzazione.

 

Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Giro di vite contro le proteste studentesche in Iran. A pochi giorni dal 9 luglio, anniversario della rivolta del ’79, sono state vietate le manifestazioni di ogni tipo: tanto nelle strade, quanto all’interno degli stessi atenei. I responsabili dell’Università di Teheran hanno deciso di chiudere il dormitorio per una settimana. Intanto, nel sudovest del Paese sono stati impiccati in piazza due uomini accusati di rapina e stupro, mentre uno, colpevole di avere bevuto alcolici, è stato frustato.

 

Domani il Messico va alle urne per eleggere il nuovo parlamento. A contendersi i 500 seggi il Partito rivoluzionario istituzionale, ex partito unico, il Partito di azione nazionale del presidente Fox, ed il Partito della rivoluzione democratica, le formazioni che da tre anni si stanno spartendo le istituzioni del nuovo Messico democratico.

 

Gli elettori del Kuwait sono chiamati oggi alle urne per eleggere un nuovo Parlamento, in occasione del decimo scrutino legislativo dopo il 1963. Il diritto di voto è attribuito a circa 140 mila cittadini su una popolazione di 885 mila persone. L’età minima per votare è di 21 anni. Per legge, le donne sono escluse sia dal voto sia dal Parlamento. Gli osservatori internazionali, intanto, manifestano perplessità anche sul valore politico del voto, visto che nel Paese non esistono partiti e il potere è saldamente nelle mani della famiglia al-Sabah.

 

La guerra in Costa d’Avorio è finita. Lo hanno annunciato i capi militari delle forze governative e dei ribelli, protagonisti negli ultimi 10 mesi di una lotta che ha spaccato in due il Paese. In una cerimonia organizzata al palazzo presidenziale, i leader della guerriglia hanno consegnato al presidente Laurent Gbagbo un kalashnikov, segno della loro volontà di disarmare. Dell’intesa, raggiunta ieri, ci parla Giulio Albanese:

 

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L’annuncio è stato dato attraverso una dichiarazione congiunta in una cerimonia alla presenza del capo dello Stato ivoriano, Laurent Gbagbo, durante la quale i ribelli hanno anche affermato la loro incondizionata fedeltà al presidente della Repubblica della Costa d’Avorio. Grazie all’intervento della diplomazia africana internazionale, dopo svariati tentativi, si è riusciti davvero a trovare una soluzione alla crisi, che ha portato alla formazione di un governo di unità nazionale, al quale partecipano anche rappresentanti delle forze ribelli. Il documento, letto da un colonnello delle forze ribelli, portava in calce la firma delle “Forze Armate Nazionali della Costa d’Avorio” e delle “Forze Nuove”, la sigla che raccoglie i tre movimenti ribelli ivoriani.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Buone notizie dal fronte della polmonite atipica. “La trasmissione umana del virus Sars è stata interrotta”: lo afferma in un comunicato l’Organizzazione mondiale della Sanità, che raccomanda comunque a tutti i Paesi di non abbassare la guardia. Anche Taiwan è uscita dalla lista delle zone a rischio. Complessivamente, l’epidemia ha colpito 8.400 persone, uccidendone 812.

 

 

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