RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 185 - Testo della Trasmissione di venerdì 4 luglio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Eliminare le armi di distruzione di massa e continuare i colloqui di pace tra i Paesi del 38.mo parallelo. Così il Papa al nuovo ambasciatore coreano presso la Santa Sede, ricevuto per la presentazione delle lettere credenziali.

 

In una lettera, gli auguri di Giovanni Paolo II per i cento anni del cardinale Corrado Bafile.

 

Chiesa e cristiani, artefici dell’Europa, oggi come nel passato. Intervista con il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Assegnato al filosofo francese Paul Ricoeur il Premio Paolo VI.

 

Appello all’Onu dell’arcivescovo di Gulu, mons. Odama, per la fine del conflitto in Uganda: il presule ai nostri microfoni.

 

Si concludono stasera a Roma i lavori della Conferenza di Caritas Europa. Ne parliamo con il responsabile italiano, Roberto Rambaldi.

 

Quattro luglio, festa nazionale negli Usa: con noi, il cardinale James Stafford e il prof. Benjamin Barber.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’appello della Comunità di Sant’Egidio affinché in Liberia comincino le trattative per la pace

 

Arrivati in Costa d’Avorio in primi caschi blu delle Nazioni Unite

 

La cura pastorale dei lavoratori marittimi con il rilancio dell’agenzia inglese e gallese per l’apostolato del mare

 

Pubblicato il libro dell’arcivescovo di Siviglia sul rapporto tra la religione cristiana e quella islamica

 

Missionari e accademici filippini scrivono ai vescovi chiedendo maggiore attenzione per il Creato

 

Riapre in Nepal un collegio cattolico affidato a missionarie giapponesi

 

24 ORE NEL MONDO:

In Medio Oriente, centinaia di palestinesi hanno manifestato contro il premier Abu Mazen.

 

Otto morti in Pakistan, nell’esplosione all’interno di una Moschea.

 

Dopo le polemiche di Strasburgo, colloquio chiarificatore tra Silvio Berlusconi e il cancelliere tedesco Schröder.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 luglio 2003

 

ELIMINARE LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA E PROSEGUIRE

SULLA VIA DEL DIALOGO PER UNA VERA PACE NELLA PENISOLA COREANA:

COSI’, GIOVANNI PAOLO II NEL DISCORSO

 AL NUOVO AMBASCIATORE SUDCOREANO PRESSO LA SANTA SEDE, YOUM SEONG,

 RICEVUTO STAMANI IN UDIENZA PER LE LETTERE CREDENZIALI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

E’ necessario costruire il futuro della Corea sulle “solide basi del rispetto della persona e nella costante ricerca della giustizia della pace”: è la viva esortazione che Giovanni Paolo II ha espresso stamani nel discorso al nuovo ambasciatore coreano presso la Santa Sede, il professor Youm Seong. Il Papa ha incoraggiato gli sforzi di dialogo tra Seul e Pyongyang, ribadendo la necessità che tale regione venga liberata dallo spettro delle armi di distruzione di massa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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C’è amarezza nel constatare come la penisola coreana, “abitata da un solo popolo, sia costretta a vivere una penosa divisione”. Il Papa lo ha evidenziato esprimendo preoccupazione per il “permanere di sentimenti di ostilità e di contrapposizione tra le due nazioni”. Tuttavia, ha aggiunto, è motivo di speranza “sapere che vi è volontà di alleviare le tensioni mediante dialoghi e incontri”. Un segnale “incoraggiante”, ha detto, che va sostenuto con “pazienza e coraggio, perseveranza e lungimiranza”. Solo con il “dialogo rispettoso”, infatti, “possono essere raggiunti obiettivi positivi e durevoli”.

 

Gli accordi sinora siglati, ha constatato, testimoniano “una volontà sincera di pacifica composizione delle contese”, nel segno del reciproco rispetto e per “una proficua intesa”. Iniziative, queste, a vantaggio “non solo della riconciliazione tra i due Stati, ma anche della stabilità” di tutta la regione. Proprio in tale congiuntura storica, ha avvertito il Pontefice, “occorre perseguire instancabilmente gli sforzi tesi all’eliminazione progressiva, equilibrata e verificabile delle armi di distruzione di massa”, specie di “quelle nucleari”. Il “ricordo delle sofferenze passate – ha proseguito – non deve ridurre la fiducia in un avvenire migliore”. D’altro canto, ha affermato, “questo percorso politico” troverà “maggiore forza e credibilità se l’area più sviluppata della penisola saprà farsi carico” per quanto possibile, delle necessità dell’altra area.

 

Ricordando i suoi due viaggi apostolici in terra coreana, il Papa ha poi messo in luce come il Vangelo sia cresciuto e fiorito in Corea, “contribuendo ad una maggiore apertura fra gli stessi abitanti” e generando anche “con altri Paesi un fecondo e reciproco scambio di valori di civiltà”. La comunità cattolica in Corea, ha rilevato, svolge la sua missione ispirandosi al Vangelo e rende concreta la propria testimonianza religiosa con istituzioni educative e assistenziali. Nel rammentare così che la Chiesa cattolica annuncia il Vangelo della Vita, si è soffermato sul “triste fenomeno dell’aborto”, per il quale la Chiesa “non nasconde la sua preoccupazione”.

 

Accanto a questa “terribile piaga sociale”, ha avvertito, si accompagna una “diffusa pratica del controllo artificiale della natalità” e il propagarsi di una mentalità che “giustifica e incoraggia le manipolazioni genetiche”, come “pure e ancora la pena di morte”. Dinnanzi a queste minacce alla vita, dunque, la Chiesa “sente che è suo dovere richiamare i valori in cui crede”. Un programma che ha come “obiettivo prioritario la difesa della vita e della famiglia”, ha concluso, “recherà certamente beneficio alla solidità e stabilità della società coreana”.

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Nel suo indirizzo di saluto, l’ambasciatore Youm Seong ha ricordato come, quest’anno, ricorra il quarantesimo anniversario di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica di Corea. Il 61enne diplomatico sudcoreano, professore di filosofia, che ha anche studiato alla Pontificia università salesiana di Roma, si è soffermato sui tentativi di pace e riunificazione tra le due Coree. Per “alleviare la tensione tra le due parti e per evitare ogni possibilità di guerra”, ha affermato, liberandoci dal “terrore delle armi nucleari” i coreani hanno bisogno del “saggio consiglio” del Papa, ispirato dalla “divina saggezza evangelica”. Evento inedito nell’udienza di stamani: la lingua utilizzata per i discorsi è stato il latino. Idioma, che l’ambasciatore conosce bene grazie alla sua carriera accademica, culminata con la carica di direttore dell’Istituto coreano di studi greco-romani.

 

 

GLI AUGURI DEL PAPA

PER I 100 ANNI DEL CARDINALE CORRADO BAFILE

- A cura di Carla Cotignoli -

 

Compie 100 anni il cardinale Corrado Bafile. Il Papa ha voluto fargli gli auguri, sia personalmente, ricevendolo in udienza questa mattina con i familiari, sia con una affettuosa lettera. “Si tratta di una traguardo davvero significativo – scrive il Santo Padre – raggiunto dopo un lungo percorso segnato da tappe importanti: dal sacerdozio “abbracciato in età adulta”, ai molti “delicati uffici” svolti a servizio della Santa Sede. Il Papa ha ricordato i vent’anni “di apprezzato lavoro in Segreteria di Stato”, la nomina a Nunzio apostolico in Germania. E poi, annoverato da Papa Paolo VI tra i membri del Collegio Cardinalizio, alla guida del Dicastero delle Cause dei Santi.

 

Auguri, gratitudine e apprezzamento. Ma il Papa ha voluto sottolineare soprattutto “le alte convinzioni spirituali che hanno sempre orientato il suo agire”. “Quanti hanno avuto il privilegio di esserle accanto – si legge – non solo nel servizio della Sede Apostolica, ma anche nel Sodalizio degli Abruzzesi a Roma e nella Legio Mariae, attestano concordemente lo zelo sacerdotale e apostolico che ha sempre ispirato il suo servizio nelle varie fasi della lunga vita. 

 

 

IL VANGELO, LA CHIESA, I CRISTIANI:

ANIMA E IMPEGNO NELLA COSTRUZIONE DELLA NUOVA EUROPA

- Intervista con il cardinale Dionigi Tettamanzi -

 

Un’Europa “una” e “intera”, all’interno della quale “umanesimo europeo e radici cristiane” possano coesistere e fornire al continente le necessarie fondamenta per affrontare le conseguenze dovute all’allargamento verso est dei suoi confini. Sono alcuni dei concetti che il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha sviluppato nel suo intervento alla conferenza di Strasburgo, mercoledì scorso, dedicato al magistero europeista di Giovanni Paolo II. Soffermandosi sulla questione, molto attuale, del riconoscimento della presenza cristiana nel dna continentale, l’arcivescovo della diocesi ambrosiana ha ripreso le affermazioni del Papa contenute nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa. L’eredità della fede cristiana, ha citato tra l’altro, “non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alla generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato il continente europeo” e il “prenderne atto torna a vantaggio di tutti”. Proprio sul valore del documento papale, promulgato in un momento di grandi fermenti per il continente europeo, ecco un commento del cardinale Tettamanzi, raccolto a Strasburgo da Alessandro De Carolis:

 

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R. - L’Europa ha delle radici cristiane che chiedono di essere continuamente riscoperte, rivitalizzante, nella convinzione che tali radici hanno la possibilità - e direi addirittura una fecondità straordinaria - per rinnovare il volto del nostro continente in chiave soprattutto morale e spirituale. Inoltre, va detto che il cristiano ha un dovere preciso nei riguardi della società: è responsabile di venire incontro alla costruzione di una realtà nuova come l’Europa, di portare il proprio contributo. Come il Papa ultimamente dice, il Vangelo non è mai contro l’uomo ma è sempre e solo a favore dell’uomo. Chi possiede il Vangelo per un dono - perché gli è stato regalato dalla grazia del Signore - non può trattenerlo per sempre, ma lo deve investire, nel senso di offrirlo anche agli altri.

 

D. - Giovanni Paolo II un padre dell’Europa, dunque…

 

R. - Sì, è un padre dell’Europa e un fondatore. Mi piace mettere insieme questi due appellativi, perché si può essere fondatori con un senso di paternità che conduce anche ad avere coraggio: soprattutto quello di dire la verità di fronte a dei disordini, a delle storture. D’altra parte, l’essere padre significa sollecitare anche tutti a fare in modo che questa casa sia sentita come la casa di tutti. E per esserlo davvero di tutti, è doveroso che porti il suo contributo ad un livello molto più ampio, a livello mondiale. L’Europa deve ritrovare se stessa, ma deve trovare se stessa perché deve donarsi al mondo intero.

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EREZIONE DI UNA NUOVA DIOCESI IN PAPUA NUOVA GUINEA

E NOMINA DEL VESCOVO

 

Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Kimbe (Papua Nuova Guinea), con territorio dismembrato dall’Arcidiocesi di Rabaul, rendendola suffraganea della medesima Chiesa MetropolitanA ed ha nominato primo Vescovo di Kimbe mons. Alphonse Chaupa, finora Vescovo titolare di Torre di Tamalleno ed Ausiliare di Rabaul. Il Vescovo risiederà nella stessa città di Kimbe, dove c'è una Chiesa dedicata a "Maria Aiuto dei Cristiani" che diverrà la Cattedrale.

 

 

GIOVEDI’ PROSSIMO CONFERENZA STAMPA NELLA SALA STAMPA VATICANA

 PER LA PRESENTAZIONE DEL BILANCIO CONSUNTIVO DELLA SANTA SEDE

 

Giovedì 10 luglio 2003, alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2002.

 

Interverranno: il cardinale Sergio Sebastiani, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; il vescovo mons. Franco Croci, Segretario della medesima Prefettura; il dott. Ivan Ruggiero, Ragioniere Generale della Prefettura.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La situazione in Medio Oriente apre la prima pagina: Israele libera trentatre prigionieri palestinesi.

 

Nelle vaticane, "Alleviare le tensioni al fine di smussare le divergenze per una proficua intesa tra le due Nazioni della Penisola" è il titolo al discorso del Papa al nuovo ambasciatore di Corea.

La Lettera del Santo Padre al cardinale Corrado Bafile, in occasione del centesimo genetliaco: lo zelo sacerdotale ed apostolico ha sempre ispirato il servizio del porporato nelle varie fasi della sua lunga vita.

 

Nelle pagine estere, l'intervento della Santa Sede alla Sessione di fondo 2003 del Consiglio Economico e Sociale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite: "Un'alleanza per lo sviluppo fondata sull'unità del genere umano".

Unione Europea: un invito alla saggezza ed alla serenità rivolto dal presidente della Repubblica Ciampi.

Argentina: secondo un rapporto dell'organizzazione "Save the Children", quattro bambini su dieci costretti a vivere nell'indigenza.  

 

Nella pagina culturale, un contributo di Francesco Licinio Galati sul romanzo "Vita" di Melania G. Mazzucco, che ha vinto la 57 edizione del "Premio Strega".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i drammatici temi dell'immigrazione e dei trafficanti d'organi.            

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 luglio 2003

 

 

AL FILOSOFO FRANCESE PAUL RICOEUR IL PRESTIGIOSO PREMIO PAOLO VI.

STAMANI A ROMA, LA CONFERENZA STAMPA CON LO STUDIOSO,

 ALLA PRESENZA DEL CARDINALE PAUL POUPARD

 

- Servizio di Debora Donnini -

 

         Ha contribuito in modo rilevante alla cultura di ispirazione religiosa: con questa motivazione il francese Paul Ricoeur, uno dei più importanti filosofi del nostro tempo, è stato insignito del prestigioso Premio Paolo VI. Ricchissima la  produzione culturale del filosofo. E’ testimonianza di un pensatore sempre attento alle tendenze più significative della cultura contemporanea. Stamani, a Roma, lo studioso ha preso parte ad una conferenza stampa promossa dall’Istituto Paolo VI di Brescia, alla presenza del cardinale Paul Poupard. C’era per noi, Debora Donnini:

 

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Il rapporto fra Bibbia e filosofia, una delle caratteristiche principali del pensiero di Paul Ricoeur, che riceverà domani il premio internazionale Paolo VI. Gli  sarà consegnato da Giovanni Paolo II. Un premio ricevuto negli anni passati da illustri predecessori, come Von Baltassar e Jean Vanier, per fare solo due esempi.

 

La dotazione del premio andrà per disposizione di Ricoeur alla Foundation John Bost, opera caritativa assistenziale francese, che aiuta persone portatrici di handicap e anziani. Presente oggi alla conferenza stampa il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, che ha sottolineato l’importanza della consegna del premio a un pensatore come Ricoeur. Il tema del dialogo è stato al centro degli interventi, come elemento caratterizzante sia di Paolo VI, sia di Ricoeur. Del filosofo francese, di confessione riformata, è stato ricordato anche l’impegno nel dialogo ecumenico.

 

Per la Radio Vaticana, Debora Donnini.

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L’UGANDA SOTTO I COLPI DI UN GRAVE CONFLITTO CIVILE

LA CHIESA LOCALE CHIEDE L’INTERVENTO DELL’ONU

- Intervista con mons. John Batpist Odama -

 

 

Saccheggi, sequestri di persona, civili uccisi a colpi di machete, case e luoghi di culto annientati. E’ questo il quadro sociale dell’Uganda settentrionale, oggi, attraversato da una tragica guerra civile tra i soldati regolari e i ribelli di un non meglio identificato Esercito di resistenza del signore. Contro il conflitto, la Chiesa locale ha levato la sua voce. In una sua lettera, l’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama, afferma di aver assistito alla “umiliazione” del suo popolo, e ha denunciato le continue violenze contro i più deboli della popolazione. “Non possiamo accettare - scrive - che una guerra politica divenga un conflitto religioso”:

 

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All’inizio della missiva, il 54.enne presule, conosciuto per il suo straordinario impegno in favore della pace, esprime i suoi sentimenti di solidarietà nei confronti di tanta gente innocente: “Non posso tacere di fronte alle umiliazioni quotidiane e alle miserie della mia gente”. Al contempo il presule, mentre indica i valori cristiani del perdono e della riconciliazione, si sofferma sul fatto che coloro che continuano ad attaccare le chiese, le scuole e le famiglie, in effetti tentano di scagliarsi contro Dio. Il presule auspica anche un serio coinvolgimento a livello internazionale,  a livello nazionale del governo e della società civile ugandese, per una soluzione pacifica del conflitto, che contrappone il sedicente Esercito di resistenza del signore alle forze governative.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Per meglio approfondire la situazione e dare risalto alle parole di mons. Odama, la nostra collega della redazione inglese, Linda Bordoni, ha raggiunto telefonicamente il presule nella sua diocesi:

 

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R. – OUR APPEAL …

Il nostro appello nasce da una situazione che è durata troppo. Noi speriamo in un intervento della comunità internazionale e che essa, e specialmente l’Onu, esamini con serietà la nostra situazione, giacché il compito delle Nazioni Unite è quello di verificare ovunque vi sia un problema di sicurezza che si protragga per lungo tempo, come il nostro. Dovrebbero cercare di risolverlo pacificamente, noi lo abbiamo esplicitamente affermato nella nostra lettera. E nello stesso tempo, ci appelliamo anche ad altre organizzazioni, all’interno del nostro Paese e al di fuori, perché vengano in aiuto dei bambini e delle donne e di tutte quelle persone che stanno vivendo una situazione davvero disperata. Siamo molto grati che il Papa si sia preoccupato della situazione nella parte nord dell’Uganda e che abbia levato anche un appello verso tutti coloro che hanno una connessione e un ruolo da giocare in questa situazione, affinché facciano tutto quello che è possibile. Per questo sono stato molto grato al Pontefice e desidero fargli pervenire la mia gratitudine anche attraverso altre organizzazioni, specialmente l’agenzia Misna. Questo, dunque, è il nostro appello. Noi siamo un’area di crisi del pianeta ormai dimenticata. La gente, quindi, dovrebbe venirci in aiuto. Prima lo fa e meglio sarà.  

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INTEGRAZIONE, POLITICHE SOCIALI, IMMIGRAZIONE, AIUTI AL SUD DEL MONDO.

QUESTE LE PRIORITÁ PER IL VECCHIO CONTINENTE NEI LAVORI

DELLA CONFERENZA REGIONALE DI CARITAS EUROPA, CHE SI CHIUDE OGGI A ROMA

- Intervista con Roberto Rambaldi -

 

L’allargamento dell’Unione europea pone, già per l’immediato futuro, nuovi problemi per i Paesi membri, chiamati a gestire, sempre più collegialmente, le politiche sociali, l’emergenza immigrazione e la cooperazione internazionale. Sono proprio queste le tematiche al centro dei lavori della Conferenza regionale di Caritas Europa, che si conclude questa sera a Roma e che ha visto la partecipazione di 85 delegati di 44 nazioni del continente. Ma sulle priorità che l’Unione, e anche le agenzie internazionali, dovranno presto affrontare, Massimo Donaddio ha raccolto il commento di Roberto Rambaldi, referente italiano di Caritas Europa: 

 

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R. – Purtroppo l’elenco è lungo. Pensiamo alla cosiddetta Europa dell’Est, che a sua volta poi presenta contesti molto diversi e alcune situazioni sociali davvero pesanti, che non trovano risposta: per esempio i senza fissa dimora; le fasce minorili; o in tanti, troppi Paesi, le povertà economiche, quindi tutta una serie di drammi familiari; lo sfruttamento delle donne a fini sessuali; il mercato delle stesse persone umane. Sono grandi temi, drammatici, difficili, complessi, su cui però sono in corso esperienze positive, tentativi di risposta in nome di una fede comune sono ormai da anni messi in campo.

 

D. – Abbiamo parlato di migrazioni, anche dentro e verso il continente europeo, le quali sono in costante crescita. Qual è la valutazione della Caritas europea sull’attuale politica dell’Unione sull’immigrazione? Come si può salvaguardare anche la dignità umana?

 

R. – Questo è un fronte che ci vede particolarmente impegnati. Innanzitutto si stanno spostando i confini. Quindi, la “mobilità libera” di qui a poco comprenderà non pochi altri Paesi. Di conseguenza si spostano i confini dei Paesi di frontiera. Queste non sono solo scelte politiche, che mutano un po’ i nostri atlanti, ci sono grossi riflessi dal punto di vista della mobilità umana. Chiaramente su questo fronte c’è stato da parte delle Caritas europee una lunga serie di prese di posizione nei confronti dell’Unione o dei singoli governi. Faccio solo un paio di esempi: il tema della riunificazione familiare, piuttosto che il tema dei diritti fondamentali dei riceventi asilo e dei rifugiati politici. Chiudo dicendo che su questo fronte, in particolare, l’azione è significativamente collegata e congiunta a non poche realtà del tutto analoghe di altre confessioni cristiane. Quindi, in chiave ecumenica c’è un ottimo dialogo e ormai sono numerose le prese di posizione comuni.

 

D. – Quale potrebbe essere secondo voi il ruolo di agenzie internazionali come la Caritas nel processo di integrazione europea?

 

R. – E’ un ruolo abbastanza significativo. Tenendo conto, come piccola premessa, che poi le Caritas hanno anche impostazioni e dimensioni molto diverse nei singoli Paesi, in questo momento della storia, certamente possono essere una realtà che pur vivendo grosse differenze al proprio interno, facilitano tutta una serie di dialoghi, confronti, conoscenze reciproche - proprio come Giovanni Paolo II ci invita a fare nel documento Ecclesia in Europa - per arrivare poi ad azioni congiunte, iniziative comuni in nome di un unico obiettivo, che è quello della promozione umana e delle risposte alle urgenze che i poveri ci pongono giorno dopo giorno.

 

D. – A parte il rapporto con gli immigrati, che spesso provengono dal sud del mondo, quali possono essere, secondo la Caritas, dei passi significativi da parte dell’Europa per aiutare realmente i Paesi poveri?

 

R. – Chiaramente le priorità qui sono quelle di sempre. Oggi si parla di più, ma giustamente, di temi come quello dell’acqua, piuttosto che quello del diritto di accesso allo studio, e potremmo aggiungere quello della sanità … Certamente, tra le priorità di oggi non posso non citare in generale la promozione e il rispetto dei diritti umani, ma soprattutto il lavoro nei contesti di conflitto: conflitto esploso, conflitto latente, o conflitto appena concluso. Laddove i riflettori dei grandi media si abbassano, noi addirittura potenziamo la nostra attività, perché quello è il momento per essere davvero vicino alle fasce più deboli.

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OGGI 4 LUGLIO FESTA DELL’INDIPENDENZA DEGLI STATI UNITI

RISPETTO DELLE DIVERSE CULTURE E INTERDIPENDENZA LE SFIDE CHE SI PONGONO

AGLI STATI UNITI IN MONDO SEMPRE PIU’ GLOBALIZZATO

CON NOI IL CARDINALE JAMES STAFFORD E IL PROF. BENJAMIN BARBER

- A cura di Carla Cotignoli -

 

 

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Oggi 4 luglio 2003, per gli Stati Uniti è l’Indipendence Day, la festa dell’indipendenza sancita con una storica Dichiarazione che risale a 227 anni fa, al 4 luglio 1776. La giornata odierna si prevede senza fasti particolari, ma nel segno della tradizione: fuochi di artificio – che comunque quest’anno si annunciano “dimessi” rispetto al passato per ragioni economiche -  e  ancora pic-nic familiari che affolleranno parchi e spiagge dell’Unione.

 

Il cardinale americano James Stafford, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, in questo giorno, invita i suoi connazionali a riflettere sui valori su cui si fonda la Dichiarazione di indipendenza ed in particolare sul modo con cui gli Stati Uniti interagiscono con le altre Nazioni:

 

WE NEED TO LOOK NOT ONLY AT THE GREAT ...

“Dobbiamo non soltanto riferirci a quel grande documento che è la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, ma anche alla seconda Dichiarazione quella di Abram Lincoln di Gettysburg in cui dichiara: “Siamo una sola Nazione, fondata sul consenso di chi è governato”. Le implicazioni sono notevoli nei nostri rapporti con gli altri popoli e gli altri governi. La sfida oggi per il nostro Paese è che, in un mondo pluralista, noi dobbiamo, come nazione, essere rispettosi delle scelte di governo di altri popoli, penso specialmente al mondo musulmano. Essi hanno il loro passato, la loro esperienza, la loro ricchezza, con cui sono entrati in questa nuova fase della storia caratterizzata dalla globalizzazione economica, sociale e direi anche culturale. Gli Stati Uniti – lo ribadisco -  come disse Lincoln e come si legge nella Dichiarazione d’indipendenza, devono avere un profondo rispetto per la libertà degli altri, per i modi con cui  vogliono vivere come società, e specialmente per le scelte dei  sistemi politici ed economici”.

 

 In questa Giornata molti si chiedono: il concetto di nazione indipendente non è forse superato oggi in un mondo sempre più globalizzato ed interdipendente? Una nota personalità del mondo culturale e politico americano, il professor Benjamin Barber, docente di Scienze politiche dell’Università del Maryland, sta per avviare una campagna in risposta a questo interrogativo. La preannuncia al microfono dei Carol Glatz, della nostra redazione inglese:

 

WE ARE PREPARING ...

“Stiamo preparando per il 12 settembre, il giorno dopo la disastrosa tragedia terroristica dell’11 settembre, l’Interdipendence Day, cioè lanciamo la celebrazione di una Giornata per l’“Interdipendenza”. Ho parlato a New York con mons. Migliore, il rappresentante della Santa Sede alle Nazioni Unite. E siamo venuti qui in Vaticano per cercare di assicurarci l’interesse e l’appoggio in questa straordinaria e nuova celebrazione di interdipendenza globale. Il Papa è una voce morale molto forte nel mondo, non solo tra i cattolici, ma tra tutte le persone, per quanto riguarda la pace e la giustizia. Rappresenta una fonte di ispirazione di quella interdipendenza che noi cerchiamo di sviluppare”.

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CHIESA E SOCIETA’

4 luglio 2003

 

 

LE PARTI IN LOTTA IN LIBERIA CESSINO I COMBATTIMENTI

E RITORNINO AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE. QUESTO L’APPELLO DELLA COMUNITÀ

DI SANT’EGIDIO, MEDIATRICE NEL CONFLITTO

 

ROMA. = In qualità di mediatore tra il governo di Monrovia e Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia), la Comunità di Sant’Egidio è tornata a chiedere alle parti che si affrontano in Liberia un nuovo cessate-il-fuoco. Nel messaggio, diffuso la scorsa settimana e tornato d’attualità dopo le parole di Giovanni Paolo II nell’udienza generale di mercoledì scorso, si invoca la fine del conflitto in favore di una soluzione politica. Una prima tregua era stata firmata il 7 giugno, ma gli scontri sono continuati, provocando 700 morti e oltre mille sfollati. Per questo la Comunità di Sant’Egidio ritiene sia una priorità, per le parti in lotta e per la comunità internazionale, porre fine alle sofferenza della popolazione civile, garantire il ritorno dei profughi alle loro abitazioni e iniziare la distribuzione di viveri e aiuti umanitari. (M.A.)

 

 

ARRIVATI IN COSTA D’AVORIO I PRIMI CASCHI BLU DELLE NAZIONI UNITE.

IL CONTINGENTE RIMARRÀ NEL PAESE AFRICANO 6 MESI

COL COMPITO DI MONITORARE IL RECUPERO DELLE ARMI

 

ABIDJAN. = E’ iniziato il dispiegamento del contingente dei caschi blu dell’Onu in Costa d’Avorio. I primi 26 ufficiali sono arrivati ieri ad Abidjan per iniziare a preparare la missione di peacekeeping (Minuci). Per sei mesi i caschi blu affiancheranno i 4 mila militari francesi già presenti in territorio ivoriano e i 1250 soldati inviati dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. “La nostra responsabilità – ha spiegato il generale di brigata Adbul Hafiz, originario del Bangladesh, che comanderà la missione – è di contribuire alla pianificazione della consegna delle armi, alla smobilitazione ed alla reintegrazione dei ribelli”. La missione Minuci prevede l’impiego di un contingente composto solo da ufficiali. Secondo quanto stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la missione potrà contare fino ad un massimo di 76 ufficiali. Gli altri 50 potranno aggiungersi in seguito se il segretario generale, Kofi Annan, lo riterrà necessario e se le condizioni di sicurezza lo permetteranno. (M.A.)

 

 

 

 

GRAZIE ALL’OPERA DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI INGLESI E GALLESI, RAFFORZATA L’AGENZIA PER L’APOSTOLATO DEL MARE. OFFRIRA’ ASSISTENZA

E AIUTO AI LAVORATORI MARITTIMI IN 89 PAESI DEL MONDO

 

LONDRA. = La vita dei marinai, dei pescatori, e di tutte le altre persone che lavorano sulle navi solcando i mari di tutto il mondo è particolarmente dura. Per venire incontro alle loro esigenze, la Conferenza episcopale dei vescovi cattolici inglesi e gallesi ha ristrutturato l’Agenzia per l’apostolato del mare. “La missione di coloro che lavorano in mare, sulle barche, è straordinaria – ha detto, durante la presentazione, il presidente della Conferenza, il cardinale Cormac Murphy-O’Connor - ma spesso dimenticata. Sono consapevole che coloro che vivono su queste navi sono tra le persone più povere e separate dalle loro famiglie. Meritano tutto il nostro sostegno, ospitalità e cura”. “Il nostro scopo - ha aggiunto il direttore dell’Agenzia, Chris York - è quello di portare il Vangelo e la Chiesa a coloro che vivono in condizioni isolate. Visitiamo le navi e i loro equipaggi quando giungono al porto. Stiamo cercando di realizzare dei centri ecumenici nei porti dove sarà possibile per i marittimi inviare posta elettronica, telefonare e avere un contatto con le loro famiglie”. L’apostolato del mare è un organismo della Conferenza episcopale dei vescovi inglesi e gallesi nata nel 1922 e sparsa in 89 nazioni del mondo che fornisce aiuto ed assistenza ai marittimi senza distinzione di razza, credo e censo. Collabora con altre agenzie cristiane svolgendo un’intensa attività ecumenica. (M.A.)

 

 

“CRISTIANI E MUSULMANI”: QUESTO IL TITOLO DEL LIBRO APPENA PUBBLICATO DALL’ARCIVESCOVO DI SIVIGLIA, CARLOS AMIGO VALLEJO.

SEGUENDO I PASSI DEL PAPA,

UN CONTRIBUTO AL DIALOGO INTERRELIGIOSO TRA CRISTIANI E MUSULMANI

 

SIVIGLIA. = Sulla via tracciata da Giovanni Paolo II nel dialogo interreligioso con la religione islamica, l’arcivescovo di Siviglia, mons. Carlos Amigo Vallejo ha pubblicato in questi giorni il libro “Cristiani e musulmani”. Il volume si propone come contributo per superare le incomprensioni, che storicamente hanno diviso i fedeli delle due grandi religioni monoteiste. Il presule analizza i motivi storici, che per secoli hanno caratterizzato le relazioni tra i due mondi, i punti di unione, le differenze e le indicazioni che il magistero della Chiesa cattolica offre per favorire il dialogo. Mons. Amigo Vallejo rileva però che questo nuovo atteggiamento non è ancora recepito da tutti i credenti. Mentre nelle chiese locali, soprattutto in quelle più vicine ai luoghi in cui sono presenti comunità islamiche, si propongono programmi pastorali per approfondire il dialogo e la collaborazione, nella maggioranza dei casi si rileva tanta ignoranza e lontananza. “E’ facile – scrive il presule – che sorgano pregiudizi, nati frequentemente da concetti sbagliati o da notizie ambigue, come per esempio, quelle che trattano di scontri i quali, con il pretesto di motivazioni religiose, nascondono motivi e interessi ben distinti da quelli che potrebbero sostenere dei veri credenti”. “Solamente con la sincerità, con il rispetto delle differenze – sostiene ancora mons. Amigo Vallejo – si possono compiere passi fermi verso un dialogo costruttivo”. (M.A)

 

 

MAGGIORE SENSIBILITÀ DELLA CHIESA FILIPPINA NEI CONFRONTI DELLE TEMATICHE AMBIENTALI: È QUANTO CHIEDONO AI VESCOVI, RIUNITI IN ASSEMBLEA,

UN GRUPPO DI ACCADEMICI E MISSIONARI DI ISTITUTI CATTOLICI

 

MANILA. = Un intero mese dedicato al Creato per offrire il contributo del mondo cattolico ai problemi ecologici del pianeta. Questa la proposta che un gruppo di missionari e accademici di istituzioni cattoliche lanciano alla Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp), attraverso un messaggio indirizzato all’Assemblea plenaria riunita in questi giorni. “Siamo convinti – si legge nel messaggio - che guardare al Creato con spiritualità è il segreto per praticare l’etica dell’ecologia e contribuire alla formazione di una coscienza sociale”. Nonostante il richiamo fatto dai vescovi filippini nel 1988 per la salvaguardia dell’ambiente attraverso la lettera pastorale intitolata “Cosa sta accadendo alla nostra bella terra?”, i sette firmatari della missiva sostengono che negli ultimi tempi sia sensibilmente calato l’entusiasmo nel cercare di fronteggiare la crisi ambientale. “L’interesse ci sembra diminuito – osservano – sia da un punto di vista generale sia da parte del mondo ecclesiastico”. “Crediamo fortemente che la Chiesa cattolica delle Filippine - prosegue la lettera - possa rafforzarsi attraverso la celebrazione di Dio Creatore. Questo servirà come motivazione spirituale e religiosa per applicare le raccomandazioni contenute nella lettera pastorale del 1988 della Conferenza episcopale”. (M.A.)

 

 

RIAPRE SULLE MONTAGNE DEL NEPAL IL COLLEGIO CATTOLICO AFFIDATO A MISSIONARIE GIAPPONESI. CHIUSO DA DUE ANNI

A CAUSA DELLA GUERRIGLIA MAOISTA,

ERA LA SCUOLA PER BAMBINI POVERI DI OGNI RELIGIONE

 

TOKIO. = Dopo due anni di chiusura riapre sulle montagne del Nepal, il collegio cattolico affidata alle religiose giapponesi missionarie di Notre Dame. In una nazione di 23 milioni di abitanti, dei quali solo 6 mila sono cattolici, famosa per le sue cime impervie, la presenza delle missionarie continuerà ad essere un punto di riferimento per le famiglie povere delle montagne. L’attività delle religiose nel piccolo Paese asiatico cominciò all’inizio degli anni ‘80 con l’apertura di una scuola elementare e di un asilo ai quali si aggiunse nel 1997 un collegio che accoglieva anche giovani musulmane e indù. La spirale di violenza scatenata dalla guerriglia maoista a partire dal 1996 costrinse, sei anni dopo, le missionarie a chiudere il collegio e la scuola elementare per non mettere a repentaglio la vita degli studenti. Solo l’asilo rimase aperto grazie all’aiuto di alcuni volontari e sacerdoti. (M.A.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 luglio 2003

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Iniziamo con il Medio Oriente, dove è montata a Gaza la protesta popolare palestinese contro il premier Abu Mazen. Le Brigate dei Martiri di Al Aqsa minacciano di rompere il cessate il fuoco in seguito all’uccisione, l’altro ieri, di un loro dirigente. Intanto lo stesso Abu Mazen, che oggi incontrerà la Jihad, ha avuto ieri colloqui a Gaza con il gruppo estremista palestinese di Hamas per rafforzare i motivi della tregua con gli israeliani. Sul fronte politico, Yasser Arafat aspira ad essere rieletto come presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e sarà il candidato di Fatah alle prossime elezioni. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri palestinese, Nabil Shaath. Ascoltiamo il servizio di Graziano Motta:

 

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Durante i colloqui centinaia di palestinesi armati e mascherati hanno manifestato sfilando per le strade della città e sparando in aria contro palazzi dell’Autorità palestinese, ove hanno sede gli uffici di Abu Mazen, del ministro per la Sicurezza Dahlan e del capo della polizia preventiva, e anche contro le loro abitazioni. Molti dimostranti erano militanti di Al Fatah e protestavano per l’arresto di quattro loro compagni che avevano lanciato dei razzi contro l’insediamento agricolo ebraico di Kfar Darom ed erano stati per questo accusati da Abu Mazen di atti di terrorismo. D’altra parte nella giornata di ieri le autorità israeliane hanno rimesso in libertà alcune decine di prigionieri palestinesi: 33 arrestati la scorsa settimana ad Hebron ed uno detenuto da mesi, il colonnello della polizia Abu Mutlak, dopo essere stato prosciolto da un tribunale militare dall’accusa di implicazione in gravissimi attentati. La liberazione di questi prigionieri – altri lo saranno la settimana ventura – ha sollevato le proteste dei familiari delle vittime del terrorismo ed anche di uomini politici e di ministri.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Un’esplosione avvenuta in una moschea nella città di Quetta, in Pakistan, ha causato stamani la morte di otto persone e decine di ferite. Secondo alcune fonti si tratterebbe di un attacco terroristico condotto da uomini non identificati che hanno lanciato granate e aperto il fuoco contro il luogo di culto islamico.

 

In Afghanistan, le forze militari statunitensi hanno lanciato una nuova operazione per sradicare alcune sacche di resistenza armata dei talebani e dei loro alleati a ridosso del confine con il Pakistan, a sudest di Kabul. Lo scopo dell’operazione è di prevenire il riemergere del terrorismo nel Paese asiatico.

 

In Iraq, il bilancio delle violenze si aggrava, purtroppo, di giorno in giorno. In seguito a tre distinti attacchi, avvenuti nel Paese nelle ultime ore, un soldato americano è rimasto ucciso e  almeno altri 21 militari statunitensi sono stati feriti.  Intanto si susseguono le voci sulla sorte di Saddam Hussein. Ascoltiamo in proposito il corrispondente da Baghdad, Gabriel Louis:

 

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LE BAGHDAD DES CALIFS  ETAIT LE PAYS ...

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La Baghdad dei califfi era il Paese di Aladino, dei maghi e dei geni. Oggi è il Paese dei misteri. Il primo di questi riguarda la sorte di Saddam Hussein e dei suoi due figli sui quali gli Stati Uniti hanno messo una taglia record di 25 milioni di dollari. Nessuno in Iraq riesce a spiegarsi come Saddam Hussein sia riuscito a volatilizzarsi proprio quando le truppe americane sono entrate nella capitale irachena.  In mancanza di informazioni tutte le ipotesi sono possibili. La più ricorrente è quella di un accordo tra gli Stati Uniti e Saddam Hussein il quale avrebbe lasciato il Paese in cambio della vita. Oggi potrebbe trovarsi in Cina, in Russia o in America Latina. Si sarebbe rifatto il viso. Tutto il resto, la caccia a 35 iracheni, la cattura del suo segretario, è una messa in scena. Altro scenario vuole l’ex dittatore già nelle mani degli americani, i quali ritarderebbero, non si sa bene perché, l’annuncio della sua cattura. Altri preferiscono la versione di Saddam in fuga, o addirittura che sia nascosto a Baghdad.

 

Restiamo nel Golfo Persico, dove non diminuiscono le preoccupazioni internazionali per il riarmo nucleare dell’Iran. Washington ha imposto sanzioni alle aziende cinesi e nord-coreane che hanno venduto tecnologie al Paese arabo e ha insistito col presidente russo Putin, affinché Mosca non prenda parte ai programmi atomici di Teheran. Gli studenti iraniani, intanto, proseguono i preparativi della commemorazione dell'assalto del 9 luglio del 1999 ai dormitori dell'Università di Teheran.

 

Trasferiamoci in Italia, dove, a Roma, è in corso la prima riunione collegiale della Commissione europea al completo con la presidenza italiana dell’Unione. L’incontro, che si sta svolgendo a Villa Madama, vede di fronte il premier italiano Berlusconi ed il presidente della Commissione Prodi, per uno scambio di vedute complessivo sulle priorità strategiche del prossimo semestre.

 

Ieri sera, intanto, c’è stato un colloquio telefonico chiarificatore tra il premier italiano Berlusconi e il cancelliere tedesco Schröder dopo il duro confronto al parlamento di Strasburgo tra lo stesso Berlusconi e il deputato socialdemocratico tedesco Schulz. Dunque, pace fatta per il prosieguo del semestre italiano alla guida dell’Unione Europea, anche se il botta e risposta continua a far discutere. Ce ne parla Giampiero Guadagni:

 

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Una telefonata che sembra allentare la tensione e, per il governo tedesco, parola di Schröder, la questione è chiusa. “Ora – aggiunge – dobbiamo aiutare l’Italia nel semestre”. Schröder aveva chiesto formalmente le scuse di Berlusconi, giudicando totalmente inaccettabile la definizione di “kapò”, il termine con cui durante il nazismo si indicavano i sorveglianti nei campi di concentramento, indirizzata da Berlusconi a Schulz, in risposta alle dure critiche formulate dall’Europarlamentare socialdemocratico tedesco. Il premier italiano ribadisce: “E’ stato frainteso il senso di una mia battuta ironica, in risposta a gravi offese contro di me”. Berlusconi resta convinto che il caso Schulz sia stata un trappola organizzata dall’opposizione italiana. Il centro-sinistra reagisce e i Ds hanno formalmente chiesto al governo di riferire sulla questione.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Prosegue ad oltranza lo sciopero generale indetto in Nigeria contro l’aumento del prezzo della benzina. La protesta si è allargata a macchia d’olio in tutto il Paese, paralizzando così l’ottavo esportatore mondiale di petrolio. Sulla gravità della situazione è intervenuto il presidente nigeriano, Olusegun Obasanjo, che ha richiesto immediati colloqui per quello che ha definito “un problema politico”.

 

Restiamo in Africa dove notizie di scontri continuano a giungere dalla Repubblica democratica del Congo. Teatro dei combattimenti è ancora una volta il Nord-Est del Paese: non più la città di Bunia, capoluogo dell’Ituri, dove si è ormai dispiegato il contingente internazionale, ma la località di Butembo, nel Nord Kivu. L’agenzia Misna riferisce di scontri a colpi di mitragliatrice ed arma pesante, tra gruppi di miliziani non ancora identificati.

 

Domenica prossima saranno circa 64 milioni i messicani chiamati alle urne per rinnovare i 500 membri della Camera dei deputati, per eleggere i governatori di sei Stati del Paese, 365 sindaci ed i presidenti delle 16 delegazioni  della capitale. In previsione della tornata elettorale del prossimo 6 luglio la Conferenza dell’episcopato messicano (Cem) aveva recentemente esortato i fedeli a recarsi alle urne con un messaggio dal titolo “Votiamo con responsabilità”.  “Ricordiamo – affermano i presuli nel documento – il dovere morale di attenersi alla dottrina evangelica non appoggiando leggi contrarie all’etica come quelle che attentano al diritto alla vita o alle istituzioni della famiglia e del matrimonio”.

 

 

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