RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 185 - Testo della
Trasmissione di venerdì 4 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In una lettera, gli auguri di Giovanni Paolo II per i cento anni
del cardinale Corrado Bafile.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Assegnato al filosofo francese Paul Ricoeur il Premio Paolo VI.
CHIESA E SOCIETA’:
L’appello della Comunità di Sant’Egidio affinché in Liberia
comincino le trattative per la pace
Arrivati in Costa d’Avorio in primi caschi blu delle
Nazioni Unite
Missionari e accademici filippini scrivono ai vescovi chiedendo
maggiore attenzione per il Creato
Riapre in Nepal un collegio cattolico affidato a missionarie giapponesi
In Medio Oriente, centinaia di palestinesi hanno
manifestato contro il premier Abu Mazen.
Otto morti in Pakistan, nell’esplosione all’interno
di una Moschea.
Dopo le polemiche di Strasburgo, colloquio
chiarificatore tra Silvio Berlusconi e il cancelliere tedesco Schröder.
4 luglio 2003
ELIMINARE LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA
E PROSEGUIRE
SULLA
VIA DEL DIALOGO PER UNA VERA PACE NELLA PENISOLA COREANA:
COSI’,
GIOVANNI PAOLO II NEL DISCORSO
AL NUOVO AMBASCIATORE SUDCOREANO PRESSO LA
SANTA SEDE, YOUM SEONG,
RICEVUTO STAMANI IN UDIENZA PER LE LETTERE
CREDENZIALI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
E’
necessario costruire il futuro della Corea sulle “solide basi del rispetto
della persona e nella costante ricerca della giustizia della pace”: è la viva
esortazione che Giovanni Paolo II ha espresso stamani nel discorso al nuovo
ambasciatore coreano presso la Santa Sede, il professor Youm Seong. Il Papa ha
incoraggiato gli sforzi di dialogo tra Seul e Pyongyang, ribadendo la necessità
che tale regione venga liberata dallo spettro delle armi di distruzione di
massa. Il servizio di Alessandro Gisotti:
*********
C’è amarezza nel constatare come la penisola coreana,
“abitata da un solo popolo, sia costretta a vivere una penosa divisione”. Il
Papa lo ha evidenziato esprimendo preoccupazione per il “permanere di
sentimenti di ostilità e di contrapposizione tra le due nazioni”. Tuttavia, ha
aggiunto, è motivo di speranza “sapere che vi è volontà di alleviare le
tensioni mediante dialoghi e incontri”. Un segnale “incoraggiante”, ha detto,
che va sostenuto con “pazienza e coraggio, perseveranza e lungimiranza”. Solo
con il “dialogo rispettoso”, infatti, “possono essere raggiunti obiettivi
positivi e durevoli”.
Gli accordi sinora siglati, ha constatato, testimoniano
“una volontà sincera di pacifica composizione delle contese”, nel segno del
reciproco rispetto e per “una proficua intesa”. Iniziative, queste, a vantaggio
“non solo della riconciliazione tra i due Stati, ma anche della stabilità” di
tutta la regione. Proprio in tale congiuntura storica, ha avvertito il
Pontefice, “occorre perseguire instancabilmente gli sforzi tesi
all’eliminazione progressiva, equilibrata e verificabile delle armi di
distruzione di massa”, specie di “quelle nucleari”. Il “ricordo delle
sofferenze passate – ha proseguito – non deve ridurre la fiducia in un avvenire
migliore”. D’altro canto, ha affermato, “questo percorso politico” troverà
“maggiore forza e credibilità se l’area più sviluppata della penisola saprà
farsi carico” per quanto possibile, delle necessità dell’altra area.
Ricordando i suoi due viaggi apostolici in terra coreana,
il Papa ha poi messo in luce come il Vangelo sia cresciuto e fiorito in Corea,
“contribuendo ad una maggiore apertura fra gli stessi abitanti” e generando
anche “con altri Paesi un fecondo e reciproco scambio di valori di civiltà”. La
comunità cattolica in Corea, ha rilevato, svolge la sua missione ispirandosi al
Vangelo e rende concreta la propria testimonianza religiosa con istituzioni
educative e assistenziali. Nel rammentare così che la Chiesa cattolica annuncia
il Vangelo della Vita, si è soffermato sul “triste fenomeno dell’aborto”, per
il quale la Chiesa “non nasconde la sua preoccupazione”.
Accanto a questa “terribile piaga sociale”, ha avvertito,
si accompagna una “diffusa pratica del controllo artificiale della natalità” e
il propagarsi di una mentalità che “giustifica e incoraggia le manipolazioni
genetiche”, come “pure e ancora la pena di morte”. Dinnanzi a queste minacce
alla vita, dunque, la Chiesa “sente che è suo dovere richiamare i valori in cui
crede”. Un programma che ha come “obiettivo prioritario la difesa della vita e
della famiglia”, ha concluso, “recherà certamente beneficio alla solidità e
stabilità della società coreana”.
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Nel suo indirizzo di saluto,
l’ambasciatore Youm Seong ha ricordato come, quest’anno, ricorra il
quarantesimo anniversario di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la
Repubblica di Corea. Il 61enne diplomatico sudcoreano, professore di filosofia,
che ha anche studiato alla Pontificia università salesiana di Roma, si è
soffermato sui tentativi di pace e riunificazione tra le due Coree. Per “alleviare
la tensione tra le due parti e per evitare ogni possibilità di guerra”, ha affermato,
liberandoci dal “terrore delle armi nucleari” i coreani hanno bisogno del
“saggio consiglio” del Papa, ispirato dalla “divina saggezza evangelica”.
Evento inedito nell’udienza di stamani: la lingua utilizzata per i discorsi è
stato il latino. Idioma, che l’ambasciatore conosce bene grazie alla sua
carriera accademica, culminata con la carica di direttore dell’Istituto coreano
di studi greco-romani.
PER I 100 ANNI DEL CARDINALE CORRADO BAFILE
- A cura di Carla Cotignoli -
Compie 100 anni il cardinale
Corrado Bafile. Il Papa ha voluto fargli gli auguri, sia personalmente,
ricevendolo in udienza questa mattina con i familiari, sia con una affettuosa
lettera. “Si tratta di una traguardo davvero significativo – scrive il Santo
Padre – raggiunto dopo un lungo percorso segnato da tappe importanti: dal
sacerdozio “abbracciato in età adulta”, ai molti “delicati uffici” svolti a
servizio della Santa Sede. Il Papa ha ricordato i vent’anni “di apprezzato
lavoro in Segreteria di Stato”, la nomina a Nunzio apostolico in Germania. E
poi, annoverato da Papa Paolo VI tra i membri del Collegio Cardinalizio, alla
guida del Dicastero delle Cause dei Santi.
Auguri, gratitudine e
apprezzamento. Ma il Papa ha voluto sottolineare soprattutto “le alte
convinzioni spirituali che hanno sempre orientato il suo agire”. “Quanti hanno
avuto il privilegio di esserle accanto – si legge – non solo nel servizio della
Sede Apostolica, ma anche nel Sodalizio degli Abruzzesi a Roma e nella Legio
Mariae, attestano concordemente lo zelo sacerdotale e apostolico che ha sempre
ispirato il suo servizio nelle varie fasi della lunga vita.
IL VANGELO, LA CHIESA, I CRISTIANI:
ANIMA
E IMPEGNO NELLA COSTRUZIONE DELLA NUOVA EUROPA
-
Intervista con il cardinale Dionigi Tettamanzi -
Un’Europa “una” e “intera”,
all’interno della quale “umanesimo europeo e radici cristiane” possano
coesistere e fornire al continente le necessarie fondamenta per affrontare le
conseguenze dovute all’allargamento verso est dei suoi confini. Sono alcuni dei
concetti che il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha sviluppato nel suo
intervento alla conferenza di Strasburgo, mercoledì scorso, dedicato al
magistero europeista di Giovanni Paolo II. Soffermandosi sulla questione, molto
attuale, del riconoscimento della presenza cristiana nel dna continentale,
l’arcivescovo della diocesi ambrosiana ha ripreso le affermazioni del Papa
contenute nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa. L’eredità
della fede cristiana, ha citato tra l’altro, “non appartiene soltanto al
passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alla generazioni
future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno
forgiato il continente europeo” e il “prenderne atto torna a vantaggio di
tutti”. Proprio sul valore del documento papale, promulgato in un momento di
grandi fermenti per il continente europeo, ecco un commento del cardinale
Tettamanzi, raccolto a Strasburgo da Alessandro De Carolis:
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R. - L’Europa ha delle radici cristiane che chiedono di
essere continuamente riscoperte, rivitalizzante, nella convinzione che tali
radici hanno la possibilità - e direi addirittura una fecondità straordinaria -
per rinnovare il volto del nostro continente in chiave soprattutto morale e
spirituale. Inoltre, va detto che il cristiano ha un dovere preciso nei
riguardi della società: è responsabile di venire incontro alla costruzione di
una realtà nuova come l’Europa, di portare il proprio contributo. Come il Papa
ultimamente dice, il Vangelo non è mai contro l’uomo ma è sempre e solo a
favore dell’uomo. Chi possiede il Vangelo per un dono - perché gli è stato
regalato dalla grazia del Signore - non può trattenerlo per sempre, ma lo deve
investire, nel senso di offrirlo anche agli altri.
D. - Giovanni Paolo II un padre dell’Europa, dunque…
R. - Sì, è un padre dell’Europa e un fondatore. Mi piace
mettere insieme questi due appellativi, perché si può essere fondatori con un
senso di paternità che conduce anche ad avere coraggio: soprattutto quello di
dire la verità di fronte a dei disordini, a delle storture. D’altra parte,
l’essere padre significa sollecitare anche tutti a fare in modo che questa casa
sia sentita come la casa di tutti. E per esserlo davvero di tutti, è doveroso
che porti il suo contributo ad un livello molto più ampio, a livello mondiale.
L’Europa deve ritrovare se stessa, ma deve trovare se stessa perché deve
donarsi al mondo intero.
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EREZIONE
DI UNA NUOVA DIOCESI IN PAPUA NUOVA GUINEA
E NOMINA DEL VESCOVO
Il Santo Padre ha eretto la
diocesi di Kimbe (Papua Nuova Guinea), con territorio dismembrato
dall’Arcidiocesi di Rabaul, rendendola suffraganea della medesima Chiesa
MetropolitanA ed ha nominato primo Vescovo di Kimbe mons. Alphonse Chaupa,
finora Vescovo titolare di Torre di Tamalleno ed Ausiliare di Rabaul. Il Vescovo
risiederà nella stessa città di Kimbe, dove c'è una Chiesa dedicata a
"Maria Aiuto dei Cristiani" che diverrà la Cattedrale.
GIOVEDI’
PROSSIMO CONFERENZA STAMPA NELLA SALA STAMPA VATICANA
PER LA PRESENTAZIONE DEL BILANCIO CONSUNTIVO
DELLA SANTA SEDE
Giovedì 10 luglio 2003, alle ore 11.30, nell’Aula
Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo la
Conferenza Stampa di presentazione del Bilancio consuntivo consolidato della
Santa Sede per l’anno 2002.
Interverranno: il cardinale Sergio Sebastiani, Presidente
della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; il vescovo mons.
Franco Croci, Segretario della medesima Prefettura; il dott. Ivan Ruggiero,
Ragioniere Generale della Prefettura.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La situazione in Medio Oriente
apre la prima pagina: Israele libera trentatre prigionieri palestinesi.
Nelle vaticane, "Alleviare
le tensioni al fine di smussare le divergenze per una proficua intesa tra le
due Nazioni della Penisola" è il titolo al discorso del Papa al nuovo ambasciatore di
Corea.
La Lettera del Santo Padre al
cardinale Corrado Bafile, in occasione del centesimo genetliaco: lo zelo
sacerdotale ed apostolico ha sempre ispirato il servizio del porporato nelle
varie fasi della sua lunga vita.
Nelle pagine estere,
l'intervento della Santa Sede alla Sessione di fondo 2003 del Consiglio
Economico e Sociale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite: "Un'alleanza
per lo sviluppo fondata sull'unità del genere umano".
Unione Europea: un invito alla
saggezza ed alla serenità rivolto dal presidente della Repubblica Ciampi.
Argentina: secondo un rapporto
dell'organizzazione "Save the Children", quattro bambini su dieci
costretti a vivere nell'indigenza.
Nella pagina culturale, un contributo
di Francesco Licinio Galati sul romanzo "Vita" di Melania G.
Mazzucco, che ha vinto la 57 edizione del "Premio Strega".
Nelle pagine italiane, in primo
piano i drammatici temi dell'immigrazione e dei trafficanti d'organi.
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4 luglio 2003
AL FILOSOFO FRANCESE PAUL RICOEUR IL PRESTIGIOSO
PREMIO PAOLO VI.
STAMANI
A ROMA, LA CONFERENZA STAMPA CON LO STUDIOSO,
ALLA PRESENZA DEL CARDINALE PAUL POUPARD
-
Servizio di Debora Donnini -
Ha contribuito in modo
rilevante alla cultura di ispirazione religiosa: con questa motivazione il
francese Paul Ricoeur, uno dei più importanti filosofi del nostro tempo, è
stato insignito del prestigioso Premio Paolo VI. Ricchissima la produzione culturale del filosofo. E’
testimonianza di un pensatore sempre attento alle tendenze più significative
della cultura contemporanea. Stamani, a Roma, lo studioso ha preso parte ad una
conferenza stampa promossa dall’Istituto Paolo VI di Brescia, alla presenza del
cardinale Paul Poupard. C’era per noi, Debora Donnini:
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Il
rapporto fra Bibbia e filosofia, una delle caratteristiche principali del pensiero
di Paul Ricoeur, che riceverà domani il premio internazionale Paolo VI.
Gli sarà consegnato da Giovanni Paolo
II. Un premio ricevuto negli anni passati da illustri predecessori, come Von
Baltassar e Jean Vanier, per fare solo due esempi.
La
dotazione del premio andrà per disposizione di Ricoeur alla Foundation John
Bost, opera caritativa assistenziale francese, che aiuta persone portatrici di
handicap e anziani. Presente oggi alla conferenza stampa il cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, che ha sottolineato
l’importanza della consegna del premio a un pensatore come Ricoeur. Il tema del
dialogo è stato al centro degli interventi, come elemento caratterizzante sia
di Paolo VI, sia di Ricoeur. Del filosofo francese, di confessione riformata, è
stato ricordato anche l’impegno nel dialogo ecumenico.
Per la Radio Vaticana, Debora Donnini.
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L’UGANDA
SOTTO I COLPI DI UN GRAVE CONFLITTO CIVILE
LA
CHIESA LOCALE CHIEDE L’INTERVENTO DELL’ONU
-
Intervista con mons. John
Batpist Odama -
Saccheggi,
sequestri di persona, civili uccisi a colpi di machete, case e luoghi di culto
annientati. E’ questo il quadro sociale dell’Uganda settentrionale, oggi, attraversato
da una tragica guerra civile tra i soldati regolari e i ribelli di un non
meglio identificato Esercito di resistenza del signore. Contro il conflitto, la
Chiesa locale ha levato la sua voce. In una sua lettera, l’arcivescovo di Gulu,
mons. John Baptist Odama, afferma di aver assistito alla “umiliazione” del suo
popolo, e ha denunciato le continue violenze contro i più deboli della
popolazione. “Non possiamo accettare - scrive - che una guerra politica divenga
un conflitto religioso”:
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All’inizio della missiva, il 54.enne presule, conosciuto
per il suo straordinario impegno in favore della pace, esprime i suoi
sentimenti di solidarietà nei confronti di tanta gente innocente: “Non posso
tacere di fronte alle umiliazioni quotidiane e alle miserie della mia gente”.
Al contempo il presule, mentre indica i valori cristiani del perdono e della
riconciliazione, si sofferma sul fatto che coloro che continuano ad attaccare
le chiese, le scuole e le famiglie, in effetti tentano di scagliarsi contro
Dio. Il presule auspica anche un serio coinvolgimento a livello
internazionale, a livello nazionale del
governo e della società civile ugandese, per una soluzione pacifica del
conflitto, che contrappone il sedicente Esercito di resistenza del signore alle
forze governative.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Per meglio approfondire la situazione e dare risalto alle
parole di mons. Odama, la nostra collega della redazione inglese, Linda Bordoni,
ha raggiunto telefonicamente il presule nella sua diocesi:
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R. – OUR APPEAL …
Il
nostro appello nasce da una situazione che è durata troppo. Noi speriamo in un
intervento della comunità internazionale e che essa, e specialmente l’Onu, esamini
con serietà la nostra situazione, giacché il compito delle Nazioni Unite è
quello di verificare ovunque vi sia un problema di sicurezza che si protragga
per lungo tempo, come il nostro. Dovrebbero cercare di risolverlo
pacificamente, noi lo abbiamo esplicitamente affermato nella nostra lettera. E
nello stesso tempo, ci appelliamo anche ad altre organizzazioni, all’interno
del nostro Paese e al di fuori, perché vengano in aiuto dei bambini e delle
donne e di tutte quelle persone che stanno vivendo una situazione davvero
disperata. Siamo molto grati che il Papa si sia preoccupato della situazione
nella parte nord dell’Uganda e che abbia levato anche un appello verso tutti
coloro che hanno una connessione e un ruolo da giocare in questa situazione,
affinché facciano tutto quello che è possibile. Per questo sono stato molto
grato al Pontefice e desidero fargli pervenire la mia gratitudine anche
attraverso altre organizzazioni, specialmente l’agenzia Misna. Questo, dunque,
è il nostro appello. Noi siamo un’area di crisi del pianeta ormai dimenticata.
La gente, quindi, dovrebbe venirci in aiuto. Prima lo fa e meglio sarà.
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INTEGRAZIONE, POLITICHE SOCIALI, IMMIGRAZIONE,
AIUTI AL SUD DEL MONDO.
QUESTE
LE PRIORITÁ PER IL VECCHIO CONTINENTE NEI LAVORI
DELLA
CONFERENZA REGIONALE DI CARITAS EUROPA, CHE SI CHIUDE OGGI A ROMA
-
Intervista con Roberto Rambaldi -
L’allargamento
dell’Unione europea pone, già per l’immediato futuro, nuovi problemi per i
Paesi membri, chiamati a gestire, sempre più collegialmente, le politiche
sociali, l’emergenza immigrazione e la cooperazione internazionale. Sono
proprio queste le tematiche al centro dei lavori della Conferenza regionale di
Caritas Europa, che si conclude questa sera a Roma e che ha visto la partecipazione
di 85 delegati di 44 nazioni del continente. Ma sulle priorità che l’Unione, e
anche le agenzie internazionali, dovranno presto affrontare, Massimo Donaddio
ha raccolto il commento di Roberto Rambaldi, referente italiano di Caritas Europa:
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R. – Purtroppo
l’elenco è lungo. Pensiamo alla cosiddetta Europa dell’Est, che a sua volta poi
presenta contesti molto diversi e alcune situazioni sociali davvero pesanti,
che non trovano risposta: per esempio i senza fissa dimora; le fasce minorili;
o in tanti, troppi Paesi, le povertà economiche, quindi tutta una serie di
drammi familiari; lo sfruttamento delle donne a fini sessuali; il mercato delle
stesse persone umane. Sono grandi temi, drammatici, difficili, complessi, su
cui però sono in corso esperienze positive, tentativi di risposta in nome di
una fede comune sono ormai da anni messi in campo.
D. –
Abbiamo parlato di migrazioni, anche dentro e verso il continente europeo, le
quali sono in costante crescita. Qual è la valutazione della Caritas europea
sull’attuale politica dell’Unione sull’immigrazione? Come si può salvaguardare
anche la dignità umana?
R. –
Questo è un fronte che ci vede particolarmente impegnati. Innanzitutto si
stanno spostando i confini. Quindi, la “mobilità libera” di qui a poco comprenderà
non pochi altri Paesi. Di conseguenza si spostano i confini dei Paesi di
frontiera. Queste non sono solo scelte politiche, che mutano un po’ i nostri
atlanti, ci sono grossi riflessi dal punto di vista della mobilità umana. Chiaramente
su questo fronte c’è stato da parte delle Caritas europee una lunga serie di
prese di posizione nei confronti dell’Unione o dei singoli governi. Faccio solo
un paio di esempi: il tema della riunificazione familiare, piuttosto che il
tema dei diritti fondamentali dei riceventi asilo e dei rifugiati politici. Chiudo
dicendo che su questo fronte, in particolare, l’azione è significativamente
collegata e congiunta a non poche realtà del tutto analoghe di altre confessioni
cristiane. Quindi, in chiave ecumenica c’è un ottimo dialogo e ormai sono
numerose le prese di posizione comuni.
D. –
Quale potrebbe essere secondo voi il ruolo di agenzie internazionali come la
Caritas nel processo di integrazione europea?
R. – E’
un ruolo abbastanza significativo. Tenendo conto, come piccola premessa, che
poi le Caritas hanno anche impostazioni e dimensioni molto diverse nei singoli
Paesi, in questo momento della storia, certamente possono essere una realtà che
pur vivendo grosse differenze al proprio interno, facilitano tutta una serie di
dialoghi, confronti, conoscenze reciproche - proprio come Giovanni Paolo II ci
invita a fare nel documento Ecclesia in Europa - per arrivare poi ad
azioni congiunte, iniziative comuni in nome di un unico obiettivo, che è quello
della promozione umana e delle risposte alle urgenze che i poveri ci pongono
giorno dopo giorno.
D. – A
parte il rapporto con gli immigrati, che spesso provengono dal sud del mondo,
quali possono essere, secondo la Caritas, dei passi significativi da parte
dell’Europa per aiutare realmente i Paesi poveri?
R. –
Chiaramente le priorità qui sono quelle di sempre. Oggi si parla di più, ma giustamente,
di temi come quello dell’acqua, piuttosto che quello del diritto di accesso
allo studio, e potremmo aggiungere quello della sanità … Certamente, tra le
priorità di oggi non posso non citare in generale la promozione e il rispetto
dei diritti umani, ma soprattutto il lavoro nei contesti di conflitto:
conflitto esploso, conflitto latente, o conflitto appena concluso. Laddove i riflettori
dei grandi media si abbassano, noi addirittura potenziamo la nostra attività,
perché quello è il momento per essere davvero vicino alle fasce più deboli.
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OGGI 4 LUGLIO FESTA
DELL’INDIPENDENZA DEGLI STATI UNITI
RISPETTO DELLE DIVERSE CULTURE E INTERDIPENDENZA
LE SFIDE CHE SI PONGONO
AGLI STATI UNITI IN MONDO SEMPRE PIU’ GLOBALIZZATO
CON NOI IL CARDINALE JAMES STAFFORD E IL PROF.
BENJAMIN BARBER
- A cura di Carla Cotignoli -
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Oggi 4 luglio 2003, per gli
Stati Uniti è l’Indipendence Day, la festa dell’indipendenza sancita con una
storica Dichiarazione che risale a 227 anni fa, al 4 luglio 1776. La giornata
odierna si prevede senza fasti particolari, ma nel segno della tradizione:
fuochi di artificio – che comunque quest’anno si annunciano “dimessi” rispetto
al passato per ragioni economiche -
e ancora pic-nic familiari che
affolleranno parchi e spiagge dell’Unione.
Il
cardinale americano James Stafford, presidente del Pontificio Consiglio per i
Laici, in questo giorno, invita i suoi connazionali a riflettere sui valori su
cui si fonda la Dichiarazione di indipendenza ed in particolare sul modo con
cui gli Stati Uniti interagiscono con le altre Nazioni:
WE NEED TO
LOOK NOT ONLY AT THE GREAT ...
“Dobbiamo non soltanto riferirci a quel grande documento
che è la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, ma anche alla seconda
Dichiarazione quella di Abram Lincoln di Gettysburg in cui dichiara: “Siamo una
sola Nazione, fondata sul consenso di chi è governato”. Le implicazioni sono
notevoli nei nostri rapporti con gli altri popoli e gli altri governi. La sfida
oggi per il nostro Paese è che, in un mondo pluralista, noi dobbiamo, come nazione,
essere rispettosi delle scelte di governo di altri popoli, penso specialmente
al mondo musulmano. Essi hanno il loro passato, la loro esperienza, la loro ricchezza,
con cui sono entrati in questa nuova fase della storia caratterizzata dalla
globalizzazione economica, sociale e direi anche culturale. Gli Stati Uniti –
lo ribadisco - come disse Lincoln e
come si legge nella Dichiarazione d’indipendenza, devono avere un profondo
rispetto per la libertà degli altri, per i modi con cui vogliono vivere come società, e specialmente
per le scelte dei sistemi politici ed economici”.
In questa Giornata molti si chiedono: il
concetto di nazione indipendente non è forse superato oggi in un mondo sempre
più globalizzato ed interdipendente? Una nota personalità del mondo culturale e
politico americano, il professor Benjamin Barber, docente di Scienze politiche
dell’Università del Maryland, sta per avviare una campagna in risposta a questo
interrogativo. La preannuncia al microfono dei Carol Glatz, della nostra
redazione inglese:
WE ARE PREPARING
...
“Stiamo
preparando per il 12 settembre, il giorno dopo la disastrosa tragedia terroristica
dell’11 settembre, l’Interdipendence Day, cioè lanciamo la celebrazione di una
Giornata per l’“Interdipendenza”. Ho parlato a New York con mons. Migliore, il
rappresentante della Santa Sede alle Nazioni Unite. E siamo venuti qui in
Vaticano per cercare di assicurarci l’interesse e l’appoggio in questa
straordinaria e nuova celebrazione di interdipendenza globale. Il Papa è una
voce morale molto forte nel mondo, non solo tra i cattolici, ma tra tutte le
persone, per quanto riguarda la pace e la giustizia. Rappresenta una fonte di
ispirazione di quella interdipendenza che noi cerchiamo di sviluppare”.
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4 luglio 2003
LE
PARTI IN LOTTA IN LIBERIA CESSINO I COMBATTIMENTI
E
RITORNINO AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE. QUESTO L’APPELLO DELLA COMUNITÀ
DI
SANT’EGIDIO, MEDIATRICE NEL CONFLITTO
ROMA. =
In qualità di mediatore tra il governo di Monrovia e Lurd (Liberiani uniti per
la riconciliazione e la democrazia), la Comunità di Sant’Egidio è tornata a
chiedere alle parti che si affrontano in Liberia un nuovo cessate-il-fuoco. Nel
messaggio, diffuso la scorsa settimana e tornato d’attualità dopo le parole di
Giovanni Paolo II nell’udienza generale di mercoledì scorso, si invoca la fine
del conflitto in favore di una soluzione politica. Una prima tregua era stata
firmata il 7 giugno, ma gli scontri sono continuati, provocando 700 morti e
oltre mille sfollati. Per questo la Comunità di Sant’Egidio ritiene sia una
priorità, per le parti in lotta e per la comunità internazionale, porre fine
alle sofferenza della popolazione civile, garantire il ritorno dei profughi
alle loro abitazioni e iniziare la distribuzione di viveri e aiuti umanitari.
(M.A.)
ARRIVATI IN COSTA D’AVORIO I PRIMI CASCHI BLU
DELLE NAZIONI UNITE.
IL
CONTINGENTE RIMARRÀ NEL PAESE AFRICANO 6 MESI
COL
COMPITO DI MONITORARE IL RECUPERO DELLE ARMI
ABIDJAN.
= E’ iniziato il dispiegamento del contingente dei caschi blu dell’Onu in Costa
d’Avorio. I primi 26 ufficiali sono arrivati ieri ad Abidjan per iniziare a
preparare la missione di peacekeeping (Minuci). Per sei mesi i caschi blu
affiancheranno i 4 mila militari francesi già presenti in territorio ivoriano e
i 1250 soldati inviati dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa
occidentale. “La nostra responsabilità – ha spiegato il generale di brigata
Adbul Hafiz, originario del Bangladesh, che comanderà la missione – è di
contribuire alla pianificazione della consegna delle armi, alla smobilitazione
ed alla reintegrazione dei ribelli”. La missione Minuci prevede l’impiego di un
contingente composto solo da ufficiali. Secondo quanto stabilito dal Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite, la missione potrà contare fino ad un massimo
di 76 ufficiali. Gli altri 50 potranno aggiungersi in seguito se il segretario
generale, Kofi Annan, lo riterrà necessario e se le condizioni di sicurezza lo
permetteranno. (M.A.)
GRAZIE
ALL’OPERA DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI INGLESI E GALLESI, RAFFORZATA
L’AGENZIA PER L’APOSTOLATO DEL MARE. OFFRIRA’ ASSISTENZA
E
AIUTO AI LAVORATORI MARITTIMI IN 89 PAESI DEL MONDO
LONDRA.
= La vita dei marinai, dei pescatori, e di tutte le altre persone che lavorano
sulle navi solcando i mari di tutto il mondo è particolarmente dura. Per venire
incontro alle loro esigenze, la Conferenza episcopale dei vescovi cattolici
inglesi e gallesi ha ristrutturato l’Agenzia per l’apostolato del mare. “La
missione di coloro che lavorano in mare, sulle barche, è straordinaria – ha
detto, durante la presentazione, il presidente della Conferenza, il cardinale
Cormac Murphy-O’Connor - ma spesso dimenticata. Sono consapevole che coloro che
vivono su queste navi sono tra le persone più povere e separate dalle loro
famiglie. Meritano tutto il nostro sostegno, ospitalità e cura”. “Il nostro
scopo - ha aggiunto il direttore dell’Agenzia, Chris York - è quello di portare
il Vangelo e la Chiesa a coloro che vivono in condizioni isolate. Visitiamo le
navi e i loro equipaggi quando giungono al porto. Stiamo cercando di realizzare
dei centri ecumenici nei porti dove sarà possibile per i marittimi inviare
posta elettronica, telefonare e avere un contatto con le loro famiglie”.
L’apostolato del mare è un organismo della Conferenza episcopale dei vescovi
inglesi e gallesi nata nel 1922 e sparsa in 89 nazioni del mondo che fornisce
aiuto ed assistenza ai marittimi senza distinzione di razza, credo e censo.
Collabora con altre agenzie cristiane svolgendo un’intensa attività ecumenica.
(M.A.)
“CRISTIANI
E MUSULMANI”: QUESTO IL TITOLO DEL LIBRO APPENA PUBBLICATO DALL’ARCIVESCOVO DI
SIVIGLIA, CARLOS AMIGO VALLEJO.
SEGUENDO
I PASSI DEL PAPA,
UN
CONTRIBUTO AL DIALOGO INTERRELIGIOSO TRA CRISTIANI E MUSULMANI
SIVIGLIA.
= Sulla via tracciata da Giovanni Paolo II nel dialogo interreligioso con la
religione islamica, l’arcivescovo di Siviglia, mons. Carlos Amigo Vallejo ha
pubblicato in questi giorni il libro “Cristiani e musulmani”. Il volume si
propone come contributo per superare le incomprensioni, che storicamente hanno
diviso i fedeli delle due grandi religioni monoteiste. Il presule analizza i
motivi storici, che per secoli hanno caratterizzato le relazioni tra i due
mondi, i punti di unione, le differenze e le indicazioni che il magistero della
Chiesa cattolica offre per favorire il dialogo. Mons. Amigo Vallejo rileva però
che questo nuovo atteggiamento non è ancora recepito da tutti i credenti.
Mentre nelle chiese locali, soprattutto in quelle più vicine ai luoghi in cui
sono presenti comunità islamiche, si propongono programmi pastorali per
approfondire il dialogo e la collaborazione, nella maggioranza dei casi si
rileva tanta ignoranza e lontananza. “E’ facile – scrive il presule – che
sorgano pregiudizi, nati frequentemente da concetti sbagliati o da notizie
ambigue, come per esempio, quelle che trattano di scontri i quali, con il
pretesto di motivazioni religiose, nascondono motivi e interessi ben distinti
da quelli che potrebbero sostenere dei veri credenti”. “Solamente con la
sincerità, con il rispetto delle differenze – sostiene ancora mons. Amigo
Vallejo – si possono compiere passi fermi verso un dialogo costruttivo”. (M.A)
MAGGIORE
SENSIBILITÀ DELLA CHIESA FILIPPINA NEI CONFRONTI DELLE TEMATICHE AMBIENTALI: È
QUANTO CHIEDONO AI VESCOVI, RIUNITI IN ASSEMBLEA,
UN
GRUPPO DI ACCADEMICI E MISSIONARI DI ISTITUTI CATTOLICI
MANILA.
= Un intero mese dedicato al Creato per offrire il contributo del mondo
cattolico ai problemi ecologici del pianeta. Questa la proposta che un gruppo
di missionari e accademici di istituzioni cattoliche lanciano alla Conferenza
episcopale delle Filippine (Cbcp), attraverso un messaggio indirizzato
all’Assemblea plenaria riunita in questi giorni. “Siamo convinti – si legge nel
messaggio - che guardare al Creato con spiritualità è il segreto per praticare
l’etica dell’ecologia e contribuire alla formazione di una coscienza sociale”.
Nonostante il richiamo fatto dai vescovi filippini nel 1988 per la salvaguardia
dell’ambiente attraverso la lettera pastorale intitolata “Cosa sta accadendo
alla nostra bella terra?”, i sette firmatari della missiva sostengono che negli
ultimi tempi sia sensibilmente calato l’entusiasmo nel cercare di fronteggiare
la crisi ambientale. “L’interesse ci sembra diminuito – osservano – sia da un
punto di vista generale sia da parte del mondo ecclesiastico”. “Crediamo
fortemente che la Chiesa cattolica delle Filippine - prosegue la lettera -
possa rafforzarsi attraverso la celebrazione di Dio Creatore. Questo servirà come
motivazione spirituale e religiosa per applicare le raccomandazioni contenute
nella lettera pastorale del 1988 della Conferenza episcopale”. (M.A.)
RIAPRE
SULLE MONTAGNE DEL NEPAL IL COLLEGIO CATTOLICO AFFIDATO A MISSIONARIE
GIAPPONESI. CHIUSO DA DUE ANNI
A
CAUSA DELLA GUERRIGLIA MAOISTA,
ERA LA
SCUOLA PER BAMBINI POVERI DI OGNI RELIGIONE
TOKIO.
= Dopo due anni di chiusura riapre sulle montagne del Nepal, il collegio
cattolico affidata alle religiose giapponesi missionarie di Notre Dame. In una
nazione di 23 milioni di abitanti, dei quali solo 6 mila sono cattolici, famosa
per le sue cime impervie, la presenza delle missionarie continuerà ad essere un
punto di riferimento per le famiglie povere delle montagne. L’attività delle
religiose nel piccolo Paese asiatico cominciò all’inizio degli anni ‘80 con
l’apertura di una scuola elementare e di un asilo ai quali si aggiunse nel 1997
un collegio che accoglieva anche giovani musulmane e indù. La spirale di
violenza scatenata dalla guerriglia maoista a partire dal 1996 costrinse, sei
anni dopo, le missionarie a chiudere il collegio e la scuola elementare per non
mettere a repentaglio la vita degli studenti. Solo l’asilo rimase aperto grazie
all’aiuto di alcuni volontari e sacerdoti. (M.A.)
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4 luglio 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Iniziamo con il Medio Oriente,
dove è montata a Gaza la protesta popolare palestinese contro il premier Abu
Mazen. Le Brigate dei Martiri di Al Aqsa minacciano di rompere il cessate il
fuoco in seguito all’uccisione, l’altro ieri, di un loro dirigente. Intanto lo
stesso Abu Mazen, che oggi incontrerà la Jihad, ha avuto ieri colloqui a Gaza
con il gruppo estremista palestinese di Hamas per rafforzare i motivi della
tregua con gli israeliani. Sul fronte politico, Yasser Arafat aspira ad essere
rieletto come presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e sarà il
candidato di Fatah alle prossime elezioni. Lo ha rivelato il ministro degli
Esteri palestinese, Nabil Shaath. Ascoltiamo il servizio di Graziano Motta:
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Durante i colloqui centinaia di palestinesi armati e
mascherati hanno manifestato sfilando per le strade della città e sparando in
aria contro palazzi dell’Autorità palestinese, ove hanno sede gli uffici di Abu
Mazen, del ministro per la Sicurezza Dahlan e del capo della polizia
preventiva, e anche contro le loro abitazioni. Molti dimostranti erano
militanti di Al Fatah e protestavano per l’arresto di quattro loro compagni che
avevano lanciato dei razzi contro l’insediamento agricolo ebraico di Kfar Darom
ed erano stati per questo accusati da Abu Mazen di atti di terrorismo. D’altra
parte nella giornata di ieri le autorità israeliane hanno rimesso in libertà
alcune decine di prigionieri palestinesi: 33 arrestati la scorsa settimana ad
Hebron ed uno detenuto da mesi, il colonnello della polizia Abu Mutlak, dopo
essere stato prosciolto da un tribunale militare dall’accusa di implicazione in
gravissimi attentati. La liberazione di questi prigionieri – altri lo saranno
la settimana ventura – ha sollevato le proteste dei familiari delle vittime del
terrorismo ed anche di uomini politici e di ministri.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Un’esplosione avvenuta in una
moschea nella città di Quetta, in Pakistan, ha causato stamani la morte di otto
persone e decine di ferite. Secondo alcune fonti si tratterebbe di un attacco
terroristico condotto da uomini non identificati che hanno lanciato granate e
aperto il fuoco contro il luogo di culto islamico.
In Afghanistan, le forze militari
statunitensi hanno lanciato una nuova operazione per sradicare alcune sacche di
resistenza armata dei talebani e dei loro alleati a
ridosso del confine con il Pakistan, a sudest di Kabul. Lo scopo dell’operazione è di
prevenire il riemergere del terrorismo nel Paese asiatico.
In
Iraq, il bilancio delle violenze si aggrava, purtroppo, di giorno in giorno. In
seguito a tre distinti attacchi, avvenuti nel Paese nelle ultime ore, un soldato
americano è rimasto ucciso e almeno
altri 21 militari statunitensi sono stati feriti. Intanto
si susseguono le voci sulla sorte di Saddam Hussein. Ascoltiamo in proposito il
corrispondente da Baghdad, Gabriel Louis:
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LE
BAGHDAD DES CALIFS ETAIT LE PAYS ...
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La Baghdad dei califfi era il
Paese di Aladino, dei maghi e dei geni. Oggi è il Paese dei misteri. Il primo
di questi riguarda la sorte di Saddam Hussein e dei suoi due figli sui quali
gli Stati Uniti hanno messo una taglia record di 25 milioni di dollari. Nessuno
in Iraq riesce a spiegarsi come Saddam Hussein sia riuscito a volatilizzarsi
proprio quando le truppe americane sono entrate nella capitale irachena. In mancanza di informazioni tutte le ipotesi
sono possibili. La più ricorrente è quella di un accordo tra gli Stati Uniti e
Saddam Hussein il quale avrebbe lasciato il Paese in cambio della vita. Oggi
potrebbe trovarsi in Cina, in Russia o in America Latina. Si sarebbe rifatto il
viso. Tutto il resto, la caccia a 35 iracheni, la cattura del suo segretario, è
una messa in scena. Altro scenario vuole l’ex dittatore già nelle mani degli
americani, i quali ritarderebbero, non si sa bene perché, l’annuncio della sua
cattura. Altri preferiscono la versione di Saddam in fuga, o addirittura che
sia nascosto a Baghdad.
Restiamo nel Golfo Persico, dove
non diminuiscono le preoccupazioni internazionali per il riarmo nucleare
dell’Iran. Washington ha imposto sanzioni alle aziende cinesi e nord-coreane
che hanno venduto tecnologie al Paese arabo e ha insistito col presidente russo
Putin, affinché Mosca non prenda parte ai programmi atomici di Teheran. Gli
studenti iraniani, intanto, proseguono i preparativi della commemorazione
dell'assalto del 9 luglio del 1999 ai dormitori dell'Università di Teheran.
Trasferiamoci in Italia, dove,
a Roma, è in corso la prima riunione collegiale della Commissione europea al
completo con la presidenza italiana dell’Unione. L’incontro, che si sta
svolgendo a Villa Madama, vede di fronte il premier italiano Berlusconi ed il
presidente della Commissione Prodi, per uno scambio di vedute complessivo sulle
priorità strategiche del prossimo semestre.
Ieri sera, intanto, c’è stato un
colloquio telefonico chiarificatore tra il premier italiano Berlusconi e il
cancelliere tedesco Schröder dopo il duro confronto al parlamento di Strasburgo
tra lo stesso Berlusconi e il deputato socialdemocratico tedesco Schulz.
Dunque, pace fatta per il prosieguo del semestre italiano alla guida
dell’Unione Europea, anche se il botta e risposta continua a far discutere. Ce
ne parla Giampiero Guadagni:
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Una telefonata che sembra
allentare la tensione e, per il governo tedesco, parola di Schröder, la
questione è chiusa. “Ora – aggiunge – dobbiamo aiutare l’Italia nel semestre”.
Schröder aveva chiesto formalmente le scuse di Berlusconi, giudicando
totalmente inaccettabile la definizione di “kapò”, il termine con cui durante
il nazismo si indicavano i sorveglianti nei campi di concentramento, indirizzata
da Berlusconi a Schulz, in risposta alle dure critiche formulate
dall’Europarlamentare socialdemocratico tedesco. Il premier italiano ribadisce:
“E’ stato frainteso il senso di una mia battuta ironica, in risposta a gravi
offese contro di me”. Berlusconi resta convinto che il caso Schulz sia stata un
trappola organizzata dall’opposizione italiana. Il centro-sinistra reagisce e i
Ds hanno formalmente chiesto al governo di riferire sulla questione.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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Prosegue ad oltranza lo sciopero
generale indetto in Nigeria contro l’aumento del prezzo della benzina. La
protesta si è allargata a macchia d’olio in tutto il Paese, paralizzando così
l’ottavo esportatore mondiale di petrolio. Sulla gravità della situazione è
intervenuto il presidente nigeriano, Olusegun Obasanjo, che ha richiesto
immediati colloqui per quello che ha definito “un problema politico”.
Restiamo in Africa dove notizie
di scontri continuano a giungere dalla Repubblica democratica del Congo. Teatro
dei combattimenti è ancora una volta il Nord-Est del Paese: non più la città di
Bunia, capoluogo dell’Ituri, dove si è ormai dispiegato il contingente
internazionale, ma la località di Butembo, nel Nord Kivu. L’agenzia Misna
riferisce di scontri a colpi di mitragliatrice ed arma pesante, tra gruppi di
miliziani non ancora identificati.
Domenica prossima saranno circa 64
milioni i messicani chiamati alle urne per rinnovare i 500 membri della Camera
dei deputati, per eleggere i governatori di sei Stati del Paese, 365 sindaci ed
i presidenti delle 16 delegazioni della
capitale. In previsione della tornata elettorale del prossimo 6 luglio la Conferenza
dell’episcopato messicano (Cem) aveva recentemente esortato i fedeli a recarsi
alle urne con un messaggio dal titolo “Votiamo con responsabilità”. “Ricordiamo – affermano i presuli nel
documento – il dovere morale di attenersi alla dottrina evangelica non
appoggiando leggi contrarie all’etica come quelle che attentano al diritto alla
vita o alle istituzioni della famiglia e del matrimonio”.
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