RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 184 - Testo della
Trasmissione di giovedì 3 luglio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Dopo l’appello del Papa in
favore dell’Uganda, giunge il ringraziamento dell’arcivescovo di Gulu
La Caritas Gerusalemme valuta positivamente la ‘Road Map’.
Inizia tra le polemiche il semestre di presidenza
italiano dell’Unione Europea. Scontro verbale tra Berlusconi e il
socialdemocratico tedesco Schulz
Dopo il ritiro israeliano dai Territori si pensa a
costruire la pace, ma ancora permangono molte difficoltà
Forse militari statunitensi in Liberia, mentre Bush
chiede a Taylor di lasciare il Paese, ma la situazione umanitaria resta
tragica.
3 luglio 2003
AZIONE
MISSIONARIA E CORRETTO RAPPORTO TRA CULTURA E FEDE
PER UN’AUTENTICA EVANGELIZZAZIONE, TRA I TEMI TRATTATI DAL PAPA
ALL’UDIENZA
CON I VESCOVI DELLE PROVINCE ORIENTALI DELL’INDIA
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
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“La
testimonianza di Gesù Cristo è il supremo servizio che la Chiesa è chiamata ad
offrire ai popoli del continente asiatico”. Con queste parole il Papa ha
ricevuto in udienza, stamani, i vescovi delle province orientali dell’India (Bangalore,
Hyderabad e Visakhapatnam).
“La novità radicale della vita donata da Cristo e vissuta
dagli apostoli – ha affermato Giovanni Paolo II - risveglia l’esigenza di
un’efficace azione missionaria”. “Tutti i cristiani - ha aggiunto - sono
chiamati a riversare l’amore di Cristo, che è la sorgente della speranza e
della gioia che li contraddistingue”. Il Papa ha quindi trattato il rapporto
tra cultura e fede, la cui corretta comprensione è stata da lui definita “vitale per realizzare un’efficace
evangelizzazione”. “Nel vostro subcontinente indiano – ha detto - vi
relazionate con culture ricche di tradizioni religiose e filosofiche, all’interno di questo contesto diventa
essenziale la proclamazione di Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato”.
Una teologia che “ometta la chiamata ad una radicale
conversione a Cristo e che neghi la trasformazione culturale che questa
conversione richiede – ha proseguito il Papa - comporterà necessariamente una
visione erronea della nostra fede”, radicata in Colui che “è la via, la verità
e la vita”. Il Santo Padre ha inoltre sottolineato come il dialogo
interreligioso non sostituisca la “missio ad gentes” ma, piuttosto, faccia
parte di essa. Giovanni Paolo II ha poi
affermato come le interpretazioni relativistiche del pluralismo religioso, che
considerano la fede cristiana sullo stesso piano di altre religioni, “svuotano
il Cristianesimo del suo cuore cristologico: una fede alienata dal Signore Gesù
– ha sottolineato - non è più cristiana”.
Giovanni Paolo II ha messo quindi in luce la vitalità
della Chiesa in India. “Nonostante gli ostacoli incontrati da coloro,
specialmente i poveri, che desiderano abbracciare la fede cristiana nella
vostra regione – ha rilevato - sono numerosi i battesimi di adulti ed
ugualmente incoraggiante è l'alta percentuale di cattolici che la domenica
partecipano alla Santa Messa”. Tali esempi di pronta risposta alla chiamata di
Dio indicano l'esigenza di una diligente attività pastorale.
Lungi dall’essere un fattore di
potere o di controllo – ha ancora affermato il santo Padre - i programmi di
evangelizzazione e formazione devono essere condotti nella consapevolezza che
ogni persona ha diritto ad ascoltare la buona novella che Cristo rivela”. “In
un mondo deturpato dalla frammentazione – ha concluso il Papa - la Chiesa,
strumento di comunione tra Dio e l’umanità, è
un potente mezzo per portare l’unità e la riconciliazione”.
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COMPRENSIONE
E SOLIDARIETÁ VERSO GLI ZINGARI. L’AMORE EVANGELICO OLTRE OGNI DISCRIMINAZIONE
AL CENTRO DEL CONGRESSO MONDIALE PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I MIGRANTI
- Intervista con padre Bruno Mioli -
Con l’obiettivo di esaminare le condizioni di vita della
comunità zingara, soprattutto relativamente all’istruzione, all’integrazione e
alla promozione umana e sociale, continuano a Budapest, i lavori del V
Congresso mondiale di pastorale per i nomadi, promosso dal Pontificio Consiglio
per i migranti in collaborazione con la Conferenza episcopale ungherese. Il
titolo del congresso, “Chiesa e zingari, per una spiritualità di comunione”
vuole già esprimere l’attenzione, la comprensione e la solidarietà della Chiesa
verso questo popolo, respingendo ogni tentazione egoistica di diffidenza ed
indifferenza, così come ha sottolineato Giovanni Paolo II in un messaggio al
presidente del dicastero pontificio, mons. Stephen
Fumio Hamao. Sul
particolare rapporto della Chiesa con gli zingari e sulla relazione di questi
ultimi con la società contemporanea, Rosario Tronnolone ha intervistato padre
Bruno Mioli, direttore di Migrantes, l’ufficio immigrati e profughi della
Conferenza episcopale italiana:
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R. - Gli zingari che, nell’immaginario collettivo - ma
diciamo anche nell’opinione pubblica, nelle politiche nazionali ed
internazionali - sono messi in disparte, vivono nel cuore della Chiesa e la
Chiesa periodicamente concentra la sua attenzione su di loro e assieme a loro.
D. – Qual è la posizione allora della Chiesa, nei
confronti degli zingari?
R. – Ci sono tante ragioni per considerarli veramente
ultimi, poveri, cioè quella classe verso la quale, da parte della Chiesa,
devono andare particolari attenzioni, proprio perché queste attenzioni non ci
sono da parte degli altri.
D. –
Ecco, spesso succede, leggendo i giornali, che la cronaca riporti delle situazioni
di intolleranza o comunque di convivenza non pacifica tra la società civile e
gli zingari. Qual è il modo in cui gli zingari vengono normalmente percepiti?
R. – Si prende atto di questo e quindi si cerca di
prendere una posizione non pregiudizialmente di difesa degli zingari, quasi
fossero loro le vittime, ma considerando attentamente questa situazione
difficile. La Chiesa si domanda che cosa può fare per giungere ad una normale
relazione, addirittura ad un rapporto di comunione, come si dice nel titolo del
Convegno. Cioè richiama decisamente tutta la società e le comunità cristiane ad
un senso di responsabilità, a domandarsi seriamente se questo rifiuto, se
questo sospetto insistente sugli zingari, questo giudizio severo non esista
fondamentalmente per il fatto che loro sono diversi da noi. Quello che la
Chiesa non può accettare, e quindi ciò che si vuole correggere è appunto
questo. Non infanghiamo una intera etnia per certe devianze, certi
comportamenti irregolari che vediamo! Ma con benevolenza, cercando di capirli
dal di dentro, addirittura attraverso forme di convivenza di tanti operatori
pastorali all’interno di queste comunità zingare, si cerca di compiere questa
opera educativa. Se si fanno questi Convegni mondiali, non è soltanto per la
scoperta della loro identità, non è soltanto per aiutarli a fare un passo in
avanti verso la nostra società, ma è anche per rendere loro consapevoli che ci
sono veramente degli ostacoli frapposti anche da loro e ostacoli che loro
stessi devono aiutare a rimuovere.
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“GIOVANNI
PAOLO II, PADRE DELL’EUROPA”: IERI, A STRASBURGO,
UN
CONVEGNO-EVENTO HA CELEBRATO IL MAGISTERO
EUROPEISTA
DEL PAPA
- Con
noi, il vicepremier italiano Gianfranco Fini -
A pochi giorni dalla pubblicazione
dell’ “Ecclesia in Europa” e in coincidenza con l’inizio del semestre
italiano di presidenza dell’Unione europea, un convegno ha celebrato, ieri, a
Strasburgo il magistero europeista di Giovanni Paolo II. L’evento, promosso dal
ministero degli Affari Esteri italiano si inserisce in un ciclo di incontri in 25
città del mondo dal titolo “La mia seconda patria. Gli istituti italiani di
cultura a Giovanni Paolo II, Primate d’Italia, nel giubileo d’argento del
Pontificato”. A Strasburgo, c’era per noi Alessandro De Carolis:
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Giovanni Paolo II, “padre dell’Europa”, un Continente
vecchio che diventa nuovo. Due definizioni per un’immagine efficace, quelle
trovate dal cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, uno degli
illustri relatori del Convegno di Strasburgo dedicato al magistero europeista
del Papa. Nell’Aula Magna dell’E.N.A., la Scuola Nazionale di Amministrazione,
a due passi dal fiume della splendida città alsaziana, cuore delle istituzioni
europee, uomini di Chiesa e del governo italiano hanno voluto celebrare ieri i
25 anni dell’uomo venuto da lontano, che ha saputo spendersi come nessun
altro, perché l’Europa dei muri diventasse nel tempo l’Europa dell’attuale
nuovo corso. L’Europa dell’espansione verso est, ovvero verso gli stessi Paesi
che, come ha ricordato il Papa stesso nell’esortazione ‘Ecclesia in Europa’,
hanno il diritto di entrarvi a far parte perché coeredi di una stessa identità
culturale.
Un emozionante documentario realizzato da Telepace ha
introdotto per immagini la Conferenza. In 12 minuti e 30 secondi, 30 per ogni
anno di Pontificato, la storia di Giovanni Paolo II è scivolata sul rapido e
allo stesso tempo solenne scorrere del tempo, cadenzata dalle note del canto
corale dell’Agnus Dei. Un modo spettacolare per cogliere in poche pennellate la
trama del ministero papale intrecciata inestricabilmente con i grandi
avvenimenti che hanno chiuso la storia del ‘900.
Di questa trama e di questo ministero fanno parte gli
insegnamenti, circa 700 - ha rammentato il cardinale Dionigi Tettamanzi,
arcivescovo di Milano - che il Papa ha
dedicato alla costruzione dell’Europa, alla strenua difesa delle sue radici
cristiane. L’Europa è stata battezzata dal cristianesimo - affermò il Papa già
nell’ ’82 - che ha sempre difeso i
valori dell’unità, dell’uomo e delle sue libertà individuali. Valori che dal
Continente - è stato ricordato - hanno preso le mosse per affermarsi come
principi delle moderne democrazie,
prodotto di una cultura e di una mentalità forgiate da millenni di
insegnamento evangelico.
Sulle prese di posizione del passato, per arrivare
all’ultimo documento post-sinodale, firmato pochi giorni fa da Giovanni Paolo
II e che può essere considerato il compendio del suo magistero europeista –
come ha suggerito ancora l’arcivescovo di Milano - hanno trovato materia per
riferimenti e citazioni, gli interventi dei numerosi politici italiani presenti
al Convegno. Il vice-presidente del Senato, Dini, non ha fatto fatica nel
riconoscere nel magistero del Santo Padre, gli spunti precursori che in qualche
modo hanno trovato eco nel preambolo della Costituzione europea tuttora in
discussione. Il vice-presidente del Consiglio dei ministri, Fini, ha idealmente
completato questa convinzione assicurando formalmente che sarà preciso impegno
del governo italiano, durante il semestre europeo, di chiedere una menzione
specifica del cristianesimo all’interno del testo finale del preambolo. Un
riconoscimento doveroso – è stato più volte affermato da tutti – che nulla
toglierebbe a chi non si riconosce in una religione, perché – come ha ricordato
più volte lo stesso Giovanni Paolo II – la laicità dello Stato ha radici cristiane.
Da Strasburgo, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana.
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E proprio sull’inserimento di una menzione alle radici
cristiane dell’Europa nella nuova Costituzione continentale, il nostro inviato
a Strasburgo ha raccolto il parere del vicepremier italiano, Gianfranco Fini:
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Alla Convenzione, nonostante la
richiesta del governo italiano, del governo polacco, del governo spagnolo e di
molti convenzionali, non si è inserito un esplicito riferimento alle radici
religiose intese come identità giudaico-cristiane, ma tuttavia si è scritto che
c’è questa identità religiosa, questi valori che sono valori che tratteggiano
una identità. Il governo italiano, coerentemente con quello che ha già fatto la
Convenzione, nella Conferenza intergovernativa, riproporrà la questione.
Sappiamo che si tratta di un argomento su cui, soprattutto in una sede in cui
si deve raggiungere un accordo all’unanimità, sarà difficile riuscire ad
ottenere un successo pieno, ma quando si crede in certe cose è giusto andare
fino in fondo.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato: nunzio apostolico in
Mozambico mons. George Panikulam, arcivescovo titolare di Arpaia, finora nunzio
apostolico in Honduras; arcivescovo metropolita di Paderborn (Repubblica
Federale di Germania) mons. Hans-Josef
Becker, finora Vescovo titolare di Vina ed Ausiliare della medesima
Arcidiocesi; vescovo di Plasencia
(Spagna) mons. Amadeo Rodríguez Magro, finora Vicario Generale dell’arcidiocesi
di Mérida-Badajoz.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Si apre con il Medio Oriente:
la città di Betlemme restituita al controllo dell'Autorità palestinese.
Nelle vaticane, nel discorso a
vescovi indiani ricevuti in visita "ad Limina", Giovanni Paolo II ha
sottolineato che una corretta comprensione del rapporto tra cultura e fede
cristiana è fondamentale per un'efficace evangelizzazione.
La presentazione di mons.
Francesco Di Felice al volume - in corso di pubblicazione - dedicato al
cardinale Corrado Bafile, in occasione del suo centesimo genetliaco.
Nel cammino della Chiesa in
America Latina, un documento de vescovi del Perù sulla situazione nel Paese.
Nelle pagine estere, riguardo
all'Iraq, in rilievo la denuncia dell'arcivescovo di Baghdad dei Latini: i
bambini che vivono negli orfanotrofi sono vittime di rapimenti e di
sfruttamento.
Unione Europea: difficile
avvio del semestre italiano; il cancelliere tedesco sollecita le scuse del
premier Berlusconi.
Nella pagina culturale,
"Abili persuasori occulti manovrano le scelte delle masse giovanili"
è il titolo all'articolo di Mario Gabriele Giordano sul volume "Stare in
gruppo" di Giuseppina Speltini.
Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della
finanziaria.
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3 luglio 2003
SPIRITUALITA’ E RINNOVAMENTO DELLE STRUTTURE ECUMENICHE
PER MEGLIO ESSERE TESTIMONI DI CRISTO IN EUROPA
ESIGENZE EMERSE DALLA XII ASSEMBLEA DELLA KEK
SVOLTA IN NORVEGIA
- Con noi mons. Aldo Giordano -
Per
la prima volta nella storia, cristiani delle diverse Chiese, a livello europeo
si sono incontrati in Norvegia. “E’ da mille anni che noi, nel Nord Europa, aspettavamo
questo evento”. Ha dichiarato il vescovo di Trondheim. Espressione questa che
ben esprime il nuovo impulso che l’attuale processo di unificazione europea
imprime al cammino verso la piena unità delle Chiese. E’ questo il clima che si
è respirato alla 12^ Assemblea delle 126 Chiese di tradizione ortodossa,
protestante ed anglicana d’Europa (KEK)
appena concluso. L’assemblea ha appoggiato il progetto di indire il terzo grande Incontro dei cristiani d’Europa
per il 2007, probabilmente in Romania. Ancora, la KEK intende dare ulteriore
impulso alla diffusione la “Charta ecumenica”, considerata dalle diverse Chiese
come agenda di riferimento per il cammino verso l’unità. L’assemblea era stata
aperta dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e chiusa
dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, Presidente della Comunione
anglicana mondiale. Ma diamo la parola a mons. Aldo Giordano.
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R. –
L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha tenuto l’omelia sulla base del
testo dell’incontro di Gesù con la samaritana, ed ha lanciato questo messaggio:
“Come Gesù ha chiesto alla samaritana ‘dammi da bere’, anche nei rapporti di
riconciliazione è importante questo atteggiamento in cui noi andiamo dall’altro
e gli domandiamo “dammi da bere”, coscienti che l’ecumenismo, la
riconciliazione, non sono frutto di buona volontà, ma un dono che viene dall’altro
e, in particolare, dall’Altro che è
Gesù Cristo.
D. – I lavori dell’Assemblea sono coincisi con la
pubblicazione dell’esortazione post-sinodale ‘Ecclesia in Europa’. Quale accoglienza, quale eco, quali reazioni
ha potuto raccogliere?
R. – C’è stata una reazione di grande stima per questo
documento, sia per l’impianto incentrato su Gesù Cristo, sul Vangelo, che
ispira tutto il documento, sia per il fatto che il documento chiarifica molti
temi di grande attualità oggi in Europa. Molte persone mi hanno detto: “Ecco
una guida sicura, in questo momento della vita dell’Europa”. Una osservazione
un po’ critica da parte di alcuni che hanno detto che si sarebbero attesi un
riferimento più ampio a quello che di fatto le Chiese e le comunità in Europa
già fanno nel campo della giustizia, della pace e della riconciliazione.
D. – Se lei dovesse sintetizzare, con un’impressione a
caldo, che cosa è accaduto in questi giorni in Norvegia, cosa direbbe?
R. – Da una parte, come sempre succede in questi incontri,
c’è l’’incontro’, quindi la possibilità grande che abbiamo di
incontrarci tra di noi, conoscerci meglio, far cadere dei pregiudizi. Tutto ciò
che accade nei corridoi dell’Assemblea o nei vari spazi che ci sono nei momenti
di preghiera, nei momenti di riflessione, questo ‘incontrarsi’ è sempre
un evento. D’altra parte ho l’impressione che ci sia l’esigenza di qualcosa di
nuovo anche in campo ecumenico. Si sente molto l’esigenza di uno sguardo di
fede sulle cose, uno sguardo teologico, uno sguardo spirituale, emerge
l’esigenza di una forte spiritualità. Anche se poi in realtà si ha
l’impressione che non sappiamo ancora cosa vuol dire questo, quindi si è ancora
incapaci di fare una lettura di tutti i problemi che dobbiamo affrontare in
Europa con questa chiave di lettura spirituale. E dall’altra parte c’è anche
l’esigenza di ripensare un po’ le strutture ecumeniche. Certe strutture, che
hanno avuto un grosso compito storico, adesso dovrebbero forse essere capaci di
ripensarsi e seguire le indicazioni dello Spirito per inventare qualcosa di
nuovo.
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ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI E IRRADIAMENTO
DEI CIBI IN PRIMO PIANO, IN QUESTI GIORNI A ROMA, ALLA 26.MA SESSIONE DEL CODEX
ALIMENTARIUS,
LA SPECIALE
COMMISSIONE, PROMOSSA DALLA FAO
E
DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
- Con
noi, Anna Maria Bruno -
La sicurezza degli alimenti al centro dell’attenzione, in
questi giorni a Roma, alla 26.ma sessione del Codex Alimentarius, la
speciale commissione che da 40 anni raccoglie esperti della Fao e dell’Oms,
l’Organizzazione mondiale della sanità. L’organismo internazionale è riunito
fino al 7 luglio per discutere sull’approvazione dei parametri qualitativi e di
sicurezza dei prodotti alimentari. Tra i temi più significativi all’ordine del
giorno della commissione, gli organismi geneticamente modificati e il
trattamento dei cibi con radiazioni ionizzanti. Una pratica, questa, volta a
ritardare il deterioramento degli alimenti, ma che, secondo le organizzazioni
ambientaliste, comporterebbe seri rischi per la salute. Sullo scottante
argomento Alessandro Gisotti ha intervistato la dott.ssa Anna Maria Bruno,
funzionario del segretariato del Codex Alimentarius:
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R. – Il
Codex ha adottato fin dal 1983 un codice di pratica per l’irradiamento dei
cibi. Questa norma è stata adesso revisionata sulla base di una valutazione
scientifica, condotta congiuntamente dalla Fao, dall’Oms, l’Organizzazione
mondiale della sanità, e dall’Istituto di energia atomica (Aiea). La revisione
di questo documento ha permesso soprattutto di non compromettere la sicurezza e
la qualità degli alimenti. Ha inoltre fissato le dosi di irradiamento, più
facili da seguire da parte di coloro che irradiano i cibi. Infine ha fissato
dei metodi di analisi per la verifica dell’irradiamento
D. – Proprio in questi giorni, il Parlamento di Strasburgo
ha approvato una legge che, sostanzialmente, apre il mercato agli alimenti
geneticamente modificati, dopo una moratoria di 5 anni. A quale risultati
scientifici è pervenuto il Codex Alimetarius sugli Ogm?
R. – Il Codex ha stabilito, quattro anni fa, proprio per guardare a
questo problema dal punto di vista dei consumatori, una task force speciale, un
gruppo intergovernativo, che guarda con attenzione e preparare dei testi in
relazione ai cibi geneticamente modificati. Questa task force è riuscita a
portare all’approvazione del Codex quattro testi fondamentali, e questi permetteranno
ai Paesi di condurre l’analisi dei rischi dei cibi geneticamente modificati. Il
Codex dà, quindi, ai Paesi degli strumenti che gli permettono di valutare la
sicurezza di questi alimenti.
D. – I consumatori, specie europei, sono molto sensibili
al tema della sicurezza della carne, memori della drammatica crisi del “morbo
della mucca pazza”. Cosa sta facendo su questo fronte il Codex?
R. – Il Codex ha recentemente iniziato a rielaborare un
codice di pratica di igiene degli alimenti a base di carne, alimenti non
soltanto di origine bovina. Questo codice, che sostituirà i testi attualmente
adottati e in vigore nel Codex, è basato su un approccio di prevenzione di ogni
possibile rischio, che può derivare alla salute umana dal consumo di carne.
Questo codice sarà molto comprensivo e, appunto, tiene in considerazione un
approccio preventivo, non basato su una analisi del prodotto finale.
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3 luglio 2003
DOPO
L’APPELLO DEL PAPA IN FAVORE DELL’UGANDA,
IL
SENTITO RINGRAZIAMENTO DELL’ARCIVESCOVO DELLA CITTÀ UGANDESE DI GULU
GULU. =
“Le parole del Papa non solo sono
consolatorie, ma ci infondono forza e coraggio per affrontare le avversità del
presente”. Così, mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, nell’Uganda
settentrionale, ha commentato le parole pronunciate ieri da Giovanni Paolo II
al termine dell’udienza generale. “Con profonda tristezza - ha detto il Papa -
seguo le drammatiche vicende della Liberia e della regione settentrionale
dell’Uganda. Faccio appello all’impegno di tutti affinché quelle care
popolazioni africane ritrovino pace e sicurezza”. “Esprimo gratitudine al Santo
Padre per le parole che ci ha rivolto – ha detto il presule – e, facendo tesoro
della sua esortazione, mi rivolgo alla comunità internazionale e all’intera
nazione ugandese, affinché prendano maggiore coscienza di una guerra
dimenticata che contrappone il sedicente ‘Esercito di resistenza del signore’
alle forze governative”. La nostra gente, ha proseguito, “non ce la fa più ed è
disperata. Sono convinto che il presidente Yoweri Museveni abbia fatto del suo
meglio per garantire l’incolumità della popolazione civile”. Nelle scorse
settimane mons. Odama, insieme agli altri responsabili religiosi locali, aveva
invitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu ad occuparsi del dramma dell’Uganda
settentrionale. “Sono convinto - ha concluso il presule - che il presidente
Museveni condivida la nostra richiesta alle Nazioni Unite e alla comunità
internazionale per garantire sicurezza e incolumità ai civili, vittime di un
conflitto che dura da vent’anni nel quale sono stati rapiti oltre 20 mila
bambini”. (M.A.)
SFARMARE
LE POPOLAZIONI DELL’AFRICA AUSTRALE COLPITE DA CARESTIE, SICCITÀ
ED
EPIDEMIE: E’ L’APPELLO LANCIATO DAL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE, CHE HA
CHIESTO LO STANZIAMENTO DI 308 MILIONI DI EURO
ROMA. =
Un nuovo appello in favore delle popolazioni africane è stato lanciato dal
Programma alimentare mondiale (Pam). Siccità, carestia e malattie hanno ridotto
in miseria le comunità dell’Africa Australe. Il Pam, per soccorrerle, ha chiesto
ieri alla comunità internazionale un finanziamento di 308 milioni di euro per
sfamare 6 milioni e mezzo di persone con quasi 540 mila tonnellate di cibo. “Finché
la gente non avrà le risorse per fronteggiare i periodi di crisi - ha
dichiarato il direttore esecutivo del Pam, James Morris - essa sarà esposta ai
disastri naturali come le inondazioni e la siccità o l’epidemia di Aids”. “Il
virus dell’Hiv - ha continuato Morris - sta colpendo gli agricoltori in Africa
australe prima ancora che possano seminare il proprio raccolto e riconquistare
la sicurezza alimentare erosa nell’ultimo anno”. L’Africa australe, che ha il
più alto tasso di diffusione della malattia nel mondo, ha subito un allarmante
aumento nel numero dei nuovi infetti, compresi bambini, capofamiglia, malati
cronici e anziani. I Paesi più colpiti risultano essere - secondo quanto
riferito dal Pam - lo Zimbabwe, lo Swaziland, la Zambia, il Malawi, il
Mozambico e il Lesotho. (M.A.)
NUOVA
FASE DI INCONTRI IN BOLIVIA TRA EPISCOPATO, POLITICI
E
RAPPRESENTANTI DELLA SOCIETÀ CIVILE. SI CERCA UN’INTESA
PER
SUPERARE LA CRISI ECONOMICA E SOCIALE DEL PAESE ANDINO
LA PAZ. = Sono ripresi ieri in Bolivia i colloqui tra la
Conferenza episcopale e i rappresentanti dei differenti partiti politici per
giungere ad un’intesa che permetta di risolvere i gravi problemi sociali ed
economici del Paese andino. Gli incontri fanno parte del progetto “Rincontro
nazionale” promosso a fine maggio dalla Chiesa locale, dai politici e dai
rappresentati della società civile per trovare un’intesa che permetta di
rafforzare le istituzioni democratiche e uscire dalla crisi iniziata con i
violenti disordini di febbraio. L’annuncio della ripresa delle riunioni (che
hanno una scadenza periodica) è stato dato dal presidente delle Conferenza
episcopale boliviana, il cardinale Julio Terrazas Sandoval, attraverso un messaggio
indirizzato all’opinione pubblica. “Dalle risposte che si otterranno – sostiene
il porporato – dipenderà gran parte del destino del Paese: i cittadini vogliono
pace e lavoro, speranza e libertà, giustizia e solidarietà”. Nella nota, il
cardinale Terrazas Sandoval sollecita i governanti ad un rinnovato impegno per
il bene futuro del Paese. “La gente è stanca di vivere in una crisi permanente
- scrive il cardinale - e vuole che si passi da una democrazia formale a una
democrazia più partecipativa, dove il governo dimostri austerità, efficienza e
trasparenza nella gestione della politica statale e l’opposizione agisca in
maniera rigorosa e costruttiva”. (M.A.)
PRESENTATO DALL’UFFICIO PER I DIRITTI UMANI
DELL’ARCIVESCOVADO
DI CITTÀ DEL GUATEMALA IL RAPPORTO SULLA SITUAZIONE
DELL’INFANZIA NEL PAESE. DEFINITA ALLARMANTE LA VIOLENZA DI CUI SONO VITTIME I
BAMBINI
CITTÀ
DEL GUATEMALA. = La situazione dei bambini in Guatemala continua ad essere
drammatica, preoccupante e immorale. Con parole dure e decise, l’Ufficio per i
diritti umani dell’arcivescovado di Città del Guatemala ha presentato ieri un
rapporto sulla condizione dell’infanzia nel Paese latino-americano. E’ definita
“allarmante”, la violenza subita dai bambini. L’anno scorso sono stati
assassinati 635 minorenni, 508 de quali con colpi d’arma da fuoco. Negli ultimi
tre anni 24 bambini sono stati barbaramente trucidati, mentre nel solo 2002, 32
sono stati vittime di un sequestro. L’infanzia guatemalteca è vittima di
aggressioni fisiche, maltrattamenti e abbandono. Il direttore dell’Ufficio,
Nery Rodenas, ha dichiarato all’agenzia
EFE che la situazione di deterioramento dei diritti umani è dovuta
principalmente alla difficoltà di applicazione della giustizia. Ma il rapporto
fornisce il quadro di un Paese, che anche dal punto di vista sanitario ed
educativo non riesce ad offrire adeguata assistenza: la maggioranza dei bambini
non ha accesso ai servizi scolastici ed ospedalieri. La loro vita è
particolarmente dura nelle campagne, dove è alta la mortalità infantile (59 per
mille), e diffusa la denutrizione, che in tutto il Paese colpisce quasi il 70
per cento dei minori di cinque anni. Nel rapporto sono contenute anche delle
proposte rivolte allo Stato. E’ fondamentale prevenire la violenza e creare una
magistratura speciale per i minori, senza tralasciare però interventi in campo
assistenziale, attraverso il miglioramento del sistema sanitario e scolastico.
Un appello finale è rivolto ai governi dell’America centrale e degli Stati
Uniti, affinché potenzino i mezzi per contrastare il traffico illegale di
minori. (M.A.)
POSITIVO IL PARERE DELLA CARITAS GERUSALEMME SULLA
‘ROAD MAP’.
TUTTAVIA
RIMANGONO DUBBI SULLO STATUS DI GERUSALEMME E SULLA
PRESENZA DELLE COLONIE ISRAELIANE IN
TERRITORIO PALESTINESE
MADRID.
= La Caritas Gerusalemme valuta positivamente il processo di pace messo in moto
dalla ‘Road Map’. Attraverso la sua segretaria generale, Claudette
Habesch (in questi giorni a Madrid per il Congresso ispano-americano e dei Caraibi
sulla teologia della carità), l’organismo ha espresso le sue aspettative e le
sue valutazioni sul nuovo piano per portare la pace in Terra Santa. “Questo processo
è un segno di speranza sul quale contiamo – ha detto Habesch – perché può
condurci ad una vita normale, al perdono ed alla tolleranza. Ma prima di parlare
di questo – ha continuato – dobbiamo accettare l’altro con tutte le sue differenze”.
Secondo la segretaria della Caritas gerosolimitana, la ‘Road Map’
costituisce un progresso considerevole, dato che riconosce l’esistenza di un
popolo palestinese, di un conflitto in atto e della necessità di sanarlo. La
migliore garanzia dell’attuabilità del progetto, secondo la responsabile
dell’organismo, è l’appoggio fornito da Unione Europea, Usa, Russia e Onu, che
dà equilibrio all’intero svolgimento del piano. Riguardo la tregua dichiarata
da Hamas, dalla Jihad islamica e dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa, Habesch
ha riconosciuto l’importanza del gesto, ma ha dichiarato che anche lo Stato
d’Israele deve compiere un passo deciso verso la pace. Tuttavia, la
responsabile della Caritas ha lamentato la mancanza nel piano del riferimento
allo status di Gerusalemme, della questione delle frontiere, delle colonie
israeliane in territorio palestinese e del diritto dei profughi al ritorno.
(M.A)
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3 luglio 2003
- A cura di Salvatore Sabatino -
Non si placano le polemiche
internazionali dopo lo scontro verbale avvenuto ieri al parlamento di
Bruxelles, tra il premier italiano Berlusconi ed il socialdemocratico tedesco,
Schulz. Tutto era iniziato con le dichiarazioni di quest’ul-timo, il quale
aveva evidenziato le vicende giudiziarie di Berlusconi che - a suo dire - sarebbero
state incompatibili con la carica europea appena assunta; il premier italiano
aveva ironicamente ribattuto di veder bene il deputato nel ruolo di “kapò” in
un film sui lager nazisti. L’episodio ha provocato un vero e proprio terremoto
a livello diplomatico, che culminerà tra qualche minuto con la telefonata tra
il “cavaliere” ed il cancelliere tedesco Schröder, che ieri davanti al Bundestag
- la Camera Bassa del Parlamento - aveva detto di aspettarsi delle scuse dal primo
ministro italiano. La cronaca di ieri nel servizio di Giampiero Guadagni:
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Annunciate alla vigilia, le contestazioni degli euro
deputati socialisti, verdi e comunisti, a Silvio Berlusconi, hanno
caratterizzato l’esordio del semestre a guida italiana. Momento culmine
l’attacco del socialdemocratico Schulz, con la replica di Berlusconi, che poi
dirà: “La mia era solo ironia. Non volevo offendere il popolo tedesco”. Ma le
parole del premier italiano hanno provocato la dura reazione del presidente
dell’Euro parlamento, Cox, e quella dello stesso Schulz, che pure ad un
giornale tedesco ammette di aver voluto intenzionalmente provocare il primo
ministro italiano. “E’ caduto nella trappola. Lo capisco, ma non condivido”,
commenta il vice premier Gianfranco Fini. Ancora più netta la dissociazione di
Follini, Udc. Mentre tutto il centro-sinistra insorge contro il presidente del
Consiglio.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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E le polemiche hanno lasciato
in ombra il programma del governo di Roma per il semestre italiano di
presidenza europea, esposto da Berlusconi al parlamento europeo. I principali
punti del programma nel servizio da Bruxelles:
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Il premier ha sottolineato
l’urgenza di dotare l’Unione di una strategia di politica estera univoca, in
grado di influire a livello internazionale.
“L’Europa può curarsi della sindrome di Amleto e decidere di
essere senza riserve un protagonista attivo nella scena mondiale. Può dotarsi
degli strumenti diplomatici economici e militari per farlo in modo
convincente”.
Sempre in materia di Esteri, Berlusconi ha insistito sul rilancio delle
relazioni con gli Stati Uniti e con la Russia e sul processo di pace in Medio
Oriente. Secondo grande argomento la Costituzione europea, con il presidente
del Consiglio, che ha confermato la volontà italiana di giungere ad un accordo
entro dicembre. Di attenzione particolare godranno inoltre la politica comune
in materia di immigrazione, le grandi infrastrutture, la riflessione sulla
sostenibilità dei sistemi pensionistici e la ricerca scientifica.
Da Bruxelles, per Radio Vaticana,
Gianandrea Garancini.
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Dal Medio Oriente continuano a giungere notizie
contrastanti a 24 ore dal ritiro israeliano dai Territori, conclusosi ieri con
la consegna di Betlemme ai soldati regolari palestinesi. Israele ha presentato
oggi la prima protesta ufficiale, per il lancio di razzi avvenuto ieri sera
contro una colonia ebraica della Striscia di Gaza. Per lo stesso episodio – che
il premier palestinese Abu Mazen ha definito “un atto di terrorismo” – il
governo di Tel Aviv ha ripristinato due posti di blocco lungo la principale
arteria, che attraversa la Striscia di Gaza. Dagli Stati Uniti, intanto, il
presidente Bush si è detto ottimista sulla possibilità di successo della ‘road-map’.
Ce ne parla Graziano Motta:
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Affinché
possa ricostruire le sue infrastrutture, l’Autorità palestinese ha ricevuto in
dono dagli Stati Uniti 30 milioni di dollari nel corso di una cerimonia a
Ramallah. D’altra parte, il governo israeliano si è riunito in via straordinaria
per fare il punto sulla situazione dopo l’incontro tra i primi ministri Sharon
e Abbas. A proposito dei detenuti palestinesi, Sharon ha affermato che non è
stata ancora fissata una data precisa per la liberazione, né completata la
lista di quelli che ne beneficeranno. Il ministro della Difesa, Mofaz, ha detto
che le prossime settimane saranno decisive per la valutazione della tregua. Il
capo di Stato maggiore Yaalon ritiene serio il primo ministro nelle sue intenzioni.
“Egli ha capito – ha detto – che il terrorismo è stato un errore”. Per Yaalon
sembra proprio che l’Intifada sia finita e che Israele ne sia uscito
vittorioso.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Non diminuiscono le preoccupazioni internazionali per il
riarmo nucleare dell’Iran. Il presidente statunitense Bush, in una telefonata
al collega russo Putin, ha insistito affinché Mosca smetta di fornire
assistenza tecnologica ai programmi nucleari di Teheran. Soltanto ieri il
vicepresidente iraniano Gholam Reza Agazade aveva proposto al Cremlino di
partecipare alla costruzione di altre centrali nucleari, oltre a quella già
prevista di Busher.
Estremamente tesa la situazione
anche in Iraq. Stamattina sei soldati americani sono stati feriti da
un’esplosione nella città di Radi, 100 chilometri ad Ovest di Baghdad. A
confermare la notizia è stato un portavoce militare americano. L’attacco è
stato sferrato da alcuni sconosciuti, poi fermati dalla popolazione locale, nei
confronti di un convoglio formato da due veicoli statunitensi. Ieri, per
prendere atto concretamente della situazione, il ministro degli esteri di
Londra, Jack Straw, si è recato nella zona di Bassora, controllata dai
britannici.
Truppe americane in Liberia, nell’ambito di una forza
multinazionale di pace: l’auspicio espresso dall’Onu potrebbe divenire realtà
nelle prossime settimane. Lo ha confermato ieri il presidente degli Stati
Uniti, Bush, ribadendo la sua richiesta al presidente Taylor di lasciare il
potere affinché la Liberia possa ritrovare la pace e la stabilità. Il piano,
elaborato finora dal Pentagono, prevedrebbe l’impiego di circa 2 mila uomini.
Dal canto suo, Taylor ha fatto sapere che sarebbe disponibile ad andare via
nell’arco di tre mesi, sentendo però prima quali sono le posizioni e le
proposte di Bush. Intanto, nel Paese africano la situazione umanitaria è
gravissima a causa delle malattie e della mancanza di cibo e acqua. Ma come sta
affrontando tutto questo la gente liberiana? Ci risponde l’arcivescovo di Monrovia,
mons. Michael Francis:
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R.
– THAT’S A MIRACLE HOW THE PEOPLE …
E’ un miracolo vedere come le
persone stanno affrontando la situazione, perché c’è mancanza di cibo, di
medicine e di sicurezza. Due giorni fa ci sono stati attacchi da parte
dell’esercito, che ha saccheggiato le case e ha portato via loro il poco che
avevano. Al momento, gli ospedali non hanno una quantità sufficiente di
medicine, e i pochi medici, perché molti hanno lasciato il Paese, stanno
cercando di porre rimedio con il poco che hanno. Per esempio abbiamo un grande
“General Hospital”, che non ha le medicine necessarie e quindi si trova in una
situazione davvero difficile e pericolosa.
D. – Qual è il ruolo che la Chiesa
sta avendo, nel tentativo di alleviare le sofferenze della gente?
R.
– WELL, OUR ROLE HAS BEEN LIMITED …
Il nostro ruolo è purtroppo
limitato, perché due spedizioni che cercavano di andare incontro ai bisogni
della gente, sono state assalite. L’assalto è stato guidato da un membro della
Camera dei rappresentanti, che ha razziato tutto il cibo. Pochi giorni prima i
magazzini e tutte le attrezzature sono state saccheggiate. Anche tre delle
nostre parrocchie sono state assalite, saccheggiate e il pastore è stato
maltrattato.
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Restiamo
in Africa. Quarto giorno di sciopero generale in Nigeria contro l’innalzamento
dei prezzi del petrolio. Nella capitale, Abuja, si è registrato ieri
l'incidente più grave: la polizia ha disperso con lacrimogeni e raffiche di
proiettili di gomma la folla che si era riunita nel mercato centrale
protestando contro governo e presidente.
Ci sono stati numerosi feriti, anche travolti e calpestati dalla folla. Nei
giorni passati, invece, nelle violente manifestazioni hanno trovato la morte 8
persone.
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