RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 182 - Testo della Trasmissione di martedì 1 luglio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dialogo e non le armi  come metodo per risolvere le tensioni nel mondo. Così il Papa all’udienza con il nuovo ambasciatore della Libia presso la Santa Sede.

 

Giovanni Paolo II, Padre dell’Europa. Il riconoscimento domani ad un convegno a Strasburgo promosso in coincidenza con l’inizio del semestre italiano di presidente dell’Unione Europea.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Gli impegni dell’Italia nel semestre di presidenza italiana. Ai nostri microfoni il prof. Gian Luigi Tosato.

 

Come superare l’emergenza umanitaria in Iraq? Le proposte di Save the Children, nell’intervista ad Antonello Sacchetti.

 

Una convenzione Onu per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, in vigore da oggi. Con noi il prof. Stefano Zamagni.

 

‘Non bombe, ma solo caramelle’: lo spettacolo dei bambini italiani e della ex-Jugoslavia per esprimere la pace e la solidarietà.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il comitato contro la discriminazione delle donne apre oggi i lavori al Palazzo dell’Onu a New York.

 

Il fenomeno migratorio è inevitabile e in crescita: presentati oggi i risultati del rapporto mondiale sulle migrazioni.

 

Il Consiglio nazionale delle scuole cattoliche interviene perché la legge 62/2000 venga portata a compimento in tutti i suoi aspetti.

 

Concluso in Siria il sinodo dei vescovi cattolici di rito greco-melkita. Obiettivo dell’Assemblea la formazione umana e pastorale dei sacerdoti, senza dimenticare la pace in Terra Santa e il dialogo con l’islam.

 

‘La povertà rurale e la dipendenza economica dei contadini dalle coltivazioni illegali di coca e papavero’: questi i temi affrontati dai vescovi colombiani, riuniti questa mattina a Bogotà.

 

24 ORE NEL MONDO:

Si incontrano oggi il premier israeliano Ariel Sharon e quello palestinese Mahmoud Abbas per discutere sull’attuazione della ‘Road Map’.

 

E’ cominciata a Nazareth la demolizione della Moschea adiacente alla Basilica dell’Annunciazione.

 

Continuano in Iraq gli episodi di violenza: colpita in pieno centro di Baghdad una pattuglia americana.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 luglio 2003

 

 

IL RICORSO ALLE ARMI E’ SEMPRE UNA SCONFITTA DELL’UMANITA’:

COSI’, IL PAPA NEL DISCORSO AL NUOVO AMBASCIATORE LIBICO,

 ABDULHAFED GADDUR, RICEVUTO STAMANI IN VATICANO

PER LE LETTERE CREDENZIALI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il “ricorso alle armi per dirimere le controversie segna sempre una sconfitta della ragione e dell’umanità”: è la riflessione offerta, stamani, da Giovanni Paolo II al nuovo capo missione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista presso la Santa Sede, Abdulhafed Gaddur, ricevuto in udienza per la presentazione delle lettere credenziali. Nel discorso al diplomatico libico, il Papa ha messo l’accento sull’impegno della Chiesa per favorire un dialogo sincero e perseverante tra le nazioni, “basato su solidi leggi morali”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La sincera volontà di collaborazione “costituisce la base per una proficua cooperazione fra i credenti e fra tutti gli uomini”. Lo ha sottolineato con forza Giovanni Paolo II avvertendo che di fronte a “tentativi di travisamento della religione” occorre ribadire che “sono contrarie a Dio e all’uomo quelle pratiche che incitano alla violenza e al disprezzo della vita umana”. Un richiamo, ha detto, che vale “in particolare, per i seguaci dell’islam e i cristiani”. Di qui, l’importanza del dialogo quale metodo per affrontare le tensioni esistenti nel mondo, che per essere risolte “richiedono la fattiva collaborazione di tutti” nel rispetto dei principi fondamentali della “verità, della giustizia, dell’amore e della libertà”. Per questo, ha aggiunto, va incoraggiata “la via del dialogo e della mutua comprensione nel rispetto delle differenze”, perché la “vera pace possa essere perseguita e l’incontro fra popoli diversi avvenga in un contesto di solidale intesa”.

 

Il Papa ha ricordato come l’azione della Santa Sede sullo scenario internazionale sia proprio caratterizzata dalla ricerca del dialogo “al fine di favorire l’intesa tra le nazioni, il raggiungimento della pace” e ancora “la difesa delle legittime peculiarità di ogni popolo e la concreta solidarietà verso i meno fortunati”. Quindi, ha rivolto l’attenzione al Medio Oriente e a quei “conflitti che impediscono agli abitanti di molte regioni dell’Africa di costruire il proprio sviluppo”, così come alla “iniqua distribuzione dei beni della terra e dei frutti della ricerca tecnologica, umana e spirituale”. Giovanni Paolo II è poi tornato a condannare il terrorismo, che “potendo colpire ovunque indiscriminatamente, rende insicuri città, popoli e persino l’intera umanità”. La Chiesa, ha ribadito, consapevole del ruolo che ricopre la religione “nel suscitare e consolidare la cultura dell’incontro”, desidera “portare avanti la sua missione di pace”, esortando tutti a farsi carico l’uno dell’altro per costruire un mondo più giusto, più solidale e più libero”. Non ha infine mancato di rivolgere un pensiero particolare alla comunità cattolica in Libia che, ha detto, desidera “proseguire la sua azione coltivando lo spirito di comunione fraterna” con una presenza “discreta e amorevole”.

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Nel suo indirizzo di saluto, il 44enne ambasciatore Gaddur, che ha intrapreso la carriera diplomatica nel 1985, ha ringraziato il Papa per il suo infaticabile impegno in favore del dialogo e la comprensione tra i popoli. Ha poi aggiunto che il popolo libico ha sempre apprezzato la “coraggiosa e forte posizione” presa dal Pontefice contro l’embargo alla Libia. Quindi, ha assicurato l’impegno del suo governo per la pace nel mondo e la realizzazione di uno sviluppo globale che produca benessere per i popoli del mondo intero.

 

 

“GIOVANNI PAOLO II, PADRE DELL’EUROPA”: DOMANI, A STRASBURGO,

UN CONVEGNO CELEBRA IL MAGISTERO EUROPEISTA DI GIOVANNI PAOLO II, IN COINCIDENZA

 CON L’INIZIO DEL SEMESTRE ITALIANO DI PRESIDENZA DELL’UNIONE EUROPEA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Un evento per celebrare Giovanni Paolo II, “Padre dell’Europa”. E’ quanto si propone un convegno che, domani a Strasburgo, vedrà assieme personalità del mondo religioso, culturale e delle istituzioni nell’ambito delle celebrazioni per il 25.mo di pontificato. Appuntamento che coincide con l’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Al convegno, in programma alle ore 16, prenderà parte il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, e i rappresentanti italiani alla Convenzione europea Gianfranco Fini, Lamberto Dini e Marco Follini. Con loro anche il vicepresidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Umberto Ranieri. La manifestazione è promossa dal sottosegretario agli Esteri, Mario Baccini, nell’ambito di un ciclo di incontri che si svolgono in 25 città del mondo, racchiusi nel titolo “La mia seconda patria. Gli istituti italiani di cultura a Giovanni Paolo II, Primate d’Italia, nel giubileo d’argento del Pontificato”. L’evento verrà introdotto dal sindaco di Strasburgo, Fabienne Keller, e dall’arcivescovo della città, mons. Joseph Doré, che ha definito il convegno un modo per “dare il benvenuto all’Esortazione Apostolica, Ecclesia in Europa”.

 

In apertura, sarà proiettato un video prodotto dal CTV e da Telepace, che in 12 minuti e mezzo - 30 secondi per ogni anno - ripropone le immagini più suggestive del Pontificato. Quindi, Stelvio Cipriani eseguirà il “Tema di Karol”, mentre Cecilia Gasdia e Amedeo Minghi canteranno “L’Inno alla Gioia” e “Un uomo venuto da lontano”. L’evento sarà condotto dal giornalista, Piero Schiavazzi, curatore generale delle manifestazioni promosse dal Ministero degli Affari Esteri per il 25.mo di Pontificato. Al termine della manifestazione, l’arcivescovo Doré e la dott.ssa Gina Giannotti consegneranno a mons. Paul Richard Gallagher, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, il dono dell’arcidiocesi e dell’Istituto italiano di cultura per il Papa: una pietra dei Vosgi, proveniente dalla Fabbrica del Duomo, scelta tra quelle destinate al restauro della Cattedrale.

 

 

UDIENZE, NOMINE ED EREZIONE DI UNA NUOVA PROVINCIA ECCLESIASTICA

 

Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza anche il cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, con il padre Bernard Ardura, O. Praem., segretario del Pontificio Consiglio della Cultura e con il padre Fabio Duque Jaramillo, OFM, sottosegretario del medesimo Pontificio Consiglio.

 

Il Papa ha ricevuto poi la Presidenza della Conferenza Episcopale Brasiliana: il presidente, cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di São Salvador da Bahía; il vice-presidedente mons. Antônio Celso Queiroz, vescovo di Catanduva, mons. Odilo Pedro Scherer, vescovo titolare di Novi, ausiliare di São Paulo, segretario generale. E’ seguita l’udienza con mons. Adriano Bernardini, arcivescovo tit. di Faleri, nunzio apostolico in Argentina.

 

Giovanni Paolo II ha ancora ricevuto per la quinquennale visita apostolica i seguenti presuli della Conferenza Episcopale dell'India: mons. Joji Marampudi, arcivescovo di Hyderabad, mons. Thumma Bala, vescovo di Warangal, e  mons. John Baptist Sequeira, Vescovo di Chikmagalur.

 

Il Papa ha poi nominato: arcivescovo Metropolita di Boston (USA) mons. Sean P. O’Malley, cappuccino, finora vescovo di Palm Beach. E’ nato in Lakewood (Ohio), nella diocesi di Cleveland, il 29 giugno 1944; vescovo di Palm Beach (U.S.A.) mons. Gerald M. Barbarito, finora vescovo di Ogdensburg; vescovo Coadiutore di Orlando (U.S.A.) monsignor Thomas Gerard Wenski, finora vescovo titolare di Kearney ed Ausiliare di Miami. Ha nominato Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa il Reverendo Mons. Arnaldo Fraccaroli, del clero dell'arcidiocesi di Bologna (Italia); consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per la sezione degli Istituti Secolari, il Rev.do Mons. Juan José Dorronsoro Allo, del clero della diocesi di San Sebastián (Spagna), canonico della patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore, Roma.

 

Il Santo Padre ha creato la nuova Provincia Ecclesiastica di Palembang, dividendola dalla Provincia Ecclesiastica di Medan (Indonesia). La nuova Provincia ecclesiastica comprenderà le diocesi suffraganee di Pangkal-Pinang e Tanjungkarang. Sempre oggi  ha nominato primo Arcivescovo Metropolita di Palembang, mons. Aloysius  Sudarso, S.C.I., finora vescovo della medesima diocesi. La sede della nuova arcidiocesi sarà Palembang, capitale della vasta provincia civile di sud Sumatra, dove si trova la maggioranza dei cattolici di cui circa, il  60% sono di origine giavanese.  La nuova provincia di Palembang è la più estesa circoscrizione ecclesiastica dell'Indonesia. Ha una superficie di 157.000 kmq, 11.000.000 di abitanti, 77.000 cattolici, 27 parrocchie e 200 cappelle, 72 sacerdoti [27 diocesani, 45 religiosi (SCI)], 227 religiose, 21 seminaristi maggiori e 25 catechisti. Inoltre a Palembang hanno la sede gli uffici governativi e le principali strutture civili della zona.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con la situazione in Medio Oriente: resta ancora fragile la tregua in Cisgiordania.

 

Nelle vaticane, nel discorso al Capo-missione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, il Papa ha sottolineato che la situazione in Medio Oriente, il terrorismo, i conflitti, l’iniqua distribuzione dei beni rappresentano tensioni che, per essere risolte, richiedono la fattiva collaborazione di tutti.

Un contributo dell’arcivescovo Stephen Fumio Hamao dal titolo “In vigore la Convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie”.

La testimonianza del prof. Herbert Schambeck sulla figura del cardinale Agostino Casaroli, nel quinto anniversario della scomparsa.

 

Nelle pagine estere, Iraq: l’esplosione di un’autobomba a Baghdad provoca la morte di quattro soldati Usa.

India-Pakistan: ritorna a Nuova Delhi l’ambasciatore di Islamabad.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno in ricordo della grande attrice Katharine Hepburn.

Per “L’Osservatore Libri”, un approfondito contributo di Umberto Santarelli sul libro di Angelo Scivoletto intitolato “Giorgio La Pira. La politica come arte della pace”. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano sempre il drammatico tema dell’immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 luglio 2003

 

 

GLI IMPEGNI DELL’ITALIA NEL SEMESTRE DI PRESIDENZA EUROPEA

 

Un semestre cruciale per il futuro dell’Unione, quello che l’Italia ha assunto oggi. Così lo ha definito questa mattina il presidente della Repubblica italiana, Ciampi. Un semestre che costituisce un ulteriore tappa d’avvicinamento alla prima Costituzione europea, all’ingresso di dieci nuovi Paesi, nel 2004, e il tentativo di trovare un ruolo più da protagonista dell’Europa nel panorama internazionale. Di questi temi Giancarlo La Vella ha parlato con il prof. Gian Luigi Tosato, docente di Istituzioni di diritto dell’Unione europea all’Università La Sapienza di Roma:

 

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R. – Adesso siamo veramente di fronte a due sviluppi di importanza storica. Uno è  quello della Costituzione e l’altro quello dell’ingresso di 10 nuovi Paesi. Le due cose sono anche collegate, perché, proprio realizzando questi punti, si è avvertita l’esigenza di riflettere sulla identità dell’Unione.

 

D. - Da più parti si chiede un ruolo più decisivo dell’Europa nell’ambito internazionale. Questo semestre, proprio in attesa dell’allargamento e del varo della nuova Costituzione, potrà servire anche a dare una personalità più di spicco all’Unione?

 

R. – Questo è un punto molto delicato, perché è chiaro a tutti che l’Europa ha scarsa voce sulla scena della comunità internazionale. Una delle sfide, cui deve in qualche modo rispondere la Costituzione, è proprio quella di dare maggiore voce all’Unione. Su questo punto ci sono luci e ombre. Le luci sono che l’esperienza dimostra come il principio delle decisioni prese all’unanimità abbia costituito nel tempo una difficoltà per lo sviluppo dell’Unione, ma non ha bloccato il suo lavoro. Anche in politica estera ci sono degli strumenti, previsti dalla Costituzione, che permetteranno di sviluppare un’azione anche quando questa unanimità non c’è, attraverso gli istituti dell’astensione costruttiva o anche della cooperazione rafforzata. Insomma, è vero che ancora non c’è una politica unica a livello generale, ma se si crea l’ambiente giusto, si può cercare di sviluppare una politica comune anche in questa situazione di carattere istituzionale. Teniamo presente che nei confronti della questione irachena,  c’è stata una macroscopica ed evidente incapacità di agire da parte dell’Europa, però ci sono stati molti casi in cui l’Europa si è trovata unita sulle politiche, sulle strategie e le azioni in materia di politica estera.

 

D. – Professor Tosato, in questo semestre  l’Italia avrà la capacità di portare l’Europa verso questi obiettivi?

 

R. – L’Italia è uno dei Paesi fondatori. Il Paese ha sempre svolto un ruolo importante nello sviluppo dell’integrazione europea. Adesso ci troviamo in un‘altra fase importante e Roma è chiamata a svolgere un ruolo in linea con le sue tradizioni. Non c’è nessuna ragione per pensare che l’Italia non possa svolgere questo ruolo. I dubbi che sono stati sollevati all’estero sulla capacità italiana di far fronte a questo compito, credo che non siano fondati. E’ dimostrato come, su temi di fondo relativi all’integrazione europea, si trovino concordi maggioranza e opposizione. Quindi c’è ragione di ritenere e di sperare che l’Italia possa svolgere sempre un ruolo importante in questi sei mesi, in linea con la propria tradizione europea.

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ENTRA IN VIGORE OGGI LA CONVENZIONE SULLA PROTEZIONE

DEI DIRITTI DEI LAVORATORI MIGRANTI E DELLE LORO FAMIGLIE.

FRUTTO DELLA COLLABORAZIONE TRA LE NAZIONI UNITE E UNA DECINA DI ONG,

E’ STATO RATIFICATO SOLO DA 22 PAESI

- Con noi il prof. Stefano Zamagni -

 

Violenze fisiche e psicologiche, abusi sessuali, sfruttamento e condizioni di vita in ambienti degradati rendono l’esistenza di tanti lavoratori migranti particolarmente vulnerabile. Partendo da questa situazione, la Convenzione mira a difendere i fondamentali diritti degli immigrati, sia legali che illegali, e delle loro famiglie, con la garanzia che il loro lavoro abbia la stessa tutela di quello dei lavoratori della nazione che li ospita: migliori condizioni degli ambienti lavorativi, libertà di pensiero, di espressione e religione, accesso all’informazione sui loro diritti e possibilità di mantenere i contatti con la propria patria, sono alcune delle garanzie previste dalla Convenzione. Da osservare, però, che proprio  l’Europa e  gli Stati Uniti, dove risiedono più immigranti, non hanno ratificato la Convenzione. Ma ascoltiamo, al microfono di Matteo Ambu, il prof. Stefano Zamagni, presidente della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni, organismo non governativo che ha partecipato alla stesura del testo:

 

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R. – La ratifica della Convenzione di Ginevra è un fatto che va salutato con grande interesse. Teniamo presente che ci sono voluti circa 10 anni per arrivare alla sua implementazione. La Convenzione prevedeva infatti che sarebbe entrata in vigore solo dopo che 20 Paesi l’avessero sottoscritta. I Paesi cosiddetti occidentali che sono oggetto dei flussi migratori, non l’hanno ratificata: questo è evidentemente un segnale non certo positivo che dice di una incapacità di capire le novità che il fenomeno migratorio oggi assume e di vedere in esso non soltanto il lato negativo di cui la stampa quotidianamente parla, ma anche l’aspetto valoriale e di risorsa. In ogni caso, questa ratifica rappresenta un passo avanti.

 

D. – La Convenzione affronta il problema delle organizzazioni criminali legate al traffico e allo sfruttamento di esseri umani. Quali le azioni per contrastarle?

 

R. – L’azione dev’essere duplice. Da un lato, quanto più sono forti le regole per l’accesso dei migranti in un Paese, tanto più aumenta l’azione delle organizzazioni criminali. Secondo, bisogna coordinare a livello transnazionale queste regole, perché le organizzazioni criminali prosperano laddove operano in contesti nei quali un Paese adotta regole diverse da quelle di un altro. E allora l’organizzazione criminale interviene per fare quello che comunemente si chiama lo ‘shopping’ delle regole. Altra misura ovvia è quella di arrivare in sede europea ad una politica comune nei confronti delle migrazioni, perché nei confronti di una regione, come l’Unione Europea, le organizzazioni criminali non hanno o non avrebbero la forza sufficiente per contrastare, mentre nei confronti dei singoli Paesi le organizzazioni criminali ci riescono come purtroppo stiamo vedendo in questi tempi.

 

D. – Nella Convenzione è contemplato il diritto dei lavoratori migranti a vivere nel nuovo Paese con la propria famiglia. Questo aspetto è garantito dalla legislazione dei Paesi riceventi?

 

R. – Non completamente. In Europa, nei confronti dei diritti dei cosiddetti ricongiungimenti familiari, ci sono normative completamente diverse. Bisogna riconoscere che il ricongiungimento familiare è un fattore di stabilizzazione. Non è vero quello che molti temono quando dicono che con i ricongiungimenti familiari aumentano i rischi legati all’immigrazione. E’ vero esattamente il contrario, perché la famiglia tende a stabilizzare, ad evitare comportamenti devianti e soprattutto a facilitare l’integrazione culturale e sociale dell’immigrato. Ecco quindi perché questa normativa va nella direzione giusta e dunque accelerare i tempi perché essa trovi concreta applicazione.

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PER SUPERARE L’EMERGENZA UMANITARIA IN IRAQ:

FORMAZIONE DI UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE,

RIPRISTINO DI ELETTRICITA’ E RETI IDRICHE, EDUCAZIONE

I TRE FRONTI PRIORITARI PROPOSTI DA SAVE THE CHILDREN

 

Come superare l’emergenza umanitaria in Iraq? La sfida è difficilissima, e a tutte le voci che ormai si incontrano su questo punto si aggiunge quella di Save the Children, organizzazione internazionale per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, nel Paese dal 1991. L’Iraq del dopo-guerra presenta un’inflazione attorno al 60 per cento con il 90 per cento della popolazione dipendente dagli aiuti umanitari provenienti dall’estero, in sostanza la maggior parte della popolazione irachena, e quasi la metà è al di sotto dei 14 anni, vive in povertà. Francesca Sabatinelli ha intervistato Antonello Sacchetti, portavoce di Save the Children Italia.

 

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D. - La situazione è peggiorata, perché le infrastrutture, che già erano in condizioni critiche prima, sono state distrutte. Noi abbiamo visto una guerra in televisione, ma non abbiamo potuto avere il polso della situazione. Chi stava lì ha visto benissimo cosa è successo. Un bombardamento distrugge le case, distrugge gli ospedali, distrugge le reti fognarie. Questo significa, per esempio, che da tre mesi in Iraq ci sono città in cui non viene raccolta l’immondizia. Immaginiamo in un Paese in cui si raggiungono anche 50 gradi all’ombra d’estate, cosa significhi questo, quale pericolo di epidemie ci possa essere. Non solo… Si è rotta ad esempio la rete fognaria a Baghdad, significa che i liquami finiscono direttamente nel Tigri, che è un fiume dove i bambini andavano a giocare, a farci il bagno d’estate soprattutto. Ecco, queste sono solo alcuni aspetti di carattere ambientale. Pensiamo poi invece alle strutture, pensiamo alla scuola. Le scuole non esistono più, sono state distrutte dai bombardamenti. Non esiste il personale adeguato per lavorarci, non esistono i libri. I libri erano sicuramente condizionati dalla dittatura di Saddam Hussein, ma in questo momento non ce ne sono affatto. Poi chiaramente i bambini risentono del clima generale della situazione. Le famiglie non hanno lavoro, non hanno rendite … E’ da tenere presente che per il 90 per cento degli iracheni, la sfida di ogni giorno è avere del cibo, e non altro. I bambini sono cresciuti con 10 anni di guerre, di conflitti interni, di conflitti con l’esterno, di dittatura sicuramente, e di embargo, che finalmente è finito, ma l’Iraq ha vissuto per 13 anni un embargo che ha fatto mezzo milione di vittime, soltanto fra i bambini.

 

D. – In questo momento la popolazione irachena, non soltanto i minori, dipendono totalmente dagli aiuti umanitari. Secondo Save the children bisogna continuare con l’aiuto umanitario? In che modo bisogna distribuirlo e fino a quando?

 

R. – Noi pensiamo che gli aiuti umanitari debbano continuare per ridare all’Iraq il tempo necessario di ricostruire un proprio settore agricolo. Noi pensiamo che ci voglia almeno un anno, il tempo della raccolta del grano e di una nuova semina, per intenderci. Crediamo anche che le derrate alimentari che ora vengono distribuite, e che sono composte esclusivamente di cibo che viene dall’estero, debbano essere gradualmente sostituite da prodotti interni agricoli iracheni. Questo è il primo passo per ridare una spinta alla produzione interna, perché altrimenti non ci sarà nessun passo avanti.

 

D. – Save the children, a questo punto, diciamo che ha stabilito delle priorità …

 

R. – Sono quattro. La prima è il ripristino dei servizi di base: intendiamo elettricità, reti idriche, fognarie e quant’altro. Per fare questo c’è bisogno ovviamente di tecnici, di materiali. E a questo dovrebbe provvedere soprattutto l’Onu. Il secondo punto importante è la formazione di una nuova classe dirigente. Questo è possibile, ovviamente sempre e soltanto se c’è una forza indipendente, imparziale, come dovrebbero essere le Nazioni Unite. La terza questione importantissima è l’investimento nel settore dell’educazione. Ricominciare dalle scuole e via via fino alle università. Ridare all’Iraq, che era un Paese colto e aperto, quella speranza e quella vivacità intellettuale che aveva prima e che gli anni della dittatura, delle guerre ed anche dell’embargo dopo, sicuramente hanno schiacciato. Il quarto punto è la conclusione di tutto questo: cioè ridare finalmente a tutti gli abitanti condizioni di vita accettabili, cioè fare in modo che questi primi tre punti possano essere attuati. E questo anche con aiuti di carattere economico.

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“NON BOMBE, MA SOLO CARAMELLE”:

UNO SPETTACOLO CHE DA’ E ALLORA LIBERA L’ESPRESSIONE DEI BAMBINI

SUI TEMI DELLA  PACE E DELLA SOLIDARIETA’

 

Favorire un incontro tra il mondo della scuola e le vittime della guerra. Questo l’obiettivo dello spettacolo “Non bombe ma solo caramelle”, svoltosi nei giorni scorsi al teatro Ambra Jovinelli di Roma. Tanta musica, ma anche la rappresentazione di una fiaba e la proiezione di un video dei bimbi di Kragujevac: questi gli ingredienti di un evento che ha visto protagonisti non solo bambini italiani, ma anche un gruppo di piccoli Rom della capitale e un gruppo multietnico proveniente da Benevento. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione Onlus con il contributo del Comune capitolino e di altre realtà associative. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Tanti palloncini coi colori della pace, ma soprattutto tanti bambini, sia sul palco sia in platea, che hanno animato con la loro allegria e spontaneità uno spettacolo tutto musicale dal tema importante: “Cantiamo la pace agli adulti”. Fabio Sebastiani, il regista, ci spiega il significato di questa iniziativa.

 

R. – Ci ha spinto l’esperienza della guerra in quella che oggi viene chiamata ex Jugoslavia. Il bombardamento su Kragujevac  e  il tentativo dall’Italia di portare l’aiuto, la solidarietà. Da lì è nato un disegno che i bambini di Kragujevac hanno mandato ai bambini italiani con su scritto: “Non bombe, ma solo caramelle”. E allora è nata questa idea di lasciar libera l’espressione dei bambini su un tema importante, quello della pace e della solidarietà. Lasciando libera l’espressione dei bambini forse anche noi adulti possiamo imparare qualcosa. Basta con i messaggi che parlano di pace e poi però si smentiscono da soli, perché ci propongono uno scenario di guerra. Forse sarebbe il caso di coinvolgere i bambini in un’esperienza vera di pace, attiva, per dare loro modo di vivere il messaggio e non solo di fermarsi alle parole. C’è tanta dolcezza nell’espressione, negli occhi dei bambini. Forse la dobbiamo soltanto prendere e conservare e fare in modo che si trasformi in cultura, si trasformi  in comunicazione e aiuti noi adulti a capire in quale vicolo cieco siamo stati capaci di metterci.

 

D. – Secondo te c’è una cultura della pace?

 

R. – Purtroppo la pace oggi va re-imparata, re-insegnata, nel senso che dalla seconda guerra mondiale in poi abbiamo ormai esaurito quella spinta contro le nefandezze, contro la guerra, contro l’assurdità - per esempio dello sterminio degli ebrei – ed ora sembra che dobbiamo ricominciare da capo.

 

D. – Pace significa soltanto assenza di guerra o qualcosa di più?

 

R. – Io credo che pace sia una condizione profonda, che innanzitutto ci fa capire l’importanza delle contese, perché noi non possiamo dire di no alle contese, cioè sperare o pensare che le contese vengano annullate con un colpo di spugna. Possiamo però gestirle, possiamo possedere degli strumenti che ci consentano di ‘esitare’ le contese verso una soluzione positiva. La guerra insomma deve essere bandita come primo istinto.

 

(musica)

 

Provengono da tutta Italia, ma anche dai Balcani, questi bambini dai 7 ai 10 anni, che si sono esibiti sul palco dell’Ambra Jovinelli, cantando la pace. Ma che cosa significa per loro la pace?

 

R. – Significa che tutti vanno d’accordo, non ci sono litigi, le persone stanno tranquille e si aiutano fra di loro - Per me la pace vuol dire non litigare, anche fra di noi, essere tutti amici, perché la pace inizia da bambini. Non dovere iniziare a picchiarsi o a far guerra per risolvere le cose – Per me la pace è come un fiore e la guerra è solo sangue e malinconia – Io vengo dalla ex Jugoslavia, dalla Bosnia Erzegovina, per me la pace è tutte le cose belle che esistono al mondo.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

1 luglio 2003

 

 

TUTELA DEI DIRITTI UMANI E SOSPENSIONE DI OGNI FORMA DI VIOLENZA

NEI CONFRONTI DELLE DONNE. QUESTE LE PRIORITÁ TRATTATE NEL CORSO

DEI LAVORI DEL COMITATO PER L’ELIMINAZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE

CONTRO LE DONNE, APERTI OGGI AL PALAZZO DELLE NAZIONI UNITE

- A cura di Paolo Mastrolilli -

 

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NEW YORK. = Violenza contro le donne, persistenza degli stereotipi basati sul sesso, discriminazioni nelle posizioni di potere. Questi restano tre dei problemi più importanti e urgenti che ancora affliggono l’universo femminile, secondo le indicazioni emerse nella prima giornata dei lavori del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, iniziati ieri al Palazzo di Vetro. Rivolgendosi ai delegati, Angela King, assistente segretario generale delle Nazioni Unite e consigliere speciale per le questioni relative alla promozione dei diritti delle donne, ha spiegato che dall’ultimo Vertice del Comitato, l’attenzione dell’Onu si è concentrata soprattutto sui diritti umani e l’eliminazione di ogni forma di violenza. Nell’ultimo anno, ad esempio, è stata condotta una verifica sull’Afghanistan, dopo l’adesione del nuovo governo alla Convenzione per eliminare ogni discriminazione nei confronti delle donne. Questa Convenzione, adottata dall’Assemblea generale nel 1979, è entrata in vigore nel 1981 e viene considerata la Carta internazionale dei diritti delle donne. Sinora l’hanno ratificata 174 Paesi. E, quindi, sul piano delle adesioni, è uno dei Trattati che ha avuto più seguito. L’accordo obbliga i Paesi membri a presentare rapporti periodici sull’applicazione dei suoi principi. La King ha sottolineato che molte nazioni ritardano o trascurano questo compito, forse proprio perché non rispettano alla lettera l’intesa. Da oggi al 18 luglio il Comitato si concentrerà su questi problemi anche per fare pressione sui Paesi che ancora non combattono attivamente la discriminazione contro le donne.

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PRESENTATO OGGI A ROMA IL RAPPORTO MONDIALE SULLE MIGRAZIONI.

SONO 175 MILIONI, SENZA CONTARE GLI IRREGOLARI, LE PERSONE COINVOLTE

NEL FENOMENO, GIUDICATO INEVITABILE E DI PROPORZIONI SEMPRE MAGGIORI

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. = Si intitola “Gestire il fenomeno migratorio” il rapporto mondiale sulle migrazioni che è stato presentato oggi a Roma presso la sala della stampa estera. Secondo le stime contenute nel documento, le migrazioni sono un fenomeno assolutamente inevitabile e sono destinate ad aumentare. Negli ultimi 35 anni il numero dei migranti  è più che raddoppiato: oggi sono circa 175 milioni, pari al 2,9 per cento della popolazione mondiale. In assoluto, i continenti che contano un maggior numero di migranti sono: l’Europa, l’Asia, l’America del Nord. La migrazione irregolare resta comunque un fenomeno drammatico e non documentabile; si calcola che incida sensibilmente sul numero totale dei migranti. Basti pensare che solo per quanto riguarda l’Unione Europea, i migranti irregolari varierebbero tra i 120 mila e i 500 mila ingresso l’anno. Comunque, il dato più significativo è che le rimesse dei migranti sono fondamentali per i Paesi in via di sviluppo e contribuiscono sensibilmente allo sviluppo delle economie locali.

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“IL SERVIZIO PUBBLICO OFFERTO DALLE SCUOLE CATTOLICHE SIA ADEGUATAMENTE

SOSTENUTO SUL PIANO GIURIDICO ED ECONOMICO”. IL CONSIGLIO NAZIONALE

DELLE SCUOLE CATTOLICHE INTERVIENE PERCHÉ LA LEGGE 62/2000

VENGA PORTATA A COMPIMENTO IN TUTTI I SUOI ASPETTI

 

ROMA. = “Il contributo delle scuole cattoliche di ogni ordine e grado sia in termini di quantità sia in termini di qualità venga riconosciuto come apporto positivo dato all’intero sistema nazionale di istruzione e di formazione”. È questo l’auspicio del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc), organismo collegato alla Conferenza episcopale italiana, allo scadere del terzo anno dall’entrata in vigore della legge 62/2000 (che riguarda le norme per la parità scolastica e le disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione), termine previsto dalla relazione del ministro Letizia Moratti al parlamento circa il suo stato di attuazione. Il Consiglio, si legge in un comunicato, rileva con soddisfazione come il servizio offerto dalla totalità delle scuole cattoliche che nel triennio hanno richiesto la parità, sia stato reso nel pieno rispetto dei pur impegnativi requisiti stabiliti dalla normativa. D’altra parte, lo stesso Consiglio constata come il servizio pubblico garantito da queste scuole non sia ancora adeguatamente sostenuto sul piano giuridico e soprattutto sul piano economico. Ciò ritarderebbe, secondo il Cncs, il concreto esercizio della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, la cui piena realizzazione sarebbe confermata anche dalla legge di riforma del ministro Moratti recentemente approvata, nonché la concreta attuazione del principio di sussidiarietà. Il Consiglio nazionale della scuola cattolica chiede, quindi, che la legge 62/2000 venga portata a compimento in tutti i suoi aspetti, in particolare in quelli giuridici, e vengano garantite le risorse necessarie all’accoglienza dei portatori di handicap. Sollecita inoltre il governo ad andare “oltre la legge stessa per quanto riguarda gli aspetti economici mediante l’adozione di provvedimenti che consentano la frequenza delle scuole paritarie senza condizionamenti finanziari per le famiglie”. Il Cnsc si pone sulla scia della Conferenza episcopale italiana, la quale, nel corso dell’ultima assemblea generale, a maggio, ribadiva: “La riforma della scuola in Italia non sarà piena e completa senza la soluzione del problema della parità che ne rappresenta un pilastro portante in quanto attiene ai diritti fondamentali di libertà della persona e della famiglia”. (M.D.)

 

 

CONCLUSO IN SIRIA IL SINODO DEI VESCOVI  CATTOLICI DI RITO GRECO-MELKITA,

INCENTRATO SULLA FORMAZIONE UMANA E PASTORALE DEI SACERDOTI,

SENZA DIMENTICARE LA PACE IN TERRA SANTA E IL DIALOGO CON L’ISLAM

 

RABOUE'. = I vescovi della Chiesa cattolica di rito greco-melkita hanno concluso, nella settimana scorsa, il loro Sinodo, dedicato soprattutto alla formazione umana e pastorale dei sacerdoti destinati alle parrocchie. Il Sinodo si è svolto dal 17 al 27 di giugno sotto la presidenza del patriarca Grégoire III Laham.  E’ stato ospitato, per la prima volta in Siria.  Al Sinodo  hanno partecipato 30 dei 37 vescovi melkiti e 4 superiori generali. I padri sinodali, oltre che rivolgere la loro attenzione al ministero nelle parrocchie, hanno fatto proposte per una revisione dei regolamenti della Chiesa greco-melkita. All'esame anche il prossimo conclave patriarcale previsto per il 2006. In vista di questa assise si sono tenuti già alcuni incontri a: Homs, Hama e Yabroud. Al termine dei lavori i padri sinodali melkiti hanno diffuso un comunicato in cui si fa cenno alla attuale crisi in Terra Santa e dove si invitano "le grandi nazioni a non risparmiare alcun sforzo per instaurare una pace giusta, globale e totale in Terra Santa”. Nel comunicato finale, i padri sinodali si dichiarano "decisi a fare della nostra Chiesa una tribuna per aiutare i dirigenti arabi ad agire nel quadro della giustizia, della pace e dello sviluppo, e per aiutare il mondo occidentale a comprendere l'islam e le relazioni islamico-cristiane". (M.D.)

 

 

LA POVERTÀ RURALE E LA DIPENDENZA ECONOMICA DEI CONTADINI

DALLE COLTIVAZIONI ILLEGALI DI COCA E PAPAVERO

I TEMI AFFRONTATI DAI VESCOVI COLOMBIANI,

RIUNITI QUESTA SETTIMANA A BOGOTÀ

 

BOGOTA’. = La Conferenza episcopale colombiana ha aperto ieri a Bogotà la sua Assemblea annuale, che sino a venerdì prossimo analizzerà la situazione pastorale e sociale del Paese. Povertà rurale e guerra civile, che quest’anno ha causato circa 53 mila sfollati, sono stati gli argomenti affrontati durante la prima giornata. Ai circa settanta presuli presenti, il vicepresidente della Conferenza, l’arcivescovo Luis Augusto Castro Quiroga, ha illustrato un documento sulla condizione dei contadini colombiani. Circa 11 milioni di persone su una popolazione totale di 44 milioni risiedono nelle campagne,  il 65 per cento  vive in condizioni di povertà, il 30 per cento in estrema indigenza. La preoccupazione della Conferenza è stata espressa dal suo presidente, il cardinale arcivescovo di Bogotà, Pedro Rubiano Saenz, che ha affrontato il grave problema delle coltivazioni illegali di coca e papaveri. Secondo il porporato, queste coltivazioni, da cui trae profitti consistenti la guerriglia, pregiudicano i contadini, ma è doloroso constatare che per molti di loro è difficile trovare alternative valide. (M.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 luglio 2003

 

 

 - A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il premier israeliano Ariel Sharon e quello palestinese Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, tornano ad incontrarsi oggi per discutere dell’attuazione della ‘Road Map’, il piano di pace che  prevede l’istituzione dello Stato palestinese nel 2005. Nonostante il cessate il fuoco, proseguono purtroppo gli episodi di violenza: un palestinese, che aveva sparato contro un posto di blocco stradale delle forze armate ebraiche nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, è stato ucciso dal fuoco dei soldati. Lo hanno rivelato fonti militari israeliane. Non mancano comunque segnali di speranza: il ritiro dell’esercito ebraico dalle zone occupate e la sospensione degli attacchi dell’estremismo palestinese fanno ritenere sempre più probabile una progressiva normalizzazione della situazione. Ascoltiamo in proposito il servizio di Graziano Motta:

 

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I primi ministri Sharon e Abbas si incontrano oggi per valutare i primi adempimenti della ‘Road Map’: nella Striscia di Gaza il ritiro dei soldati dalla zona settentrionale e il trasferimento del controllo della sicurezza lungo l’asse stradale nord-sud; in Cisgiordania è previsto per domani il ritiro da Betlemme. Sul terreno la tregua regge, nonostante sporadici attacchi di guerriglieri a posti di blocco israeliani. L’ultimo, questa mattina, nei pressi di Tulkarem, ove un palestinese è stato ucciso. Episodi che hanno fatto montare le critiche a Sharon all’interno del suo stesso partito. Il primo ministro ha risposto che occorre dare tempo al governo palestinese per assumere le sue responsabilità e, comunque, l’esercito israeliano continuerà ad agire nei territori, là dove la sicurezza non sarà garantita. Sollecitato dagli Stati Uniti, Sharon prevede di far liberare dei detenuti palestinesi e di far proseguire lo smantellamento di insediamenti illegali di coloni. A Nazareth, intanto, si avvia a conclusione una vicenda che aveva creato molte tensioni. Stamani su ordine del governo, e sotto un grande spiegamento di polizia, è cominciata la demolizione delle fondamenta della moschea adiacente alla Basilica dell’Annunciazione, che fondamentalisti locali avevano costruito illegalmente.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Proprio sulla questione legata alla moschea di Shehab a-Din, la cui costruzione era iniziata tre anni fa di fronte alla Basilica dell’Annunciazione di Nazareth, ascoltiamo, al microfono di Roberto Piermarini, il commento da Gerusalemme del custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli:

 

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Sembra che la decisione presa dal governo di riportare il luogo dove avevano pensato di costruire la moschea, proprio davanti alla Basilica di Nazareth, sia un provvedimento equo e giusto. Noi lo abbiamo chiesto fin dall’inizio e certamente ci sarà qualche contestazione – penso – di una minoranza e mi auguro che tutto possa procedere nel migliore dei modi e fare in modo che il luogo tanto caro alla cristianità sia un luogo al quale i pellegrini possono accedere facilmente e anche i cristiani locali andare a pregare senza difficoltà.

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Trasferiamoci in Iraq dove purtroppo continua la drammatica scia di violenza. Una pattuglia americana a bordo di un blindato leggero è stata investita oggi in pieno centro di Baghdad da una violenta esplosione, forse provocata da un’autobomba, e quattro soldati sono rimasti gravemente feriti. Lo ha detto un testimone oculare alla Reuters, mentre secondo altri testimoni citati dalla France Presse i quattro soldati sarebbero morti. Non è ancora giunta finora conferma di questo attacco da fonti ufficiali americane. Intanto la notte scorsa una forte esplosione ha ucciso 4 persone a Fallujah, 50 chilometri ad ovest da Baghdad. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha reso noto, intanto, i nomi dei 55 alti responsabili iracheni con fondi all'estero da congelare. L'ex presidente iracheno, Saddam Hussein, figura in cima alla lista di questi nominativi.

 

In Liberia sembra reggere la fragile tregua tra l’esercito del governo del presidente Taylor e i ribelli del gruppo liberiano per la riconciliazione e la democrazia (Lurd). Ma quello che preoccupa la comunità internazionale è la gravissima situazione umanitaria. Il conflitto civile ha causato, infatti, molti morti e ridotto alla fame la popolazione civile. Sulla prossima mobilitazione dell’Onu per un urgente intervento nel Paese africano ci riferisce Giulio Albanese:

 

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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha ancora preso una decisione in merito alla proposta del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, di inviare in Liberia una forza multinazionale di mantenimento della pace. Il Consiglio di sicurezza prenderà una decisione non prima della prossima settimana sulle proposte del segretario generale Annan, il quale sta facendo pressione sugli Stati Uniti, perché guidino la forza di pace, visti anche i legami storici con la Liberia, fondata da ex schiavi afro oltre 150 anni fa. Washington non ha ancora preso una decisione, pur manifestando disponibilità ad intervenire. La situazione in Liberia, secondo fonti missionarie, è davvero drammatica: centinaia di civili sono stati uccisi negli ultimi scontri a Monrovia e dintorni tra forze governative del presidente liberiano, Charles Taylor, e ribelli.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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La Repubblica democratica del Congo  ha da ieri un nuovo governo. Si tratta in realtà di un esecutivo di transizione, nominato con decreto del presidente Joseph Kabila in base alla Costituzione. Il governo – che dovrà portare in due anni il Congo ad elezioni libere e democratiche – ha 36 ministri e 25 viceministri. Kabila ha commentato che, alla luce della sua formazione, la guerra che insanguina l’est del Paese non ha più ragion d’essere.

 

Restiamo in Africa dove ad Abuja, in Nigeria, almeno 4 persone sono state uccise e 80 arrestate a seguito dello sciopero indetto ieri per protestare contro l’aumento del prezzo del carburante.

 

Oggi davanti al Parlamento europeo di Strasburgo il premier di Atene, Simitis, ha tracciato il bilancio del semestre di presidenza greca e ha dichiarato che sono stati raggiunti tutti gli obiettivi dell’Unione Europea, fissati per la prima metà del 2003. Le priorità annunciate dalla Grecia nel mese di dicembre, ha ricordato Simitis, erano l'allargamento, l'attuazione della strategia di Lisbona sullo sviluppo economico e l'occupazione, la Convenzione per l'elaborazione della futura Costituzione europea, il problema dell'emigrazione e lo sviluppo delle relazioni estere e di difesa comune. Simitis ha anche sottolineato le difficoltà affrontate dall'Unione, soprattutto in occasione della guerra in Iraq, che ha definito il “capitolo più difficile”. Domani il presidente del Consiglio, Berlusconi, illustrerà il programma del semestre italiano. Ce ne parla Giampiero Guadagni:

 

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E’ un programma davvero ambizioso quello del semestre italiano. Intanto, a partire dal 15 ottobre si riunirà a Roma la Conferenza intergovernativa, che dovrà adottare la nuova Costituzione europea. La speranza è che la firma del nuovo Trattato possa avvenire a Roma il prossimo anno. Secondo obiettivo è il proseguimento del processo di unificazione dell’Europa, dopo l’allargamento dell’Unione ad altri dieci Paesi. E ancora la crescita dell’economia, la lotta al terrorismo internazionale, e poi il rilancio dei rapporti con gli Stati Uniti, dopo la crisi dovuta alla guerra in Iraq e il sostegno al processo di pace in Medio Oriente. Infine, il contrasto all’immigrazione clandestina: uno di quei temi che potrebbero avere ricadute interne nella politica italiana.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Sospeso il processo Sme in virtù della legge sulla sospensione dei processi alle più alte cinque cariche dello Stato. Il Lodo Maccanico passa al giudizio della Consulta per incostituzionalità sollevata dal pubblico ministero davanti alla Corte costituzionale.

 

 

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