RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 182 - Testo della
Trasmissione di martedì 1 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il comitato contro la discriminazione
delle donne apre oggi i lavori al Palazzo dell’Onu a New York.
Si incontrano oggi il premier israeliano Ariel Sharon e quello
palestinese Mahmoud Abbas per discutere sull’attuazione della ‘Road Map’.
E’ cominciata a Nazareth la demolizione della Moschea adiacente alla Basilica dell’Annunciazione.
Continuano in Iraq gli episodi di violenza: colpita in pieno centro di Baghdad una pattuglia americana.
1 luglio 2003
IL RICORSO ALLE ARMI E’ SEMPRE UNA SCONFITTA
DELL’UMANITA’:
COSI’,
IL PAPA NEL DISCORSO AL NUOVO AMBASCIATORE LIBICO,
ABDULHAFED GADDUR, RICEVUTO STAMANI IN
VATICANO
PER LE
LETTERE CREDENZIALI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Il
“ricorso alle armi per dirimere le controversie segna sempre una sconfitta
della ragione e dell’umanità”: è la riflessione offerta, stamani, da Giovanni Paolo
II al nuovo capo missione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista
presso la Santa Sede, Abdulhafed Gaddur, ricevuto in udienza per la presentazione
delle lettere credenziali. Nel discorso al diplomatico libico, il Papa ha messo
l’accento sull’impegno della Chiesa per favorire un dialogo sincero e perseverante
tra le nazioni, “basato su solidi leggi morali”. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
**********
La
sincera volontà di collaborazione “costituisce la base per una proficua
cooperazione fra i credenti e fra tutti gli uomini”. Lo ha sottolineato con
forza Giovanni Paolo II avvertendo che di fronte a “tentativi di travisamento
della religione” occorre ribadire che “sono contrarie a Dio e all’uomo quelle
pratiche che incitano alla violenza e al disprezzo della vita umana”. Un
richiamo, ha detto, che vale “in particolare, per i seguaci dell’islam e i
cristiani”. Di qui, l’importanza del dialogo quale metodo per affrontare le
tensioni esistenti nel mondo, che per essere risolte “richiedono la fattiva
collaborazione di tutti” nel rispetto dei principi fondamentali della “verità,
della giustizia, dell’amore e della libertà”. Per questo, ha aggiunto, va
incoraggiata “la via del dialogo e della mutua comprensione nel rispetto delle
differenze”, perché la “vera pace possa essere perseguita e l’incontro fra
popoli diversi avvenga in un contesto di solidale intesa”.
Il Papa
ha ricordato come l’azione della Santa Sede sullo scenario internazionale sia
proprio caratterizzata dalla ricerca del dialogo “al fine di favorire l’intesa
tra le nazioni, il raggiungimento della pace” e ancora “la difesa delle legittime
peculiarità di ogni popolo e la concreta solidarietà verso i meno fortunati”.
Quindi, ha rivolto l’attenzione al Medio Oriente e a quei “conflitti che
impediscono agli abitanti di molte regioni dell’Africa di costruire il proprio
sviluppo”, così come alla “iniqua distribuzione dei beni della terra e dei
frutti della ricerca tecnologica, umana e spirituale”. Giovanni Paolo II è poi
tornato a condannare il terrorismo, che “potendo colpire ovunque
indiscriminatamente, rende insicuri città, popoli e persino l’intera umanità”.
La Chiesa, ha ribadito, consapevole del ruolo che ricopre la religione “nel
suscitare e consolidare la cultura dell’incontro”, desidera “portare avanti la
sua missione di pace”, esortando tutti a farsi carico l’uno dell’altro per
costruire un mondo più giusto, più solidale e più libero”. Non ha infine
mancato di rivolgere un pensiero particolare alla comunità cattolica in Libia
che, ha detto, desidera “proseguire la sua azione coltivando lo spirito di comunione
fraterna” con una presenza “discreta e amorevole”.
**********
Nel suo
indirizzo di saluto, il 44enne ambasciatore Gaddur, che ha intrapreso la
carriera diplomatica nel 1985, ha ringraziato il Papa per il suo infaticabile
impegno in favore del dialogo e la comprensione tra i popoli. Ha poi aggiunto
che il popolo libico ha sempre apprezzato la “coraggiosa e forte posizione”
presa dal Pontefice contro l’embargo alla Libia. Quindi, ha assicurato
l’impegno del suo governo per la pace nel mondo e la realizzazione di uno
sviluppo globale che produca benessere per i popoli del mondo intero.
“GIOVANNI PAOLO II, PADRE DELL’EUROPA”: DOMANI, A STRASBURGO,
UN
CONVEGNO CELEBRA IL MAGISTERO EUROPEISTA DI GIOVANNI PAOLO II, IN COINCIDENZA
CON L’INIZIO DEL SEMESTRE ITALIANO DI
PRESIDENZA DELL’UNIONE EUROPEA
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Un evento per celebrare Giovanni Paolo II, “Padre
dell’Europa”. E’ quanto si propone un convegno che, domani a Strasburgo, vedrà
assieme personalità del mondo religioso, culturale e delle istituzioni
nell’ambito delle celebrazioni per il 25.mo di pontificato. Appuntamento che
coincide con l’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea.
Al convegno, in programma alle ore 16, prenderà parte il cardinale Dionigi
Tettamanzi, arcivescovo di Milano, e i rappresentanti italiani alla Convenzione
europea Gianfranco Fini, Lamberto Dini e Marco Follini. Con loro anche il
vicepresidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Umberto
Ranieri. La manifestazione è promossa dal sottosegretario agli Esteri, Mario
Baccini, nell’ambito di un ciclo di incontri che si svolgono in 25 città del
mondo, racchiusi nel titolo “La mia seconda patria. Gli istituti italiani di
cultura a Giovanni Paolo II, Primate d’Italia, nel giubileo d’argento del
Pontificato”. L’evento verrà introdotto dal sindaco di Strasburgo, Fabienne
Keller, e dall’arcivescovo della città, mons. Joseph Doré, che ha definito il
convegno un modo per “dare il benvenuto all’Esortazione Apostolica, Ecclesia
in Europa”.
In apertura, sarà proiettato un video prodotto dal CTV e
da Telepace, che in 12 minuti e mezzo - 30 secondi per ogni anno - ripropone le
immagini più suggestive del Pontificato. Quindi, Stelvio Cipriani eseguirà il
“Tema di Karol”, mentre Cecilia Gasdia e Amedeo Minghi canteranno “L’Inno alla
Gioia” e “Un uomo venuto da lontano”. L’evento sarà condotto dal giornalista,
Piero Schiavazzi, curatore generale delle manifestazioni promosse dal Ministero
degli Affari Esteri per il 25.mo di Pontificato. Al termine della
manifestazione, l’arcivescovo Doré e la dott.ssa Gina Giannotti consegneranno a
mons. Paul Richard Gallagher, osservatore permanente della Santa Sede presso il
Consiglio d’Europa, il dono dell’arcidiocesi e dell’Istituto italiano di
cultura per il Papa: una pietra dei Vosgi, proveniente dalla Fabbrica del
Duomo, scelta tra quelle destinate al restauro della Cattedrale.
UDIENZE,
NOMINE ED EREZIONE DI UNA NUOVA PROVINCIA ECCLESIASTICA
Il Santo Padre ha ricevuto oggi
in udienza anche il cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura, con il padre Bernard Ardura, O. Praem., segretario del
Pontificio Consiglio della Cultura e con il padre Fabio Duque Jaramillo, OFM,
sottosegretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Il Papa ha ricevuto poi la Presidenza
della Conferenza Episcopale Brasiliana: il presidente, cardinale Geraldo
Majella Agnelo, arcivescovo di São Salvador da Bahía; il vice-presidedente
mons. Antônio Celso Queiroz, vescovo di Catanduva, mons. Odilo Pedro Scherer,
vescovo titolare di Novi, ausiliare di São Paulo, segretario generale. E’
seguita l’udienza con mons. Adriano Bernardini, arcivescovo tit. di Faleri,
nunzio apostolico in Argentina.
Giovanni Paolo II ha ancora
ricevuto per la quinquennale visita apostolica i seguenti presuli della Conferenza
Episcopale dell'India: mons. Joji Marampudi, arcivescovo di Hyderabad,
mons. Thumma Bala, vescovo di Warangal, e
mons. John Baptist Sequeira, Vescovo di Chikmagalur.
Il Papa ha poi nominato: arcivescovo Metropolita di Boston
(USA) mons. Sean P. O’Malley, cappuccino, finora vescovo di Palm Beach. E’ nato
in Lakewood (Ohio), nella diocesi di Cleveland, il 29 giugno 1944; vescovo di
Palm Beach (U.S.A.) mons. Gerald M. Barbarito, finora vescovo di Ogdensburg; vescovo
Coadiutore di Orlando (U.S.A.) monsignor Thomas Gerard Wenski, finora vescovo titolare
di Kearney ed Ausiliare di Miami. Ha
nominato Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della
Chiesa il Reverendo Mons. Arnaldo Fraccaroli, del clero dell'arcidiocesi di
Bologna (Italia); consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per la sezione degli Istituti
Secolari, il Rev.do Mons. Juan José Dorronsoro Allo, del clero della diocesi di
San Sebastián (Spagna), canonico della patriarcale Basilica Liberiana di Santa
Maria Maggiore, Roma.
Il Santo Padre ha creato la
nuova Provincia Ecclesiastica di Palembang, dividendola dalla Provincia
Ecclesiastica di Medan (Indonesia). La nuova Provincia ecclesiastica
comprenderà le diocesi suffraganee di Pangkal-Pinang e Tanjungkarang. Sempre
oggi ha nominato primo Arcivescovo
Metropolita di Palembang, mons. Aloysius
Sudarso, S.C.I., finora vescovo della medesima diocesi. La sede della
nuova arcidiocesi sarà Palembang, capitale della vasta provincia civile di sud
Sumatra, dove si trova la maggioranza dei cattolici di cui circa, il 60% sono di origine giavanese. La nuova provincia di Palembang è la più
estesa circoscrizione ecclesiastica dell'Indonesia. Ha una superficie di
157.000 kmq, 11.000.000 di abitanti, 77.000 cattolici, 27 parrocchie e 200
cappelle, 72 sacerdoti [27 diocesani, 45 religiosi (SCI)], 227 religiose, 21
seminaristi maggiori e 25 catechisti. Inoltre a Palembang hanno la sede gli
uffici governativi e le principali strutture civili della zona.
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La prima pagina si apre con la
situazione in Medio Oriente: resta ancora fragile la tregua in Cisgiordania.
Nelle vaticane, nel discorso al
Capo-missione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, il Papa
ha sottolineato che la situazione in Medio Oriente, il terrorismo, i conflitti,
l’iniqua distribuzione dei beni rappresentano tensioni che, per essere risolte,
richiedono la fattiva collaborazione di tutti.
Un contributo dell’arcivescovo
Stephen Fumio Hamao dal titolo “In vigore la Convenzione internazionale sui
diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie”.
La testimonianza del prof.
Herbert Schambeck sulla figura del cardinale Agostino Casaroli, nel quinto
anniversario della scomparsa.
Nelle pagine estere, Iraq:
l’esplosione di un’autobomba a Baghdad provoca la morte di quattro soldati Usa.
India-Pakistan: ritorna a Nuova
Delhi l’ambasciatore di Islamabad.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Patruno in ricordo della grande attrice Katharine Hepburn.
Per “L’Osservatore Libri”, un
approfondito contributo di Umberto Santarelli sul libro di Angelo Scivoletto
intitolato “Giorgio La Pira. La politica come arte della pace”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano sempre il drammatico tema dell’immigrazione.
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1 luglio 2003
GLI IMPEGNI DELL’ITALIA NEL SEMESTRE DI
PRESIDENZA EUROPEA
Un
semestre cruciale per il futuro dell’Unione, quello che l’Italia ha assunto
oggi. Così lo ha definito questa mattina il presidente della Repubblica
italiana, Ciampi. Un semestre che costituisce un ulteriore tappa
d’avvicinamento alla prima Costituzione europea, all’ingresso di dieci nuovi
Paesi, nel 2004, e il tentativo di trovare un ruolo più da protagonista
dell’Europa nel panorama internazionale. Di questi temi Giancarlo La Vella ha
parlato con il prof. Gian Luigi Tosato, docente di Istituzioni di diritto
dell’Unione europea all’Università La Sapienza di Roma:
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R. – Adesso siamo veramente di fronte a due sviluppi di
importanza storica. Uno è quello della
Costituzione e l’altro quello dell’ingresso di 10 nuovi Paesi. Le due cose sono
anche collegate, perché, proprio realizzando questi punti, si è avvertita
l’esigenza di riflettere sulla identità dell’Unione.
D. - Da più parti si chiede un ruolo più decisivo
dell’Europa nell’ambito internazionale. Questo semestre, proprio in attesa
dell’allargamento e del varo della nuova Costituzione, potrà servire anche a
dare una personalità più di spicco all’Unione?
R. – Questo è un punto molto delicato, perché è chiaro a
tutti che l’Europa ha scarsa voce sulla scena della comunità internazionale.
Una delle sfide, cui deve in qualche modo rispondere la Costituzione, è proprio
quella di dare maggiore voce all’Unione. Su questo punto ci sono luci e ombre.
Le luci sono che l’esperienza dimostra come il principio delle decisioni prese
all’unanimità abbia costituito nel tempo una difficoltà per lo sviluppo
dell’Unione, ma non ha bloccato il suo lavoro. Anche in politica estera ci sono
degli strumenti, previsti dalla Costituzione, che permetteranno di sviluppare
un’azione anche quando questa unanimità non c’è, attraverso gli istituti
dell’astensione costruttiva o anche della cooperazione rafforzata. Insomma, è
vero che ancora non c’è una politica unica a livello generale, ma se si crea
l’ambiente giusto, si può cercare di sviluppare una politica comune anche in
questa situazione di carattere istituzionale. Teniamo presente che nei
confronti della questione irachena, c’è
stata una macroscopica ed evidente incapacità di agire da parte dell’Europa,
però ci sono stati molti casi in cui l’Europa si è trovata unita sulle
politiche, sulle strategie e le azioni in materia di politica estera.
D. – Professor Tosato, in questo semestre l’Italia avrà la capacità di portare
l’Europa verso questi obiettivi?
R. – L’Italia è uno dei Paesi fondatori. Il Paese ha
sempre svolto un ruolo importante nello sviluppo dell’integrazione europea.
Adesso ci troviamo in un‘altra fase importante e Roma è chiamata a svolgere un
ruolo in linea con le sue tradizioni. Non c’è nessuna ragione per pensare che
l’Italia non possa svolgere questo ruolo. I dubbi che sono stati sollevati
all’estero sulla capacità italiana di far fronte a questo compito, credo che
non siano fondati. E’ dimostrato come, su temi di fondo relativi all’integrazione
europea, si trovino concordi maggioranza e opposizione. Quindi c’è ragione di
ritenere e di sperare che l’Italia possa svolgere sempre un ruolo importante in
questi sei mesi, in linea con la propria tradizione europea.
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ENTRA
IN VIGORE OGGI LA CONVENZIONE SULLA PROTEZIONE
DEI DIRITTI DEI LAVORATORI
MIGRANTI E DELLE LORO FAMIGLIE.
FRUTTO DELLA COLLABORAZIONE TRA LE
NAZIONI UNITE E UNA DECINA DI ONG,
E’ STATO RATIFICATO SOLO DA 22
PAESI
- Con noi il prof. Stefano Zamagni
-
Violenze
fisiche e psicologiche, abusi sessuali, sfruttamento e condizioni di vita in
ambienti degradati rendono l’esistenza di tanti lavoratori migranti particolarmente
vulnerabile. Partendo da questa situazione, la Convenzione mira a difendere i
fondamentali diritti degli immigrati, sia legali che illegali, e delle loro
famiglie, con la garanzia che il loro lavoro abbia la stessa tutela di quello
dei lavoratori della nazione che li ospita: migliori condizioni degli ambienti
lavorativi, libertà di pensiero, di espressione e religione, accesso
all’informazione sui loro diritti e possibilità di mantenere i contatti con la
propria patria, sono alcune delle garanzie previste dalla Convenzione. Da
osservare, però, che proprio l’Europa
e gli Stati Uniti, dove risiedono più
immigranti, non hanno ratificato la Convenzione. Ma ascoltiamo, al microfono di
Matteo Ambu, il prof. Stefano Zamagni, presidente della Commissione
internazionale cattolica per le migrazioni, organismo non governativo che ha
partecipato alla stesura del testo:
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R. – La ratifica della Convenzione di Ginevra è un fatto
che va salutato con grande interesse. Teniamo presente che ci sono voluti circa
10 anni per arrivare alla sua implementazione. La Convenzione prevedeva infatti
che sarebbe entrata in vigore solo dopo che 20 Paesi l’avessero sottoscritta. I
Paesi cosiddetti occidentali che sono oggetto dei flussi migratori, non l’hanno
ratificata: questo è evidentemente un segnale non certo positivo che dice di
una incapacità di capire le novità che il fenomeno migratorio oggi assume e di
vedere in esso non soltanto il lato negativo di cui la stampa quotidianamente
parla, ma anche l’aspetto valoriale e di risorsa. In ogni caso, questa ratifica
rappresenta un passo avanti.
D. – La Convenzione affronta il problema delle
organizzazioni criminali legate al traffico e allo sfruttamento di esseri
umani. Quali le azioni per contrastarle?
R. – L’azione dev’essere duplice. Da un lato, quanto più
sono forti le regole per l’accesso dei migranti in un Paese, tanto più aumenta
l’azione delle organizzazioni criminali. Secondo, bisogna coordinare a livello
transnazionale queste regole, perché le organizzazioni criminali prosperano
laddove operano in contesti nei quali un Paese adotta regole diverse da quelle
di un altro. E allora l’organizzazione criminale interviene per fare quello che
comunemente si chiama lo ‘shopping’ delle regole. Altra misura ovvia è
quella di arrivare in sede europea ad una politica comune nei confronti delle
migrazioni, perché nei confronti di una regione, come l’Unione Europea, le
organizzazioni criminali non hanno o non avrebbero la forza sufficiente per
contrastare, mentre nei confronti dei singoli Paesi le organizzazioni criminali
ci riescono come purtroppo stiamo vedendo in questi tempi.
D. – Nella Convenzione è contemplato il diritto dei
lavoratori migranti a vivere nel nuovo Paese con la propria famiglia. Questo
aspetto è garantito dalla legislazione dei Paesi riceventi?
R. – Non completamente. In Europa, nei confronti dei diritti
dei cosiddetti ricongiungimenti familiari, ci sono normative completamente
diverse. Bisogna riconoscere che il ricongiungimento familiare è un fattore di
stabilizzazione. Non è vero quello che molti temono quando dicono che con i
ricongiungimenti familiari aumentano i rischi legati all’immigrazione. E’ vero
esattamente il contrario, perché la famiglia tende a stabilizzare, ad evitare
comportamenti devianti e soprattutto a facilitare l’integrazione culturale e
sociale dell’immigrato. Ecco quindi perché questa normativa va nella direzione
giusta e dunque accelerare i tempi perché essa trovi concreta applicazione.
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PER SUPERARE L’EMERGENZA UMANITARIA IN IRAQ:
FORMAZIONE
DI UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE,
RIPRISTINO
DI ELETTRICITA’ E RETI IDRICHE, EDUCAZIONE
I TRE
FRONTI PRIORITARI PROPOSTI DA SAVE THE CHILDREN
Come superare l’emergenza umanitaria in Iraq? La sfida è
difficilissima, e a tutte le voci che ormai si incontrano su questo punto si
aggiunge quella di Save the Children, organizzazione internazionale per
la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, nel Paese dal 1991. L’Iraq
del dopo-guerra presenta un’inflazione attorno al 60 per cento con il 90 per
cento della popolazione dipendente dagli aiuti umanitari provenienti
dall’estero, in sostanza la maggior parte della popolazione irachena, e quasi
la metà è al di sotto dei 14 anni, vive in povertà. Francesca Sabatinelli ha
intervistato Antonello Sacchetti, portavoce di Save the Children Italia.
**********
D. - La
situazione è peggiorata, perché le infrastrutture, che già erano in condizioni
critiche prima, sono state distrutte. Noi abbiamo visto una guerra in televisione,
ma non abbiamo potuto avere il polso della situazione. Chi stava lì ha visto
benissimo cosa è successo. Un bombardamento distrugge le case, distrugge gli
ospedali, distrugge le reti fognarie. Questo significa, per esempio, che da tre
mesi in Iraq ci sono città in cui non viene raccolta l’immondizia. Immaginiamo
in un Paese in cui si raggiungono anche 50 gradi all’ombra d’estate, cosa
significhi questo, quale pericolo di epidemie ci possa essere. Non solo… Si è
rotta ad esempio la rete fognaria a Baghdad, significa che i liquami finiscono
direttamente nel Tigri, che è un fiume dove i bambini andavano a giocare, a
farci il bagno d’estate soprattutto. Ecco, queste sono solo alcuni aspetti di
carattere ambientale. Pensiamo poi invece alle strutture, pensiamo alla scuola.
Le scuole non esistono più, sono state distrutte dai bombardamenti. Non esiste
il personale adeguato per lavorarci, non esistono i libri. I libri erano
sicuramente condizionati dalla dittatura di Saddam Hussein, ma in questo
momento non ce ne sono affatto. Poi chiaramente i bambini risentono del clima
generale della situazione. Le famiglie non hanno lavoro, non hanno rendite … E’
da tenere presente che per il 90 per cento degli iracheni, la sfida di ogni
giorno è avere del cibo, e non altro. I bambini sono cresciuti con 10 anni di
guerre, di conflitti interni, di conflitti con l’esterno, di dittatura sicuramente,
e di embargo, che finalmente è finito, ma l’Iraq ha vissuto per 13 anni un
embargo che ha fatto mezzo milione di vittime, soltanto fra i bambini.
D. – In questo momento la popolazione irachena, non
soltanto i minori, dipendono totalmente dagli aiuti umanitari. Secondo Save
the children bisogna continuare con l’aiuto umanitario? In che modo bisogna
distribuirlo e fino a quando?
R. – Noi pensiamo che gli aiuti umanitari debbano
continuare per ridare all’Iraq il tempo necessario di ricostruire un proprio
settore agricolo. Noi pensiamo che ci voglia almeno un anno, il tempo della
raccolta del grano e di una nuova semina, per intenderci. Crediamo anche che le
derrate alimentari che ora vengono distribuite, e che sono composte
esclusivamente di cibo che viene dall’estero, debbano essere gradualmente
sostituite da prodotti interni agricoli iracheni. Questo è il primo passo per
ridare una spinta alla produzione interna, perché altrimenti non ci sarà nessun
passo avanti.
D. – Save the children, a questo punto, diciamo che
ha stabilito delle priorità …
R. – Sono quattro. La prima è il ripristino dei servizi di
base: intendiamo elettricità, reti idriche, fognarie e quant’altro. Per fare
questo c’è bisogno ovviamente di tecnici, di materiali. E a questo dovrebbe
provvedere soprattutto l’Onu. Il secondo punto importante è la formazione di
una nuova classe dirigente. Questo è possibile, ovviamente sempre e soltanto se
c’è una forza indipendente, imparziale, come dovrebbero essere le Nazioni
Unite. La terza questione importantissima è l’investimento nel settore
dell’educazione. Ricominciare dalle scuole e via via fino alle università.
Ridare all’Iraq, che era un Paese colto e aperto, quella speranza e quella
vivacità intellettuale che aveva prima e che gli anni della dittatura, delle
guerre ed anche dell’embargo dopo, sicuramente hanno schiacciato. Il quarto
punto è la conclusione di tutto questo: cioè ridare finalmente a tutti gli
abitanti condizioni di vita accettabili, cioè fare in modo che questi primi tre
punti possano essere attuati. E questo anche con aiuti di carattere economico.
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“NON BOMBE, MA SOLO
CARAMELLE”:
UNO SPETTACOLO CHE DA’ E ALLORA LIBERA
L’ESPRESSIONE DEI BAMBINI
SUI TEMI DELLA
PACE E DELLA SOLIDARIETA’
Favorire
un incontro tra il mondo della scuola e le vittime della guerra. Questo
l’obiettivo dello spettacolo “Non bombe ma solo caramelle”, svoltosi nei giorni
scorsi al teatro Ambra Jovinelli di Roma. Tanta musica, ma anche la rappresentazione
di una fiaba e la proiezione di un video dei bimbi di Kragujevac: questi gli
ingredienti di un evento che ha visto protagonisti non solo bambini italiani,
ma anche un gruppo di piccoli Rom della capitale e un gruppo multietnico
proveniente da Benevento. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione
Onlus con il contributo del Comune capitolino e di altre realtà associative. Il
servizio è di Dorotea Gambardella.
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(musica)
Tanti palloncini coi colori della pace, ma soprattutto
tanti bambini, sia sul palco sia in platea, che hanno animato con la loro
allegria e spontaneità uno spettacolo tutto musicale dal tema importante:
“Cantiamo la pace agli adulti”. Fabio Sebastiani, il regista, ci spiega il
significato di questa iniziativa.
R. –
Ci ha spinto l’esperienza della guerra in quella che oggi viene chiamata ex
Jugoslavia. Il bombardamento su Kragujevac
e il tentativo dall’Italia di
portare l’aiuto, la solidarietà. Da lì è nato un disegno che i bambini di Kragujevac
hanno mandato ai bambini italiani con su scritto: “Non bombe, ma solo caramelle”.
E allora è nata questa idea di lasciar libera l’espressione dei bambini su un
tema importante, quello della pace e della solidarietà. Lasciando libera
l’espressione dei bambini forse anche noi adulti possiamo imparare qualcosa.
Basta con i messaggi che parlano di pace e poi però si smentiscono da soli,
perché ci propongono uno scenario di guerra. Forse sarebbe il caso di
coinvolgere i bambini in un’esperienza vera di pace, attiva, per dare loro modo
di vivere il messaggio e non solo di fermarsi alle parole. C’è tanta dolcezza
nell’espressione, negli occhi dei bambini. Forse la dobbiamo soltanto prendere
e conservare e fare in modo che si trasformi in cultura, si trasformi in comunicazione e aiuti noi adulti a capire
in quale vicolo cieco siamo stati capaci di metterci.
D. –
Secondo te c’è una cultura della pace?
R. –
Purtroppo la pace oggi va re-imparata, re-insegnata, nel senso che dalla seconda
guerra mondiale in poi abbiamo ormai esaurito quella spinta contro le
nefandezze, contro la guerra, contro l’assurdità - per esempio dello sterminio
degli ebrei – ed ora sembra che dobbiamo ricominciare da capo.
D. –
Pace significa soltanto assenza di guerra o qualcosa di più?
R. – Io credo che pace sia una condizione profonda, che
innanzitutto ci fa capire l’importanza delle contese, perché noi non possiamo
dire di no alle contese, cioè sperare o pensare che le contese vengano
annullate con un colpo di spugna. Possiamo però gestirle, possiamo possedere
degli strumenti che ci consentano di ‘esitare’ le contese verso una soluzione
positiva. La guerra insomma deve essere bandita come primo istinto.
(musica)
Provengono da tutta Italia, ma anche dai Balcani, questi
bambini dai 7 ai 10 anni, che si sono esibiti sul palco dell’Ambra Jovinelli,
cantando la pace. Ma che cosa significa per loro la pace?
R. –
Significa che tutti vanno d’accordo, non ci sono litigi, le persone stanno tranquille
e si aiutano fra di loro - Per me la pace vuol dire non litigare, anche fra di
noi, essere tutti amici, perché la pace inizia da bambini. Non dovere iniziare
a picchiarsi o a far guerra per risolvere le cose – Per me la pace è come un
fiore e la guerra è solo sangue e malinconia – Io vengo dalla ex Jugoslavia,
dalla Bosnia Erzegovina, per me la pace è tutte le cose belle che esistono al
mondo.
(musica)
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1 luglio 2003
TUTELA DEI DIRITTI UMANI E SOSPENSIONE DI OGNI
FORMA DI VIOLENZA
NEI
CONFRONTI DELLE DONNE. QUESTE LE PRIORITÁ TRATTATE NEL CORSO
DEI
LAVORI DEL COMITATO PER L’ELIMINAZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE
CONTRO
LE DONNE, APERTI OGGI AL PALAZZO DELLE NAZIONI UNITE
- A
cura di Paolo Mastrolilli -
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NEW
YORK. = Violenza contro le donne, persistenza degli stereotipi basati sul
sesso, discriminazioni nelle posizioni di potere. Questi restano tre dei
problemi più importanti e urgenti che ancora affliggono l’universo femminile,
secondo le indicazioni emerse nella prima giornata dei lavori del Comitato per
l’eliminazione della discriminazione contro le donne, iniziati ieri al Palazzo
di Vetro. Rivolgendosi ai delegati, Angela King, assistente segretario generale
delle Nazioni Unite e consigliere speciale per le questioni relative alla
promozione dei diritti delle donne, ha spiegato che dall’ultimo Vertice del
Comitato, l’attenzione dell’Onu si è concentrata soprattutto sui diritti umani
e l’eliminazione di ogni forma di violenza. Nell’ultimo anno, ad esempio, è
stata condotta una verifica sull’Afghanistan, dopo l’adesione del nuovo governo
alla Convenzione per eliminare ogni discriminazione nei confronti delle donne.
Questa Convenzione, adottata dall’Assemblea generale nel 1979, è entrata in
vigore nel 1981 e viene considerata la Carta internazionale dei diritti delle
donne. Sinora l’hanno ratificata 174 Paesi. E, quindi, sul piano delle
adesioni, è uno dei Trattati che ha avuto più seguito. L’accordo obbliga i Paesi
membri a presentare rapporti periodici sull’applicazione dei suoi principi. La
King ha sottolineato che molte nazioni ritardano o trascurano questo compito,
forse proprio perché non rispettano alla lettera l’intesa. Da oggi al 18 luglio
il Comitato si concentrerà su questi problemi anche per fare pressione sui
Paesi che ancora non combattono attivamente la discriminazione contro le donne.
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PRESENTATO OGGI A ROMA IL RAPPORTO MONDIALE SULLE
MIGRAZIONI.
SONO
175 MILIONI, SENZA CONTARE GLI IRREGOLARI, LE PERSONE COINVOLTE
NEL
FENOMENO, GIUDICATO INEVITABILE E DI PROPORZIONI SEMPRE MAGGIORI
- A
cura di Stefano Leszczynski -
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ROMA. = Si intitola “Gestire il fenomeno migratorio” il
rapporto mondiale sulle migrazioni che è stato presentato oggi a Roma presso la
sala della stampa estera. Secondo le stime contenute nel documento, le
migrazioni sono un fenomeno assolutamente inevitabile e sono destinate ad
aumentare. Negli ultimi 35 anni il numero dei migranti è più che raddoppiato: oggi sono circa 175
milioni, pari al 2,9 per cento della popolazione mondiale. In assoluto, i
continenti che contano un maggior numero di migranti sono: l’Europa, l’Asia,
l’America del Nord. La migrazione irregolare resta comunque un fenomeno
drammatico e non documentabile; si calcola che incida sensibilmente sul numero
totale dei migranti. Basti pensare che solo per quanto riguarda l’Unione
Europea, i migranti irregolari varierebbero tra i 120 mila e i 500 mila
ingresso l’anno. Comunque, il dato più significativo è che le rimesse dei
migranti sono fondamentali per i Paesi in via di sviluppo e contribuiscono
sensibilmente allo sviluppo delle economie locali.
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“IL SERVIZIO PUBBLICO OFFERTO DALLE SCUOLE CATTOLICHE
SIA ADEGUATAMENTE
SOSTENUTO
SUL PIANO GIURIDICO ED ECONOMICO”. IL CONSIGLIO NAZIONALE
DELLE
SCUOLE CATTOLICHE INTERVIENE PERCHÉ LA LEGGE 62/2000
VENGA
PORTATA A COMPIMENTO IN TUTTI I SUOI ASPETTI
ROMA. =
“Il contributo delle scuole cattoliche di ogni ordine e grado sia in termini di
quantità sia in termini di qualità venga riconosciuto come apporto positivo
dato all’intero sistema nazionale di istruzione e di formazione”. È questo
l’auspicio del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc), organismo
collegato alla Conferenza episcopale italiana, allo scadere del terzo anno
dall’entrata in vigore della legge 62/2000 (che riguarda le norme per la parità
scolastica e le disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione), termine
previsto dalla relazione del ministro Letizia Moratti al parlamento circa il
suo stato di attuazione. Il Consiglio, si legge in un comunicato, rileva con
soddisfazione come il servizio offerto dalla totalità delle scuole cattoliche
che nel triennio hanno richiesto la parità, sia stato reso nel pieno rispetto
dei pur impegnativi requisiti stabiliti dalla normativa. D’altra parte, lo
stesso Consiglio constata come il servizio pubblico garantito da queste scuole
non sia ancora adeguatamente sostenuto sul piano giuridico e soprattutto sul
piano economico. Ciò ritarderebbe, secondo il Cncs, il concreto esercizio della
libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, la cui piena realizzazione
sarebbe confermata anche dalla legge di riforma del ministro Moratti
recentemente approvata, nonché la concreta attuazione del principio di sussidiarietà.
Il Consiglio nazionale della scuola cattolica chiede, quindi, che la legge
62/2000 venga portata a compimento in tutti i suoi aspetti, in particolare in
quelli giuridici, e vengano garantite le risorse necessarie all’accoglienza dei
portatori di handicap. Sollecita inoltre il governo ad andare “oltre la legge
stessa per quanto riguarda gli aspetti economici mediante l’adozione di
provvedimenti che consentano la frequenza delle scuole paritarie senza
condizionamenti finanziari per le famiglie”. Il Cnsc si pone sulla scia della
Conferenza episcopale italiana, la quale, nel corso dell’ultima assemblea
generale, a maggio, ribadiva: “La riforma della scuola in Italia non sarà piena
e completa senza la soluzione del problema della parità che ne rappresenta un
pilastro portante in quanto attiene ai diritti fondamentali di libertà della
persona e della famiglia”. (M.D.)
CONCLUSO IN SIRIA IL SINODO DEI
VESCOVI CATTOLICI DI RITO
GRECO-MELKITA,
INCENTRATO SULLA
FORMAZIONE UMANA E PASTORALE DEI SACERDOTI,
SENZA DIMENTICARE LA
PACE IN TERRA SANTA E IL DIALOGO CON L’ISLAM
RABOUE'. = I
vescovi della Chiesa cattolica di rito greco-melkita hanno concluso, nella
settimana scorsa, il loro Sinodo, dedicato soprattutto alla formazione umana e
pastorale dei sacerdoti destinati alle parrocchie. Il Sinodo si è svolto dal 17
al 27 di giugno sotto la presidenza del patriarca Grégoire III Laham. E’ stato ospitato, per la prima volta in
Siria. Al Sinodo hanno partecipato 30 dei 37 vescovi melkiti
e 4 superiori generali. I padri sinodali, oltre che rivolgere la loro attenzione
al ministero nelle parrocchie, hanno fatto proposte per una revisione dei
regolamenti della Chiesa greco-melkita. All'esame anche il prossimo conclave patriarcale
previsto per il 2006. In vista di questa assise si sono tenuti già alcuni incontri
a: Homs, Hama e Yabroud. Al termine dei lavori i padri sinodali melkiti hanno
diffuso un comunicato in cui si fa cenno alla attuale crisi in Terra Santa e
dove si invitano "le grandi nazioni a non risparmiare alcun sforzo per
instaurare una pace giusta, globale e totale in Terra Santa”. Nel comunicato
finale, i padri sinodali si dichiarano "decisi a fare della nostra Chiesa
una tribuna per aiutare i dirigenti arabi ad agire nel quadro della giustizia,
della pace e dello sviluppo, e per aiutare il mondo occidentale a comprendere
l'islam e le relazioni islamico-cristiane". (M.D.)
LA POVERTÀ RURALE E LA DIPENDENZA ECONOMICA DEI
CONTADINI
DALLE
COLTIVAZIONI ILLEGALI DI COCA E PAPAVERO
I TEMI
AFFRONTATI DAI VESCOVI COLOMBIANI,
RIUNITI
QUESTA SETTIMANA A BOGOTÀ
BOGOTA’.
= La Conferenza episcopale colombiana ha aperto ieri a Bogotà la sua Assemblea
annuale, che sino a venerdì prossimo analizzerà la situazione pastorale e
sociale del Paese. Povertà rurale e guerra civile, che quest’anno ha causato
circa 53 mila sfollati, sono stati gli argomenti affrontati durante la prima
giornata. Ai circa settanta presuli presenti, il vicepresidente della
Conferenza, l’arcivescovo Luis Augusto Castro Quiroga, ha illustrato un
documento sulla condizione dei contadini colombiani. Circa 11 milioni di
persone su una popolazione totale di 44 milioni risiedono nelle campagne, il 65 per cento vive in condizioni di povertà, il 30 per cento in estrema indigenza.
La preoccupazione della Conferenza è stata espressa dal suo presidente, il
cardinale arcivescovo di Bogotà, Pedro Rubiano Saenz, che ha affrontato il
grave problema delle coltivazioni illegali di coca e papaveri. Secondo il
porporato, queste coltivazioni, da cui trae profitti consistenti la guerriglia,
pregiudicano i contadini, ma è doloroso constatare che per molti di loro è
difficile trovare alternative valide. (M.A.)
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1 luglio 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Il premier israeliano Ariel Sharon e quello palestinese
Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, tornano ad incontrarsi oggi per discutere
dell’attuazione della ‘Road Map’, il piano di pace che prevede l’istituzione dello Stato
palestinese nel 2005. Nonostante il cessate il fuoco, proseguono purtroppo gli
episodi di violenza: un palestinese, che aveva sparato contro un posto di
blocco stradale delle forze armate ebraiche nei pressi di Tulkarem, in
Cisgiordania, è stato ucciso dal fuoco dei soldati. Lo hanno rivelato fonti
militari israeliane. Non mancano comunque segnali di speranza: il ritiro
dell’esercito ebraico dalle zone occupate e la sospensione degli attacchi
dell’estremismo palestinese fanno ritenere sempre più probabile una progressiva
normalizzazione della situazione. Ascoltiamo in proposito il servizio di
Graziano Motta:
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I primi ministri Sharon e Abbas si incontrano oggi per
valutare i primi adempimenti della ‘Road Map’: nella Striscia di Gaza il
ritiro dei soldati dalla zona settentrionale e il trasferimento del controllo
della sicurezza lungo l’asse stradale nord-sud; in Cisgiordania è previsto per
domani il ritiro da Betlemme. Sul terreno la tregua regge, nonostante sporadici
attacchi di guerriglieri a posti di blocco israeliani. L’ultimo, questa
mattina, nei pressi di Tulkarem, ove un palestinese è stato ucciso. Episodi che
hanno fatto montare le critiche a Sharon all’interno del suo stesso partito. Il
primo ministro ha risposto che occorre dare tempo al governo palestinese per
assumere le sue responsabilità e, comunque, l’esercito israeliano continuerà ad
agire nei territori, là dove la sicurezza non sarà garantita. Sollecitato dagli
Stati Uniti, Sharon prevede di far liberare dei detenuti palestinesi e di far
proseguire lo smantellamento di insediamenti illegali di coloni. A Nazareth,
intanto, si avvia a conclusione una vicenda che aveva creato molte tensioni.
Stamani su ordine del governo, e sotto un grande spiegamento di polizia, è cominciata
la demolizione delle fondamenta della moschea adiacente alla Basilica
dell’Annunciazione, che fondamentalisti locali avevano costruito illegalmente.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Proprio sulla questione legata alla moschea di Shehab
a-Din, la cui costruzione era iniziata tre anni fa di fronte alla Basilica
dell’Annunciazione di Nazareth, ascoltiamo, al microfono di Roberto Piermarini,
il commento da Gerusalemme del custode di Terra Santa, padre Giovanni
Battistelli:
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Sembra che la decisione presa dal governo di riportare il
luogo dove avevano pensato di costruire la moschea, proprio davanti alla
Basilica di Nazareth, sia un provvedimento equo e giusto. Noi lo abbiamo chiesto
fin dall’inizio e certamente ci sarà qualche contestazione – penso – di una
minoranza e mi auguro che tutto possa procedere nel migliore dei modi e fare in
modo che il luogo tanto caro alla cristianità sia un luogo al quale i
pellegrini possono accedere facilmente e anche i cristiani locali andare a
pregare senza difficoltà.
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Trasferiamoci
in Iraq dove purtroppo continua la drammatica scia di violenza. Una pattuglia
americana a bordo di un blindato leggero è stata investita oggi in pieno centro
di Baghdad da una violenta esplosione, forse provocata da un’autobomba, e
quattro soldati sono rimasti gravemente feriti. Lo ha detto un testimone
oculare alla Reuters, mentre secondo altri testimoni citati dalla France Presse
i quattro soldati sarebbero morti. Non è ancora giunta finora conferma di
questo attacco da fonti ufficiali americane. Intanto la notte scorsa una forte
esplosione ha ucciso 4 persone a Fallujah, 50 chilometri ad ovest da Baghdad.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha reso noto, intanto, i nomi dei
55 alti responsabili iracheni con fondi all'estero da congelare. L'ex
presidente iracheno, Saddam Hussein, figura in cima alla lista di questi
nominativi.
In
Liberia sembra reggere la fragile tregua tra l’esercito del governo del
presidente Taylor e i ribelli del gruppo liberiano per la riconciliazione e la
democrazia (Lurd). Ma quello che preoccupa la comunità internazionale è la
gravissima situazione umanitaria. Il conflitto civile ha causato, infatti,
molti morti e ridotto alla fame la popolazione civile. Sulla prossima
mobilitazione dell’Onu per un urgente intervento nel Paese africano ci
riferisce Giulio Albanese:
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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha
ancora preso una decisione in merito alla proposta del segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, di inviare in Liberia una forza multinazionale di
mantenimento della pace. Il Consiglio di sicurezza prenderà una decisione non
prima della prossima settimana sulle proposte del segretario generale Annan, il
quale sta facendo pressione sugli Stati Uniti, perché guidino la forza di pace,
visti anche i legami storici con la Liberia, fondata da ex schiavi afro oltre
150 anni fa. Washington non ha ancora preso una decisione, pur manifestando
disponibilità ad intervenire. La situazione in Liberia, secondo fonti
missionarie, è davvero drammatica: centinaia di civili sono stati uccisi negli
ultimi scontri a Monrovia e dintorni tra forze governative del presidente
liberiano, Charles Taylor, e ribelli.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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La
Repubblica democratica del Congo ha da
ieri un nuovo governo. Si tratta in realtà di un esecutivo di transizione,
nominato con decreto del presidente Joseph Kabila in base alla Costituzione. Il
governo – che dovrà portare in due anni il Congo ad elezioni libere e
democratiche – ha 36 ministri e 25 viceministri. Kabila ha commentato che, alla
luce della sua formazione, la guerra che insanguina l’est del Paese non ha più
ragion d’essere.
Restiamo
in Africa dove ad Abuja, in Nigeria, almeno 4 persone sono state uccise e 80
arrestate a seguito dello sciopero indetto ieri per protestare contro l’aumento
del prezzo del carburante.
Oggi davanti al Parlamento europeo di Strasburgo
il premier di Atene, Simitis, ha tracciato il bilancio del semestre di presidenza
greca e ha dichiarato che sono stati raggiunti tutti gli obiettivi dell’Unione
Europea, fissati per la prima metà del 2003. Le priorità annunciate dalla
Grecia nel mese di dicembre, ha ricordato Simitis, erano l'allargamento,
l'attuazione della strategia di Lisbona sullo sviluppo economico e
l'occupazione, la Convenzione per l'elaborazione della futura Costituzione
europea, il problema dell'emigrazione e lo sviluppo delle relazioni estere e di
difesa comune. Simitis ha anche sottolineato le difficoltà affrontate
dall'Unione, soprattutto in occasione della guerra in Iraq, che ha definito il
“capitolo più difficile”. Domani il presidente del Consiglio, Berlusconi,
illustrerà il programma del semestre italiano. Ce ne parla Giampiero Guadagni:
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E’ un programma davvero ambizioso quello del semestre
italiano. Intanto, a partire dal 15 ottobre si riunirà a Roma la Conferenza
intergovernativa, che dovrà adottare la nuova Costituzione europea. La speranza
è che la firma del nuovo Trattato possa avvenire a Roma il prossimo anno.
Secondo obiettivo è il proseguimento del processo di unificazione dell’Europa,
dopo l’allargamento dell’Unione ad altri dieci Paesi. E ancora la crescita
dell’economia, la lotta al terrorismo internazionale, e poi il rilancio dei
rapporti con gli Stati Uniti, dopo la crisi dovuta alla guerra in Iraq e il
sostegno al processo di pace in Medio Oriente. Infine, il contrasto
all’immigrazione clandestina: uno di quei temi che potrebbero avere ricadute
interne nella politica italiana.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Sospeso
il processo Sme in virtù della legge sulla sospensione dei processi alle più
alte cinque cariche dello Stato. Il Lodo Maccanico passa al giudizio della
Consulta per incostituzionalità sollevata dal pubblico ministero davanti alla
Corte costituzionale.
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