RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 177 - Testo della Trasmissione di giovedì 26 giugno 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Portare la Parola di Cristo anche nei luoghi dove i cristiani vengono discriminati. Così Giovanni Paolo II, nel discorso ad un gruppo di vescovi dell’India in visita “ad Limina”.

 

La solidarietà per i cristiani del Medio Oriente provati dai conflitti e per le popolazioni del Corno d’Africa colpite dalla carestia, incoraggiata dal Papa nell’udienza alla plenaria della Roaco, organismo di aiuto alle Chiese orientali.

 

I turisti non siano indifferenti dinanzi alla povertà e al sottosviluppo. E’ l’appello del Pontefice, nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Turismo. Con noi, l’arcivescovo Agostino Marchetto.

 

L’estate del Santo Padre a Castel Gandolfo, in una dichiarazione del portavoce vaticano Joaquìn Navarro Valls.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Per la Giornata mondiale contro la droga, il Rapporto dell’Onu sull’uso degli stupefacenti.

 

Presentato a Roma stamani il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo.

 

La tortura, un orrore praticato in 150 Paesi, secondo Amnesty International. Intervista con Davide Cavazza.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La casa di accoglienza “Giovanni Paolo II”, che ospiterà persone disabili in pellegrinaggio a Roma, sarà inaugurata domenica dal cardinale Angelo Sodano.

 

Presto i gesuiti in Afghanistan, per contribuire allo sviluppo culturale e umano della popolazione.

 

Inculturazione della fede e uso dei mass media: l’impegno dei religiosi per l’evangelizzazione in Tanzania.

 

Celebrazioni solenni a Roma e in tutto il mondo per la prima festa liturgica di San Josemaría Escrivá de Balaguer. Una nuova pagina web diffonderà la spiritualità del fondatore dell’Opus Dei.

 

“Non si può estinguere un debito asfissiando l’economia di un Paese”: lo ha ricordato il vescovo di San Isidro e presidente della Caritas argentina, in un incontro con rappresentanti di alcune organizzazioni sociali.

 

24 ORE NEL MONDO:

Nel vertice di ieri, a Washington, Unione Europea e Stati Uniti hanno raggiunto un importante accordo di collaborazione per l’utilizzo dell’idrogeno come forma alternativa di energia.

 

In Medio Oriente continua la scia di violenza: stamani un israeliano è rimasto ucciso nella cittadina di Bakea El-Gharbya.

 

In Iraq si moltiplicano gli attacchi contro le forze di occupazione anglo-americane: un iracheno è stato ucciso stamani, alla periferia di Baghdad.

 

In Liberia sono in corso violenti scontri tra i ribelli e le forze governative per il controllo della capitale Monrovia.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 giugno 2003

 

 

IL CORAGGIO DI PORTARE LA PAROLA DI CRISTO

ANCHE NEI LUOGHI DOVE I CRISTIANI CONTINUANO AD ESSERE DISCRIMINATI.

L’ESORTAZIONE DEL PAPA RIVOLTA AD UN NUOVO GRUPPO DI VESCOVI DELL’INDIA,

A CONCLUSIONE DELLA LORO VISITA “AD LIMINA”

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Annunciare il Vangelo in zone dove pregiudizi di casta, mentalità tribale, o l’intransigente ostilità di tipo integralista impediscono la libera adesione al messaggio di Cristo. E’ lo sforzo quotidiano sostenuto dai vescovi, dai sacerdoti e dai catechisti di molte parti dell’India: lo ha riconosciuto questa mattina Giovanni Paolo II, accogliendo in udienza i vescovi delle province ecclesiastiche indiane di Patna, Ranchi, Cuttack e Bhubaneswar.

 

Nonostante il Giubileo del 2000 abbia inondato di grazie le Chiese locali del subcontinente indiano, offrendo un’opportunità di riflettere “sul bisogno di rinnovamento della vita cristiana” tuttavia, ha notato il Papa, le difficoltà rimangono. Vi sono ancora “inutili ostacoli” che impediscono l’annuncio del Vangelo, ha constatato, come pure persistono le sofferenze, dovute alle convinzioni religiose, che non dovrebbero colpire “i cittadini di una moderna democrazia”. Né, ha soggiunto, dovrebbero esservi persone “obbligate a nascondersi o a nascondere la propria religione” per poter godere dei diritti umani fondamentali. Anche per quanto riguarda l’aspetto dell’inculturazione e del dialogo interreligioso - e a fronte del grande impegno portato avanti dalle strutture ecclesiali in favore dei poveri, “senza distinzioni di credo” - il Pontefice non ha potuto non denunciare gli ostacoli incontrati da coloro che si impegnano per il dialogo a causa della “mancanza di collaborazione da parte del governo” o delle “molestie di alcuni gruppi fondamentalisti”.

 

Giovanni Paolo II ha quindi incoraggiato a più riprese i presuli indiani a proseguire nel loro ministero, in stretta unità con il clero locale e i religiosi. “E’ vostro dovere assicurare che il dialogo interreligioso continui”, ha affermato, mettendo in guardia tutto il corpo ecclesiale dall’influenza prodotta “dall’indifferentismo religioso”. Per questo motivo, ha proseguito, nei seminari deve essere fornita “una solida formazione teologica”. Formatori e professori, inoltre, “sono obbligati ad insegnare il messaggio di Cristo nella sua completezza come la sola via, e non come una via tra le tante”. Tutti i cristiani, ha continuato il Papa, in virtù del loro battesimo, sono chiamati a partecipare allo sviluppo della comunità ecclesiale in India. “E’ scoraggiante - ha osservato il Pontefice - vedere il lavoro della Chiesa spesso compromesso da un persistente tribalismo” riscontrabile in alcune aree. Tribalismo che, per alcuni gruppi, porta a non accettare i vescovi o i sacerdoti all’interno del proprio clan, privando le strutture ecclesiali dello loro “specifica funzione” e “oscurando la natura essenziale della Chiesa come comunione”.

 

“Le differenze tribali o etniche non devono mai essere usate come ragione per rigettare un portatore della Parola di Dio”, ha concluso Giovanni Paolo II. E nell’offrire il riconoscimento doveroso ai numerosi sacerdoti e religiosi che vivono “esemplari esistenze di povertà, carità e santità”, il Papa ha invitato le diverse componenti ecclesiali a collaborare fraternamente per il pieno sviluppo delle loro regioni.

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LA SOLIDARIETA’ PER I CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE PROVATI DAI CONFLITTI

 E PER LE POPOLAZIONI DEL CORNO D’AFRICA COLPITE DALLA CARESTIA,

NEL DISCORSO DEL PAPA ALL’ASSEMBLEA DELLA ROACO

 

- A cura di Paolo Salvo -

 

La recente guerra in Iraq, il conflitto in Terra Santa, “che, purtroppo, non cessa”, il persistere della carestia in Eritrea ed Etiopia: sono i luoghi legati ai “drammatici avvenimenti di questi ultimi tempi” e ricordati da Giovanni Paolo II questa mattina, nell’udienza ai componenti della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, convenuti a Roma per l’assemblea annuale.

 

Il Papa ha elogiato la generosità della Roaco, la cui collaborazione “rende presente e operante la carità della Chiesa”, affermando la necessità di “intensificare quest’azione e allargarne gli spazi operativi”. “E’ necessario soprattutto – ha aggiunto il Pontefice – far crescere lo spirito della divina carità che, riconoscendo come dono gratuito quanto si è ricevuto da Dio, ci rende disponibili a condividerlo con i fratelli, per essere al servizio di un’autentica promozione umana”.

 

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La Terra Santa continua, ahimè, ad essere teatro di conflitti e violenze e le Comunità cattoliche in essa presenti soffrono e hanno bisogno di essere sostenute e aiutate in molte loro urgenze. Sale da quelle popolazioni  un’accorata invocazione di pace stabile e duratura. Grazie per quanto voi fate! Grazie per la premurosa solidarietà che avete mostrato verso i cristiani duramente provati in Iraq dal recente conflitto.

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L’auspicio di Giovanni Paolo II si esprime in preghiera a Dio perché in Iraq “si consolidi tempestivamente la pace e le popolazioni, già tanto provate anche a causa di un lungo isolamento internazionale, possano finalmente vivere nella concordia”.

 

Il Papa non ha mancato poi di ricordare che “accanto a strutture ed edifici, pur indispensabili, è talora più necessario aiutare a formare le coscienze e salvaguardare la fede ereditata dai padri”. Il che richiede – ha detto in conclusione – un’opportuna catechesi, la cura della liturgia, la formazione del clero e dei laici, ma anche “un’apertura illuminata all’ecumenismo e una profetica presenza a sostegno dei poveri”.

 

 

MESSAGGIO DEL PAPA PER LA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO,

PERCHE’ IL VIAGGIARE SIA VEICOLO DI MAGGIORE COMPRENSIONE

TRA  LE PERSONE  E SOLIDARIETA’ VERSO I PIU’ POVERI

 

“Il turismo elemento propulsore di lotta contro la povertà, per la creazione di impieghi e l’armonia sociale”: questo il tema della prossima, XXIV, Giornata mondiale del turismo, che si celebrerà il 27 settembre. In vista di questo importante appuntamento il Papa ha rivolto un messaggio, presentato questa mattina in Sala Stampa Vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Non è possibile rimanere indifferenti e inerti dinanzi alla povertà e al sottosviluppo”, Giovanni Paolo II richiama la responsabilità personale del turista, “non ci si può rinchiudere nei propri interessi egoistici”. “Dappertutto - scrive il Papa - ma in primo luogo nei Paesi in via di sviluppo, il visitatore e il turista difficilmente possono evitare di venire in contatto con realtà dolorose di povertà e di fame. In questo caso - sottolinea il Santo Padre - bisogna non solo resistere alla tentazione di chiudersi in una sorta di ‘isola felice’ estraniandosi dal contesto sociale, ma, ancor più, si deve evitare di approfittare della propria posizione di privilegio per sfruttare i ‘bisogni’ della gente del luogo. Il Papa chiede al turista “gesti concreti di solidarietà”. La vacanza e il viaggio - sollecita - siano “occasione di dialogo fra persone di uguale dignità” “apertura sincera alla comprensione dell’altro”.

 

“L’attività turistica può svolgere un ruolo rilevante nella lotta alla povertà, sia dal punto di vista economico che sociale e culturale” “Viaggiando si conoscono luoghi e situazioni diverse e ci si rende conto di quanto sia grande il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri” e “ci si deve impegnare perché non avvenga mai che il benessere di pochi privilegiati sia conseguito a scapito della qualità di vita di molti altri.” E per questo anche nell’ambito turistico - insiste con fermezza Giovanni Paolo II - “è necessario denunciare l’esistenza di meccanismi economici, finanziari e sociali, i quali, benché manovrati dalla volontà degli uomini, funzionano spesso in maniera quasi automatica, rendendo più rigide le situazioni di ricchezza degli uni e di povertà degli altri”. Se il turismo è “espressione particolare della vita sociale con risvolti economici, finanziari, culturali” dagli effetti decisivi per gli individui e i popoli”, deve tendere sempre  allo “sviluppo integrale della persona”.

 

Un messaggio dunque di speranza a patto di rispettare gli aspetti etici morali dell’attività turistica, come ci spiega mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti.

 

R. – Ricordiamo che si tratta di un’attività che l’anno scorso ha contato circa 715 milioni di spostamenti internazionali e che offre lavoro a più di 200 milioni di persone; in molti Paesi, poi, specialmente fra i meno sviluppati, il turismo rappresenta una delle prime fonti di introito. Perciò, quando ci pensiamo dobbiamo considerare il turismo in tutte le sue dimensioni, prendendolo nel suo insieme, come attività umana, alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Essa ci insegna che ogni attività umana deve essere al servizio della civiltà nel senso più autentico e completo del termine, della edificazione – cioè – della civiltà dell’amore. E nel cammino verso questo obiettivo, la lotta contro la povertà è senza dubbio una tappa urgente, direi indispensabile, che deve far convergere tutte le forze.

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LE VACANZE DEL PAPA A CASTEL GANDOLFO:

PRESTO UN NUOVO LIBRO, NIENTE OPERAZIONE AL GINOCCHIO

 

Il Santo Padre, come previsto, partirà il prossimo 10 luglio per Castel Gandolfo, dove ha in programma una serie di attività per i prossimi mesi.

 

E’ quanto ha dichiarato ieri pomeriggio il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro Valls, precisando che nella residenza estiva della cittadina laziale, “tra l’altro, il Papa si propone di finire un libro che sta scrivendo sulla sua esperienza pastorale e umana come vescovo”.

 

Il portavoce vaticano ha aggiunto che “certamente”, nel programma del Papa, “non figura alcun intervento al ginocchio di cui, senza fondamento, si è parlato”. (P.Sv.)

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Aprono la prima pagina i temi salienti caratterizzanti l’udienza del Papa all’Assemblea della “Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali”: guerra in Iraq, conflitto in Terra Santa, carestia in Eritrea e in Etiopia.

 

Nelle vaticane, nel discorso al terzo gruppo di vescovi indiani di Rito Latino, il Papa ha detto che nessuno deve sentirsi costretto a nascondere la propria fede per poter godere di diritti umani fondamentali come l’istruzione ed il lavoro.

Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Turismo, che sarà celebrata il prossimo 27 settembre.

Un articolo di Angelo Amato sull’Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”.

 

Nelle pagina estere, Medio Oriente: si susseguono le voci e le smentite su un accordo per una tregua di 3 mesi nei Territori e in Israele.

In Iraq ancora sangue e ancora violenze.

L’iniziativa dell’Associazione internazionale dei Caterinati in merito alla questione della bozza del Preambolo della futura Costituzione dell’Unione Europea.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Biancamaria Ceschin in occasione del 50.mo anniversario della morte del drammaturgo Ugo Betti.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell’immigrazione. Al riguardo il giornale scrive una dura nota in riferimento ad un intervento, durante il dibattito parlamentare di ieri, che ha cercato di porre la Chiesa sul banco degli imputati. Tale nota così si conclude “… Ma la Chiesa, gigante millenario della Carità, non vacilla”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 giugno 2003

 

 

L’IMPORTANZA DEL DIALOGO NELL’AFFRONTARE I PROBLEMI LEGATI

ALL’ASSUNZIONE DELLE DROGHE È IL MESSAGGIO DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO L’ABUSO E IL TRAFFICO ILLECITO DI STUPEFACENTI. IERI LE NAZIONE UNITE HANNO PRESENTATO IL RAPPORTO “TENDENZE GLOBALI NELLE DROGHE ILLEGALI”,

 INDAGINE SUGLI SVILUPPI DEL MERCATO DEGLI STUPEFACENTI A LIVELLO MONDIALE

 

- Servizio di Matteo Ambu -

 

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La lotta alla droga parte dal dialogo tra le generazioni all’interno della famiglia, della scuola e della comunità nella quale una persona si forma. “Droga: parliamone” è lo slogan adottato dall’odierna Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti, per sottolineare la necessità di affrontare senza timore il problema dell’assunzione delle droghe.

 

Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo degli stupefacenti e della criminalità, promotore della Giornata, il 4,7 per cento della popolazione mondiale sopra i 14 anni fa uso di droghe. Gli effetti della tossicodipendenza lacerano profondamente la società. Per questo nei luoghi in cui i giovani maturano, è necessario discutere senza pregiudizi e vergogna i problemi legati all’assunzione delle droghe e, soprattutto, delle cause che portano alla tossicodipendenza. L’uso di sostanze stupefacenti infatti è spesso il risultato di problemi profondi e di malessere.

 

E proprio ieri, alla vigilia della Giornata, le Nazioni Unite hanno presentato a Parigi il rapporto “Tendenze globali nelle droghe illegali”. Lo studio, preparato dall’Ufficio dell’Onu per la droga e il crimine offre un quadro statistico sulla produzione, il commercio e il consumo di stupefacenti a livello mondiale. Se in America latina è scesa la quantità di cocaina prodotta, è pur vero che è aumentata quella consumata, e cosi pure in Europa occidentale. Si registra invece un notevole calo della produzione dell’oppio nel Sud-Est asiatico, che ha influito notevolmente sul totale mondiale, ma in Afghanistan, la fine delle ostilità ha dato nuova forza alla produzione. La vertiginosa crescita della produzione registrata durante il 2002 alimenta il mercato dell’Est Europa, dove l’utilizzo di eroina, derivato della raffinazione dell’oppio, è in forte aumento. Il rapporto dell’organismo dell’Onu evidenzia però un altro aspetto negativo degli ultimi anni: il successo delle droghe sintetiche. Stabile la loro diffusione in estremo Oriente, ma in crescita nell’Europa orientale e in quella settentrionale.

 

La situazione descritta è quanto mai variegata e in fase di continuo mutamento. L’immagine che si evince dal rapporto registra importanti cambiamenti nei modelli di assunzione degli stupefacenti del mondo intero: dai Paesi ricchi, il mercato sta spostando il suo centro verso i Paesi in via di sviluppo dove la lotta alla droga incontra notevoli difficoltà.

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PRESENTATO STAMANI, A ROMA, IL RAPPORTO 2003

SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA NEL MONDO

 

- Servizio di Debora Donnini -

 

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Sono quasi mille i cristiani uccisi per la propria fede nel 2002, 629 i feriti ed oltre 100 mila i detenuti. Anche quest’anno il rapporto di aiuto alla ‘Chiesa che soffre’, presentato stamani a Roma, fa il punto sulla libertà religiosa nel mondo e le sue violazioni, una fotografia scattata indipendentemente dalle religioni e dalle confessioni. In Europa vengono rilevati problemi e forme restrittive, ad esempio in Bielorussia ed in Russia e in tutti gli ‘stan’. Sono due gli Stati dell’America dove si registrano problemi: a Cuba ed in Colombia ed in quest’ultimo Stato l’attacco ai missionari e ai cristiani non è direttamente legato alla libertà religiosa ma indirettamente.

 

In Asia, i Paesi segnalati sono Arabia Saudita, India, Indonesia, Birmania, ma anche Corea del Nord e Cina e proprio la Cina è stata al centro di un resoconto di padre Bernardo Cervellera, direttore di ‘Asia News’. Si calcola che in Cina vi siano circa 500 milioni di credenti in qualche religione, anche se le autorità parlano solo di 100 milioni di credenti, e in Cina ci sono ancora arresti e altre persecuzioni verso la Chiesa clandestina e le sette come Falungong.

 

Padre Cervellera racconta però che ora si registrano forme di vicinanza più stretta fra la Chiesa patriottica e quella clandestina. Passi avanti positivi in Asia, il rapporto li registra ad esempio in Qatar, con un Referendum che apre alla libertà religiosa. In Africa rimangono due nazioni con gravi forme di persecuzione, il Sudan e la Nigeria, specialmente da quando in 12 Stati della Nigeria è stata introdotta la sharia, ma forme di discriminazione vengono attuate dalla maggior parte dei Paesi islamici nei confronti di non musulmani.

 

Debora Donnini, Radio Vaticana.

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LA TORTURA, UN CRIMINE DILAGANTE

SECONDO IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL

 

- Intervista con Davide Cavazza -

 

Sono 150 i Paesi dove la tortura viene sistematicamente usata. Questi sono i dati diffusi da Amnesty International in occasione della Giornata Onu in sostegno delle vittime della tortura, che viene celebrata oggi in tutto il mondo. Quest’anno inoltre la commemorazione coincide anche con il 55.mo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani. Nonostante la tortura sia considerata come crimine dalle leggi internazionali, continua ad essere praticata in Paesi come la Cina, l’Estremo Oriente e buona parte dell’America Latina, ma non solo. Infatti, dopo l’attentato dell’11 settembre, le violazioni ai diritti umani sono in aumento anche in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti. Marina Tomarro ha intervistato Davide Cavazza, coordinatore della campagna Amnesty Italia:

 

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R. – La situazione dei diritti umani oggi è preoccupante. Amnesty International ha lanciato qualche settimana fa il proprio Rapporto annuale, denunciando come il mondo oggi sia un posto meno sicuro in cui vivere dopo i fatti dell’11 settembre e dopo che le legislazioni del mondo per combattere il terrorismo hanno di fatto represso in molti casi le libertà fondamentali dei cittadini, ci inducono a pensare che effettivamente il rispetto effettivo dei diritti umani non sia una priorità nell’agenda dei governi. E questa priorità, invece, secondo Amnesty dovrebbe esserci e a partire da oggi.

 

D. – Dove la tortura è maggiormente adoperata?

 

R. – Noi sappiamo che sono almeno 150 i Paesi in cui si pratica la tortura, quindi in realtà in quasi tutti i Paesi del mondo. Ci sono situazioni ovviamente molto diversificate; bisogna porre l’attenzione sul fatto che la tortura viene praticata prevalentemente perché le forze di polizia dei singoli Stati usano violenza e prevaricazione nei confronti dei prigionieri; la stessa mancanza di cibo e privazione sensoriale, la mancanza di medicinali adeguati sono forme di tortura che ancora oggi noi denunciamo come fatti molto gravi.

 

D. – Chi sono le vittime, oggi?

 

R. – Le vittime sono persone normali, persone che molte volte semplicemente si oppongono alle forme di governo che sono in quel momento nel loro Paese. Purtroppo, dobbiamo registrare che c’è per esempio un aumento di vittime per quanto riguarda i difensori dei diritti umani; c’è anche un’escalation per quanto riguarda la situazione dei giornalisti, che vengono attaccati proprio perché fanno il loro lavoro e quindi in questo modo sono più a rischio di altre categorie di persone.

 

D. – Ma a cosa servono giornate come questa?

 

R. – Giornate come questa sono molto importanti, perché è compito di tutti quello di mantenere desta l’attenzione su un problema grave come quello della tortura. Noi, con una campagna che abbiamo lanciato alcuni anni fa che in Italia si è chiamata e si chiama “Non sopportiamo la tortura”, volevamo fare in modo che la tortura venisse definitivamente eliminata dalla faccia della terra. Oggi la stiamo ancora combattendo. E’ importante che le persone prendano atto che la tortura è un fenomeno molto attuale, che si può fare qualcosa contro la tortura; è possibile sostenere le campagne di Amnesty International in maniera molto semplice; è possibile inviare appelli contro la tortura, quindi dare una mano a tutte le nostre campagne di sensibilizzazione che tante volte hanno aiutato persone ad uscire dal dramma della tortura e che hanno contribuito ad ottenere risultati importanti. Posso citare il fatto che nel corso del 2002 è stato approvato un protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura, che è uno strumento legislativo internazionale molto importante che ci porta un passo avanti.

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CHIESA E SOCIETA’

26 giugno 2003

 

 

LA CASA DI ACCOGLIENZA “GIOVANNI PAOLO II”, UN FRUTTO DEL GRANDE GIUBILEO

 DEL 2000. SARÁ INAUGURATA DOMENICA 29 GIUGNO A ROMA, ALLA PRESENZA

 DEL CARDINALE ANGELO SODANO. OSPITERÁ PERSONE DISABILI

 IN PELLEGRINAGGIO NELLA CITTÁ ETERNA

 

ROMA. = “Molti pellegrini hanno versato il loro obolo, anche molti protagonisti dell’attività economica hanno offerto sostegni generosi, che sono serviti ad assicurare una conveniente realizzazione dell’Anno Santo. Saldati i conti delle spese, il denaro che si sarà potuto risparmiare dovrà essere destinato a finalità caritative”. Con queste parole, riportate nella lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, il Santo Padre offriva chiare indicazioni perché il grande giubileo dell’anno 2000 portasse anche frutti concreti di carità. In quest’ottica verrà inaugurata, domenica 29 giugno 2003, la casa di accoglienza “Giovanni Paolo II – Opera don Orione”, in via della Camilluccia 112, a Roma, completamente ristrutturata e ampliata per accogliere persone disabili in pellegrinaggio nella città eterna. La cerimonia di inaugurazione, con inizio alle ore 10.30, sarà presieduta, a nome del Pontefice, dal cardinale Angelo Sodano. Dopo la presentazione tecnica della nuova realizzazione, seguirà una breve visita e la benedizione dei locali, con lo scoprimento di una lapide marmorea, in ricordo di quest’importante opera sociale. (M.D.)

 

 

PRESTO I GESUITI IN AFGHANISTAN PER RICOSTRUIRE IL SISTEMA SCOLASTICO

E LAVORARE ALLA FORMAZIONE DEI GIOVANI. PARTIRANNO DALL’INDIA

E SI STABILIRANNO NELLA REGIONE OCCIDENTALE DEL PAESE

 

NEW DELHI. = Si fa sempre più concreto l’interessamento dei padri gesuiti riguardo all’Afghanistan. Sono in particolare i religiosi provenienti dall’India a guardare alla nazione governata da Hamid Karzai, ancora alle prese con un lento e non facile processo di consolidamento delle istituzioni politiche, di ricostruzione economica, di armonizzazione sociale. Lo rende noto all’agenzia Fides padre Lisbert D’Souza, provinciale dell’India e presidente della conferenza dei gesuiti per l’Asia meridionale, con giurisdizione su oltre 3.800 religiosi. Dopo una prima missione esplorativa nel febbraio scorso, nella quale è stata sondata la disponibilità del governo afghano, il progetto avrebbe fatto notevoli passi avanti. “Temevamo di trovare diffidenza: - afferma padre D’Souza - essendo il paese a maggioranza musulmana, il nostro desiderio poteva essere scambiato come tentativo di proselitismo, ma così non è stato. Abbiamo anzi trovato una buona accoglienza. L’opera meritoria che svolgono in Afghanistan enti umanitari cattolici come la Caritas ci ha spianato la strada e il ministro dell’Educazione afghano ha salutato con piacere la possibilità di una nostra presenza per contribuire allo sviluppo culturale e umano della popolazione”. Il settore a cui i gesuiti si dedicheranno è infatti quello dell’educazione. Nel Paese non esisteva un sistema di formazione alternativo alle scuole coraniche, mancano docenti qualificati, libri e occorre elaborare programmi di studio che possano dare ai bambini e ai giovani una cultura omogenea, aperta e al passo con i tempi. I religiosi contano anche di collaborare con associazioni locali e organizzazioni non governative già presenti sul territorio. Una delegazione di quattro gesuiti indiani visiterà l’Afghanistan in luglio per studiare una forma di presenza nel Paese e per valutare tutti i problemi e le necessità per avviare l’iniziativa entro ottobre. Dopo la caduta dei talebani, la Chiesa cattolica ha eretto in Afghanistan una “missio sui iuris”, di cui è superiore padre Giuseppe Moretti. Alcuni religiosi barnabiti provenienti dal Pakistan svolgono a Kabul servizio sociale, soprattutto in campo sociale e ospedaliero. Vi sono poi le Piccole sorelle di Gesù, che vivevano nel Paese anche durante gli anni del regime integralista dei talebani. (M.D.)

 

 

INCULTURAZIONE DELLA FEDE E USO DEI MASS MEDIA.

L’IMPEGNO DEI RELIGIOSI PER L’EVANGELIZZAZIONE IN TANZANIA

NEL RAPPORTO ANNUALE DEL COMITATO

 PER LA COSCIENZA DELL’IDENTITÁ MISSIONARIA

 

DAR ES SALAAM. = Una Chiesa sempre più impegnata nell’opera missionaria e nel campo dell’inculturazione della fede, anche attraverso i media. È questo il ritratto che emerge dal rapporto annuale del Comitato per la coscienza dell’identità missionaria (Mac) dell’associazione dei superiori religiosi in Tanzania. Tra le attività più rilevanti segnalate ci sono la “settimana dell’inculturazione della fede”, svoltasi a marzo, nel corso della quale sono stati tenuti seminari di studio e celebrazioni liturgiche con l’uso di simboli africani e indiani, nonché due seminari sulla coscienza e sull’identità missionaria di religiosi e laici impegnati. I membri del Mac lavorano a stretto contatto con padre Liberatus Mwenda, direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie (Pom) della Tanzania, il quale ha chiesto al Mac di assistere i direttori diocesani delle Pom nei diversi progetti di animazione missionaria e nei programmi di evangelizzazione. Molto sentito è anche l’impegno nel campo delle comunicazioni sociali: cinque missionari stanno preparando un programma sull’anno del rosario in lingua swahili, che verrà trasmesso da Radio Tanzania. I membri del Mac continuano inoltre a coordinare 4 programmi religiosi da 50 minuti ciascuno, trasmessi in swahili dall’emittente Ctn, e a lavorare a stretto contatto con gli editori dei periodici missionari in Tanzania. (M.D.)

 

 

CELEBRAZIONI SOLENNI A ROMA E IN TUTTO IL MONDO

PER LA PRIMA FESTA LITURGICA DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ DE BALAGUER.

UNA NUOVA PAGINA WEB DIFFONDERÁ

 LA SPIRITUALITÁ DEL FONDATORE DELL’OPUS DEI

 

ROMA. = Nove mesi dopo la canonizzazione del fondatore dell'Opus Dei, presieduta da Giovanni Paolo II, il 6 ottobre scorso, la Chiesa celebra per la prima volta la festa di san Josemaría Escrivá de Balaguer, oggi 26 giugno, anniversario della sua morte, avvenuta a Roma nel 1975. Mons. Javier Echevarría, prelato dell'Opus Dei, presiede una messa solenne a Roma. Ci saranno celebrazioni anche a Barbastro in Spagna, città natale del santo. Nella Repubblica Democratica del Congo si officeranno due messe: una a Kinshasa, presieduta dal cardinale arcivescovo Frederic Etsou, ed un’altra a Lubumbashi. Ad Abidjan, capitale della Costa d'Avorio, è aperta da alcuni giorni una mostra sul fondatore dell'Opus Dei nel centro culturale della cattedrale di Saint Paul. Tra le diverse celebrazioni commemorative in Asia, mons. Paul Kim, già ausiliare di Seoul, presiederà una messa solenne nella chiesa "Hae Wha Dong", mentre l'arcivescovo di Singapore, mons. Nicholas Chia, celebrerà nella chiesa della Santa Croce. Oltre alle celebrazioni che si terranno alla cattedrale Santa Maria di Sydney con l'arcivescovo mons. George Pell e alla cattedrale di San Patrizio a Melbourne con l'arcivescovo mons. Denis Hart, altre liturgie sono in programma in altre città della stessa Australia e della Nuova Zelanda. Negli Stati Uniti, i cardinali Edward Egan e William Keeler presiederanno le celebrazioni eucaristiche, rispettivamente, nella cattedrale di San Patrizio a New York e nel santuario nazionale di Washington. Saranno numerose le celebrazioni anche in Canada. La "Catedral da Sé" di São Paulo do Brasil accoglie invece i fedeli che partecipano alla messa presieduta dall’arcivescovo, il cardinale Claudio Hummes. Altre celebrazioni in America Latina si svolgono a Montevideo, San José de Costa Rica, Managua, Panama, San Juan de Puerto Rico, Santo Domingo, Bogotá. A partire da oggi è inoltre disponibile la pagina web www.josemariaescriva.info, che riporta documentazione e notizie sulla vita, gli insegnamenti e gli scritti di san Josemaría Escrivà, oltre a testimonianze da tutto il mondo sulla devozione al fondatore dell'Opus Dei. (M.D.)

 

 

“CHI DETIENE IL POTERE ECONOMICO TENGA PRIMA DI TUTTO IN CONSIDERAZIONE

LE ESIGENZE DELLA PERSONA UMANA”. COSÍ IL VESCOVO JORGE CASARETTO, PRESIDENTE DELLA CARITAS ARGENTINA,

AL DIRETTORE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE HORST KÖHLER

IN UN INCONTRO SULLA GRAVE SITUAZIONE SOCIALE DEL PAESE

 

BUENOS AIRES. = “Non si può estinguere un debito asfissiando l’economia di un paese. Nessun governo può privare il suo popolo di risorse fondamentali per la sopravvivenza”. Lo ha ricordato mons. Jorge Casaretto, vescovo di San Isidro e presidente della Caritas argentina al direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi) Horst Köhler, nel corso di un incontro, durato un’ora e mezza circa, al quale hanno preso parte anche il vescovo di Lomas, mons. Agustin Radrizzani e i rappresentanti di alcune organizzazioni sociali. Al termine del colloquio, mons. Casaretto ha spiegato come nel Paese esistano forti disuguaglianze fra la popolazione tali da compromettere la normalizzazione e aprire la strada alla violenza, se non arrivasse l’aiuto degli istituti di credito e dei paesi industrializzati. In una missiva consegnata direttamente al direttore del Fmi, il presule sottolinea l’importanza di risanare i poteri dello Stato, “affinché si mettano concretamente al servizio del popolo”. Quanto al rapporto con il Fondo, mons. Casaretto ha precisato come sia fondamentale, per chi detiene il potere economico, tenere in considerazione una scala di valori al cui vertice sia la persona umana. “È necessario – ha affermato il vescovo di San Isidro – ascoltare non solo chi versa denaro, ma anche chi è in debito”. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 giugno 2003

 

 

 - A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Partiamo con il Vertice di Washington dove, ieri, Unione europea e Stati Uniti hanno raggiunto un importante accordo per accelerare l'uso commerciale dell'idrogeno, una forma pulita di energia facilmente reperibile. L'utilizzo dell'idrogeno è auspicabile perché la sua combustione non emette nell'atmosfera sostanze inquinanti. I 3 protagonisti del Summit, il presidente americano Bush, quello della Commissione europea Prodi ed il premier greco Simitis, hanno parlato di “un Vertice molto positivo”. Ma per approfondire i temi emersi dall’incontro, ascoltiamo il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Prodi ha detto che se l’America e l’Europa sono unite nessuno può sfidarle, ma se si dividono ogni problema diventa una crisi e ogni nemico un mostro gigantesco. Non tutte le divergenze pratiche però sono state superate. Bush e i rappresentanti di Bruxelles hanno convenuto sulla necessità di spingere l’Iran a non sviluppare armi atomiche. Il capo della Casa Bianca si è detto ottimista sulla possibilità che Teheran ascolti le sollecitazioni di una comunità internazionale unita e Simitis ha rivelato che l’opzione militare non è stata discussa nei colloqui. I leader hanno condiviso anche l’impegno ad appoggiare il processo di pace in Medio Oriente, rilanciato dalla road map, ma restano differenze sul finanziamento di Hamas, perché l’Europa conserva relazioni con l’ala politica del movimento palestinese, mentre gli Stati Uniti vorrebbero il congelamento di tutti i fondi. Bush, Prodi e Simitis hanno affrontato anche le resistenze dell’Europa all’introduzione dei cibi modificati geneticamente, senza però sciogliere questo nodo, mentre hanno ribadito la ferma determinazione a combattere insieme il terrorismo.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il Vertice tra Unione europea e Stati Uniti ha dunque messo l’accento soprattutto sui punti d’accordo che uniscono le due grandi potenze economiche. Ma per comprendere quali ripercussioni abbia avuto l’incontro di ieri per la gestione dei rapporti transatlantici, ascoltiamo da Washington, Empedocle Maffia.

 

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R. - Letto dalla stampa americana, l’incontro della Casa Bianca ha riportato l’Europa nei ranghi dell’alleanza con gli Stati Uniti, con i conflitti in atto e i prossimi, a cominciare dal Medio Oriente e dall’Iran, da risolvere all’interno della lotta al terrorismo internazionale. Ma nelle parole degli interlocutori europei, l’incontro di ieri ha ribadito una convergenza di valori, dando però per scontato che possano esserci, come oggi ci sono, divergenze su come perseguirli in situazioni di crisi. Quel che è certo è che ieri è svanita, nel caldo di Washington, anche la surrettizia divisione tra vecchia e nuova Europa, vero pilastro dell’ultima politica americana. Al suo posto è riemerso il modello dell’alleato europeo con il passo della storia rispetto alla fretta di soluzioni, emblema dell’attuale amministrazione americana. I leaders europei hanno disegnato una strategia di confronto aperto con l’America. E così il negoziato per ricostituire l’alleanza tra le due realtà politiche promette finalmente di essere più equilibrato da ambedue le parti, rispetto alle rotture provocate dalla guerra in Iraq.

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Poco dopo il Vertice di Washington, gli Stati Uniti hanno tagliato ancora il costo del denaro. Il comitato centrale della Federal Reserve, guidato da Greenspan, ha ridotto di un quarto di punto il tasso di interesse, portandolo all’1%, il minimo degli ultimi 45 anni. A spingere la Banca Centrale americana verso l’ennesima sforbiciata, il timore per una economia ancora in mezzo al guado e lontana dalla piena ripresa.

 

Spostiamoci in Lussemburgo dove i ministri dell’Unione Europea hanno siglato, stamani, un accordo per una firma radicale della politica agricola europea. “E’ iniziata una nuova era – ha dichiarato il commissario europeo per l’agricoltura, Franz Fishler - aggiungendo che la riforma darà certezze agli agricoltori fino al 2013”.

 

In Medio Oriente proseguono, purtroppo, le violenze: un tecnico israeliano di una compagnia telefonica è stato ucciso, stamani, in un agguato nella cittadina di Bakea El-Gharbya e tre palestinesi sono morti ieri nella Striscia di Gaza. In Cisgiordania, resta alto l’allarme attentati. Prende comunque corpo l’ipotesi di una tregua di tre mesi tra i movimenti palestinesi Hamas, Jihad Islamica e Fatah, ed Israele. Lo ha confermato oggi alla radio israeliana il deputato palestinese Qadoura Faris, che ha condotto la mediazione con i gruppi militanti islamici.

 

Trasferiamoci in Iraq, dove si moltiplicano gli attacchi contro le forze di occupazione anglo-americane. Un iracheno è stato ucciso ed un altro ferito, stamani, nell’attacco compiuto alla periferia di Baghdad contro un convoglio di due veicoli blindati statunitensi. La drammatica scia di violenza che sta colpendo il Paese arabo dove, martedì scorso, sono morti sei soldati britannici conferma, dunque, lo stato d’animo della popolazione civile dopo la caduta di Saddam Hussein. Ascoltiamo in proposito, l’inviato di Avvenire, Luca Geronico:

 

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R. - Effettivamente fino adesso si era parlato per gli episodi di violenza, che avevano colpito soprattutto gli americani, di ex fedelissimi fedayn di Saddam o frange dell’esercito. Il fatto che sia stato un’insurrezione di civili, e tra l’altro nel sud sciita, quindi per cultura e tradizione piuttosto ostile al regime iracheno, dà una connotazione diversa. Probabilmente lascia intendere quanto sia forte l’insofferenza popolare verso questa presenza straniera armata, che ormai dura da tre mesi e a quanto pare è destinata a durare cinque anni.

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Restiamo nel Golfo Persico dove, nello Yemen, una vasta operazione dell’esercito condotta contro militanti integralisti ha provocato la morte, nel Sud del Paese, di almeno 6 estremisti e 2 soldati. Teatro delle operazioni la zona montuosa di Jalal Hatat.

 

Spostiamoci in Liberia, dove sono in corso violenti scontri tra le forze governative e i ribelli per il controllo della capitale Monrovia. A pochi giorni dalla firma di un cessate il fuoco in Ghana, il Paese è, dunque, di nuovo nel caos. La missione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, attesa nei prossimi giorni, sembrerebbe destinata, infatti, ad essere rinviata. Sugli scontri in atto nella capitale liberiana, ci riferisce Giulio Albanese: 

 

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Alcuni razzi hanno raggiunto questa notte un edificio, nei pressi dell’ambasciata statunitense a Monrovia, uccidendo sette persone. Nella struttura avevano trovato rifugio alcune delle migliaia di sfollati che ormai affollano da giorni la capitale liberiana, mentre le truppe dei ribelli del Lurd, i liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia, continuano la loro inesorabile avanzata. Si susseguono intanto le segnalazioni di saccheggi in diversi edifici del centro e anche in alcune strutture cattoliche. Fonti religiose a Monrovia hanno comunque sottolineato che tutto il personale missionario presente nella capitale liberiana è incolume. Intanto, ieri mattina, il presidente Charles Taylor, in un discorso tenuto alla radio, ha promesso battaglia.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Sembra lentamente tornare  verso la normalità la situazione a Bunia, capoluogo della regione dell’Ituri, nel Nord Est della Repubblica Democratica del Congo. Allo scadere dell’ultimatum lanciato dalla forza multinazionale di pace inviata dalle Nazioni Unite, i ribelli hanno iniziato a ritirarsi dalla città, pur avendo avuto il permesso di lasciare 30 uomini nel loro quartier generale.

 

Restiamo in Africa dove, in Uganda, i ribelli hanno messo in libertà almeno 82 liceali, rapite nei giorni scorsi nel Nord del Paese. Lo hanno reso noto fonti militari. Rimane purtroppo ignota la sorte degli altri rapiti, in maggioranza giovani.

 

 

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