RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 172 - Testo della Trasmissione di sabato 21 giugno 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La città di Banja Luka in fermento per l’arrivo di Giovanni Paolo II, atteso domani per la seconda volta in Bosnia Erzegovina, dove beatificherà il Servo di Dio Ivan Merz

 

 40 anni fa l’inizio del Pontificato di Paolo VI: con noi padre Gianfranco Greco.

  

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Chiesa da sempre in prima linea nell’assistenza agli sfollati e agli esuli: intervista con l’arcivescovo Fumio Hamao

 

 Rinnovato impegno contro l’odio razziale dalla Conferenza internazionale sull’antisemitismo, organizzata dall’Osce a Vienna: ai nostri microfoni Amos Luzzatto e Tullia Zevi

 

 L’ordinazione oggi pomeriggio a Roma di sei sacerdoti della Fraternità dei missionari di San Carlo Borromeo: le testimonianze di Paolo Prosperi e Stefano Pasquero.

 

CHIESA E SOCIETA’:

7 mila atleti disabili, provenienti da 160 Paesi del mondo, parteciperanno, da oggi a Dublino, all’XI edizione dei Giochi mondiali “Special Olympics”

 

Lanciato ieri un appello da Amnesty International con l’obiettivo di rimarcare la centralità della dignità umana nel processo di ricostruzione dell’Iraq

 

Un concerto per raccogliere fondi a favore dei giovani profughi africani ieri a Ginevra, in occasione della Giornata mondiale per i rifugiati

 

“Invito alla lettura” fino al prossimo 31 agosto arricchirà, nel prestigioso scenario di Villa Borghese gli appuntamenti dell’Estate Romana

 

Dal prossimo mese di ottobre sarà possibile, in Italia, acquisire la licenza di diritto canonico, oltre che a Roma, anche a Venezia

 

24 ORE NEL MONDO’:

 “L’Unione Europea non sarà completata senza l’ingresso dei Paesi balcanici”, così il presidente della Commissione Europea, Prodi, a Porto Carras in Grecia

 

Ancora immigrati clandestini a Lampedusa, l’ultima nave arrivata traghettava 107 passeggeri

 

Secondo l’ex braccio destro di Saddam Hussein, il rais è vivo. Washington riapre la caccia all’uomo

 

Conclusione ieri per il segretario di Stato Usa, Powell, della visita in Medio Oriente caratterizzata da reiterati appelli a israeliani e palestinesi

 

Da lunedì Hong Kong non figurerà più tra i Paesi a rischio Sars.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 giugno 2003

 

 

LA CITTA’ DI BANJA LUKA IN FERMENTO PER L’ARRIVO DEL PAPA,

ATTESO DOMANI PER LA SECONDA VOLTA IN BOSNIA-ERZEGOVINA

- A cura di Alessandro De Carolis

 

E’ tempo di ultimi preparativi, a Banja Luka, il maggior centro urbano economico e culturale della Repubblica Serba di Bosnia, che domani sarà teatro - per sole tredici ore - del 101.mo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, il secondo in Bosnia-Erzegovina. Il volo papale decollerà di buon mattino, verso le 8.15, dallo scalo romano di Fiumicino è atterrerà all’aeroporto internazionale di Banja Luka attorno alle 9.40. Dopo la cerimonia di benvenuto e l’incontro privato con i tre rappresentanti della presidenza collegiale dello Stato, il Pontefice si dirigerà verso il convento francescano della SS. Trinità per la solenne Messa di beatificazione del servo di Dio Ivan Merz.

 

Dopo il pranzo con i vescovi della Chiesa locale, due visite private con le autorità civili e con il Consiglio interreligioso ortodosso concluderanno gli impegni del breve soggiorno di Giovanni Paolo II. Il suo aereo riprenderà la rotta per l’Italia alle 19.45, con arrivo previsto all’aeroporto di Ciampino verso le 21. Ma ora, per entrare nel vivo del clima della vigilia, cediamo la parola alla nostra inviata a Banja Luka, Adriana Masotti:

 

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Grandi  cartelloni con la scritta “Beati i puri di cuore”, e sotto l’immagine di Giovanni Paolo II sorridente e il volto giovane del Venerabile, Ivan Merz, prossimo alla beatificazione, danno il benvenuto ai visitatori nella regione di Banja Luka, annunciando un evento eccezionale. In vescovado ferve il lavoro, in città il centro stampa sta accreditando i 750 giornalisti che seguiranno l’avvenimento e si danno gli ultimi ritocchi al palco presso il convento dei francescani, dove Giovanni Paolo II celebrerà domani mattina la Messa. Quattromila poliziotti locali più altri 3500 agenti internazionali garantiranno la sicurezza.

 

Il Papa verrà qui in Bosnia Erzegovina per la seconda volta dopo la visita del 1997, si fermerà un solo giorno e farà un’unica tappa, ma la sua presenza è attesa con intensità e non solo dai cattolici del posto. E’ stato lui stesso ad indicare il motivo di questa visita all’udienza generale di mercoledì scorso: confermare nella fede la comunità cattolica, impegnata in un importante cammino di riconci-liazione e di concordia con gli ortodossi e i musulmani. L’aveva promesso già nel 1994 quando, durante la speciale Giornata di Preghiera per la pace nei Balcani, aveva esclamato: “Non siete abbandonati. Siamo con voi, sempre più saremo con voi”.

 

La guerra che dal ’92 al ’95 ha fatto in questo Paese oltre 300 mila morti e 1 milione e 900 mila profughi è finita da quasi otto anni, ma alla disperazione di allora si è sostituito un diffuso sentimento di stanchezza e di scarsa fiducia nel futuro. Ad una situazione politicamente incerta - nelle elezioni del settembre scorso hanno vinto di nuovo i partiti nazionalisti - si somma il mancato decollo dell’economia: non c’è lavoro, mancano le infrastrutture. A sentire i vescovi locali, la comunità internazionale con i suoi rappresentanti è fin troppo presente, ma poco efficace nel risolvere i problemi: quello del ritorno dei profughi, ad esempio. I dirigenti locali spesso ne approfittano scaricando sugli altri il peso delle decisioni.

 

Senza prospettive, nella gente si fa più forte la tentazione di andare altrove o, per chi è fuggito ai tempi del conflitto, di non rientrare. Nella Srpska, dei 220 mila cattolici espulsi, sono tornati poco più di 10 mila. Ed è questa una tra le preoccupazioni denunciate con maggior vigore dai vescovi: i cattolici rappresentano nell’intera Bosnia Erzegovina solo l’11,3 per cento della popolazione e stanno calando di numero, mentre le comunità parrocchiali sono costituite sempre di più da anziani.

 

C’è bisogno dunque di confermare e incoraggiare i cattolici. E anche a ciò servirà il motivo più immediato della visita di Giovanni Paolo II: la beatificazione di Ivan Merz, che seppe mettere Dio al primo posto nella sua vita, conoscendo Cristo di giorno in giorno nella preghiera, nel dolore e nello studio. Un uomo e un cristiano maturo, da proporre come modello alle nuove generazioni della Bosnia Erzegovina. E forse un richiamo all’Europa, a cui anche la Bosnia guarda per il suo futuro, perché non dimentichi i valori dello spirito.

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Un “atleta dello spirito”, che pur immerso negli orrori della vita di trincea e nelle miserie umane e spirituali prodotte dalla Prima guerra mondiale riuscì a non smarrire la luce della fede e a trasmetterla ai giovani con i quali entrò in contatto. Sono questi i tratti salienti di Ivan Merz, prima soldato e puoi giovane professore di ginnasio, che domani verrà elevato dal Papa agli onori degli altari, in quella stessa Baja Luka dove nacque 107 anni fa. Ecco un suo profilo biografico, nel servizio di Giovanni Peduto:

 

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Ivan Merz è un giovane laico, di famiglia croata, vissuto in un periodo storico di grandi cambiamenti politici, che mutarono la faccia dell’Europa e che incisero anche nella sua breve vita di appena 32 anni. Era nato nel 1896 a Banja Luka, in Bosnia, allora sotto il dominio dell’Impero austro-ungarico. Compì gli studi medi nell’ambiente multietnico e multireligioso della città natale, terminandoli nei giorni in cui a Sarajevo veniva ucciso il principe ereditario Francesco Ferdinando (28 giugno 1914). Non per propria scelta, ma per volontà dei genitori, entrò nell’Accademia militare di Wiener Neustadt, che abbandonò dopo 3 mesi, disgustato della corruzione dell’ambiente. Nel 1915 iniziò gli studi universitari a Vienna, ma nel 1916 fu arruolato nell’esercito per essere poi mandato al fronte, dove passò la maggior parte del 1917 e del 1918.

 

La fine della prima guerra mondiale lo trovò a Banja Luka, dove visse il rivolgimento politico e la nascita del nuovo Stato jugoslavo. Nel 1919 e 1920 è di nuovo a Vienna, studente alla Facoltà di filosofia. Nell’ottobre del 1920 parte per Parigi, dove frequenta le lezioni alla Sorbona e all’Institut Catholique. Nel frattempo, prepara la dissertazione dottorale su “l’influsso della liturgia sugli scrittori francesi”, che presenta alla Facoltà di filosofia dell’Università di Zagabria (1923). Superato anche l’esame di Stato, viene abilitato per l’insegnamento della lingua e letteratura francese e tedesca. Fino alla morte, avvenuta il 10 maggio 1928, fu professore al Ginnasio arcivescovile di Zagabria.

 

Una vita apparentemente ordinaria e semplice, a parte il periodo sul fronte, eppure già entrata nella storia del cattolicesimo croato. Finora poco conosciuta fuori dei confini della sua patria, la figura di Ivan Merz affascina chi viene a conoscerla. Una figura di studente e di soldato cattolico, poi d’intellettuale laico di vasta cultura che, per amore di Dio, mette tutte le sue energie al servizio del prossimo nell’educazione della gioventù croata.

 

Ma quel che colpisce in Ivan Merz è il suo itinerario spirituale, veramente singolare, specialmente nella prima fase di formazione: senza una guida spirituale stabile, egli da solo trova la via alla santità, così che qualcuno lo ha definito “un frutto spirituale spontaneo”, dove la presenza della grazia appare sperimentalmente dimostrata. Pochi sono i santi - e non sappiamo se tra i laici ve ne sia qualcuno - il cui sviluppo interiore possa essere seguito così da vicino, come nel caso di Ivan Merz: e ciò grazie al suo diario intimo che comincia a scrivere da studente e continua poi nell’esercito, sul fronte, e durante gli studi universitari. Da esso emerge non un “santo nato”, ma un giovane che combatte per il bene ed esce vincente. Col suo esempio, perciò, trascina chiunque si sforzi di realizzare l’ideale cristiano della perfezione.

 

Lo tormenta il problema dell’amore e poi quello del dolore e della morte, che egli risolve nella luce della fede. Nel diario di guerra, si sente tutta la profondità della sua anima, nella quale si riflettono, intrecciandosi, le miserie materiali e morali della vita militare e i lumi della grazia.

 

Si fece promotore - egli laico - del Movimento liturgico in Croazia e fu pioniere dell’Azione Cattolica secondo le direttive di Pio XI, con lo scopo di formare una élite di apostoli che lavorassero al “rinnovamento di tutte le cose in Cristo”. Fatica, combatte, soffre perché nella sua Patria si affermi e rafforzi il Regno di Dio. A tal fine, diventa l’anima del “Movimento giovanile delle Aquile”, per il quale sul letto di morte offre anche la propria vita. La sua vasta cultura, la sua molteplice esperienza di vita e il suo profondo senso cattolico fanno di Ivan Merz un “santo europeo”, vicino al mondo germanico, latino e slavo. A distanza di 75 anni dalla morte, egli non ha perduto nulla della sua attualità anzi, sotto un certo aspetto, essa è aumentata poiché, nel frattempo, il mondo è diventato ancor più secolarizzato e ha quanto mai bisogno di testimoni del “soprannaturale”.

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Come sempre in queste circostanze, la Radio Vaticana seguirà da vicino i principali avvenimenti dell’imminente viaggio del Pontefice. Domattina, a partire dalle 9.40, trasmetteremo in radiocronaca diretta, con commento in italiano,  la cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Banja Luka sull’onda corta di 5.890 kHz, sull’onda media di 585 kHz e in modulazione di frequenza sui 105 MHz.

 

Anche la Santa Messa di beatificazione sarà trasmessa in radiocronaca diretta a partire dalle 11.15 - in onda corta, media e modulazione di frequenza - con commenti in italiano, tedesco, spagnolo e, solo per satellite, in portoghese.

 

 

ALTRE UDIENZE, RINUNCIA E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto prima sei presuli della Conferenza episcopale indonesiana in visita ad Limina apostolorum, e quindi il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Santo Padre ha inoltre accettato stamane la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Kuching, nella Malaysia, presentata da mons. Peter Chaung Hoan Ting, per raggiunti limiti di età; allo stesso incarico, ha nominato mons. John Ha Tiong Hock, vescovo titolare di Canapio e finora ausiliare della medesima arcidiocesi.

 

Il Papa ha anche nominato quest’oggi ausiliare dell’arcidiocesi di Buenos Aires, in Argentina, il rev. Eduardo Horacio García, finora parroco a Buenos Aires e direttore spirituale nel Seminario Maggiore della medesima circoscrizione, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ipagro.

 

 

40 ANNI FA L’INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAOLO VI

- Con noi padre Gianfranco Grieco -

 

Il 21 giugno di 40 anni fa veniva eletto al Soglio Pontificio con il nome di Paolo VI l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, nato 66 anni prima. E’ da tutti ricordato come un protagonista d’eccezione dell’età contemporanea. Oltre ai tanti ricchi documenti del suo magistero, resta nella memoria di tutti l’accorata lettera ai Brigatisti Rossi per chiedere la liberazione del presidente del Consiglio Aldo Moro. Era il 1978, l’anno in cui lo stesso Paolo VI moriva, precisamente il 6 agosto, giorno della Trasfigurazione. Il servizio è di Fausta Speranza:

 

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Il Papa che ha concluso solennemente il Concilio Vaticano II, che ha voluto l’istituzione del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che ha firmato encicliche di forte rilievo come la “Populorum Progressio” e l’”Humanae Vitae”, che ha usato per primo l’aereo per numerosi viaggi all’estero e in Italia, che per primo si è recato in Terra Santa. Così lo ricorda Gianfranco Grieco dell’Osservatore Romano:

 

“Ha cercato di tradurre, di divulgare, di testimoniare con la parola e con i viaggi l’amore per la Chiesa, quello che aveva detto il Concilio. Tanto è vero che la prima enciclica di questo Papa ebbe il nome “Ecclesiam Suam”. Poi l’altra riflessione che voglio brevemente fare è l’amore allo Spirito Santo. Ricordo una celebrazione in San Pietro. Egli parlò dello Spirito Santo come di una persona familiare, di una persona conosciuta e l’accento che pose in quella stupenda omelia fu questa: ‘Lo Spirito Santo, dolce ospite dell’anima’. La Chiesa si è rinnovata sotto l’influsso dello Spirito Santo in questi anni di dopo Concilio. Credo che Paolo VI sia stato profeta anche in questa direzione”.

 

A Papa Montini dobbiamo la Giornata Mondiale della Pace da lui voluta a partire dal 1 gennaio del 1968. Quel giorno esprimeva così il suo augurio di pace:

 

“Pace a tutti coloro che hanno accolto il nostro invito a dedicare a questo grande ideale della pace, questo primo giorno dell’anno civile, quasi per farne speranza ed impegno per ogni giorno, ogni attività del tempo che viene. Giunga ora il nostro paterno e fraterno saluto e il nostro augurio di pace, con quanto la pace deve recare con sé: l’ordine, la serenità, la letizia, la fraternità, la libertà, la speranza, l’energia e la sicurezza del buon lavoro, il proposito di ricominciare e di progredire, il benessere sano e comune. Che parola “pace”. Parola amica ed umana quant’altre mai”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

A tutta pagina spicca il titolo “Giovanni Paolo II in Bosnia ed Erzegovina: un nuovo abbraccio ad una Chiesa eroica”.

Dopo il Viaggio dell’aprile 1997 a Sarajevo, domenica 22 giugno a Banja Luka il Papa proclama beato il giovane Ivan Merz, figura luminosa del laicato d’Europa.

All’evento è dedicato un inserto tabloid di sedici pagine a cura di Giampaolo Mattei.

Sempre in prima, riguardo all’immigrazione si sottolinea “la fredda indifferenza della comunità internazionale di fronte alle persone vittime di una tragedia ormai quotidiana”. E si aggiunge: “L'Unione Europea si concentra sugli aspetti ‘tecnici’ di un fenomeno che interpella la civiltà, mentre migliaia di infelici perdono la vita sul mare a cui si erano affidati nella speranza di un futuro”.

 

Nelle vaticane, un articolo del cardinale Leo Scheffczyk sull’Enclica “Ecclesia de Eucharistia”.

Un articolo della “peregrinatio” della Madonna di Pompei a Liegi - alla presenza dell'arcivescovo Prelato, mons. Sorrentino - tra le famiglie degli italiani emigrati in Belgio.

 

Nelle pagine estere, il testo di un comunicato dell’Azione Cattolica Italiana in merito alla bozza del Preambolo della Costituzione dell’Ue: “Il futuro dell’Europa non potrà essere tale senza il rispetto di una memoria viva e presente nelle persone e nei popoli”.

Medio Oriente: gli Usa chiedono ad Israele di ritirarsi da Gaza.

Un articolo di Gabriele Nicolò sulla grave situazione alimentare che segna l’Africa australe. 

 

Nella pagina culturale, un contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo “Un’opera intrisa di saggezza e di umorismo”: lo scrittore bosniaco Ivo Andric, “Nobel” nel 1961.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i temi dell'immigrazione e delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 giugno 2003

 

 

LA CHIESA DA SEMPRE IN PRIMA LINEA NELL’ASSISTENZA AGLI SFOLLATI E AGLI ESULI, DISEREDATI IN CERCA DI ASILO E DIRITTI E NON DI LEGGI CHE LI RIFIUTINO

- Intervista con l’arcivescovo Fumio Hamao -

 

Dodici milioni di rifugiati già posti sotto l’assistenza dell’Acnur – l’Alto commissariato dell’Onu che si occupa della loro tutela - più altri 25 milioni di sfollati, ancora senza diritti ma in fuga da situazioni di disperazione e in cerca di nuove prospettive di vita. Sono alcune cifre che offrono un’idea della dramma mondiale vissuto dagli espatriati di ogni latitudine, ricordati in questi giorni nelle celebrazioni della Giornata mondiale dei rifugiati. Anche la Chiesa si è sempre occupata di loro, attraverso il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e gli itineranti. Alessandro De Carolis ha intervistato il presidente, l’arcivescovo Fumio Hamao:

 

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R. – La Chiesa considera una missione fondamentale la sua presenza fra coloro che richiedono asilo, i rifugiati, gli sfollati. Oltre ai milioni che sono sotto le cure dell’Alto Commissariato per i rifugiati, vi sono altri 4 milioni di rifugiati palestinesi, affidati all’altra agenzia delle Nazioni Unite chiamata Unrwa (l’Agenzia di soccorso e lavoro per i rifugiati del Vicino Oriente). Oltre a queste persone, che per fuggire hanno varcato i confini dei loro Paesi, ce ne sono oltre 25 milioni, definite “sfollate”, che sono fuggite dalle loro case senza abbandonare la patria e che, per questo, non godono di protezione giuridica internazionale. Si tratta di un incredibile numero di persone che, soprattutto con l’allontanamento forzato dalla propria patria, vivono il dramma dello sradicamento, dell’abbandono, della perdita delle loro radici e identità. Come ha detto il Santo Padre la scorsa domenica, durante l’Angelus, ognuna di queste situazioni “risalta come grave offesa a Dio e all’uomo”.

 

D. – La Giornata di quest’anno è stata dedicata in particolare ai giovani rifugiati e al loro futuro. Quanto e come incide la loro presenza in questo contesto?

 

R. – Quasi la metà dei rifugiati è rappresentata dai giovani, circa il 45 per cento. Essi sono naturalmente i più vulnerabili tra le masse di persone costrette a vivere per lunghi anni, concentrati in campi ove manca spesso ogni parvenza di normalità alla loro vita, ove dipendono quasi completamente dall’assistenza umanitaria, e ove i genitori non possono assolvere al loro ruolo di educatori e assumersi la responsabilità di fare scelte per loro, di assicurare loro un sano ambiente di equilibrio e di crescita. In alcuni Paesi, anzi, essi sono perfino tenuti in detenzione: una situazione che ha disastrose ripercussioni sulla loro salute mentale e fisica. In molti altri posti, vi sono minori che vengono addirittura reclutati per combattere e addestrati ad ogni tipo di brutalità. E’ il dramma cui si sta assistendo per esempio nella Repubblica del Congo, dove almeno 10 mila bambini anche di soli dieci anni fanno parte delle milizie di combattenti. Intere generazioni perdono così la capacità e l’opportunità di contribuire al futuro sviluppo dei loro Paesi, con conseguenze che produrranno ancora a loro volta violenza.

 

D. – Qual è la risposta della Chiesa di fronte al dramma dei rifugiati?

 

R. – In una sua recente dichiarazione, la Santa Sede ha invitato a non restare “indifferenti di fronte a questa situazione. Una società che lascia tanti suoi cittadini così ai margini del progresso raggiunto non ha il diritto di chiamarsi globale”. La dignità e lo sviluppo della persona umana sono al centro della Dottrina sociale della Chiesa, che sottolinea in ogni occasione l’importanza della giustizia sociale, della partecipazione democratica, della solidarietà e dello sviluppo integrale della persona umana. Questo richiede una risposta da parte della comunità internazionale nell’allestire le necessarie strutture e nello sviluppare significativi strumenti internazionali. Ma le Chiese locali sono anche invitate ad assicurare appropriate risposte pastorali e a mettere a disposizione propri agenti pastorali che siano al fianco di questi diseredati. La Chiesa inoltre deve levare con coraggio la propria voce a difesa dei diritti di queste persone. Recentemente, per esempio, il nostro segretario, mons. Agostino Marchetto, in risposta alle affermazioni del ministro Umberto Bossi nei confronti dei migranti privi di documenti, ha ricordato che la Convenzione di Ginevra che regola lo Statuto dei rifugiati stabilisce che non è un delitto entrare in un Paese anche in modo illegale, per richiedere asilo. La soluzione non si trova nella formulazione di leggi sempre più severe che impediscano l’accesso dei profughi nei nostri Paesi, ma nell’operare nell’ambito di un’economia più giusta. Bisogna anche riconoscere che la nostra società ha bisogno di migranti che possono sopperire alla diminuzione della nostra popolazione.

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RINNOVATO  IMPEGNO CONTRO L’ODIO RAZZIALE DALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’ANTISEMITISMO, ORGANIZZATA DALL’OSCE A VIENNA

- Intervista con Amos Luzzatto e Tullia Zevi

 

La prima Conferenza sull’antisemitismo promossa dall’Osce, l’Organizzazio-ne per la cooperazione e la sicurezza in Europa, si è conclusa ieri a Vienna, dopo due giorni di lavori, con un appello per riaffermare l’impegno a condannare l’odio razziale o etnico, già preso a Copenaghen nel ’90. 400 i delegati convenuti nella capitale austriaca da 55 Paesi membri dell’Osce, tutti le Nazioni europee, oltre a Stati Uniti,  Canada, Cipro, Turchia e le otto Repubbliche asiatiche ex sovietiche. Presenti anche rappresentanti di organizzazioni non-governative.

 

Distinguere gli atti di antigiudaismo dal vandalismo tout cort, e varare leggi specifiche per i crimini razzisti è stata la proposta dell’ex sindaco di New York Rudolf Giuliani, portavoce statunitense. Dal canto suo l’Unione Europea si prepara a contrastare il pregiudizio attraverso vie legislative e condannando con fermezza le violenze contro sinagoghe e cimiteri ebraici che si sono ripetute con frequenza negli ultimi anni in diversi Paesi, tra cui Francia e Russia. Il servizio è di A.V..

 

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Messaggi odiosi su Internet, slogan razzisti negli stadi, luoghi di culto e cimiteri profanati. Per Wladìslaw Bartoszewski, ex ministro degli esteri polacco che nel ’44 partecipò alla rivolta di Varsavia soffocata dai nazisti, nel XXI secolo l’antisemitismo avanza mascherato: dopo il trauma dell’Olocausto ha preso forme “morbide” ma non meno pericolose. Amos Luzzatto, Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei):

 

“Certamente, esiste una cultura antisemitica diffusa in Europa. Un matematico ebreo ungherese che si chiama ..., sostiene che in Europa c’è una specie di componente costante di antisemitismo che pervade tutta la cultura europea; il che è anche possibile, ma questo anti-semitismo non è soltanto un fatto razzistico, è anche un fatto di pregiudizi culturali, di vecchie opinioni preconcette dovute anche in parte ad una insufficiente cultura religiosa”.

 

Tullia Zevi, già presidente Ucei ed editorialista de La Repubblica:

 

“Perché questo fenomeno riaffiora nelle nostre società, in un momento in cui esse stanno attraversando una profondissima mutazione di diverso segno? In pochi decenni, questa nostra società sta diventando multietnica, multireligiosa, multiculturale. Naturalmente, questa trasformazione suscita delle insicurezze che si riproducono nella ricerca nell’ebreo del capro espiatorio. Naturalmente, c’è chi dice che l’antisemitismo di oggi nella società occidentale è un riflesso in negativo e doloroso della tragica situazione nel Medio Oriente. Può darsi che ci sia anche questa componente, ma non solo”.

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SEI NUOVI SACERDOTI DELLA FRATERNITA’

DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO SARANNO ORDINATI OGGI POMERIGGIO

A ROMA DAL CARDINALE CAMILLO RUINI

- Intervista con due candidati al sacerdozio: Paolo Prosperi e Stefano Pasquero -

 

In risposta all’urgenza della nuova evangelizzazione, continuano a sorgere e svilupparsi nella Chiesa forme di vita evangelica che si aprono sia ai laici che ai presbiteri.  Parliamo oggi della  Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, fondata quasi vent’anni fa, nel 1985, da mons. Massimo Camisasca.  Questo pomeriggio sei diaconi del Seminario internazionale di Roma, riceveranno l’ordinazione sacerdotale dal cardinale Camillo Ruini, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. I neo-ordinati, tutti italiani, svolgeranno il loro ministero in vari Paesi: Taiwan, Germania, Spagna, Repubblica Ceca, Russia. La Fraternità di San Carlo Borromeo trae origine dal carisma del Movimento Comunione e Liberazione fondato da mons. Luigi Giussani ed è improntata alla vita in piccole comunità composte da 2 o 3 presbiteri. Ascoltiamo ora, al microfono di Emanuela Campanile,  la testimonianza di due candidati al sacerdozio: Paolo Prosperi che svolgerà il suo ministero in Russia e Stefano Pasquero, in partenza per la Repubblica Ceca. Vocazioni nata, per Stefano, da un incontro ...

 

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R. – Un incontro importantissimo per me è stato con un ragazzo che studiava architettura a Torino, dove io ho studiato e mi sono laureato. Mi ha invitato a studiare insieme ad i suoi amici ed è nata un’amicizia che mi ha fatto rincontrare il cristianesimo, la fede.

 

D. – E così anche per Paolo?

 

R. – Per me, senza dubbio, la figura più importante per la mia vocazione è stato un sacerdote, Don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, che ebbi l’occasione di sentir parlare tanti anni fa, nel 1994. Durante degli esercizi, sentendolo parlare di Cristo, fui folgorato dalla percezione del fatto che Dio mi amava di un amore infinito. Tutto ciò che diceva quel sacerdote, descriveva con una precisione assoluta la mia vita, per cui mi accorsi che, attraverso quelle parole, il Signore stava parlando con una spietata predilezione a me, in mezzo alle migliaia di persone che erano presenti. Quindi fui costretto a riconoscere che ero amato, che ero amato non da ieri e neanche dall’altro ieri, ma dall’eternità. Questo cambiò completamente il volto della mia vita e mi spinse, quasi mi costrinse, pian piano, a riconoscere la vocazione.

 

D. – Stefano, una persona che affida la propria vita a Dio come vive l’incognita dal futuro?

 

R. – Io sono stato a Praga già per 8 mesi. Sono tornato a Roma proprio per l’ordinazione. Una cosa di cui mi sono reso conto è proprio questa: che l’affronto delle difficoltà che ci possono essere nel presente, così come l’affronto del futuro non è assolutamente una cosa che uno possa fare perché è capace da solo. Se iniziassi a pensare di sfoderare chissà quali virtù per affrontare il futuro, tornerei già a casa oggi stesso. Il fatto è che non è così che funziona. Nel senso che io ho la certezza, una certezza totale, che  intanto il mondo e quindi anche il futuro, è già stato salvato da Uno, Uno che è Gesù Cristo. Affidandomi a Lui totalmente, la paura per l’incognita del futuro, la paura di affrontare il presente non c’è, svanisce. Non voglio dire che per questo motivo uno non sia più responsabile, ma che poni tutto proprio nelle mani di Chi effettivamente può salvare tutto.

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CHIESA E SOCIETA’

21 giugno 2003

 

 

 

7 MILA ATLETI DISABILI, PROVENIENTI DA 160 PAESI DEL MONDO, PARTECIPERANNO ALL’UNDICESIMA EDIZIONE DEI GIOCHI MONDIALI “SPECIAL OLYMPICS”.

OGGI A DUBLINO LA CERIMONIA DI APERTURA. PER L’OCCASIONE

I VESCOVI IRLANDESI PUBBLICANO UNA LETTERA PASTORALE

 

DUBLINO. = Si apre questa sera a Dublino presso lo stadio di Croke Park l’undicesima edizione dei Giochi mondiali “Special Olympics”, riservati ad atleti diversamente abili. L’iniziativa vuole testimoniare il valore dello sport come strumento per sottolineare il diritto ad un inserimento fattivo nella società per le persone con ritardo mentale. La manifestazione sportiva, che si svolge per la prima volta fuori dagli Stati Uniti, vedrà la partecipazione di 7 mila atleti, 2 mila tecnici, 28 mila familiari e 30 mila volontari provenienti dal 160 Paesi del mondo. Per l’occasione, i vescovi dell’Irlanda hanno diffuso una lettera pastorale intitolata “La vita in tutta la sua pienezza” nella quale ricordano come questi atleti abbiano molto da insegnare quanto a motivazioni e determinazione, senza dimenticare che per molti disabili la vita quotidiana è invece spesso problematica. “Vivere con una disabilità – scrivono i vescovi – può creare un senso di diversità e a volte di esclusione”. “Dobbiamo essere vigili – proseguono - affinché siano garantiti loro abitazioni e trasporti accessibili, un’istruzione ed un impiego adeguato con servizi pubblici”. La Chiesa, secondo i vescovi irlandesi, è chiamata ad assistere e ad essere vicino a tutti coloro che vivono la disabilità e ai loro familiari, perché possano avere un aiuto e un supporto. “Questo evento – si legge ancora nella lettera – deve rappresentare un momento per riflettere se le nostre comunità sono aperte ai giovani disabili e alle loro famiglie e se queste sono degnamente rappresentate nei vari consigli e movimenti”. Sarà Nelson Mandela, ex presidente sudafricano e premio Nobel per la pace nel 1993, a dichiarare ufficialmente aperti i Giochi. Particolarmente suggestivo sarà l’ingresso nello stadio della Torcia olimpica, che giunge da Atene portata da 140 tedofori, agenti di polizia provenienti da tutto il mondo. Le persone con ritardo mentale sono 180 milioni nel mondo. Nella maggioranza dei casi esso è lieve o lievissimo e rende possibile l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro. (M.D.)

 

 

“IL RISPETTO PER I DIRITTI UMANI DEVE ESSERE LA CONDIZIONE ESSENZIALE

PERCHÉ IN IRAQ VI SIANO SICUREZZA, PACE E LIBERTÀ”. E’ L’APPELLO LANCIATO IERI

 DA AMNESTY INTERNATIONAL CON L’OBIETTIVO DI RIMARCARE LA CENTRALITÀ

DELLA DIGNITA’ UMANA NEL PROCESSO DI RICOSTRUZIONE DEL PAESE ARABO

 

LONDRA. = In occasione dell’importante conferenza del Forum economico mondiale di Amman dove, a partire da oggi,  si discute del processo di ricostruzione dell’Iraq, Amnesty international ha espresso la propria “preoccupazione per l’attuale situazione dei diritti umani nel Paese”. “Il rispetto per i diritti umani - si legge nel nuovo rapporto dell’organizzazione umanitaria - deve essere la condizione essenziale perché nel Paese vi siano sicurezza, pace e libertà”. I componenti di una delegazione di Amnesty hanno riferito che le forze inviata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito nel Paese arabo “non stanno adempiendo alle loro responsabilità di assicurare la sicurezza ed il benessere della popolazione irachena poiché continuano a tenere agli arresti oltre 2000 iracheni presso aeroporti ed altri centri di custodia, senza consentire loro di incontrare parenti e avvocati”. “L’obiettivo della ricostruzione - afferma il comunicato – deve essere quello di assicurare l’effettiva protezione e realizzazione di tutti i diritti umani per il popolo iracheno”. Il rapporto esprime, infine, le proprie preoccupazioni per la pressione esercitata dalle imprese private che vogliono entrare o investire in Iraq. “Il loro comportamento - conclude Amnesty con un appello - rispetti gli sforzi per il ripristino della legalità attraverso incentivi alla corruzione e osservi le norme sulla sicurezza evitando ogni forma di discriminazione nell’assunzione della manodopera irachena”. (A.L.)

 

 

IERI A GINEVRA, UN CONCERTO PER RACCOGLIERE FONDI A FAVORE DEI GIOVANI PROFUGHI AFRICANI, IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE PER I RIFUGIATI

 

GINEVRA. = La musica classica a sostegno dei giovani profughi dei Paesi africani. In occasione della Giornata mondiale per i rifugiati due orchestre filarmoniche, una svizzera ed una francese, hanno dato vita, ieri a Ginevra, ad un concerto per contribuire alla raccolta di fondi da destinare a progetti d’istruzione all’interno di due campi che accolgono giovani profughi, in Sierra Leone e a Kasulu, in Tanzania. Il ricavato dell’evento, organizzato dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), viene stimato in circa 150 mila euro e verrà utilizzato per acquistare attrezzature scolastiche. Un ulteriore accordo prevede, a partire già da quest’anno, un progetto d’insegnamento a distanza, via Internet, con una scuola svizzera. All’esibizione musicale si sono aggiunte altre due iniziative: un collegamento video con le delegazioni di volontari svizzeri attivi nei due campi africani e una cena presso un hotel ginevrino, il cui ricavato sarà anch’esso devoluto per gli stessi scopi. La scelta di dedicare questi fondi alle problematiche scolastiche si colloca in sintonia con il tema centrale della Giornata mondiale di quest’anno: “Giovani rifugiati: costruire il futuro”. (M.D.)   

 


MOMENTI DI RIFLESSIONE, INCONTRI LETTERARI ED EVENTI DEDICATI ALLA MUSICA,

AL CINEMA E AL TEATRO. E’ IL RICCO PROGRAMMA DI “INVITO ALLA LETTURA”, L’INIZIATIVA CHE FINO AL PROSSIMO 31 AGOSTO ARRICCHIRA’, NEL PRESTIGIOSO

SCENARIO DI VILLA BORGHESE, GLI APPUNTAMENTI DELL’ESTATE ROMANA

 

ROMA. = Prosegue anche quest’anno l’esperienza di “Invito alla Lettura”, uno degli appuntamenti più attesi dell’estate romana che, in occasione del centenario di Villa Borghese, si è spostata, a partire dal 12 giugno scorso, nel cuore del prestigioso Parco romano, in Viale delle Magnolie. Il programma dell’evento, giunto alla XIV edizione, prevede fino al prossimo 31 agosto, iniziative di musica, teatro, cinema, incontri letterari ed il consueto spazio dedicato ai bambini con il “Progetto infanzia: il bambino, il domani”. Tra gli appuntamenti più significativi, a partire dal 15 giugno, avrà luogo presso il campo della Società pionieri, a San Basilio, il torneo federale di calcio “Marco Pelosi”, un uomo prematuramente scomparso, che ha dedicato la sua vita al volontariato, alla solidarietà ed alla promozione dei giovani più svantaggiati. Una novità assoluta di quest’anno sarà la Rassegna di cinema “Le notti di Cartoonia”, un’occasione per riproporre uno spazio di approfondimento su passato, presente e futuro del cartone animato italiano. Tra gli ospiti di “Invito alla lettura”, ci saranno, tra gli altri, gli stands della Fondazione Fatebenefratelli per la ricerca, l’Associazione Peter Pan, l’organizzazione umanitaria Emergency e l’Associazione Rebibbia Jail che presenterà prodotti artigianali realizzati dai detenuti del penitenziario romano. (A.L.)

 

 

DAL PROSSIMO MESE DI OTTOBRE SARÀ POSSIBILE, IN ITALIA, ACQUISIRE LA LICENZA

DI DIRITTO CANONICO, OLTRE CHE A ROMA, ANCHE A VENEZIA. “ISTITUTO SAN PIO X” SARÀ IL NOME DELLA FACOLTÀ CHE ATTIVERÀ IL PERCORSO DI STUDI

- A cura di Maria Laura Conte -

 

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VENEZIA. = Si chiamerà Istituto San Pio X e sarà la prima Facoltà di diritto canonico in Italia al di fuori di Roma. Ne dà notizia il settimanale della diocesi di Venezia “Gente veneta”, ieri in uscita. Nella città lagunare, dal prossimo ottobre, con il nuovo Anno accademico partirà questo percorso di studi, che permetterà di acquisire la Licenza di Diritto canonico. E’ una realtà che si colloca nell’ambito degli Istituti superiori di studi universitari, che dipendono dalla Santa Sede. Si articolerà in due cicli. Il primo propedeutico, della durata di due anni, fornirà gli elementi teologici, filosofici e canonistici di base. Il secondo, di tre anni, porterà alla Licenza e sarà incentrato sullo studio sistematico dell’intero ordinamento giuridico della Chiesa, con particolare attenzione al Codice di Diritto canonico e al diritto orientale. L’anno prossimo anche il patriarca di Venezia, mons. Angelo Scola, terrà un corso: 12 ore dedicate all’essenza del cristianesimo. Questo nuovo polo di studi si pone come punto di riferimento, non solo per il nord Italia, ma anche per i Paesi dell’Est europeo e dei Balcani. L’Istituto Pio X si inserisce nel progetto ampio della Chiesa veneziana di un polo pedagogico accademico che abbraccia molte sezioni: dalla prima formazione della scuola materna agli studi post universitari.

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24 ORE NEL MONDO

21 giugno 2003

 

 

  

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Con l’impegno di assumere un ruolo decisivo nella ricostruzione dell’Iraq e nel processo di pace in Medio Oriente, si è chiuso ieri a Salonicco lo storico Consiglio europeo, segnato oggi da un incontro con i Paesi balcanici a  Porto Carras dove il presidente della Commissione europea Romano Prodi ha sottolineato come “il processo di unificazione  non sarà completo fin quando i paesi dei Balcani non saranno diventati membri dell'Unione''. Ma sui contenuti del vertice sentiamo Gianandrea Paolo Garancini:

 

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Il premier greco Kostas Simitis ha sottolineato i punti principali sui quali si è giunti ad un accordo: la nascita di una politica comune di immigrazione e di asilo, che comprende la cooperazione con i Paesi di origine dei flussi migratori, per lottare contro l’immigrazione clandestina, e la predisposizione di nuovi metodi per l’integrazione sociale degli immigrati; l’approvazione del progetto di Costituzione europea redatto dalla Convenzione, e il conferimento alla prossima presidenza italiana del mandato per convocare la Conferenza intergovernativa ad ottobre a Roma; l’esame del Rapporto Solana sulla sicurezza europea, il rapporto che sarà completato nei prossimi mesi ed adottato formalmente a dicembre; l’approvazione delle nuove linee-guida per la politica economica e per l’occupazione; il lancio di un’iniziativa congiunta con lo scopo di aumentare i finanziamenti per le grandi reti di trasporto trans-europee e la ricerca; la conferma – infine – della data del 2007 per l’adesione di Bulgaria e Romania.

 

Per la Radio Vaticana, Gianandrea Paolo Garancini.

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Finalmente una buona notizia dalla repubblica Democratica del Congo. I due osservatori militari della missione delle Nazioni Unite sono sani e salvi e sono stati liberati stamani a Kamango, a nord del Paese. Nel frattempo la forza multinazionale a comando francese, dispiegata a Bunja ha annunciato che le strade della città dovranno essere disarmate entro le prossime 72 ore.

 

A Lampedusa continuano gli sbarchi, nonostante il centro di accoglienza – che può ospitare 496 persone – sia ormai al collasso. Stamattina è arrivata una nave con 107 passeggeri, provenienti dalla Turchia. Gli immigrati, tutti del centro e nord Africa, sono in buone condizioni di salute. 170 di loro saranno trasferiti in giornata in un centro della Calabria o della Puglia. Ci riferisce Patrizia Casale.

 

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A provocare il dramma sembra siano state le avverse condizioni del mare, ed ovviamente la precarietà del mezzo su cui viaggiavano i profughi. La guardia costiera tunisina, intervenuta con due motovedette, ha tratto in salvo 41 immigrati. Nonostante le condizioni del mare in tempesta, continuano senza sosta le ricerca degli altri 197 naufraghi; particolarmente battute le acque a sudest della città di Sfax. Le autorità tunisine hanno preferito declinare gli aiuti offerti dall’Italia perché ritenuti in questo momento ‘non necessari’. Intanto, la capitaneria di porto di Lampedusa ha salvato oltre 100 immigrati, da ore alla deriva nel Canale di Sicilia. Il natante, di appena 12 metri, era stato avvistato ieri da un aereo della marina militare mentre imbarcava acqua. E non migliore è la situazione nell’Isola: a Lampedusa i centri di accoglienza sono al collasso.

 

Per la Radio Vaticana, Patrizia Casale.

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Diciassette militanti dell’Organizzazione dei Moudjahidine del popolo iraniano, fra cui Maryam Radjavi, moglie del fondatore del movimento sono stati sottoposti stamani alla giustizia francese e nel pomeriggio dovranno presentarsi al cospetto dei giudici anti-terrorismo francesi.

 

Trasferiamoci in Iraq. “Saddam è vivo ed è sfuggito ai bombardamenti”. Lo ha affermato nelle sue prime deposizioni l’ex segretario del rais, Abid Hamid Mahmud al-Tikriti, arrestato dalle forze Usa martedì scorso. Washington ha intanto riaperto la caccia all’uomo e fa sapere di non voler abbandonare l’Iraq. Il servizio di Paolo Mastrolilli.

 

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Secondo il New York Times, l’intelligence ormai si è convinta che il raìs è ancora vivo, soprattutto a causa di una serie di conversazioni intercettate tra ex-membri dei servizi segreti iracheni e del gruppo paramilitare noto come i ‘Saddam fedayn’. In questi colloqui, i fuggitivi parlano dell’ex leader al presente e sollecitano tutta la popolazione a proteggerlo. Alle conversazioni si unisce il fatto che finora gli americani non sono riusciti a trovare alcuna prova della morte del raìs. Per prenderlo, il Pentagono ha mobilitato la Task Force 20, una speciale unità formata da soldati della Delta Force, specialisti antiterrorismo della marina e uomini della Cia. Il nuovo portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, ha detto che Washington non sa se Saddam è vivo o morto ma alla luce dei continui attacchi contro le forze americane c’è chi comincia a credere che l’ex leader stia organizzando la resistenza. A Washington, invece, la Commissione Intelligence del Senato ha cominciato le audizioni sul mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa, mentre martedì l’Onu ospiterà una conferenza per la ricostruzione dell’Iraq.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il ministro della sicurezza nazionale keniota, Chris Murungaru, ha definito oggi "false e ingannevoli" le dichiarazioni americane riguardanti un attentato "imminente". Nel rischio di questa emergenza ieri è rimasta chiusa l'ambasciata degli Stati Uniti a Nairobi.

 

Andiamo in Medio Oriente. La breve spola fra Gerusalemme e Gerico del segretario di Stato americano Colin Powell si è conclusa ieri con rinnovati appelli alla moderazione ai dirigenti israeliani e palestinesi. Ma ascoltiamo il servizio di Graziano Motta.

 

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Colin Powell ha spronato israeliani e palestinesi, ma soprattutto questi ultimi, ad assumersi la responsabilità sia nello sradicare il terrorismo – ‘non accontentatevi di una tregua’, ha detto al primo ministro Abbas, incontrato a Gerico – sia nell’assumere il controllo della sicurezza nel Nord della Striscia di Gaza e a Betlemme, senza attendere che i gruppi armati proclamino un cessate-il-fuoco; e comunque, la road-map, il piano di pace – ha sottolineato Powell – deve proseguire. Egli ha chiesto a Israele di provare la sincerità del suo impegno “mettendo fine – cito – ad azioni provocatorie e trasformandosi da nemico a partner”, ovvero ritirandosi dai territori e liberando i prigionieri. Powell ha convenuto che Hamas è nemico della pace e vuole distruggere lo Stato ebraico; ha quindi lanciato pesanti avvertimenti alla Siria: in mancanza di un’azione decisa, la Siria non potrà sperare in migliori relazioni con gli Stati Uniti e ne farà le spese.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Una notizia che lascia ben sperare. Da lunedì, se non si registreranno nuovi casi di contagio da Sars, Hong Kong sarà esclusa dalla lista dei paesi infetti. Lo assicura l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

Dieci presunti membri della rete terroristica Jemaah Islamiah  legata ad Al Qaida, sospettati di aver organizzato attentati esplosivi contro delle chiese nel giorno di Natale 2000 sono stati arrestati dalla polizia indonesiana. Gli uomini erano sospettati di aver organizzato attentati esplosivi contro delle chiese nel giorno di Natale 2000.

 

Almeno 20 guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia sono stati uccisi in un attacco aereo governativo su uno dei campi di addestramento dell’organizzazione ribelle. La strage si è verificata nel sud-est del Paese nel dipartimento di Valle del Cauca.

 

Torna a colpire la guerriglia separatista cecena. Un camion-bomba è esploso ieri pomeriggio a Grozny, non lontano dalla sede dei reparti speciali della polizia. Oltre ai due kamikaze, alla guida del mezzo, sono morti anche 6 agenti. Una trentina i feriti.

 

 

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