RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 170 - Testo della
Trasmissione di giovedì 19 giugno 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Un nuovo attentato della
Jihad riaccende la violenza in Medio Oriente. Israele sgombera il primo
avamposto illegale
Guerriglia
nel Caucaso: bomba contro un autobus della polizia russa
I dissidenti iraniani si danno fuoco in varie
capitali europee, per protestare contro gli arresti di ieri a Parigi
L’Europa guarda al futuro: si apre stasera il
vertice di Salonicco.
19
giugno 2003
NELLA SOLENNITA’ DEL CORPUS DOMINI,
IL PAPA PRESIEDERA’ QUESTA SERA LA MESSA A SAN GIOVANNI IN LATERANO,
SEGUITA DALLA TRADIZIONALE PROCESSIONE FINO A SANTA MARIA MAGGIORE
- A cura di Alessandro De Carolis -
Con l’usuale e affollata
partecipazione dei romani e dei tanti pellegrini presenti in questi giorni a
Roma, si rinnoverà questa sera il tradizionale scenario legato alla festa del
Corpus Domini. Sarà Giovanni Paolo II a presiedere la Messa della solennità,
che avrà inizio questa sera alle 19, sul sagrato della Basilica di San Giovanni
in Laterano, e che sarà seguita dalla processione eucaristica conclusiva fino
alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Il celebrante della Messa, il cardinale
vicario Camillo Ruini, sarà affiancato dal vicegerente, dai vescovi ausiliari
di Roma e dai 25 sacerdoti della diocesi, ordinati dal Papa lo scorso 11 maggio.
La nostra emittente, lo ricordiamo, seguirà in radiocronaca diretta la celebrazione
a partire dalle 18.50, con commento in italiano, sulle frequenze dei 585 kHz in
onda media e sui 105 MHz in modulazione di frequenza.
Quella del Corpus Domini è una
tappa del calendario liturgico antica di 740 anni. Quest’anno, cade in
coincidenza con due importanti avvenimenti legati al mistero del Corpo di
Cristo eucaristico: la pubblicazione dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia
e l’inserimento, all'interno della preghiera del Santo Rosario, dei Misteri
della Luce, l'ultimo dei quali dedicato all'istituzione dell'Eucaristia stessa.
Due momenti che testimoniano il profondo legame spirituale che da sempre unisce
Giovanni Paolo II al mistero del corpo e del sangue di Cristo. Lo conferma il
cardinale Roberto Tucci, nell’intervista di Rosario Tronnolone:
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R. - Per il Papa, lo si comprende stando con lui quanto sia
importante l’Eucaristia. Nella mia precedente esperienza di organizzatore dei
viaggi apostolici, stando al seguito e abitando nella stessa residenza del
Santo Padre, notavo le sue prolungate soste in preghiera, in solitudine, nella
cappella della nunziatura o dovunque ci trovassimo come abitazione. E sempre, in qualunque chiesa vada, il Papa
non si ferma pochi minuti, come facciamo spesso noi, ma sosta a lungo in
preghiera. Giovanni Paolo II ha insistito molto nella sua enciclica Ecclesia
de Eucharistia, ma io sono andato a ricercare le radici di questo
suo legame anche negli scritti precedenti. Ad esempio, in “Dono e Mistero”,
libro pubblicato nel 1996 per il 50.mo di sacerdozio del Papa, che è una sorta
di breve autobiografia del Pontefice. In quel testo, rileggendo i brani che
riguardano il suo rapporto con l’Eucaristia, anzitutto mi ha sorpreso che il
Santo Padre citi padre Theillard de Chardin. Come in questo caso: “Anche per
offrire sull’altare della terra intera il lavoro e la sofferenza del mondo si
compie l’Eucaristia”. E poi, altra frase bella: “La celebrazione
dell’Eucaristia - e qui è il Papa che parla di se stesso - non può non essere
per lui (cioè il sacerdote) il momento più importante della giornata, centro
della sua vita (...) Per me, fin dai
primi anni di sacerdozio, la celebrazione dell’Eucaristia è stata non soltanto
il dovere più sacro, ma soprattutto il bisogno più profondo dell’anima”.
D. - In particolare, nell’enciclica Ecclesia de
Eucharistia il Santo Padre ha sottolineato l’aspetto sociale
dell’Eucaristia...
R. - Sì. Parlando della tensione escatologica insita
nell’Eucaristia, cioè la tensione verso i fini ultimi della storia umana, c’è
come conseguenza che essa dà “impulso al nostro cammino storico, ponendo un
seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri
compiti”. Continua il Papa poco dopo: “Desidero ribadirlo con forza all’inizio
del nuovo millennio, perché i cristiani si sentano più che mai impegnati a non
trascurare i doveri della loro cittadinanza terrena”. In questo documento,
Giovanni Paolo II ha insistito molto anche sull’adorazione eucaristica.
Nell’omelia che il Papa ha tenuto per
l’ordinazione di nuovi preti della diocesi di Roma, l’11 maggio scorso, c’è questa
frase: “Cibatevi dunque della parola di Dio. Intrattenetevi ogni giorno con
Cristo presente realmente nel sacramento dell’altare. Lasciatevi raggiungere
dall’amore infinito del suo cuore. Prolungate l’adorazione eucaristica nei momenti
importanti della vostra vita, in quelli delle decisioni personali e pastorali
difficili, all’inizio e al termine delle vostre giornate. Posso assicurarvi che
io ho fatto questa esperienza e ne ho
tratto forza, consolazione, sostegno”. Davvero, quindi, si può dire che il Papa
abbia dato all’Eucaristia un contributo enorme non solo dottrinale, ma anche
con il suo esempio.
**********
I
sette secoli di storia del Corpus Domini risalgono al prodigio avvenuto nella
Basilica di Santa Cristina a Bolsena, in un giorno imprecisato del 1263. Un
sacerdote boemo, Pietro da Praga, dopo un lungo e difficile pellegrinaggio, si
trova a pregare sulla tomba di Santa Cristina, nell’omonima Basilica della
cittadina a nord di Roma. Il sacerdote, che attraversa una profonda crisi
vocazionale, implora dalla Santa la grazia di una fede più forte, che gli
impedisca di cedere ai dubbi che lo tormentano da qualche tempo, in particolare
sulla reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Il miracolo avviene durante la
Messa celebrata da Pietro davanti a numerosi fedeli: al
momento della consacrazione, dopo aver pronunciato le parole rituali, l'ostia
che il sacerdote tiene sopra il calice si arrossa visibilmente e gocce di
sangue cadono bagnando il corporale e poi anche il pavimento, quando lo
sbigottito Pietro da Praga interrompe la Messa per trasportare in sacrestia le
specie eucaristiche.
Informato dello straordinario avvenimento, Papa Urbano IV
- in quel periodo ad Orvieto - riceve le reliquie e constata di persona il
miracolo. Nel 1264, istituisce la solennità del Corpus Domini con la bolla Transiturus
de hoc mundo e affida a Tommaso d'Aquino il compito di stendere officiatura
e messa per la nuova festività, fissandola nel giovedì dopo l'ottava di
Pentecoste. La festa viene successivamente confermata da Clemente V nel 1314.
Ancora oggi, tra Orvieto e Bolsena sono custodite in gran
parte delle reliquie del miracolo. Nella cattedrale della città umbra vi sono
l'ostia, il corporale e i purificatoi. A Bolsena, nel vestibolo della
Basilichetta Ipogea di Santa Cristina, si trova l'altare del prodigio, mentre
nella Cappella Nuova del Miracolo sono collocate quattro lastre di marmo
macchiate di sangue.
I DRAMMI E LE SPERANZE DELLA
BOSNIA CON LE SFIDE DELLA PACE DOPO LA TRAGEDIA DELLA GUERRA. DOMENICA L’ATTESA
VISITA DEL PAPA A BANJA LUKA
- Con noi mons. Franjo Komarica
e mons. Pero Sudar -
Domenica prossima, Giovanni
Paolo II si recherà per la seconda volta in Bosnia Erzegovina. E’ il 101.mo
viaggio apostolico fuori dell’Italia del Papa che proclamerà Beato il
venerabile Servo di Dio, Ivan Merz. Il servizio di Fausta Speranza:
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Una visita di un giorno che
concentra significativi momenti in una terra che soffre ancora per il difficile
equilibrio di tante diverse realtà. Al centro degli appuntamenti del Papa, la
Messa con la cerimonia di beatificazione di Ivan Merz. Poi, l’incontro con i
vescovi della Bosnia Erzegovina e con i cardinali e vescovi del seguito
papale nel vescovado di Banja Luka.
Proprio il vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza episcopale della
Bosnia Erzegovina, mons. Franjo Komarica, in un’intervista al nostro Programma
Tedesco, sottolinea l’intensità con cui viene attesa la visita.
R. -
Qui non solo i cattolici, ma anche tanti non cattolici aspettano con ansia la
venuta del Papa: e questo mi dà tanta gioia. Tutti aspettano con speranza un risultato
speciale da questo viaggio, qualcosa di buono e costruttivo. A otto anni dagli
accordi di pace di Dayton infatti tante promesse non sono state mantenute e c’è
un clima di stanchezza tra la gente. Per esempio il problema dei profughi non è
stato risolto: in particolare la situazione dei cattolici è precaria. Dei 220
mila cattolici che hanno dovuto lasciare le loro case a Banja Luka solo poco
più di 10 mila sono tornati. Ora ci si aspetta da questa visita del Papa un
passo avanti, un riavvicinamento tra le varie etnie, tra la gente e questo crea
una inaspettata e piacevole atmosfera: questa è già una grande vittoria. Per
noi il Papa è già qui. E sono sicuro che dopo questa visita in questa parte
della Bosnia non tutto sarà più come prima. Qualcosa cambierà in positivo.
Perché noi facciamo parte tutti di una stessa famiglia e dobbiamo prenderci
carico gli uni degli altri e trovare le vie per rendere possibile a tutti i
bosniaci di vivere una vita degna dell’uomo.
Dal Papa si recheranno in visita di
cortesia, autorità locali e il consiglio interreligioso della Bosnia
Erzegovina. Rappresentanti di una situazione politica, religiosa e sociale complessa
e ancora sofferta. Per loro l’arrivo di Giovanni Paolo II sarà fonte di
sostegno, ribadisce mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, al
microfono di Fabio Colagrande:
R. -
Abbiamo avuto il sostegno del Papa e lo abbiamo sentito in questi ultimi anni
di prova, sia durante la guerra, sia dopo la guerra. Ma data la situazione, abbastanza
difficile, perché queste circostanze sono vissute e sentite così dalle
minoranze – e i cattolici sono la minoranza – prima di tutto ci sostiene nella
decisione di rimanere da queste parti. Quelli che sono stati cacciati via non
hanno intenzione di tornare e quelli che sono rimasti hanno la grande tentazione
di andare via. Qui la situazione è difficile: non c’è lavoro. Il Paese diviso
com’è, alle volte, nelle sue strutture, lascia l’impressione che ci sia posto
per due popoli e il terzo debba arrangiarsi. Penso quindi che la figura simbolica
del Papa, che viene in visita a Banja Luka, malato, anziano, che non si arrende,
sia un messaggio molto molto forte.
D. – A otto anni dalla fine della guerra quali sono i
rapporti tra la Bosnia Erzegovina e la comunità internazionale? In qualche modo
si sente abbandonata?
R. – Noi non siamo abbandonati dalla comunità
internazionale. Al contrario, la comunità internazionale tramite i suoi
rappresentanti, come anche attraverso il Consiglio per l’incrementazione della
pace, sono molto presenti. Anzi, tutto il potere in Bosnia Erzegovina, è nelle
loro mani. Qualche volta non si impegnano a conoscere bene la situazione e a
dare le soluzioni che porterebbero questo Paese avanti. Purtroppo otto anni
dopo la guerra il Paese non si è mosso. Anzi, le tensioni sembrano a volte più
pericolose, più difficili, che non
subito dopo la guerra.
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19
giugno 2003
LE ATTUALI INADEGUATEZZE DEGLI ORGANISMI
INTERNAZIONALI
NON
DEBBONO INDURRE A RIDIMENSIONARNE L’IMPORTANZA MA A RENDERLI MEGLIO RISPONDENTI
ALLE LORO FINALITA’. E’ LA CONVINZIONE DELL’ARCIVESCOVO RENATO MARTINO ESPRESSA
AL CONVEGNO NAZIONALE DELLE CARITAS DIOCESANE
CHE SI
E’ CONCLUSO OGGI AD OROSEI, IN SARDEGNA
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Con una relazione sul ruolo
degli organismi internazionali nella promozione della giustizia e della pace, l’arcivescovo
Renato Martino è intervenuto oggi ad Orosei, in Sardegna, nella giornata
conclusiva del 29.mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Nel terzo ed
ultimo giorno di lavoro sono stati affrontati, per i 531 rappresentanti delle
Caritas diocesane italiane provenienti da 169 diocesi, i temi della pace, della
riconciliazione e i modelli di sviluppo in un’ottica globale.
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Riferendosi agli attuali
limiti delle istituzioni internazionali, il presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, che è stato per 16 anni Osservatore permanente della Santa
Sede al Palazzo di vetro di New York, ha rimarcato come proprio le inadeguatezze
di questi organismi debbano spingere a rafforzarne le strutture e migliorarne
le strategie. “Questo vuol dire – ha affermato mons. Martino – che è necessario
adoperare con maggiore convinzione il principio di sussidiarietà per una reale governance
globale”.
L’arcivescovo ha quindi messo
in risalto l’esigenza di valorizzare il multilateralismo e di sviluppare una
maggiore efficacia pedagogica delle istituzioni internazionali e delle Nazioni
Unite. Il presidente di Giustizia e Pace ha anche sottolineato come il costante
riferimento del Papa all’Onu prima, durante e dopo la guerra in Iraq, “sia un
invito a rinvigorire un percorso di consolidamento delle relazioni
internazionali che la guerra nel Golfo Persico ha compromesso”.
Evidenziando come l’autorità
universale, di cui oggi si sente sempre più bisogno, debba essere pazientemente
promossa sul fondamento dell’unità della famiglia umana, l’arcivescovo ha
affermato che “è il momento di mettere mano tutti insieme ad una sorta di
ingegneria costituzionale dell’umanità approfondendo il processo, già in atto,
di costruzione partecipata di livelli
trasparenti e articolati di autorità”. “Se si vuole che la pace non sia solo
conseguenza di una violenza impositiva e di lunghe estenuanti trattative – ha
concluso il presule - occorre che sia fatta sgorgare da valori effettivamente
condivisi e vissuti”.
Il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza,
ha indicato infine le linee guida su cui questo importante organismo ecclesiale
è chiamato a muoversi. L’invito a frequentare la politica per governare i
cambiamenti, l’impegno a costruire la relazione con l’altro, uscendo dalla
cosiddetta sindrome dello spettatore che ci rende tutti indifferenti, ed una
presenza incarnata nei luoghi del quotidiano sono le prospettive di lavoro
pastorale a cui sono chiamate le 25.000 parrocchie italiane, centri di coesione
sociale, visibilità e presenza della Chiesa. Con la determinazione ad
affrontare queste sfide, si è concluso il 29° Convegno nazionale che ha
tracciato un nuovo cammino per la Caritas, chiamata a far sperare
nell’orizzonte, pur difficile, del quotidiano.
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IL
PENSIERO DEL PAPA SULL’ANNUNCIO DEL VANGELO
NELL’ASIA
DELLE GRANDI RELIGIONI
PRESENTATO
A TOKYO PER IL 25° DI PONTIFICATO
-
Servizio di Chiaretta Zucconi -
Due importanti conferenze si
sono tenute ieri a Tokyo, presso l’Istituto italiano di cultura. La prima, su
“Giovanni Paolo II e le religioni: da Assisi alla Dominus Iesus”; la seconda,
dal titolo: “L’evangelizzazione dell’Asia nel pensiero di Giovanni Paolo II”.
Erano presenti il nunzio apostolico, l’arcivescovo Ambrose de Paoli, e
l’ambasciatore italiano in Giappone, Mario Bova. Le ha seguite per noi
Chiaretta Zucconi:
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Promosse dall’onorevole Mario Baccini,
sottosegretario agli Affari Esteri e presidente della Commissione nazionale per
la promozione della cultura italiana all’estero, le conferenze rientrano
nell’iniziativa “La mia seconda Patria” per il 25esimo anniversario del
pontificato di Giovanni Paolo II. Come ha sottolineato nel suo intervento il
nunzio apostolico, “l’evangelizzazione ed il dialogo interre-ligioso sono
argomenti di grande interesse, al centro dei quali è la figura del Santo Padre,
persona di profonda fede ed umanità”.
Le conferenze, tenute dal
giornalista Sandro Magister de L’Espresso e da don Antonello Iapicca –
vicepresidente dell’Associazione Alessandro Valignano, per la cooperazione
culturale e missionaria tra Italia e Giappone – hanno toccato gli importanti
temi del relativismo religioso e dell’evangelizzazione nel terzo millennio, il
Millennio dell’evangelizzazione del continente asiatico. “Ci sono eventi che il
Pontefice ha voluto, e lui solo”, ha detto Magister: “il primo lo compì in
Assisi il 27 ottobre 1986, quando chiamò intorno a sé rappresentanti delle più
varie religioni del mondo e chiese loro
di pregare per la pace”.
Particolarmente toccante la
testimonianza di Don Antonello Iapicca. Da 13 anni missionario in Giappone
nella diocesi di Takamatsu, il giovane sacerdote italiano ha approfondito il
significato dell’essere missionario oggi in Giappone, un “Paese estremamente secolarizzato e dalle grandi
contraddizioni dove è impor-tante sapere che Dio esiste e che ci ama come siamo”.
Per Iapicca, le “parole del Papa
sull’urgenza dell’annuncio di Cristo attra-verso una nuova evangelizzazione
sono attualissime anche in relazione alla particolare situazione dell’Asia,
della sua storia, della sua cultura e delle sue religioni, che impongono una
rinovata forza nell’impegno della specifica missione “Ad gentes”, come viene
ricordato nella “Redemptoris Missio”.
In
questo contesto, l’Asia assume una importanza fondamentale che Giovanni Paolo
II non ha mai smesso di sottolineare, come ad esempio nella esortazione
post-sinodale “Ecclesia in Asia”: “L’Asia – vi si legge – è il più vasto continente
della Terra, abitato da circa i due
terzi della popolazione mondiale, ed anche la culla delle maggiori religioni
del mondo e di molte altre tradizioni spirituali”. Il Pontefice ha più volte
ribadito l’importanza da prestare alle carat-teristiche peculiari di ogni
popolo, in una sorta di “incarnazione nelle culture”, ma anche la necessità
irrinunciabile di riconoscere in Cristo l’unica via di salvezza ed il porto
sicuro.
Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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19
giugno 2003
LA PACE SARÁ IL CUORE DELLA PROSSIMA GIORNATA
MONDIALE
DELLA
GIOVENTÚ ASIATICA CHE SI TERRÁ A BANGALORE, IN INDIA,
DAL 9 AL 16 AGOSTO. ALLA RIFLESSIONE DEI GIOVANI
CATTOLICI SI UNIRANNO
I LORO COETANEI DELLE DIVERSE RELIGIONI PRESENTI
NEL CONTINENTE
BANGALORE.
= I giovani dell’Asia per la Pace. Dal 9 al 16 Agosto a Bangalore, capitale del
Karnataka, nell’India meridionale, oltre mille delegati delle diocesi dei
diversi Paesi asiatici si riuniranno per la Giornata mondiale della gioventù
dell’Asia. I partecipanti saranno invitati a riflettere sul loro contributo
alla costruzione della pace in un momento storico decisamente travagliato e
caratterizzato dalla minaccia nucleare oltre che dalla paura innescata dal
terrorismo internazionale. Notevole la novità di questa GMG asiatica: si
uniranno alle giornate di preghiera e di riflessione dei giovani cattolici
anche i loro coetanei buddisti, induisti, musulmani e seguaci di culti
tradizionali. I diversi gruppi di lavoro approfondiranno i quattro ‘pilastri
della pace’ indicati nella ‘Pacem in Terris’: verità, giustizia, amore e
libertà. Largo spazio sarà dato poi anche ai temi di attualità che investono la
realtà giovanile: globalizzazione, Aids, droga e alcool, sfruttamento delle
risorse ambientali, disoccupazione e fondamentalismo. Ma il centro delle
giornate di Bangalore sarà la Veglia della Pace del 14 agosto che vedrà
coinvolti circa un milione di studenti, invitati per quel giorno ad accendere
una candela nelle scuole di tutto il Paese. I ragazzi sventolaranno infine uno
striscione dedicato alla pace lungo 2.500 metri. (P.O.)
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E SVILUPPO PER I PAESI
POVERI:
SONO I
TEMI DI CUI TRA OGGI E DOMANI SI OCCUPA A WASHINGTON E MILANO,
LA
CONFERENZA MONDIALE SULL’INFOPOVERTÁ
WASHINGTON. = Si apre oggi a Washington, per
concludersi domani a Milano, la terza
Conferenza mondiale sull’Infopovertà, promossa dall’Osservatorio per la
comunicazione culturale e audiovisiva (Occam), con la collaborazione
dell’Unesco, della Banca interamericana di sviluppo e del Parlamento europeo.
L’iniziativa, dedicata al tema “L’infopovertà: nuovi strumenti e nuove pratiche
al servizio dello sviluppo”, intende verificare se e come le diverse soluzioni
già applicate con alcuni progetti-pilota nel campo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione possano rivitalizzare le economie
nazionali e migliorare le condizioni sociali e culturali dei popoli più
svantaggiati. Nella conferenza di Washington è prevista la discussione sulla
sostenibilità del programma “villaggi digitali”, uno dei punti del piano di
azione tracciato in vista del prossimo Vertice sulla società dell’informazione
che si inaugurerà a Ginevra il prossimo 10 dicembre. A Milano l’analisi
toccherà invece la situazione italiana ed europea, con l’obiettivo di dare
nuovo slancio all’innovazione tecnologica, individuando strategie atte a fronteggiare
la concorrenza mondiale nel settore. Sono anche previste, nell’ambito della
sessione, una teleconferenza con Washington ed una tavola rotonda conclusiva
alla quale parteciperanno alcuni esponenti del governo italiano, dell’Unione
europea, dell’Europarlamento, nonché di agenzie dell’ONU. Per avere maggiori informazioni
sull’evento è possibile consultare il sito www.infopoverty.net
(M.D.)
“VIOLENZA MEDIATA. IL RUOLO
DELL’INFORMAZIONE NEL G8 DI GENOVA”.
PRESENTATA IERI A ROMA LA RICERCA
REALIZZATA DALL’OSSERVATORIO
DI COMUNICAZIONE POLITICA DE “LA SAPIENZA”
SUL RUOLO DEI MEDIA NELL’EVENTO DI
GENOVA
- A cura di Sabrina Bergamini -
ROMA. = A pochi giorni dal secondo anniversario, un nuovo
studio punta i riflettori su quanto accaduto nel corso del G8 di Genova e sul
ruolo svolto dai media in quei giorni di crisi. “Violenza mediata. Il ruolo dell’informazione nel G8 di Genova”
(Editori Riuniti): questo il titolo della ricerca, presentata ieri pomeriggio a
Roma, è stata realizzata dall’Osservatorio di Comunicazione Politica (Ocp)
dell’Università la Sapienza di Roma, che sotto la direzione e il coordinamento
del professor Stefano Cristante ha sistematizzato e analizzato tutto il
materiale mediatico prodotto sull’evento. Giornali e riviste, televisione,
fotografie, analisi della rete e di mailing
list: un’indagine accurata sul ruolo dell’informazione nell’evento-Genova,
che ricostruisce passo per passo le incomprensioni e le forzature della stampa,
il flusso dirompente delle immagini televisive, il ruolo innovativo svolto
dalle nuove tecnologie e dai media indipendenti all’interno del movimento. Il
saggio è stato presentato al pubblico, presso la libreria Mondadori di Via
Piave, in un dibattito cui hanno partecipato Stefano Cristante, Maurizio
Torrealta (di Rainews 24), il presidente nazionale dell’Arci Tom Benetollo e il
segretario dei Radicali Italiani, Daniele Capezzone. Nella tavola rotonda è
stata sottolineata la persistenza di quanto successo a Genova nell’immaginario
collettivo, quale chiave d’attualità della ricerca, e l’interesse di un’analisi
che affronta le strategie comunicative adottate, fra l’altro, dallo stesso
movimento. Un dibattito ampio, che ha toccato i temi della democrazia e della
partecipazione, nonché il nodo dell’informazione e dei suoi rischi nelle crisi,
da Genova all’11 settembre, fino alla recente guerra in Iraq.
MUSICISTI PROFESSIONISTI A SERVIZIO DI
CHI SOFFRE. L’ASSOCIAZIONE
“PORTARE LA MUSICA” DI TORINO REGALA AI MALATI, AGLI EMARGINATI E
AI DISABILI ORE DI SERENITÁ ATTRAVERSO
L’ESECUZIONE
DI MELODIE DI ALTA QUALITÁ
TORINO. = “Portare
la musica” tra categorie svantaggiate di persone, malati, disabii, detenuti,
malati psichici, che altrimenti non vi avrebbero accesso. Questo il nobile intento dell’associazione
“portare la musica”, nata a Torino dall’idea di un gruppo di giovani musicisti
di alto livello professionale. La musica classica diventa per l’associazione
uno strumento di solidarietà, una forma di comunicazione con il mondo degli
esclusi, che – come spiega la pianista Chiara Bertoglio, coordinatrice del
progetto- “hanno ricevuto meno dalla vita e hanno quindi diritto al meglio”.
Sono già 25 i concertisti che in Italia hanno aderito all’iniziativa che ora
cerca di realizzarsi concretamente attraverso la collaborazione con
istituzioni, enti locali e pubbliche amministrazioni. «Non si tratta di musicoterapia, che
richiede un rapporto continuativo con il paziente – continua Chiara Bertoglio
-, ma di concerti veri e propri, ovviamente introdotti e adattati a questi
pubblici" particolari, con lo scopo di regalare loro momenti di serenità e
di arricchimento spirituale». Ma come vengono scelti i musicisti? Le selezioni
avvengono con estremo scrupolo e sono aperte esclusivamente a musicisti
diplomati che se idonei vanno ad aggiungersi ai membri attuali: tra questi si
annoverano già un direttore d’orchestra e coro, solisti di pianoforte,
contrabbasso, clavicembalo, organo, violino e altri strumenti ancora. Ma oltre
al talento è richiesta tanta "simpatia", intesa come capacità di
comunicare anche verbalmente con le persone e partecipare e farsi carico della
loro situazione. Chiunque fosse interessate a mettere i propri talenti al
servizio del prossimo può usufruire di un sito internet: www.geocities.com/portare_la_musica.
(P.O.)
QUATTRO MEDICI DEL NEPAL SI STABILIRANNO NELLE
ISOLE MARSHALL
PER
CURARE GLI ABITANTI DALLE RADIAZIONI DEGLI ESPERIMENTI ATOMICI
STATUNITENSI.
L’AGENZIA CHE LI HA ASSUNTI ASSICURA:
”SONO
PREPARATI E CON UN GRANDE SPIRITO DI ADATTAMENTO”
ISOLE MARSHALL. = Quattro medici
provenienti dal Nepal hanno accettato di trasferirsi stabilmente in altrettanti
atolli delle isole Marshall, per portare assistenza agli abitanti che ancora
soffrono delle conseguenze dei test nucleari condotti nell’arcipelago dagli
Stati Uniti fra il 1946 ed il 1962. Si tratta, fra l’altro, dei primi dottori
che opereranno in maniera continuativa nei quattro isolotti. Gli specialisti
sono stati assunti dalla “Trinity Health International” (Thi), un’agenzia statunitense
che fornisce servizi e personale sanitario, incaricata dal governo di Majuro,
capitale dell’arcipelago, di contribuire a predisporre un piano nazionale medico per affrontare gli
effetti delle radiazioni sulla popolazione. Intervistata dalla radio
australiana sul perché la scelta della Thi sia caduta proprio sui dottori
nepalesi, la portavoce dell’agenzia ha sottolineato la preparazione, la
capacità di adattamento, l’indipendenza e l’abitudine a lavorare in condizioni
estreme degli specialisti selezionati. Le isole Marshall sono un territorio
autonomo con la caratteristica di “libera associazione” con gli Stati Uniti
d’America, dai cui aiuti economici dipende l’80% delle entrate nazionali, pari
a circa 37 milioni di dollari l’anno. Attualmente sono in atto negoziazioni
finalizzate ad un rinnovamento per altri vent’anni dell’accordo con Washington,
siglato nel 1982 e scaduto due anni fa. L’arcipelago è una repubblica
indipendente, facente parte dell’Onu, pur avendo demandato agli Usa la politica
di difesa. Interrotti infatti gli esperimenti nucleari negli anni Sessanta, le
forze militari statunitensi continuano ora ad utilizzare gli atolli per provare
missili balistici. Si stima che ancora oggi 15 mila dei 51 mila abitanti delle
Marshall, che fu uno dei luoghi strategici nella zona del Pacifico durante il
secondo conflitto mondiale, soffrano di malattie collegate all’esposizione
radioattiva. (M.D.)
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19
giugno 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Mentre proseguono gli sforzi diplomatici per una soluzione
della crisi mediorientale – e si intensifica il programma del segretario di
Stato americano, Powell, che domani dovrebbe incontrare i due premier, Sharon
ed Abbas – dal terreno continuano a giungere notizie di violenze. Un
palestinese – che voleva probabilmente colpire soldati israeliani – si è fatto
esplodere oggi in un villaggio ebraico fra la Cisgiordania settentrionale e la
città di Beit Shean, in Galilea. Il gesto è stato rivendicato dalla Jihad
islamica. Sentiamo Graziano Motta:
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Forse la cintura esplosiva è stata attivata
dall’attentatore suicida anzitempo, e questo spiega che sia rimasto ucciso con
lui soltanto il gestore dell’emporio, risparmiando invece gli avventori. Lo
stato d’allarme vige in tutta l’alta valle del Giordano, di cui Beit Shean è
capoluogo, mentre resta sotto coprifuoco la città palestinese di Qalqiliya,
dove soldati ed agenti israeliani cercano gli autori dell’agguato dell’altra
notte all’automobile che tornava sulla transisraeliana da Gerusalemme, con a
bordo dei ragazzi ed il loro nonno. A Gaza, intanto, il primo ministro
palestinese Abbas, dopo il secondo incontro ieri sera con i capi delle
organizzazioni fondamentaliste radicali impegnate nella lotta ad Israele, è
riuscito a ottenere che proclamino una tregua. Forse avrà una risposta in
giornata anche all’altra sua proposta di una partecipazione ad un governo di
unità nazionale.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Nonostante i motivi di preoccupazione – confermati anche
da un’incursione israeliana a Tubas, in Cisgiordania – non mancano comunque le
speranze di pace. Questa mattina l’esercito dello Stato ebraico ha sgomberato
il primo dei 100 avamposti illegali che il premier Sharon si era impegnato a
smantellare. La Corte suprema ha infatti respinto il ricorso dei coloni di
Mitzpe Yitzhar, nel nord della Cisgiordania. Inoltre, la radio israeliana ha
riferito di un sondaggio, secondo cui il 56 per cento della popolazione è
favorevole ad una tregua con i palestinesi.
La guerriglia in atto nel Caucaso continua a mietere
vittime. È di poche ore fa la notizia di una bomba esplosa al passaggio di un
autobus della polizia russa, in una zona a ridosso della Cecenia. Ce ne parla
Giuseppe D’Amato:
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L’esplosione è avvenuta alle ore 11 locali in una zona
montuosa al confine tra Inguscezia ed Ossezia del Nord. Gli inquirenti
ritengono che il veicolo possa essere saltato in aria su una mina
radiocomandata, della potenza di circa un chilo di tritolo. Tre dei 10 poliziotti
che si trovavano sul mezzo sono subito morti. Gli altri sono ricoverati in
gravissime condizioni. Le indagini non tralasciano alcuna pista, anche se si
privilegia quella del terrorismo ceceno, che, negli ultimi mesi, sta colpendo i
federali anche al di fuori dei confini della Repubblica. Per questo motivo si
stanno approntando ovunque, in Russia, maggiori misure di sicurezza intorno a
possibili obiettivi. Nell’ex repubblica ribelle gli scontri, seppur sporadici,
continuano. Secondo una notizia di fonte russa, 5 guerriglieri separatisti
sarebbero stati uccisi in combattimento nei giorni scorsi.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Un iracheno è
stato ucciso ed altri 12 sono rimasti feriti in un nuovo attacco antiamericano,
avvenuto questa notte contro la base di Samarra. Vittime anche nella giornata
di ieri: un militare statunitense e due ex soldati del deposto regime. Nei
pressi di Tikrit, intanto, è stato catturato Habid Amid Mahmud al-Tikriti,
cugino di Saddam e suo segretario particolare, al quarto posto nella lista dei
ricercati. La pacificazione del Paese, dunque, è ancora lontana, ma ciò non
impedirà il riavvio delle esportazioni di petrolio, previsto per domenica.
Ma la crisi
irachena ha avuto conseguenze anche in Finlandia. È stata costretta alle
dimissioni il premier, la signora Jaatteenmaki, accusata di aver mentito sulla
provenienza di documenti incriminati, con cui aveva voluto dimostrare che
Lipponen – allora capo del governo – aveva garantito alla Casa Bianca
l’appoggio di Helsinki in caso di attacco a Baghdad.
Non si placano
le tensioni sociali in Iran. Ieri la città di Teheran è stata teatro di una
nuova massiccia protesta popolare contro il regime degli ayatollah. Intanto, in
Francia, l’opposizione favorevole ai mujaheddin è stata colpita dalle autorità
di Parigi: 165 gli arresti di sospetti terroristi. Tre donne si sono date fuoco
in segno di protesta. Episodi analoghi a Londra, a Berna ed anche a Roma, davanti
all’ambasciata francese. Ci riferisce, da piazza Farnese, Stefano Leszczynski:
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I due
iraniani che si sono dati fuoco si chiamano Alì Ghasemi, un esule iraniano in
Scandinavia, e Mahdi Motashiem, un esule rifugiato in Italia. Quest’ultimo è
forse il più grave, con ustioni di terzo e quarto grado su tutta la superficie
del corpo. Mi sono passati a poche decine di metri. Erano due torce umane che
correvano in mezzo alle grida dei manifestanti, finché non sono stati fermati.
Erano anche presenti diversi giovanissimi, figli di esuli iraniani, i quali
sono rimasti scioccati da questo episodio. Per voce del suo presidente, Massoud
Rashavi, il Consiglio nazionale della resistenza iraniana aveva scoraggiato
gesti di questo tipo, definendoli frutto di un’eccessiva esagitazione,
assolutamente da non commettere. Infatti, si sperava e si era quasi sicuri che
qui a Roma non sarebbe accaduto, in quanto anche gli organizzatori della
manifestazione controllavano a vista i partecipanti, attenti a che non succedesse
nulla. Invece, tutti sono stati colti alla sprovvista.
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Si susseguono
senza sosta le notizie provenienti dall’Uganda, dove 4 dei 15 bambini rapiti
ieri in un orfanotrofio dai ribelli sono riusciti a scappare ai guerriglieri ed
a mettersi in salvo. Si è verificato invece un nuovo agguato – con un bilancio
di 2 morti e 4 feriti – nella zona settentrionale di Soroti, dopo quello di
ieri mattina ad un missionario polacco.
È scontro in Italia tra maggioranza e opposizione. Con 302
voti a favore, 17 contrari e 13 astenuti, la Camera ha dato il via libera
definitivo al cosiddetto lodo Maccanico, la legge che riforma l’immunità delle
cinque maggiori cariche dello Stato. Il contrastato provvedimento è stato
votato dalla Casa delle Libertà compatta, mentre l’opposizione ha lasciato
l’aula al momento del voto. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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La legge
prevede il blocco dei processi nei confronti delle cinque più alte cariche
dello Stato per tutto il loro mandato: si tratta del presidente della
Repubblica, dei presidenti di Camera e Senato, del presidente della Corte
costituzionale e del presidente del Consiglio. Il primo effetto della legge, se
Ciampi la promulgherà, sarà la sospensione del processo Sme nel quale è
imputato, tra gli altri, il premier Berlusconi. Proprio questo aspetto ha scatenato
l’ira di gran parte dell’opposizione che giudica quella approvata una legge ‘ad
personam’. E c’è chi pensa al referendum abrogativo. Il centrodestra respinge
l’accusa e sottolinea come piuttosto il provvedimento impedisca processo e
sentenza nei confronti di un premier che nei prossimi sei mesi sarà presidente
di turno dell’Unione Europea.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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L’Unione
europea traccia le basi per il proprio futuro. Nella
località greca di Porto Carras – ad un centinaio di chilometri da Salonicco –
si apre infatti stasera un vertice interamente dedicato a Costituzione
dell’Unione, immigrazione e Balcani. Attenzione tutta puntata sulla giornata di
domani, quando il presidente della Convenzione, Valéry Giscard d’Estaing,
presenterà la bozza di Costituzione, approvata la settimana scorsa a Bruxelles.
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