RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 170 - Testo della Trasmissione di giovedì 19 giugno 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Per la solennità del Corpus Domini, il Papa presiede stasera la Messa a San Giovanni in Laterano e la tradizionale processione eucaristica fino a Santa Maria Maggiore. Il profondo rapporto del Santo Padre con l’Eucaristia, in una riflessione del cardinale Roberto Tucci

 

 I drammi e le speranze della Bosnia Erzegovina che attende il Papa domenica in visita pastorale. Con noi, i vescovi Franjo Komarica e Pero Sudar.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo insostituibile degli organismi internazionali per la giustizia e la pace, illustrato dall’arcivescovo Renato Martino al Convegno italiano delle Caritas diocesane in Sardegna

 

 In due conferenze a Tokyo, il pensiero del Pontefice sull’annuncio del Vangelo nell’Asia delle grandi religioni.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Una Giornata della Gioventù Asiatica a Bangalore in agosto, con una grande veglia per la pace. Insieme cattolici, musulmani e seguaci di altre religioni

 

 Innovazione tecnologica e sviluppo per i Paesi poveri, nella terza Conferenza mondiale sull’Infopovertà.

 

“Il ruolo dell’informazione nel G8 di Genova” presentato ieri a Roma un libro sul rapporto tra la stampa e le controverse manifestazioni no-global del 2001

 

Musicisti professionisti a servizio di chi soffre: è quanto si propone di fare l’associazione torinese “Portare la musica”

 

Quattro medici nepalesi nel Pacifico: cureranno gli abitanti delle Marshall dalle radiazioni degli esperimenti nucleari.

 

24 ORE NEL MONDO’:

 Un nuovo attentato della Jihad riaccende la violenza in Medio Oriente. Israele sgombera il primo avamposto illegale

 

 Guerriglia nel Caucaso: bomba contro un autobus della polizia russa

 

I dissidenti iraniani si danno fuoco in varie capitali europee, per protestare contro gli arresti di ieri a Parigi

 

L’Europa guarda al futuro: si apre stasera il vertice di Salonicco.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 giugno 2003

 

 

 

 

NELLA SOLENNITA’ DEL CORPUS DOMINI,

IL PAPA PRESIEDERA’ QUESTA SERA LA MESSA A SAN GIOVANNI IN LATERANO,

SEGUITA DALLA TRADIZIONALE PROCESSIONE FINO A SANTA MARIA MAGGIORE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Con l’usuale e affollata partecipazione dei romani e dei tanti pellegrini presenti in questi giorni a Roma, si rinnoverà questa sera il tradizionale scenario legato alla festa del Corpus Domini. Sarà Giovanni Paolo II a presiedere la Messa della solennità, che avrà inizio questa sera alle 19, sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, e che sarà seguita dalla processione eucaristica conclusiva fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Il celebrante della Messa, il cardinale vicario Camillo Ruini, sarà affiancato dal vicegerente, dai vescovi ausiliari di Roma e dai 25 sacerdoti della diocesi, ordinati dal Papa lo scorso 11 maggio. La nostra emittente, lo ricordiamo, seguirà in radiocronaca diretta la celebrazione a partire dalle 18.50, con commento in italiano, sulle frequenze dei 585 kHz in onda media e sui 105 MHz in modulazione di frequenza.

 

Quella del Corpus Domini è una tappa del calendario liturgico antica di 740 anni. Quest’anno, cade in coincidenza con due importanti avvenimenti legati al mistero del Corpo di Cristo eucaristico: la pubblicazione dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia e l’inserimento, all'interno della preghiera del Santo Rosario, dei Misteri della Luce, l'ultimo dei quali dedicato all'istituzione dell'Eucaristia stessa. Due momenti che testimoniano il profondo legame spirituale che da sempre unisce Giovanni Paolo II al mistero del corpo e del sangue di Cristo. Lo conferma il cardinale Roberto Tucci, nell’intervista di Rosario Tronnolone:

 

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R. - Per il Papa, lo si comprende stando con lui quanto sia importante l’Eucaristia. Nella mia precedente esperienza di organizzatore dei viaggi apostolici, stando al seguito e abitando nella stessa residenza del Santo Padre, notavo le sue prolungate soste in preghiera, in solitudine, nella cappella della nunziatura o dovunque ci trovassimo come abitazione.  E sempre, in qualunque chiesa vada, il Papa non si ferma pochi minuti, come facciamo spesso noi, ma sosta a lungo in preghiera. Giovanni Paolo II ha insistito molto nella sua enciclica Ecclesia de Eucharistia, ma io sono andato a ricercare le radici di questo suo legame anche negli scritti precedenti. Ad esempio, in “Dono e Mistero”, libro pubblicato nel 1996 per il 50.mo di sacerdozio del Papa, che è una sorta di breve autobiografia del Pontefice. In quel testo, rileggendo i brani che riguardano il suo rapporto con l’Eucaristia, anzitutto mi ha sorpreso che il Santo Padre citi padre Theillard de Chardin. Come in questo caso: “Anche per offrire sull’altare della terra intera il lavoro e la sofferenza del mondo si compie l’Eucaristia”. E poi, altra frase bella: “La celebrazione dell’Eucaristia - e qui è il Papa che parla di se stesso - non può non essere per lui (cioè il sacerdote) il momento più importante della giornata, centro della  sua vita (...) Per me, fin dai primi anni di sacerdozio, la celebrazione dell’Eucaristia è stata non soltanto il dovere più sacro, ma soprattutto il bisogno più profondo dell’anima”.

 

D. - In particolare, nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia il Santo Padre ha sottolineato l’aspetto sociale dell’Eucaristia...

 

R. - Sì. Parlando della tensione escatologica insita nell’Eucaristia, cioè la tensione verso i fini ultimi della storia umana, c’è come conseguenza che essa dà “impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti”. Continua il Papa poco dopo: “Desidero ribadirlo con forza all’inizio del nuovo millennio, perché i cristiani si sentano più che mai impegnati a non trascurare i doveri della loro cittadinanza terrena”. In questo documento, Giovanni Paolo II ha insistito molto anche sull’adorazione eucaristica. Nell’omelia che il Papa  ha tenuto per l’ordinazione di nuovi preti della diocesi di Roma, l’11 maggio scorso, c’è questa frase: “Cibatevi dunque della parola di Dio. Intrattenetevi ogni giorno con Cristo presente realmente nel sacramento dell’altare. Lasciatevi raggiungere dall’amore infinito del suo cuore. Prolungate l’adorazione eucaristica nei momenti importanti della vostra vita, in quelli delle decisioni personali e pastorali difficili, all’inizio e al termine delle vostre giornate. Posso assicurarvi che io ho fatto questa esperienza e  ne ho tratto forza, consolazione, sostegno”. Davvero, quindi, si può dire che il Papa abbia dato all’Eucaristia un contributo enorme non solo dottrinale, ma anche con il suo esempio.

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I sette secoli di storia del Corpus Domini risalgono al prodigio avvenuto nella Basilica di Santa Cristina a Bolsena, in un giorno imprecisato del 1263. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, dopo un lungo e difficile pellegrinaggio, si trova a pregare sulla tomba di Santa Cristina, nell’omonima Basilica della cittadina a nord di Roma. Il sacerdote, che attraversa una profonda crisi vocazionale, implora dalla Santa la grazia di una fede più forte, che gli impedisca di cedere ai dubbi che lo tormentano da qualche tempo, in particolare sulla reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Il miracolo avviene durante la Messa celebrata da Pietro davanti a numerosi fedeli: al momento della consacrazione, dopo aver pronunciato le parole rituali, l'ostia che il sacerdote tiene sopra il calice si arrossa visibilmente e gocce di sangue cadono bagnando il corporale e poi anche il pavimento, quando lo sbigottito Pietro da Praga interrompe la Messa per trasportare in sacrestia le specie eucaristiche.

 

Informato dello straordinario avvenimento, Papa Urbano IV - in quel periodo ad Orvieto - riceve le reliquie e constata di persona il miracolo. Nel 1264, istituisce la solennità del Corpus Domini con la bolla Transiturus de hoc mundo e affida a Tommaso d'Aquino il compito di stendere officiatura e messa per la nuova festività, fissandola nel giovedì dopo l'ottava di Pentecoste. La festa viene successivamente confermata da Clemente V nel 1314.

 

Ancora oggi, tra Orvieto e Bolsena sono custodite in gran parte delle reliquie del miracolo. Nella cattedrale della città umbra vi sono l'ostia, il corporale e i purificatoi. A Bolsena, nel vestibolo della Basilichetta Ipogea di Santa Cristina, si trova l'altare del prodigio, mentre nella Cappella Nuova del Miracolo sono collocate quattro lastre di marmo macchiate di sangue.

 

 

I DRAMMI E LE SPERANZE DELLA BOSNIA CON LE SFIDE DELLA PACE DOPO LA TRAGEDIA DELLA GUERRA. DOMENICA L’ATTESA VISITA DEL PAPA A BANJA LUKA

- Con noi mons. Franjo Komarica e mons. Pero Sudar -

 

Domenica prossima, Giovanni Paolo II si recherà per la seconda volta in Bosnia Erzegovina. E’ il 101.mo viaggio apostolico fuori dell’Italia del Papa che proclamerà Beato il venerabile Servo di Dio, Ivan Merz. Il servizio di  Fausta Speranza:

 

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Una visita di un giorno che concentra significativi momenti in una terra che soffre ancora per il difficile equilibrio di tante diverse realtà. Al centro degli appuntamenti del Papa, la Messa con la cerimonia di beatificazione di Ivan Merz. Poi, l’incontro con i vescovi della Bosnia Erzegovina e con i cardinali e vescovi del seguito papale  nel vescovado di Banja Luka. Proprio il vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza episcopale della Bosnia Erzegovina, mons. Franjo Komarica, in un’intervista al nostro Programma Tedesco, sottolinea l’intensità con cui viene attesa la visita.

 

R. - Qui non solo i cattolici, ma anche tanti non cattolici aspettano con ansia la venuta del Papa: e questo mi dà tanta gioia. Tutti aspettano con speranza un risultato speciale da questo viaggio, qualcosa di buono e costruttivo. A otto anni dagli accordi di pace di Dayton infatti tante promesse non sono state mantenute e c’è un clima di stanchezza tra la gente. Per esempio il problema dei profughi non è stato risolto: in particolare la situazione dei cattolici è precaria. Dei 220 mila cattolici che hanno dovuto lasciare le loro case a Banja Luka solo poco più di 10 mila sono tornati. Ora ci si aspetta da questa visita del Papa un passo avanti, un riavvicinamento tra le varie etnie, tra la gente e questo crea una inaspettata e piacevole atmosfera: questa è già una grande vittoria. Per noi il Papa è già qui. E sono sicuro che dopo questa visita in questa parte della Bosnia non tutto sarà più come prima. Qualcosa cambierà in positivo. Perché noi facciamo parte tutti di una stessa famiglia e dobbiamo prenderci carico gli uni degli altri e trovare le vie per rendere possibile a tutti i bosniaci di vivere una vita degna dell’uomo.

 

         Dal Papa si recheranno in visita di cortesia, autorità locali e il consiglio interreligioso della Bosnia Erzegovina. Rappresentanti di una situazione politica, religiosa e sociale complessa e ancora sofferta. Per loro l’arrivo di Giovanni Paolo II sarà fonte di sostegno, ribadisce mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, al microfono di Fabio Colagrande:

 

R. - Abbiamo avuto il sostegno del Papa e lo abbiamo sentito in questi ultimi anni di prova, sia durante la guerra, sia dopo la guerra. Ma data la situazione, abbastanza difficile, perché queste circostanze sono vissute e sentite così dalle minoranze – e i cattolici sono la minoranza – prima di tutto ci sostiene nella decisione di rimanere da queste parti. Quelli che sono stati cacciati via non hanno intenzione di tornare e quelli che sono rimasti hanno la grande tentazione di andare via. Qui la situazione è difficile: non c’è lavoro. Il Paese diviso com’è, alle volte, nelle sue strutture, lascia l’impressione che ci sia posto per due popoli e il terzo debba arrangiarsi. Penso quindi che la figura simbolica del Papa, che viene in visita a Banja Luka, malato, anziano, che non si arrende, sia un messaggio molto molto forte.

 

D. – A otto anni dalla fine della guerra quali sono i rapporti tra la Bosnia Erzegovina e la comunità internazionale? In qualche modo si sente abbandonata?

 

R. – Noi non siamo abbandonati dalla comunità internazionale. Al contrario, la comunità internazionale tramite i suoi rappresentanti, come anche attraverso il Consiglio per l’incrementazione della pace, sono molto presenti. Anzi, tutto il potere in Bosnia Erzegovina, è nelle loro mani. Qualche volta non si impegnano a conoscere bene la situazione e a dare le soluzioni che porterebbero questo Paese avanti. Purtroppo otto anni dopo la guerra il Paese non si è mosso. Anzi, le tensioni sembrano a volte più pericolose, più difficili, che non  subito dopo la guerra.

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 giugno 2003

 

 

LE ATTUALI INADEGUATEZZE DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI

NON DEBBONO INDURRE A RIDIMENSIONARNE L’IMPORTANZA MA A RENDERLI MEGLIO RISPONDENTI ALLE LORO FINALITA’. E’ LA CONVINZIONE DELL’ARCIVESCOVO RENATO MARTINO ESPRESSA AL CONVEGNO NAZIONALE DELLE CARITAS DIOCESANE

CHE SI E’ CONCLUSO OGGI AD OROSEI, IN SARDEGNA

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Con una relazione sul ruolo degli organismi internazionali nella promozione della giustizia e della pace, l’arcivescovo Renato Martino è intervenuto oggi ad Orosei, in Sardegna, nella giornata conclusiva del 29.mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Nel terzo ed ultimo giorno di lavoro sono stati affrontati, per i 531 rappresentanti delle Caritas diocesane italiane provenienti da 169 diocesi, i temi della pace, della riconciliazione e i modelli di sviluppo in un’ottica globale.

 

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Riferendosi agli attuali limiti delle istituzioni internazionali, il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che è stato per 16 anni Osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di vetro di New York, ha rimarcato come proprio le inadeguatezze di questi organismi debbano spingere a rafforzarne le strutture e migliorarne le strategie. “Questo vuol dire – ha affermato mons. Martino – che è necessario adoperare con maggiore convinzione il principio di sussidiarietà per una reale governance globale”.

 

L’arcivescovo ha quindi messo in risalto l’esigenza di valorizzare il multilateralismo e di sviluppare una maggiore efficacia pedagogica delle istituzioni internazionali e delle Nazioni Unite. Il presidente di Giustizia e Pace ha anche sottolineato come il costante riferimento del Papa all’Onu prima, durante e dopo la guerra in Iraq, “sia un invito a rinvigorire un percorso di consolidamento delle relazioni internazionali che la guerra nel Golfo Persico ha compromesso”.

 

Evidenziando come l’autorità universale, di cui oggi si sente sempre più bisogno, debba essere pazientemente promossa sul fondamento dell’unità della famiglia umana, l’arcivescovo ha affermato che “è il momento di mettere mano tutti insieme ad una sorta di ingegneria costituzionale dell’umanità approfondendo il processo, già in atto, di  costruzione partecipata di livelli trasparenti e articolati di autorità”. “Se si vuole che la pace non sia solo conseguenza di una violenza impositiva e di lunghe estenuanti trattative – ha concluso il presule - occorre che sia fatta sgorgare da valori effettivamente condivisi e vissuti”.

 

Il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, ha indicato infine le linee guida su cui questo importante organismo ecclesiale è chiamato a muoversi. L’invito a frequentare la politica per governare i cambiamenti, l’impegno a costruire la relazione con l’altro, uscendo dalla cosiddetta sindrome dello spettatore che ci rende tutti indifferenti, ed una presenza incarnata nei luoghi del quotidiano sono le prospettive di lavoro pastorale a cui sono chiamate le 25.000 parrocchie italiane, centri di coesione sociale, visibilità e presenza della Chiesa. Con la determinazione ad affrontare queste sfide, si è concluso il 29° Convegno nazionale che ha tracciato un nuovo cammino per la Caritas, chiamata a far sperare nell’orizzonte, pur difficile, del quotidiano.

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IL PENSIERO DEL PAPA SULL’ANNUNCIO DEL VANGELO

NELL’ASIA DELLE GRANDI RELIGIONI

PRESENTATO A TOKYO PER IL 25° DI PONTIFICATO

- Servizio di Chiaretta Zucconi -

 

Due importanti conferenze si sono tenute ieri a Tokyo, presso l’Istituto italiano di cultura. La prima, su “Giovanni Paolo II e le religioni: da Assisi alla Dominus Iesus”; la seconda, dal titolo: “L’evangelizzazione dell’Asia nel pensiero di Giovanni Paolo II”. Erano presenti il nunzio apostolico, l’arcivescovo Ambrose de Paoli, e l’ambasciatore italiano in Giappone, Mario Bova. Le ha seguite per noi Chiaretta Zucconi:

 

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Promosse dall’onorevole Mario Baccini, sottosegretario agli Affari Esteri e presidente della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all’estero, le conferenze rientrano nell’iniziativa “La mia seconda Patria” per il 25esimo anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II. Come ha sottolineato nel suo intervento il nunzio apostolico, “l’evangelizzazione ed il dialogo interre-ligioso sono argomenti di grande interesse, al centro dei quali è la figura del Santo Padre, persona di profonda fede ed umanità”.

 

Le conferenze, tenute dal giornalista Sandro Magister de L’Espresso e da don Antonello Iapicca – vicepresidente dell’Associazione Alessandro Valignano, per la cooperazione culturale e missionaria tra Italia e Giappone – hanno toccato gli importanti temi del relativismo religioso e dell’evangelizzazione nel terzo millennio, il Millennio dell’evangelizzazione del continente asiatico. “Ci sono eventi che il Pontefice ha voluto, e lui solo”, ha detto Magister: “il primo lo compì in Assisi il 27 ottobre 1986, quando chiamò intorno a sé rappresentanti delle più varie religioni  del mondo e chiese loro di pregare per la pace”.

 

Particolarmente toccante la testimonianza di Don Antonello Iapicca. Da 13 anni missionario in Giappone nella diocesi di Takamatsu, il giovane sacerdote italiano ha approfondito il significato dell’essere missionario oggi in Giappone,  un “Paese estremamente secolarizzato e dalle grandi contraddizioni dove è impor-tante sapere che Dio esiste e che ci ama come siamo”. 

 

Per Iapicca, le “parole del Papa sull’urgenza dell’annuncio di Cristo attra-verso una nuova evangelizzazione sono attualissime anche in relazione alla particolare situazione dell’Asia, della sua storia, della sua cultura e delle sue religioni, che impongono una rinovata forza nell’impegno della specifica missione “Ad gentes”, come viene ricordato nella  “Redemptoris Missio”.

 

In questo contesto, l’Asia assume una importanza fondamentale che Giovanni Paolo II non ha mai smesso di sottolineare, come ad esempio nella esortazione post-sinodale “Ecclesia in Asia”: “L’Asia – vi si legge – è il più vasto continente della Terra,  abitato da circa i due terzi della popolazione mondiale, ed anche la culla delle maggiori religioni del mondo e di molte altre tradizioni spirituali”. Il Pontefice ha più volte ribadito l’importanza da prestare alle carat-teristiche peculiari di ogni popolo, in una sorta di “incarnazione nelle culture”, ma anche la necessità irrinunciabile di riconoscere in Cristo l’unica via di salvezza ed il porto sicuro.

 

Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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CHIESA E SOCIETA’

19 giugno 2003

 

 

LA PACE SARÁ IL CUORE DELLA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE

 DELLA GIOVENTÚ ASIATICA CHE SI TERRÁ A BANGALORE, IN INDIA,

DAL 9 AL 16 AGOSTO. ALLA RIFLESSIONE DEI GIOVANI CATTOLICI SI UNIRANNO

I LORO COETANEI DELLE DIVERSE RELIGIONI PRESENTI NEL CONTINENTE

 

BANGALORE. = I giovani dell’Asia per la Pace. Dal 9 al 16 Agosto a Bangalore, capitale del Karnataka, nell’India meridionale, oltre mille delegati delle diocesi dei diversi Paesi asiatici si riuniranno per la Giornata mondiale della gioventù dell’Asia. I partecipanti saranno invitati a riflettere sul loro contributo alla costruzione della pace in un momento storico decisamente travagliato e caratterizzato dalla minaccia nucleare oltre che dalla paura innescata dal terrorismo internazionale. Notevole la novità di questa GMG asiatica: si uniranno alle giornate di preghiera e di riflessione dei giovani cattolici anche i loro coetanei buddisti, induisti, musulmani e seguaci di culti tradizionali. I diversi gruppi di lavoro approfondiranno i quattro ‘pilastri della pace’ indicati nella ‘Pacem in Terris’: verità, giustizia, amore e libertà. Largo spazio sarà dato poi anche ai temi di attualità che investono la realtà giovanile: globalizzazione, Aids, droga e alcool, sfruttamento delle risorse ambientali, disoccupazione e fondamentalismo. Ma il centro delle giornate di Bangalore sarà la Veglia della Pace del 14 agosto che vedrà coinvolti circa un milione di studenti, invitati per quel giorno ad accendere una candela nelle scuole di tutto il Paese. I ragazzi sventolaranno infine uno striscione dedicato alla pace lungo 2.500 metri. (P.O.)

 

 

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E SVILUPPO PER I PAESI POVERI:

SONO I TEMI DI CUI TRA OGGI E DOMANI SI OCCUPA A WASHINGTON E MILANO,

LA CONFERENZA MONDIALE SULL’INFOPOVERTÁ

 

WASHINGTON. = Si apre oggi a Washington, per concludersi  domani a Milano, la terza Conferenza mondiale sull’Infopovertà, promossa dall’Osservatorio per la comunicazione culturale e audiovisiva (Occam), con la collaborazione dell’Unesco, della Banca interamericana di sviluppo e del Parlamento europeo. L’iniziativa, dedicata al tema “L’infopovertà: nuovi strumenti e nuove pratiche al servizio dello sviluppo”, intende verificare se e come le diverse soluzioni già applicate con alcuni progetti-pilota nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione possano rivitalizzare le economie nazionali e migliorare le condizioni sociali e culturali dei popoli più svantaggiati. Nella conferenza di Washington è prevista la discussione sulla sostenibilità del programma “villaggi digitali”, uno dei punti del piano di azione tracciato in vista del prossimo Vertice sulla società dell’informazione che si inaugurerà a Ginevra il prossimo 10 dicembre. A Milano l’analisi toccherà invece la situazione italiana ed europea, con l’obiettivo di dare nuovo slancio all’innovazione tecnologica, individuando strategie atte a fronteggiare la concorrenza mondiale nel settore. Sono anche previste, nell’ambito della sessione, una teleconferenza con Washington ed una tavola rotonda conclusiva alla quale parteciperanno alcuni esponenti del governo italiano, dell’Unione europea, dell’Europarlamento, nonché di agenzie dell’ONU. Per avere maggiori informazioni sull’evento è possibile consultare il sito www.infopoverty.net (M.D.)

 

 

“VIOLENZA MEDIATA. IL RUOLO DELL’INFORMAZIONE NEL G8 DI GENOVA”.

PRESENTATA IERI A ROMA LA RICERCA REALIZZATA  DALL’OSSERVATORIO

 DI COMUNICAZIONE POLITICA DE “LA SAPIENZA”

SUL RUOLO DEI MEDIA NELL’EVENTO DI GENOVA

- A cura di Sabrina Bergamini -

 

ROMA. = A pochi giorni dal secondo anniversario, un nuovo studio punta i riflettori su quanto accaduto nel corso del G8 di Genova e sul ruolo svolto dai media in quei giorni di crisi. “Violenza mediata. Il ruolo dell’informazione nel G8 di Genova” (Editori Riuniti): questo il titolo della ricerca, presentata ieri pomeriggio a Roma, è stata realizzata dall’Osservatorio di Comunicazione Politica (Ocp) dell’Università la Sapienza di Roma, che sotto la direzione e il coordinamento del professor Stefano Cristante ha sistematizzato e analizzato tutto il materiale mediatico prodotto sull’evento. Giornali e riviste, televisione, fotografie, analisi della rete e di mailing list: un’indagine accurata sul ruolo dell’informazione nell’evento-Genova, che ricostruisce passo per passo le incomprensioni e le forzature della stampa, il flusso dirompente delle immagini televisive, il ruolo innovativo svolto dalle nuove tecnologie e dai media indipendenti all’interno del movimento. Il saggio è stato presentato al pubblico, presso la libreria Mondadori di Via Piave, in un dibattito cui hanno partecipato Stefano Cristante, Maurizio Torrealta (di Rainews 24), il presidente nazionale dell’Arci Tom Benetollo e il segretario dei Radicali Italiani, Daniele Capezzone. Nella tavola rotonda è stata sottolineata la persistenza di quanto successo a Genova nell’immaginario collettivo, quale chiave d’attualità della ricerca, e l’interesse di un’analisi che affronta le strategie comunicative adottate, fra l’altro, dallo stesso movimento. Un dibattito ampio, che ha toccato i temi della democrazia e della partecipazione, nonché il nodo dell’informazione e dei suoi rischi nelle crisi, da Genova all’11 settembre, fino alla recente guerra in Iraq.

 

 

MUSICISTI PROFESSIONISTI A SERVIZIO DI CHI SOFFRE. L’ASSOCIAZIONE

 “PORTARE LA MUSICA” DI TORINO REGALA AI MALATI, AGLI EMARGINATI E

AI DISABILI ORE DI SERENITÁ ATTRAVERSO L’ESECUZIONE

 DI MELODIE DI ALTA QUALITÁ

 

TORINO. = “Portare la musica” tra categorie svantaggiate di persone, malati, disabii, detenuti, malati psichici, che altrimenti non vi avrebbero accesso.  Questo il nobile intento dell’associazione “portare la musica”, nata a Torino dall’idea di un gruppo di giovani musicisti di alto livello professionale. La musica classica diventa per l’associazione uno strumento di solidarietà, una forma di comunicazione con il mondo degli esclusi, che – come spiega la pianista Chiara Bertoglio, coordinatrice del progetto- “hanno ricevuto meno dalla vita e hanno quindi diritto al meglio”. Sono già 25 i concertisti che in Italia hanno aderito all’iniziativa che ora cerca di realizzarsi concretamente attraverso la collaborazione con istituzioni, enti locali e pubbliche amministrazioni. «Non si tratta di musicoterapia, che richiede un rapporto continuativo con il paziente – continua Chiara Bertoglio -, ma di concerti veri e propri, ovviamente introdotti e adattati a questi pubblici" particolari, con lo scopo di regalare loro momenti di serenità e di arricchimento spirituale». Ma come vengono scelti i musicisti? Le selezioni avvengono con estremo scrupolo e sono aperte esclusivamente a musicisti diplomati che se idonei vanno ad aggiungersi ai membri attuali: tra questi si annoverano già un direttore d’orchestra e coro, solisti di pianoforte, contrabbasso, clavicembalo, organo, violino e altri strumenti ancora. Ma oltre al talento è richiesta tanta "simpatia", intesa come capacità di comunicare anche verbalmente con le persone e partecipare e farsi carico della loro situazione. Chiunque fosse interessate a mettere i propri talenti al servizio del prossimo può usufruire di un sito internet: www.geocities.com/portare_la_musica. (P.O.)

 

 

QUATTRO MEDICI DEL NEPAL SI STABILIRANNO NELLE ISOLE MARSHALL

PER CURARE GLI ABITANTI DALLE RADIAZIONI DEGLI ESPERIMENTI ATOMICI

STATUNITENSI. L’AGENZIA CHE LI HA ASSUNTI ASSICURA:

”SONO PREPARATI E CON UN GRANDE SPIRITO DI ADATTAMENTO”

 

ISOLE MARSHALL. = Quattro medici provenienti dal Nepal hanno accettato di trasferirsi stabilmente in altrettanti atolli delle isole Marshall, per portare assistenza agli abitanti che ancora soffrono delle conseguenze dei test nucleari condotti nell’arcipelago dagli Stati Uniti fra il 1946 ed il 1962. Si tratta, fra l’altro, dei primi dottori che opereranno in maniera continuativa nei quattro isolotti. Gli specialisti sono stati assunti dalla “Trinity Health International” (Thi), un’agenzia statunitense che fornisce servizi e personale sanitario, incaricata dal governo di Majuro, capitale dell’arcipelago, di contribuire a predisporre  un piano nazionale medico per affrontare gli effetti delle radiazioni sulla popolazione. Intervistata dalla radio australiana sul perché la scelta della Thi sia caduta proprio sui dottori nepalesi, la portavoce dell’agenzia ha sottolineato la preparazione, la capacità di adattamento, l’indipendenza e l’abitudine a lavorare in condizioni estreme degli specialisti selezionati. Le isole Marshall sono un territorio autonomo con la caratteristica di “libera associazione” con gli Stati Uniti d’America, dai cui aiuti economici dipende l’80% delle entrate nazionali, pari a circa 37 milioni di dollari l’anno. Attualmente sono in atto negoziazioni finalizzate ad un rinnovamento per altri vent’anni dell’accordo con Washington, siglato nel 1982 e scaduto due anni fa. L’arcipelago è una repubblica indipendente, facente parte dell’Onu, pur avendo demandato agli Usa la politica di difesa. Interrotti infatti gli esperimenti nucleari negli anni Sessanta, le forze militari statunitensi continuano ora ad utilizzare gli atolli per provare missili balistici. Si stima che ancora oggi 15 mila dei 51 mila abitanti delle Marshall, che fu uno dei luoghi strategici nella zona del Pacifico durante il secondo conflitto mondiale, soffrano di malattie collegate all’esposizione radioattiva. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 giugno 2003

 

 

  

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Mentre proseguono gli sforzi diplomatici per una soluzione della crisi mediorientale – e si intensifica il programma del segretario di Stato americano, Powell, che domani dovrebbe incontrare i due premier, Sharon ed Abbas – dal terreno continuano a giungere notizie di violenze. Un palestinese – che voleva probabilmente colpire soldati israeliani – si è fatto esplodere oggi in un villaggio ebraico fra la Cisgiordania settentrionale e la città di Beit Shean, in Galilea. Il gesto è stato rivendicato dalla Jihad islamica. Sentiamo Graziano Motta:

 

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Forse la cintura esplosiva è stata attivata dall’attentatore suicida anzitempo, e questo spiega che sia rimasto ucciso con lui soltanto il gestore dell’emporio, risparmiando invece gli avventori. Lo stato d’allarme vige in tutta l’alta valle del Giordano, di cui Beit Shean è capoluogo, mentre resta sotto coprifuoco la città palestinese di Qalqiliya, dove soldati ed agenti israeliani cercano gli autori dell’agguato dell’altra notte all’automobile che tornava sulla transisraeliana da Gerusalemme, con a bordo dei ragazzi ed il loro nonno. A Gaza, intanto, il primo ministro palestinese Abbas, dopo il secondo incontro ieri sera con i capi delle organizzazioni fondamentaliste radicali impegnate nella lotta ad Israele, è riuscito a ottenere che proclamino una tregua. Forse avrà una risposta in giornata anche all’altra sua proposta di una partecipazione ad un governo di unità nazionale.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Nonostante i motivi di preoccupazione – confermati anche da un’incursione israeliana a Tubas, in Cisgiordania – non mancano comunque le speranze di pace. Questa mattina l’esercito dello Stato ebraico ha sgomberato il primo dei 100 avamposti illegali che il premier Sharon si era impegnato a smantellare. La Corte suprema ha infatti respinto il ricorso dei coloni di Mitzpe Yitzhar, nel nord della Cisgiordania. Inoltre, la radio israeliana ha riferito di un sondaggio, secondo cui il 56 per cento della popolazione è favorevole ad una tregua con i palestinesi.

 

La guerriglia in atto nel Caucaso continua a mietere vittime. È di poche ore fa la notizia di una bomba esplosa al passaggio di un autobus della polizia russa, in una zona a ridosso della Cecenia. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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L’esplosione è avvenuta alle ore 11 locali in una zona montuosa al confine tra Inguscezia ed Ossezia del Nord. Gli inquirenti ritengono che il veicolo possa essere saltato in aria su una mina radiocomandata, della potenza di circa un chilo di tritolo. Tre dei 10 poliziotti che si trovavano sul mezzo sono subito morti. Gli altri sono ricoverati in gravissime condizioni. Le indagini non tralasciano alcuna pista, anche se si privilegia quella del terrorismo ceceno, che, negli ultimi mesi, sta colpendo i federali anche al di fuori dei confini della Repubblica. Per questo motivo si stanno approntando ovunque, in Russia, maggiori misure di sicurezza intorno a possibili obiettivi. Nell’ex repubblica ribelle gli scontri, seppur sporadici, continuano. Secondo una notizia di fonte russa, 5 guerriglieri separatisti sarebbero stati uccisi in combattimento nei giorni scorsi.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Un iracheno è stato ucciso ed altri 12 sono rimasti feriti in un nuovo attacco antiamericano, avvenuto questa notte contro la base di Samarra. Vittime anche nella giornata di ieri: un militare statunitense e due ex soldati del deposto regime. Nei pressi di Tikrit, intanto, è stato catturato Habid Amid Mahmud al-Tikriti, cugino di Saddam e suo segretario particolare, al quarto posto nella lista dei ricercati. La pacificazione del Paese, dunque, è ancora lontana, ma ciò non impedirà il riavvio delle esportazioni di petrolio, previsto per domenica.

 

Ma la crisi irachena ha avuto conseguenze anche in Finlandia. È stata costretta alle dimissioni il premier, la signora Jaatteenmaki, accusata di aver mentito sulla provenienza di documenti incriminati, con cui aveva voluto dimostrare che Lipponen – allora capo del governo – aveva garantito alla Casa Bianca l’appoggio di Helsinki in caso di attacco a Baghdad.

 

Non si placano le tensioni sociali in Iran. Ieri la città di Teheran è stata teatro di una nuova massiccia protesta popolare contro il regime degli ayatollah. Intanto, in Francia, l’opposizione favorevole ai mujaheddin è stata colpita dalle autorità di Parigi: 165 gli arresti di sospetti terroristi. Tre donne si sono date fuoco in segno di protesta. Episodi analoghi a Londra, a Berna ed anche a Roma, davanti all’ambasciata francese. Ci riferisce, da piazza Farnese, Stefano Leszczynski:

 

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I due iraniani che si sono dati fuoco si chiamano Alì Ghasemi, un esule iraniano in Scandinavia, e Mahdi Motashiem, un esule rifugiato in Italia. Quest’ultimo è forse il più grave, con ustioni di terzo e quarto grado su tutta la superficie del corpo. Mi sono passati a poche decine di metri. Erano due torce umane che correvano in mezzo alle grida dei manifestanti, finché non sono stati fermati. Erano anche presenti diversi giovanissimi, figli di esuli iraniani, i quali sono rimasti scioccati da questo episodio. Per voce del suo presidente, Massoud Rashavi, il Consiglio nazionale della resistenza iraniana aveva scoraggiato gesti di questo tipo, definendoli frutto di un’eccessiva esagitazione, assolutamente da non commettere. Infatti, si sperava e si era quasi sicuri che qui a Roma non sarebbe accaduto, in quanto anche gli organizzatori della manifestazione controllavano a vista i partecipanti, attenti a che non succedesse nulla. Invece, tutti sono stati colti alla sprovvista.

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Si susseguono senza sosta le notizie provenienti dall’Uganda, dove 4 dei 15 bambini rapiti ieri in un orfanotrofio dai ribelli sono riusciti a scappare ai guerriglieri ed a mettersi in salvo. Si è verificato invece un nuovo agguato – con un bilancio di 2 morti e 4 feriti – nella zona settentrionale di Soroti, dopo quello di ieri mattina ad un missionario polacco.

 

È scontro in Italia tra maggioranza e opposizione. Con 302 voti a favore, 17 contrari e 13 astenuti, la Camera ha dato il via libera definitivo al cosiddetto lodo Maccanico, la legge che riforma l’immunità delle cinque maggiori cariche dello Stato. Il contrastato provvedimento è stato votato dalla Casa delle Libertà compatta, mentre l’opposizione ha lasciato l’aula al momento del voto. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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La legge prevede il blocco dei processi nei confronti delle cinque più alte cariche dello Stato per tutto il loro mandato: si tratta del presidente della Repubblica, dei presidenti di Camera e Senato, del presidente della Corte costituzionale e del presidente del Consiglio. Il primo effetto della legge, se Ciampi la promulgherà, sarà la sospensione del processo Sme nel quale è imputato, tra gli altri, il premier Berlusconi. Proprio questo aspetto ha scatenato l’ira di gran parte dell’opposizione che giudica quella approvata una legge ‘ad personam’. E c’è chi pensa al referendum abrogativo. Il centrodestra respinge l’accusa e sottolinea come piuttosto il provvedimento impedisca processo e sentenza nei confronti di un premier che nei prossimi sei mesi sarà presidente di turno dell’Unione Europea.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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L’Unione europea traccia le basi per il proprio futuro. Nella località greca di Porto Carras – ad un centinaio di chilometri da Salonicco – si apre infatti stasera un vertice interamente dedicato a Costituzione dell’Unione, immigrazione e Balcani. Attenzione tutta puntata sulla giornata di domani, quando il presidente della Convenzione, Valéry Giscard d’Estaing, presenterà la bozza di Costituzione, approvata la settimana scorsa a Bruxelles.

 

 

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