RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 169 - Testo della Trasmissione di mercoledì 18 giugno 2003

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Un “Dio vicino e innamorato”. Il simbolismo nuziale dell’amore di Dio per la Chiesa, nella catechesi biblica di Giovanni Paolo II all’udienza generale. Il Papa invita i fedeli alla Messa con la processione del Corpus Domini e affida alla Madonna il prossimo viaggio in Bosnia Erzegovina

 

Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in visita a Varsavia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, vicino ai diseredati di tutto il mondo. Bilanci e progetti nell’ultima Assemblea annuale. Con noi, padre Lluis Magrina

 

Nelle elezioni in Giordania, affermazione dei candidati vicini alla monarchia. Una prima valutazione, nell’intervista con Antonio Ferrari

 

La figura del futuro beato Ivan Merz, modello per i giovani europei, illustrata dai vescovi bosniaci in attesa del Papa a Banja Luka domenica prossima.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta in Malaysia la Conferenza sulla polmonite atipica promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

 

Eletta la nuova superiora generale delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli

 

In corso da ieri ad Orosei, in Sardegna, il 29.mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane

 

L’American Medical Association avalla la clonazione a scopo terapeutico, in contrasto con la Casa Bianca, e ammette l’obiezione di coscienza dei medici contrari a tali esperimenti per motivi etici

 

Il Jesuit Refugee Service comunica il rimpatrio di nuovi profughi verso Timor Est.

 

24 ORE NEL MONDO’:

Pyongyang rifiuta le trattative dichiarandosi pronta a rafforzare il nucleare come autodifesa

 

Proseguono gli scontri tra forze americane e resistenza irachena

 

Iraniani ancora in protesta contro le ingerenze Usa negli affari interni di Teheran

 

Violenze anche in Medio Oriente: due gruppi armati palestinesi rivendicano l’uccisione di una bimba israeliana di 7 anni

 

L’Arabia Saudita dichiara guerra al terrorismo internazionale: arrestati 12 uomini alla Mecca.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 giugno 2003

 

 

L’IMMAGINE DI UN DIO VICINO E INNAMORATO, NELL’ODIERNA CATECHESI

DEL PAPA INCENTRATA SUL CANTICO DI ISAIA CHE SPALANCA

UN ORIZZONTE LUMINOSO, LA NUOVA ERA PER LA RINASCITA DI GERUSALEMME,

DI TUTTO IL POPOLO DI DIO

 

E’ “un orizzonte luminoso e colmo di speranza” quello che ha aperto il Papa questa mattina all’udienza generale. La catechesi  odierna  era incentrata sul cantico incastonato nella terza parte del Libro del profeta Isaia,  un cantico che raffigura la rinascita di Gerusalemme che schiude “una nuova era”. Per l’udienza generale sono convenuti oggi in Piazza San Pietro oltre 11.000 pellegrini da 15 Paesi, dall’Europa, Africa e Americhe. Il Papa ha chiesto a tutti di  pregare per il suo viaggio di domenica prossima in Bosnia Erzegovina che – ha detto – “affido alla Vergine Maria”. Ed ha invitato  i romani  a partecipare alla celebrazione del Corpus Domini domani pomeriggio in Piazza San Giovanni in Laterano. Sulla catechesi ascoltiamo ora il servizio di Carla Cotignoli.

 

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Dall’abbandono e desolazione al cambiamento radicale di vita, alla rinascita che esplode nel canto di un Magnificat. Il cantico di Isaia esprime così l’”orizzonte luminoso e colmo di speranza” che si schiude al popolo di Israele, al rientro dall’esilio a Babilonia, un popolo che dopo la “devastazione di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi e il dramma dell’esilio”, rinasce a vita nuova, si ritrova libero nella terra dei padri e riedifica la città e il tempio. E’ questo il quadro tracciato dal Papa nell’odierna catechesi. Di più. Isaia per esprimere la gioia della rinascita di Gerusalemme davanti alla quale si sta per schiudere “una nuova era”, “dipinge la città come una sposa in procinto di celebrare le nozze”.

 

“Il simbolismo sponsale che appare con forza in questo passo, è nella Bibbia una delle immagini più intense per esaltare il legame di intimità e il patto di amore che intercorre tra il Signore e il popolo eletto”. 

 

“L’elemento decisivo – come ha osservato il Santo Padre - sarà il mutamento del nome, come avviene anche ai nostri giorni quando la ragazza di sposa. Assumere un ‘nome nuovo’ significa quasi rivestire una nuova identità, intraprendere una missione, cambiare radicalmente vita”.  Ecco il nuovo nome della sposa Gerusalemme: “Nessuno ti chiamerà più abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata”. Sono i nomi della rinascita, esprimono amore, tenerezza, festa e felicità. “Al Dio distante e trascendente, giusto giudice, subentra ora il Dio vicino e innamorato”.

 

Il popolo eletto prefigurerà l’unione profonda tra Cristo e la Chiesa, “sposa per amore”, in cui – e qui il Papa cita sant’Ambrogio – “non c’è più sozzura alcuna di colpa”. La Chiesa è dunque chiamata  a far rifulgere le sue opere perché “mostrino l’immagine di Dio”, a immagine del quale è stata fatta.

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NOMINA PER DIOCESI GRECO MELKITA IN CANADA E RINUNCIA NEGLI STATI UNITI

 

Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Saint Sauveur de Montréal dei Greco Melkiti cattolici, in Canada, il sacerdote libanese padre Ibrahim Ibrahim, dell’Ordine Basiliano Salvatoriano. Il nuovo presule, che ha 41 anni, è stato tra l’altro responsabile di una Commissione eparchiale sull’ecumenismo e sulle questioni interreligiose.

 

         Negli Stati Uniti d’America, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Phoenix, presentata dal vescovo mons. Thomas J. O’Brien, in conformità alla norma canonica relativa a “infermità o altra grave causa”.

 

 

IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO A VARSAVIA

 

Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, si trova da ieri sera a Varsavia, dove è giunto per ricevere la laurea honoris causa in Legge conferitagli dall’Università “Cardinale Stefan Wyszynski”.

 

Lo riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana, precisando che il cardinale Sodano è accompagnato in questo viaggio dai monsignori Piero Pioppo e Pawel Ptasznik, officiali della Segreteria di Stato.

 

Domani, solennità del Corpus Domini, il porporato presiederà la celebrazione della Santa Messa e la processione eucaristica per le vie della capitale polacca.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“In Bosnia ed Erzegovina per confermare nella fede una comunità impegnata sulla via della riconciliazione e della concordia": è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento alle parole del Papa all'udienza generale, durante la quale ha chiesto ai fedeli di accompagnarlo con la preghiera in questo imminente viaggio apostolico.  

Sempre in prima, il Medio Oriente, dove una bambina israeliana è stata uccisa in un agguato.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

Un articolo di Charles Morerod sull'Enciclica "Ecclesia de Eucharistia".

Un articolo di Domenico Alfonsi sul decimo anniversario della visita del Papa alla tomba della beata Angela da Foligno.

Una pagina dal titolo "Aversa - Santuario diocesano di Orta di Atella: da Cagliari le reliquie di San Salvatore da Horta.

 

Nelle pagine estere, l'Assemblea Plenaria della Conferenza Episcopale Polacca sulla bozza del Preambolo della futura Costituzione dell'Unione Europea: "Non si può costruire il futuro falsificando la storia".

Iraq: l'Amministrazione Usa ha annunciato l'istituzione di una corte penale centrale.

Liberia: firmata la tregua tra governo e ribelli.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Marco Testi sul libro "Anna Maria Ortese o dell'indipendenza poetica" di Gabriella Fiori.  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il drammatico tema degli immigrati clandestini. Riguardo alle affermazioni della segretaria della Lega Nord di Lampedusa, "Perché non li ammazzano tutti questi clandestini che arrivano ogni giorno sulla mia isola?", il giornale scrive, tra l'altro, quanto segue "E' l'eco di una bestemmia: contro Dio e contro la verità sull'uomo".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 giugno 2003

 

 

IL SERVIZIO DEI GESUITI PER I RIFUGIATI,

VICINO AI DISEREDATI DI TUTTO IL MONDO:

BILANCI E PROGETTI NELL’ULTIMA ASSEMBLEA ANNUALE.

CON NOI, PADRE LLUIS MAGRINA

- Servizio di Ignacio Arregui -

 

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Risale all’anno 1980 la creazione del Jesuit Refugee Service (JRS), il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, che oggi conta un nucleo di 68 gesuiti, dediti esclusivamente a questa attività, più 100 religiose appartenenti a 72 istituti e congregazioni femminili, 400 laiche e laici e circa 2.500 collaboratori arruolati fra gli stessi rifugiati. L’organizzazione è sorta per iniziativa di padre Pedro Arrupe, allora superiore generale della Compagnia di Gesù, in occasione del drammatico esodo dei vietnamiti dopo la guerra finita nel 1975. Oggi, nonostante una lieve riduzione negli ultimi anni, il numero dei rifugiati è passato dai 4.500.000 nel 1980 agli attuali 19.500.000 che insieme ad altri circa 20.000.000 di sfollati fanno salire a circa 40.000.000 i diseredati  nel mondo.

 

Nella sua Assemblea annuale, celebrata recentemente a Roma, il Jesuit Refugee Service, ha fatto un bilancio delle sue attività e dei suoi progetti. Padre Lluis Magrina, gesuita, è l’attuale direttore-coordinatore dell’organismo. E’ importante innanzitutto precisare quale tipo di assistenza intende offrire il Jesuit Refugee Service ai profughi e ai rifugiati. Ci risponde padre Magrina:

 

R. – LA MISION DEL RSJ ES ACOMPANAR A LOS REFUGIADOS. ...

La missione del Jesuit Refugee Service è quella di accompagnare i rifugiati: cioè stargli vicino, ascoltarli ed aiutarli in ciò che è possibile. In questo senso, il nostro è un servizio sociale e pastorale. Intercedere per questa gente vuol dire trovare soluzioni definitive perché possano ritornare nel loro Paese e significa poi prevenire i conflitti perché non tornino a scoppiare. Quindi, lavoriamo perché questi non esplodano.

 

D. – Qual’è questo momento la situazione più tragica dei rifugiati, dal punto di vista umano, economico, sociale e sotto tutti i punti di vista?

 

R. – YO DIRIA QUE EN ESTOS MOMENTOS SERIA LA MASA DE REFUGIADOS ...

Direi, in questo momento, sia quella della massa dei rifugiati interni in Liberia e in Somalia. Soprattutto in Liberia. In Somalia la situazione è più stabile e non ci sono grossi conflitti. In Liberia invece la guerra continua.

 

D. – In queste situazioni la maggior parte dei conflitti sono interni, nazionali. Ora, in caso di guerra civile, la situazione si complica e si fa più pericolosa per coloro che sono presenti. Avete avuto vittime tra i membri del Jesuit Refugee Service ?

 

R. – ESTE ANO HEMOS TENIDO EL CHOFER QUE HABIA LLEVADO A UN HERMANO ...

Quest’anno un autista aveva accompagnato un fratello all’aeroporto, perché doveva fare un controllo medico a Kampala. Al suo ritorno portava tre o quattro persone. Sono morti tutti. Gli hanno sparato, gli hanno rubato la macchina e li hanno uccisi tutti.

 

D. – In questa assemblea annuale che si è appena conclusa abbiamo visto come alcuni si trovino in una situazione di grave pericolo …

 

R. – EN PELIGRO GRAVE ... PROCURAMOS EVITARLO. ...

In grave pericolo … cerchiamo di evitarlo. La mia principale responsabilità è quella di evitare che i differenti gruppi possano trovarsi in pericolo di morte. Però qualcosa può succedere e questo dobbiamo accettarlo. Altrimenti ce ne dovremmo andare. Quando si lavora in situazioni dove è presente la guerra, bisogna accettare che possa succedere qualcosa in qualunque momento.

 

D. – Quanti sono attualmente i gesuiti che lavorano a quest’opera?

 

R. – JESUITAS, HAY 68, A PLENO TIEMPO, TRABAJANDO EN TODO EL MUNDO. ...

68 gesuiti lavorano a tempo pieno in tutto il mondo. Altri 50 partecipano sporadicamente ad alcuni lavori. Ci sono però anche un centinaio di religiose, appartenenti a 72 congregazioni diverse, che lavorano con il Jesuit Refugee Service, e circa 200 laici e 200 laiche. Quindi, l’equipe di base è formata da 600 persone che lavorano in 57 Paesi. Abbiamo inoltre gli stessi rifugiati che lavorano coordinatamente ai progetti che stiamo portando avanti. Questi sono circa 2.500.

 

D. – Lei come responsabile di quest’opera si sente tenuto a rispondere della sicurezza e della sopravvivenza, anche economica, di tutto questo personale. Ci saranno alcune spese per quest’opera. Ci può dire quali sono le previsioni per il prossimo anno?

 

R. – PARA ESTE ANO TENEMOS UN PRESUPUESTO DE 17 MILLONES DE DOLARES, ...

Per quest’anno il bilancio è di 17 milioni di dollari, dei quali risultano attualmente coperti 13 milioni. Stiamo ancora cercando 4 milioni di dollari, perché abbiamo  qualche difficoltà con le organizzazioni che prima potevano aiutare il nostro progetto. Attualmente la gente risponde ad una chiamata solo quando i problemi appaiono attraverso i mezzi di comunicazione: la televisione, la stampa e la radio. Per esempio si parla di Iraq e di Afghanistan. Però molti dei progetti a cui noi stiamo lavorando sono con rifugiati dimenticati dal mondo. Nessuno li conosce. Situazioni come quelle del Nepal, dell’Aceh, della Liberia, della Guinea Conakry ecc. La gente non ne sente parlare e non le conosce. Quindi, non esiste collaborazione economica e da qui la difficoltà di coprire le spese.

 

D. – Come vede lei questa opera e il suo futuro?

 

R. – YO LO QUE VEO ES QUE REALMENTE ES UNA INSTITUCION MUY APRECIADA ...

Vedo che si tratta realmente di una istituzione molto apprezzata  dagli organismi internazionali, umanitari, che sta facendo un lavoro molto importante con i rifugiati. Siamo arrivati a 500 mila rifugiati, una cifra realmente importante. Abbiamo 150 mila alunni della scuola primaria e secondaria, il che equivale a circa 150 scuole di mille alunni. E’ un servizio molto importante. Indirettamente arriviamo a circa 2.500.000 persone. Questo numero dimostra che stiamo facendo realmente qualcosa di importante per milioni di persone, che cambierà la loro vita.

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IN GIORDANIA LA VITTORIA ELETTORALE AI CANDIDATI DI TRIBU’ E FAMIGLIE

VICINE ALLA MONARCHIA. CONSENSI PER I PARTITI ISLAMICI.

NEL NUOVO PARLAMENTO ANCHE SEI DONNE

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Alle elezioni parlamentari di ieri in Giordania, le prime dalla riforma elettorale, vittoria dei candidati indipendenti, che rappresentano le tribù e le grandi famiglie del Paese arabo, tradizionalmente fedeli alla monarchia. Consensi anche per i partiti islamici che avevano boicottato le elezioni precedenti. Nel nuovo Parlamento anche sei donne. Ma sull’andamento del voto di ieri Roberto Piermarini ha raccolto il commento dell’inviato ad Amman del Corriere della Sera, Antonio Ferrari.

 

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R. – Il voto urbano e quello dei campi dei palestinesi è andato in prevalenza agli islamici,mentre in tutte le altre parti del Paese, soprattutto nei governatorati, ecc., hanno vinto le forze tradizionali, gli indipendenti, dei raggruppamenti politici vicini al re Abdallah. Questo risultato conferma esattamente quello che si diceva alla vigilia e cioè che le tribù in fondo sono riuscite ad esprimere la loro forza all’interno di questo parlamento allargato da 80 a 110 seggi e quindi si può parlare di un parlamento  abbastanza bilanciato tra l’influenza di Amman e quella del resto del Paese.

 

D. – C’è stato il successo degli islamici dopo il boicottaggio delle passate elezioni?

 

R.- Forse un po’ meno rispetto alle aspettative degli stessi islamici, che però hanno fatto il pieno ad Amman e Zarka. E’ evidente, però, che la legge elettorale che gli islamici alla fine hanno accettato partecipando alle elezioni, in effetti, li ha in qualche misura puniti, proprio perchè in alcune circoscrizioni magari ne è stato eletto uno solo, quando in altre circostanze con un sistema più proporzionale ne sarebbero stati eletti di più.

 

D. – Tutto come previsto anche per la novità di quest’anno, con le donne che entrano in Parlamento ... 

 

R. – Le sei donne con i posti garantiti faranno parte del parlamento, anche se si può dire che visto che si andava per percentuale e non per numero di voti, per le donne le prime sei appartengono tutte a governatorati periferici, non alla città di Amman. Tra queste sei donne elette c’è anche un’islamica.

 

D. – Com’è stata l’affluenza alle urne?

 

R. – L’affluenza alle urne che si temeva molto bassa, in effetti si è alzata verso sera. Siamo al 58,8 per cento. Non è tantissimo. E’ sicuramente più delle ultime elezioni: il 54 per cento, anche a causa del boicottaggio degli islamici. E’ un pò meno delle elezioni precedenti. Ma sull’affluenza alle urne si può dire che ci sia una netta distinzione tra le campagne e le città. Una distinzione che contraddice quella che è normalmente una tendenza, e cioè che nella città di Amman, per esempio, si è votato meno, con un’affluenza di circa il 38 per cento, rispetto al 70-80 per cento di alcuni governatorati periferici.

 

D. – Possiamo parlare di brogli elettorali, com’è stato denunciato da alcuni esponenti dell’opposizione?

 

R. – Brogli elettorali se ci sono stati non cos’ rilevanti da poter mettere in discussione la legalità del risultato.

 

D. – Queste elezioni rafforzano sul piano internazionale il re Abdallah?

 

R. – Assolutamente sì. Lo rafforzano sul piano internazionale. Il re dopo la vicenda di Aqaba aveva sponsorizzato, aveva fatto il padrone di casa nell’incontro tra Bush, Sharon e Abu Mazen, ed è comunque sempre in prima fila nel tentativo di ricucire quello che è la difficoltà di mettere in moto questa benedetta road map medio- orientale, da una parte e, nello stesso tempo, dall’altra parte, di contribuire alla ricostruzione e alla pacificazione dell’Iraq.

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“BEATI I PURI DI CUORE”, COME IVAN MERZ,

MODELLO PER I GIOVANI EUROPEI CONTEMPOREANEI: 

LETTERA DEI VESCOVI DELLA BOSNIA ERZEGOVINA IN VISTA

DEL PROSSIMO VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA NEL LORO PAESE,

DOMENICA PROSSIMA, 22 GIUGNO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

 

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Un beato che arriva dalle file della ‘gente semplice’: così i vescovi della Bosnia Erzegovina salutano con gioia “il primo credente laico del popolo croato”, che salirà agli onori degli altari. Ivan Merz, vissuto tra 800 e 900, studente e soldato cattolico, fine intellettuale, educatore appassionato sarà beatificato da Giovanni Paolo II, nella città che gli diede i natali nel 1896, Banja Luka, dove il Papa sosterà per un giorno, tornando per la seconda volta in questo Paese, dopo cinque anni dalla prima visita a Sarajevo. “Si realizza finalmente - scrivono i presuli - una cosa per la quale tante persone per decenni si sono instancabilmente impegnate e per la quale in molti hanno pregato”. “Ivan Merz ha davvero qualcosa da dire e da dimostrare anche ai giovani membri della Chiesa di Cristo, sia nelle nostre diocesi che in tutta l’Europa”. “Ivan - sottolineano i vescovi - da ragazzo non era niente di particolare”, “conobbe Cristo gradualmente, di giorno in giorno, nella preghiera, nel dolore, nelle sofferenze belliche e negli approfondimenti del pensiero”, lungo la sua breve, intensa esistenza, che si chiuse a soli 32 anni. “Esempio di ubbidienza”, “precursore” del Concilio Vaticano II avvertiva l’esigenza di rinnovare la Chiesa e di valorizzare i laici. Ivan Merz “è una prova diretta che ‘un uomo semplice’, che non appartiene ad un ordine spirituale, dovunque vive e cresce, a qualsiasi cultura appartiene, può realizzare la santità di vita dove vive e lavora”. “Ivan Merz – concludono i presuli della Bosnia Erzegovina – “è una chiara guida all’Europa scristianizzata in agonia di dubbi e tentazioni contemporanee”, “è un richiamo all’Europa moderna” per un ritorno alle sue radici  cristiane.

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CHIESA E SOCIETA’

18 giugno 2003

 

NELLA CAPITALE MALESE, KUALA LUMPUR, SI E’ APERTA IERI

LA CONFERENZA SULLA POLMONITE ATIPICA PROMOROSSA DALL’OMS.

SECONDO GLI SCIENZIATI, PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO,

L’EPIDEMIA DI SARS HA TERMINATO IL SUO CICLO PIÙ DEVASTANTE

- A cura di Chiaretta Zucconi -

 

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KUALA LUMPUR. = L’epidemia di Sars è quasi sotto controllo, ma la lotta non è ancora finita e c’è ancora bisogno di grande vigilanza. Questa la posizione ufficiale dell’Organizzazione mondiale della sanità, espressa dal direttore regionale per il Pacifico Occidentale, Shigeru Omi, nel suo discorso di apertura della conferenza sulla polmonite atipica, che si è aperta ieri nella capitale malese, Kuala Lumpur. Una conferenza di due giorni a cui partecipano mille scienziati di tutto il mondo, riunitisi intorno al capezzale della grande malata, l’Asia, dove la Sars ha fatto la sua prima drammatica comparsa nel novembre scorso. Quindi, pacato ottimismo, ma ancora grande prudenza. Queste le parole d’ordine dell’Organizzazione mondiale della sanità, che attribuisce il successo del contenimento dell’epidemia all’eccezionale collaborazione internazionale e alla solida vigilanza esercitata lungo i confini. Ieri la Oms ha rimosso Taiwan dalla lista dei Paesi a rischio, attribuendo la decisione agli enormi miglioramenti nella guerra contro l’epidemia, raggiunti dalle autorità dell’isola. Per ora nella lista delle aree verso le quali non sono raccomandati i viaggi, se non per motivi eccezionali, resta soltanto Pechino. Nella capitale cinese sono state attivate 120 linee telefoniche di emergenza per dare assistenza e consiglio alla popolazione. Finora, tuttavia, secondo fonti locali, le linee sono state oggetto soprattutto delle chiamate di mitomani. Ma la Sars ha nel frattempo sollecitato i legislatori cinesi a rivedere la vecchia legge del 1989 sulla prevenzione e la cura delle malattie contagiose, che attualmente non contiene misure specifiche e pratiche per combattere nuove epidemie.

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LA RELIGIOSA IRLANDESE EILEEN CUMMINS È LA NUOVA SUPERIORA GENERALE

DELLE SUORE MISSIONARIE DI NOSTRA SIGNORA DEGLI APOSTOLI.

L’ELEZIONE È AVVENUTA DURANTE IL CAPITOLO GENERALE DELL’ISTITUTO

IN CORSO A ROMA

 

ROMA. = È stata eletta la nuova superiora generale delle Suore missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, l’irlandese Eileen Cummins, nel corso del quattordicesimo capitolo generale dell’istituto, che si svolge a Roma dal 24 maggio al 21 giugno. L’assemblea, che si tiene ogni cinque anni e che è composta da 44 delegate della comunità, ha come tema «Donne di comunione, apostole del terzo millennio: prendiamo il largo nella Speranza», e rappresenta un’importante lavoro di verifica del cammino spirituale ed apostolico dell’istituto stesso nonché un’occa-sione per programmarne le attività future. La nuova superiora succede a suor Dartois Chantal, giunta al termine del proprio mandato. Le suore di Nostra Signora degli Apostoli sono state fondate a Lione nel 1876 da padre Augustin Planque, un sacerdote francese con la passione dell’annuncio del Vangelo in terre lontane. La congregazione conta circa 900 suore sparse in quasi venti Paesi di Europa, Africa, America e Medio Oriente e si dedica principalmente all’evangelizzazione, alla promozione umana in particolare delle donne e dei bambini mediante attività sanitarie, sociali ed educative, nonché al dialogo interreligioso, soprattutto con l’islam. (M.D.)

 

 

L’ANNUNCIO DI UNA LOGICA DELLA CONVIVENZA E LA RISCOPERTA DELLA CENTRALITÀ DELL’ALTRO NELLA NOSTRA SOCIETÀ. QUESTI I TEMI DISCUSSI IERI AD OROSEI

DURANTE IL 29. MO CONVEGNO NAZIONALE DELLE CARITAS DIOCESANE

 

OROSEI. = La Caritas può essere lo “strumento per far comprendere alla comunità dei credenti quale sia il suo compito nella storia dell’oggi dell’umanità”. È l’invito con il quale il teologo Enrico Chiavacci ha aperto la seconda giornata del 29° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, in svolgimento a Orosei, in Sardegna, fino al 19 giugno. “La Caritas – ha affermato Chiavacci - deve essere la testimonianza operosa della fede nel Vangelo”. Ricordando l’urgenza di un’unità di azione con le altre confessioni cristiane, il teologo ha richiamato la Caritas a non farsi “condizionare da questioni di convenienza politica”. Il Convegno diocesano è poi proseguito con l’intervento del sociologo Mauro Magatti sul tema della globalizzazione. “Lo spazio globale – ha affermato il sociologo - si ridefinisce creando, tra gli uomini, rapporti che assomigliano sempre più a reti”. Secondo Mauro Magatti la “fragilità individuale e collettiva riconsegna, soprattutto alla comunità dei credenti, la questione dell’altro”. L’alterità, secondo lo studioso, è di nuovo al centro della vita sociale e nessuna pace universale è raggiungibile se non si riconoscono gli interrogativi che pone l’altro. Abbiamo bisogno di un sistema di regole nuove per governare la globalizzazione, ma – ha chiesto Magatti – “chi gestisce le differenze?”. Il sistema liberale può scrivere regole nuove, ma non è attivo sui grandi problemi quali la povertà e l’equa distribuzione delle risorse. “Tutti noi – ha concluso il sociologo - siamo oggi più spaventati, spaesati e soffriamo della sindrome dello spettatore, del vedere senza agire”. Recuperare l’etica dell’altro sembra, dunque, un’operazione indispensabile per sviluppare le nuove istituzioni nel rispetto delle persone. (A.L.)

 

 

L’ASSOCIAZIONE MEDICA AMERICANA AVALLA LA CLONAZIONE A SCOPO TERAPEUTICO, IN CONTRASTO CON LA CASA BIANCA. AMMESSA L’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEI MEDICI CONTRARI A TALI ESPERIMENTI PER MOTIVI ETICI

- A cura di Paolo Mastrolilli -

 

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NEW YORK. = L’associazione dei medici americani, cioè l’equivalente dell’ordine professionale in Italia, si è messa in rotta di collisione con la Casa Bianca, appoggiando ieri la clonazione a scopi di ricerca. L’organismo ha raccomandato tutti gli iscritti di utilizzare la pratica che comporta la creazione di embrioni, allo scopo di raccogliere le cellule staminali da usare poi per rimpiazzare tessuti umani danneggiati o per altri motivi di studio. L’associazione ha definito etica questa procedura, ma ha lasciato ai medici che non la condividono la facoltà di rifiutarsi di adottarla su base personale. Questa direttiva è in aperta contraddizione con quella emanata dal presidente Bush, che ha dato via libera alla ricerca solo sulle linee di cellule staminali già esistenti, vietando quindi la creazione di embrioni a questo scopo. L’amministrazione si oppone ad ogni genere di clonazione, tanto per fini riproduttivi, quanto per fini di studio e all’inizio dell’anno la Camera dei deputati ha approvato un divieto ispirato a questa posizione. I responsabili dell’Associa-zione dei medici hanno detto che il loro obiettivo non era  boicottare la politica del presidente, ma dare indicazioni ai loro iscritti. La questione però ora torna nelle mani dei politici, che approvando un divieto nazionale in entrambe le aule del Congresso, potrebbero vanificare la posizione presa dai dottori.

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NUOVI RIMPATRI DI PROFUGHI VERSO TIMOR EST.

LO RIFERISCE IL JESUIT REFUGEE SERVICE (JRS)

PRECISANDO CHE GLI SFOLLATI PROVENGONO DALL’AREA OCCIDENTALE DELL’ISOLA

 

TIMOR EST. = Riprende dopo quattro mesi di interruzione il rimpatrio dei profughi di Timor Est provenienti dall’Ovest dell’isola. Quattro nuclei familiari sono stati prelevati dai campi profughi di Tuapukan e Noelbaki e accompagnati al confine dal comando distrettuale militare di Kupang. Lo riferisce il Jesuit Refugee Service (Jrs) precisando che il rientro di questo gruppo di persone è significativo perché sono ancora molti gli est-timoresi che non riescono a tornare in patria per ragioni economiche o perché temono rappresaglie. I fondi per il trasferimento dei rifugiati nei campi profughi sono stati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom). Il Jrs ritiene che nelle prossime settimane molte altre persone potrebbero tornare in patria, a causa delle pessime condizioni in cui versano i campi dove sono ospitati. Il servizio dei gesuiti ricorda, infine, che nel marzo scorso si sono verificati incidenti che hanno causato la distruzione di diversi appezzamenti di terreno coltivati dai rifugiati (A.L. – M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 giugno 2003

  

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Non ci sarà il vertice tra Usa, Russia, Cina, Giappone, Corea del Sud e Corea del Nord. Pyongyang rifiuta l’invito ai colloqui e si dichiara pronta a rafforzare il deterrente nucleare come misura di autodifesa. Lo si legge in un comunicato del ministero degli esteri nordcoreano in cui si spiega che un tavolo a cinque avrebbe come effetto di isolare la Corea del Nord.

 

E’ sempre allarme sulla sicurezza in Iraq, dove continuano gli scontri tra le forze americane e la resistenza irachena. Stamani i soldati americani hanno aperto il fuoco su alcuni manifestanti a Baghdad, uccidendo un ex soldato iracheno e ferendone un altro. Ce ne parla Giada Aquilino:

 

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Erano in 300 stamani davanti ad uno degli ex palazzi presidenziali di Saddam ed ora sede del quartier generale della coalizione. Quelli che una volta erano i soldati del regime si sono ritrovati oggi per protestare e domandare il pagamento dei salari arretrati, non più effettuato da quando l’amministratore americano in Iraq, Paul Bremer, ha disciolto ufficialmente l’esercito di Baghdad, il 23 maggio scorso. Secondo una prima ricostruzione, gli iracheni avrebbero cominciato a lanciare sassi verso le forze americane, che avrebbero quindi reagito, sparando. Sul terreno rimangono dunque le tensioni, anche alla luce della rivendicazione - fatta ieri alla televisione araba in Qatar, Al Jazeera - di tutti i recenti attacchi contro le truppe straniere: ad entrare in azione sarebbero state le sedicenti Brigate di Resistenza Irachena, le quali hanno però preso le distanze dal deposto presidente Saddam Hussein, duramente criticato nel comunicato per aver portato alla rovina il Paese. Un altro soldato americano è poi rimasto vittima ieri di un attentato, mentre il bilancio dell’operazione “Desert Skorpion” contro gli irriducibili del partito Baath parla di quasi cento morti e di oltre 400 arresti. Il governatore Bremer ha infine annunciato l’istituzione di una Corte penale centrale per accelerare la gestione della giustizia nel Paese.

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Il presidente afghano Hamid Karzai  è arrivato oggi a Teheran per una visita di tre giorni. Karzai ha in programma incontri con il suo omologo iraniano Mohammad Khatami e con la guida suprema, ayatollah Ali Khamenei. Durante la sua permanenza a Teheran si svolgerà inoltre un vertice tra Iran, Afghanistan, Uzbekistan e Tagikistan.

 

Restiamo in Iran dove continuano le proteste degli studenti nei campus universitari ma sembrano agitazioni prive di consistenza. Ieri la maggioranza dei parlamentari ha denunciato le ingerenze americane negli affari interni dell’Iran, ma il segretario di Stato americano Colin Powell ha puntualizzato che gli Stati Uniti appoggiano ma non fomentano le proteste. Stamani due donne, simpatizzante dei mujaheddin del popolo, hanno tentato di immolarsi con il fuoco  presso i locali del controspionaggio francese dove sono tuttora  trattenuti 26 dei 165 militanti fermati ieri. Sulla situazione delle manifestazioni in Iran, Roberto Piermarini ha raggiunto telefonicamente a Teheran il corrispondente dell’Ansa, Alberto Zanconato:

 

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R. - A Teheran, in particolare, le manifestazioni si svolgono più all’interno dei dormitori, dove ci sono dei sit-in, delle assemblee con qualche centinaio di studenti. Mentre nel resto del Paese, in diverse città, ci sono manifestazioni che appaiono spontanee, sporadiche, e quindi non sembra esserci comunque un’opposizione organizzata che muove tutto questo.

 

D. – A Parigi ieri c’è stata una retata di Mujahhedin del Popolo, accusati di terrorismo e da sempre oppositori al regime di Teheran, con l’arresto con 165 iraniani. Come è stata commentata questa notizia dall’autorità di Teheran?

 

R. – La notizia è stata commentata positivamente. Questa operazione francese a Teheran viene letta anche in senso politico: cioè qualcosa si sta muovendo anche per rispondere a queste richieste iraniane di mettere fine all’attività dei Mujaheddin. E questo fa pensare che, forse, dall’Iran potrebbe esserci anche qualche contropartita. Non dimentichiamo che l’Iran è tra i sostenitori dei gruppi palestinesi, come Hamas e come la Jihad islamica, e in questo momento è indispensabile per l’Occidente, per favorire la prosecuzione della road map e mettere fine all’attività di questi gruppi.

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Nessuna novità negli sforzi palestinesi per far cessare gli attacchi estremisti anti-israeliani, proprio mentre è stata ufficializzata la visita del segretario di Stato americano Powell, che sarà in Medio Oriente venerdì prossimo. Sul terreno, poi, da segnalare la morte di una bambina israeliana di 7 anni, uccisa ieri sera da colpi d'arma da fuoco palestinesi vicino Qalqiliya, nel nord della Cisgiordania. L’uccisione è stata rivendicata in un comunicato congiunto da due gruppi armati palestinesi d’obbedienza laica: le brigate dei martiri di Al Aqsa e il Fronte  popolare per la liberazione della Palestina-Comando generale. Ma le violenze non sono finite. Sentiamo Graziano Motta:

 

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Nella Striscia di Gaza un missile lanciato su un villaggio agricolo ebraico ha danneggiato una casa e presso la frontiera con l’Egitto una potente carica esplosiva è stata disattivata da soldati, mentre guerriglieri con un razzo anticarro attaccavano una postazione militare. Queste le ultime notizie di una rivolta che non accenna a cessare. Il primo ministro palestinese, Mahmud Abbas, non è riuscito a convincere i leader dei gruppi fondamentalisti ad accettare una tregua che dischiuda l’applicazione della road map, il piano di pace. Ad essi ha proposto anche di entrare a far parte di un governo di unità nazionale. Si sono riservati una risposta, ma il capo della Jihad ha lasciato già intendere che sarà negativa. E non ha dato risultati l’incontro sui problemi legati alla sicurezza tra i due generali israeliani e il ministro palestinese Dahlan. Da segnalare che a Washington è stato ricevuto alla Casa Bianca dal vice presidente Cheney l’ex premier, Benjamin Netanyau, attuale ministro dell’economia e deciso oppositore della road map.

                              

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Con l’arresto alla Mecca nei giorni scorsi di 12 terroristi di diverse nazionalità,  l'Arabia Saudita si dichiara in ''guerra'' contro il terrorismo, impegnandosi a contrastare con forza qualsiasi attacco o attentato. Lo comunica il ministero dell’Interno saudita precisando che tra gli arresti nella città santa dell’islam vi sono sette sauditi, tre ciadiani, un egiziano e un uomo di nazionalità ignota.

 

Tornano a colpire in Uganda i ribelli del sedicente Esercito di resistenza del Signore. I miliziani hanno attaccato stanotte l’orfanotrofio di Adjumani, 90 chilometri a nordovest di Gulu, nell’Uganda settentrionale, rapendo 15 bambini. Giada Aquilino ne ha parlato con padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia Misna, appena rientrato dall’Uganda:

 

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R. – Certamente sono aggressioni a presidi cattolici, non v’è dubbio. Non dimentichiamo che, comunque, la situazione riguarda la popolazione. Chiaramente ci sono i missionari che sono al loro fianco.

 

D. – Che cosa si teme per la sorte di questi bambini?

 

R. – Non sappiamo che fine faranno. Qualcuno dice che sono già stati arruolati nelle fila del movimento ribelle. Non dimentichiamo che nell’arco degli ultimi 10 anni sono circa 20mila i bambini che sono stati sequestrati dal Lord’s Resistence Army. Davvero il conflitto dal nord gradualmente si sta estendendo a macchia d’olio un po’ ovunque e l’esercito di Kampala, purtroppo,che che se ne dica, non riesce, almeno finora non è riuscito a contrastare l’avanzata ribelle.

 

D. – In che condizioni vive la popolazione civile?

 

R. – La gente vive in una situazione disperata anzitutto perché i villaggi delle zone rurali sono stati praticamente quasi tutti messi a ferro e fuoco. Quindi la gente vive nei principali centri urbani e soprattutto nelle parrocchie. Poi c’è questa insicurezza che regna sovrana. I ribelli possono compiere da un momento all’altro imboscate, uccidere senza pietà chiunque capiti loro a tiro.

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Proprio mentre si sperava positivamente per il futuro della Liberia, ad un giorno dalla firma del cessate il fuoco di Accra, in Ghana, i ribelli, che da anni combattono  il regime del presidente Charles Taylor si sono detti intenzionati a riprendere le violenze. Ne dà notizia l’agenzia francese Afp secondo cui i ribelli accusano il governo di aver violato l’accordo di ieri insediandosi nelle zone a sud-est del paese.

 

Torniamo a parlare dell’attentato di ieri alla scuola spagnola Cervantes di Roma. In un volantino, di circa venti righe di testo, recapitato alla sede del quotidiano “Il manifesto” la violenza è stata rivendicata dal gruppo anarco-insurrezio-nista spagnolo, lo stesso che “firmò” alcuni mesi fa i pacchi bomba arrivati a Roma e Milano nelle sedi della compagnia aerea spagnola Iberia. Sono in corso gli accertamenti.

 

Il governatore della Banca di Francia, Jean-Claude Trichet, è stato assolto nell’ambito della vicende Crédit Lyonnais. La sentenza è cruciale per le ambizioni di Trichet di succedere a Wim Duisenberg alla guida della Banca Centrale Europea (Bce).

 

Tragedia automobilistica stamani in Egitto: nello scontro tra un pullman e un’automobile sulla strada costiera del Sinai che da Ismailia porta a Sharm El Sheikh, tre turisti italiani hanno purtroppo perso la vita ed altri cinque sono rimasti feriti. Gli autisti dei due mezzi sono entrambi stati arrestati. Gli accertamenti sono in corso.

 

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