RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 168 - Testo della
Trasmissione di martedì 17 giugno 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La road map
al centro dei colloqui stamani a Gaza tra il premier palestinese Abu Mazen e
l’inviato americano John Wolf
371
fedelissimi di Saddam Hussein arrestati nel corso dell’operazione Desert
Scorpion
Allarme
per le missioni in Uganda: i ribelli lanciano una persecuzione contro i
religiosi attivi nel paese
Scoppia una bomba nel collegio spagnolo Cervantes
a Roma: l’antiterrorismo avoca l’inchiesta
Processo Sme: per il premier italiano Berlusconi è
un processo senza prove.
17
giugno 2003
IL
PAPA LANCIA AL MONDO UNA NUOVA RICHIESTA DI AIUTO
PER LE POPOLAZIONI POVERE DEL SAHEL, NEL SUO DISCORSO
AI VESCOVI DEL BURKINA-NIGER IN VISITA “AD LIMINA”
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Un solenne appello alla comunità internazionale perché
manifesti “concretamente e in maniera durevole il proprio sostegno alle
popolazioni povere del Sahel”, insieme all’auspicio che “la solidarietà, in un
contesto di giustizia e di carità, non conoscano né frontiere né limiti e che
la generosità permetta di prevedere il futuro con maggiore serenità”. Inizia
con queste parole – e si conclude con l’invito a costruire un solido rapporto
con l’islam - il discorso che Giovanni Paolo II ha indirizzato questa mattina
ai vescovi di Burkina Faso e Niger, a conclusione della loro visita “ad
Limina”.
Il Papa
ha subito mostrato grande apprezzamento per l’energia missionaria mostrata
dalle Chiese locali, in una terra colpita - ha riconosciuto - da una “povertà
endemica”, causata da condizioni climatiche difficili e da una crescente desertificazione.
Nonostante la precarietà quotidiana, ha riscontrato il Pontefice, le Chiese del
Burkina e del Niger mostrano una multiforme “vitalità”. A cominciare
dall’impegno profuso nell’inculturazione del Vangelo, la cui pastorale è stata
definita fruttuosa dal Papa, capace di produrre “fermenti di vita cristiana e
segni concreti della comunione missionaria che la Chiesa-Famiglia è chiamata a
divenire”. La famiglia stessa, e il matrimonio in modo speciale, hanno
richiamato l’attenzione di Giovanni Paolo II. In un contesto religioso nel
quale si riscontra un certo ritorno a “pratiche antiche” e in un ambito sociale
nel quale ancora forte è l’influenza dei “costumi tradizionali”, il Pontefice
ha esortato a “promuovere la dignità del matrimonio cristiano”, che ha nella
monogamia una delle sue caratteristiche fondanti.
Come
sempre in queste circostanze, il Papa ha tra l’altro raccomandato ai vescovi di
prestare grande cura alle vocazioni sacerdotali e alla formazione permanente
del clero. Infine, le relazioni tra cattolici e musulmani. In Burkina e nel
Niger, ha affermato Giovanni Paolo II, lo stato di questi rapporti è
“generalmente improntato al rispetto, alla stima e alla convivialità”. Vi
incoraggio “a coltivare questo dialogo”, ha invitato il Papa. Cristiani e
musulmani, ha aggiunto, attingano dalle loro tradizioni religiose, “le forze
necessarie per collaborare allo sviluppo solidale dei loro Paesi”. Davanti
“allo scandalo della povertà e dell’ingiustizia - ha concluso il Pontefice –
auspico in particolare che la Chiesa continui a svolgere il suo ruolo profetico
e ad essere la voce dei senza-voce, affinché dappertutto la dignità umana sia
riconosciuta per ogni persona e siano promosse tutte le iniziative mirate a
sviluppare e a nobilitare l’uomo nella sua esistenza spirituale e materiale”.
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“L’UOMO DELLA GIOIA, AFFABILE
E CORDIALE CON TUTTI”, S. GIUSEPPE DA COPERTINO:LO RICORDA COSÌ GIOVANNI PAOLO
II, A 400 ANNI DALLA NASCITA, IL 17 GIUGNO 1603, IN UN MESSAGGIO RIVOLTO A
PADRE JOACHIM GIERMEK,
MINISTRO GENERALE DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI
- Servizio di Roberta Gisotti -
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“Singolare Santo”, “fedele discepolo del Poverello
d’Assisi”, Giuseppe da Copertino chiama oggi i Frati Minori Conventuali “ad
approfondire la loro vocazione religiosa
per rispondere - sollecita il Papa - con rinnovato impegno, come egli
fece ai suoi tempi, alle grandi sfide che la società pone”, “all’alba del terzo
millennio”. Conosciuto come il “Santo dei voli”, per le frequenti estasi,
Giuseppe da Copertino - sottolinea il Santo Padre – è “guida spirituale” per
tutti, perché “invita i fedeli ad assecondare le attese più intime del cuore”,
“li stimola a ricercare il senso profondo dell’esistenza” e “li spinge ad
incontrare personalmente Iddio abbandonansi pienamente alla sua volontà”.
“Patrono degli studenti”, “incoraggia il mondo della cultura” a ”fondare il sapere
umano sulla sapienza di Dio”.
“San Giuseppe da Copertino si distinse per la semplicità e
l’obbedienza. Distaccato da tutto visse continuamente in cammino, spostandosi
da un convento all’altro come i superiori stabilivano”, sempre affidandosi
“nelle mani di Dio”, “accettando anche le umiliazioni e i dubbi che
l’originalità dei suoi carismi non mancò di suscitare”. “Il Crocifisso gli era
sempre presente nella mente e nel cuore, tra le sofferenze di una vita
incompresa e spesso ostacolata”, il che non gli impedì mai di “trasmettere la
sua santa e francescana letizia”.
E tante sono le iniziative religiose, pastorali, culturali
in questo Anno centenario per riscoprire l’attualità di un “mistico
straordinario”, dedicato alla preghiera e alla contemplazione. “L’eroica
testimonianza evangelica di questo affascinate uomo di Dio” sia dunque -
auspica il Papa - per gli uomini e le
donne del nostro tempo “un forte richiamo a vivere con passione ed entusiasmo
la propria fede, nelle molteplici e complesse situazioni dell’epoca contemporanea”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
situazione in Medio Oriente apre la prima pagina; la fine del terrorismo - afferma
Sharon - è indispensabile per avviare l'applicazione del piano di pace.
Nelle
vaticane, nel discorso ai presuli della Conferenza Episcopale di Burkina Faso-Niger,
Giovanni Paolo II ha esortato la Chiesa, di fronte alla scandalo della povertà
e dell'ingiustizia, ad essere voce dei senza voce.
Due
pagine dal titolo "La Chiesa cattolica: una realtà in lenta, ma in
costante crescita". Le statistiche nei cinque Continenti.
Un articolo di Antonio Miralles sull'Enciclica
"Ecclesia de Eucharistia".
Un
articolo sui solenni festeggiamenti - presieduti dal cardinale Giovanni
Battista Re a Messina - della Patrona, la Madonna della Lettera.
Nelle
pagine estere, una Dichiarazione del presidente della Camera dei Deputati della
Repubblica Italiana sulla bozza del Preambolo della futura Costituzione dell'Ue:
"Una forzatura della realtà. Un'inaccettabile pregiudiziale culturale ed
ideologica".
Riguardo
all'Iran, l'Aiea chiede che siano consentite immediatamente ispezioni più
severe delle installazioni nucleari.
Nella
pagina culturale, "Una sensibilità di matrice poetica" è il titolo
dell'articolo di Claudio Toscani in ricordo di Giacinto Spagnoletti.
Per
l'"Osservatore Libri" un approfondito contributo di Danilo Veneruso
sul volume di Aldo Alessandro Mola dal titolo "Storia della monarchia in
Italia".
Nelle
pagine italiane, in primo piano il referendum: non è stato raggiunto il quorum.
Tra i temi in rilievo, l'immigrazione.
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17
giugno 2003
CONTINUA IL DIBATTITO
SUL MANCATO RICONOSCIMENTO DELLE RADICI CRISTIANE
NEL PREAMBOLO DELLA BOZZA DI COSTITUZIONE EUROPEA
- Con noi lo storico Franco Cardini e il cardinale
Roberto Tucci -
Mentre si prepara il Vertice dei
capi di Stato e di governo dell’Unione Europea che venerdì prossimo si riunirà
a Salonicco per esaminare la bozza del trattato costituzionale, continua il
dibattito sull’omissione del riconoscimento esplicito delle radici cristiane
dell’Europa nel preambolo. Diamo la parola allo storico prof. Franco Cardini,
al microfono di Fabio Colagrande.
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R. - L’idea dell’Unione Europea nasce insieme al progetto
di pace perpetua di Kant, quindi è l’Europa esausta dalle continue guerre
fratricide che si sono avute tra il ‘500 e il ‘700 che ha bisogno di unirsi. Ha
solo radici cristiane, questo sogno europeo? Senz’altro no: ha anche radici
ebraiche, ha quelle romane, ha quelle ellenistiche, ha quelle laiche, ha quelle
massoniche, ha quelle – se si vuole – agnostiche della filosofia del XVIII
secolo: anche queste, a maggior ragione! Tutta questa realtà complessa non si
poteva richiamare in poche righe nel preambolo? No: si è preferito far tabula
rasa di tutto, azzerare tutto. Non si può parlare di Cristianesimo? Allora
si avvia un effetto-domino: non si parla più del Rinascimento, non si parla più
nemmeno dell’Illuminismo, non si può più parlare di niente.
D. –
Ecco, professor Cardini, il filosofo Sergio Givone sul Messaggero qualche
giorno fa scriveva, a proposito proprio di questo preambolo: ‘Se il testo in
questione fosse un trattato di storia, sarebbe inaccettabile che in esso si
facesse menzione dell’Illuminismo e non anche del Cristianesimo; ma il testo
non è un trattato di storia, è una Carta costituzionale, ci sono dei principi;
è giusto ricordare che è stato il cristianesimo a portarli nel mondo; giusto,
ma superfluo: questi principi valgono indipendentemente dal cristianesimo’. Il
suo parere:
R. – Certamente, Givone ha le sue ragioni. Nei preamboli
alle Costituzioni non c’è strettamente bisogno di un richiamo storico; però
fino ad oggi nei preamboli delle Costituzioni ordinariamente questo avviene.
Vogliamo fare in modo che nel preambolo alla Costituzione europea non ci sia
nessun richiamo legittimante alla storia? In generale, quando si fonda una
nuova Istituzione, si chiede alla storia una legittimazione. Vogliamo
dichiarare che gli europei del XXI secolo di questa legittimazione storica non
hanno bisogno?
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Il testo del preambolo è buono,
ma allo stesso tempo delude. Anche per numerosi uomini di cultura laica,
l’omissione del riconoscimento delle radici cristiane nella bozza della Costituzione
europea è un assurdo. E’ quanto afferma il cardinale Roberto Tucci,
nell’intervista di Luca Collodi.
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R. - Mi pare che sia un testo – diciamo – buono, in sé.
Anche se, a mio parere, sarebbe stato meglio se ci fosse stata anche una menzione
delle radici giudaico-cristiane dell’Europa: è una delusione, quindi.
D. – Nella cultura europea, le radici giudaico-cristiane
sono comunque presenti …
R. – Sì, e sono un fatto. In molta opposizione,
soprattutto nel mondo francese, all’inserzione di una menzione delle radici
giudaico-cristiane dell’Europa c’è il pregiudizio che con questo si vada contro
la laicità. Noi non chiediamo che venga accettata la fede religiosa
giudaico-cristiana, attraverso il preambolo chiedevamo semplicemente che
venisse riconosciuto il fatto storico, il ‘fatto’, che – praticamente – il
cristianesimo ha avuto un enorme influsso, più di ogni altra cultura che ha
contribuito all’Europa, alla formazione di questo che potremmo chiamare l’ethos dell’Europa. Recentemente, quello
che mi ha colpito di più è stato il fatto che hanno cominciato a levarsi voci
laiche, nel senso di ‘laicisti’, piuttosto, quindi gente perlomeno che non
accetta la fede cristiana o sta molto ai margini della fede cristiana:
riconoscono che è un assurdo che non si sia avuto il coraggio di parlare
esplicitamente di radici giudaico-cristiane. E c’è per esempio lo storico
Jacques Legoff, il filosofo André Glucksman. Bernard Guetta, editorialista del
settimanale ‘Express’ e di Radio France Nanterre, Régis Debray, ex-gauchiste,
che ha legato il suo nome a Che Guevara, però recentemente ha pubblicato un
libro – ‘Le feu sacré’ – dove dice: ‘E’ una cattiva laicità quella che si
oppone al cattolicesimo: è un dibattito vecchio, superato’. E poi se la prende
soprattutto con il fatto che i giovani francesi non sono più capaci di capire
la cultura francese perché non conoscono niente del cristianesimo e della
storia del cristianesimo; e quindi proponeva se non fosse il caso di introdurre
nella scuola francese dei corsi non di catechesi, per carità, ma di cultura
religiosa, cristiana in modo particolare, per capire.
**********
L’AVANZATA DEL DESERTO
DALL’AFRICA SUBSAHARIANA AL MESSICO
UN’INSIDIA PER IL PIANETA.
-
Intervista con il geologo Mario Tozzi -
“La desertificazione è sia la causa,
sia la conseguenza della povertà”. Così il segretario generale dell’Onu, Kofi
Annan, nel messaggio dell’odierna Giornata mondiale per combattere
desertificazione e siccità dedicata quest’anno al tema “piani per la gestione
sostenibile delle risorse idriche”. “La quantità di terreno coltivabile per
persona – scrive Annan – sta diminuendo in tutto il mondo, minacciando così la
sicurezza alimentare e innescando crisi umanitarie ed economiche. Tutte le regioni
sono colpite: l’Australia, colpita lo scorso anno dalla siccità più grave in
oltre un secolo; l’india, dove ogni anno deforestazione e mancanza di acqua
trasformano 2,5 milioni di ettari in aree desertiche; l’Asia, il cui ambiente è
seriamente minacciato dalle tempeste di sabbia; il Messico dove il 70 per cento
delle terre sono vulnerabili alla desertificazione spingendo fino a 900 mila
cittadini ogni anno ad emigrare verso gli Stati Uniti.
Ma, ricorda il segretario generale dell’Onu, “in nessuna parte del mondo
il problema della desertificazione è più acuto che nell’Africa subsahariana,
dove si prevede che il numero dei rifugiati ambientali aumenti fino a 25
milioni nei prossimi vent’anni. Ma cosa si intende con questi due termini?
Paolo Ondarza lo ha chiesto a Mario Tozzi, primo ricercatore del Consiglio
nazionale per le ricerche di Roma:
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R. - La
desertificazione è la perdita di terreno fertile o comunque utile all’uomo, la
siccità invece si riferisce fondamentalmente alla scarsità di precipitazioni.
Se in una regione piove meno di duecento millimetri per anno si può parlare di
area siccitosa o desertica. Si tenga presente che in Italia un tempo pioveva in
media circa mille millimetri di pioggia all’anno, cifra che va abbassandosi di
anno in anno.
D. - Ci sono
zone maggiormente colpite da desertificazione e siccità o, si tratta di fenomeni
ascrivibili un po’ a tutta la terra?
R. -
Sono tipicamente ascrivibili a tutta la terra perché agiscono un po’ a macchia
di leopardo: li abbiamo naturalmente vicino alle grandi aree desertiche
dell’Africa e poi sono sviluppate naturalmente in Asia attorno alle aree
desertiche cinesi e nelle zone più siccitose dell’America del sud; anche
l’Italia è colpita da questi fenomeni: in particolare la parte centro
meridionale della Puglia, un lembo della Basilicata e della Calabria, la
Sicilia e la Sardegna.
D. - Quali le principali cause della desertificazione e
della siccità?
R. - La siccità ha soprattutto una causa climatica, cioè
se il clima si sta riscaldando, come pare che effettivamente avvenga, può
accadere che piova di meno e in maniera differente cioè, per esempio, invece di
avere la pioggia diffusa abbiamo la pioggia battente in lassi di tempi molto
ristretti. Di conseguenza il terreno fa fatica ad assorbire questa quantità
d’acqua. Poi ci sono anche cause riconducibili all’uomo che interviene
modificando la distribuzione della vegetazione per esempio tagliando le foreste
per far posto a nuovi pascoli.
D. - Si tratta di cause a cui è possibile fare fronte, se
si in che modo?
R. - Be’ certo se vogliamo che il clima non si scaldi
troppo rapidamente dobbiamo immettere meno anidride carbonica nell’atmosfera,
quindi bisognerebbe prestare più attenzione all’uso che facciamo delle nostre
automobili, delle fabbriche e delle industrie. Un altro provvedimento è legato
invece al territorio che si utilizza: se noi estendiamo troppo le colture
estensive o i pascoli per gli allevamenti perdiamo terreno utilizzabile per un
agricoltura meno intensiva e con maggiore rotazione delle colture. Un tale
utilizzo del suolo permette al terreno di non esaurirsi, di non impoverirsi.
Perché la terra, ricordiamolo, è una risorsa che si impoverisce.
D. - Desertificazione e siccità sono problemi di grande
portata ma, il piccolo cittadino può fare qualcosa?
R. - Si, nel nostro piccolo, se si vuole si può anche fare
qualcosa per i consumi d’acqua in generale: preferire le docce ai bagni oppure
lavarsi i denti o farsi la barba sempre con la stessa acqua del lavandino,
senza farla correre… Sono tante le piccole cose che possiamo fare; fa
riflettere ricordare come una volta il rubinetto di mia nonna per l’acqua
potabile era uno solo in casa. Oggi nelle abitazioni tutti gli attacchi
dell’acqua emettono acque potabili, persino gli sciacquoni o i tubi per la
lavatrice o la lavastoviglie… è uno spreco,
non ce ne è bisogno.
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L’ESIGENZA DI UNA GLOBALIZZAZIONE SOLIDALE,
L’ANNUNCIO DEL VANGELO
E LA
PROMOZIONE DELLA PACE. SONO ALCUNI DEI TEMI DISCUSSI IERI A ROMA, NELL’INCONTRO
CON LA STAMPA, DAL MINISTRO GENERALE DEI FRATI MINORI,
LO
SPAGNOLO PADRE JOSÈ RODRIGUEZ CARBALLO
-
Intervista con padre Josè Rodriiguez Carballo -
Il nuovo ministro generale dei frati minori, lo spagnolo
padre Josè Rodriguez Carballo, ha illustrato nella conferenza stampa tenutasi
ieri a Roma, nella sede della Curia generalizia dell’Ordine, le sfide e le
priorità emergenti per il futuro. Tra queste, padre Carballo, ha messo in
rilievo la ricerca di una dimensione solidale da contrapporre alla dominazione
economica del mercato e la promozione del dialogo come strumento di pace. Su
come i francescani intendono rispondere al messaggio del Papa che, nell’udienza
di ieri, li ha invitati a tendere alla santità, ascoltiamo padre Carballo al microfono di Amedeo Lomonaco.
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R. – Tentando di vivere la nostra ‘forma vitae’, che ha
come priorità lo spirito di orazione e devozione, la dimensione contemplativa,
la vita in fraternità, in povertà e l’evangelizzazione. Io penso che nella
misura in cui siamo fedeli a quanto abbiamo promesso nella professione religiosa,
nella stessa misura ascolteremo l’invito del Santo Padre e risponderemo a
questa esigenza fondamentale della vita francescana e della vita cristiana:
essere santi.
D. – Padre Carballo, come è possibile coniugare l’attività missionaria
francescana con le varie dimensioni della nostra società, dominata dai processi
di globalizzazione?
R. – La globalizzazione ha degli aspetti negativi perché porta molte
volte all’esclusione, ma presenta anche degli aspetti positivi. Noi vorremmo
collaborare, essendo strumento di globalizzazione in cui condividere quello che
siamo e quello che abbiamo. Proprio le nostre presenze missionarie tendono a
creare questa globalizzazione fraterna, rispettando le differenze senza escludere
nessuno.
D. – La costruzione della pace, la ricerca della giustizia e del perdono
possono interrompere la scia di violenza che già sta segnando il XXI secolo:
come è possibile, secondo lei, educare l’uomo del nostro tempo alla concordia e
alla riconciliazione?
R. – Se non vogliamo che questa catena di violenza continui, noi dobbiamo
educare già i piccoli alla riconciliazione, cioè all’accettazione dell’altro
educandoli a vedere la differenza come un arricchimento reciproco e non come
una limitazione del proprio ‘io’.
D. – Quale ruolo possono assolvere i mezzi di comunicazione nell’annuncio
del Vangelo?
R. – Essere il
più oggettivi possibili nella trasmissione dei fatti: i mezzi di comunicazione
devono cercare sempre di offrire i lati positivi dei fatti. Soprattutto,
inviterei i mezzi di comunicazione di ispirazione cristiana a leggere sempre i
fatti alla luce del Vangelo.
D. – Quali
speranze per la pace in Terra Santa e quale è il ruolo dei francescani nei
luoghi Santi?
R. – La
speranza della pace in Terra Santa passa necessariamente per l’impegno di tutte
le parti in conflitto per il dialogo, per l’ascolto e per la reverenza verso
l’altro. Il ruolo dei francescani è proprio in questa società, così fortemente
divisa e violenta, testimoniare che è possibile essere fratelli e vivere come amici
nelle differenze. E poi, non dobbiamo dimenticare che non possiamo mai
utilizzare il nome di Dio per combattere l’altro. Il nostro Dio, come dice il
Vangelo, fa sorgere il sole sugli uni e sugli altri.
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17
giugno 2003
“IL RECENTE VIAGGIO DEL
PAPA NEL NOSTRO PAESE E’ RICCO DI FRUTTI
CHE SI POTRANNO CONTINUARE A RACCOGLIERE
ATTRAVERSO LA PREGHIERA”.
COSÌ
L’ARCIVESCOVO DI MADRID, IL CARDINALE ROUCO VARELA, HA APERTO
IERI L’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE SPAGNOLA
- A
cura di Pilar Perez del Yerro -
MADRID.= Si è aperta ieri a Madrid, con la prolusione del
cardinale Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della conferenza
episcopale spagnola, l’assemblea plenaria che vede riuniti tutti i vescovi del
Paese. Durante i lavori, che dureranno l’intera settimana, i presuli
eleggeranno anche il nuovo segretario
generale della stessa Conferenza. Il discorso del cardinale Rouco Varela si è incentrato
in massima parte sulla visita del Papa in Spagna lo scorso maggio. “Un
avvenimento – ha sottolineato il porporato – ricco di grazia straordinaria che
si è svolto in un clima ecclesiale e popolare caratterizzato da grande serenità
ed armonia”. L’arcivescovo di Madrid ha quindi ricordato l’incontro del
Pontefice con i giovani, incontro che in maniera sorprendente è andato al di là
di ogni aspettativa sia quanto al numero dei partecipati sia quanto ad
entusiasmo, e dal quale è emerso come i giovani siano sempre alla ricerca
dell’eterno ed abbiano fame e bisogno di Dio. Il presidente dei vescovi
spagnoli ha richiamato le parole del Papa a proposito dell’evangelizzazione del
Paese, delle sue radici cattoliche e del contributo che la Spagna può dare
all’evangelizzazione dell’Europa, raccomandando al riguardo una speciale
attenzione alla pastorale giovanile. Non ha mancato poi di ricordare la Messa
per la canonizzazione dei 5 nuovi santi spagnoli, nella quale Giovanni Paolo II ha insegnato come la vita
di questi Santi sia il migliore programma pastorale per l’evangelizzazione
della nostra società. “Un viaggio breve – ha sottolineato il porporato – ma
ricco di frutti che si potranno continuare a raccogliere attraverso la
preghiera e un’azione pastorale preparata e realizzata in comunione”. Il
porporato ha anche espresso la sua gratitudine a mons. Asenjo, segretario
generale della Conferenza episcopale, che ha curato la preparazione della
visita del Pontefice, ed il cui mandato termina con questa plenaria. Infine il
cardinale Varela ha accennato ad altri temi di cui si occuperanno i vescovi,
come l’ora di religione nelle scuole e lo studio e l’eventuale approvazione di
un direttorio per la pastorale familiare, nonché l’esame di vari testi
liturgici. Successivamente ha preso la parola il nunzio apostolico in Spagna,
mons. Manuel Monteiro de Castro, che ha voluto
ringraziare la conferenza episcopale, l’arcivescovado di Madrid, il
governo e i numerosi volontari per la loro collaborazione al successo della
visita di Giovanni Paolo II.
CON
UNA DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEI PRESIDENTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA
E DEL CONSIGLIO DELLE CHIESE EVANGELICHE, IL CARDINALE KARL LEHMANN E IL
PASTORE MANFRED KOCK, RICORDANO IL 50.MO ANNIVERSARIO
DELLA
REPRESSIONE AVVENUTA A BERLINO EST IL 17 GIUGNO 1953
BERLINO.
= “Un simbolo del coraggio civile e dell’impegno per i diritti dell’uomo,
l’autodeterminazione, la libertà di fede e di coscienza”. Con queste parole i
presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio delle Chiese
evangeliche, il cardinale Karl Lehmann e il pastore Manfred Kock, ricordano in
una dichiarazione congiunta diffusa ieri, le vittime della repressione avvenuta
a Berlino Est il 17 giugno 1953. In quella circostanza, una manifestazione
popolare, che chiedeva il miglioramento delle condizioni di vita degli operai
nella ex Repubblica democratica tedesca (Ddr), venne repressa nel sangue dai
carri armati sovietici. “Più di 100 persone, in quell’occasione, vennero uccise
- si legge nella nota – ed oltre un migliaio furono incarcerate”. Il 17 giugno
molti cattolici si opposero al Partito e le Chiese presero attivamente parte
alla lotta per la libertà richiedendo la liberazione di chi venne fatto
prigioniero. “Se pensiamo a questo anniversario – essi aggiungono – ci sentiamo
in dovere di ringraziare i tanti sconosciuti che si sono fatti coinvolgere per
difendere i propri diritti e la libertà del loro Paese”. Questo episodio di
coraggio e speranza non può essere dimenticato dalla Germania di oggi, Paese
ancora segnato dalle conseguenze economiche e sociali della divisione tedesca.
“Il ricordo del 17 giugno – concludono i due presidenti - costituisce
un’esortazione per tutti quanti noi a non trascurare l’unità interna del Paese”.
(A.L.)
FIRMATA
IERI A GINEVRA DA VENTOTTO PAESI E DALLA UE LA BOZZA
DELLA CONVENZIONE SUL CONTROLLO DEL TABACCO.
PREVISTE MISURE SPECIFICHE CONTRO LA DIFFUSIONE DEL FUMO, IN ATTESA DELLA
RATIFICA E DELL’EFFETTIVA
PPLICAZIONE
DEL TRATTATO. L’OMS ESPRIME SODDISFAZIONE PER L’INTESA RAGGIUNTA
GINEVRA.
= Ventotto Paesi, rappresentanti di tutti e cinque i continenti, insieme
all’Unione Europea, hanno firmato ieri presso la sede dell’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms), a Ginevra, la bozza della Convenzione sul controllo del tabacco,
che resta finora l’unico trattato internazionale realizzato sul tema della salute.
Non solo paesi piccoli e grandi, industrializzati o in via di sviluppo hanno aderito
all’intesa, ma anche l’Unione europea nel suo complesso, per quanto poi i
singoli Stati che lo desiderino debbano firmare e ratificare il trattato
singolarmente. Non appena quaranta Paesi avranno firmato la Convenzione, questa
diventerà legge per le nazioni che la avranno ratificata e per i Paesi che
dovessero aderirvi in seguito. Per ora, infatti, la firma non vincola ancora
gli Stati all’applicazione del trattato, ma è una chiara espressione di
supporto politico e di impegno al rispetto dei principi contenuti nel documento
in attesa della ratifica. Il trattato prevede un piano internazionale di
controllo del tabacco mediante l’aumento delle tasse e del prezzo sulle
sigarette, nonché colpendone più severamente il traffico illegale e vietandone
la vendita ai minorenni. I singoli Paesi sono poi liberi di adottare misure
ulteriori per raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi. Esprime grande
soddisfazione per il risultato raggiunto la dottoressa Gro Harlem Brundtland,
direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità. La signora
Brundtland esorta poi tutte le nazioni del mondo a seguire l’esempio di questi
Stati nel firmare e ratificare il trattato, per dare un contributo concreto ad
un’emergenza che, secondo i dati dell’Oms, provoca ogni anno cinque milioni di
morti. (M.D.)
I
VESCOVI DEL PERÙ HANNO ILLUSTRATO CON UN MESSAGGIO,
DIFFUSO
GIOVEDÌ SCORSO, LA DIFFICILE SITUAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
IN CUI
VERSA IL PAESE ANDINO
LIMA.
= “Noi vescovi non possiamo rimanere indifferenti di fronte all’attuale situazione
sociale, economica e politica che affligge tutti i peruviani ed, in special
modo, le fasce più indigenti del nostro popolo”. Con queste parole i vescovi
del Perù hanno espresso, giovedì scorso, la loro preoccupazione per il Paese
andino, colpito da una profonda disuguaglianza economica e da una allarmante
instabilità sociale. “Chiediamo – hanno aggiunto i presuli – di promuovere una
pace autentica sui pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e della
libertà indicati da Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in Terris”.
Sottolineando la necessità di accompagnare ed orientare la loro missione
pastorale al processo democratico del Paese, i presuli hanno invitato le istituzioni,
pubbliche e private, a sostenere il popolo peruviano nella costruzione di una
società fondata sulla responsabilità etica. “Facciamo un appello – hanno
concluso i vescovi – ai mezzi di comunicazione affinché mettano in risalto
quanto contribuisce alla pace ed evitino ciò che invece può incentivare la
violenza, la diffamazione della persona e fomentare la cultura del sospetto
provocando scoraggiamento, sconcerto e divisioni”. (A.L.)
25
BAMBINI DISABILI, PROVENIENTI DALLA TERRA SANTA, HANNO PREGATO IERI
SULLA
TOMBA DI PADRE PIO CON IL VESCOVO AUSILIARE DI GERUSALEMME,
MONS. KAMAL BATISH
SAN GIOVANNI ROTONDO. = La coincidenza è solo casuale, ma
racchiude un alto valore simbolico la visita di ieri a San Giovanni Rotondo di
venticinque bambini disabili palestinesi, giordani e israeliani, nel giorno del
primo anniversario della canonizzazione di Padre Pio da Pietrelcina. La vivace
delegazione di bambini, giunta dalla Terra Santa con il vescovo ausiliare di
Gerusalemme, mons. Kamal Batish, ha pregato per la pace sulla tomba del Santo
delle stimmate, conosciuto e venerato anche fra i cristiani del Medio Oriente.
I bambini sono accompagnati dai loro genitori e saranno ospitati in Puglia fino
al prossimo 21 giugno dalla sezione regionale dell’Unitalsi. Successivamente si
recheranno, per una settimana, al santuario di Lourdes. Mons. Batish ha poi
rivolto un appello a tutti i cristiani affinché tornino a visitare i luoghi di
Gesù, sempre meno meta di pellegrinaggi a causa dei continui scontri. (M.D.)
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17
giugno 2003
- A cura di Paolo Ondarza -
Si susseguono gli appelli internazionali per la fine delle
violenze in Medio Oriente. Un nuovo incontro tra responsabili per la sicurezza
israeliani e palestinesi potrebbe svolgersi stasera in una località ancora
imprecisata. Lo hanno riferito fonti giornalistiche palestinesi a Gaza. Intanto
sempre a Gaza il premier palestinese Abu Mazen ha discusso la Road Map stamani
con l’inviato americano John Wolf, ma al termine del colloquio non sono state
rilasciate dichiarazioni. Resta in fase di stallo la mediazione con Hamas,
patrocinata a Gaza dall’Egitto. Sentiamo Graziano Motta:
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Il primo ministro palestinese, Abbas, non ha avuto ieri –
sempre a Gaza – il previsto colloquio con le stesse organizzazioni. La stasi è
dovuta al fatto che queste esigono garanzie sull’impegno di Israele a cessare
le operazioni mirate contro i loro capi e le loro infrastrutture, mentre le autorità
israeliane non intendono sostenere il processo politico, e nemmeno cominciare a
ritirare i propri soldati da Gaza e da Betlemme se non c’è una lotta ad
oltranza dell’Autorità palestinese contro il terrorismo, con arresti e disarmo
di chi lo pratica. Queste esigenze sono state ribadite dal primo ministro
Sharon ieri in Parlamento insieme con l’impegno di adesione alla road-map,
impegno che è stato messo in dubbio dall’opposizione mentre il piano di pace
non è stato condiviso da tutti i partiti della maggioranza che si è spaccata.
Comunque, gli sforzi diplomatici non si arrestano: i ministri degli esteri
europei hanno chiesto a Hamas di cessare la lotta armata, il segretario di
Stato Powell e il Consigliere per la sicurezza, Condoleeza Rice, hanno ricevuto
il capo di gabinetto di Sharon e a Washington si è recato pure il capo dei
servizi segreti israeliano.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sono 371 gli arresti in Iraq
nell'ambito dell'operazione Desert Scorpion, avviata dai soldati americani per
snidare gli ultimi seguaci di Saddam. Le incursioni si svolgono a Baghdad e
nelle città di Tikrit e Kirkuk e numerose armi e munizioni sono state
sequestrate. Oggi un soldato americano,
ferito gravemente nel corso di un combattimento è deceduto nella capitale
Baghdad.
Crescono i timori per le missioni cattoliche del nord
Uganda, dopo le minacce lanciate nei giorni scorsi dalla guerriglia del
sedicente esercito di liberazione del Signore. Il capo dei ribelli, Joseph
Kony, ha ordinato ai suoi miliziani di uccidere sacerdoti, suore e quanti
operano nelle missioni, moltiplicando anche gli attentati contro i centri
cattolici. Ma perché la guerriglia ha preso di mira i missionari? Marina
Tomarro lo ha chiesto a padre Giulio Albanese, direttore dell’Agenzia missionaria
Misna, appena rientrato dall’Uganda.
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R. - Le missioni sono diventate dei veri e propri fortini
di Dio, dove numerosissimi bambini hanno trovato riparo perché temono che,
rimanendo nei villaggi rurali, possono essere sequestrati dai ribelli. Si
calcola che siano 20 mila i bambini che sono stati sequestrati nei villaggi e
costretti a combattere questa guerra contro il governo di Kampala.
D. – Tra i missionari c’è timore?
R. – Hanno anche loro paura, però la scelta che hanno
fatto è di condividere questa situazione di grande emergenza con la popolazione
e devo dire che non sono solo i missionari gli unici a farlo: c’è tanta gente
che lavora in prima fila. Purtroppo, si parla di queste guerre dimenticate solo
quando a rimetterci la pelle sono i bianchi; poi, poco importa che siano
missionari o volontari, ma ci deve scappare il morto o ci dev’essere il
sequestro perché la stampa occidentale si interessi di questa guerra
dimenticata!
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Due miliziani congolesi sono rimasti uccisi ieri durante
un attacco sferrato contro i soldati francesi componenti la forza europea di
pace a Bunia, nella Repubblica democratica del Congo. I militari hanno aperto
il fuoco per difendersi. I due miliziani uccisi - i primi da quando è iniziata
la missione internazionale - sono
dell'etnia Hema che controlla la città di
Bunia. Intanto ieri il principale movimento ribelle congolese, il
Raggruppamento per la democrazia, ha designato suo presidente Ruberwa, che succede al generale Yembà.
Ha fortunatamente provocato danni solamente ad un portone
di ferro e mandato in frantumi dei vetri la bomba esplosa stamani a Roma
davanti all'Istituto Cervantes, il liceo spagnolo di via Porta San
Pancrazio a Trastevere. Secondo gli investigatori si è trattato di un ordigno
di media potenza che poteva uccidere. Le agenzie prendono in considerazione
l’ipotesi di un attentato di matrice politica. Secondo gli inquirenti la
vicenda non è riconducibile alla criminalità comune. Sentiamo il preside del
liceo, José Maria Jimenez Serrano:
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R. – Per me è una cosa che non ha senso. Quando si fa un
attentato in una scuola è più difficile trovare una giustificazione.
D. – Professor Jimenes Serrano, l’episodio è giunto
completamente inaspettato?
R. – Assolutamente, non abbiamo mai ricevuto una
telefonata, una lettera. Non c’è mai stata nessuna scritta sul muro, non è mai
successo niente di tutto ciò. Non abbiamo mai avuto informazioni che ci
potessero far venire dei dubbi su un possibile attentato. Sull’ipotesi di chi
possa essere stato ancora non ci hanno detto niente ed io non posso fare delle
ipotesi perché la situazione mi sfugge di mano. Quando vedi quello che è
successo ti arrabbi e sei impotente nel cercare una causa. Le forze dell’ordine
che sono qui, stanno ancora cercando delle prove e non c’è ancor un’ipotesi
concreta..
D. – Quali sono state le reazioni dei genitori dei ragazzi
e dei docenti?
R. – Sono tutti un po’ commossi e tutti hanno grande
fiducia nella scuola e nella istituzione. Fino adesso ho ricevuto soltanto
dichiarazioni di sostegno, simpatia e solidarietà.
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E sempre in
Italia, non hanno raggiunto il quorum del 50%+1 e quindi non sono validi i due referendum di domenica e
lunedì sull’estensione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e
sull’eliminazione della servitù coattiva di elettrodotto. Alle urne è andato
solo il 25,7% degli aventi diritto. In entrambi i casi, comunque, il sì ha
sfiorato l’87% dei consensi.
“Non esaurisco oggi le mie dichiarazioni, chiarirò
questa vicenda fino in fondo, sarò in aula ancora il 25 giugno”. Con queste
parole il premier italiano Berlusconi è intervenuto oggi in aula a Milano al
processo Sme, l’ex colosso alimentare dell’Iri. Il
servizio di Giampiero Guadagni:
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“E’ un
processo senza morto, arma e movente. Un processo senza prove”. Dopo quelle
rese il 5 maggio Silvio Berlusconi è tornato nell’aula del tribunale di Milano
per altre dichiarazione spontanee sul caso Sme, che lo vede co-imputato.
L’accusa ritiene che lo stop giudiziario alla cessione dell’azienda agroalimentare
di Stato, alla Cirmi-De Benedetti sia stato propiziato alla metà degli anni ’80
dal pagamento di tangenti ai giudici romani. “Non ho motivi per aggiustare
processi”, ha affermato questa mattina il premier, che ha accusato De Benedetti
di aver raccontato menzogne su di lui. De Benedetti ha detto ad esempio che
l’allora presidente della Fininvest si sarebbe interessato alla vicenda Sme in
cambio di un intervento favorevole alle sue TV. Ma Berlusconi sottolinea come
il decreto Craxi fosse antecedente e la legge Mammì venne 5 anni dopo.
Berlusconi ha poi attaccato il teste Stefania Ariosto e rispondendo ad una
richiesta del PM Ilda Bocassini, ha detto che risponderà alle accuse solo se
sarà interrogato a Palazzo Chigi.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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L’Associazione
dei Paesi del Sudest Asiatico, riunita a Phnom Pehn, in Cambogia, ha chiesto al
regime della Birmania di liberare immediatamente Aung San Suu Kyi, la leader
dell'opposizione birmana agli arresti dal 30 maggio scorso. Tra l’altro la
premio Nobel per la pace potrà ricevere nei prossimi giorni la visita di una
delegazione del comitato internazionale della Croce Rossa.
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