RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 168 - Testo della Trasmissione di martedì 17 giugno 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Appello del Papa alla comunità internazionale per l’aiuto alle popolazioni del Sahel provate da clima e povertà, nel discorso ai vescovi di Burkina Faso e Niger in visita “ad Limina”. Cristiani e musulmani invitati a unire gli sforzi per collaborare allo sviluppo solidale dei loro Paesi

 

 Un “uomo della gioia, affabile e cordiale con tutti”. Così Giovanni Paolo II ricorda San Giuseppe da Copertino, in un messaggio per i 400 anni dalla nascita del celebre mistico francescano.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il dibattito sulla futura Costituzione dell’Unione Europea: i commenti dello storico Franco Cardini e del cardinale Roberto Tucci

 

 L’Africa subsahariana, ma non solo, in primo piano, nell’odierna Giornata Mondiale contro la Desertificazione. Intervista con il geologo Mario Tozzi

 

 Globalizzazione della solidarietà, annuncio del Vangelo, promozione della pace, priorità emergenti per l’Ordine dei Frati Minori. Con noi, il nuovo ministro generale, padre José Rodriguez Carballo.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è aperta ieri a Madrid, con la prolusione del cardinale Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale spagnola, l’Assemblea plenaria che vede riuniti tutti i vescovi del Paese

 

Con una dichiarazione congiunta i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio delle chiese evangeliche ricordano il 50.mo anniversario della repressione avvenuta a Berlino Est il 17 giugno 1953

 

Firmata ieri a Ginevra da ventotto Paesi e dalla Ue la bozza della convenzione sul controllo del tabacco

 

I vescovi del Perù hanno illustrato con un messaggio, diffuso giovedì scorso, la difficile situazione politica ed economica in cui versa il Paese andino

 

25 bambini disabili, provenienti dalla Terra Santa, hanno pregato ieri sulla tomba di Padre Pio con il vescovo ausiliare di Gerusalemme mons. Kamal Batish

 

24 ORE NEL MONDO’:

 La road map al centro dei colloqui stamani a Gaza tra il premier palestinese Abu Mazen e l’inviato americano John Wolf

 

 371 fedelissimi di Saddam Hussein arrestati nel corso dell’operazione Desert Scorpion

 

 Allarme per le missioni in Uganda: i ribelli lanciano una persecuzione contro i religiosi attivi nel paese

 

Scoppia una bomba nel collegio spagnolo Cervantes a Roma: l’antiterrorismo avoca l’inchiesta

 

Processo Sme: per il premier italiano Berlusconi è un processo senza prove.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 giugno 2003

 

 

 

 IL PAPA LANCIA AL MONDO UNA NUOVA RICHIESTA DI AIUTO

PER LE POPOLAZIONI POVERE DEL SAHEL, NEL SUO DISCORSO

AI VESCOVI DEL BURKINA-NIGER IN VISITA “AD LIMINA”

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Un solenne appello alla comunità internazionale perché manifesti “concretamente e in maniera durevole il proprio sostegno alle popolazioni povere del Sahel”, insieme all’auspicio che “la solidarietà, in un contesto di giustizia e di carità, non conoscano né frontiere né limiti e che la generosità permetta di prevedere il futuro con maggiore serenità”. Inizia con queste parole – e si conclude con l’invito a costruire un solido rapporto con l’islam - il discorso che Giovanni Paolo II ha indirizzato questa mattina ai vescovi di Burkina Faso e Niger, a conclusione della loro visita “ad Limina”.

 

Il Papa ha subito mostrato grande apprezzamento per l’energia missionaria mostrata dalle Chiese locali, in una terra colpita - ha riconosciuto - da una “povertà endemica”, causata da condizioni climatiche difficili e da una crescente desertificazione. Nonostante la precarietà quotidiana, ha riscontrato il Pontefice, le Chiese del Burkina e del Niger mostrano una multiforme “vitalità”. A cominciare dall’impegno profuso nell’inculturazione del Vangelo, la cui pastorale è stata definita fruttuosa dal Papa, capace di produrre “fermenti di vita cristiana e segni concreti della comunione missionaria che la Chiesa-Famiglia è chiamata a divenire”. La famiglia stessa, e il matrimonio in modo speciale, hanno richiamato l’attenzione di Giovanni Paolo II. In un contesto religioso nel quale si riscontra un certo ritorno a “pratiche antiche” e in un ambito sociale nel quale ancora forte è l’influenza dei “costumi tradizionali”, il Pontefice ha esortato a “promuovere la dignità del matrimonio cristiano”, che ha nella monogamia una delle sue caratteristiche fondanti.

 

Come sempre in queste circostanze, il Papa ha tra l’altro raccomandato ai vescovi di prestare grande cura alle vocazioni sacerdotali e alla formazione permanente del clero. Infine, le relazioni tra cattolici e musulmani. In Burkina e nel Niger, ha affermato Giovanni Paolo II, lo stato di questi rapporti è “generalmente improntato al rispetto, alla stima e alla convivialità”. Vi incoraggio “a coltivare questo dialogo”, ha invitato il Papa. Cristiani e musulmani, ha aggiunto, attingano dalle loro tradizioni religiose, “le forze necessarie per collaborare allo sviluppo solidale dei loro Paesi”. Davanti “allo scandalo della povertà e dell’ingiustizia - ha concluso il Pontefice – auspico in particolare che la Chiesa continui a svolgere il suo ruolo profetico e ad essere la voce dei senza-voce, affinché dappertutto la dignità umana sia riconosciuta per ogni persona e siano promosse tutte le iniziative mirate a sviluppare e a nobilitare l’uomo nella sua esistenza spirituale e materiale”.

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“L’UOMO DELLA GIOIA, AFFABILE E CORDIALE CON TUTTI”, S. GIUSEPPE DA COPERTINO:LO RICORDA COSÌ GIOVANNI PAOLO II, A 400 ANNI DALLA NASCITA, IL 17 GIUGNO 1603, IN UN MESSAGGIO RIVOLTO A PADRE JOACHIM GIERMEK,

MINISTRO GENERALE DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“Singolare Santo”, “fedele discepolo del Poverello d’Assisi”, Giuseppe da Copertino chiama oggi i Frati Minori Conventuali “ad approfondire la loro vocazione religiosa  per rispondere - sollecita il Papa - con rinnovato impegno, come egli fece ai suoi tempi, alle grandi sfide che la società pone”, “all’alba del terzo millennio”. Conosciuto come il “Santo dei voli”, per le frequenti estasi, Giuseppe da Copertino - sottolinea il Santo Padre – è “guida spirituale” per tutti, perché “invita i fedeli ad assecondare le attese più intime del cuore”, “li stimola a ricercare il senso profondo dell’esistenza” e “li spinge ad incontrare personalmente Iddio abbandonansi pienamente alla sua volontà”. “Patrono degli studenti”, “incoraggia il mondo della cultura” a ”fondare il sapere umano sulla sapienza di Dio”.

 

“San Giuseppe da Copertino si distinse per la semplicità e l’obbedienza. Distaccato da tutto visse continuamente in cammino, spostandosi da un convento all’altro come i superiori stabilivano”, sempre affidandosi “nelle mani di Dio”, “accettando anche le umiliazioni e i dubbi che l’originalità dei suoi carismi non mancò di suscitare”. “Il Crocifisso gli era sempre presente nella mente e nel cuore, tra le sofferenze di una vita incompresa e spesso ostacolata”, il che non gli impedì mai di “trasmettere la sua santa e francescana letizia”.

 

E tante sono le iniziative religiose, pastorali, culturali in questo Anno centenario per riscoprire l’attualità di un “mistico straordinario”, dedicato alla preghiera e alla contemplazione. “L’eroica testimonianza evangelica di questo affascinate uomo di Dio” sia dunque - auspica  il Papa - per gli uomini e le donne del nostro tempo “un forte richiamo a vivere con passione ed entusiasmo la propria fede, nelle molteplici e complesse situazioni dell’epoca contemporanea”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La situazione in Medio Oriente apre la prima pagina; la fine del terrorismo - afferma Sharon - è indispensabile per avviare l'applicazione del piano di pace.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai presuli della Conferenza Episcopale di Burkina Faso-Niger, Giovanni Paolo II ha esortato la Chiesa, di fronte alla scandalo della povertà e dell'ingiustizia, ad essere voce dei senza voce.

Due pagine dal titolo "La Chiesa cattolica: una realtà in lenta, ma in costante crescita". Le statistiche nei cinque Continenti.

Un articolo di Antonio Miralles sull'Enciclica "Ecclesia de Eucharistia".

Un articolo sui solenni festeggiamenti - presieduti dal cardinale Giovanni Battista Re a Messina - della Patrona, la Madonna della Lettera.

 

Nelle pagine estere, una Dichiarazione del presidente della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana sulla bozza del Preambolo della futura Costituzione dell'Ue: "Una forzatura della realtà. Un'inaccettabile pregiudiziale culturale ed ideologica".

Riguardo all'Iran, l'Aiea chiede che siano consentite immediatamente ispezioni più severe delle installazioni nucleari.

 

Nella pagina culturale, "Una sensibilità di matrice poetica" è il titolo dell'articolo di Claudio Toscani in ricordo di Giacinto Spagnoletti.

Per l'"Osservatore Libri" un approfondito contributo di Danilo Veneruso sul volume di Aldo Alessandro Mola dal titolo "Storia della monarchia in Italia".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il referendum: non è stato raggiunto il quorum. Tra i temi in rilievo, l'immigrazione.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 giugno 2003

 

 

CONTINUA IL DIBATTITO SUL MANCATO RICONOSCIMENTO DELLE RADICI CRISTIANE

NEL PREAMBOLO DELLA BOZZA DI COSTITUZIONE EUROPEA

- Con noi lo storico Franco Cardini e il cardinale Roberto Tucci -

 

Mentre si prepara il Vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea che venerdì prossimo si riunirà a Salonicco per esaminare la bozza del trattato costituzionale, continua il dibattito sull’omissione del riconoscimento esplicito delle radici cristiane dell’Europa nel preambolo. Diamo la parola allo storico prof. Franco Cardini, al microfono di Fabio Colagrande.

 

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R. - L’idea dell’Unione Europea nasce insieme al progetto di pace perpetua di Kant, quindi è l’Europa esausta dalle continue guerre fratricide che si sono avute tra il ‘500 e il ‘700 che ha bisogno di unirsi. Ha solo radici cristiane, questo sogno europeo? Senz’altro no: ha anche radici ebraiche, ha quelle romane, ha quelle ellenistiche, ha quelle laiche, ha quelle massoniche, ha quelle – se si vuole – agnostiche della filosofia del XVIII secolo: anche queste, a maggior ragione! Tutta questa realtà complessa non si poteva richiamare in poche righe nel preambolo? No: si è preferito far tabula rasa di tutto, azzerare tutto. Non si può parlare di Cristianesimo? Allora si avvia un effetto-domino: non si parla più del Rinascimento, non si parla più nemmeno dell’Illuminismo, non si può più parlare di niente.

 

D. – Ecco, professor Cardini, il filosofo Sergio Givone sul Messaggero qualche giorno fa scriveva, a proposito proprio di questo preambolo: ‘Se il testo in questione fosse un trattato di storia, sarebbe inaccettabile che in esso si facesse menzione dell’Illuminismo e non anche del Cristianesimo; ma il testo non è un trattato di storia, è una Carta costituzionale, ci sono dei principi; è giusto ricordare che è stato il cristianesimo a portarli nel mondo; giusto, ma superfluo: questi principi valgono indipendentemente dal cristianesimo’. Il suo parere:

 

R. – Certamente, Givone ha le sue ragioni. Nei preamboli alle Costituzioni non c’è strettamente bisogno di un richiamo storico; però fino ad oggi nei preamboli delle Costituzioni ordinariamente questo avviene. Vogliamo fare in modo che nel preambolo alla Costituzione europea non ci sia nessun richiamo legittimante alla storia? In generale, quando si fonda una nuova Istituzione, si chiede alla storia una legittimazione. Vogliamo dichiarare che gli europei del XXI secolo di questa legittimazione storica non hanno bisogno?

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Il testo del preambolo è buono, ma allo stesso tempo delude. Anche per numerosi uomini di cultura laica, l’omissione del riconoscimento delle radici cristiane nella bozza della Costituzione europea è un assurdo. E’ quanto afferma il cardinale Roberto Tucci, nell’intervista di Luca Collodi.

 

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R. - Mi pare che sia un testo – diciamo – buono, in sé. Anche se, a mio parere, sarebbe stato meglio se ci fosse stata anche una menzione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa: è una delusione, quindi.

 

D. – Nella cultura europea, le radici giudaico-cristiane sono comunque presenti …

 

R. – Sì, e sono un fatto. In molta opposizione, soprattutto nel mondo francese, all’inserzione di una menzione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa c’è il pregiudizio che con questo si vada contro la laicità. Noi non chiediamo che venga accettata la fede religiosa giudaico-cristiana, attraverso il preambolo chiedevamo semplicemente che venisse riconosciuto il fatto storico, il ‘fatto’, che – praticamente – il cristianesimo ha avuto un enorme influsso, più di ogni altra cultura che ha contribuito all’Europa, alla formazione di questo che potremmo chiamare l’ethos dell’Europa. Recentemente, quello che mi ha colpito di più è stato il fatto che hanno cominciato a levarsi voci laiche, nel senso di ‘laicisti’, piuttosto, quindi gente perlomeno che non accetta la fede cristiana o sta molto ai margini della fede cristiana: riconoscono che è un assurdo che non si sia avuto il coraggio di parlare esplicitamente di radici giudaico-cristiane. E c’è per esempio lo storico Jacques Legoff, il filosofo André Glucksman. Bernard Guetta, editorialista del settimanale ‘Express’ e di Radio France Nanterre, Régis Debray, ex-gauchiste, che ha legato il suo nome a Che Guevara, però recentemente ha pubblicato un libro – ‘Le feu sacré’ – dove dice: ‘E’ una cattiva laicità quella che si oppone al cattolicesimo: è un dibattito vecchio, superato’. E poi se la prende soprattutto con il fatto che i giovani francesi non sono più capaci di capire la cultura francese perché non conoscono niente del cristianesimo e della storia del cristianesimo; e quindi proponeva se non fosse il caso di introdurre nella scuola francese dei corsi non di catechesi, per carità, ma di cultura religiosa, cristiana in modo particolare, per capire.

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L’AVANZATA DEL DESERTO DALL’AFRICA SUBSAHARIANA AL MESSICO

UN’INSIDIA PER IL PIANETA.

-  Intervista con il geologo Mario Tozzi -

 

“La desertificazione è sia la causa, sia la conseguenza della povertà”. Così il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, nel messaggio dell’odierna Giornata mondiale per combattere desertificazione e siccità dedicata quest’anno al tema “piani per la gestione sostenibile delle risorse idriche”. “La quantità di terreno coltivabile per persona – scrive Annan – sta diminuendo in tutto il mondo, minacciando così la sicurezza alimentare e innescando crisi umanitarie ed economiche. Tutte le regioni sono colpite: l’Australia, colpita lo scorso anno dalla siccità più grave in oltre un secolo; l’india, dove ogni anno deforestazione e mancanza di acqua trasformano 2,5 milioni di ettari in aree desertiche; l’Asia, il cui ambiente è seriamente minacciato dalle tempeste di sabbia; il Messico dove il 70 per cento delle terre sono vulnerabili alla desertificazione spingendo fino a 900 mila cittadini ogni anno ad emigrare verso gli Stati Uniti.

 

Ma, ricorda il segretario generale dell’Onu, “in nessuna parte del mondo il problema della desertificazione è più acuto che nell’Africa subsahariana, dove si prevede che il numero dei rifugiati ambientali aumenti fino a 25 milioni nei prossimi vent’anni. Ma cosa si intende con questi due termini? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Mario Tozzi, primo ricercatore del Consiglio nazionale per le ricerche di Roma:

 

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R. - La desertificazione è la perdita di terreno fertile o comunque utile all’uomo, la siccità invece si riferisce fondamentalmente alla scarsità di precipitazioni. Se in una regione piove meno di duecento millimetri per anno si può parlare di area siccitosa o desertica. Si tenga presente che in Italia un tempo pioveva in media circa mille millimetri di pioggia all’anno, cifra che va abbassandosi di anno in anno.

 

D. - Ci sono zone maggiormente colpite da desertificazione e siccità o, si tratta di fenomeni ascrivibili un po’ a tutta la terra?

 

R. - Sono tipicamente ascrivibili a tutta la terra perché agiscono un po’ a macchia di leopardo: li abbiamo naturalmente vicino alle grandi aree desertiche dell’Africa e poi sono sviluppate naturalmente in Asia attorno alle aree desertiche cinesi e nelle zone più siccitose dell’America del sud; anche l’Italia è colpita da questi fenomeni: in particolare la parte centro meridionale della Puglia, un lembo della Basilicata e della Calabria, la Sicilia e la Sardegna.

 

D. - Quali le principali cause della desertificazione e della siccità?

 

R. - La siccità ha soprattutto una causa climatica, cioè se il clima si sta riscaldando, come pare che effettivamente avvenga, può accadere che piova di meno e in maniera differente cioè, per esempio, invece di avere la pioggia diffusa abbiamo la pioggia battente in lassi di tempi molto ristretti. Di conseguenza il terreno fa fatica ad assorbire questa quantità d’acqua. Poi ci sono anche cause riconducibili all’uomo che interviene modificando la distribuzione della vegetazione per esempio tagliando le foreste per far posto a nuovi pascoli.

 

D. - Si tratta di cause a cui è possibile fare fronte, se si in che modo?

 

R. - Be’ certo se vogliamo che il clima non si scaldi troppo rapidamente dobbiamo immettere meno anidride carbonica nell’atmosfera, quindi bisognerebbe prestare più attenzione all’uso che facciamo delle nostre automobili, delle fabbriche e delle industrie. Un altro provvedimento è legato invece al territorio che si utilizza: se noi estendiamo troppo le colture estensive o i pascoli per gli allevamenti perdiamo terreno utilizzabile per un agricoltura meno intensiva e con maggiore rotazione delle colture. Un tale utilizzo del suolo permette al terreno di non esaurirsi, di non impoverirsi. Perché la terra, ricordiamolo, è una risorsa che si impoverisce.

 

D. - Desertificazione e siccità sono problemi di grande portata ma, il piccolo cittadino può fare qualcosa?

 

R. - Si, nel nostro piccolo, se si vuole si può anche fare qualcosa per i consumi d’acqua in generale: preferire le docce ai bagni oppure lavarsi i denti o farsi la barba sempre con la stessa acqua del lavandino, senza farla correre… Sono tante le piccole cose che possiamo fare; fa riflettere ricordare come una volta il rubinetto di mia nonna per l’acqua potabile era uno solo in casa. Oggi nelle abitazioni tutti gli attacchi dell’acqua emettono acque potabili, persino gli sciacquoni o i tubi per la lavatrice o la lavastoviglie… è uno spreco,  non ce ne è bisogno.

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L’ESIGENZA DI UNA GLOBALIZZAZIONE SOLIDALE, L’ANNUNCIO DEL VANGELO

E LA PROMOZIONE DELLA PACE. SONO ALCUNI DEI TEMI DISCUSSI IERI A ROMA, NELL’INCONTRO CON LA STAMPA, DAL MINISTRO GENERALE DEI FRATI MINORI,

LO SPAGNOLO PADRE JOSÈ RODRIGUEZ CARBALLO

- Intervista con padre Josè Rodriiguez Carballo -

 

Il nuovo ministro generale dei frati minori, lo spagnolo padre Josè Rodriguez Carballo, ha illustrato nella conferenza stampa tenutasi ieri a Roma, nella sede della Curia generalizia dell’Ordine, le sfide e le priorità emergenti per il futuro. Tra queste, padre Carballo, ha messo in rilievo la ricerca di una dimensione solidale da contrapporre alla dominazione economica del mercato e la promozione del dialogo come strumento di pace. Su come i francescani intendono rispondere al messaggio del Papa che, nell’udienza di ieri, li ha invitati a tendere alla santità,  ascoltiamo padre Carballo al microfono di Amedeo Lomonaco.

 

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R. – Tentando di vivere la nostra ‘forma vitae’, che ha come priorità lo spirito di orazione e devozione, la dimensione contemplativa, la vita in fraternità, in povertà e l’evangelizzazione. Io penso che nella misura in cui siamo fedeli a quanto abbiamo promesso nella professione religiosa, nella stessa misura ascolteremo l’invito del Santo Padre e risponderemo a questa esigenza fondamentale della vita francescana e della vita cristiana: essere santi.

 

D. – Padre Carballo, come è possibile coniugare l’attività missionaria francescana con le varie dimensioni della nostra società, dominata dai processi di globalizzazione?

 

R. – La globalizzazione ha degli aspetti negativi perché porta molte volte all’esclusione, ma presenta anche degli aspetti positivi. Noi vorremmo collaborare, essendo strumento di globalizzazione in cui condividere quello che siamo e quello che abbiamo. Proprio le nostre presenze missionarie tendono a creare questa globalizzazione fraterna, rispettando le differenze senza escludere nessuno.

 

D. – La costruzione della pace, la ricerca della giustizia e del perdono possono interrompere la scia di violenza che già sta segnando il XXI secolo: come è possibile, secondo lei, educare l’uomo del nostro tempo alla concordia e alla riconciliazione?

 

R. – Se non vogliamo che questa catena di violenza continui, noi dobbiamo educare già i piccoli alla riconciliazione, cioè all’accettazione dell’altro educandoli a vedere la differenza come un arricchimento reciproco e non come una limitazione del proprio ‘io’.

 

D. – Quale ruolo possono assolvere i mezzi di comunicazione nell’annuncio del Vangelo?

 

R. – Essere il più oggettivi possibili nella trasmissione dei fatti: i mezzi di comunicazione devono cercare sempre di offrire i lati positivi dei fatti. Soprattutto, inviterei i mezzi di comunicazione di ispirazione cristiana a leggere sempre i fatti alla luce del Vangelo.

 

D. – Quali speranze per la pace in Terra Santa e quale è il ruolo dei francescani nei luoghi Santi?

 

R. – La speranza della pace in Terra Santa passa necessariamente per l’impegno di tutte le parti in conflitto per il dialogo, per l’ascolto e per la reverenza verso l’altro. Il ruolo dei francescani è proprio in questa società, così fortemente divisa e violenta, testimoniare che è possibile essere fratelli e vivere come amici nelle differenze. E poi, non dobbiamo dimenticare che non possiamo mai utilizzare il nome di Dio per combattere l’altro. Il nostro Dio, come dice il Vangelo, fa sorgere il sole sugli uni e sugli altri.

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CHIESA E SOCIETA’

17 giugno 2003

 

 

 

“IL RECENTE VIAGGIO DEL PAPA NEL NOSTRO PAESE E’ RICCO DI FRUTTI

CHE SI POTRANNO CONTINUARE A RACCOGLIERE ATTRAVERSO LA PREGHIERA”.

 COSÌ L’ARCIVESCOVO DI MADRID, IL CARDINALE ROUCO VARELA, HA APERTO

IERI L’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA

- A cura di Pilar Perez del Yerro -

 

MADRID.= Si è aperta ieri a Madrid, con la prolusione del cardinale Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della conferenza episcopale spagnola, l’assemblea plenaria che vede riuniti tutti i vescovi del Paese. Durante i lavori, che dureranno l’intera settimana, i presuli eleggeranno anche il nuovo  segretario generale della stessa Conferenza. Il discorso del cardinale Rouco Varela si è incentrato in massima parte sulla visita del Papa in Spagna lo scorso maggio. “Un avvenimento – ha sottolineato il porporato – ricco di grazia straordinaria che si è svolto in un clima ecclesiale e popolare caratterizzato da grande serenità ed armonia”. L’arcivescovo di Madrid ha quindi ricordato l’incontro del Pontefice con i giovani, incontro che in maniera sorprendente è andato al di là di ogni aspettativa sia quanto al numero dei partecipati sia quanto ad entusiasmo, e dal quale è emerso come i giovani siano sempre alla ricerca dell’eterno ed abbiano fame e bisogno di Dio. Il presidente dei vescovi spagnoli ha richiamato le parole del Papa a proposito dell’evangelizzazione del Paese, delle sue radici cattoliche e del contributo che la Spagna può dare all’evangelizzazione dell’Europa, raccomandando al riguardo una speciale attenzione alla pastorale giovanile. Non ha mancato poi di ricordare la Messa per la canonizzazione dei 5 nuovi santi spagnoli, nella quale  Giovanni Paolo II ha insegnato come la vita di questi Santi sia il migliore programma pastorale per l’evangelizzazione della nostra società. “Un viaggio breve – ha sottolineato il porporato – ma ricco di frutti che si potranno continuare a raccogliere attraverso la preghiera e un’azione pastorale preparata e realizzata in comunione”. Il porporato ha anche espresso la sua gratitudine a mons. Asenjo, segretario generale della Conferenza episcopale, che ha curato la preparazione della visita del Pontefice, ed il cui mandato termina con questa plenaria. Infine il cardinale Varela ha accennato ad altri temi di cui si occuperanno i vescovi, come l’ora di religione nelle scuole e lo studio e l’eventuale approvazione di un direttorio per la pastorale familiare, nonché l’esame di vari testi liturgici. Successivamente ha preso la parola il nunzio apostolico in Spagna, mons. Manuel Monteiro de Castro, che ha voluto  ringraziare la conferenza episcopale, l’arcivescovado di Madrid, il governo e i numerosi volontari per la loro collaborazione al successo della visita di Giovanni Paolo II.

 

 

CON UNA DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEI PRESIDENTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA E DEL CONSIGLIO DELLE CHIESE EVANGELICHE, IL CARDINALE KARL LEHMANN E IL PASTORE MANFRED KOCK, RICORDANO IL 50.MO ANNIVERSARIO

DELLA REPRESSIONE AVVENUTA A BERLINO EST IL 17 GIUGNO 1953

 

BERLINO. = “Un simbolo del coraggio civile e dell’impegno per i diritti dell’uomo, l’autodeterminazione, la libertà di fede e di coscienza”. Con queste parole i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio delle Chiese evangeliche, il cardinale Karl Lehmann e il pastore Manfred Kock, ricordano in una dichiarazione congiunta diffusa ieri, le vittime della repressione avvenuta a Berlino Est il 17 giugno 1953. In quella circostanza, una manifestazione popolare, che chiedeva il miglioramento delle condizioni di vita degli operai nella ex Repubblica democratica tedesca (Ddr), venne repressa nel sangue dai carri armati sovietici. “Più di 100 persone, in quell’occasione, vennero uccise - si legge nella nota – ed oltre un migliaio furono incarcerate”. Il 17 giugno molti cattolici si opposero al Partito e le Chiese presero attivamente parte alla lotta per la libertà richiedendo la liberazione di chi venne fatto prigioniero. “Se pensiamo a questo anniversario – essi aggiungono – ci sentiamo in dovere di ringraziare i tanti sconosciuti che si sono fatti coinvolgere per difendere i propri diritti e la libertà del loro Paese”. Questo episodio di coraggio e speranza non può essere dimenticato dalla Germania di oggi, Paese ancora segnato dalle conseguenze economiche e sociali della divisione tedesca. “Il ricordo del 17 giugno – concludono i due presidenti - costituisce un’esortazione per tutti quanti noi a non trascurare l’unità interna del Paese”. (A.L.)

 

 

FIRMATA IERI A GINEVRA DA VENTOTTO PAESI E DALLA UE LA BOZZA

 DELLA CONVENZIONE SUL CONTROLLO DEL TABACCO. PREVISTE MISURE SPECIFICHE CONTRO LA DIFFUSIONE DEL FUMO, IN ATTESA DELLA RATIFICA E DELL’EFFETTIVA

PPLICAZIONE DEL TRATTATO. L’OMS ESPRIME SODDISFAZIONE PER L’INTESA RAGGIUNTA

 

GINEVRA. = Ventotto Paesi, rappresentanti di tutti e cinque i continenti, insieme all’Unione Europea, hanno firmato ieri presso la sede dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), a Ginevra, la bozza della Convenzione sul controllo del tabacco, che resta finora l’unico trattato internazionale realizzato sul tema della salute. Non solo paesi piccoli e grandi, industrializzati o in via di sviluppo hanno aderito all’intesa, ma anche l’Unione europea nel suo complesso, per quanto poi i singoli Stati che lo desiderino debbano firmare e ratificare il trattato singolarmente. Non appena quaranta Paesi avranno firmato la Convenzione, questa diventerà legge per le nazioni che la avranno ratificata e per i Paesi che dovessero aderirvi in seguito. Per ora, infatti, la firma non vincola ancora gli Stati all’applicazione del trattato, ma è una chiara espressione di supporto politico e di impegno al rispetto dei principi contenuti nel documento in attesa della ratifica. Il trattato prevede un piano internazionale di controllo del tabacco mediante l’aumento delle tasse e del prezzo sulle sigarette, nonché colpendone più severamente il traffico illegale e vietandone la vendita ai minorenni. I singoli Paesi sono poi liberi di adottare misure ulteriori per raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi. Esprime grande soddisfazione per il risultato raggiunto la dottoressa Gro Harlem Brundtland, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità. La signora Brundtland esorta poi tutte le nazioni del mondo a seguire l’esempio di questi Stati nel firmare e ratificare il trattato, per dare un contributo concreto ad un’emergenza che, secondo i dati dell’Oms, provoca ogni anno cinque milioni di morti. (M.D.)

 

 

I VESCOVI DEL PERÙ HANNO ILLUSTRATO CON UN MESSAGGIO,

DIFFUSO GIOVEDÌ SCORSO, LA DIFFICILE SITUAZIONE POLITICA ED ECONOMICA

IN CUI VERSA IL PAESE ANDINO

 

LIMA. = “Noi vescovi non possiamo rimanere indifferenti di fronte all’attuale situazione sociale, economica e politica che affligge tutti i peruviani ed, in special modo, le fasce più indigenti del nostro popolo”. Con queste parole i vescovi del Perù hanno espresso, giovedì scorso, la loro preoccupazione per il Paese andino, colpito da una profonda disuguaglianza economica e da una allarmante instabilità sociale. “Chiediamo – hanno aggiunto i presuli – di promuovere una pace autentica sui pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e della libertà indicati da Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in Terris”. Sottolineando la necessità di accompagnare ed orientare la loro missione pastorale al processo democratico del Paese, i presuli hanno invitato le istituzioni, pubbliche e private, a sostenere il popolo peruviano nella costruzione di una società fondata sulla responsabilità etica. “Facciamo un appello – hanno concluso i vescovi – ai mezzi di comunicazione affinché mettano in risalto quanto contribuisce alla pace ed evitino ciò che invece può incentivare la violenza, la diffamazione della persona e fomentare la cultura del sospetto provocando scoraggiamento, sconcerto e divisioni”. (A.L.)

 

 

25 BAMBINI DISABILI, PROVENIENTI DALLA TERRA SANTA, HANNO PREGATO IERI

SULLA TOMBA DI PADRE PIO CON IL VESCOVO AUSILIARE DI GERUSALEMME,

 MONS. KAMAL BATISH

 

SAN GIOVANNI ROTONDO. = La coincidenza è solo casuale, ma racchiude un alto valore simbolico la visita di ieri a San Giovanni Rotondo di venticinque bambini disabili palestinesi, giordani e israeliani, nel giorno del primo anniversario della canonizzazione di Padre Pio da Pietrelcina. La vivace delegazione di bambini, giunta dalla Terra Santa con il vescovo ausiliare di Gerusalemme, mons. Kamal Batish, ha pregato per la pace sulla tomba del Santo delle stimmate, conosciuto e venerato anche fra i cristiani del Medio Oriente. I bambini sono accompagnati dai loro genitori e saranno ospitati in Puglia fino al prossimo 21 giugno dalla sezione regionale dell’Unitalsi. Successivamente si recheranno, per una settimana, al santuario di Lourdes. Mons. Batish ha poi rivolto un appello a tutti i cristiani affinché tornino a visitare i luoghi di Gesù, sempre meno meta di pellegrinaggi a causa dei continui scontri. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 giugno 2003

 

  

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Si susseguono gli appelli internazionali per la fine delle violenze in Medio Oriente. Un nuovo incontro tra responsabili per la sicurezza israeliani e palestinesi potrebbe svolgersi stasera in una località ancora imprecisata. Lo hanno riferito fonti giornalistiche palestinesi a Gaza. Intanto sempre a Gaza il premier palestinese Abu Mazen ha discusso la Road Map stamani con l’inviato americano John Wolf, ma al termine del colloquio non sono state rilasciate dichiarazioni. Resta in fase di stallo la mediazione con Hamas, patrocinata a Gaza dall’Egitto. Sentiamo Graziano Motta:

 

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Il primo ministro palestinese, Abbas, non ha avuto ieri – sempre a Gaza – il previsto colloquio con le stesse organizzazioni. La stasi è dovuta al fatto che queste esigono garanzie sull’impegno di Israele a cessare le operazioni mirate contro i loro capi e le loro infrastrutture, mentre le autorità israeliane non intendono sostenere il processo politico, e nemmeno cominciare a ritirare i propri soldati da Gaza e da Betlemme se non c’è una lotta ad oltranza dell’Autorità palestinese contro il terrorismo, con arresti e disarmo di chi lo pratica. Queste esigenze sono state ribadite dal primo ministro Sharon ieri in Parlamento insieme con l’impegno di adesione alla road-map, impegno che è stato messo in dubbio dall’opposizione mentre il piano di pace non è stato condiviso da tutti i partiti della maggioranza che si è spaccata. Comunque, gli sforzi diplomatici non si arrestano: i ministri degli esteri europei hanno chiesto a Hamas di cessare la lotta armata, il segretario di Stato Powell e il Consigliere per la sicurezza, Condoleeza Rice, hanno ricevuto il capo di gabinetto di Sharon e a Washington si è recato pure il capo dei servizi segreti israeliano.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sono 371 gli arresti in Iraq nell'ambito dell'operazione Desert Scorpion, avviata dai soldati americani per snidare gli ultimi seguaci di Saddam. Le incursioni si svolgono a Baghdad e nelle città di Tikrit e Kirkuk e numerose armi e munizioni sono state sequestrate.  Oggi un soldato americano, ferito gravemente nel corso di un combattimento è deceduto nella capitale Baghdad.

 

Crescono i timori per le missioni cattoliche del nord Uganda, dopo le minacce lanciate nei giorni scorsi dalla guerriglia del sedicente esercito di liberazione del Signore. Il capo dei ribelli, Joseph Kony, ha ordinato ai suoi miliziani di uccidere sacerdoti, suore e quanti operano nelle missioni, moltiplicando anche gli attentati contro i centri cattolici. Ma perché la guerriglia ha preso di mira i missionari? Marina Tomarro lo ha chiesto a padre Giulio Albanese, direttore dell’Agenzia missionaria Misna, appena rientrato dall’Uganda.

 

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R. - Le missioni sono diventate dei veri e propri fortini di Dio, dove numerosissimi bambini hanno trovato riparo perché temono che, rimanendo nei villaggi rurali, possono essere sequestrati dai ribelli. Si calcola che siano 20 mila i bambini che sono stati sequestrati nei villaggi e costretti a combattere questa guerra contro il governo di Kampala.

 

D. – Tra i missionari c’è timore?

 

R. – Hanno anche loro paura, però la scelta che hanno fatto è di condividere questa situazione di grande emergenza con la popolazione e devo dire che non sono solo i missionari gli unici a farlo: c’è tanta gente che lavora in prima fila. Purtroppo, si parla di queste guerre dimenticate solo quando a rimetterci la pelle sono i bianchi; poi, poco importa che siano missionari o volontari, ma ci deve scappare il morto o ci dev’essere il sequestro perché la stampa occidentale si interessi di questa guerra dimenticata!

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Due miliziani congolesi sono rimasti uccisi ieri durante un attacco sferrato contro i soldati francesi componenti la forza europea di pace a Bunia, nella Repubblica democratica del Congo. I militari hanno aperto il fuoco per difendersi. I due miliziani uccisi - i primi da quando è iniziata la missione  internazionale - sono dell'etnia Hema che controlla la città di  Bunia. Intanto ieri il principale movimento ribelle congolese, il Raggruppamento per la democrazia, ha designato suo presidente Ruberwa, che  succede al generale Yembà.

 

Ha fortunatamente provocato danni solamente ad un portone di ferro e mandato in frantumi dei vetri la bomba esplosa stamani a Roma davanti all'Istituto Cervantes, il liceo spagnolo di via Porta San Pancrazio a Trastevere. Secondo gli investigatori si è trattato di un ordigno di media potenza che poteva uccidere. Le agenzie prendono in considerazione l’ipotesi di un attentato di matrice politica. Secondo gli inquirenti la vicenda non è riconducibile alla criminalità comune. Sentiamo il preside del liceo, José Maria Jimenez Serrano:

 

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R. – Per me è una cosa che non ha senso. Quando si fa un attentato in una scuola è più difficile trovare una giustificazione.

 

D. – Professor Jimenes Serrano, l’episodio è giunto completamente inaspettato?

 

R. – Assolutamente, non abbiamo mai ricevuto una telefonata, una lettera. Non c’è mai stata nessuna scritta sul muro, non è mai successo niente di tutto ciò. Non abbiamo mai avuto informazioni che ci potessero far venire dei dubbi su un possibile attentato. Sull’ipotesi di chi possa essere stato ancora non ci hanno detto niente ed io non posso fare delle ipotesi perché la situazione mi sfugge di mano. Quando vedi quello che è successo ti arrabbi e sei impotente nel cercare una causa. Le forze dell’ordine che sono qui, stanno ancora cercando delle prove e non c’è ancor un’ipotesi concreta..

 

D. – Quali sono state le reazioni dei genitori dei ragazzi e dei docenti?

 

R. – Sono tutti un po’ commossi e tutti hanno grande fiducia nella scuola e nella istituzione. Fino adesso ho ricevuto soltanto dichiarazioni di sostegno, simpatia e solidarietà.

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 E sempre in Italia, non hanno raggiunto il quorum del 50%+1 e quindi non sono validi i due referendum di domenica e lunedì sull’estensione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e sull’eliminazione della servitù coattiva di elettrodotto. Alle urne è andato solo il 25,7% degli aventi diritto. In entrambi i casi, comunque, il sì ha sfiorato l’87% dei consensi.

 

Non esaurisco oggi le mie dichiarazioni, chiarirò questa vicenda fino in fondo, sarò in aula ancora il 25 giugno”. Con queste parole il premier italiano Berlusconi è intervenuto oggi in aula a Milano al processo Sme, l’ex colosso alimentare dell’Iri. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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“E’ un processo senza morto, arma e movente. Un processo senza prove”. Dopo quelle rese il 5 maggio Silvio Berlusconi è tornato nell’aula del tribunale di Milano per altre dichiarazione spontanee sul caso Sme, che lo vede co-imputato. L’accusa ritiene che lo stop giudiziario alla cessione dell’azienda agroalimentare di Stato, alla Cirmi-De Benedetti sia stato propiziato alla metà degli anni ’80 dal pagamento di tangenti ai giudici romani. “Non ho motivi per aggiustare processi”, ha affermato questa mattina il premier, che ha accusato De Benedetti di aver raccontato menzogne su di lui. De Benedetti ha detto ad esempio che l’allora presidente della Fininvest si sarebbe interessato alla vicenda Sme in cambio di un intervento favorevole alle sue TV. Ma Berlusconi sottolinea come il decreto Craxi fosse antecedente e la legge Mammì venne 5 anni dopo. Berlusconi ha poi attaccato il teste Stefania Ariosto e rispondendo ad una richiesta del PM Ilda Bocassini, ha detto che risponderà alle accuse solo se sarà interrogato a Palazzo Chigi.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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L’Associazione dei Paesi del Sudest Asiatico, riunita a Phnom Pehn, in Cambogia, ha chiesto al regime della Birmania di liberare immediatamente Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione birmana agli arresti dal 30 maggio scorso. Tra l’altro la premio Nobel per la pace potrà ricevere nei prossimi giorni la visita di una delegazione del comitato internazionale della Croce Rossa.

 

 

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