RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 165 - Testo della
Trasmissione di sabato 14 giugno 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi polacchi concluderanno domani la loro assemblea plenaria
Si inaugura oggi pomeriggio a Venezia la 50.ma Esposizione internazionale d’arte della Biennale
Si conclude domani a Modena “Tuttaunaltracosa”, la Fiera nazionale del commercio equo e solidale
In
Medio Oriente Hamas rifiuta di aderire alla tregua proposta da Egitto ed Usa
Gravi minacce in Uganda nei confronti delle
missioni cattoliche da parte della guerriglia
Si vota in Italia domani per due referendum
Repubblica Ceca : ormai certo il ‘sì’
all’ingresso in Europa.
14
giugno 2003
UNA CATENA DI
SOLIDARIETA’ PER SOCCORRERE IL SUD DEL MONDO
DEVASTATO DA FAME E MALATTIE. E’ L’IMPEGNO DEI
BIMBI DELLA PONTIFICIA
OPERA INFANZIA MISSIONARIA RICEVUTI STAMANI DA
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DEI 160 ANNI DALLA FONDAZIONE
- Servizio di Paolo Ondarza -
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(musica)
“Il grido di milioni di bambini,
nel sud del pianeta, condannati a morire per fame e per malattie connesse alla
povertà, si è fatto più straziante e interpella tutti”. Con queste parole
Giovanni Paolo II, alla presenza del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, si è rivolto stamani ai circa
8 mila fanciulli della Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria giunti in
Aula Paolo VI in occasione del 160.mo anniversario della loro istituzione.
Ricordando il motto dell’Infanzia Missionaria “I bambini aiutano i bambini”, il
Papa ha menzionato i profondi mutamenti nell’umanità dalla metà del secolo XIX
ad oggi.
“Nel cosiddetto nord del mondo -
ha notato - le condizioni di vita dell’infanzia sono migliorate, ma lo sviluppo
economico e sociale non è stato sempre accompagnato da quello umano in senso
pieno”, contribuendo ad una perdita di valori scontata in primis dai più
piccoli. “Voi formate una catena di solidarietà attraverso i cinque Continenti
- ha detto il Pontefice ai ragazzi presenti - e offrite la possibilità anche ai
più poveri di dare e ai più ricchi di ricevere donando”. I piccoli membri
dell’Infanzia missionaria infatti vengono incontro ai loro coetanei meno
fortunati e sparsi in tutto il mondo attraverso la preghiera e il segno
concreto dell’offerta dei loro piccoli risparmi.
(musica)
Fu mons. Charles de Forbin
Janson, vescovo di Nancy, in Francia, che per soccorrere le disastrate
condizioni dei bambini in Cina, 160 anni or sono diede vita all’Opera invitando
proprio i ragazzi a recitare un’Ave Maria e ad offrire un soldo al mese per
sostenere i loro coetanei nel paese asiatico. Oggi ci sono milioni di "piccoli missionari" distribuiti
nelle parrocchie, nelle scuole e nei movimenti dei cinque continenti.
A tutti i presenti Giovanni
Paolo II ha indicato i versetti del profeta Isaia “Eccomi, manda me!”,
focalizzando l’attenzione sulla parola “Eccomi”, con la quale la Vergine Maria
espresse la propria docile accettazione della missione di diventare Madre di
Gesù e, quindi, Madre della Chiesa.
“‘Eccomi’ dovete imparare a rispondere pure voi. Bello è
considerare la Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria come un immenso coro,
formato da bambini di tutto il mondo, che cantano insieme il loro ‘eccomi’ a
Dio con la preghiera, con il loro entusiasmo e con l'impegno concreto!”
(musica)
Accanto agli edificanti esempi di santità missionaria
Giovanni Paolo II ha rivolto infine l’invito a recitare il Rosario
quotidianamente così come erano soliti fare Giacinta e Francesco, i beati
pastorelli di Fatima.
(musica)
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Il
Santo Padre ha ricevuto in udienza stamani il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e in fine mattinata il
cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha pure ricevuto questa mattina quattro vescovi
della Conferenza episcopale del Burkina Faso, in visita “ad Limina”.
LA TESTIMONIANZA DEI SANTI RAFFORZI LA FEDE DEI
CRISTIANI: COSI’ IL PAPA
IN UNA
LETTERA AL CARDINALE TOMKO, SUO INVIATO SPECIALE A UZHOROD,
IN UCRAINA, PER LE CELEBRAZIONI DEDICATE AL
BEATO TEODOR ROMZHA,
VESCOVO
E MARTIRE DEL COMUNISMO
- A
cura di Paolo Salvo -
La fede
del popolo cristiano si rafforza grandemente con le preghiere e i sacrifici dei
santi. Beata pertanto quella gente che ha presso di sé i santi e li venera
devotamente, poiché di certo le sue imprese riusciranno felicemente e la grazia
del Signore giungerà in ogni tempo. E’ il pensiero espresso dal Papa in una
lettera in latino indirizzata al cardinale Jozef Tomko, presidente del
Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, e contenente la
nomina del porporato ad Inviato speciale alla cerimonia di traslazione delle
reliquie del beato Teodor Romzha, vescovo e martire, che avrà luogo ad Uzhorod,
in Ucraina, il prossimo 28 giugno.
Nato
nel 1911 in una famiglia di operai, compiuti gli studi di Teologia alla
Pontificia Università Gregoriana in Roma, nel 1938 Teodor Romzha fu parroco in
un villaggio di montagna della sua terra, divenendo poi nel 1939 insegnante di
Filosofia e direttore spirituale nel seminario di Uzhorod, e venne quindi
ordinato vescovo nel settembre 1944, subito dopo l’arrivo dell’esercito
sovietico. Per essersi rifiutato di cooperare con le autorità alla soppressione
della Chiesa greco cattolica, rimase vittima della violenza comunista nel novembre
1947. Due anni fa, il 27 giugno 2001, Teodor Romzha fu tra i 28 beati greco
cattolici, di cui 27 martiri, vittime del comunismo e del nazismo, proclamati
da Giovanni Paolo II nell’ippodromo di Leopoli davanti ad un milione di fedeli.
Nella
lettera resa nota stamani, il Papa ricorda quella sua visita pastorale in
Ucraina, dal 23 al 27 giugno 2001, ed incarica il cardinale Tomko di
esortare i sacerdoti e i fedeli a
seguire l’esempio del loro grande pastore e patrono, restando in ferma
comunione con la Chiesa Romana, crescendo nella devozione filiale verso la
Vergine Maria, ricevendo il sacramento della riconciliazione e nutrendosi assiduamente
con l’Eucaristia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Al grido straziante di milioni
di bambini rispondete con il vostro ‘eccomi’”: è il titolo che, con forte
accento, apre la prima pagina, in riferimento al paterno invito
rivolto dal Santo Padre ai bambini della Pontificia Opera dell'Infanzia
Missionaria, che celebra il 160. mo di fondazione.
All’interno, il testo
dell’indirizzo d'omaggio del cardinale Crescenzio Sepe al Papa, in occasione
dell’udienza.
Nelle
vaticane, la Lettera del Papa al cardinale Jozef Tomko per la nomina a suo Inviato
Speciale in Ucraina per la traslazione delle reliquie del beato Romzha.
Una nota del Pontificio
Consiglio per la Famiglia sull’incontro - svoltosi dall’11 al 14 giugno, in
Vaticano - dei presidenti delle Commissioni episcopali per la famiglia e
la vita.
Un articolo del cardinale Avery
Dulles sull’Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”.
Una pagina dedicata alla
Solennità della Santissima Trinità.
Una pagina sulla testimonianza
del vescovo Guglielmo Giaquinta, fondatore della “Pro Sanctitate”.
Nelle pagine estere, in Iraq la
recrudescenza delle violenze rischia di minare il già difficile processo di
ricostruzione.
Medio Oriente: altri raid aerei
israeliani nella città di Gaza.
Cuba: per l’Unione Europea le
sanzioni sarebbero inevitabili.
Un articolo di Gabriele Nicolò
sulla drammatica situazione in Etiopia, dove quindici milioni di persone sono
minacciate dalla perdurante carestia.
Nella pagina culturale, un
contributo di Angelo Mundula dal titolo “L'arte non tollera la menzogna”: i
consigli di Anton Cechov sulla scrittura.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il referendum - domani e lunedì – sull’art. 18 e sugli elettrodotti.
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14
giugno 2003
CONTEMPLANDO LA TRINITA’,
VINCERE L’ODIOSA DIVISIONE DEL MONDO
- Intervista con padre Raniero Cantalamessa -
La Chiesa celebra domani la solennità della Santissima
Trinità, il mistero centrale e più alto della fede e della vita cristiana. La
Santissima Trinità, infatti, non è solo oggetto della nostra fede, ma
protagonista della nostra salvezza. Ma come si possono identificare il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo? Barbara Castelli lo ha chiesto al teologo padre
Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che proprio alla
Trinità ha dedicato uno dei suoi libri più belli.
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R. – Già Sant’Agostino diceva che noi usiamo questi
termini perché non ne possediamo di migliori, ma dobbiamo stare attenti a non
applicarli di peso alla Trinità perché sono sempre basati su analogie, su
simboli ... Il Padre è, come nell’esperienza umana, l’origine di tutto.
Infatti, soprattutto nel pensiero greco il Padre è visto come la fonte di tutta
la Trinità da cui sgorgano il Figlio e lo Spirito Santo. Il Figlio è stato
interpretato a partire da Giovanni che ne parla come il ‘logos’, la ragione, il
Verbo; lo Spirito Santo ci è stato rivelato attraverso dei simboli molto
semplici: il vento che è simbolo di forza, il soffio, l’alito che è simbolo di
intimità, di interiorità ...
D. – Come deve disporsi il credente dinanzi alla
Santissima Trinità?
R. – Nella vita pratica, la Trinità – a pensarci bene – è
vicinissima alla vita di ogni cristiano credente; la vita cristiana comincia
nel battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, continua
poi nella cresima, sempre nel nome della Trinità; gli sposi cristiani sono
uniti in matrimonio nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e alla
fine, se avremo la grazia di morire in pace su un letto con gente che prega
attorno a noi, sentiremo una preghiera che dice: “Parti da questo mondo, anima
cristiana, nel nome del Padre che ti ha creato, nel nome del Figlio che ti ha
redento, nel nome dello Spirito Santo che ti ha santificato”. Una volta, in
passato, tutto si faceva in nome della Trinità: i contratti cominciavano nel
nome della Trinità e questo ci dice che la Trinità non è affatto un mistero
lontano: al contrario. La vita cristiana è immersa nel mistero della Trinità!
D. – E’ possibile spiegare il mistero della Trinità ad un
non credente?
R. – Spiegare nel senso normale di rendere chiaro
razionalmente, no, però lo si può portare vicino e renderlo plausibile. Per me,
un ragionamento molto semplice è questo: Dio da sempre, dall’eternità, ha un
oggetto in sé infinito da amare che è il Figlio dal quale è riamato con amore
infinito che è lo Spirito Santo ed è quindi proprio a partire dal concetto di
Dio-amore che se noi non possiamo spiegare la Trinità per lo meno possiamo dire
che Dio non può non essere Trinità. Io, a volte, quando parlo di questo mistero
aggiungo che io avrei compassione di un Dio che non avesse nessuno da amare,
nessuno con cui condividere la sua infinita felicità: dovrebbe essere un Dio
molto triste e molto melanconico. Come gli uomini hanno bisogno di qualcuno con
cui comunicare, così Dio ha bisogno nel suo intimo di una persona a cui esprimere
tutto il suo amore, che è il Figlio.
D. – Pensando ai mali che oggi prostrano il mondo, qual è
l’attualità del mistero della Santissima Trinità?
R. – San Sergio di Radonez, che è un po’ il padre
spirituale della Russia, aveva questo detto: contemplando la Trinità, vincere
l’odiosa divisione del mondo. E noi ci troviamo davanti esattamente lo stesso
problema: contemplando la Trinità che è diversità nell’amore e unità nella
diversità, noi dovremmo essere spinti a superare le nostre apparenti
irriconciliabili contrapposizioni di razza, di colore, di sesso, di cultura
perché la Trinità è perfetta unità nella diversità.
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L’IRAQ
TRA GUERRA E PACE: ANCORA SCONTRI TRA TRUPPE USA E GRUPPI OSTILI
- Intervista con Alberto Negri -
Le ultime vicende indicano che gli Stati Uniti
sono, di fatto, ancora in guerra in Iraq. Sono ancora troppo numerose e
particolarmente attive, nel Paese, le sacche di resistenza fedeli a Saddam
Hussein. Situazioni, queste, che non consentono alle truppe statunitensi di
allentare il controllo del territorio. A causa di tutto questo, gli obiettivi
americani in Iraq rischiano un brusco ridimensionamento? Giancarlo La Vella ne
ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 ore, che è stato a
Baghdad durante la guerra:
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R. – Il primo obiettivo è quello di mantenere il controllo
della situazione. Questo è talmente chiaro che gli Stati Uniti hanno deciso
poche settimane fa di mantenere in Iraq un contingente di migliaia e migliaia
di uomini. Questo avviene dal punto di vista militare. L’obiettivo politico,
poi, era quello di creare un governo di transizione. Il nuovo governatore
dell’Iraq, l’americano Paul Bremer, lo ha rinviato, perché mancano le
condizioni – a suo dire – per lo svolgimento delle elezioni e una situazione di
sicurezza per installare l’esecutivo. La decisione ha fatto infuriare gli
iracheni; non soltanto l’opposizione sciita, ma anche quella parte maggiormente
filo-americana rappresentata da Ahmed Chalabi, il leader in esilio che in
qualche modo aveva sostenuto l’operazione americana in Iraq.
D. – Si è parlato più volte di effetto-Afghanistan per
l’Iraq, cioè il rischio che si crei una situazione a macchia di leopardo in cui
le forze che hanno vinto la guerra controllano in fondo solo la capitale ed i
dintorni: c’è effettivamente questo rischio?
R. – Sì. c’è soprattutto il rischio che gli americani
abbiano vinto la guerra, ma non riescano a vincere la pace, come sta avvenendo
infatti in Afghanistan, dove effettivamente il governo Karzai non governa nulla
al di là della capitale Kabul e, in questo momento, si è visto quanto la
situazione sia fuori controllo e pericolosa soprattutto perché i “signori della
guerra” afghani sono tornati ad esercitare tutto il loro potere sul territorio,
rendendo molto più difficile la ricostituzione dello Stato afghano. E’ chiaro
che in Iraq gli americani non si possono permettere di fallire: la posta in
gioco è ancora più alta, anche perché c’è sul tavolo il controllo delle risorse
petrolifere. Il recentissimo attentato all’oleodotto che porta il greggio
iracheno in Turchia fa pensare proprio che gli americani dovranno intensificare
le loro azioni militari per controllare meglio la situazione.
D. – Trovarsi tutti contro, quelli del partito Baath di
Saddam Hussein, ma anche gli sciiti, che si pensava fossero alleati, potrebbe
rallentare i piani americani e nello stesso tempo creare focolai di tensione
non previsti?
R. – Non c’è dubbio. La decisione presa da Paul Bremer di
rinviare la costituzione di un governo di transizione con gli iracheni già ha
provocato questo: significa che gli iracheni si sono benissimo resi conto che
non riprenderanno tanto facilmente il controllo del Paese. Ci si chiede quanto
possa durare questa situazione di forte instabilità. Dipende dalla situazione
sul campo e se gli Stati Uniti in qualche modo renderanno credibile la loro
operazione militare anche con un sostegno alla ricostruzione civile del Paese.
Per ora, questo si sta rivelando comunque un compito assai difficile.
D. – Anche perché, allo stesso tempo, non c’è una
leadership irachena che abbia espresso una valida alternativa ...
R. – Certamente. Questa situazione che oggi vediamo –
cioè, la mancanza di una leadership irachena – è la stessa che negli ultimi 12
anni aveva praticamente impedito che il governo di Saddam Hussein venisse
rovesciato; la mancanza di una leadership esterna ed interna al Paese è quello
che rende difficile governare l’Iraq. Oggi, di fatto, è un Paese pressoché
diviso in tre aree: il Sud chiaramente in mano alla leadership religiosa
sciita, il centro dove gli americani controllano militarmente la situazione e
il Nord curdo, che è forse quello che più degli altri sta acquisendo una reale
autonomia ed indipendenza; una zona abituata ormai da 8-9 anni ad avere una
propria autonomia.
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UN FUTURO PER L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA:
L’ORIZZONTE DELLE SECONDE GENERAZIONI,
TEMA DI UN CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO
- Servizio di Fabrizio Accatino -
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Saranno circa 1 milione in tutta Italia
tra il 2010 e il 2020. Sono le cosiddette seconde generazioni, figli di
immigrati nati in Italia e non più appartenenti né alla categoria stranieri né
a quella italiani. A loro e al loro universo, fin qui poco studiato, la
Fondazione Agnelli ha dedicato il Convegno dal titolo “Un futuro per
l’immigrazione in Italia, l’orizzonte delle seconde generazioni”, in cui una decina
di studiosi si è riunita intorno a Torino per valutare questo importante fattore
di trasformazione ma anche il rischio sociale. All’orizzonte dunque, scenari etnici
inconsueti, come ha ricordato nel corso della sua relazione il prof. Maurizio
Ambrosini, sociologo all’Università di Genova:
“Il vero problema è appunto che fino a 18 anni noi li
trattiamo da stranieri così come trattiamo da straniere le loro famiglie. Un
bel giorno invece potranno votare, potranno essere votati, potranno entrare a
pieno titolo nella nostra comunità nazionale. Dobbiamo prepararci affinché
questo passaggio avvenga in modo fluido, in modo positivo, in modo
reciprocamente benefico e non si formino ghetti ed isole di marginalità e di
esclusione”.
Cosa
cambierà dunque nel concreto? Innanzitutto sarà probabile che le seconde
generazioni a differenza delle prime, siano meno disponibili ad accettare i
lavori rifiutati dagli italiani. E’ altrettanto verosimile che si possono
creare conflitti familiari per l’educazione culturale dei figli, che ci sia un
boom di richieste per ottenere la nazionalità italiana, magari che nascano
partiti etnici e frange più integraliste, movimenti sociali inediti verso cui
le forze del mondo cattolico e del volontariato avranno un ruolo importante,
come ricorda ancora il professor Ambrosini:
“Credo che da questo punto di vista il ruolo delle
istituzioni religiose, del mondo del volontariato, dell’associazionismo, delle
molte attività educative, si pensi ai doposcuola, agli oratori che si prodigano
per l’integrazione delle seconde generazioni, sia un ruolo fondamentale, ma
molto bisogna anche fare perché questa presenza venga accettata come un fatto
fisiologico, normale di una società che diventa sempre più composita, aperta,
plurale e affinché si riescano a valorizzare le dimensioni positive contenendo
i possibili effetti negativi di questa trasformazione”.
Da Torino, per la Radio Vaticana, Fabrizio Accatino.
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14
giugno 2003
“SCELTE
DI GIUSTIZIA, CAMMINI DI PACE”. E’ IL TEMA DEL 29° CONVEGNO NAZIONALE DELLE
CARITAS DIOCESANE CHE SI APRIRÀ LUNEDÌ PROSSIMO AD OROSEI,
IN
SARDEGNA
OROSEI. = Lunedì prossimo avrà inizio ad Orosei, in
Sardegna, il 29° Convegno nazionale delle Caritas diocesane italiane.
All’incontro, dedicato al tema “Scelte di giustizia, cammini di pace”,
parteciperanno i rappresentanti delle 223 Caritas diocesane e gli operatori
della Caritas Italiana. L’appuntamento, che si concluderà il prossimo 19
giugno, intende verificare come le Caritas riescano a coniugare presenze,
attenzioni e azioni in grado di promuovere scelte di giustizia e cammini di
pace. Tra le relazioni più significative delle 4 giornate del Convegno sono previste:
“La globalizzazione dei diritti: una sfida da accogliere”; “Giustizia e finanza:
l’esperienza del microcredito”; “La promozione della giustizia e della pace a
livello internazionale: il ruolo degli organismi internazionali”. A riflettere
e a confrontarsi con i rappresentanti delle Caritas diocesane e gli operatori
di Caritas Italiana ci saranno, tra gli altri, il presidente del Pontificio
consiglio giustizia e pace, mons. Renato Martino, il docente di Sociologia
dell’Università cattolica di Milano,
Mauro Magatti, il cappellano del carcere di Rebibbia, don Sandro
Spriano, ed il presidente di Caritas America Latina, mons. Gregorio Rosa
Chavez. (A.L.)
I PROGRAMMI DI INVESTIMENTO E SVILUPPO
ECONOMICO HANNO DOMINATO
I
DIBATTITI DEL “FORUM ECONOMICO MONDIALE PER L’AFRICA”,
CONCLUSOSI IERI A DURBAN, IN SUDAFRICA
DURBAN. = Dopo il recente G8 di
Evian, il dibattito sulla globalizzazione ha dominato anche il “Forum economico
mondiale per l’Africa” che si è concluso ieri a Durban, in Sudafrica. Tra i
temi trattati, durante i lavori del Summit, sono stati messi in rilievo i
programmi di investimento e sviluppo economico per sostenere l’economia del
Continente africano. I partecipanti all’incontro, tra cui diversi leader
politici e rappresentanti della società civile, hanno
stimolato il dibattito sulla ‘Nuova partnership per lo sviluppo dell’Africa’
(Nepad). Il Nepad, un programma di azione teso al rilancio
dell’economia africana, è stato concepito e sviluppato per rispondere alle
priorità politiche, sociali ed economiche del Continente nero. La fine delle
guerre che stanno colpendo, purtroppo, diversi Paesi africani e la lotta alla
corruzione sono state le soluzioni indicate dal presidente sudafricano, Thabo Mbeki, per favorire, nel Continente africano,
l’investimento internazionale. “Realizzeremo questi progressi – ha dichiarato Thabo Mbeki nel corso della cerimonia conclusiva del Forum – e mi
auguro che gli sforzi compiuti dal Nepad saranno evidenti prima
possibile”. (A.L.)
LA CORRUZIONE, LA DISOCCUPAZIONE E L’ADESIONE
DELLA POLONIA
ALL’UNIONE
EUROPEA. SONO QUESTI I TEMI DISCUSSI DAI VESCOVI POLACCHI
NEL CORSO DELLA LORO ASSEMBLEA PLENARIA
CHE SI CONCLUDERÀ DOMANI A PARADYZ
PARADYZ. = E’ in corso di svolgimento a Paradyz, nell’Ovest
della Polonia, l’Assemblea plenaria
dell’episcopato polacco. I vescovi stanno affrontando diversi temi, tra i quali il problema della
corruzione e quello della disoccupazione. I recenti scandali che hanno
coinvolto politici ed esponenti dei media ed il tasso di disoccupazione che,
nel mese di aprile, ha superato il 18% stanno catturando l’attenzione dei presuli,
preoccupati anche per la situazione morale della Polonia. L’Assemblea ha manifestato,
infatti, le proprie perplessità per il clima di permissivismo morale che sembra
dominare il Paese. Altri ambiti di riflessione riguardano l’incidenza sul piano
europeo dell’adesione della Polonia all’Unione europea, le iniziative per il
Katholikentag mitteleuropeo, gli orientamenti e l’organizzazione della pastorale
per i polacchi all’estero. Domani, giornata conclusiva dell’Assemblea plenaria,
i vescovi parteciperanno alla celebrazione centrale del Giubileo per il
millenario della morte dei primi martiri in Polonia. (A.L.)
NON DISCRIMINATE I MINORI PIÙ VULNERABILI. E’
L’APPELLO DEL COMITATO
DELLE
NAZIONI UNITE PER I DIRITTI DEL BAMBINO (CRC) RIVOLTO, IN UN COMUNICATO, ALLE AUTORITÀ
POLITICHE DELLO SRI LANKA
NEW YORK. = Il comitato delle Nazioni Unite per i diritti
del bambino (Crc) ha recentemente manifestato, con un comunicato, la propria
preoccupazione per il sistema legale in vigore nello Sri Lanka. Secondo il Crc,
le leggi vigenti nel Paese asiatico contribuiscono alla discriminazione dei
minori più vulnerabili come i disabili, gli sfollati, i malati di Hiv-Aids ed i
bambini delle minoranze etniche o religiose. Il comitato ha espresso
particolare “preoccupazione per l’età minima della responsabilità penale, che
nello Sri Lanka è di 8 anni”. Il Crc ha quindi chiesto al governo di rivedere
l’Ordinanza sui bambini e i giovani del 1939, in cui viene fissata l’età minima
per finire sotto processo, e di elevarla seguendo gli standard internazionali.
L’organismo dell’Onu ha inoltre invitato l’esecutivo di Colombo ad accertarsi
che i minori di 18 anni responsabili di reati siano comunque trattati seguendo
le norme internazionali. Il Crc ha poi esortato il governo ad impegnarsi al
massimo per assicurare l’applicazione delle leggi anti-discriminazione. La condizione
dei bambini dello Sri Lanka è particolarmente a rischio nel Nord e nell’Est del
Paese, teatro di una decennale guerriglia tra le truppe governative ed i ribelli
delle ‘Tigri per la liberazione della patria tamil’ (Ltte). Da un anno e mezzo
è in corso, nel Paese, un processo di pace ma non è mai cessato definitivamente
l’allarme relativo ai rapimenti di minori da parte del Ltte. Per rafforzare le
file della guerriglia, infatti, gli estremisti non hanno esitato, negli anni
passati, a sequestrare migliaia di bambini e ragazzi. (A.L.)
SI INAUGURA OGGI POMERIGGIO A VENEZIA
LA 50.MA ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D'ARTE DELLA BIENNALE. “SOGNI E CONFLITTI -
LA DITTATURA DELLO SPETTATORE”
È IL
TEMA SCELTO QUEST’ANNO
VENEZIA. = “Sogni e conflitti - La dittatura dello
spettatore”. E’ questo il titolo con cui si apre oggi, alle ore 15, la 50.ma
Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia che si presenta
quest'anno come una “mostra delle mostre”.
Il direttore della Biennale, Francesco Bonami, ha voluto valorizzare,
infatti, l'unicità della struttura espositiva per costruire una grande rassegna
internazionale che prenda in considerazione le diversità che compongono la
realtà artistica contemporanea. Lo spettatore-lettore di questa mappa potrà
affrontare le singole individualità artistiche e costruirsi un itinerario
personale. Non esiste infatti un inizio ed una fine, ma tanti luoghi e tante
diverse visioni e tendenze per affrontare un viaggio nella contemporaneità. Al
Museo Correr, sede espositiva della Biennale d'arte, si terrà in collaborazione
con i musei civici veneziani, una mostra a cura di Francesco Bonami dedicata
alla Pittura dal 1964 fino ai giorni nostri. Saranno esposte più di 40 opere di
grandi protagonisti dell'arte contemporanea che con la Biennale ed il suo
pubblico hanno condiviso una parte della loro storia. (A.L.)
IN UN “SUQ MULTIETNICO”, ORGANIZZATO NEL
CENTRO DI MODENA, SI CONCLUDERA’ DOMANI “TUTTAUNALTRACOSA”, LA FIERA NAZIONALE
DEL
COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
MODENA. = “Tuttaunaltracosa”,
la Fiera nazionale dedicata al commercio solidale, si concluderà domani a
Modena. In un “Suq multietnico” allestito nel centro della cittadina emiliana,
70 operatori espongono tessuti, tappeti, mobili, arazzi, borse, vestiti,
terracotte, giocattoli, strumenti musicali e generi alimentari prodotti secondo
parametri di equità e senza sfruttamento. Il commercio equo si fonda su un
approccio alternativo al commercio tradizionale: promuove lo sviluppo
sostenibile, la giustizia sociale ed economica e la vendita di prodotti locali
ad un prezzo equo. La Fiera modenese, inaugurata giovedì scorso, è arricchita
anche da musica, spettacoli, dibattiti e approfondimenti sui continenti
dell’Africa, dell’America Latina e dell’ Asia. Partecipano alla manifestazione,
tra gli altri, l’economista indiana Vandana Shiva ed il padre comboniano Alex
Zanotelli. Per tutta la durata dell'evento, nell'area espositiva del Foro Boario,
è possibile visitare alcune mostre tra cui: "Chiama l'Africa", un
percorso interattivo di oltre 500 metri quadrati che si snoda tra i suoni, i
profumi ed i luoghi reali e immaginari del Continente africano e “Gracias
Mexico”, reportage fotografico dello scrittore Pino Cacucci. Il programma della
Fiera è disponibile sul sito www.tuttaunaltracosa.it
(A.L.)
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14
giugno 2003
- A cura di Giancarlo La Vella e
Stefano Cavallo -
Non si sblocca la situazione in
Medio Oriente. Oggi il gruppo estremista palestinese, Hamas, che ha rivendicato
l’ultimo sanguinoso attentato di Gerusalemme, ha rifiutato di aderire alle proposte
di tregua mediate dall’Egitto e caldeggiate dagli Stati Uniti. Intanto le nuove
speranze di pace si affidano alla missione dell’osservatore americano John
Wolf, che incontrerà lunedì a Gerusalemme i vertici del governo israeliano.
Contemporaneamente, il premier ebraico, Ariel Sharon, ha mandato a Washington
il suo capo di gabinetto, Dow Weisglass, per organizzare una sua prossima
visita alla Casa Bianca. Il servizio di Graziano Motta:
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Gli sforzi degli Stati Uniti, per non far naufragare il
dialogo politico, riattivato al vertice di Aqaba, a causa della riesplosione
della violenza di questi giorni, si stanno concentrando sull’arresto delle
operazioni dei gruppi armati palestinesi e delle rappresaglie israeliane. Il
segretario di Stato americano Powell, che verrà nella regione tra una decina di
giorni, ha affermato prioritaria la lotta ad Hamas. Delle difficoltà, però, si
sono frapposte. Arafat ritiene, invece, che Israele deve cessare per primo le
operazioni contro la popolazione palestinese e, per questo, ha rivolto un
appello alla comunità internazionale e in particolare al segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, che si è detto favorevole all’invio di una forza di
interposizione di caschi blu. Ma, per mantenere il processo sui binari del
vertice di Aqaba, ecco allora, su richiesta degli Stati Uniti, l’intervento
dell’Egitto, che ha varato un piano per il ritiro dei soldati israeliani dal
nord della Striscia di Gaza, da dove i guerriglieri di Hamas lanciano i missili sul territorio dello Stato ebraico, e
l’assunzione di responsabilità per la sicurezza da parte della polizia
palestinese. Detto piano sarà discusso stasera dai vertici israeliani e
palestinesi.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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In Iraq cresce l’insoddisfazione verso l’amministrazione
americana. Anche Ahmed Chalabi, leader del Congresso nazionale iracheno e uomo
vicino a Washington, ha dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero concedere più
potere agli iracheni. In caso contrario, le violenze potrebbero aumentare, come
sta avvenendo proprio in questi giorni. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Lo scontro più sanguinoso è capitato a nord di Baghdad,
quando degli assalitori sconosciuti hanno attaccato una colonna di mezzi
corazzati. I soldati americani hanno risposto al fuoco, uccidendo 27 persone.
Il giorno prima le forze statunitensi avevano bombardato un presunto campo di addestramento
per terroristi e almeno 70 iracheni erano morti. Oggi, però, anche un militare
americano ha perso la vita ed il cadavere di un altro soldato è stato trovato
in un lago vicino a Falluja. La nuova offensiva è stata lanciata 5 giorni fa
dal comando centrale americano per colpire la resistenza fedele al vecchio
regime che si concentra nel cosiddetto triangolo sunnita, ossia la zona a nord
della capitale, dove vive la minoranza che era privilegiata da Saddam Hussein,
in quanto condivideva la sua interpretazione dell’Islam. Ieri un giornale arabo
di Londra ha rivelato di avere ricevuto una presunta lettera dell’ex rais, in
cui intima le forze di occupazione di lasciare l’Iraq, minacciando, in caso
contrario, di portare la guerra nelle loro Nazioni. Alcuni incendi, intanto,
sono scoppiati lungo l’oleodotto che collega l’Iraq alla Turchia e potrebbero
essere frutto di sabotaggi.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Gravi minacce in Uganda nei
confronti delle missioni cattoliche che operano nel Paese africano. “Uccidere i
sacerdoti e percuotere a sangue le suore”. È questo l’ordine impartito da Joseph
Kony, leader del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra), a tutti i
suoi uomini dispiegati nel Nord Uganda. La folle disposizione - secondo quanto
diffuso dall’agenzia Misna - è stata impartita, giovedì scorso, via radio.
Molti religiosi hanno espresso forte preoccupazione per i rischi che incombono
sulle strutture della chiesa cattolica. Le violenze contro i civili, compiute
quotidianamente dai ribelli, nei distretti dell’etnia acholi di Gulu, Kitgum e
Pader, fanno temere che tutto sia davvero possibile. Negli ultimi giorni è
salito ad oltre 700 il numero dei bambini che, per timore d’essere sequestrati
dalla guerriglia, hanno trovato ospitalità negli edifici parrocchiali.
Prime difficoltà per i soldati
del contingente di pace francese nella Repubblica democratica del Congo. Un
loro convoglio è stato attaccato, stamattina, alla periferia di Bunia, nel
nordest del Paese, ed i militari inviati da Parigi hanno risposto aprendo il
fuoco. La loro missione si annuncia, dunque, particolarmente problematica, come
ci conferma Emiliano Bos, giornalista dell’agenzia Misna, appena tornato
dall’ex Zaire:
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Certo, la forza multinazionale ha di fronte a sé un
compito davvero impegnativo. La città di Bunia è stata negli ultimi mesi nelle
mani di vari gruppi armati, di varie fazioni di ribelli che sono pronte a
tutto. Io le ho viste, sono formate fondamentalmente da giovani, da adolescenti
e anche da ragazzini ai quali viene messo in mano un fucile kalashnikov, spesso
viene data loro da bere tanta birra, nel senso che con l’alcool li si convince
a combattere; e quindi non è un vero e proprio esercito. Il compito è pertanto
impegnativo e delicato al tempo stesso: si tratta di rendere sicura la città,
non certo di eliminare fisicamente le fazioni avversarie. Ma dall’altra parte,
il mandato ricevuto dalle Nazioni Unite autorizza i francesi e la forza
multinazionale - che sappiamo essere composta non solo da francesi - ad
utilizzare la forza per imporre la sicurezza nella città di Bunia. Questa forza
deve garantire un ambiente sicuro all’interno della città in un raggio di 20
km. I ribelli potrebbero anche accettare di ritirarsi ad una ventina di chilometri
nelle colline che circondano la zona, ma si teme che succeda il peggio quando,
dopo il 1° settembre, secondo la risoluzione dell’Onu, questa forza
multinazionale lascerà Bunia.
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È di circa 400 persone il bilancio dei morti nei
combattimenti, avvenuti nei giorni scorsi a Monrovia, capitale del Paese
africano, tra i militari dell’esercito governativo e i ribelli del Lurd
(Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia). Intanto a Ginevra
l'Organizzazione mondiale della sanità lancia l'allarme per la situazione
umanitaria degli sfollati nel paese africano. Decine di migliaia di sfollati
vagano ancora per le strade di Monrovia, o sono stipati nello stadio alla
periferia est della capitale in condizioni igieniche disastrose, in alcuni casi
in carenza di acqua potabile. Le autorità liberiane e i rappresentanti locali
del Programma alimentare mondiale hanno distribuito oggi razioni di riso e olio
alle famiglie rifugiate nello stadio Samuel Doe.
Continuano
in Iran le violente manifestazioni contro il piano di privatizzazione
dell'università. A Teheran questa notte nuovi scontri si sono verificati tra
dimostranti e sostenitori della leadership conservatrice del Paese, affiancati
dalla polizia antisommossa. Diverse persone sono rimaste ferite e un numero
imprecisato di arresti è stato effettuato dalla polizia.
Secondo
giorno di disordini anche in Cambogia. Dopo la morte, ieri, di un poliziotto e
di un manifestante, oggi si sono verificati nella capitale Phnom Penh nuovi
scontri fra la polizia e alcune centinaia di lavoratori tessili. Sono 220 le
fabbriche tessili cambogiane che producono a prezzi bassissimi indumenti, esportati
soprattutto negli Stati Uniti dove vengono commercializzati da aziende multinazionali.
Organizzazioni dedite alla tutela dei diritti umani hanno ripetutamente
denunciato condizioni di grave sfruttamento in molte di queste fabbriche, anche
se lo scorso anno l'Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni
Unite, con sede a Ginevra ha registrato segni incoraggianti di miglioramento
nel Paese.
Procede lentamente il
riavvicinamento tra le due Coree. Pyongyang e Seul hanno inaugurato
simbolicamente, questa mattina, un collegamento ferroviario che attraversa la
zona smilitarizzata ed unisce i due Paesi all’altezza del 38° parallelo. I
treni, però, entreranno in funzione solo a fine anno.
Oltre
150 mila senza tetto in India a causa delle piogge monsoniche e delle forti
inondazioni, che hanno colpito lo Stato di Assam, nel nordest del Paese. Lo
hanno riferito le autorità locali. Migliaia di persone inoltre sono rimaste
isolate e numerosi villaggi sono stati completamente sommersi a seguito dello
straripamento del fiume Barak, nel sud di Assam.
Si va alle urne dalle 8 di domani in tutta Italia, nella
prima giornata di voto per due referendum. Si vota per l'estensione dell'art.
18 dello Statuto dei lavoratori, sul reintegro nel posto di lavoro in caso di
licenziamento senza giusta causa, anche alle aziende con un numero di
dipendenti inferiore a 15, e per l'abrogazione dell'obbligo di passaggio degli
elettrodotti su terreni privati.
Il parlamento polacco ha ieri votato a favore del governo
e quindi contro l'eventualità di
elezioni anticipate. Il presidente Miller aveva chiesto la fiducia lunedì
scorso, subito dopo la vittoria del sì nel referendum dei giorni scorsi sull'entrata
in Europa. Secondo i sondaggi, a sostenere il governo di minoranza di Miller -
al potere dalle politiche dell'ottobre 2001 - sono il 16-20% dei polacchi.
Schiacciante
vittoria dei ‘sì’ per l’ingresso della Repubblica Ceca nell’Unione Europea. Nel
referendum per cui si è votato ieri e oggi, gli exit poll indicano una
percentuale dei favorevoli che supera l’81 per cento dei voti: un risultato
talmente chiaro che non fa temere grosse variazioni nel momento in cui, in
serata, incominceranno ad arrivare i risultati definitivi.
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