RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 163 - Testo della
Trasmissione di giovedì 12 giugno 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Presentato oggi alla stampa il Rapporto della Caritas italiana: con noi mons. Francesco Montenegro.
CHIESA E SOCIETA’:
La crisi politica del Venezuela continua a preoccupare i responsabili locali della Chiesa cattolica
Dopo
l’attentato di ieri a Gerusalemme, il Medio Oriente sull’orlo della guerra
totale – Nuovi disordini in Iraq: scontri nell’ovest del Paese
Manifestazioni
in Iran contro il regime degli ayatollah
Filippine,
resta aperto uno spiraglio di pace: i ribelli islamici prolungano la tregua
Cessate-il-fuoco
in Liberia, ma ora si rischia la catastrofe umanitaria.
12 giugno 2003
100
VIAGGI INTERNAZIONALI DI GIOVANNI PAOLO II: IL PAPA LI HA FESTEGGIATI
STAMANE
IN VATICANO INSIEME AI TANTI COLLABORATORI CHE IN 25 ANNI
DI
PONTIFICATO LO HANNO AIUTATO AD ORGANIZZARLI E REALIZZARLI
- A
cura di Roberta Gisotti -
Quanti hanno
avuto l’onore, il piacere, il ricordo impresso per sempre di poter condividere
i viaggi apostolici del Santo Padre si sono ritrovati oggi insieme al Papa per
festeggiare con lui, in Vaticano, un traguardo importante raggiunto in questo
25 mo anno di pontificato. Giovanni Paolo II ha compiuto nel suo instancabile
pellegrinare per il mondo 100 viaggi internazionali fuori dall’Italia, l’ultimo
appena concluso, lunedì scorso, in Croazia. Qualche dato e curiosità: il Papa
ha percorso oltre 1 milione di chilometri, 29 volte la circonferenza del nostro
Pianeta, circa tre volte la distanza tra la Terra e la Luna; ha toccato il
suolo di 129 Paesi e visitato oltre 600 località; ha pronunciato 2400 discorsi;
in totale ha viaggiato per oltre un anno mezzo, 575 giorni.
Un incontro quello di stamane nella sala Clementina, che
ha riunito 200 persone tra giornalisti e collaboratori a vario titolo
nell’organizzare e realizzare i viaggi del Papa. Un clima festoso, sottolineato
da tanti canti, applausi, sorrisi e commozione. Ma ascoltiamo la cronaca di
questa mattinata davvero particolare nel servizio di Luca Collodi, tra gli
inviati nell’ultimo viaggio in Croazia.
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Il centesimo viaggio appena compiuto offre al Papa
l’occasione di rinnovare il suo commosso ringraziamento alla Provvidenza Divina
che gli ha concesso di realizzare questo importante progetto pastorale.
“Mi sono sentito in dovere di imitare l’apostolo
Pietro che andava a far visita a tutti per confermare e consolidare la vitalità
della Chiesa nella fedeltà della Parola e nel servizio alla verità; per dire a
tutti che Dio li ama, che la Chiesa li ama; e per ricevere da essi
l’incoraggiamento e l’esempio della loro bontà, della loro fede”.
Il Papa
sottolinea come fin dal giorno dell’elezione a Vescovo di Roma, il 16 ottobre
del 1978, sia risuonato nel suo intimo con particolare intensità ed urgenza il
comando di Gesù: “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni
creatura”.
“In tutti questi viaggi mi sono sentito pellegrino in visita a quel
particolare santuario che è il suo popolo. In tale Santuario ho potuto
contemplare il Volto di Cristo a sua volta sfigurato nella Croce o splendente
di Luce come nel Mattino di Pasqua”.
Il Papa ha salutato i molti giornalisti presenti nella
Sala Clementina del Palazzo Apostolico e quanti – ormai lontani sulla strada
della vita o già chiamati nella casa di Dio – in quasi 25 anni sono stati
testimoni privilegiati di questo singolare esercizio del Ministero Petrino. Ha
rivolto un pensiero cordiale al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
del governo italiano, Pietro Lunardi, ai dirigenti dell’Alitalia, ai membri del
Corpo della Gendarmeria Vaticana e della Guardia Pontificia, ai responsabili
della Radio Vaticana, de L’Osservatore Romano, del Centro
Televisivo Vaticano ed ai giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della
Santa Sede e al suo Direttore.
“Mosso dalla convinzione – ha proseguito il Papa – che
‘l’uomo è la prima e fondamentale via della Chiesa’ ho voluto incontrare i
fratelli delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i fedeli del
Giudaismo, dell’Islam e delle altre religioni, per riaffermare con convinzione
sia l’impegno concreto della Chiesa cattolica per la ricostruzione della piena
unità tra i cristiani, sia per la sua apertura al dialogo e alla collaborazione
con tutti per l’edificazione di un mondo migliore”.
“Non ho mai dimenticato i giovani, speranza della Chiesa e del Papa: nei
loro volti gioiosi e pensosi ho visto una generazione pronta a porsi con generosità
alla sequela di Cristo ed a costruire la civiltà dell’Amore”.
“E a voi, qui convenuti” - ha concluso - “vorrei dire il
mio ringraziamento”. Con il vostro lavoro, a diversi livelli e responsabilità,
“avete permesso al Papa di andare incontro agli uomini e alle donne del nostro
tempo nei loro abituali luoghi di vita. E lo avete aiutato nel suo ministero di
missionario itinerante, desideroso di annunciare a tutti la parola di salvezza,
con la profonda convinzione che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e
arrivino alla conoscenza della verità”.
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E tra i maggiori artefici dei viaggi internazionali di
Giovanni Paolo II è stato il cardinale Roberto Tucci, che ne ha organizzati ben
79 su 100. Ed è stato lui stamane a rivolgere l’indirizzo di saluto a nome di
tutti i presenti al Papa, che lo ha ringraziato personalmente per l’aiuto
offerto in tanti anni di devoto servizio. Ascoltiamo le sue impressioni su
questa ricorrenza al microfono di Rosario Tronnolone.
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R. - Anzitutto mette in risalto l’importanza del magistero
itinerante del Santo Padre, che certamente è diventato subito dagli inizi, dal
’79, uno degli aspetti più innovativi del suo Pontificato. Non l’unico, ma
certamente uno dei più importanti aspetti innovativi. Oggi si aggiunge la mole,
non solamente la frequenza, ma la mole che è dovuta anche al fatto che il Papa
ha vissuto un lunghissimo Pontificato. Per me è molto importante festeggiare il
Santo Padre in questa occasione e con tutti quelli che in qualche modo hanno
maggiormente collaborato alla preparazione, all’esecuzione dei viaggi; è stata
anche coniata una bella medaglia per la visita in Croazia, che ricorda questo
100.mo viaggio. Per me la grande molla che spinge il Papa a questo itinerare, a
questo magistero itinerante, questa evangelizzazione a campo completo in tutto
il mondo, è soprattutto la sua unione col Signore, il desiderio di
corrispondere alla volontà del Signore. Stamattina nella Messa, mentre
celebravo ho pensato molto al Santo Padre quando ho letto questa frase della
seconda lettera ai Corinzi di San Paolo, ‘Noi difatti non predichiamo noi
stessi, ma Cristo Gesù e Signore. Quanto a noi siamo i vostri servitori per
amore di Gesù’. Credo che questo sia lo Spirito con cui il Papa ha affrontato
questo nuovo modo, per lo meno nuovo nella quantità e certamente nella
intensità di operare l’evangelizzazione, di trasmettere il messaggio di Cristo.
Ieri ha ringraziato apertamente il Signore che per cento volte gli ha aperto le
strade del mondo e delle Nazioni. Speriamo che il Signore gli apra anche
qualche territorio che ancora non si è aperto a questa opera evangelizzatrice.
D. – C’è stata una costante che ha potuto notare, pur con
le dovute differenze naturalmente, nelle varie realtà che il Santo Padre andava
ad incontrare?
R. –
Anzitutto il Papa va per consolare, rafforzare, sostenere le comunità cristiane
in loco, cioè per pellegrinare, come dice lui, ai Santuari delle Chiese particolari.
Ci sono dei casi in cui il Papa va, diciamo, a sostenere delle comunità che sono
in grande difficoltà; e poi pensiamo a tutte le persone che hanno visto il Papa
da vicino e che non si potrebbero mai permettere il lusso di venire a Roma per
vedere il Papa qui in Vaticano, che consolazione! Un grande giorno, un giorno
da ricordare. “C’ero anche io”. Credo che questo sia molto importante
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ALTRE UDIENZE
Nel corso della mattinata il
Santo Padre ha ricevuto il ministro degli Esteri del Regno Hashemita di
Giordania, Marwan Muasher, con il Seguito, e successivamente due presuli della
Conferenza episcopale del Burkina Faso, in visita “ad Limina Apostolorum”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Missionario itinerante” è il
titolo che apre e caratterizza la prima pagina: nel venticinquesimo di
Pontificato il traguardo di 100 viaggi apostolici internazionali. Giovanni
Paolo II celebra la ricorrenza con un’udienza speciale a quanti sono stati
“testimoni privilegiati di questo suo singolare esercizio del ministero
petrino”.
Sempre in prima, in evidenza,
il Medio Oriente: “La pace tra due fuochi”. Sedici morti a Gerusalemme in un
attentato sferrato da un “kamikaze” palestinese; immediata rappresaglia
dell’esercito israeliano nei Territori.
Nelle vaticane, un articolo di
Nello Cipriani dedicato all’Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”.
Una pagina sulla prossima
Giornata mondiale di preghiera per la santificazione dei sacerdoti, che si
celebra il 27 giugno.
Nelle
pagine estere, un articolo dal titolo “La tradizione cristiana valore fondante
della storia e della cultura europee”: una mozione adottata dal Governo polacco
in merito alla bozza del Preambolo della Costituzione dell’Ue.
Iraq: si rivelano sempre più
gravi i danni inflitti dai saccheggi ai siti archeologici.
Nella pagina culturale, un
articolo di Agnese Pellegrini sulle “Vite di Romolo e Teseo” di Plutarco.
Nelle pagine italiane, in rilievo il tema del
terrorismo.
La tragedia degli incidenti
stradali.
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12
giugno 2003
INCENTRATA SUL TEMA DEL TRAFFICO DEI BAMBINI, SI
CELEBRA OGGI,
LA
GIORNATA MONDIALE CONTRO IL LAVORO MINORILE
- Il
servizio di Amedeo Lomonaco -
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L’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che
promuove la Giornata, intende, quest’anno, richiamare l'attenzione della
comunità internazionale su una delle forme peggiori di assoggettamento
dell'infanzia, il traffico dei bambini. Il dramma del lavoro minorile riguarda,
nel mondo, centinaia di milioni di bambini e la maggior parte di questi sono di
età inferiore ai 14 anni. In base ai dati diffusi dall’Ilo, oltre 8 milioni di
minori sono caduti, purtroppo, nella trappola della
schiavitù, della prostituzione, della pornografia o di altre attività illecite.
Fra questi ultimi, sono più di un milione i bambini vittime del traffico di
esseri umani. Ascoltiamo il direttore dell’Ilo per l’Italia a Roma, Claudio
Lenoci.
R. – Il
12 giugno, per il secondo anno consecutivo è stato scelto come Giornata
celebrativa della lotta al lavoro minorile, che in ogni parte del mondo rappresenta,
soprattutto nelle zone più povere del pianeta, una grossa piaga di questa
nostra società. Il significato della Giornata odierna è fare il punto di tutti
gli sforzi che sono stati compiuti da parte dei diversi soggetti che costituiscono
l’alleanza globale nella lotta al lavoro minorile. La drammaticità del fenomeno
è tale da farci ritenere che occorre un rinnovato impegno.
D. – L’Organizzazione internazionale del lavoro è
impegnata da molti anni contro il dramma del lavoro minorile. Quanto è esteso
questo fenomeno e quali sono i Paesi più colpiti?
R. – Un rapporto globale lanciato dalla nostra
Organizzazione, il maggio dell’anno scorso, ha rilevato come siano 246 milioni
i bambini impiegati in forme di lavoro minorile, di cui ben 179 milioni nelle
peggiori forme, che comprendono i lavori a rischio, e purtroppo anche le forme
più aberranti che riducono i minori in forma di schiavitù. Questo è un fenomeno
che ovviamente riguarda le zone più povere del mondo, in particolare l’Africa,
l’Asia, alcune zone dell’America Latina.
D. – Le forme di sfruttamento dell’infanzia sono purtroppo
molteplici. Quali cause ne ostacolano la rimozione?
R. – Le cause sono legate alle situazioni di povertà.
Ovviamente non tutti i bambini sono vittime del lavoro minorile come forma di
induzione. Ci sono tante forme di lavoro minorile che sono favorite dalle
famiglie. La povertà in molte zone arretrate del mondo, nei Paesi in via di
sviluppo, fa sì che questo fenomeno sia nelle soglie drammatiche che abbiamo
rilevato. Occorre, quindi, un impegno non soltanto teso alla rimozione di
questi minori dalle peggiori forme di lavoro minorile, ma anche un impegno
verso le loro famiglie. Bisogna aiutarle, sostenerle, con forme anche di
incentivazione economica.
D. – Quali strategie ha messo in campo l’Organizzazione
internazionale del lavoro per contrastare questa piaga che, con la
globalizzazione, sta assumendo dimensioni sempre più drammatiche?
R. – Il
programma più importante nel mondo, quello per l’abolizione del lavoro minorile
(Ipec) è teso a prevenire, a contrastare e a riabilitare i minori che vengono
sottratti al lavoro minorile. La strategia di questo programma è il
coinvolgimento massimo, globale, di tanti soggetti rappresentativi della società
civile: dalle organizzazioni dei sindacati a quelle dei datori di lavoro, a molte
organizzazioni non governative che nei Paesi in via di sviluppo fanno un lavoro
veramente ammirevole, integrandosi in questa rete di iniziative che fanno
riferimento al programma Ipec.
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SODDISFAZIONE PER IL
MIGLIORAMENTO, MA SI ATTENDE UN ULTERIORE PASSO:
COSI’ I VESCOVI EUROPEI CIRCA IL COMPROMESSO RAGGIUNTO SUL PREAMBOLO
DELLA FUTURA COSTITUZIONE EUROPEA
- A cura di Carla Cotignoli -
“Soddisfazione per il miglioramento
apportato. Non risponde però alle attese delle Chiese cristiane”. Questa la
valutazione del segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali
europee (Ccee), mons. Aldo Giordano riguardo al compromesso raggiunto sinora a
Bruxelles sul Preambolo della Costituzione: non è stato inserito il
riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, è stato tolto quello alla
cultura greco-romana e alle correnti filosofiche dei Lumi. E’ rimasto solo il
riferimento “ai retaggi culturali, religiosi e umanistici dell’Europa che – si
legge - hanno ancorato nella vita della
società la sua percezione del ruolo centrale della persona umana, dei suoi
diritti inviolabili”. Entro domani l’Assemblea plenaria della Convenzione di
Bruxelles dovrà raggiungere un accordo sul testo definitivo della prima parte
della futura Costituzione europea e venerdì prossimo sarà presentato al Vertice
di Salonicco. Sul compromesso raggiunto a Bruxelles, ascoltiamo direttamente
mons. Aldo Giordano al microfono di Debora Donnini.
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R. – Si
ha l’impressione che ci sia stato un miglioramento del testo, perché togliendo
quella frase che fa riferimento alle radici dell’Europa – la civiltà greco-romana,
lo slancio spirituale e l’Illuminismo - si evita il grossolano errore storico
di non citare il Cristianesimo.
Naturalmente, si considera positivo il fatto che la parola “religione”
sia presente nel testo. E’ anche interessante, per esempio, il ruolo centrale
dato alla persona umana, dalla quale partono i diritti. Siamo dunque
soddisfatti per il passo che si è fatto, ma siamo ancora in attesa di un altro
passo. Vista la volontà di ascolto che questo miglioramento ha indicato, noi
speriamo che la Costituzione europea non cerchi un consenso su un minimo,
perché credo che l’Europa e la storia sia giunta ad un momento in cui c’è
bisogno di un salto vero di qualità. Noi dobbiamo scoprire un nuovo livello del
sociale, del politico, un nuovo livello che permetta una vera pace. E quindi
dobbiamo andare a cercarlo là dove c’è una sorgente che renda possibile questa
novità. E noi pensiamo che proprio nel Cristianesimo sia possibile fare un
salto evolutivo sul concetto di umanità, di fraternità, di libertà. Ed è per
questo che sarebbe un grande passo se noi riuscissimo a mettere questa luce del
Cristianesimo all’interno di una Costituzione, perché l’Europa diventerebbe
veramente, profeticamente, qualcosa di interessante per tutta l’umanità.
D. – Per sintetizzare, apprezzate il passo avanti, però
chiedete un riferimento esplicito alle radici giudaico-cristiane?
R. – Sì, certo. Se ci fosse un riferimento chiaro alle
radici giudaico-cristiane, ciò permetterebbe all’Europa di diventare un punto
di riferimento nuovo per tutta l’umanità.
D. – Don Aldo Giordano, perché la Costituzione americana
nomina Dio al suo interno e nessuno se ne scandalizza, e invece per l’Europa è
così difficile riconoscere le radici cristiane della sua storia?
R. – Perché c’è paura di questo? Credo che sia frutto
della nostra tradizione culturale. Se pensiamo al processo della modernità,
all’Illuminismo, anche alla crisi che la cristianità ha vissuto in Europa,
possiamo trovare lì dei motivi per cui c’è un certo timore ad accettare il
Cristianesimo, ad accettare Dio. La situazione storica attuale ha anche
complicato un po’ le cose, perché spesso la religione emersa è anche legata a
delle crisi: pensiamo alla crisi dell’Iraq, a come il nome di Dio è stato
citato durante questa crisi. Questo certamente non aiuta ad essere sereni nel
citare Dio. Però a me sembra che il motivo di fondo sia un’ignoranza su quello
che significherebbe citare Dio o il Cristianesimo, il Dio cristiano. C’è
un’ignoranza, ma non solo su alcune sponde. Forse c’è un’ignoranza abbastanza
diffusa anche tra noi cristiani. Proprio questo dibattito ci invita ad
approfondire quale sia la ricchezza della nostra fede. E se noi come cristiani
cogliessimo questa occasione per approfondire il dono che abbiamo ricevuto,
certamente daremmo un contributo all’Europa.
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PRESENTATO OGGI ALLA
STAMPA IL RAPPORTO ANNUALE DELLA CARITAS ITALIANA
Un anno di idee, progetti e azioni
della Caritas Italiana nel Rapporto relativo al 2002, presentato questa mattina
a Roma. Interventi concreti e cifre ma anche molta attenzione all’aspetto
formativo. Lo ha sottolineato alla conferenza stampa il nuovo presidente della
Caritas Italiana, mons. Francesco Montenegro, eletto a fine maggio scorso. Ha
annunciato anche il prossimo convegno nazionale, il 29esimo, che si svolgerà a
Orosei, in Sardegna, dal 16 al 19 giugno prossimo. Il servizio di Fausta
Speranza:
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Per ricordare gli impegni della Caritas in Italia si
devono ricordare alcuni avvenimenti
chiave: l’avvio del servizio civile volontario, a 30 anni dalla legge
sull’obiezione di coscienza, e il servizio civile. Un cambiamento che ha fatto
vacillare la struttura consolidata di assistenza sociale legata agli obiettori
di coscienza. In ogni caso, i giovani impegnati al decollo del Servizio civile
volontario sono stati 390 provenienti da 55 diocesi; 22, denominati “caschi
bianchi”, sono stati distaccati all’estero.
Poi la nuova legge sull’immigrazione, nota come Bossi-Fini, a proposito
della quale sono state ribadite tutte le perplessità già espresse altre volte.
Sono state sintetizzate, questa mattina, dicendo che la legge finisce per
incoraggiare la clandestinità e non tiene conto del principio umano di
ricongiungimento familiare. E diretto è il richiamo al dramma degli sbarchi
sulle coste siciliane e al problema dell’accoglienza. Ma anche alla nuova legge
sulla prostituzione, un fenomeno che comporta anche la cosiddetta nuova tratta
delle schiave. A tutto ciò sono legati ben 89 progetti di ascolto, accoglienza,
mediazione culturale e integrazione sociale che hanno interessato 15
delegazioni regionali.
Inoltre, sempre parlando dell’anno
2002, la mente torna anche ai drammatici
episodi di terremoto e alle alluvioni al nord Italia. A questo proposito una
cifra significativa: gli oltre 560mila euro destinati a Molise e Puglia.
Sempre parlando delle occasioni di
intervento della Caritas Italiana, ma allargando l’orizzonte, si deve registrare
l’impegno per i profughi dell’Afghanistan.
Oltre poi ad una presenza in Kosovo, India, Mozambico, El Salvador, sono
documentati 536 micro-progetti in Asia, Africa e America Latina. Sul piano
internazionale, inoltre, non si può dimenticare l’avvio di una presenza fissa
della Caritas italiana a Gerusalemme e la pubblicazione della ricerca sui
conflitti dimenticati.
Torna la stessa filosofia di
fondo: dove non c’è giustizia non c’è pace. E infatti emerge che le 26 guerre
in corso nel mondo si svolgono in zone di povertà, il 90% in Paesi in via di
sviluppo. Mentre non è vero che la complessità delle etnie presenti su un
territorio porti di per sé ad un alto tasso di conflittualità.
Per tutto questo non basta a livello dei governi la
mediazione politica ma sarebbe necessaria un’opera di prevenzione che significa
di nuovo difendere la giustizia e combattere la povertà. E’ un’amara conferma
della necessità, accanto all’aiuto concreto nelle emergenze, di costruire una
solidarietà che diventi stile di vita a tanti livelli. Lo sottolinea mons. Francesco
Montenegro:
“In questo mondo, che si sta dividendo un po’ a forbice –
ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri – ci dobbiamo attivare ad
educarci al senso della condivisione, a leggere il perché delle cause e quindi
a sapere stare accanto”.
Fausta Speranza, Radio Vaticana.
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12 giugno 2003
I
VESCOVI DELL’UNIONE EUROPEA PROMUOVONO
UNA
RIFLESSIONE CRISTIANA SULL’EUROPA:
PUBBLICATO
UN DOCUMENTO DELLA COMECE
SULLA
RESPONSABILITÀ DEI CRISTIANI NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE
BRUXELLES. = La stesura della Convenzione europea e
l’allargamento dell’Unione costituiscono per i cittadini europei momenti di
riflessione sull’identità futura del continente. Per fornire alcuni
orientamenti la Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece) ha
pubblicato ieri “Apriamo i nostri cuori: la responsabilità dei cattolici e il
progetto dell’Unione europea”, documento elaborato da un gruppo di teologi
coordinati dal vicepresidente dell’organismo, l’arcivesco-vo francese Hippolyte
Simon. I vescovi invitano la società a confrontarsi sul tema della costruzione
europea ma, soprattutto, esortano i cristiani a comprendere la responsabilità
che la storia e la cultura europee affidano loro. Il testo si articola in tre
parti: la prima tratta del contributo che il Cristianesimo ha fornito alla costruzione
dell’Europa; la seconda procede ad una rilettura cristiana della dichiarazione
di Robert Schuman; la terza si focalizza sulla responsabilità dei cattolici
nella nuova Europa. I presuli avvertono i timori di molti cittadini nei
confronti del processo di integrazione europea e proprio per questo chiamano i
cristiani all’impegno in favore dell’unità e della stabilità del continente. I
vescovi sottolineano quindi i valori sui quali il processo di integrazione
europea è stato fondato (pace, solidarietà, libertà) ma rilevano anche i punti
di debolezza della costruzione comune: le crisi balcaniche e le repressioni
nell’Europa orientale nel recente passato. Debolezze che i presuli rilevano
anche nel funzionamento dell’economia di mercato, quando aumentano le disuguaglianze
sociali ed economiche o avvengono concentrazioni di attività a discapito della
libera concorrenza. Di fronte a questi problemi i cattolici sono chiamati
all’azione attraverso la riscoperta del-l’eredità cattolica europea, la
rivalutazione delle diverse tradizioni di spiritualità e la promozione del
dialogo ecumenico e interreligioso. (M.A.)
LA CHIESA VENEZUELANA ESPRIME LA SUA PREOCCUPAZIONE
PER LA SITUAZIONE
POLITICA DEL PAESE.
IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE HA
LAMENTATO
LA PERDITA
DI AUTORITÀ DEL PARLAMENTO
CARACAS.
= La crisi politica del Venezuela continua a preoccupare i responsabili locali
della Chiesa cattolica. In un comunicato diffuso ieri, il presidente della Conferenza
episcopale, l’arcivescovo Baltazar Porras, si è detto preoccupato per la
perdita di autorità del Parlamento nazionale, lamentando che la legge sia
applicata solo in funzione di “interessi concreti” del governo. “Questo – ha
affermato mons. Porras – è un colpo mortale al potere legislativo nel quale
ogni tipo di parere e opinione che non sia in linea con quella del governo deve
semplicemente essere eliminata. Questo è un colpo che uccide il vero senso di
indipendenza dei poteri”. Secondo il presule attualmente la situazione politica
del Paese non garantisce il pieno rispetto della democrazia e mina l’esistenza
delle istituzioni. La preoccupazione dell’arcivescovo è rivolta particolarmente
alla legge che riguarda il sistema informativo nazionale e i mezzi
comunicazione. Secondo mons. Porras, l’iter parlamentare della legge è stato
accelerato, sorpassando altri provvedimenti più urgenti. La legge di
responsabilità sociale nella radio e nella televisione è stata duramente
criticata anche dall’opposizione e dal mondo dell’editoria, che lamentano il
tentativo del governo di censurare voci dissonanti dalla linea ufficiale.
(M.A.)
IL
VESCOVO DI MANNAR, NELLO SRI LANKA, HA RIVOLTO UN APPELLO
ALLE
TRUPPE GOVERNATIVE CHE DA 20 ANNI
OCCUPANO
PROPRIETÀ E LUOGHI DI CULTO
DELLA
REGIONE. “LASCIATE CHE GLI ABITANTI VIVANO UNA VITA NORMALE”
SRI
LANKA. = “La mia gente ha sopportato dolori e sofferenze per 20 anni: lasciate
che gli abitanti del nord e dell’est vivano una vita normale come nel resto
dello Sri Lanka”. Così si è espresso il vescovo di Mannar, mons. Joseph
Rayappu, verso una delegazione di Forze armate in visita in questi giorni nel
distretto nord-occidentale dello Sri Lanka. “È indispensabile – ha continuato
il presule – che coloro che abitano nel nordest ritrovino la pace”, e che
pertanto le truppe governative abbandonino le proprietà e i luoghi di culto che
ancora continuano a occupare a Mannar. All’appello del vescovo, da anni
impegnato a riportare alla normalità la martoriata regione, si aggiunge quello
delle autorità locali di Mannar. Con l’inizio del sanguinoso conflitto, nel
1983, tra le truppe governative ed il movimento ribelle “Tigri per la
liberazione della patria tamil” (Ltte), molti residenti sono fuggiti in India
meridionale, ma in questi ultimi mesi, con l’avvio nel 2002 del processo di
pace, in molti intendono tornare a casa. Per l’amministrazione locale i
profughi sperano di poter ricominciare al più presto a vivere nelle proprie
case e di rientrare in possesso dei terreni occupati dalle Forze armate
cingalesi, ricostruendo un’esistenza spezzata dal decennale conflitto. (S.C.)
LA
CARITAS INTERNAZIONALE E L’ONU HANNO FIRMATO UN ACCORDO CONTRO L’AIDS.
RICONOSCIUTE LE DIFFERENZE DI APPROCCIO,
I DUE
ORGANISMI SVILUPPERANNO PROGETTI DI SOSTEGNO E CURA PER I MALATI
ROMA. = La Caritas internazionale e il programma delle
Nazioni Unite contro l’Aids hanno siglato, un accordo per accrescere
l’informazione, la prevenzione e la cura di questa terribile malattia.
L’accordo, che è la prosecuzione di un’intesa sperimentale tra le due
organizzazioni che dura dal 1999, prevede un rafforzamento dell’impegno dei
gruppi ecclesiali nelle politiche dell’Onu contro l’Aids e un loro maggiore
coinvolgimento nel combattere la discriminazione delle persone colpite dal
virus dell’Hiv. Il documento di intesa fa riferimento alle differenze di
approccio delle due organizzazioni, quando in due note a piè è pagina si
specifica che la partecipazione della Caritas internazionale è basata sul
magistero spirituale, morale e sociale della Chiesa cattolica. (M.A.)
CONCLUSO
A DUBLINO IL 65.MO CONGRESSO MONDIALE DELLA STAMPA.
LA
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE È IN DETERIORAMENTO. L’ASSOCIAZIONE HA LANCIATO
UN
APPELLO PER I GIORNALISTI E L’INFORMAZIONE A CUBA
DUBLINO.
= Sono stati 1200 i partecipanti al 56mo Congresso mondiale deella stampa - conclusosi
ieri - ed organizzato quest’anno a Dublino dall’Associazione mondiale dei
giornali. Il 2002 è stato un anno difficile, che ha visto una flessione in
negativo dello 0,35 per cento della diffusione della stampa a livello mondiale,
come rilevato dalle tendenze dell’editoria. Rappresentano delle importanti eccezioni
Paesi come l’Irlanda, la Cina e l’India. Janet Robinson, vice presidente del New
York Times, ricordando la grave crisi che ha interessato il quotidiano di
New York dopo la scoperta di plagi e falsificazioni di articoli, ha dichiarato
che “nessun media prende questo avvenimento più sul serio che il New York
Times stesso”. Numerose soluzioni alle difficoltà della stampa sono state
menzionate durante i tre giorni del congresso. Sue Clark Johnson, del The
Ariziona Republic, ha commentato che la multimedialità permetterebbe di aumentare
i guadagni. Conrad Blac, magnate della stampa (Daily Telegraph, Jerusalem
Post, Chicago Sun-Times), celebre per il suo parlare franco, ha
accusato con veemenza i giornalisti europei di antiamericanismo, mentre il
giornalista Robert Frisk (The Indipendent) ha al contrario affermato che
i militari americani e britannici hanno
mentito. Secondo l’Associazione mondiale dei giornali, che ha base a Parigi e
che rappresenta 18 mila testate, la libertà di stampa è in deterioramento; in
particolare, a Dublino sono stati condannati gli arresti e le lunghe pene
detentive dei giornalisti a Cuba. L’Associazione ha anche chiesto all’Onu e
all’Unesco – che organizzeranno due summit a Ginevra nel dicembre 2003 e a
Tunisi nel 2005 sulla società dell’informazione – di controllare che “questa
libertà di espressione e di stampa sia protetta su Internet”. Intanto
all’Associazione bielorussa dei giornalisti è andata la piuma d’oro della libertà
di stampa. Il prossimo congresso, previsto per il 2004, si terrà ad Istanbul.
(S.C.)
ASSEGNATI AD ALESSANDRO DE CAROLIS, GIORNALISTA
DELLA RADIO VATICANA,
DUE
PREMI LETTERARI A MILANO E BARI
ROMA. =
Due premi in altrettanti concorsi letterari: vincitore il nostro collega della
Radio Vaticana Alessandro De Carolis, al suo esordio come autore di narrativa.
Entrambi i racconti brevi presentati in concorso sono stati insigniti del
Premio speciale della giuria all’undicesima edizione di “Racconti di Primavera”,
iniziativa internazionale organizzata dall’Associazione “DirettaMente” con sede
a Turi, in provincia di Bari. I racconti, intitolati “L’occasione” e “Mai dire
mai”, sono stati premiati - recita la menzione - per la prosa elegante e per la
capacità di presentare con verosimiglianza personaggi della periferia del mondo
in cerca di riscatto o ritratti in situazioni straordinarie che sconvolgono per
qualche attimo il comune sentire della vita. Inoltre, il racconto “L’occasione”
- storia di una ragazza portoricana di Harlem che ottiene un lavoro nel World
Trade Center il giorno prima dell’11 settembre 2001 - ha vinto anche il secondo
riconoscimento alla 24.ma edizione del Premio di poesia e narrativa organizzato
dai Lyons Club di Milano Duomo e che sarà assegnato questa sera. (R.G.)
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12
giugno 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Il Medio Oriente, che nel
vertice di Aqaba si era avvicinato alla pace, si ritrova pochi giorni dopo
sull’orlo della guerra totale. Stamattina, in una riunione con il suo governo,
il premier israeliano Sharon ha dato ordine di colpire i leader di Hamas, e gli
attivisti islamici hanno minacciato risposte violente, in caso di un’invasione
della striscia di Gaza. Il clima è degenerato dopo l’attentato suicida di ieri
pomeriggio a Gerusalemme: un giovane palestinese di Hebron si è fatto esplodere
a bordo di un autobus affollato, in pieno centro, uccidendo 16 persone e
ferendone circa un centinaio.
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Il gesto è stato rivendicato da Hamas, come reazione al
fallito tentativo del giorno prima di eliminare uno dei suoi capi, Abdel Aziz
Rantisi. Le autorità israeliane negano questa connessione, sostenendo di avere
sventato negli ultimi giorni decine di attentati diretti contro il processo di
pace. Né considerano una rappresaglia – bensì un momento della lotta continua
ai quadri del terrorismo – l’uccisione dei due esponenti del braccio combattente
di Hamas ad opera di un elicottero, i cui missili hanno fatto ancora vittime
(5, fra i passanti) ed una ventina di feriti. Un secondo raid è avvenuto nella
notte: uccisi, stavolta, due militanti delle Brigate di Al Aqsa, mentre
viaggiavano in auto, per le vie di Gaza. La nuova giornata di morte non sembra
comunque aver compromesso la determinazione delle parti di continuare il
dialogo, per il quale si sono impegnate la settimana scorsa. Sharon ha comunque
ribadito la determinazione a combattere senza sosta il terrorismo ed a sferrare
anche operazioni mirate ai suoi capi. Da parte palestinese, Mahmud Abbas invoca
la cessazione di ogni violenza.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Una forte condanna
all’attentato di Gerusalemme è venuta ancora una volta dal presidente americano
Bush, il quale vede ora minacciata la sua iniziativa di pace. Da New York,
Paolo Mastrolilli:
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“IT
IS CLEAR THERE ARE PEOPLE IN THE MIDDLE EAST…”
“È chiaro – ha detto Bush – che
nel Medio Oriente ci sono persone che odiano la pace, che vogliono uccidere per
essere sicure che i desideri di Israele di vivere in sicurezza non si
realizzino; persone pronte all’omicidio, per garantire che le speranze del
primo ministro dell’Autorità palestinese e di altri per uno Stato pacifico,
capace di vivere fianco a fianco con Israele, non si realizzino”. Quindi, Bush
ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché reagisca in maniera
compatta. “Io – ha detto – sollecito fortemente le persone nel mondo che
vogliono vedere la pace in Medio Oriente a combattere il terrore, tagliare i
finanziamenti ad organizzazioni come Hamas, isolare coloro che odiano così
tanto da essere pronti ad uccidere per impedire progressi”. Qualche ora dopo,
ha parlato anche il segretario di Stato, Powell, dopo un incontro con il
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, per chiarire che la violenza non
cambierà i piani di Washington. “Restiamo determinati – ha detto – ad andare
avanti lungo il cammino indicato ad Aqaba”. Annan, parte del quartetto che ha
definito la road map, ha condiviso la determinazione di Powell.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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La guerra in Iraq non è ancora
finita. Lo confermano gli scontri di questa notte nell’ovest del Paese –
numerose sarebbero le vittime - e l’abbattimento di un elicottero americano
“Apache”, avvenuto questa mattina nella stessa zona. La situazione è ifficile
anche a Mossul, nel nord, dove si sono scontrati poliziotti ed ex soldati. Ma
la forza internazionale potrà presto contare sul contingente spagnolo, che nei
prossimi giorni si unirà a quello polacco.
A preoccupare Washington è anche il presunto riarmo
nucleare dell’Iran. Gli Stati Uniti premono perché Teheran accetti senza
condizioni la presenza di ispettori dell’Aiea, l’agenzia internazionale per
l’energia atomica, ma dal regime iraniano hanno ricevuto, finora, solo accuse.
L’ultima – formulata stamattina dall’ayatollah Ali Khamenei, suprema guida
religiosa del Paese – è di avere sobillato gli studenti che, da due giorni,
stanno protestando contro il regime. Ieri sera, migliaia di persone hanno invocato
maggiore democrazia. Sull’origine di questa protesta, nata nelle università,
Giada Aquilino ha intervistato Alberto Zanconato, corrispondente Ansa a
Teheran:
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R. – Le
manifestazioni universitarie sono state un pretesto, per alcune centinaia di
studenti, per manifestare la loro protesta contro un processo di riforme che
non ha dato quello che prometteva, cioè un vero cambiamento del sistema di
potere in Iran ed una vera democratizzazione.
D. – Secondo l’Ayatollah Khamenei,
gli Stati Uniti vorrebbero approfittare di queste proteste, nell’anniversario
delle manifestazioni studentesche del luglio ’99, per destabilizzare il regime
islamico …
R. – Khamenei ha detto che bisogna
sventare questi piani americani, in particolare nelle università e nei luoghi
di lavoro, segno che c’è inquietudine per quello che potrebbe avvenire. Gli
americani, che continuano a tenere nel mirino l’Iran, non hanno mai minacciato
un attacco militare all’Iran sul modello di quello all’Iraq, ma hanno parlato
di possibili iniziative per destabilizzare dall’interno il regime iraniano,
dicendo che la maggior parte della popolazione, in particolare i giovani e gli
studenti, sono insoddisfatti di questo governo.
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Nuovo governo in Nepal, teatro di violenti scontri fra le
autorità di Katmandu e la guerriglia maoista. La nuova compagine, guidata da
Surya Bahadur Thapa, è formata da 6 ministri, tutti appartenenti al Partito Rashtriya
Prajatantra (Rpp) e – tranne l’unica donna designata – reduci da precedenti
esperienze governative.
Rimane aperto uno spiraglio di pace nelle Filippine
meridionali, dove ieri sarebbe dovuta scadere la tregua unilaterale proclamata
il 2 giugno dal Fronte di liberazione islamico Moro. Ma i ribelli hanno deciso
ieri sera di prolungarla per altri 10 giorni, grazie alla mediazione del
governo malese. Positive le reazioni del presidente filippino, Gloria Macapagal
Arroyo, ed il capo della delegazione governativa incaricata dei negoziati si è
detto pronto a riprendere le trattative.
Le speranze di riconciliazione non mancano neppure in
Liberia. Nei negoziati di ieri ad Akosombo, in Ghana, i ribelli del Lurd – il
Fronte liberiano unito per la riconciliazione – ed i governativi del presidente
Charles Taylor hanno raggiunto un accordo di cessate-il-fuoco. L’Onu e le
organizzazioni non governative operanti nel Paese hanno intanto lanciato un
appello, per sensibilizzare la comunità internazionale sul rischio di crisi
umanitaria: la capitale Monrovia ospita già oltre 100 mila rifugiati.
È giunta questa mattina a Bunia,
nel nordest della Repubblica democratica del Congo, la missione del Consiglio
di sicurezza Onu. Una missione con compiti umanitari – migliaia di sfollati
hanno lasciato la zona a causa dei combattimenti – ma anche politici: nelle
prossime ore è previsto un incontro con i membri dell’amministrazione
provvisoria dell’Ituri, per cercare una soluzione al conflitto.
L’emergenza della polmonite
atipica sta per terminare: lo ha dichiarato l'Organizzazione mondiale della
sanità, in un vertice a Manila. Gli esperti avvisano però che la diffusione
della Sars è “sotto controllo” in Cina, ma non a Taiwan, e non escludono che il
virus torni a presentarsi verso la fine dell'anno.
C’è “convergenza di opinioni” sui
lavori della Convenzione europea tra Francia e Gran Bretagna. Lo hanno
assicurato Chirac e Blair. Domani, i 207 padri costituenti adotteranno la bozza
finale del testo, nel cui preambolo continua a non essere presente un
riferimento esplicito alle radici giudaico cristiane dell’Europa. Sono stati
tolti anche i richiami alla civiltà greco-romana ed all’Illuminismo;
confermata, invece, la menzione dei “retaggi culturali, religiosi e umanistici
dell’Europa”, che – si legge – hanno assicurato il ruolo centrale “della
persona umana, dei suoi diritti inviolabili e del rispetto della vita”.
Dopo 9 mesi di sciopero e
manifestazioni di protesta, costate anche diversi feriti, è terminato lo
sciopero dei medici del Salvador, che dal 18 settembre aveva paralizzato il
settore sanitario. I camici bianchi – che contestavano il piano di privatizzazioni
– hanno siglato ieri un accordo in cui il governo si impegna a salvaguardare i
posti di lavoro del servizio pubblico ed a pagare gli arretrati.
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