RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 162 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 11 giugno 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Massimo esperto dell’Oms in Cina per fare il punto sulla Sars.
Israele continuerà a colpire i “terroristi
palestinesi”: così il premier Sharon all’indomani della fallita operazione
militare contro il leader di Hamas, Rantisi.
Nessun richiamo
esplicito alle radici cristiane dell’Europa nell’ultima versione della bozza di
Costituzione Ue.
Iran: tornata la calma
a Teheran, dopo gli scontri di stanotte tra studenti e polizia.
11
giugno 2003
LA GIOIA E LA
GRATITUDINE DEL PAPA A DIO
PER AVERGLI APERTO “PER CENTO VOLTE LE STRADE
DEL MONDO”.
COSI’ GIOVANNI PAOLO II ALL’UDIENZA GENERALE,
NELLA QUALE HA RICORDATO LA VISITA IN CROAZIA
APPENA CONCLUSA
- A cura di Alessandro De Carolis -
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“E’ stato il mio
centesimo viaggio apostolico! Al Signore, che per cento volte mi ha aperto le
strade del mondo e delle nazioni perché io possa rendergli testimonianza, elevo
dal profondo del cuore il più vivo rendimento di grazie”.
E’ l’esclamazione con la quale
Giovanni Paolo II ha salutato questa mattina i circa 13 mila pellegrini
radunatisi in Piazza San Pietro per l’udienza generale, la prima dopo il
rientro del Papa dalla Croazia. Con rapidi cenni, il Pontefice ha voluto
ricordare ogni singola tappa del sua recentissima visita apostolica, a partire
dalla sosta di Dubrovnik, culminata con la beatificazione di suor Marija
Petković, apostola dell’Amore Divino:
“Alla luce di questa mirabile figura, ho rivolto un messaggio speciale
alle donne croate, che ho incoraggiato ad offrire alla Chiesa e alla società il
loro contributo spirituale e morale; ho chiesto, in special modo, alle
consacrate di essere un segno eloquente della presenza amorevole di Dio fra gli
uomini”.
Le successive località
toccate dal Pontefice - Osijek e Rijeka - lo hanno visto riflettere sulla
“santità come vocazione di ogni cristiano” e sulle famiglie cristiane della
Croazia e del mondo. Queste ultime, ha detto Giovanni Paolo II, “le ho volute
porre tutte sotto la speciale protezione della Santa Famiglia di Nazaret”.
Inoltre, ha ricordato, mi è parso “utile ribadire il primario valore sociale
dell’istituto familiare, sollecitando per esso attenzione privilegiata e
provvedimenti concreti, che ne favoriscano la costituzione, lo sviluppo e la
stabilità”.
Infine, le tappe nell’antico Santuario di Trsat e nella città “ricca di
storia” di Zadar, che hanno posto un suggello mariano alla visita apostolica.
Visita durante la quale il Papa ha sollecitato il popolo croato a lavorare con
generosità per la riconciliazione e la ricostruzione morale del Paese, “là dove
restano aperte le ferite di un passato doloroso e difficile”. Durante questo
viaggio, ha concluso Giovanni Paolo II, “ho potuto constatare quanto il
cristianesimo abbia contribuito allo sviluppo artistico, culturale, ma
soprattutto spirituale e morale, della Croazia e del suo popolo”:
“E’ su questa solida base che ora, all'inizio del terzo millennio, la
cara Nazione croata potrà continuare a costruire la sua coesione e la sua
stabilità, per integrarsi armoniosamente nel consorzio dei popoli europei”.
Tra i gruppi salutati al termine dell’udienza, il Papa ha menzionato i
fedeli di Rapagnano - giunti a Roma per celebrare il millenario dell’elezione
al soglio pontificio di un loro illustre concittadino, Giovanni XVII - i
partecipanti alla staffetta “Corpus Domini” tra Orvieto e Praga e gli atleti
con la Fiaccola della pace, che unirà in una ideale linea di luce le città di
Macerata e Loreto durante un pellegrinaggio notturno.
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PROVVISTE DI CHIESE NELLE FILIPPINE,
IN PORTO RICO E IN BRASILE
Nelle Filippine, il Papa ha
nominato vescovo di Lumaca il presule mons. Buenaventura M. Famadico, finora
vescovo ausiliare di Ripa; ausiliare di Ripa il presule dominicano mons. José
Paala Salazar, finora ausiliare di Butuan; ausiliare di Butuan il presule mons.
Zacharias C. Jimenez, finora vescovo di Pagadian; vescovo di Romblon il
sacerdote cinquantatreenne José Corozon T. Talaoc, finora vicario generale
della stessa diocesi; vescovo ausiliare di Daet il presule mons. Nestor C.
Cariño, finora vescovo emerito di Borongan.
In Porto Rico, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia la governo pastorale della diocesi di Ponce, presentata
dal vescovo mons. Antonio Suriñach Carreras, per raggiunti limiti di età. Gli
succede mons. Felix Lázaro, dei chierici scolopi, finora vescovo coadiutore
della stessa sede.
In Brasile il Pontefice ha
nominato ausiliari dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro il sacerdote diocesano
Dimas Lara Barbosa, di 47 anni, attuale segretario dell’Istituto nazionale di
pastorale della Conferenza episcopale, e il dehoniano padre Wilson Tadeu Jönck,
di 51 anni, attualmente assistente del maestro dei novizi della sua
congregazione a Jaraguá do Sul nella diocesi di Joinville, elevandoli entrambi
alla dignità vescovile.
IL
CONTRIBUTO DELLA FEDE ALLA COSTRUZIONE DELLA CASA COMUNE EUROPEA
NEL
MESSAGGIO DEL PAPA AL KATHOLIKENTAG MITTELEUROPEO
APERTO
IERI SERA NELLA CATTEDRALE DI VIENNA
“E’
necessario che l’Europa riscopra e testimoni la sua identità cristiana per immettervi
quei valori sui quali si fondano la pace tra i popoli, la giustizia sociale e
la solidarietà internazionale”. Così il Papa nel messaggio letto in apertura
del Katholikentag Mitteleuropeo, un’iniziativa che coinvolge otto Paesi
dell’Europa centrale. Ha avuto il via ieri sera nella cattedrale di Santo
Stefano a Vienna con i vespri della pace per l’Europa, presieduti dal cardinale
Christoph Schönborn, arcivescovo della città. Presenti migliaia di persone
provenienti dalle diverse regioni dell’Austria, con delegazioni anche da Bosnia Erzegovina, Croazia, Polonia, Slovacchia,
Repubblica Ceca e Ungheria. Ma ritorniamo al messaggio del Papa, nel servizio
di Carla Cotignoli:
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E’ il
Papa stesso che spiega gli obiettivi del Katholikentag Mitteleuropeo: “vuole aiutare
tanti cristiani – scrive – a percorrere uniti con la forza della fede, la
strada verso il futuro, collaborando pazientemente alla guarigione delle ferite
inferte dall’infelice divisione del nostro continente e contribuire così
attivamente alla costruzione della grande casa comune che è l’Europa”.
Il
Santo Padre ha rilanciato quel grido di 25 anni fa, all’inizio del suo pontificato:
“Aprite le porte a Cristo”. Se l’Europa vorrà essere un’unità di popoli che
vivono in pace, “è Cristo che deve animare questo continente”. E’ dal messaggio del Vangelo che proviene
“la forza e la misura per il proprio agire sociale e politico”. Il Papa non ha
mancato di rilevare “le resistenze poste all’inserimento di Dio e della fede
cristiana al posto che spettano loro nell’ordine pubblico” e chiama i cristiani
“a collaborare, al grande compito che la Chiesa in Europa si è posta all’inizio
del nuovo millennio: annunciare il Vangelo della speranza”.
Il
Katholikentag Mitteleuropeo proseguirà in questi mesi con celebrazioni liturgiche,
veglie di preghiera, simposi, incontri per giovani che avranno luogo non solo
in Austria, ma anche in Bosnia Erzegovina, Croazia, Slovenia, Polonia, Slovacchia,
Repubblica Ceca e Ungheria, per concludersi poi insieme il 22 e 23 maggio 2004
con un grande pellegrinaggio al Santuario di Mariazell, nell’Austria orientale.
Non poteva mancare l’invito al Papa di ritornarvi, dopo la sua prima visita in
Austria del 1983.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Questo
è il titolo che, a tutta pagina, apre il giornale “Sulla solida base del
cristianesimo la Croazia continuerà a costruire la sua coesione e la sua
stabilità per integrarsi armoniosamente nel consorzio dei popoli europei”.
All’udienza generale il commosso rendimento di grazie di Giovanni Paolo II al
Signore che per cento volte gli ha aperto le strade del mondo e delle nazioni.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Nel
messaggio all’arcivescovo di Vienna - in occasione della Giornata dei Cattolici
del Centro Europa - il Santo Padre ha sottolineato che è urgente che l’Europa
riacquisti e viva nuovamente la sua identità cristiana per trasmettere i valori
della pace, della giustizia e della solidarietà.
Il
Messaggio del Papa al Patriarca ecumenico, Bartolomeo I.
Un
articolo di padre Albert Vanhoye dedicato all’Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”.
Una
pagina sulla figura di San Gaspare Bertoni, nel 150 anniversario della morte.
Nelle
pagine estere, Medio Oriente: il raid israeliano contro Hamas rischia di fermare
il negoziato.
Iraq:
nuovo allarme dell’Unicef per l’aumento delle malattie infantili.
Per
la rubrica dell’Atlante geopolitico, un articolo di Giuseppe Maria Petrone dal
titolo “Coree: una ferrovia per una speranza di pace”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli sulla mostra “Un Papa in
cammino” al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la vertenza all’Alitalia.
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11
giugno 2003
UN DURO COLPO SULLA ROAD MAP:
PROCESSO DI PACE AD ALTO RISCHIO
- Intervista con Guido Olimpio -
Dopo il duro attacco militare israeliano a Gaza contro uno
dei leader di Hamas che cosa ne sarà del futuro della road map e del
dibattito sul piano di pace internazionale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al
corrispondente del Corriere della Sera a Gerusalemme, Guido Olimpio:
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R. – Certamente, ha subito un duro colpo con quello che è
accaduto a Gaza, la road map, però ha agito il presidente americano che
ha messo tutto il suo prestigio e la sua forza in questa iniziativa; quindi,
prima di ritirarsi le proverà tutte, immagino. Certamente, sembrava che fosse
una strada in discesa, invece è tutta in salita.
D. – Ecco, analizziamo un attimo la situazione
palestinese, che in questo momento sembra sia spaccata: secondo te, com’è che
si è creata?
R. – Innanzitutto, perché i gruppi radicali sono contrari
a qualsiasi forma di dialogo; secondo elemento è la relativa debolezza di Abu
Mazen: un primo ministro che vuol fare ma non ha i mezzi, non ha le risorse; ed
è visto comunque dalla popolazione come qualcosa di imposto dall’esterno. Il
terzo elemento è Arafat: Arafat non ha detto neanche una parola sulla road
map, Arafat si è sentito estromesso, umiliato dalla nomina di Abu Mazen,
certamente non ha fatto nulla per indurre i palestinesi a riflettere ed a
fermarsi. Quindi, è un secondo potere, ancora forte. Io ritengo che gli
israeliani, come in passato, ma con più forza oggi, siano pronti a cacciarlo.
D. – Perché gli israeliani a questo punto del negoziato,
invece, hanno optato per un’azione di forza?
R. – Potremmo dire incomprensibile, è un atto di follia
politica. Possiamo dare due interpretazioni: la prima è che Sharon abbia voluto
in questo modo tacitare le forti critiche che venivano da destra per
l’accettazione della road map da parte dei coloni ma soprattutto la
polemica anche all’interno del Likud, dove ci sono molti che sono contrari allo
smantellamento di questi avamposti ma soprattutto al congelamento delle
colonie; dall’altra, questa scelta potrebbe essere – come dicono i critici –
che in realtà Sharon vuole solo guadagnare tempo, ha detto di sì alla road
map ma spera di arrivare alle elezioni americane e in quel momento poi Bush
sarà impegnato con altre cose e quindi la road map si fermerà per
inerzia. Quindi, insomma, Sharon è sempre al centro di un dibattito. E’ tutto
vero quello che dice, è tutto vero quello che fa, oppure ha un secondo
pensiero? Quanto ci si può fidare di Sharon?
D. –
C’è rischio che Hamas passi alle vie di fatto, che all’attacco faccia seguire
la rappresaglia?
R. – Certamente, il rischio è altissimo e ritengo che sia
probabile. Quello che più preoccupa anche, al di là della reazione immediata,
contingente, è cosa succede del negoziato: con questa situazione, su quali basi
si può mediare, su quali basi si può discutere? E’ molto difficile. Un altro
attacco porterà un’altra risposta e così via ...
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SPERANZE DI PACE DALLA
MISSIONE EUROPEA
INVIATA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,
DOVE L’INFANZIA PATISCE LE CONSEGUENZE DI UN
SANGUINOSO CONFLITTO CIVILE
- Intervista con Gianfranco Rotigliano -
E’ ancora emergenza umanitaria in
Congo: Paese dilaniato da un’annosa guerra civile. Particolarmente grave è la
situazione nella regione nord-orientale dell’Ituri dove, dallo scorso maggio,
sono ripresi aspri scontri e veri massacri tra le etnie degli Hema e dei Lendu.
Da qui la decisione di inviare in questa ‘zona calda’ del Paese una Missione di
pace, guidata dall’Unione europea, sotto l’egida dell’Onu: i primi contingenti
militari stanno arrivando proprio in questi giorni. Tra le conseguenze
drammatiche di questo clima diffuso di violenze è anche un forte aumento della
malnutrizione e della mortalità infantile, come denuncia l’Unicef in questo
servizio di Dorotea Gambardella.
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(musica)
La Repubblica Democratica del
Congo è teatro di una guerra terribile e dimenticata: 3 milioni di morti in 4
anni. Migliaia di bambini, oltre 20 mila, secondo le agenzie umanitarie, sono
stati arruolati come soldati. Sono inoltre più di diecimila i ragazzini di
strada nella sola capitale. Gianfranco Rotigliano, rappresentante Unicef in
Congo, ci illustra la situazione nel Paese.
R. – La situazione dei bambini in
Congo è disperata. Un bambino su dieci non arriva a 5 anni di età. Solo il 25
per cento ha accesso all’acqua potabile, uno su due non va a scuola. Nell’Ituri
le cose vanno ancora peggio, nel senso che a Bunia, che è la capitale del
distretto, noi abbiamo accesso solo ad una piccola percentuale dei bambini e
delle donne ed in particolare abbiamo due campi con circa 10-15 mila persone.
Tutto il resto della popolazione dell’Ituri sono off limits per noi.
D. – Vi è poi l’emergenza dei
bambini soldato …
R. – Si calcola che nell’Ituri ci
siano circa 30 mila miliziani e che di questi circa il 30 per cento siano
bambini. Nessuno ha dei numeri precisi, però, io personalmente, quando sono
stato a Bunia, una settimana fa, le uniche persone che ho viste in uniforme
erano tutte dei bambini.
D. – Prima accennava anche alla
grave malnutrizione …
R. – Sembra incredibile, perché è
una regione dove vi sono delle foreste, dove tutto è verde, eppure i bambini
malnutriti sono tantissimi. Mancano tutti i servizi, il posto offrirebbe tutto quello che si può
volere, ma le condizioni di sicurezza fanno sì che questa gente sia talmente
povera da non poter comprarsi nulla da un lato e dall’altra non possono
coltivare, quindi sono in condizioni terribili.
D. – Che cosa state facendo per
fronteggiare tutte queste emergenze?
R. – Noi abbiamo accesso solo a
questi due campi di sfollati. A queste persone abbiamo dato teli di plastica
per coprire le capanne, pentole per cucinare, taniche per raccogliere l’acqua,
vestiti … tutto quello che non è cibo. E in più abbiamo dato anche della
nutrizione supplementare, cioè dei biscotti ad alto contenuto nutrizionale, ma
per tutti gli altri purtroppo, nelle condizioni attuali non possiamo fare
niente.
(musica)
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LOTTA ALLA POVERTA’ E SVILUPPO
DELLA DEMOCRAZIA IN AMERICA LATINA,
TEMI CHIAVE DELLA 33.MA ASSEMBLEA
DELL’ORGANIZZAZIONE
DEGLI
STATI AMERICANI, CONCLUSASI IERI A SANTIAGO DEL CILE
- Con
noi, padre Sergio Restrepo Bernal -
Maggiore impegno nella lotta alla povertà e la difesa dei diritti
umani: con questa promessa si è conclusa, ieri a Santiago del Cile, la 33.ma
assemblea generale dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani. Evento
incentrato sulle grandi sfide sociali ed economiche che, in questo periodo non
facile, sta affrontando l’America Latina. I ministri degli Esteri dell’Osa
hanno concordato sulla necessità per il continente latinoamericano di aprirsi
al mercato mondiale per attrarre maggiori investimenti esteri. Un punto,
questo, su cui si sofferma il gesuita colombiano, Sergio Restrepo Bernal,
decano della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Gregoriana,
intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Apparentemente è la strada, tuttavia rimane il
problema della mancanza di equità nei rapporti, perché mentre si chiede
all’America Latina di aprirsi, di eliminare qualsiasi controllo alle
importazioni, i grandi Paesi come Stati Uniti ed Unione Europea mantengono
ancora una serie di impedimenti alle importazioni provenienti da questi Stati.
Finché non ci sarà equità nei rapporti commerciali, secondo me, questo rimane
un grande inganno. Difatti, alcuni Paesi latinoamericani hanno chiesto
all’Unione europea di levare queste restrizioni senza alcun successo.
D. – Nonostante le straordinarie risorse naturali, molti Paesi
latinoamericani soffrono una povertà quasi endemica. Altri poi, come
l’Argentina, sono caduti in crisi profonde dopo anni di relativo benessere.
Quali sono gli ostacoli più ardui da superare per l’America Latina?
R. – Secondo me
c’è un problema strutturale di corruzione, che è il caso tipico dell’Argentina.
Alcuni Paesi latinoamericani sono molto ricchi di risorse, però direi che la
corruzione è diventata un problema endemico in tutti questi Paesi, talvolta
persino stimolata da Paesi più ricchi. Inoltre, c’è un problema di educazione
che riguarderebbe soprattutto certe aree della formazione, del contenuto di
lavoro nelle aree che sono più sviluppate, come per esempio l’informatica.
Secondo me l’educazione e la lotta contro la corruzione sono un fattore
fondamentale.
D. – Nel messaggio per l’occasione il cardinale Sodano ha
sottolineato che democrazia e famiglia sono i pilastri fondamentali per il
progresso del Continente americano. Come concretizzare questo richiamo di
principi?
R. –
La democrazia, come sappiamo tutti, è ancora da inventare. Il problema della
partecipazione, per esempio, non è stato risolto completamente in nessun Paese
al mondo. C’è poi il problema dell’esclusione, che è molto legato a questo
della partecipazione. E’ anche un problema acuito dal processo velocissimo
della globalizzazione, che senz’altro ha dei vantaggi enormi e può essere ben
governato. Se la globalizzazione è di grande beneficio per l’intera umanità,
però la democratizzazione dei Paesi dell’America Latina è in corso, ma ben
lontana dall’ideale che ci proponiamo. Anche qui l’educazione è un percorso
necessario. L’educazione politica dei cittadini alla responsabilità è un passo
necessario e poi la famiglia evidentemente è il pilastro della società.
D. – Qual è il contributo che la Chiesa sta offrendo allo
sviluppo sociale dell’America Latina in questa fase così delicata?
R. – Fondamentalmente un processo educativo, perché
l’evangelizzazione è un principio di educazione. In modo particolare, direi che
il grande contributo, che la Chiesa può e deve dare, è quello di educare i
cristiani alla responsabilità. Che non si aspettino che sia lo Stato o la
Chiesa, diciamo la gerarchia, a risolvere i problemi ma a capire che i problemi
dipendono da tutti e che anche le soluzioni sono in mano a tutti.
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11
giugno 2003
LA PIAGA DEL BURULI IN COSTA D’AVORIO. MALGRADO IL
CONFLITTO IN CORSO MINACCI ANCHE LE STRUTTURE SANITARIE, PADRE MARCANTONIO
PIROVANO,
MISSIONARIO
DEI FRATI CAPPUCCINI, STA SPERIMENTANDO
UNA
NUOVA PROMETTENTE CURA CON L’ARGILLA
ZOUAN –
HOUNIEN. = Malgrado la guerra civile ancora in corso in Costa d’Avorio abbia
distrutto la struttura sanitaria di Zouan-Hounien, i frati cappuccini impegnati
nel Paese africano continuano a lavorare intensamente per l’organizzazione del
Centro ospedaliero in soccorso delle migliaia di persone colpite dalla piaga
del buruli, la malattia tropicale che corrode la pelle e la carne, arrivando
spesso anche alle ossa. Il conflitto ha costretto i frati ad abbandonare la
missione, mentre gli oltre 100 bambini ricoverati sono stati trasportati ad
Angrè (oltre 800 km di distanza e alla periferia della capitale) in un convento
trasformato provvisoriamente in ospedale. Ogni giorno, tra bimbi e adulti, nel
Centro vengono assistite centinaia di persone. L’unica cura possibile per il
buruli è quella chirurgica, che consiste nell’asportare tutto ciò che è
necrotizzato. Successivamente inizia una lunga e dolorosa terapia composta da
medicazioni e pulizie quotidiane con somministrazione di antibiotici fino a
quando non si vedono i tessuti che si ricostruiscono. Lentamente, anche
attraverso trapianti di cute, le zone devastate dal male si rimarginano anche
se spesso lasciano cicatrici, deformazioni ed anchilosi. Il responsabile del
Centro, padre Marcantonio Pirovano, ha dichiarato di star lavorando ad un
metodo sperimentale di cura della malattia con l’argilla. Fino ad ora è stato
provato che il trattamento con l’argilla non è doloroso, ripulisce la piaga e
soprattutto elimina eventuali handicap. Se correttamente spiegata, questa cura
potrebbe essere fatta in casa con costi molto inferiori. (S.C.)
UN
CENTRO DI ASCOLTO PER LE VITTIME DELL’USURA, APERTO DALL’UNIONE CRISTIANA IMPRENDITORI DIRIGENTI DI VICENZA. IL
PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE ANTIUSURA DI VERONA, RENZO GIACOMELLI: “L’USURA È
UN FENOMENO SOMMERSO, ED ESTESO, CHE HA UN ENORME CARICO DI SOFFERENZA, MOLTO
PIÙ DI QUANTO SI CREDA”
VICENZA. = Contrastare
e combattere l’usura. Con questo obiettivo, tramite l’erogazione di un prestito
garantito, ma anche con la consulenza sul comportamento da tenere nelle
circostanze più sfavorevoli, la sezione vicentina dell’Unione cristiana
imprenditori dirigenti (Ucid) inaugurerà il prossimo lunedì 16 giugno uno
sportello specificamente ideato per assistere le vittime dell’usura. Lo
sportello sarà una sezione territoriale della Fondazione antiusura Beato
G.Tovini-onlus Verona e si inserirà nel quadro generale della Consulta
nazionale antiusura. Secondo quanto dichiarato dal presidente della Fondazione
antiusura di Verona, Renzo Giacomelli, in Veneto il fenomeno ha caratteristiche
particolari, ed interessa “soprattutto famiglie che hanno subito dissesti
finanziari a causa di congiunti in difficoltà, magari malati, di piccoli
commercianti o imprenditori che hanno lavorato senza ottenere il giusto compenso,
o casalinghe che non hanno la possibilità di affrontare spese di migliaia di
euro. Chi ottiene soldi a tassi alti è allora una persona fragile, che ha
bisogno sì di sostegno finanziario, ma soprattutto di consulenza. E’ un
fenomeno sommerso, esteso, e che ha un enorme carico di sofferenza, molto più
di quanto si creda”. Da recenti ricerche emerge che oltre il 23 per cento delle
famiglie italiane è in situazione di sovraindebitamento e circa 800 mila
famiglie negli anni ‘90 sono state coinvolte nel giro dell’usura. (S.C.)
UCCISO
IN BRASILE EDGAR PEREIRA, COMPROPRIETARIO DEL SETTIMANALE
‘BOCA
DO POVO’. LA TESTATA È FAMOSA PER LE SUE INCHIESTE
CONTRO
LA CORRUZIONE NELLE AMMINISTRAZIONI. OTTO MESI FA VENIVA UCCISO
IL
DIRETTORE DI ‘FOLHA DO ESTADO, PUBBLICAZIONE CON LA STESSA IMPOSTAZIONE
BRASILIA. = L'imprenditore e giornalista Edgar Pereira,
comproprietario del settimanale 'Boca do povo', è stato assassinato lunedì sera
da ignoti a Campo Grande, nello Stato di Mato Grosso do Sul. Mentre rientrava
in auto nella sua abitazione, auto quando alcuni individui non ancora
identificati a bordo di un'altra vettura gli si sono affiancati e hanno aperto
il fuoco. All'omicidio ha assistito una dipendente del giornale, che Pereira
aveva da poco accompagnato a casa. Ora la donna è sotto protezione della
polizia. 'Boca do povo' è una testata conosciuta per le sue inchieste sulla
corruzione dilagante nell’amministrazione. Nel settembre dello scorso anno
venne ucciso in circostanze simili l'imprenditore Domingo Savio Brandao,
proprietario del quotidiano 'Folha do Estado', del vicino Stato di Mato Grosso.
Brandao, freddato da una raffica di colpi di arma da fuoco a Cuiabá, aveva già
ricevuto minacce di morte che gli inquirenti suppongono collegate ad alcune
inchieste che il suo giornale aveva realizzato sulla criminalità organizzata.
(S.C.)
DA
OGGI IN VISITA IN CINA IL MASSIMO ESPERTO DI MALATTIE INFETTIVE DELL’OMS, PER VALUTARE CON IL GOVERNO DI
PECHINO LA FONDATEZZA DEL DECLINO DELLA SARS REGISTRATO NEL PAESE ASIATICO A
PARTIRE DALLA FINE DI MAGGIO
PECHINO. = Il principale esperto di malattie infettive
dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), David Heymann, è da oggi in
visita a Pechino per colloqui con le autorità sanitarie cinesi sull'epidemia di
Sars che ha colpito il Paese. La visita di Heymann potrebbe portare alla
revisione dell'avviso contro i viaggi in Cina emesso dall'Oms, ma gli esperti
dell'Organizzazione hanno espresso dubbi di definire i casi di Sars in Cina,
gettando un'ombra sulla credibilità dell'improvviso e netto declino
dell’infezione che si è registrato nel Paese a partire dalla fine di maggio. Il
portavoce dell'Oms a Pechino, Bob Dietz, ha aggiunto che una decisione finale
sulla rimozione della Cina dalla lista dei Paesi nei quali è pericoloso
viaggiare può essere presa solo dalla direttrice dell'Oms, Gro Harlem Brundtland.In
Cina ci sono stati oltre 5.300 casi di Sars, 2.500 dei quali a Pechino. Le
vittime della malattia sono state più di 300, due terzi delle quali nella sola
capitale. (R.G.)
PROMESSI
4,5 MILIARDI DI DOLLARI IN AIUTI ALLO SRI LANKA, DOVE DA 10 ANNI PROSEGUONO GLI
SCONTRI TRA IL GOVERNO E LE ‘TIGRI TAMIL’.
LA
SOMMA DEGLI AIUTI, EROGATI NEI PROSSIMI 4 ANNI, SUPERA LE PREVISIONI,
MA
SARÀ LEGATA DAI DONATORI AI PROGRESSI NELLO SVILUPPO
DEI
COLLOQUI DI PACE
TOKYO. = Nel corso della conferenza dei ‘donors’, che si è
svolta a Tokyo il 9 e 10 giugno, i 51 Paesi e le 22 organizzazioni
internazionali partecipanti hanno promesso 4,5 miliardi di dollari di aiuti per
la ricostruzione allo Stato dello Sri Lanka, teatro di un decennale conflitto
tra le truppe governative e i ribelli delle ‘Tigri per la liberazione della
patria tamil’ (Ltte). Il rappresentante del governo nipponico, Yasushi Akashi,
ha spiegato che il denaro sarà erogato nei prossimi 4 anni e ha sottolineato
che si tratta di un gesto di fiducia nei confronti del Paese asiatico. Promesso
dal Giappone 1 miliardo di dollari, 54 milioni dagli Usa, 200 milioni dalla
Banca mondiale. La somma è più elevata del previsto, ma i donatori hanno
chiarito che sarà subordinata ai progressi realizzati nel processo di pace in
corso da un anno e mezzo tra le ‘Tigri tamil’ e l’esecutivo. Inaspettatamente,
però, lo scorso aprile i guerriglieri hanno interrotto i negoziati, per poi
chiedere nel nord e nell’est dello Sri Lanka un’amministrazione autonoma ad
interim, sotto la loro guida. Negli ultimi giorni il premier cingalese Ranil
Wickremesinghe ha promesso alla fazione indipendentista un “ruolo
significativo” nella struttura che dovrà amministrare i territori
settentrionali e orientali, ma ancora il blocco non si è risolto e le ‘Tigri’
hanno volutamente disertato la conferenza dei donors. (S.C.)
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11
giugno 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Israele ''continuerà a colpire i terroristi
palestinesi''. Così il premier dello Stato ebraico Ariel Sharon ha commentato
la fallita azione militare israeliana di ieri a Gaza contro uno dei leader
politici di Hamas, Abdel Aziz Rantisi. Se intanto è stato di massima allerta
nel nord di Israele, dopo che informazioni di intelligence hanno dato per
imminenti nuovi attacchi dei movimenti estremisti islamici, non si placano le
polemiche sugli ultimi raid militari israeliani. Dure reazioni sono venute sia
da parte statunitense - col presidente Bush che si è detto turbato per le
ripercussioni che la decisione israeliana potrebbe avere sull’applicazione
della Road Map - sia da parte palestinese. Il servizio di Graziano Motta:
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Il mondo fondamentalista di Gaza ha manifestato per strada
odio contro Israele e volontà di vendicare il tentativo di eliminazione del suo
leader Abdel Aziz Rantisi.
Israele invece ha avviato una campagna volta a spiegare la necessità di proseguire
la lotta al terrorismo con tutti i mezzi: anzi, il governo si attende un fermo
monito di Washington ad Hamas e altre organizzazioni ostili al processo di
pace, che praticano la violenza ed incitano all’odio. L’elicottero che ieri
mattina nel centro di Gaza ha lanciato missili contro la jeep su cui Rantisi
viaggiava, ferendolo ed uccidendo una sua guardia del corpo, ha pure provocato
la morte di 2 passanti, una donna e una ragazza, e ferito una ventina di altre
persone. Qualche ora dopo, analoga operazione a Jabaliya, contro guerriglieri
che in auto si allontanavano dal luogo da dove avevano sparato cinque missili
contro obiettivi israeliani. I 3 viaggiatori sono stati uccisi, feriti una
trentina di passanti. Il primo ministro palestinese Abbas ha denunciato queste
operazioni come puro terrorismo che aggravano le tensioni e compromettono la
Road Map.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Nel
difficile cammino verso il processo di pace in Medio Oriente, si inserisce
l’ormai certo incontro a Roma tra il premier palestinese Abu Mazen e il premier
italiano Silvio Berlusconi. Quest’ultimo - da Il Cario, dove si trova in visita
- ha indicato come probabile data il 15 giugno.
La
Corea del Nord non parteciperà alle discussioni del Forum Asean, l'Associazione
delle Nazioni del sud-est asiatico, in programma dal prossimo 18 giugno a Phnom
Penh, in Cambogia. Pyongyang non ha fornito alcuna spiegazione alla propria
decisione. Al vertice si parlerà della crisi innescata dalle minacce di riarmo
nucleare nordcoreano.
L'esame
finale della ultima bozza di Costituzione europea inizierà oggi pomeriggio a
Bruxelles, quando si riunirà la plenaria della Convenzione. Il documento finale
deve essere approvato venerdì: nell'ultima versione, il preambolo della bozza
della Costituzione afferma che l'Unione europea si ispira ''ai retaggi
culturali, religiosi e umanistici dell'Europa'', senza alcun richiamo esplicito
alle radici cristiane e dopo aver eliminato il riferimento ''alle correnti
filosofiche dei Lumi''. Intanto ieri si è già tenuta una riunione straordinaria
del praesidium della Convenzione Ue. Da Bruxelles, ce ne parla
Gianandrea Garancini:
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Il praesidium ha confermato le proposte contenute
nell’ultima bozza del documento sulle istituzioni. Il testo prevede un
presidente del Consiglio europeo, ma con poteri limitati al coordinamento e
all’impulso dei vertici Ue, nonché alla rappresentanza esterna dell’Unione in
ambito di politica estera e di difesa. L’altro punto oggetto del compromesso
concerne il voto duplice a maggioranza qualificata, che diventa ora la regola,
soppiantando quasi totalmente l’unanimità: serviranno quindi la metà degli
Stati e il 60 per cento della popolazione europea per garantire – secondo le
parole di Giscard d’Estaing – la legittimità democratica delle decisioni e la
garanzia per gli Stati piccoli della possibilità di veto da parte di un solo
Stato.
Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Gianandrea Garancini.
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Ancora
proteste stamani a Parigi contro la riforma delle pensioni voluta dal governo
Raffarin. Un gruppo di dimostranti ha tentato di forzare l'ingresso della sede
dell'Unione per la maggioranza presidenziale (Ump), il partito di centrodestra
che fa riferimento al presidente Jacques Chirac. La protesta segue gli
incidenti scoppiati durante le manifestazioni di ieri nella capitale e nel
resto della Francia. Il servizio, da Parigi, di Francesca Pierantozzi:
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Duecentomila persone a Parigi, svariate decine di migliaia
a Tolosa, Marsiglia e Lione per dire ‘no’ ai 42 anni di contributi per tutti,
dipendenti del pubblico e del privato, come previsto dalla riforma del governo.
Mentre il corteo parigino sfilava per il centro della città, all’Assemblée
Nationale il primo ministro Jean-Pierre Raffarin ha aperto il dibattito sulla
riforma, da lui difesa senza concessioni. Raffarin ha precisato di non voler
cedere nulla alla piazza ed ha difeso un testo che ha definito “necessario,
saggio ed equo”. Nessun cedimento nemmeno quando il corteo è arrivato in Place
de la Concorde, accolto dai lacrimogeni della polizia. “Il governo non riaprirà
i negoziati” ha detto chiaramente il ministro degli Affari sociali, Francois Fillon”,
aggiungendo che “non ci sono alternative a questa riforma”.
Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.
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Manette ai polsi e catene ai piedi: in queste condizioni è
stato condotto oggi davanti ai giudici il capo dell'opposizione dello Zimbabwe,
Morgan Tsvangirai, accusato di ''tradimento''. Tsvangirai, arrestato il 6
giugno alla fine di una settimana di protesta che egli stesso aveva indetto
contro il regime del presidente Robert Mugabe, è comparso davanti all'Alta
Corte di giustizia, che deve decidere sul suo eventuale rilascio dietro
cauzione.
Sta
crescendo la pressione della comunità internazionale sulla giunta militare
birmana, che detiene in una località segreta di Myanmar la leader dell'opposizione
Aung San Suu Kyi. E l'inviato dell'Onu, Razali Ismail, è riuscito ad incontrare
la stessa responsabile della Lega nazionale per la Democrazia, potendo così
smentire che la donna, premio Nobel per la pace, sia stata ferita al momento
del suo arresto. Il servizio di Maurizio Pascucci:
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“SHE IS
WELL ...
Sta bene di morale. Intendo dire che è la persona che
abbiamo sempre conosciuto, una persona veramente forte”.
Con
queste parole Razali Ismail ha descritto le condizioni di salute e quelle psicologiche
di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega nazionale democratica birmana, premio
Nobel per la pace nel 1991. Ismail ha anche detto di avere ricevuto assicurazioni
dal regime birmano che Aung San Suu Kyi sarà presto liberata, ma i militari
birmani non hanno voluto dire quando. Lo stesso ministro degli Esteri birmano
ha confermato la cosa, sostenendo che la detenzione di Aung San Suu Kyi sarebbe
stata decisa per la protezione della stessa leader. Dal 30 maggio, giorno del
suo arresto, la leader della Lega democratica non era stata vista da nessuno.
Ismail è riuscito ad incontrarla solo dopo forti pressioni esercitate su
Rangoon dalla comunità internazionale.
Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.
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Sembra tornata la calma oggi a
Teheran, dopo gli scontri di stanotte tra polizia e migliaia di manifestanti -
in maggioranza studenti - che scandivano slogan contro il regime iraniano. Gli
agenti hanno operato diversi arresti. Gli incidenti sono scoppiati nei dintorni
del dormitorio degli universitari, dove quattro anni fa era cominciata una
rivolta studentesca che aveva portato ai più gravi scontri di piazza in Iran
dalla rivoluzione islamica del 1979.
Almeno due persone sono morte e
numerose altre sono rimaste ferite oggi in Germania, in un incidente
ferroviario avvenuto nel Land sud-occidentale del Baden-Wuerttemberg. Due treni
regionali si sono scontrati frontalmente nei pressi di Schwaebisch Hall. I
soccorritori tentano di far luce sulle cause della collisione.
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