RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 161 - Testo della Trasmissione di martedì 10 giugno 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Siate attenti ai segni dei tempi, consapevoli della preziosa attualità della vostra missione: così il Papa ai sacerdoti devoniani, ricevuti in occasione del Capitolo generale.

 

Un Paese ricostruito nel suo tessuto sociale e morale, proteso verso l’integrazione europea: questa l’eredità affidata dal Papa ai cristiani e ai cittadini della Croazia: ai nostri microfoni padre Federico Lombardi.

 

Nominato il nuovo Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu e l’Organizzazione mondiale del commercio, a Ginevra: l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Democrazia e famiglia pilastri fondamentali della società moderna”: messaggio del cardinale Angelo Sodano all’Assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani, riunita a Santiago del Cile.

 

L’Euro non passa il Tamigi: da Londra ancora un ‘no’ alla moneta unica. Intervista con Rodolfo Helg.

 

La Chiesa di Roma riflette sul ruolo della famiglia oggi: ce ne parla il vicegerente Cesare Nosiglia.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Riapre a luglio il Museo di Baghdad saccheggiato durante la guerra.

 

Il settimanale statunitense “Time” ha premiato 29 ‘eroi asiatici’. Tra questi il premier cingalese, diversi operatori umanitari ed una suora della Chiesa cattolica cinese.

 

E’ nato a Georgetown, capitale della Guyana, un nuovo Istituto per il dialogo fra culture e religioni. Iniziativa promossa dai padri gesuiti.

 

Emergenza rifugiati per la guerra nella Repubblica Centrafricana.

 

Le autorità di polizia della Giamaica hanno deciso di sciogliere la squadra paramilitare del Crime Managment Unit (Cmu), voluta dal primo ministro Patterson per combattere i trafficanti di droga.

 

24 ORE NEL MONDO:

Continua la missione di pace in Medio Oriente di Berlsuconi, mentre si registrano nuove violenze.

 

Liberati in Georgia tre funzionari dell’Onu e un interprete rapiti nei giorni scorsi.

 

In Italia netta affermazione del centro-sinistra ai ballottaggi delle amministrative.

 

La Francia paralizzata dallo sciopero generale contro al riforma delle pensioni.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 giugno 2003

 

 

SIATE ATTENTI AI SEGNI DEI TEMPI, CONSAPEVOLI DELLA PREZIOSA ATTUALITA’

DELLA VOSTRA MISSIONE: COSI’ IL PAPA AI SACERDOTI DEHONIANI,

RICEVUTI IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE

 

“Profeti dell’Amore e servitori della riconciliazione”. E’ questa la fisionomia che il servo di Dio Leone Dehon, desiderava avessero i suoi discepoli. Lo ha ricordato il Papa ricevendo in udienza questa mattina i membri del Capitolo generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù e della famiglia religiosa dehoniana che abbraccia anche i laici. Conta a tutt’oggi circa 2300 tra sacerdoti e fratelli che lavorano in 38 Nazioni: dalle Americhe, all’Africa, all’India e Filippine, all’Europa dell’est e dell’ovest. Il prossimo 28 giugno culminerà lo speciale anno dehoniano a suggellare un anniversario particolare. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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“La storia del vostro Istituto ha raggiunto ormai il traguardo dei 125 anni di vita”, ha ricordato i Papa.  Un cammino “ricco di meriti e di frutti apostolici”. ll 28 giugno 1878 Leone Dehon, già sacerdote, fa professione dei suoi voti religiosi. E’ questo il giorno che egli stesso riconosce come inizio della Congregazione.

 

Auspico che ciò vi sia di stimolo a tornare alle origini, con quella ‘fedeltà creativa’ che conserva inalterato il vostro carisma, caratterizzato da una costante contemplazione del Cuore di Cristo”.

 

Il Papa ha così incoraggiato a proseguire il cammino tracciato dal servo di Dio Leone Dehon, che nella seconda metà del secolo decimo nono, ha dato inizio, a San Quintino in Francia, a quella che il Santo Padre ha definito “un’originale esperienza spirituale e missionaria”. 

 

Ed è proprio questo l’obiettivo del Capitolo generale che sta per concludersi: “rivisitare i fondamenti del carisma, con l’impegno di tradurli nell’oggi, consapevoli – ha detto il Papa - della preziosa attualità della vostra missione”. E qui il Santo Padre ha citato in particolare l’attività nel campo dell’informazione e della documentazione religiosa. “Attenti a scrutare ‘i segni dei tempi’, mai si affievolisca in voi – ha concluso – la fedeltà alla dottrina cattolica e al Magistero della Chiesa”. Ed ha augurato ai Dehoniani di avanzare con rinnovato slancio sulla via della santità e del servizio al Regno di Dio”.

 

Il neo-eletto Superiore Generale, P. José Ornelas Carvalho, nell’indirizzo di saluto al Papa, riferendo i frutti del Capitolo generale, aveva parlato di “rifondazione della loro vita religiosa sulla base del Vangelo e dell’esperienza spirituale del fondatore” e del rinnovato “impegno a vivere la comunione ecclesiale”.

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UN PAESE RICOSTRUITO NEL SUO TESSUTO SOCIALE E MORALE,

PROTESO VERSO L’OBIETTIVO DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA:

QUESTA L’EREDITA’ AFFIDATA DAL PAPA AI CRISTIANI E AI CITTADINI DELLA CROAZIA

- Intervista di Alessandro De Carolis -

 

Il viaggio in Croazia, che ha portato a 100 le visite apostoliche fuori dall’Italia di Giovanni Paolo II, ha mostrato una volta ancora che il Pontefice, oggi come 25 anni fa, vive con immutata tensione spirituale e pastorale la propria missione di pellegrino di pace. E nonostante la fatica e le limitazioni fisiche, la sua voce ha sollecitato i cristiani e i croati in generale a lavorare per la pace e la distensione nazionali, guardando all’ingresso nell’Unione Europea come ad un obiettivo prioritario. Il tema del viaggio, lo ricordiamo, ha riguardato la famiglia. Il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi, parte da questo argomento per fare il punto sul viaggio del Pontefice, appena concluso. L’intervista è di Alessandro De Carolis:

 

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R. - Quella della famiglia in Croazia è una situazione abbastanza critica, impegnata com’è in questa transizione dal comunismo alla democrazia e nella quale si avvertono anche tutti gli influssi della società occidentale, a partire dalla secolarizzazione. Per questo, i vescovi hanno chiesto al Papa di appoggiare il rilancio pastorale e sociale della famiglia nella società croata.

 

D. - L’altra colonna portante del viaggio è stata rappresentata dal tema della riconciliazione...

 

R. - Questo si è sentito molto nelle diverse località del viaggio. Mi pare che oggi, in Croazia, ci sia una certa serenità: le ferite esistono ma non si sente l’odio. Il messaggio che il Papa ha lanciato già nella sua prima visita in Croazia ha ‘lavorato’ e mi sembra che oggi si possa vivere con speranza la situazione attuale, che evolve verso rapporti migliori anche nel continente europeo e con le popolazioni vicine.

 

D. - A proposito di Europa, un Paese riconciliato ed unito è anche una delle migliori credenziali per puntare all’ingresso nell’Unione comunitaria. E questo è un tasto sul quale il Papa ha insistito molto...

 

R. - Sì, e credo che questa integrazione risulterà molto preziosa anche per la Chiesa in Croazia, chiamata a fronteggiare le sfide del momento attuale: la difficoltà di raggiungere la gioventù o quella di avere una pastorale familiare efficace... Credo che la vicinanza fraterna, lo scambio con le altre esperienze di Chiesa che ci sono in Europa, e in particolare nei Paesi vicini, possa aiutare la Chiesa croata ad uscire dalle sue difficoltà.

 

D. - Uno sguardo alla persona del Papa. Quello in Croazia è stato un viaggio piuttosto articolato e certamente faticoso per lui, eppure le sue condizioni sembrano aver tollerato bene anche queste fatiche...

 

R. - Sì, certamente. Il Papa praticamente non cammina, però si è riusciti a realizzare ugualmente questo programma, che comprendeva molti spostamenti. Il Papa è riuscito, con la sua grandissima forza di volontà, a superare ancora una volta anche i limiti fisici. Il messaggio della sua presenza, quindi, continua ad essere per certi aspetti forse ancora più efficace di una volta, perché l’ammirazione per la sua dedizione, nonostante la sofferenza, appare molto grande in tutti.

 

D. - Il Papa si è soffermato in ginocchio davanti ad un’immagine della Vergine nel Santuario di Trsat e la sua è stata una preghiera un po’ particolare...

 

R. – E’ vero. Giovanni Paolo II ha offerto il Rosario alla Vergine in voto e ha chiesto preghiere per sé, sia in vita sia dopo la sua morte. Con questa stessa formula, il Papa aveva pregato già nel Santuario di Kalwaria, nel viaggio in Polonia di un anno fa, e sempre a Kalwaria già nel 1983. Però, evidentemente, è sempre una preghiera che suscita commozione in chi la ascolta. E dice anche l’umanità e la lucidità dell’esperienza spirituale del Santo Padre nella sua età anziana, in cui egli si sente accompagnato anche dalle preghiere e dall’affetto del popolo cristiano nel suo cammino verso il Signore.

 

D. - Qual è la sua impressione - la sua ‘diapositiva’ personale, per così dire - di questo centesimo viaggio del Pontefice?

 

R. - A me ha colpito molto che il Papa abbia celebrato la Pentecoste durante un suo viaggio apostolico. Non è la prima volta che accade. A me sembra che il Papa che viaggia in tutti i Paesi, che porta la sua parola in diverse lingue, offra in qualche modo la testimonianza rivissuta del mistero stesso della Pentecoste, il rinnovamento dei diversi popoli a cui si annuncia la salvezza.

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L’ARCIVESCOVO SILVANO MARIA TOMASI E’ IL NUOVO OSSERVATORE PERMANENTE

DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU E L’OMC, A GINEVRA

 

Il Santo Padre ha nominato oggi osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate a Ginevra ed osservatore permanente presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) mons. Silvano Maria Tomasi, arcivescovo titolare di Asolo, finora nunzio apostolico in Etiopia, Eritrea e Gibuti.

 

 

RINUNCIA E NOMINA IN COLOMBIA

 

Giovanni Paolo II ha accettato stamane la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Valledupar in Colombia, presentata da mons. José Agustin Valbuena Jauregui, per raggiunti limiti di età. Allo stesso incarico il Papa ha nominato padre Oscar José Vélez Isaza, finora Superiore provinciale dei Claretiani della Colombia occidentale.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"Noi apparteniamo al Papa, il Papa appartiene a noi" è il titolo che apre la prima pagina: nell'impetuoso canto del popolo croato la conferma che la storia è veramente cambiata.

Un articolo di Giampaolo Mattei a conclusione del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II.

Una fotografica con una grande immagine assai significativa: una bambina che scatta una foto al Crocifisso martoriato di Vukovar, proprio accanto al palco sul quale è stato allestito l'altare per la Celebrazione Eucaristica.

 

Nelle vaticane, nel discorso al Capitolo generale dei Dehoniani, il Papa ha esortato a "rivisitare" i fondamenti del carisma dell'Istituto, che compie 125 anni.

La Lettera del cardinale Angelo Sodano in occasione dell'Assemblea generale ordinaria dell'Organizzazione degli Stati Americani.

Un contributo del cardinale Saraiva Martins dal titolo "La centralità dell'Eucaristia nella vita della Chiesa". Questo articolo è il primo di una serie dedicata all'Enciclica "Ecclesia de Eucharistia".

Un intervento del vescovo di Bergamo sul "messaggio" di Giovanni XXIII a 40 anni dalla morte.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: Abu Mazen cerca di riallacciare il dialogo con i movimenti estremisti palestinesi.

Liberia: l'Ecowas cerca di ottenere una tregua a Monrovia.

Per la rubrica dell'Atlante geopolitico, un articolo di Giuseppe Maria Petrone dal titolo "Russia: in Cecenia attentati contro la normalizzazione".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Pelliccioni sulle peculiarità architettoniche del Palazzo di Cnosso a Creta.

Nell' "Osservatore libri", un approfondito contributo di Vittorio Fazzo sull'opera di Seneca "Ricerche sulla natura", a cura di Piergiorgio Parroni, nella Collana della Fondazione Valla.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i risultati delle elezioni amministrative.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 giugno 2003

 

 

“DEMOCRAZIA E FAMIGLIA, PILASTRI FONDAMENTALI DELLA SOCIETÀ MODERNA”:

MESSAGGIO DEL CARDINALE ANGELO SODANO,

ALL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI,

CHE SI CHIUDERA’ OGGI A SANTIAGO DEL CILE

 

Il consolidamento della democrazia “passa attraverso l’eliminazione della povertà”. E’ la riflessione offerta dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in una lettera indirizzata al ministro degli Affari Esteri cileno, María Soledad Alvear Valenzuela, per la 33.ma Assemblea dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani, che si conclude oggi a Santiago del Cile. Ai lavori partecipa una delegazione della Santa Sede presieduta da mons. Aldo Cavalli, nunzio apostolico in Cile. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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E’ attraverso il dialogo che “si pongono le basi di una società migliore e veramente democratica”. Lo sottolinea con forza il cardinale Sodano che riconosce l’intensa attività dell’Osa “sia nel consolidamento della democrazia che nella soluzione dei conflitti”. Sforzi, sottolinea, che hanno suscitato il vivo apprezzamento del Pontefice e che si pongono nel solco della Carta democratica interamericana, approvata alla 31.ma Assemblea generale. Il lavoro dell’organizzazione, prosegue il porporato, è un “prezioso contributo allo sradicamento di quelle cause che impediscono alla democrazia, anche là dove è già ‘formalmente instaurata’ di funzionare effettivamente”. D’altro canto, il segretario di Stato vaticano sottolinea come la promozione e il consolidamento della democrazia debbano fondarsi sull’eliminazione della povertà e le sue conseguenze, come l’analfabetismo, l’insicurezza, la criminalità, il terrorismo, la corruzione ed altri problemi sociali, quali l’intolleranza e il razzismo. Senza sviluppo sociale, politico ed economico, constata. “gli strumenti stessi che dovrebbero garantire il buon funzionamento di un sistema democratico” rischiano di divenire “facilmente oggetto di varie forme di manipolazione e clientelismi”. Il cardinale Sodano non manca, poi, di rivolgere l’attenzione alla famiglia, “cellula base della società” evidenziando che “più è in salute la famiglia, più sana è la società”. Rammenta così che 20 anni fa, la Santa Sede ha pubblicato la Carta dei diritti della Famiglia, con l’obiettivo di “invitare tutti a fare il possibile per assicurare che i diritti della famiglia siano protetti”. In tale contesto, loda la posizione dell’Osa, che ha sempre difeso la famiglia e “continua a credere in essa, nonostante le difficoltà che sperimenta”. E’ dovere dello Stato, conclude “preoccuparsi della stabilità dell’istituto famigliare, anche attraverso una legislazione che favorisca le famiglie e non le penalizzi”.

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A Santiago del Cile, dunque, i ministri degli Esteri dei 34 Paesi dell’Osa discutono sulle sfide sociali ed economiche più pressanti per il continente americano. Intanto, ieri, con l’intervento del segretario di Stato americano, Powell, è tornata in primo piano la spinosa questione dello status di Cuba, come ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Il segretario di Stato, Colin Powell, ha cercato di rilanciare la cooperazione regionale, evidenziando le minacce del terrorismo, la necessità di accompagnare Cuba verso la democrazia ed i vantaggi della realizzazione dell’area di libero commercio delle Americhe, che tanto sta a cuore a Washington. Ma a differenza di altre volte, il ministro statunitense ha avvertito attorno a sé una netta sensazione di freddezza e addirittura ha dovuto ascoltare critiche di vari colleghi alla globalizzazione e al neo liberismo e appelli alla costruzione in America Latina di sviluppo con più equità sociale.

 

E neppure la questione di Cuba, che in passato aveva fatto l’unanimità in seno all’Osa, è servita da collante. Al punto che, dopo l’intervento di Powell in difesa dei diritti della popolazione cubana a vivere in democrazia, ha preso la parola il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorin, che ha ricordato come non abbia senso parlare di Cuba in assenza di rappresentanti di questo Paese estromesso dall’Organizzazione nel lontano 1962.

 

L’attenzione riservata ai problemi del terrorismo e del mutamento degli equilibri in Medio Oriente, in definitiva, ha creato una frattura con la regione, che per tradizione è stata più vicina a Washington, e ricucire questo strappo sarà complicato, perché nel frattempo la crisi ha acuito problemi per i quali gli Stati Uniti non sembrano avere per il momento una soluzione efficace.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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L’EURO NON PASSA IL TAMIGI:

DA LONDRA ANCORA UN ‘NO’ ALLA MONETA UNICA

- Intervista con Rodolfo Helg -

 

Sta facendo discutere il ‘no’ della Gran Bretagna all’euro, comunicato ieri dal Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown, responsabile del Tesoro. I cinque test elaborati dal governo non hanno dato riscontri positivi, ed ora tutto sembra rinviato ad un nuovo esame nel 2004, per capire se esisteranno le condizioni di un’adesione alla moneta unica nel 2006. Il Paese si conferma combattuto: favorevole di principio all’unione monetaria, ma scettico sulla sua realizzazione in tempi brevi. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Rodolfo Helg, docente di Economia internazionale all’Università Cattaneo Castellanza di Varese:

 

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R. – Le motivazioni politiche si sapevano da tempo: all’interno della stessa compagine laburista ci sono posizioni piuttosto diverse su questo argomento. E non dimentichiamo che le precedenti elezioni furono perse dal Partito conservatore anche a causa delle forti divisioni su questo argomento. Nello specifico, sembra siano emerse divergenze di opinioni tra Tony Blair, più favorevole all’entrata, e Gordon Brown, più contrario.

 

D. – Da un punto di vista economico, invece, come è spiegabile questa ritrosia britannica nei confronti dell’euro?

 

R. – Una serie di grandezze economiche segnalano che la convergenza tra l’economia britannica ed il resto d’Europa non è ancora avvenuta. Un segnale per tutti è l’attuale differenza – piuttosto notevole – dei tassi d’interesse: la Banca centrale europea ha fissato i tassi d’interesse a breve termine di riferimento al 2,5 per cento, mentre quelli inglesi sono al 3,75 per cento. L’altro aspetto da non sottovalutare è il ciclo delle due economie, che non è completamente allineato: il ciclo britannico è più allineato a quello americano. Questi aspetti portano i britannici ad essere scettici – e non si può dar loro torto. Ma d’altra parte bisogna anche dire che l’entrata dell’euro nelle nostre case – italiane, tedesche, francesi e così via – è arrivata non necessariamente perché i criteri economici fossero tutti rispettati, ma piuttosto perché c’è stata una forte volontà politica. In altre parole, noi abbiamo l’euro per motivi fondamentalmente politici, e non tanto economici.

 

D. – Per un europeo – un abitante delle altre Nazioni che invece hanno detto ‘sì’ alla moneta unica – a questo punto c’è ragione di preoccuparsi oppure no?

 

R. – Per uno che crede nel progetto politico-economico dell’Unione Europea, certamente; una delle grandi economie – una delle quattro grandi economie: è la seconda – dell’Unione non entra completamente nelle regole del gioco. Certamente manca qualcosa. La speranza è che l’entrata sia solo rimandata a tempi migliori, dal punto di vista economico.

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LA CHIESA DI ROMA RIFLETTE SUL RUOLO DELLA FAMIGLIA OGGI E CHIEDE

AL MONDO CATTOLICO MAGGIORE PROTAGONISMO PER DIFENDERE

QUESTA ISTITUZIONE FONDAMENTALE PER IL BENE DELL’INTERA SOCIETA’

 

“Insieme con la famiglia costruiamo una società migliore”: è il tema del Convegno diocesano che si è aperto ieri nella Basilica di San Giovanni in Laterano.  Si vuole riflettere sulla vocazione e sui compiti missionari della famiglia nel nuovo contesto socioculturale per trovare anche il modo di rendere la famiglia una interlocutrice autorevole per le istituzioni politiche e sociali. Il convegno prosegue oggi con i gruppi di lavoro riuniti presso la Pontificia Università Lateranense, domani con momenti preghiera organizzati nelle parrocchie romane. Sarà quindi il cardinale Ruini, vicario di Roma, a presentare le conclusioni, giovedì sera nella Basilica Lateranense, indicando le priorità pastorali per il prossimo anno.

   

Dunque, a quale ruolo è chiamata la famiglia? Fausta Speranza lo ha chiesto a mons. Cesare Nosiglia, vicegerente di Roma:

 

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R. – La famiglia è chiamata innanzitutto ad essere se stessa nella propria identità umana e cristiana, con tutti quei valori che sono alla base del progetto familiare, senza lasciarsi suggestionare da modelli nuovi, contraddittori, che tendono solo a stemperare o a distruggere la base fondamentale del progetto naturale – e la sua identità è anche inserita in Cristo e nella Chiesa. Poi, certamente, l’impegno di collegarsi insieme alle altre famiglie per incidere nella cultura sociale. Non dobbiamo pensare che questa cultura sia così forte da ostacolare inesorabilmente il progresso e la crescita delle nostre famiglie. Bisogna avere più protagonismo, essere più responsabili per difendere il ruolo della famiglia.

 

D. – Il Papa nel viaggio in Croazia ha ribadito l’importanza della famiglia quale nucleo della società. Un nucleo che deve portare a quale compimento?

 

R. – Deve essenzialmente diventare il punto di forza per una nuova società, per un nuovo umanesimo, come dice tante volte anche il Papa, perché nella famiglia abbiamo il cuore della vita, delle nuove generazioni, il futuro, quindi, della società, il futuro della Chiesa. E poi rendere la famiglia missionaria, per portare il contenuto fondamentale del messaggio familiare, che è l’unità, che è l’amore, il rispetto della vita dal suo primo istante al naturale tramonto, che è l’impegno della solidarietà, che è l’impegno anche verso tutte le realtà familiari in difficoltà. Quindi, una famiglia che si fa protagonista insieme alla Chiesa e con la comunità di una nuova società, di una nuova cultura, di un nuovo umanesimo.

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CHIESA E SOCIETA’

10 giugno 2003

 

 

RIAPRE A LUGLIO IL MUSEO DI BAGHDAD, SACCHEGGIATO NEI GIORNI SUCCESSIVI

AL CROLLO DEL REGIME DI SADDAM HUSSEIN. MOLTO PIU’ LIMITATI I DANNI

AL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO, RISPETTO ALLE STIME INIZIALI

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

BAGHDAD. = Un segnale di ritorno alla normalità, che, nell’Iraq del dopo Saddam Hussein, viene riconquistata con fatica, giorno dopo giorno. Fra un mese, riaprirà al pubblico il Museo archeologico di Baghdad, saccheggiato nei giorni seguiti al crollo del regime del raìs, ma non danneggiato in modo disastroso, come le immagini e le prime stime avevano fatto temere. Danni limitati anche grazie al recupero di opere pregiate, negli ultimi giorni, da parte degli investigatori americani presenti sul posto. E’ stato accolto con grande soddisfazione nel mondo della cultura il ritrovamento del tesoro di Nimrud, straordinaria collezione di gemme e monili d’oro del periodo assiro, recuperato giovedì scorso nei sotterranei della Banca centrale della capitale irachena. Non solo, la settimana scorsa, infatti, gli specialisti americani hanno ritrovato migliaia di pezzi, che facevano parte della principale collezione in mostra nella struttura museale. Il direttore delle ricerche delle opere del museo, Donny George, ha quindi confermato che tutte le opere recuperate saranno esposte già a partire dal 3 luglio. Ha inoltre assicurato che molti altri pezzi sono stati riconsegnati da dipendenti del Museo che se ne erano impossessati durante la guerra. Al momento, mancano all’appello ancora circa 3.000 pezzi, ma la maggior parte di essi non sarebbe di valore tale da essere esposto nel Museo. Si tratta, comunque, di un numero ampiamente inferiore a quanto era stato inizialmente temuto. Dal canto suo, il prof. Giuseppe Proietti, esperto del ministero dei Beni culturali nella task force ad hoc per l’Iraq, ha dichiarato che gli oggetti di valore trafugati durante il conflitto sono solo una quarantina. Il professore ha fatto il punto della situazione nel corso di un vertice internazionale di Polizia sul patrimonio culturale iracheno, che si è tenuto a Roma, in questi giorni, al quale hanno partecipato i responsabili delle Polizie di diversi Paesi. I furti al Museo, ha spiegato l’esperto, sarebbero avvenuti in tre diverse ondate: una prima guidata dai fedayn Saddam, una seconda mirata e, probabilmente, “su commissione” e l'ultima in cui più che di saccheggi si e' trattato di vere e proprie devastazioni.

 

IL PRESTIGIOSO SETTIMANALE STATUNITENSE “TIME” HA PREMIATO 29 EROI ASIATICI.

TRA QUESTI, IL PREMIER CINGALESE, DIVERSI OPERATORI UMANITARI

ED UNA SUORA DELLA CHIESA CATTOLICA CINESE

 

NEW YORK. = Il personale medico di un ospedale di Hong Kong alle prese con la Sars, il primo ministro dello Sri Lanka, Ranil Wickremesinghe, una suora della Chiesa cattolica clandestina cinese e un’operatrice umanitaria della provincia indonesiana di Aceh figurano tra i 29 'eroi dell’Asia', riconoscimento attribuito ogni anno dal settimanale statunitense 'Time'. Nella lista, pubblicata nell’edizione asiatica della rivista, ci sono star dello sport, delle serie televisive e del cinema ma anche personaggi poco conosciuti come la dottoressa Cynthia Maung, fondatrice della clinica di Mae Tao, in Thailandia, e l’afghano Gulla Jan Hairran, che è riuscito a garantire la protezione ed il funzionamento di una centrale elettrica nel nordovest del Paese. Tra i premiati c’è anche una suora della Chiesa cattolica clandestina cinese che lo scorso novembre ha percorso un migliaio di chilometri dalla sua abitazione, nel Nord della Cina, alla città costiera orientale di Wenzhou per raccogliere informazioni destinate a costituire un voluminoso dossier su un sacerdote ucciso durante la rivoluzione culturale. Oltre all’indonesiana Cut Syamsurniati, che lavora per la Rehabilitation Action for Victims of Torture in Aceh (Rata), organizzazione non governativa per le vittime delle torture, il settimanale americano ha premiato anche un’associazione umanitaria in India, nello Stato del Gujarat. Si chiama 'Area Networking and Development Initiative' (Anandi) ed intende garantire l'istruzione e le cure mediche. Il solo leader politico a guadagnarsi il titolo di eroe è stato il premier cingalese Wickremesinghe, per il ruolo svolto nel processo di pace da lui stesso avviato circa un anno e mezzo fa tra il governo ed i ribelli Tamil. (A.L.)

 

 

CON L’OBIETTIVO DI PROMUOVERE IL DIALOGO INTERRELIGIOSO,

I PADRI GESUITI HANNO RECENTEMENTE INAUGURATO A GEORGETOWN, NELLA GUYANA,

UN NUOVO ISTITUTO PER IL DIALOGO FRA CULTURE E RELIGIONI

 

GEORGETOWN. = E' nato a Georgetown, capitale della Guyana, un nuovo Istituto per il dialogo fra culture e religioni. L'iniziativa è stata promossa dai padri gesuiti del Paese sudamericano che, come ha sottolineato il superiore della Provincia, padre Joe Chria, “hanno nell'impegno per il dialogo interreligioso e interculturale uno dei principali campi di apostolato dell'Ordine”. L'idea è nata dopo aver constatato che la comunità cattolica della Guyana si trova immersa in un ambiente sociale dove esiste un ampio pluralismo di culture e religioni. “Uno degli obiettivi più importanti per i cattolici - ha spiegato il religioso – è promuovere la collaborazione fra persone di etnia e fede differente”. A dirigere l'Istituto sarà padre Stanislaus Arul, che ha sottolineato come “un maggiore rispetto tra fedeli di diversa religione, possa contribuire a costruire la pace in Guyana e nel mondo”. Nella capitale i missionari gesuiti già gestiscono il "Firmala Ashram", luogo di meditazione aperto a fedeli di religioni diverse per esperienze e scambi spirituali. Tra gli obiettivi prioritari del nuovo Istituto si possono individuare: la sensibilizzazione delle famiglie e della società sui valori comuni delle religioni tradizionali e la promozione di approcci non violenti per la risoluzione dei conflitti. (A.M. – A.L.)

 

 

EMERGENZA RIFUGIATI PER LA GUERRA NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA:

CIRCA 22 MILA PROFUGHI A RISCHI DI VITA.

PRONTO UN CAMPO A FINE GIUGNO, MA I VIVERI DEVONO ARRIVARE  PRIMA

CHE LA STAGIONE DELLE PIOGGE BLOCCHI TUTTE LE VIE  DI COMUNICAZIONE

 

MONDOU. = Secondo quanto dichiarato da Radio Duji Lokar di Moundou, circa 22 mila rifugiati si sono stabiliti nella zona di frontiera tra Ciad e Repubblica Centrafricana per cercare rifugio dai combattimenti che avvengono nella Repubblica Centrafricana tra le truppe dell’attuale presidente, il generale François Bozizé, ed i fedeli all’ex presidente, Ange-Félix Patassé. I rifugiati si sono appostati in diverse località, e tra loro vi sono numerosi bambini abbandonati. Almeno 10 mila persone si trovano a Goré, in due campi di accoglienza e in diverse famiglie della zona. Gli altri 12 mila sono ripartiti tra le località di Yanmodo, Matiti e Koumba, dove vivono sotto grandi alberi o tende di fortuna. Qui le loro condizioni di vita sono precarie: non disponendo di acqua potabile sono costretti a bere acqua non sicura, raccolta a diversi chilometri di distanza. Manca inoltre il cibo: finora nel totale sono stati distribuiti 3 chili di sorgo per famiglia, e successivamente una dose di 100 kg di farina per 30 persone, nel mese di aprile. Da allora stanno lentamente morendo di inedia. Malati, indeboliti, non hanno la forza di fare il minimo lavoro. Si vanno inoltre inasprendo le relazioni con gli abitanti della zona poiché, in una regione priva di infrastrutture, si è creata una competizione per assicurarsi le poche risorse disponibili. Intanto a fine giugno sarà finalmente pronto un secondo campo di accoglienza, a 6 chilometri da Goré, con una capacità di 20 mila persone ed un capiente magazzino per stoccare grandi quantità di cibo, ma i rifornimenti dovranno arrivare prima che le imminenti piogge renderanno impraticabili le strade. (S.C.)

 

 

SCIOLTA IN GIAMAICA LA SQUADRA ANTIDROGA DEL “CRIME MANAGMENT UNIT”,

ACCUSATA DA DIVERSE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE

DI AVER RIPETUTAMENTE VIOLATO I DIRITTI UMANI

 

KINGSTON. = Le autorità di polizia della Giamaica hanno deciso di sciogliere la squadra paramilitare del Crime Managment Unit (Cmu). La Cmu, voluta dal primo ministro Patterson nel settembre 2000 per combattere i trafficanti di droga, era da tempo al centro delle critiche delle organizzazioni per i diritti umani  a causa di molteplici abusi ed esecuzioni sommarie. L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda l’omicidio di due uomini e di due donne, uccisi dagli agenti il 7 maggio scorso a Crawle, a 64 chilometri dalla capitale Kigston. La decisione di sospendere le attività della squadra non è sembrata però sufficiente alla società civile giamaicana. L’associazione Jamaicans for Justice (Jfj), pur considerando lo scioglimento della Cmu, “un passo nella giusta direzione” chiede che l’azione delle autorità preposte prosegua verso l’apertura di un processo. “La lotta alla droga - ha detto Carolyn Gomes del Jfj - non si risolve scaricando tonnellate di munizioni ma ci vuole intelligenza, pazienza e capacità di infiltrarsi nelle gang”. La Giamaica, isola-Stato caraibica con 2,6 milioni di abitanti, ha uno dei tassi di omicidio più alti del mondo. Nel 2002 sono state uccise 1.045 persone e, secondo Amnesty International, 133 sarebbero state uccise dalla polizia. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 giugno 2003

 

 

- A cura di  Giancarlo La Vella -

 

In Medio Oriente continua la missione del premier italiano, Silvio Berlusconi. Oggi il presidente del Consiglio è ad Amman per colloqui con re Abdallah di Giordania e dopodomani sarà in Egitto dove incontrerà il presidente Mubarak. Ieri la prima tappa del viaggio a Gerusalemme, caratterizzata da un cordiale incontro con il premier israeliano Sharon, il quale ha confermato la volontà di proseguire il percorso di pace tracciato dalla comunità internazionale. Ieri l’esercito ebraico, infatti, ha iniziato a sgomberare i primi dei 14 insediamenti ebraici illegali nei Territori Palestinesi. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Con questa operazione il primo ministro Sharon ha dimostrato di voler rispettare gli impegni assunti al vertice di Aqaba, in Giordania. E, d’altra parte, il suo omologo palestinese, Mahmud Abbas, ha lanciato un appello ai gruppi fondamentalisti radicali di opposizione a riprendere il dialogo sulla cessazione dell’Intifada armata, assicurando che non intende porre alcun movimento fuori legge. “Colui che rifiuta il confronto – ha detto – se ne assumerà tutte le responsabilità”. In questo clima è giunto a Gerusalemme il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi. I suoi colloqui con Sharon e con il capo dello Stato, Katzav, sono stati improntati a grande amicizia. “Sento gli attacchi agli israeliani come al mio popolo – ha detto Berlusconi. Sharon si è augurato che, con la prossima presidenza italiana, i rapporti d’Israele con l’Unione Europea possano migliorare e che la posizione europea circa la crisi israeliana divenga più equilibrata. Mahmud Abbas si è finora rifiutato di incontrare Berlusconi, perché questi, a sua volta, non ha voluto far visita ad Arafat.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Ma le speranze di pace devono, ancora una volta, fare i conti con la violenza che anche oggi ha fatto scorrere il sangue. La cronaca di questa mattina riferisce di tre missili lanciati a Gaza dagli elicotteri israeliani contro l’automobile di Abdel-Aziz al-Rantissi, alto dirigente di Hamas. Una donna e un bambino sono rimasti uccisi nel raid e quasi 30 persone – Rantissi compreso – ferite. “È la conferma – hanno commentato gli uomini di Arafat – che Israele non vuole la pace”, mentre gli attivisti islamici hanno minacciato vendetta.

 

Situazione delicata anche in Afghanistan, dove stamattina si è verificato uno scontro tra le truppe americane ed alcune milizie armate locali. Secondo la versione statunitense, un gruppo di assalitori non identificati avrebbe aperto il fuoco contro la base di Shkin, nel sudest del Paese: quattro degli aggressori sarebbero rimasti uccisi.

 

Tre persone sono morte in Iraq, in una località a sud di Baghdad, in seguito ad un’esplosione dalle cause non ancora chiarite. Nel Paese è tornato oggi un membro della famiglia reale, da 45 anni in esilio a Londra, che ha annunciato di voler indire un referendum, con l’obiettivo di instaurare una monarchia costituzionale. Intanto ancora nessuna traccia di Saddam Hussein: il capo del Pentagono, Rumsfeld, ha detto che la ricerca del rais continuerà anche nei prossimi giorni.

 

Si è conclusa positivamente la vicenda dei tre funzionari Onu rapiti giovedì scorso in Georgia, con il loro interprete. I sequestratori – che avevano chiesto inizialmente un riscatto di cinque milioni di dollari – hanno liberato stamani gli ostaggi, in seguito ad un accordo raggiunto con il presidente georgiano, Shevardnadze. I termini dell’intesa non sono ancora noti.

 

In Italia netta affermazione del centrosinistra al turno di ballottaggio delle elezioni amministrative svoltesi domenica e lunedì. Per l’Ulivo e Rifondazione Comunista, importante soprattutto il successo in Friuli Venezia Giulia. Il centrodestra si prepara ora ad una delicata verifica politica sull’esito della consultazione, nella quale si è registrato un forte astensionismo: ha votato il 58,9 per cento degli aventi diritto contro il precedente 66,5 per cento. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Sette Province al centro-sinistra, cinque al centro-destra; e ancora cinque Comuni capoluogo al centro-sinistra, quattro al centro-destra. E’ questo in estrema sintesi l’esito del secondo turno delle elezioni amministrative. Risultato al quale va aggiunta la vittoria degli autonomisti in Val d’Aosta sostenuti dal centro-sinistra e, soprattutto, la schiacciante vittoria del candidato di Ulivo e Rifondazione Comunista, Riccardo Illy, alla regione Friuli Venezia Giulia. Partita questa, considerata l’ago della bilancia del confronto elettorale. Esulta naturalmente il centro-sinistra che parla di risultato travolgente di una inversione di tendenza dal nord al sud, che rappresenta un chiaro segnale all’attuale maggioranza. E il segnale, in effetti, sembra essere arrivato. Il centro-destra prepara, infatti, una verifica politica su programmi e uomini che non si annuncia indolore.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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La Francia è oggi paralizzata dallo sciopero di protesta contro la riforma delle pensioni ideata dal governo: treni bloccati, metropolitana chiusa, aerei a terra, cortei nelle principali città. Ma la preoccupazione maggiore è per la chiusura delle scuole, che rischia di far saltare gli esami di maturità, in programma fra due giorni. Le speranze di sbloccare lo stallo sono affidate all’incontro che i sindacati avranno con i ministri dell’Educazione, della Funzione pubblica e dell’Interno.

 

Si conclude oggi a Tokyo la Conferenza sulla ricostruzione e lo sviluppo dello Sri Lanka, a cui partecipano 51 Paesi e 22 organismi donatori. È un’iniziativa chiave soprattutto per la rinascita della regione nord-orientale a maggioranza Tamil, devastata da 20 anni di guerra civile.

 

Sarebbe in buone condizioni di salute la leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi. Lo ha riferito oggi l’inviato speciale dell’Onu a Rangoon, Razali Ismail, autorizzato ad incontrare la donna a conclusione della sua missione in Birmania. Il premio Nobel per la pace nei giorni scorsi, durante scontri provocati da sostenitori del regime militare, era stata arrestata e portata nella capitale. Secondo fonti locali San Suu Kyi era stata ferita nel corso delle violenze

 

 

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