RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 161 - Testo della
Trasmissione di martedì 10 giugno 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’Euro non passa il Tamigi: da Londra ancora un ‘no’ alla moneta unica. Intervista con Rodolfo Helg.
CHIESA E SOCIETA’:
Riapre a luglio il Museo di Baghdad saccheggiato durante la guerra.
Emergenza rifugiati per la guerra nella
Repubblica Centrafricana.
Continua
la missione di pace in Medio Oriente di Berlsuconi, mentre si registrano nuove
violenze.
Liberati
in Georgia tre funzionari dell’Onu e un interprete rapiti nei giorni scorsi.
In
Italia netta affermazione del centro-sinistra ai ballottaggi delle
amministrative.
La
Francia paralizzata dallo sciopero generale contro al riforma delle pensioni.
10 giugno 2003
SIATE ATTENTI AI SEGNI DEI TEMPI, CONSAPEVOLI
DELLA PREZIOSA ATTUALITA’
DELLA VOSTRA MISSIONE:
COSI’ IL PAPA AI SACERDOTI DEHONIANI,
RICEVUTI IN OCCASIONE
DEL CAPITOLO GENERALE
“Profeti
dell’Amore e servitori della riconciliazione”. E’ questa la fisionomia che il
servo di Dio Leone Dehon, desiderava avessero i suoi discepoli. Lo ha ricordato
il Papa ricevendo in udienza questa mattina i membri del Capitolo generale dei
Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù e della famiglia religiosa dehoniana che
abbraccia anche i laici. Conta a tutt’oggi circa 2300 tra sacerdoti e fratelli
che lavorano in 38 Nazioni: dalle Americhe, all’Africa, all’India e Filippine,
all’Europa dell’est e dell’ovest. Il prossimo 28 giugno culminerà lo speciale
anno dehoniano a suggellare un anniversario particolare. Servizio di Carla
Cotignoli.
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“La
storia del vostro Istituto ha raggiunto ormai il traguardo dei 125 anni di
vita”, ha ricordato i Papa. Un cammino
“ricco di meriti e di frutti apostolici”. ll 28 giugno 1878 Leone Dehon, già
sacerdote, fa professione dei suoi voti religiosi. E’ questo il giorno che egli
stesso riconosce come inizio della Congregazione.
Auspico
che ciò vi sia di stimolo a tornare alle origini, con quella ‘fedeltà creativa’
che conserva inalterato il vostro carisma, caratterizzato da una costante
contemplazione del Cuore di Cristo”.
Il
Papa ha così incoraggiato a proseguire il cammino tracciato dal servo di Dio
Leone Dehon, che nella seconda metà del secolo decimo nono, ha dato inizio, a
San Quintino in Francia, a quella che il Santo Padre ha definito “un’originale
esperienza spirituale e missionaria”.
Ed è
proprio questo l’obiettivo del Capitolo generale che sta per concludersi:
“rivisitare i fondamenti del carisma, con l’impegno di tradurli nell’oggi,
consapevoli – ha detto il Papa - della preziosa attualità della vostra
missione”. E qui il Santo Padre ha citato in particolare l’attività nel campo
dell’informazione e della documentazione religiosa. “Attenti a scrutare ‘i
segni dei tempi’, mai si affievolisca in voi – ha concluso – la fedeltà alla
dottrina cattolica e al Magistero della Chiesa”. Ed ha augurato ai Dehoniani di
avanzare con rinnovato slancio sulla via della santità e del servizio al Regno
di Dio”.
Il
neo-eletto Superiore Generale, P. José Ornelas Carvalho, nell’indirizzo di
saluto al Papa, riferendo i frutti del Capitolo generale, aveva parlato di
“rifondazione della loro vita religiosa sulla base del Vangelo e
dell’esperienza spirituale del fondatore” e del rinnovato “impegno a vivere la
comunione ecclesiale”.
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UN PAESE
RICOSTRUITO NEL SUO TESSUTO SOCIALE E MORALE,
PROTESO VERSO L’OBIETTIVO DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA:
QUESTA L’EREDITA’ AFFIDATA DAL PAPA AI CRISTIANI E
AI CITTADINI DELLA CROAZIA
- Intervista di Alessandro De Carolis -
Il
viaggio in Croazia, che ha portato a 100 le visite apostoliche fuori
dall’Italia di Giovanni Paolo II, ha mostrato una volta ancora che il
Pontefice, oggi come 25 anni fa, vive con immutata tensione spirituale e
pastorale la propria missione di pellegrino di pace. E nonostante la fatica e
le limitazioni fisiche, la sua voce ha sollecitato i cristiani e i croati in
generale a lavorare per la pace e la distensione nazionali, guardando
all’ingresso nell’Unione Europea come ad un obiettivo prioritario. Il tema del
viaggio, lo ricordiamo, ha riguardato la famiglia. Il nostro direttore dei
Programmi, padre Federico Lombardi, parte da questo argomento per fare il punto
sul viaggio del Pontefice, appena concluso. L’intervista è di Alessandro De
Carolis:
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R. - Quella della famiglia in
Croazia è una situazione abbastanza critica, impegnata com’è in questa
transizione dal comunismo alla democrazia e nella quale si avvertono anche
tutti gli influssi della società occidentale, a partire dalla secolarizzazione.
Per questo, i vescovi hanno chiesto al Papa di appoggiare il rilancio pastorale
e sociale della famiglia nella società croata.
D. - L’altra colonna portante
del viaggio è stata rappresentata dal tema della riconciliazione...
R. - Questo si è sentito molto
nelle diverse località del viaggio. Mi pare che oggi, in Croazia, ci sia una
certa serenità: le ferite esistono ma non si sente l’odio. Il messaggio che il
Papa ha lanciato già nella sua prima visita in Croazia ha ‘lavorato’ e mi
sembra che oggi si possa vivere con speranza la situazione attuale, che evolve
verso rapporti migliori anche nel continente europeo e con le popolazioni
vicine.
D. - A proposito di Europa, un
Paese riconciliato ed unito è anche una delle migliori credenziali per puntare
all’ingresso nell’Unione comunitaria. E questo è un tasto sul quale il Papa ha
insistito molto...
R. - Sì, e credo che questa
integrazione risulterà molto preziosa anche per la Chiesa in Croazia, chiamata
a fronteggiare le sfide del momento attuale: la difficoltà di raggiungere la
gioventù o quella di avere una pastorale familiare efficace... Credo che la
vicinanza fraterna, lo scambio con le altre esperienze di Chiesa che ci sono in
Europa, e in particolare nei Paesi vicini, possa aiutare la Chiesa croata ad
uscire dalle sue difficoltà.
D. - Uno sguardo alla persona
del Papa. Quello in Croazia è stato un viaggio piuttosto articolato e
certamente faticoso per lui, eppure le sue condizioni sembrano aver tollerato
bene anche queste fatiche...
R. - Sì, certamente. Il Papa
praticamente non cammina, però si è riusciti a realizzare ugualmente questo
programma, che comprendeva molti spostamenti. Il Papa è riuscito, con la sua
grandissima forza di volontà, a superare ancora una volta anche i limiti
fisici. Il messaggio della sua presenza, quindi, continua ad essere per certi
aspetti forse ancora più efficace di una volta, perché l’ammirazione per la sua
dedizione, nonostante la sofferenza, appare molto grande in tutti.
D. - Il Papa si è soffermato in
ginocchio davanti ad un’immagine della Vergine nel Santuario di Trsat e la sua
è stata una preghiera un po’ particolare...
R. – E’ vero. Giovanni Paolo II
ha offerto il Rosario alla Vergine in voto e ha chiesto preghiere per sé, sia
in vita sia dopo la sua morte. Con questa stessa formula, il Papa aveva pregato
già nel Santuario di Kalwaria, nel viaggio in Polonia di un anno fa, e sempre a
Kalwaria già nel 1983. Però, evidentemente, è sempre una preghiera che suscita
commozione in chi la ascolta. E dice anche l’umanità e la lucidità dell’esperienza
spirituale del Santo Padre nella sua età anziana, in cui egli si sente
accompagnato anche dalle preghiere e dall’affetto del popolo cristiano nel suo
cammino verso il Signore.
D. - Qual è la sua impressione -
la sua ‘diapositiva’ personale, per così dire - di questo centesimo viaggio del
Pontefice?
R. - A me ha colpito molto che
il Papa abbia celebrato la Pentecoste durante un suo viaggio apostolico. Non è
la prima volta che accade. A me sembra che il Papa che viaggia in tutti i
Paesi, che porta la sua parola in diverse lingue, offra in qualche modo la
testimonianza rivissuta del mistero stesso della Pentecoste, il rinnovamento
dei diversi popoli a cui si annuncia la salvezza.
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L’ARCIVESCOVO
SILVANO MARIA TOMASI E’ IL NUOVO OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU E L’OMC, A GINEVRA
Il Santo Padre ha nominato oggi
osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed
Istituzioni specializzate a Ginevra ed osservatore permanente presso
l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) mons. Silvano Maria Tomasi,
arcivescovo titolare di Asolo, finora nunzio apostolico in Etiopia, Eritrea e Gibuti.
RINUNCIA E NOMINA IN COLOMBIA
Giovanni
Paolo II ha accettato stamane la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Valledupar in Colombia, presentata da mons. José Agustin Valbuena Jauregui, per
raggiunti limiti di età. Allo stesso incarico il Papa ha nominato padre Oscar
José Vélez Isaza, finora Superiore provinciale dei Claretiani della Colombia
occidentale.
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"Noi apparteniamo al Papa,
il Papa appartiene a noi" è il titolo che apre la prima pagina:
nell'impetuoso canto del popolo croato la conferma che la storia è veramente
cambiata.
Un articolo di Giampaolo Mattei
a conclusione del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II.
Una fotografica con una grande
immagine assai significativa: una bambina che scatta una foto al Crocifisso
martoriato di Vukovar, proprio accanto al palco sul quale è stato allestito l'altare
per la Celebrazione Eucaristica.
Nelle vaticane, nel discorso al
Capitolo generale dei Dehoniani, il Papa ha esortato a "rivisitare" i
fondamenti del carisma dell'Istituto, che compie 125 anni.
La Lettera del cardinale Angelo
Sodano in occasione dell'Assemblea generale ordinaria dell'Organizzazione degli
Stati Americani.
Un contributo del cardinale
Saraiva Martins dal titolo "La centralità dell'Eucaristia nella vita della
Chiesa". Questo articolo è il primo di una serie dedicata all'Enciclica
"Ecclesia de Eucharistia".
Un intervento del vescovo di
Bergamo sul "messaggio" di Giovanni XXIII a 40 anni
dalla morte.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: Abu Mazen cerca di riallacciare il dialogo con i movimenti estremisti
palestinesi.
Liberia: l'Ecowas cerca di
ottenere una tregua a Monrovia.
Per la rubrica dell'Atlante
geopolitico, un articolo di Giuseppe Maria Petrone dal titolo "Russia: in
Cecenia attentati contro la normalizzazione".
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Pelliccioni sulle peculiarità architettoniche del Palazzo di
Cnosso a Creta.
Nell' "Osservatore
libri", un approfondito contributo di Vittorio Fazzo sull'opera di Seneca
"Ricerche sulla natura", a cura di Piergiorgio Parroni, nella Collana
della Fondazione Valla.
Nelle pagine italiane, in primo
piano i risultati delle elezioni amministrative.
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10 giugno 2003
“DEMOCRAZIA
E FAMIGLIA, PILASTRI FONDAMENTALI DELLA SOCIETÀ MODERNA”:
MESSAGGIO DEL CARDINALE ANGELO SODANO,
ALL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI
AMERICANI,
CHE SI CHIUDERA’ OGGI A SANTIAGO DEL CILE
Il consolidamento della democrazia “passa attraverso
l’eliminazione della povertà”. E’ la riflessione offerta dal cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, in una lettera indirizzata al ministro
degli Affari Esteri cileno, María Soledad Alvear Valenzuela, per la 33.ma
Assemblea dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani, che si conclude
oggi a Santiago del Cile. Ai lavori partecipa una delegazione della Santa Sede presieduta
da mons. Aldo Cavalli, nunzio
apostolico in Cile. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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E’ attraverso il dialogo che “si pongono le basi di una
società migliore e veramente democratica”. Lo sottolinea con forza il cardinale
Sodano che riconosce l’intensa attività dell’Osa “sia nel consolidamento della
democrazia che nella soluzione dei conflitti”. Sforzi, sottolinea, che hanno
suscitato il vivo apprezzamento del Pontefice e che si pongono nel solco della
Carta democratica interamericana, approvata alla 31.ma Assemblea generale. Il
lavoro dell’organizzazione, prosegue il porporato, è un “prezioso contributo
allo sradicamento di quelle cause che impediscono alla democrazia, anche là
dove è già ‘formalmente instaurata’ di funzionare effettivamente”. D’altro
canto, il segretario di Stato vaticano sottolinea come la promozione e il
consolidamento della democrazia debbano fondarsi sull’eliminazione della
povertà e le sue conseguenze, come l’analfabetismo, l’insicurezza, la
criminalità, il terrorismo, la corruzione ed altri problemi sociali, quali
l’intolleranza e il razzismo. Senza sviluppo sociale, politico ed economico,
constata. “gli strumenti stessi che dovrebbero garantire il buon funzionamento
di un sistema democratico” rischiano di divenire “facilmente oggetto di varie
forme di manipolazione e clientelismi”. Il cardinale Sodano non manca, poi, di
rivolgere l’attenzione alla famiglia, “cellula base della società” evidenziando
che “più è in salute la famiglia, più sana è la società”. Rammenta così che 20
anni fa, la Santa Sede ha pubblicato la Carta dei diritti della Famiglia, con
l’obiettivo di “invitare tutti a fare il possibile per assicurare che i diritti
della famiglia siano protetti”. In tale contesto, loda la posizione dell’Osa,
che ha sempre difeso la famiglia e “continua a credere in essa, nonostante le
difficoltà che sperimenta”. E’ dovere dello Stato, conclude “preoccuparsi della
stabilità dell’istituto famigliare, anche attraverso una legislazione che
favorisca le famiglie e non le penalizzi”.
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A Santiago del Cile, dunque, i ministri degli Esteri dei
34 Paesi dell’Osa discutono sulle sfide sociali ed economiche più pressanti per
il continente americano. Intanto, ieri, con l’intervento del segretario di
Stato americano, Powell, è tornata in primo piano la spinosa questione dello
status di Cuba, come ci riferisce Maurizio Salvi:
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Il segretario di Stato, Colin Powell, ha cercato di
rilanciare la cooperazione regionale, evidenziando le minacce del terrorismo,
la necessità di accompagnare Cuba verso la democrazia ed i vantaggi della
realizzazione dell’area di libero commercio delle Americhe, che tanto sta a
cuore a Washington. Ma a differenza di altre volte, il ministro statunitense ha
avvertito attorno a sé una netta sensazione di freddezza e addirittura ha
dovuto ascoltare critiche di vari colleghi alla globalizzazione e al neo
liberismo e appelli alla costruzione in America Latina di sviluppo con più
equità sociale.
E neppure la questione di Cuba, che in passato aveva fatto
l’unanimità in seno all’Osa, è servita da collante. Al punto che, dopo
l’intervento di Powell in difesa dei diritti della popolazione cubana a vivere
in democrazia, ha preso la parola il ministro degli Esteri brasiliano, Celso
Amorin, che ha ricordato come non abbia senso parlare di Cuba in assenza di
rappresentanti di questo Paese estromesso dall’Organizzazione nel lontano 1962.
L’attenzione riservata ai problemi del terrorismo e del
mutamento degli equilibri in Medio Oriente, in definitiva, ha creato una
frattura con la regione, che per tradizione è stata più vicina a Washington, e
ricucire questo strappo sarà complicato, perché nel frattempo la crisi ha
acuito problemi per i quali gli Stati Uniti non sembrano avere per il momento
una soluzione efficace.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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DA
LONDRA ANCORA UN ‘NO’ ALLA MONETA UNICA
-
Intervista con Rodolfo Helg -
Sta facendo discutere il ‘no’ della Gran Bretagna all’euro,
comunicato ieri dal Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown, responsabile
del Tesoro. I cinque test elaborati dal governo non hanno dato riscontri
positivi, ed ora tutto sembra rinviato ad un nuovo esame nel 2004, per capire
se esisteranno le condizioni di un’adesione alla moneta unica nel 2006. Il
Paese si conferma combattuto: favorevole di principio all’unione monetaria, ma
scettico sulla sua realizzazione in tempi brevi. Andrea Sarubbi ne ha parlato
con Rodolfo Helg, docente di Economia internazionale all’Università Cattaneo Castellanza
di Varese:
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R. – Le motivazioni politiche si sapevano da tempo:
all’interno della stessa compagine laburista ci sono posizioni piuttosto
diverse su questo argomento. E non dimentichiamo che le precedenti elezioni
furono perse dal Partito conservatore anche a causa delle forti divisioni su
questo argomento. Nello specifico, sembra siano emerse divergenze di opinioni
tra Tony Blair, più favorevole all’entrata, e Gordon Brown, più contrario.
D. – Da un punto di vista economico, invece, come è
spiegabile questa ritrosia britannica nei confronti dell’euro?
R. – Una serie di grandezze economiche segnalano che la
convergenza tra l’economia britannica ed il resto d’Europa non è ancora
avvenuta. Un segnale per tutti è l’attuale differenza – piuttosto notevole –
dei tassi d’interesse: la Banca centrale europea ha fissato i tassi d’interesse
a breve termine di riferimento al 2,5 per cento, mentre quelli inglesi sono al
3,75 per cento. L’altro aspetto da non sottovalutare è il ciclo delle due economie,
che non è completamente allineato: il ciclo britannico è più allineato a quello
americano. Questi aspetti portano i britannici ad essere scettici – e non si
può dar loro torto. Ma d’altra parte bisogna anche dire che l’entrata dell’euro
nelle nostre case – italiane, tedesche, francesi e così via – è arrivata non
necessariamente perché i criteri economici fossero tutti rispettati, ma
piuttosto perché c’è stata una forte volontà politica. In altre parole, noi
abbiamo l’euro per motivi fondamentalmente politici, e non tanto economici.
D. – Per un europeo – un abitante delle altre Nazioni che
invece hanno detto ‘sì’ alla moneta unica – a questo punto c’è ragione di
preoccuparsi oppure no?
R. – Per uno che crede nel progetto politico-economico
dell’Unione Europea, certamente; una delle grandi economie – una delle quattro
grandi economie: è la seconda – dell’Unione non entra completamente nelle
regole del gioco. Certamente manca qualcosa. La speranza è che l’entrata sia
solo rimandata a tempi migliori, dal punto di vista economico.
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LA CHIESA DI ROMA RIFLETTE SUL RUOLO DELLA FAMIGLIA OGGI E
CHIEDE
AL
MONDO CATTOLICO MAGGIORE PROTAGONISMO PER DIFENDERE
QUESTA
ISTITUZIONE FONDAMENTALE PER IL BENE DELL’INTERA SOCIETA’
“Insieme con la famiglia costruiamo una società
migliore”: è il tema del Convegno diocesano che si è aperto ieri nella Basilica
di San Giovanni in Laterano. Si vuole
riflettere sulla vocazione e sui compiti missionari della famiglia nel nuovo contesto
socioculturale per trovare anche il modo di rendere la famiglia una
interlocutrice autorevole per le istituzioni politiche e sociali. Il convegno
prosegue oggi con i gruppi di lavoro riuniti presso la Pontificia Università
Lateranense, domani con momenti preghiera organizzati nelle parrocchie romane.
Sarà quindi il cardinale Ruini, vicario di Roma, a presentare le conclusioni,
giovedì sera nella Basilica Lateranense, indicando le priorità pastorali per il
prossimo anno.
Dunque, a quale ruolo è
chiamata la famiglia? Fausta Speranza lo ha chiesto a mons. Cesare Nosiglia,
vicegerente di Roma:
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R. – La
famiglia è chiamata innanzitutto ad essere se stessa nella propria identità
umana e cristiana, con tutti quei valori che sono alla base del progetto
familiare, senza lasciarsi suggestionare da modelli nuovi, contraddittori, che
tendono solo a stemperare o a distruggere la base fondamentale del progetto
naturale – e la sua identità è anche inserita in Cristo e nella Chiesa. Poi,
certamente, l’impegno di collegarsi insieme alle altre famiglie per incidere
nella cultura sociale. Non dobbiamo pensare che questa cultura sia così forte
da ostacolare inesorabilmente il progresso e la crescita delle nostre famiglie.
Bisogna avere più protagonismo, essere più responsabili per difendere il ruolo
della famiglia.
D. – Il Papa nel viaggio in Croazia ha ribadito
l’importanza della famiglia quale nucleo della società. Un nucleo che deve
portare a quale compimento?
R. – Deve essenzialmente diventare il punto di forza per
una nuova società, per un nuovo umanesimo, come dice tante volte anche il Papa,
perché nella famiglia abbiamo il cuore della vita, delle nuove generazioni, il
futuro, quindi, della società, il futuro della Chiesa. E poi rendere la
famiglia missionaria, per portare il contenuto fondamentale del messaggio
familiare, che è l’unità, che è l’amore, il rispetto della vita dal suo primo
istante al naturale tramonto, che è l’impegno della solidarietà, che è
l’impegno anche verso tutte le realtà familiari in difficoltà. Quindi, una
famiglia che si fa protagonista insieme alla Chiesa e con la comunità di una
nuova società, di una nuova cultura, di un nuovo umanesimo.
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10 giugno 2003
RIAPRE A LUGLIO IL MUSEO DI BAGHDAD, SACCHEGGIATO
NEI GIORNI SUCCESSIVI
AL
CROLLO DEL REGIME DI SADDAM HUSSEIN. MOLTO PIU’ LIMITATI I DANNI
AL
PATRIMONIO ARCHEOLOGICO, RISPETTO ALLE STIME INIZIALI
- A
cura di Alessandro Gisotti -
BAGHDAD. = Un segnale di ritorno alla normalità, che,
nell’Iraq del dopo Saddam Hussein, viene riconquistata con fatica, giorno dopo
giorno. Fra un mese, riaprirà al pubblico il Museo archeologico di Baghdad,
saccheggiato nei giorni seguiti al crollo del regime del raìs, ma non
danneggiato in modo disastroso, come le immagini e le prime stime avevano fatto
temere. Danni limitati anche grazie al recupero di opere pregiate, negli ultimi
giorni, da parte degli investigatori americani presenti sul posto. E’ stato
accolto con grande soddisfazione nel mondo della cultura il ritrovamento del tesoro
di Nimrud, straordinaria collezione di gemme e monili d’oro del periodo assiro,
recuperato giovedì scorso nei sotterranei della Banca centrale della capitale
irachena. Non solo, la settimana scorsa, infatti, gli specialisti americani
hanno ritrovato migliaia di pezzi, che facevano parte della principale
collezione in mostra nella struttura museale. Il direttore delle ricerche delle
opere del museo, Donny George, ha quindi confermato che tutte le opere
recuperate saranno esposte già a partire dal 3 luglio. Ha inoltre assicurato
che molti altri pezzi sono stati riconsegnati da dipendenti del Museo che se ne
erano impossessati durante la guerra. Al momento, mancano all’appello ancora
circa 3.000 pezzi, ma la maggior parte di essi non sarebbe di valore tale da
essere esposto nel Museo. Si tratta, comunque, di un numero ampiamente
inferiore a quanto era stato inizialmente temuto. Dal canto suo, il prof.
Giuseppe Proietti, esperto del ministero dei Beni culturali nella task force ad hoc per l’Iraq, ha
dichiarato che gli oggetti di valore trafugati durante il conflitto sono solo
una quarantina. Il professore ha fatto il punto della situazione nel corso di
un vertice internazionale di Polizia sul patrimonio culturale iracheno, che si
è tenuto a Roma, in questi giorni, al quale hanno partecipato i responsabili
delle Polizie di diversi Paesi. I furti al Museo, ha spiegato l’esperto,
sarebbero avvenuti in tre diverse ondate: una prima guidata dai fedayn Saddam,
una seconda mirata e, probabilmente, “su commissione” e l'ultima in cui più che
di saccheggi si e' trattato di vere e proprie devastazioni.
IL PRESTIGIOSO SETTIMANALE
STATUNITENSE “TIME” HA PREMIATO 29 EROI ASIATICI.
TRA
QUESTI, IL PREMIER CINGALESE, DIVERSI OPERATORI UMANITARI
ED UNA
SUORA DELLA CHIESA CATTOLICA CINESE
NEW
YORK. = Il personale medico di un ospedale di Hong Kong alle prese con la Sars,
il primo ministro dello Sri Lanka, Ranil Wickremesinghe, una suora della Chiesa
cattolica clandestina cinese e un’operatrice umanitaria della provincia indonesiana
di Aceh figurano tra i 29 'eroi dell’Asia', riconoscimento attribuito ogni anno
dal settimanale statunitense 'Time'. Nella lista, pubblicata nell’edizione
asiatica della rivista, ci sono star dello sport, delle serie televisive e del
cinema ma anche personaggi poco conosciuti come la dottoressa Cynthia Maung,
fondatrice della clinica di Mae Tao, in Thailandia, e l’afghano Gulla Jan
Hairran, che è riuscito a garantire la protezione ed il funzionamento di una
centrale elettrica nel nordovest del Paese. Tra i premiati c’è anche una suora
della Chiesa cattolica clandestina cinese che lo scorso novembre ha percorso un
migliaio di chilometri dalla sua abitazione, nel Nord della Cina, alla città
costiera orientale di Wenzhou per raccogliere informazioni destinate a
costituire un voluminoso dossier su un sacerdote ucciso durante la rivoluzione
culturale. Oltre all’indonesiana Cut Syamsurniati, che lavora per la
Rehabilitation Action for Victims of Torture in Aceh (Rata), organizzazione non
governativa per le vittime delle torture, il settimanale americano ha premiato
anche un’associazione umanitaria in India, nello Stato del Gujarat. Si chiama
'Area Networking and Development Initiative' (Anandi) ed intende garantire
l'istruzione e le cure mediche. Il solo leader politico a guadagnarsi il titolo
di eroe è stato il premier cingalese Wickremesinghe, per il ruolo svolto nel
processo di pace da lui stesso avviato circa un anno e mezzo fa tra il governo
ed i ribelli Tamil. (A.L.)
CON L’OBIETTIVO DI PROMUOVERE IL
DIALOGO INTERRELIGIOSO,
I
PADRI GESUITI HANNO RECENTEMENTE INAUGURATO A GEORGETOWN, NELLA GUYANA,
UN
NUOVO ISTITUTO PER IL DIALOGO FRA CULTURE E RELIGIONI
GEORGETOWN.
= E' nato a Georgetown, capitale della Guyana, un nuovo Istituto per il dialogo
fra culture e religioni. L'iniziativa è stata promossa dai padri gesuiti del
Paese sudamericano che, come ha sottolineato il superiore della Provincia,
padre Joe Chria, “hanno nell'impegno per il dialogo interreligioso e
interculturale uno dei principali campi di apostolato dell'Ordine”. L'idea è
nata dopo aver constatato che la comunità cattolica della Guyana si trova
immersa in un ambiente sociale dove esiste un ampio pluralismo di culture e
religioni. “Uno degli obiettivi più importanti per i cattolici - ha spiegato il
religioso – è promuovere la collaborazione fra persone di etnia e fede
differente”. A dirigere l'Istituto sarà padre Stanislaus Arul, che ha
sottolineato come “un maggiore rispetto tra fedeli di diversa religione, possa
contribuire a costruire la pace in Guyana e nel mondo”. Nella capitale i
missionari gesuiti già gestiscono il "Firmala Ashram", luogo di
meditazione aperto a fedeli di religioni diverse per esperienze e scambi
spirituali. Tra gli obiettivi prioritari del nuovo Istituto si possono individuare:
la sensibilizzazione delle famiglie e della società sui valori comuni delle
religioni tradizionali e la promozione di approcci non violenti per la
risoluzione dei conflitti. (A.M. – A.L.)
EMERGENZA RIFUGIATI PER LA GUERRA NELLA
REPUBBLICA CENTRAFRICANA:
CIRCA
22 MILA PROFUGHI A RISCHI DI VITA.
PRONTO
UN CAMPO A FINE GIUGNO, MA I VIVERI DEVONO ARRIVARE PRIMA
CHE LA
STAGIONE DELLE PIOGGE BLOCCHI TUTTE LE VIE
DI COMUNICAZIONE
MONDOU. = Secondo quanto dichiarato da Radio Duji Lokar di
Moundou, circa 22 mila rifugiati si sono stabiliti nella zona di frontiera tra
Ciad e Repubblica Centrafricana per cercare rifugio dai combattimenti che
avvengono nella Repubblica Centrafricana tra le truppe dell’attuale presidente,
il generale François Bozizé, ed i fedeli all’ex presidente, Ange-Félix Patassé.
I rifugiati si sono appostati in diverse località, e tra loro vi sono numerosi
bambini abbandonati. Almeno 10 mila persone si trovano a Goré, in due campi di
accoglienza e in diverse famiglie della zona. Gli altri 12 mila sono ripartiti
tra le località di Yanmodo, Matiti e Koumba, dove vivono sotto grandi alberi o
tende di fortuna. Qui le loro condizioni di vita sono precarie: non disponendo
di acqua potabile sono costretti a bere acqua non sicura, raccolta a diversi
chilometri di distanza. Manca inoltre il cibo: finora nel totale sono stati
distribuiti 3 chili di sorgo per famiglia, e successivamente una dose di 100 kg
di farina per 30 persone, nel mese di aprile. Da allora stanno lentamente
morendo di inedia. Malati, indeboliti, non hanno la forza di fare il minimo
lavoro. Si vanno inoltre inasprendo le relazioni con gli abitanti della zona
poiché, in una regione priva di infrastrutture, si è creata una competizione
per assicurarsi le poche risorse disponibili. Intanto a fine giugno sarà
finalmente pronto un secondo campo di accoglienza, a 6 chilometri da Goré, con
una capacità di 20 mila persone ed un capiente magazzino per stoccare grandi
quantità di cibo, ma i rifornimenti dovranno arrivare prima che le imminenti
piogge renderanno impraticabili le strade. (S.C.)
SCIOLTA IN GIAMAICA LA SQUADRA ANTIDROGA DEL “CRIME
MANAGMENT UNIT”,
ACCUSATA
DA DIVERSE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE
DI
AVER RIPETUTAMENTE VIOLATO I DIRITTI UMANI
KINGSTON. = Le autorità di polizia della Giamaica hanno
deciso di sciogliere la squadra paramilitare del Crime Managment Unit (Cmu). La
Cmu, voluta dal primo ministro Patterson nel settembre 2000 per combattere i
trafficanti di droga, era da tempo al centro delle critiche delle organizzazioni
per i diritti umani a causa di
molteplici abusi ed esecuzioni sommarie. L’ultimo caso, in ordine di tempo,
riguarda l’omicidio di due uomini e di due donne, uccisi dagli agenti il 7
maggio scorso a Crawle, a 64 chilometri dalla capitale Kigston. La decisione di
sospendere le attività della squadra non è sembrata però sufficiente alla
società civile giamaicana. L’associazione Jamaicans for Justice (Jfj), pur
considerando lo scioglimento della Cmu, “un passo nella giusta direzione”
chiede che l’azione delle autorità preposte prosegua verso l’apertura di un
processo. “La lotta alla droga - ha detto Carolyn Gomes del Jfj - non si
risolve scaricando tonnellate di munizioni ma ci vuole intelligenza, pazienza e
capacità di infiltrarsi nelle gang”. La Giamaica, isola-Stato caraibica con 2,6
milioni di abitanti, ha uno dei tassi di omicidio più alti del mondo. Nel 2002
sono state uccise 1.045 persone e, secondo Amnesty International, 133 sarebbero
state uccise dalla polizia. (A.L.)
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10 giugno 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
In Medio Oriente continua la missione del premier
italiano, Silvio Berlusconi. Oggi il presidente del Consiglio è ad Amman per
colloqui con re Abdallah di Giordania e dopodomani sarà in Egitto dove
incontrerà il presidente Mubarak. Ieri la prima tappa del viaggio a
Gerusalemme, caratterizzata da un cordiale incontro con il premier israeliano
Sharon, il quale ha confermato la volontà di proseguire il percorso di pace
tracciato dalla comunità internazionale. Ieri l’esercito ebraico, infatti, ha
iniziato a sgomberare i primi dei 14 insediamenti ebraici illegali nei
Territori Palestinesi. Il servizio di Graziano Motta:
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Con
questa operazione il primo ministro Sharon ha dimostrato di voler rispettare
gli impegni assunti al vertice di Aqaba, in Giordania. E, d’altra parte, il suo
omologo palestinese, Mahmud Abbas, ha lanciato un appello ai gruppi
fondamentalisti radicali di opposizione a riprendere il dialogo sulla
cessazione dell’Intifada armata, assicurando che non intende porre alcun
movimento fuori legge. “Colui che rifiuta il confronto – ha detto – se ne
assumerà tutte le responsabilità”. In questo clima è giunto a Gerusalemme il
primo ministro italiano, Silvio Berlusconi. I suoi colloqui con Sharon e con il
capo dello Stato, Katzav, sono stati improntati a grande amicizia. “Sento gli
attacchi agli israeliani come al mio popolo – ha detto Berlusconi. Sharon si è
augurato che, con la prossima presidenza italiana, i rapporti d’Israele con
l’Unione Europea possano migliorare e che la posizione europea circa la crisi
israeliana divenga più equilibrata. Mahmud Abbas si è finora rifiutato di
incontrare Berlusconi, perché questi, a sua volta, non ha voluto far visita ad
Arafat.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Ma le
speranze di pace devono, ancora una volta, fare i conti con la violenza che
anche oggi ha fatto scorrere il sangue. La cronaca di questa mattina riferisce
di tre missili lanciati a Gaza dagli elicotteri israeliani contro l’automobile
di Abdel-Aziz al-Rantissi, alto dirigente di Hamas. Una donna e un bambino sono
rimasti uccisi nel raid e quasi 30 persone – Rantissi compreso – ferite. “È la
conferma – hanno commentato gli uomini di Arafat – che Israele non vuole la
pace”, mentre gli attivisti islamici hanno minacciato vendetta.
Situazione delicata anche in Afghanistan, dove
stamattina si è verificato uno scontro tra le truppe americane ed alcune
milizie armate locali. Secondo la versione statunitense, un gruppo di
assalitori non identificati avrebbe aperto il fuoco contro la base di Shkin,
nel sudest del Paese: quattro degli aggressori sarebbero rimasti uccisi.
Tre
persone sono morte in Iraq, in una località a sud di Baghdad, in seguito ad
un’esplosione dalle cause non ancora chiarite. Nel Paese è tornato oggi un
membro della famiglia reale, da 45 anni in esilio a Londra, che ha annunciato
di voler indire un referendum, con l’obiettivo di instaurare una monarchia
costituzionale. Intanto ancora nessuna traccia di Saddam Hussein: il capo del
Pentagono, Rumsfeld, ha detto che la ricerca del rais continuerà anche nei
prossimi giorni.
Si è conclusa positivamente la vicenda dei tre funzionari
Onu rapiti giovedì scorso in Georgia, con il loro interprete. I sequestratori –
che avevano chiesto inizialmente un riscatto di cinque milioni di dollari –
hanno liberato stamani gli ostaggi, in seguito ad un accordo raggiunto con il
presidente georgiano, Shevardnadze. I termini dell’intesa non sono ancora noti.
In
Italia netta affermazione del centrosinistra al turno di ballottaggio delle
elezioni amministrative svoltesi domenica e lunedì. Per l’Ulivo e Rifondazione
Comunista, importante soprattutto il successo in Friuli Venezia Giulia. Il
centrodestra si prepara ora ad una delicata verifica politica sull’esito della
consultazione, nella quale si è registrato un forte astensionismo: ha votato il
58,9 per cento degli aventi diritto contro il precedente 66,5 per cento. Il
servizio di Giampiero Guadagni:
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Sette Province al centro-sinistra, cinque al
centro-destra; e ancora cinque Comuni capoluogo al centro-sinistra, quattro al
centro-destra. E’ questo in estrema sintesi l’esito del secondo turno delle
elezioni amministrative. Risultato al quale va aggiunta la vittoria degli
autonomisti in Val d’Aosta sostenuti dal centro-sinistra e, soprattutto, la
schiacciante vittoria del candidato di Ulivo e Rifondazione Comunista, Riccardo
Illy, alla regione Friuli Venezia Giulia. Partita questa, considerata l’ago
della bilancia del confronto elettorale. Esulta naturalmente il centro-sinistra
che parla di risultato travolgente di una inversione di tendenza dal nord al
sud, che rappresenta un chiaro segnale all’attuale maggioranza. E il segnale,
in effetti, sembra essere arrivato. Il centro-destra prepara, infatti, una
verifica politica su programmi e uomini che non si annuncia indolore.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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La
Francia è oggi paralizzata dallo sciopero di protesta contro la riforma delle
pensioni ideata dal governo: treni bloccati, metropolitana chiusa, aerei a
terra, cortei nelle principali città. Ma la preoccupazione maggiore è per la
chiusura delle scuole, che rischia di far saltare gli esami di maturità, in
programma fra due giorni. Le speranze di sbloccare lo stallo sono affidate
all’incontro che i sindacati avranno con i ministri dell’Educazione, della
Funzione pubblica e dell’Interno.
Si
conclude oggi a Tokyo la Conferenza sulla ricostruzione e lo sviluppo dello Sri
Lanka, a cui partecipano 51 Paesi e 22 organismi donatori. È un’iniziativa
chiave soprattutto per la rinascita della regione nord-orientale a maggioranza
Tamil, devastata da 20 anni di guerra civile.
Sarebbe
in buone condizioni di salute la leader dell’opposizione birmana Aung San Suu
Kyi. Lo ha riferito oggi l’inviato speciale dell’Onu a Rangoon, Razali Ismail,
autorizzato ad incontrare la donna a conclusione della sua missione in
Birmania. Il premio Nobel per la pace nei giorni scorsi, durante scontri
provocati da sostenitori del regime militare, era stata arrestata e portata
nella capitale. Secondo fonti locali San Suu Kyi era stata ferita nel corso
delle violenze
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