RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 158 - Testo della
Trasmissione di sabato 7 giugno 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Parma dal 10 giugno in mostra nell’Università di Ingegneria una preziosa raccolta di radio d’epoca
Si
riaccende la violenza in Afghanistan: almeno tre soldati tedeschi della Forza
internazionale Isaf hanno perso la vita
Monta la polemica negli Stati Uniti per il
mancato ritrovamento delle armi di distruzione di
massa in Iraq
Corea del Nord e Giappone unite
per una risoluzione pacifica della crisi nucleare nord coreana.
7
giugno 2003
IMPEGNARSI PER LA
RICONCILIAZIONE, LA SOLIDARIETA’ E LA GIUSTIZIA SOCIALE: L’ESORTAZIONE DEL PAPA
AI FEDELI RACCOLTI AD OSIJEK IN SLAVONIA, TERRA CROATA, SEGNATA
DALLA TRAGEDIA DELLA GUERRA
- A
cura di Alessandro Gisotti e
Luca Collodi -
Cercare
sempre la via della pace, della riconciliazione: ad Osijek,
nel cuore della Slavonia, terra croata ferita nel profondo dalla guerra, che ha
dissolto negli anni Novanta la Jugoslavia, il Papa ha esortato i fedeli ad
avere coraggio anche di fronte alle situazioni più difficili. Il Pontefice ha
ricevuto l’abbraccio festoso ed emozionato di 100 mila persone, raccolte per la
Santa Messa, nell’aeroporto sportivo di Osijek. Durante l’omelia, il Pontefice ha invitato i
credenti a non essere mai oziosi e ha rivolto un pensiero speciale agli
agricoltori, numerosi in questa regione. Al termine della celebrazione,
Giovanni Paolo II ha incoronato la statua della Madonna di Aljmas e l’immagine della Vergine di Vocin,
due santuari mariani distrutti dalla guerra e tornati ora a rifiorire.
Ma colleghiamoci
adesso con il nostro inviato in Croazia, Luca Collodi, per rivivere i momenti
salienti di questa mattina:
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Benvenuto nella diocesi che 10 anni fa è stata devastata
durante l’insensata guerra che distrusse città e villaggi, chiese, famiglie,
strutture economiche, scuole, ospedali, saccheggi e rovine. Benvenuto
nella diocesi in cui ancora oggi molti aspettano il ritorno dei loro cari
dispersi. Mons. Marin
Srakic, vescovo di Djakovo
e Srijem, dà il suo benvenuto al Papa ad Osijek, grosso centro commerciale della Slavonia orientale
al confine con la Serbia. Giovanni Paolo II esorta subito i fedeli alla
santità. A comportamenti degni della vocazione ricevuta in ogni stagione della
vita. Nella giovinezza, nella maturità e nella vecchiaia ma anche nell’ora
della morte e perfino al di là della morte, nella
purificazione ultima predisposta dall’amore misericordioso di Dio.
Per
poter rispondere ai segni dei tempi e alle attese della Chiesa locale, la
diocesi di Djakovo ha celebrato il secondo Sinodo
diocesano con particolare attenzione al ruolo dei laici ed alle loro
responsabilità nella Chiesa. Una riflessione durata 5 anni,
chiusa oggi da Giovanni Paolo II davanti a 200mila persone ed una trentina di
vescovi provenienti dalla provincia ecclesiastica di Zagabria che ricorda i 150
anni della sua costituzione. Un cammino impegnativo
che ha chiamato i credenti ad un rinnovato slancio missionario in una realtà
storica mutata con la caduta del regime comunista di Belgrado e la guerra di
liberazione croata. Il Papa è conscio dei tempi duri
della guerra, che ha lasciato negli abitanti ferite profonde non ancora
rimarginate.
(parole del Papa in croato)
“Cari fedeli laici, uomini e donne, siete
chiamati ad assumere generosamente la vostra parte di responsabilità per la
vita delle comunità ecclesiali cui appartenete. Il volto delle parrocchie,
luogo di accoglienza e di missione, dipende anche da
voi. Nessun battezzato può rimanere ozioso”.
Impegni per la riconciliazione, la solidarietà e la
giustizia sociale che richiedono il coraggio di uomini
impegnati nella fede, aperti all’amore fraterno, sensibili alla difesa della
dignità della persona. La Slavonia è conosciuta come il granaio della Croazia. Ma la comunità agricola è in crisi per l’abbondanza delle
mine che bloccano l’agricoltura. Giovanni Paolo II si rivolge proprio ai
lavoratori dei campi incoraggiandoli nella loro fatica quotidiana spesso non
premiata con l’abbondanza dei frutti della terra.
(parole del Papa in croato)
“Voi siete quotidianamente cooperatori di Dio Creatore.
Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sono vicini ed auspicano che
all’agricoltura e agli uomini e alle donne dei campi venga
riconosciuto il giusto rilievo nello sviluppo della comunità sociale”.
Alla celebrazione erano presenti rappresentanti della
Chiesa ortodossa serba, il Gran Mufti di Zagabria, la
principale autorità islamica in Croazia e fedeli provenienti dalla Bosnia-Erzegovina, dall’Ungheria, dalla Serbia e dal
Montenegro. Nel corso della celebrazione il sindaco di Vukovar,
al confine con la Vojvodina serba, la città della
diocesi di Djakovo più colpita dalla guerra ha
portato al Papa una pergamena con l’atto di donazione di 10mila metri quadrati di terreno di proprietà del comune per la costruzione di una
nuova chiesa dedicata alla Regina dei Martiri. Una Chiesa, come ha sottolineato il vescovo di Djakovo,
mons. Marin Srakic, che non
vuole essere schiava del passato ma guardare verso il futuro per costruirlo
insieme con i fedeli di altre confessioni cristiane e con tutte le persone di
buona volontà.
Da Osijek, Luca Collodi, Radio
Vaticana.
*********
La diocesi di Djakovo e Srijem, come abbiamo ascoltato, è
stata tra le più colpite dalla guerra. Un conflitto, che solo
in questa zona ha provocato la morte di oltre 4000 persone. Una pagina dolorosa nella storia del popolo croato, che guarda ora
alla pace come condizione necessaria per un progresso democratico. Ne è convinto don Wladimir Dùganic,
professore di Teologia Morale al seminario vescovile di Djakovo,
al microfono di Luca Collodi:
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R. – Adesso dobbiamo vivere nella pace, perché soltanto
nella pace possiamo sviluppare la nostra economia, la nostra democrazia. Queste
sono le condizioni della Comunità europea. Tutti questi Paesi vogliono entrare
nella Comunità europea e vogliono accettare gli standard di questo
occidente. Adesso possiamo vedere che questi processi sono cominciati e
vediamo che per la nostra economia il commercio è abbastanza buono, ma la pace
è la condizione sine qua non per andare
avanti.
D. – Gli animi della gente semplice, dei contadini, la
diocesi di Djakovo è una diocesi agricola, che cosa
pensano di questa guerra, della riconciliazione, della pace?
R. – Devo dire che una parte della diocesi è stata
occupata durante la guerra e molti nostri fedeli erano profughi. Adesso
ritornano nelle loro case e che trovano? Trovano le case distrutte. Alcune
adesso sono state ricostruite, ma hanno anche un problema a livello economico, cioè non c’è il posto di lavoro, non ci sono i mezzi per
l’agricoltura. Ciò vuol dire che questo processo è sempre collegato ai problemi
economici. Quando risolveranno questi problemi
economici, penso che tutta la gente ritornerà nelle proprie case e spero che la
vita andrà avanti come prima.
**********
Un grande contributo a radicare
sentimenti di pace in questa terra così segnata dalla tragedia della guerra lo
può offrire il dialogo ecumenico. Un segnale dato, anche stamani, dalla
presenza ad Osijek di rappresentanti della Chiesa
ortodossa serba. Ascoltiamo le parole di speranza di mons. Djuro
Hranić, vescovo ausiliare della diocesi di Djakovo e Srijem, raccolte da
Luca Collodi:
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R. - Siamo coscienti che le Chiese e la fede possono avere
un ruolo molto forte nella riconciliazione, creare uno spirito di perdono,
riconciliare, edificare e ricostruire una società dove c’è posto per tutti, dove
c’è davvero una tolleranza ed una comunione vera fra la gente.
D. – Incontri ecumenici e dialogo ecumenico che non si
sono interrotti nemmeno durante la guerra civile, anche sotto le bombe voi
avete continuato questo dialogo, questi momenti di incontro
…
R. –
Sì, mai questi contatti sono stati interrotti. Ad esempio, durante la seconda
guerra mondiale, i vescovi cattolici, tedeschi e polacchi non si incontravano. Ora, durante questa nostra guerra, vescovi
ortodossi e cattolici si incontravano sempre. C’erano
delle difficoltà per incontrarsi qui sul territorio della Croazia e della
Serbia, allora si incontravano in Svizzera, ma si
incontravano regolarmente.
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Purtroppo durante la Messa ad Osjiek
due persone sono morte per arresto cardiaco. Secondo fonti
della polizia locale il gran caldo potrebbe essere stata la causa della morte
dei due fedeli. Ma torniamo al viaggio del Papa in
Croazia, che ieri ha vissuto uno dei momenti forti con la beatificazione di
suor Marija Petković a
Dubrovnik. La terza visita in
Croazia di Giovanni Paolo II sta dunque catalizzando la viva attenzione
dell’opinione pubblica croata. Ricolleghiamoci con Luca Collodi:
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Ampio risalto sui giornali croati
della beatificazione di ieri a Dubrovnik di Suor Marjia Petković, fondatrice
della Congregazione delle Figlie della Misericordia, Istituto poi diffuso con
l’apertura di case anche in America Latina.
Il quotidiano istriano ‘Jutarnji
List’ riporta
i commenti dei pellegrini presenti alla beatificazione. Tra
questi una giovane cilena che rappresentava una delle scuole fondate dalla
Beata in Cile.
“Vecernji List”, quotidiano di
Zagabria, punta sul ruolo delle donne nella società croata che “con la loro
generosità e forza d’animo arricchiscono il mondo ed i rapporti con gli
uomini”. Il giornale riprende poi un articolo pubblicato ieri dal New York Times
che ripropone il rapporto tra l’Europa e la Croazia. Si tratta della vicenda
del generale Ante Gotovina, nativo di Zadar, città che lunedì riceverà la visita del Papa, dove
sono apparsi manifestanti con la foto del generale croato e la scritta “né
consegna, né vendita” che criticano l’orientamento del presidente della
Repubblica Mesic di dare al Tribunale dell’Aja indicazioni sul luogo
dove si nasconde il militare, considerato dalla popolazione un difensore della
patria dall’aggressione serba.
Il quotidiano di Spalato, “Slobodna
Dalmacia”, sottolinea
come il Papa “chiami alla riconciliazione nei Balcani”.
Non mancano i commenti politici. Lo stesso giornale riporta da Belgrado come
“il governo croato aspetti di trarre vantaggi politici dal viaggio del Papa”. Né mancano articoli di colore. In particolare sulla
permanenza di Giovanni Paolo II al Seminario di Rijeka
dove per ‘Novilist’, il Papa ha provato a cena il risotto con gli
scampi che gli è piaciuto”.
Nel pomeriggio di ieri, lasciando il vescovado di Dubrovnik, il corteo papale ha
percorso il suggestivo centro storico dell’antica Ragusa, arroccato sul mare.
Sostando davanti alla chiesa di San Biagio, patrono della città, ha salutato in
italiano i bambini della prima comunione che lo attendevano sulle scale della
chiesa.
Saluto Dubrovnik nella giornata
della prima comunione dei bambini. Il Signore benedica tutti voi, la vostra
bella città, i suoi abitanti, specialmente i giovani ed i bambini; ma non
solamente: anche i signori più anziani.
La cronaca di oggi riporta una
dichiarazione del Direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín
Navarro Valls, in riferimento ad alcune email giunte ieri sera alle redazioni dell’agenzia
cattolica croata Ika e all’agenzia nazionale
croata Hina a firma di un sedicente ‘Fronte
islamico El-Mudjahedin’ con minacce di morte contro
Giovanni Paolo II.
“Non è la prima volta – ha dichiarato Navarro Valls- che in occasione dei viaggi del Santo Padre arrivino delle segnalazioni oppure dei rumori su possibili
attentati. La loro attendibilità molto spesso è
inaffidabile o chiaramente falsa”. Navarro Valls ha
aggiunto che “mai il Papa in questi 100 viaggi ha dovuto cambiare il
programma delle sue visite a causa di
queste voci”.
Sulle notizie apparse ieri sulla stampa croata di una
possibile visita del Papa in Serbia l’anno prossimo, Navarro Valls, rispondendo ad un giornalista, ha precisato che le
relazioni con la Serbia sono migliorate e che una visita potrà essere messa
allo studio in futuro.
Da Osijek, Luca Collodi, Radio Vaticana.
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La
visita di Giovanni Paolo II in Croazia prosegue, dunque, con numerosi appuntamenti.
Oggi pomeriggio, dopo il pranzo con i presuli della diocesi di Djakovo nel palazzo vescovile della
città, il Papa visiterà in forma privata la cattedrale barocca della città nel
cuore della Slavonia. Quindi, in serata - alle 18,40 –
è previsto il trasferimento in aereo a Rijeka dove,
come nei giorni scorsi, il Pontefice pernotterà nel seminario arcidiocesano.
Domani mattina, poi, la celebrazione della Pentecoste nel “Delta” di Rijeka, il grande piazzale
cittadino che prende il nome dal delta del fiume Rijecina.
La nostra emittente seguirà l’intera cerimonia sulle onde corte, in onde medie
e in modulazione di frequenza in lingua italiana, tedesca e spagnola e in
portoghese solo su satellite.
NOMINE
ALLA PASTORALE PER I MIGRANTI,
PROVVISTA
DI CHIESA IN ARGENTINA E RINUNCIA DI AUSILIARE IN USA
Il Papa
ha nominato membro del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e
gli itineranti il cardinale statunitense Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo di
Washington, e cinque consultori dello stesso dicastero.
In Argentina, il Santo Padre ha nominato vescovo di Mar
del Plata il presule mons. Juan
Alberto Puiggari, finora ausiliare di Paranà.
Negli Stati Uniti d’America, il Pontefice ha accettato la
rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di
Miami, presentata dal vescovo mons. Augustìn Alejo Romàn, per raggiunti limiti
di età.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
seguente titolo: “Nessun cristiano può rimanere ozioso!”.
Santità e missionarietà,
vocazione e responsabilità: il formidabile programma che dal “granaio della
Croazia” Giovanni Paolo II indica ai laici di oggi e
di domani.
Nelle vaticane, nel dettaglio i
diversi momenti della visita del Papa. Gli articoli dell’inviato Giampaolo Mattei; la rassegna della stampa internazionale.
Due pagine dedicate alla
solennità della Pentecoste.
Nelle pagine estere, Uganda:
attaccate dai ribelli missioni cattoliche nel Nord.
In Afghanistan, attentato di un
“kamikaze” a Kabul causa la morte di soldati tedeschi dell'Isaf.
Medio Oriente: Hamas interrompe le trattative con l’Ap.
Corea del Sud-Giappone:
lanciato un monito a Pyongyang, ma rimane aperta la
via del dialogo per risolvere la questione nucleare.
Nella
pagina culturale, un contributo di Giuseppe Bonaviri
dal titolo “La scrittura come poesia”: cento anni dalla nascita di Libero De
Libero.
Nelle
pagine italiane, in primo piano le elezioni: domani il ballottaggio in 49
Comuni e tre province.
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7
giugno 2003
ANCORA VIOLENZE NELL’EX ZAIRE:
DA BUNIA, UNA TESTIMONIANZA SOTTO GLI SPARI
- Con
noi, Emiliano Bos -
Non si placano le violenze a Bunia,
località nordorientale della Repubblica Democratica del Congo. Nel capoluogo dell’Ituri
sono entrati stamattina circa 500 miliziani di etnia lendu, da mesi in lotta con i rivali hema, che controllano la città: un assalto condotto
con mortai ed armi leggere, del quale è ancora impossibile fornire un bilancio.
L’arrivo dei soldati francesi non ha dunque fermato le violenze, come ci
riferisce Emiliano Bos, dell’agenzia Misna, raggiunto telefonicamente a Bunia
da Andrea Sarubbi:
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R. - Diciamo che per ora sono arrivati solo i primi
soldati – in tutto, una settantina – del contingente
francese, che conta 1400 uomini. Non sono ancora intervenuti: non ci risulta che i francesi oggi siano andati nelle strade di Bunia a fermare questi combattimenti, che dall’alba sono
durati per tutta la mattinata. Abbiamo sentito colpi di mortaio, mitragliatori
pesanti, kalashnikov da diverse direzioni, ed è stato
tra l’altro difficile capire che cosa stesse realmente
accadendo.
D. - Quale clima si respira a Bunia,
in mezzo agli spari?
R. - Un clima di tensione e di disorientamento. Non c’è
certezza e si dice che i lendu,
uno dei due gruppi rivali, potrebbero tornare ad attaccare da un momento
all’altro. Forse gli spari ed i colpi di mortaio che sentiamo da questa mattina
potrebbero significare un tentativo di riprendere la città, da parte di questa
fazione, che è stata scacciata da qui il 12 maggio scorso. Abbiamo notizie di
centinaia di sfollati che sono fuggiti in direzione dell’aeroporto: sapendo che
ora lì sono arrivati i francesi, cercano protezione presso le truppe
internazionali, che – per il mandato dell’Onu – a questo
punto sono obbligate a proteggere i civili. La situazione di grande
caos si riflette anche nel ruolo della Monuc, la
missione dell’Onu in Congo: per loro è molto
difficile avere a che fare con questi gruppi che firmano tregue e non le
rispettano, reclamando il controllo di una città che invece, secondo accordi
internazionali, dovrebbe essere governata da un’apposita Commissione. Quindi è un continuo vivere nell’incertezza: soprattutto per
i civili, che hanno ormai abbandonato in gran parte la città, rimasta oggi
semideserta.
D. - Vedendole dall’interno, si riescono a capire meglio
le ragioni di questa guerra?
R. - Diciamo che questa guerra si inserisce
in uno scacchiere più ampio, che è il conflitto per il controllo delle risorse
naturali e minerarie del Congo. Bunia è nell’estremo
nord-est del Congo, a pochi chilometri dall’Uganda, e
giace su un’area ricca di oro. Da qualche tempo c’è la convinzione che
addirittura nel lago Albert, che segna il confine con
l’Uganda, ci siano ricchi giacimenti petroliferi, sui quali hanno già messo gli
occhi alcune società multinazionali, in accordo con il governo ugandese e quello congolese. Per cui c’è il rischio che questo conflitto
possa durare ancora.
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PROTESTE
IN FRANCIA PER LA RIFORMA DELLE PENSIONI,
QUESTIONE
FONDAMENTALE PER L’INTERA ECONOMIA EUROPEA
In
Francia, il governo Raffarin attraversa un momento di
difficoltà a causa delle forti proteste di piazza sulla riforma delle pensioni
che verrà votata la prossima settimana. Incidenti sono
scoppiati fra scioperanti dell’azienda dei trasporti parigini e forze
dell'ordine, davanti a un deposito di autobus a Saint-Denis. Analoghe manifestazioni si sono svolte nei
giorni scorsi anche in Austria e il problema è sentito pure in Germania e
Italia. Secondo molti osservatori la questione delle pensioni rappresenta il
nodo da sciogliere attraverso cui risollevare le sorti economiche di molti
Paesi europei. Giancarlo La Vella ne ha parlato con
Mario Deaglio, docente di Economia
internazionale all’Università di Torino:
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R. – Nell’economia europea si scontrano due esigenze. La
prima è quella di avere dei bilanci pubblici sani, quindi di non avere dei
deficit; la seconda è quella di una spesa pubblica crescente per garantire le
pensioni ad una popolazione sempre più anziana. Questi due aspetti, a lungo andare, sono sicuramente incompatibili.
D. – E’ successo nel resto dell’Europa quanto già verificammo in Italia: ovvero erogazioni di pensioni a
livello superiore rispetto agli effettivi versamenti dei lavoratori?
R. – In realtà, i sistemi europei funzionano tutti a
ripartizione, quindi quello che si eroga dipende dai contributi che i
lavoratori pagano in quell’anno. Non c’è un fondo che
si accumula: c’è una cassa che viene continuamente
distribuita e quando la distribuzione non basta, interviene il governo. Siccome il numero dei lavoratori è più o meno fisso, è
stazionario o aumenta di poco, mentre invece il numero dei pensionati aumenta
di molto, l’intervento del governo è sempre più necessario, bisogna attingere
alla finanza generale e non più ai contributi dei lavoratori. Oppure, per far
fronte a quest’esborso sempre in crescita bisogna
aumentare i contributi dei lavoratori il che
sfavorisce l’occupazione.
D. – Attualmente, se si cambiasse
metodo e si restituisse quanto strettamente versato dal lavoratore, pur
rivalutato, si andrebbe incontro comunque a pensioni molto basse?
R. – Direi proprio di sì. Cioè,
attraverso i decenni i lavoratori hanno ottenuto diritti pensionistici molto
superiori a quanto hanno versato, da un punto di vista attuariale, cioè: se
avessero investito in un’assicurazione privata che fa i conti secondo la
speranza di vita, avrebbero ottenuto molto meno. Va anche detta una cosa, che
la speranza di vita è molto aumentata. Quando si fecero i patti pensionistici, 30 o 40 anni fa, un lavoratore poteva contare
su circa 8-10 anni di vita dal momento della pensione in poi; adesso sono
diventati 15-18.
D. – Le proteste maggiori di questi giorni si stanno
verificando in Francia, dove la prossima settimana si voterà per la riforma
delle pensioni. Perché è così avversata, questa legge?
R. – In realtà, la protesta francese viene soprattutto dal
pubblico impiego. Questo settore, storicamente, in Francia ha sempre goduto di privilegi e uno di questi era, ad esempio, una
durata inferiore alla media della vita lavorativa, cioè si andava in pensione
prima rispetto ad altri settori. Il progetto di legge francese tende a ridurre
o annullare del tutto questo privilegio e noi sappiamo
che quando si vanno a toccare queste situazioni, che andrebbero comunque
riviste, ma sono ormai abituali, rientrano nel modo di pensare acquisito, nel
costume dei lavoratori, la reazione è sempre molto forte.
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7
giugno 2003
L’INVIATO SPECIALE DEL PAPA,
IL CARDINALE JAN PIETER SCHOTTE,
SEGRETARIO
GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, HA PRESIDUTO QUESTA MATTINA
AD
UTRECHT, IN OLANDA, UNA SOLENNE CONCELEBRAZIONE PER IL 150° ANNIVERSARIO DEL
RISTABILIMENTO DELLA GERARCHIA CATTOLICA NEI PAESI BASSI
UTRECHT. = Nel complesso fieristico della città olandese di Utrecht si è tenuta questa mattina una solenne
concelebrazione per il 150° anniversario del ristabilimento della Gerarchia
cattolica nei Paesi Bassi. La liturgia è stata presieduta dall’Inviato speciale
del Papa, il cardinale Jan Pieter
Schotte, segretario generale del Sinodo dei vescovi.
All’insegna del motto “Cattolici di cuore e di anima”,
i cattolici del Paese celebrano l’importante ricorrenza professando la loro
fede con rinnovata energia e nella piena consapevolezza di essere parte di una
comunità viva e solidale. Il gesto di solidarietà, al quale i fedeli sono stati
chiamati durante la colletta dell’odierna Eucaristia, è destinato al sostegno
di programmi di assistenza per i rifugiati in Africa.
Tra i momenti più significativi della giornata, la
processione con le reliquie presenti nelle sedi vescovili olandesi e nell’ordinariato,
tra le quali quelle del monaco Bonifacio, di San Willibrord,
di San Martino, del beato Titus Brandma martire a Dachau e di Liduina van Schiedam. La storia della Chiesa, nei Paesi Bassi, risale
già ai primi secoli del cristianesimo. Ai tempi di Papa Liberio e di San Damaso I un missionario armeno, San Servazio,
ricoprì per primo la carica di vescovo nella città che oggi chiamiamo
Maastricht. Qualche secolo dopo il missionario irlandese San Willibrord arrivò ad Utrecht, città che divenne metropolitana
nel 1559 sotto Papa Paolo IV. Con lo scoppio della Riforma protestante
i Paesi Bassi non ebbero alcun vescovo fino al 1853. Fu in questo anno, infatti, che il Beato Pio IX ripristinò
l’istituzione della Gerarchia cattolica dopo la promulgazione della nuova
Costituzione olandese del 1834, che accordava alla Chiesa cattolica uno statuto
paritario a quello delle altre confessioni. (A.L.)
SULLE
STRAGI IN UGANDA URGONO UN PRONUNCIAMENTO INTERNAZIONALE
ED UNA
OBIETTIVA INFORMAZIONE. È L’APPELLO LANCIATO IERI, CON UN COMUNICATO, DALLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
KAMPALA. = “Da mesi vengono
diffuse notizie di stragi perpetrate da forze ribelli sulla popolazione civile
del Nord dell’Uganda e nessuno sembra in grado di contrastare tali violenze, in
una situazione in cui non appaiono chiari i contrapposti interessi che nella
regione mantengono tristemente attive diverse formazioni militari”. Inizia così
il comunicato diffuso ieri dall'ufficio stampa della Conferenza episcopale
italiana in merito alla drammatica situazione in cui versa il Paese africano.
“La Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione
tra le Chiese - si legge nel testo - fa propria la richiesta dei missionari
operanti nella regione settentrionale dell’Uganda affinché non venga ulteriormente rimandato un pronunciamento
internazionale che possa aprire la strada ad efficaci azioni di aiuto
umanitario e a credibili azioni di pace”. Ricordando che
“l’esempio dei martiri ugandesi continua ad offrire
alle parti in causa una luminosa testimonianza di pace ed unità”, la
Commissione della Cei chiede ai mezzi di
comunicazione la più puntuale ed obiettiva informazione su quanto accade nella
regione, al governo italiano l’interessamento presso le Istituzioni
internazionali ed alla comunità ecclesiale la solidarietà della costante
invocazione di preghiera per la pace e la concordia. Sul fronte
politico, intanto, i ribelli ugandesi sono
pronti a negoziare con il governo, ma vogliono parlare direttamente con il
presidente ugandese Yoweri Museveni e rifiutano qualsiasi mediazione da parte dei
leader religiosi locali. Sono queste le richieste contenute nel messaggio che i
ribelli dell’Esercito di liberazione del signore (Lra) hanno affidato oggi ad un religioso locale, padre Alex Ojera, catturato e poi
rilasciato dai miliziani che poco prima avevano attaccato la sua parrocchia. Il
missionario, di nazionalità ugandese, è il parroco
della missione di Alito, 17 chilometri a nord ovest di
Lira, assaltata durante la notte tra giovedì e venerdì. (A.L.)
“È L’ORA DELLA PACE: NON LASCIAMOCI SFUGGIRE
QUESTA STORICA OPPORTUNITÀ”.
E’ IL MESSAGGIO AFFIDATO, IERI, ALL’AGENZIA FIDES
DALL’ARCIVESCOVO DI COLOMBO, MONS. OSWALD GOMIS
COLOMBO. = “Non
lasciamoci sfuggire questo momento propizio per costruire quella pace che la
comunità cristiana sostiene con forza”. E’ l’appello affidato, ieri,
all’Agenzia Fides dall’arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza
Episcopale dello Sri Lanka,
mons. Oswald Gomis. Mentre i negoziati fra il governo e i rappresentanti tamil sono in una fase di stallo, l’arcivescovo chiede alle
parti di “avere la lungimiranza di tornare al tavolo del negoziato e discutere
delle prospettive di pace per il Paese”. ”La comunità cristiana - spiega mons. Gomis - sta lavorando con la gente intensificando i
programmi di educazione alla pace rivolti ai giovani,
alle scuole ed alla società civile”. I tamil
lamentano un tentativo del governo centrale di tenerli ai margini del processo di ricostruzione del Paese, escludendoli dal
rilancio dell’economia, dal governo delle aree nel Nord e nell’Est dello Sri Lanka, a maggioranza tamil. Le trattative di pace si sono arenate il 21 aprile
scorso.Fra i principali problemi che non hanno ancora
trovato una soluzione, vi sono il rientro dei rifugiati tamil
nelle loro case del Nord e il disarmo dei guerriglieri. Un’occasione importante
per riallacciare i rapporti tra le parti sembra profilarsi nella prossima
Conferenza di Tokyo, promossa dall’Unione Europea, tra i Paesi donatori dello Sri Lanka. “Tutti comprendono –
ricorda l’arcivescovo - che la pace è l’unica via per il bene e lo sviluppo del
Paese e non si può tornare indietro”. Il presule invita i cattolici “a pregare
incessantemente per la ripresa di negoziati e per il loro successo, perchè nel Paese regni l’armonia fra tutte le comunità”. La
guerra civile, scoppiata nel 1983, ha fatto più di 65 mila vittime e oltre un
milione di sfollati. A febbraio 2002 è stato firmato un cessate
il fuoco e sono cominciati i negoziati con la mediazione della Norvegia.
(A.L.)
A PARMA DAL 10 GIUGNO IN MOSTRA NELL’UNIVERSITA’
DI INGEGNERIA UNA PREZIOSA RACCOLTA DI RADIO D’EPOCA, DONATA DAL SACERDOTE DON PATANE’
AL
CONSORZIO NAZIONALE DI RICERCA NEI CAMPI DELLE TELECOMUNICAZIONI
PARMA. = Una mostra di radio d'epoca per
presentare la vicenda storica, lunga un secolo, di ricerca scientifica e di sviluppo industriale delle
telecomunicazioni. Una
selezione di 84 pezzi che vanno dai primi esemplari di ''radio a galena'' fino agli
apparecchi radio domestici e ai fonoriproduttori dei
primi anni del dopoguerra, tutti perfettamente restaurati e funzionanti. L'iniziativa è della
Facoltà di Ingegneria dell'Università di Parma che ha
lavorato insieme al Cnit, il Consorzio nazionale di
ricerca nei campi delle telecomunicazioni e dell'elettromagnetismo che
raggruppa 33 Università italiane e che ha la propria sede legale a Parma.
L'esposizione, che sarà inaugurata il 10 giugno, nella sede scientifica della
Facoltà, offrirà ai visitatori molti pezzi importanti della raccolta Cnit che documentano
non soltanto l'evoluzione tecnica degli strumenti riceventi ma anche
l'evoluzione del gusto da cui furono influenzati.
Completano l'esposizione gli esemplari
dei primi fonografi e poi dei successivi grammofoni. Particolare interessante dell'allestimento è
la riproduzione di una lettera autografa di Guglielmo Marconi
gentilmente concessa al Cnit dal proprietario
americano Henry Willard Jr.
Lende. La collezione di radio antiche l stata donata al Cnit, per
esporla in modo permanente nella sua amata Parma, da don Patané,
sacerdote e collezionista, che l'ha raccolta lungo tutto l'arco della sua vita
con passione e competenza. (R.G.)
JAN EGELAND, DIPLOMATICO NORVEGESE E’
STATO NOMINATO RESPONSABILE DELL’UFFICIO DI COORDINAMENTO PER GLI AIUTI
UMANITARI DELL’ONU
NEW
YORK. = Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha nominato il
diplomatico norvegese Jan Egeland
alla guida dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari, al posto
del giapponese Kenzo Oshima.
Egeland avrà la
carica di vice segretario generale dell'Onu. Attualmente segretario generale della Croce rossa norvegese,
Egeland si occupa da 25 anni di assistenza ai
rifugiati ed ai profughi, di aiuti alle popolazioni colpite da disastri
naturali, di diritti umani e di soluzione dei conflitti armati. Segretario di
Stato al ministero degli Esteri norvegese dal 1990 al 1997, il diplomatico è
stato inviato speciale dell'Onu in Colombia dal 1999
al 2000. (R.G.)
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7
giugno 2003
- A cura di Barbara Castelli -
Nuova fiammata di violenza in Afghanistan. Almeno 3
soldati tedeschi della Forza internazionale di assistenza
e sicurezza, che viaggiavano a bordo di un autobus lungo una strada alla
periferia orientale di Kabul, hanno perso la vita questa mattina. Secondo
quanto riferisce la polizia, un kamikaze alla guida di un taxi imbottito di
tritolo si è schiantato contro l’autobus. Il bilancio delle vittime, tuttavia,
non è ancora ufficiale, così come è incerto il numero
dei feriti. “E’ stato un atto deliberato contro di noi” hanno commentato le
forze dell’Isaf.
Medio Oriente. Gli integralisti di Hamas
si sono detti pronti a riprendere il dialogo con il premier palestinese Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, se quest'ultimo
ritratterà le dichiarazioni rilasciate nel corso del vertice di
Aqaba. Intanto, mentre a Ramallah
si è riunito il governo palestinese per valutare l’esito dell’incontro di
mercoledì scorso, cinque fazioni - Hamas, Jihad islamica, Fronte popolare e Fronte democratico per la
liberazione della Palestina e Al-Fatah - si sono date
appuntamento questa sera a Gaza per discutere sull’adozione di una linea comune.
Bush e Blair nella bufera per il mancato ritrovamento delle armi
di distruzione di massa in Iraq. Dopo la polemica esplosa in Gran Bretagna, infatti,
anche negli Stati Uniti sono emerse notizie che hanno riaperto gli
interrogativi sulla guerra nel Golfo. Secondo quanto riferisce
un rapporto del Pentagono, nel settembre del 2002 mentre il presidente Bush andava all’ONU per spiegare le ragioni dell’attacco in
Iraq, l’Intelligence americana non era sicura che Baghdad stesse producendo
armi di distribuzione di massa. I dettagli nel servizio di Paolo Mastrolilli:
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La pubblicazione del Rapporto ha
riacceso le polemiche, anche perché viene vista come
il segnale che alcuni elementi del Pentagono e dell’Intelligence non
sembrano disposti ad accettare la responsabilità del mancato ritrovamento delle
armi. La Casa Bianca, comunque, ha reagito dicendo che
il documento conferma le posizioni prese da Bush. Il
Rapporto arriva proprio mentre la Commissione forze armate e la Commissione Intelligence
del Senato stanno valutando se aprire inchieste pubbliche sul mancato
ritrovamento delle armi, mentre il Parlamento britannico ha già avviato
un’indagine. Anche il capo degli ispettori Onu, Hans Blix,
tenendo il suo ultimo rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha detto che è
tuttora impossibile dire con certezza se l’Iraq aveva armi. Gli ispettori dell’Aiea, intanto, sono tornati sul terreno per cercare i
materiali radioattivi spariti dalla centrale di Al Tuwaitha durante i saccheggi seguiti alla guerra. Laggiù,
però, gli americani hanno trovato più sostanze nucleari di quanto si aspettassero.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L’Iran in passato non ha rispettato gli impegni
internazionali in tema di salvaguardia nucleare, anche
se di recente ha iniziato a porre rimedio a tale situazione. Questo,
in sintesi, il contenuto di un rapporto dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica. Gli impegni in questione si riferirebbero ai rapporti
sul materiale radioattivo e alla comunicazione dei siti dove questo materiale è
stato immagazzinato e lavorato. Disappunto è stato espresso dagli Stati Uniti,
mentre Teheran ha respinto le accuse. E’ giunto,
intanto, stamani in Iran un gruppo di ispettori dell’Aiea.
Il premier giapponese, Junichiro
Koizumi, e il presidente sudcoreano,
Roh Moo Hyun,
hanno ribadito oggi, in una dichiarazione comune a
Tokyo, un chiaro ‘no’ alle ambizioni nucleari della
Corea del Nord. Chiedendo il sollecito smantellamento
dei piani atomici di Pyongyang, i due leader hanno
confermato che l’unica soluzione possibile è quella pacifica, attraverso il
dialogo e senza scorciatoie militari. Da Tokyo, Chiaretta Zucconi:
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Dialogo e pressioni allo stesso
tempo. Questa la formula sulla quale i due leader si sono
trovati d’accordo per cercare di convincere la Corea del Nord a rinunciare alle
sue ambizioni nucleari. Stessa unità di vedute, ma con qualche sfumatura
di fondo. Come ha sottolineato,
infatti, lo stesso presidente sud-coreano in una conferenza stampa al termine
del summit, la Corea del Sud preferisce porre massima enfasi sul dialogo
piuttosto che sulle pressioni. Nella dichiarazione congiunta, rilasciata al
termine del vertice, viene lanciato, inoltre, un
chiaro messaggio alla Corea del Nord, un Paese messo in ginocchio da anni di
carestie, inondazioni, ed errate scelte politiche ed economiche. Seul e Tokyo
si sono, infatti, impegnate a garantire a Pyongyang la massima assistenza economica da parte della
Comunità internazionale in cambio, però, della rinuncia al programma di
sviluppo di armi nucleari, in modo verificabile ed irreversibile.
Per Radio vaticana, Chiaretta
Zucconi.
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Dopo 4 anni di negoziati, le Nazioni Unite e la Cambogia
hanno raggiunto ieri un accordo finale per l’istituzione di un tribunale che
processerà per genocidio i leader dei Khmer rossi.
Questi ultimi sono considerati responsabili della morte di almeno due milioni di persone durante il periodo al potere nel Paese dal 1975
al 1979. Per essere messa in pratica, l’intesa dovrà, tuttavia, essere
ratificata dal Parlamento cambogiano.
Si riaccende la violenza nel Kashmir. Almeno 15 persone
hanno perso la vita nella tarda serata di ieri in una serie di scontri tra
militanti islamici e militari indiani. L’episodio più cruento si è registrato
nel distretto di Pulwama, dove 8 ribelli sono stati
uccisi dalle truppe di New Delhi.
Washington ha aggiunto ieri nuovi nomi di componenti della Giunta militare birmana alla lista nera di
chi non può ricevere il visto per gli Stati Uniti. E’ questa una prima forma di
sanzioni contro la Birmania in seguito all’arresto, la scorsa settimana, della
leader storica del Movimento Democratico locale, Aung
San Suu Kyi. Oggi intanto,
l’emissario dell’ONU, Razali Ismail,
ha incontrato i membri della giunta militare. Il servizio di Maurizio Pascucci:
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Razali Ismail
non ha voluto commentare sulle eventuali misure che le Nazioni Unite potrebbero
adottare nel caso in cui l’incontro fosse impedito dal regime birmano. Ismail ha, inoltre, espresso le preoccupazioni della
Comunità internazionale sul destino di Aung San Suu Kyi:
“NOBODY
HAS SEEN HER, SHE HAS NOT SAID A WORD …
Nessuno l’ha vista, lei non ha
detto una parola e ci sono voci secondo cui sarebbe rimasta ferita. Vorrei
poter lasciare il Paese dopo averla vista, potendo assicurare a tutti che sta
bene e che non è ferita”.
Il regime birmano sostiene che la leader della Lega
nazionale democratica non sia ferita e che rimanga, invece, in detenzione
protettiva in seguito all’attacco di cui è stata vittima 8 giorni fa, quando un
gruppo di dimostranti filo-governativi si era
scagliato contro la sua automobile. Gli incidenti scaturiti in quelle
circostanze provocarono 4 morti, secondo le fonti ufficiali birmane, un
centinaio, invece, secondo il movimento democratico.
Maurizio Pascucci,
per la Radio Vaticana.
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Non accenna a diminuire la
tensione nelle Repubblica Democratica del Congo. Circa
500 miliziani di etnia lendu
sono entrati oggi a Bunia, il capoluogo dell’Ituri nel nord-est del Paese, ingaggiando una battaglia con
i rivali hema. Solo ieri sono giunte nella regione
africana alcune decine di soldati francesi, avanguardia di un contingente
europeo di 1.400 uomini impegnato nella missione di pace.
Trasferiamoci in
Zimbabwe, dove ieri il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, è stato arrestato, per la seconda
volta in pochi giorni, al termine di una settimana di proteste
anti-governative. Lo ha annunciato un portavoce del Movimento
per il cambiamento democratico, specificando che Tsvangirai,
è stato nuovamente incriminato per “tradimento” per aver indetto
manifestazioni tese a “rovesciare” il presidente Robert
Mugabe.
30 milioni di polacchi sono chiamati alle urne, oggi e
domani, per pronunciarsi sull’adesione del Paese all’Unione Europea. Resta,
tuttavia, forte il rischio dell’astensione. Da Varsavia, Giuseppe D’Amato:
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I seggi sono in funzione dalle 6,
ma la grande attesa è per le 20. A quell’ora,
quando i seggi verranno chiusi per la notte, la Commissione
elettorale comunicherà i dati sull’affluenza. L’incubo dell’astensionismo è
presente. E’ necessario, infatti, il superamento del quorum del 50% dei votanti per considerare valido il referendum. Così, come
già è successo in Lituania, domani si potrà favorire
un’eventuale mobilitazione. Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati, il 57%
degli aventi diritto parteciperà al referendum; fra
questi il sì dovrebbe attestarsi sul 70%. In realtà, sono in tanti in Polonia a
dubitare dell’attendibilità dei dati. E’ forte la componente
degli euro-scettici. La Conferenza episcopale ha scritto una lettera ai fedeli domenica scorsa, invitandoli a votare.
Da Varsavia, per la Radio
Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Soddisfazione è stata espressa ieri dal presidente cileno,
Ricardo Lagos, per l’accordo di libero commercio siglato a Miami con gli Stati
Uniti. Dopo lunghi e complessi negoziati, il Cile ha, infatti, ottenuto, tra le
altre cose, che il 95% dei suoi prodotti siano esportati
in America a tariffa zero.
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