RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 158 - Testo della Trasmissione di sabato 7 giugno 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La chiamata di ogni cristiano alla santità e l’impegno per la riconciliazione, la solidarietà, la giustizia sociale. E’ l’invito del Papa alla folla dei fedeli raccolti per la Messa nella spianata di Osijek, in Slavonia, regione orientale della Croazia segnata dalla tragedia della guerra. Con noi, il sacerdote Wladimir Dùganic e il vescovo Djuro Hranic.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Non si placano le violenze nella Repubblica Democratica del Congo. Da Bunia, una testimonianza sotto gli spari. Ci riferisce Emiliano Bos

 

 Proteste in Francia contro la riforma delle pensioni, questione cruciale per l’intera economia europea. Ai nostri microfoni, l’economista Mario Deaglio.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presieduta dall’inviato del Papa, il cardinale Jan Schotte, stamani a Utrecht la solenne celebrazione per i 150 anni del ristabilimento della gerarchia cattolica nei Paesi Bassi.

 

Sulle stragi in Uganda, i vescovi italiani chiedono un pronunciamento internazionale e una informazione obiettiva.

 

Appello di pace affidato, ieri, all’Agenzia Fides dall’arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza Episcopale dello Sri Lanka, mons Oswald Gomis

 

A Parma dal 10 giugno in mostra nell’Università di Ingegneria una preziosa raccolta di radio d’epoca

 

Jan Egeland, diplomatico norvegese è stato nominato responsabile dell’Ufficio di coordinamento per gli aiuti umanitari dell’Onu

 

24 ORE NEL MONDO:

Si riaccende la violenza in Afghanistan: almeno tre soldati tedeschi della Forza internazionale Isaf hanno perso la vita

 

 Monta la polemica negli Stati Uniti per il mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa in Iraq

 

 Corea del Nord e Giappone unite per una risoluzione pacifica della crisi nucleare nord coreana.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 giugno 2003

 

 

IMPEGNARSI PER LA RICONCILIAZIONE, LA SOLIDARIETA’ E LA GIUSTIZIA SOCIALE: L’ESORTAZIONE DEL PAPA AI FEDELI RACCOLTI AD OSIJEK IN SLAVONIA, TERRA CROATA, SEGNATA DALLA TRAGEDIA DELLA GUERRA

- A cura di Alessandro Gisotti e Luca Collodi -

 

 

Cercare sempre la via della pace, della riconciliazione: ad Osijek, nel cuore della Slavonia, terra croata ferita nel profondo dalla guerra, che ha dissolto negli anni Novanta la Jugoslavia, il Papa ha esortato i fedeli ad avere coraggio anche di fronte alle situazioni più difficili. Il Pontefice ha ricevuto l’abbraccio festoso ed emozionato di 100 mila persone, raccolte per la Santa Messa, nell’aeroporto sportivo di Osijek. Durante l’omelia, il Pontefice ha invitato i credenti a non essere mai oziosi e ha rivolto un pensiero speciale agli agricoltori, numerosi in questa regione. Al termine della celebrazione, Giovanni Paolo II ha incoronato la statua della Madonna di Aljmas e l’immagine della Vergine di Vocin, due santuari mariani distrutti dalla guerra e tornati ora a rifiorire.

 

 Ma colleghiamoci adesso con il nostro inviato in Croazia, Luca Collodi, per rivivere i momenti salienti di questa mattina:

 

**********

Benvenuto nella diocesi che 10 anni fa è stata devastata durante l’insensata guerra che distrusse città e villaggi, chiese, famiglie, strutture economiche, scuole, ospedali, saccheggi e rovine. Benvenuto nella diocesi in cui ancora oggi molti aspettano il ritorno dei loro cari dispersi. Mons. Marin Srakic, vescovo di Djakovo e Srijem, dà il suo benvenuto al Papa ad Osijek, grosso centro commerciale della Slavonia orientale al confine con la Serbia. Giovanni Paolo II esorta subito i fedeli alla santità. A comportamenti degni della vocazione ricevuta in ogni stagione della vita. Nella giovinezza, nella maturità e nella vecchiaia ma anche nell’ora della morte e perfino al di là della morte, nella purificazione ultima predisposta dall’amore misericordioso di Dio.

 

Per poter rispondere ai segni dei tempi e alle attese della Chiesa locale, la diocesi di Djakovo ha celebrato il secondo Sinodo diocesano con particolare attenzione al ruolo dei laici ed alle loro responsabilità nella Chiesa. Una riflessione durata 5 anni, chiusa oggi da Giovanni Paolo II davanti a 200mila persone ed una trentina di vescovi provenienti dalla provincia ecclesiastica di Zagabria che ricorda i 150 anni della sua costituzione. Un cammino impegnativo che ha chiamato i credenti ad un rinnovato slancio missionario in una realtà storica mutata con la caduta del regime comunista di Belgrado e la guerra di liberazione croata. Il Papa è conscio dei tempi duri della guerra, che ha lasciato negli abitanti ferite profonde non ancora rimarginate. 

 

(parole del Papa in croato)

“Cari fedeli laici, uomini e donne, siete chiamati ad assumere generosamente la vostra parte di responsabilità per la vita delle comunità ecclesiali cui appartenete. Il volto delle parrocchie, luogo di accoglienza e di missione, dipende anche da voi. Nessun battezzato può rimanere ozioso”.

 

Impegni per la riconciliazione, la solidarietà e la giustizia sociale che richiedono il coraggio di uomini impegnati nella fede, aperti all’amore fraterno, sensibili alla difesa della dignità della persona. La Slavonia è conosciuta come il granaio della Croazia. Ma la comunità agricola è in crisi per l’abbondanza delle mine che bloccano l’agricoltura. Giovanni Paolo II si rivolge proprio ai lavoratori dei campi incoraggiandoli nella loro fatica quotidiana spesso non premiata con l’abbondanza dei frutti della terra.

 

(parole del Papa in croato)

“Voi siete quotidianamente cooperatori di Dio Creatore. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sono vicini ed auspicano che all’agricoltura e agli uomini e alle donne dei campi venga riconosciuto il giusto rilievo nello sviluppo della comunità sociale”.

 

Alla celebrazione erano presenti rappresentanti della Chiesa ortodossa serba, il Gran Mufti di Zagabria, la principale autorità islamica in Croazia e fedeli provenienti dalla Bosnia-Erzegovina, dall’Ungheria, dalla Serbia e dal Montenegro. Nel corso della celebrazione il sindaco di Vukovar, al confine con la Vojvodina serba, la città della diocesi di Djakovo più colpita dalla guerra ha portato al Papa una pergamena con l’atto di donazione di 10mila metri quadrati di terreno di proprietà del comune per la costruzione di una nuova chiesa dedicata alla Regina dei Martiri. Una Chiesa, come ha sottolineato il vescovo di Djakovo, mons. Marin Srakic, che non vuole essere schiava del passato ma guardare verso il futuro per costruirlo insieme con i fedeli di altre confessioni cristiane e con tutte le persone di buona volontà.

 

Da Osijek, Luca Collodi, Radio Vaticana.

 *********

 

La diocesi di Djakovo e Srijem, come abbiamo ascoltato, è stata tra le più colpite dalla guerra. Un conflitto, che solo in questa zona ha provocato la morte di oltre 4000 persone. Una pagina dolorosa nella storia del popolo croato, che guarda ora alla pace come condizione necessaria per un progresso democratico. Ne è convinto don Wladimir Dùganic, professore di Teologia Morale al seminario vescovile di Djakovo, al microfono di Luca Collodi:

 

**********

R. – Adesso dobbiamo vivere nella pace, perché soltanto nella pace possiamo sviluppare la nostra economia, la nostra democrazia. Queste sono le condizioni della Comunità europea. Tutti questi Paesi vogliono entrare nella Comunità europea e vogliono accettare gli standard di questo occidente. Adesso possiamo vedere che questi processi sono cominciati e vediamo che per la nostra economia il commercio è abbastanza buono, ma la pace è la condizione sine qua non per andare avanti.

 

D. – Gli animi della gente semplice, dei contadini, la diocesi di Djakovo è una diocesi agricola, che cosa pensano di questa guerra, della riconciliazione, della pace?

 

R. – Devo dire che una parte della diocesi è stata occupata durante la guerra e molti nostri fedeli erano profughi. Adesso ritornano nelle loro case e che trovano? Trovano le case distrutte. Alcune adesso sono state ricostruite, ma hanno anche un problema a livello economico, cioè non c’è il posto di lavoro, non ci sono i mezzi per l’agricoltura. Ciò vuol dire che questo processo è sempre collegato ai problemi economici. Quando risolveranno questi problemi economici, penso che tutta la gente ritornerà nelle proprie case e spero che la vita andrà avanti come prima.

**********

 

Un grande contributo a radicare sentimenti di pace in questa terra così segnata dalla tragedia della guerra lo può offrire il dialogo ecumenico. Un segnale dato, anche stamani, dalla presenza ad Osijek di rappresentanti della Chiesa ortodossa serba. Ascoltiamo le parole di speranza di mons. Djuro Hranić, vescovo ausiliare della diocesi di Djakovo e Srijem, raccolte da Luca Collodi:

 

**********

R. - Siamo coscienti che le Chiese e la fede possono avere un ruolo molto forte nella riconciliazione, creare uno spirito di perdono, riconciliare, edificare e ricostruire una società dove c’è posto per tutti, dove c’è davvero una tolleranza ed una comunione vera fra la gente.

 

D. – Incontri ecumenici e dialogo ecumenico che non si sono interrotti nemmeno durante la guerra civile, anche sotto le bombe voi avete continuato questo dialogo, questi momenti di incontro …

 

R. – Sì, mai questi contatti sono stati interrotti. Ad esempio, durante la seconda guerra mondiale, i vescovi cattolici, tedeschi e polacchi non si incontravano. Ora, durante questa nostra guerra, vescovi ortodossi e cattolici si incontravano sempre. C’erano delle difficoltà per incontrarsi qui sul territorio della Croazia e della Serbia, allora si incontravano in Svizzera, ma si incontravano regolarmente.

**********  

 

Purtroppo durante la Messa ad Osjiek due persone sono morte per arresto cardiaco. Secondo fonti della polizia locale il gran caldo potrebbe essere stata la causa della morte dei due fedeli. Ma torniamo al viaggio del Papa in Croazia, che ieri ha vissuto uno dei momenti forti con la beatificazione di suor Marija Petković a Dubrovnik. La terza visita in Croazia di Giovanni Paolo II sta dunque catalizzando la viva attenzione dell’opinione pubblica croata. Ricolleghiamoci con Luca Collodi:

 

**********

Ampio risalto sui giornali croati della beatificazione di ieri a Dubrovnik di Suor Marjia Petković, fondatrice della Congregazione delle Figlie della Misericordia, Istituto poi diffuso con l’apertura di case anche in America Latina.

 

Il quotidiano istriano ‘Jutarnji List’ riporta i commenti dei pellegrini presenti alla beatificazione. Tra questi una giovane cilena che rappresentava una delle scuole fondate dalla Beata in Cile.

 

Vecernji List”, quotidiano di Zagabria, punta sul ruolo delle donne nella società croata che “con la loro generosità e forza d’animo arricchiscono il mondo ed i rapporti con gli uomini”. Il giornale riprende poi un articolo pubblicato ieri dal New York Times che ripropone il rapporto tra l’Europa e la Croazia. Si tratta della vicenda del generale Ante Gotovina, nativo di Zadar, città che lunedì riceverà la visita del Papa, dove sono apparsi manifestanti con la foto del generale croato e la scritta “né consegna, né vendita” che criticano l’orientamento del presidente della Repubblica Mesic di dare al Tribunale dell’Aja indicazioni sul luogo dove si nasconde il militare, considerato dalla popolazione un difensore della patria dall’aggressione serba.

 

Il quotidiano di Spalato, “Slobodna Dalmacia, sottolinea come il Papa “chiami alla riconciliazione nei Balcani”. Non mancano i commenti politici. Lo stesso giornale riporta da Belgrado come “il governo croato aspetti di trarre vantaggi politici dal viaggio del Papa”. mancano articoli di colore. In particolare sulla permanenza di Giovanni Paolo II al Seminario di Rijeka dove perNovilist’,  il Papa ha provato a cena il risotto con gli scampi che gli è piaciuto”.

 

Nel pomeriggio di ieri, lasciando il vescovado di Dubrovnik, il corteo papale ha percorso il suggestivo centro storico dell’antica Ragusa, arroccato sul mare. Sostando davanti alla chiesa di San Biagio, patrono della città, ha salutato in italiano i bambini della prima comunione che lo attendevano sulle scale della chiesa.

 

Saluto Dubrovnik nella giornata della prima comunione dei bambini. Il Signore benedica tutti voi, la vostra bella città, i suoi abitanti, specialmente i giovani ed i bambini; ma non solamente: anche i signori più anziani.

 

La cronaca di oggi riporta una dichiarazione del Direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro Valls, in riferimento ad alcune email giunte ieri sera alle redazioni dell’agenzia cattolica croata Ika e all’agenzia nazionale croata Hina a firma di un sedicente ‘Fronte islamico El-Mudjahedin’ con minacce di morte contro Giovanni Paolo II.

 

“Non è la prima volta – ha dichiarato Navarro Valls- che in occasione dei viaggi del Santo Padre arrivino delle segnalazioni oppure dei rumori su possibili attentati. La loro attendibilità molto spesso è inaffidabile o chiaramente falsa”. Navarro Valls ha aggiunto che “mai il Papa in questi 100 viaggi ha dovuto cambiare il programma  delle sue visite a causa di queste voci”.

 

Sulle notizie apparse ieri sulla stampa croata di una possibile visita del Papa in Serbia l’anno prossimo, Navarro Valls, rispondendo ad un giornalista, ha precisato che le relazioni con la Serbia sono migliorate e che una visita potrà essere messa allo studio in futuro.

 

Da Osijek, Luca Collodi, Radio Vaticana.

**********

 

La visita di Giovanni Paolo II in Croazia prosegue, dunque, con numerosi appuntamenti. Oggi pomeriggio, dopo il pranzo con i presuli della diocesi di Djakovo nel palazzo vescovile della città, il Papa visiterà in forma privata la cattedrale barocca della città nel cuore della Slavonia. Quindi, in serata - alle 18,40 – è previsto il trasferimento in aereo a Rijeka dove, come nei giorni scorsi, il Pontefice pernotterà nel seminario arcidiocesano. Domani mattina, poi, la celebrazione della Pentecoste nel “Delta” di Rijeka, il grande piazzale cittadino che prende il nome dal delta del fiume Rijecina. La nostra emittente seguirà l’intera cerimonia sulle onde corte, in onde medie e in modulazione di frequenza in lingua italiana, tedesca e spagnola e in portoghese solo su satellite.

 

 

NOMINE ALLA PASTORALE PER I MIGRANTI,

PROVVISTA DI CHIESA IN ARGENTINA E RINUNCIA DI AUSILIARE IN USA

 

Il Papa ha nominato membro del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti il cardinale statunitense Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo di Washington, e cinque consultori dello stesso dicastero.

 

In Argentina, il Santo Padre ha nominato vescovo di Mar del Plata il presule mons. Juan Alberto Puiggari, finora ausiliare di Paranà.

 

Negli Stati Uniti d’America, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Miami, presentata dal vescovo mons. Augustìn Alejo Romàn, per raggiunti limiti di età.

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il seguente titolo: “Nessun cristiano può rimanere ozioso!”.

Santità e missionarietà, vocazione e responsabilità: il formidabile programma che dal “granaio della Croazia” Giovanni Paolo II indica ai laici di oggi e di domani.

 

Nelle vaticane, nel dettaglio i diversi momenti della visita del Papa. Gli articoli dell’inviato Giampaolo Mattei; la rassegna della stampa internazionale.

Due pagine dedicate alla solennità della Pentecoste.

 

Nelle pagine estere, Uganda: attaccate dai ribelli missioni cattoliche nel Nord.

In Afghanistan, attentato di un “kamikaze” a Kabul causa la morte di soldati tedeschi dell'Isaf.

Medio Oriente: Hamas interrompe le trattative con l’Ap.

Corea del Sud-Giappone: lanciato un monito a Pyongyang, ma rimane aperta la via del dialogo per risolvere la questione nucleare.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Giuseppe Bonaviri dal titolo “La scrittura come poesia”: cento anni dalla nascita di Libero De Libero.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano le elezioni: domani il ballottaggio in 49 Comuni e tre province.

 

 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

7 giugno 2003

 

 

ANCORA VIOLENZE NELL’EX ZAIRE:

DA BUNIA, UNA TESTIMONIANZA SOTTO GLI SPARI

 

- Con noi, Emiliano Bos -

 

Non si placano le violenze a Bunia, località nordorientale della Repubblica Democratica del Congo. Nel capoluogo dell’Ituri sono entrati stamattina circa 500 miliziani di etnia lendu, da mesi in lotta con i rivali hema, che controllano la città: un assalto condotto con mortai ed armi leggere, del quale è ancora impossibile fornire un bilancio. L’arrivo dei soldati francesi non ha dunque fermato le violenze, come ci riferisce Emiliano Bos, dell’agenzia Misna, raggiunto telefonicamente a Bunia da Andrea Sarubbi:

 

**********

R. - Diciamo che per ora sono arrivati solo i primi soldati – in tutto, una settantina – del contingente francese, che conta 1400 uomini. Non sono ancora intervenuti: non ci risulta che i francesi oggi siano andati nelle strade di Bunia a fermare questi combattimenti, che dall’alba sono durati per tutta la mattinata. Abbiamo sentito colpi di mortaio, mitragliatori pesanti, kalashnikov da diverse direzioni, ed è stato tra l’altro difficile capire che cosa stesse realmente accadendo.

 

D. - Quale clima si respira a Bunia, in mezzo agli spari?

 

R. - Un clima di tensione e di disorientamento. Non c’è certezza e si dice che i lendu, uno dei due gruppi rivali, potrebbero tornare ad attaccare da un momento all’altro. Forse gli spari ed i colpi di mortaio che sentiamo da questa mattina potrebbero significare un tentativo di riprendere la città, da parte di questa fazione, che è stata scacciata da qui il 12 maggio scorso. Abbiamo notizie di centinaia di sfollati che sono fuggiti in direzione dell’aeroporto: sapendo che ora lì sono arrivati i francesi, cercano protezione presso le truppe internazionali, che – per il mandato dell’Onu – a questo punto sono obbligate a proteggere i civili. La situazione di grande caos si riflette anche nel ruolo della Monuc, la missione dell’Onu in Congo: per loro è molto difficile avere a che fare con questi gruppi che firmano tregue e non le rispettano, reclamando il controllo di una città che invece, secondo accordi internazionali, dovrebbe essere governata da un’apposita Commissione. Quindi è un continuo vivere nell’incertezza: soprattutto per i civili, che hanno ormai abbandonato in gran parte la città, rimasta oggi semideserta.

 

D. - Vedendole dall’interno, si riescono a capire meglio le ragioni di questa guerra?

 

R. - Diciamo che questa guerra si inserisce in uno scacchiere più ampio, che è il conflitto per il controllo delle risorse naturali e minerarie del Congo. Bunia è nell’estremo nord-est del Congo, a pochi chilometri dall’Uganda, e giace su un’area ricca di oro. Da qualche tempo c’è la convinzione che addirittura nel lago Albert, che segna il confine con l’Uganda, ci siano ricchi giacimenti petroliferi, sui quali hanno già messo gli occhi alcune società multinazionali, in accordo con il governo ugandese e quello congolese. Per cui c’è il rischio che questo conflitto possa durare ancora.

**********  

 

 

 

PROTESTE IN FRANCIA PER LA RIFORMA DELLE PENSIONI,

QUESTIONE FONDAMENTALE PER L’INTERA ECONOMIA EUROPEA

 

In Francia, il governo Raffarin attraversa un momento di difficoltà a causa delle forti proteste di piazza sulla riforma delle pensioni che verrà votata la prossima settimana. Incidenti sono scoppiati fra scioperanti dell’azienda dei trasporti parigini e forze dell'ordine, davanti a un deposito di autobus a Saint-Denis. Analoghe manifestazioni si sono svolte nei giorni scorsi anche in Austria e il problema è sentito pure in Germania e Italia. Secondo molti osservatori la questione delle pensioni rappresenta il nodo da sciogliere attraverso cui risollevare le sorti economiche di molti Paesi europei. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mario Deaglio, docente di Economia internazionale all’Università di Torino:

 

**********

R. – Nell’economia europea si scontrano due esigenze. La prima è quella di avere dei bilanci pubblici sani, quindi di non avere dei deficit; la seconda è quella di una spesa pubblica crescente per garantire le pensioni ad una popolazione sempre più anziana. Questi due aspetti, a lungo andare, sono sicuramente incompatibili.

 

D. – E’ successo nel resto dell’Europa quanto già verificammo in Italia: ovvero erogazioni di pensioni a livello superiore rispetto agli effettivi versamenti dei lavoratori?

 

R. – In realtà, i sistemi europei funzionano tutti a ripartizione, quindi quello che si eroga dipende dai contributi che i lavoratori pagano in quell’anno. Non c’è un fondo che si accumula: c’è una cassa che viene continuamente distribuita e quando la distribuzione non basta, interviene il governo. Siccome il numero dei lavoratori è più o meno fisso, è stazionario o aumenta di poco, mentre invece il numero dei pensionati aumenta di molto, l’intervento del governo è sempre più necessario, bisogna attingere alla finanza generale e non più ai contributi dei lavoratori. Oppure, per far fronte a quest’esborso sempre in crescita bisogna aumentare i contributi dei lavoratori il che sfavorisce l’occupazione.

 

D. – Attualmente, se si cambiasse metodo e si restituisse quanto strettamente versato dal lavoratore, pur rivalutato, si andrebbe incontro comunque a pensioni molto basse?

 

R. – Direi proprio di sì. Cioè, attraverso i decenni i lavoratori hanno ottenuto diritti pensionistici molto superiori a quanto hanno versato, da un punto di vista attuariale, cioè: se avessero investito in un’assicurazione privata che fa i conti secondo la speranza di vita, avrebbero ottenuto molto meno. Va anche detta una cosa, che la speranza di vita è molto aumentata. Quando si fecero i patti pensionistici, 30 o 40 anni fa, un lavoratore poteva contare su circa 8-10 anni di vita dal momento della pensione in poi; adesso sono diventati 15-18.

 

D. – Le proteste maggiori di questi giorni si stanno verificando in Francia, dove la prossima settimana si voterà per la riforma delle pensioni. Perché è così avversata, questa legge?

 

R. – In realtà, la protesta francese viene soprattutto dal pubblico impiego. Questo settore, storicamente, in Francia ha sempre goduto di privilegi e uno di questi era, ad esempio, una durata inferiore alla media della vita lavorativa, cioè si andava in pensione prima rispetto ad altri settori. Il progetto di legge francese tende a ridurre o annullare del tutto questo privilegio e noi sappiamo che quando si vanno a toccare queste situazioni, che andrebbero comunque riviste, ma sono ormai abituali, rientrano nel modo di pensare acquisito, nel costume dei lavoratori, la reazione è sempre molto forte.

**********

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

7 giugno 2003

 

 

  L’INVIATO SPECIALE DEL PAPA, IL CARDINALE JAN PIETER SCHOTTE,

SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, HA PRESIDUTO QUESTA MATTINA

AD UTRECHT, IN OLANDA, UNA SOLENNE CONCELEBRAZIONE PER IL 150° ANNIVERSARIO DEL RISTABILIMENTO DELLA GERARCHIA CATTOLICA NEI PAESI BASSI

 

UTRECHT. = Nel complesso fieristico della città olandese di Utrecht si è tenuta questa mattina una solenne concelebrazione per il 150° anniversario del ristabilimento della Gerarchia cattolica nei Paesi Bassi. La liturgia è stata presieduta dall’Inviato speciale del Papa, il cardinale Jan Pieter Schotte, segretario generale del Sinodo dei vescovi. All’insegna del motto “Cattolici di cuore e di anima”, i cattolici del Paese celebrano l’importante ricorrenza professando la loro fede con rinnovata energia e nella piena consapevolezza di essere parte di una comunità viva e solidale. Il gesto di solidarietà, al quale i fedeli sono stati chiamati durante la colletta dell’odierna Eucaristia, è destinato al sostegno di programmi di assistenza per i rifugiati in Africa. Tra i momenti più significativi della giornata, la processione con le reliquie presenti nelle sedi vescovili olandesi e nell’ordinariato, tra le quali quelle del monaco Bonifacio, di  San Willibrord, di  San Martino, del beato Titus Brandma martire a Dachau e di Liduina van Schiedam. La storia della Chiesa, nei Paesi Bassi, risale già ai primi secoli del cristianesimo. Ai tempi di Papa Liberio e di San Damaso I un missionario armeno, San Servazio, ricoprì per primo la carica di vescovo nella città che oggi chiamiamo Maastricht. Qualche secolo dopo il missionario irlandese San Willibrord arrivò ad Utrecht, città che divenne metropolitana nel 1559 sotto Papa Paolo IV. Con lo scoppio della Riforma protestante i Paesi Bassi non ebbero alcun vescovo fino al 1853. Fu in questo anno, infatti, che il Beato Pio IX ripristinò l’istituzione della Gerarchia cattolica dopo la promulgazione della nuova Costituzione olandese del 1834, che accordava alla Chiesa cattolica uno statuto paritario a quello delle altre confessioni. (A.L.)

 

 

SULLE STRAGI IN UGANDA URGONO UN PRONUNCIAMENTO INTERNAZIONALE

ED UNA OBIETTIVA INFORMAZIONE. È L’APPELLO LANCIATO IERI, CON UN COMUNICATO, DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

 

KAMPALA. = “Da mesi vengono diffuse notizie di stragi perpetrate da forze ribelli sulla popolazione civile del Nord dell’Uganda e nessuno sembra in grado di contrastare tali violenze, in una situazione in cui non appaiono chiari i contrapposti interessi che nella regione mantengono tristemente attive diverse formazioni militari”. Inizia così il comunicato diffuso ieri dall'ufficio stampa della Conferenza episcopale italiana in merito alla drammatica situazione in cui versa il Paese africano. “La Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese - si legge nel testo - fa propria la richiesta dei missionari operanti nella regione settentrionale dell’Uganda affinché non venga ulteriormente rimandato un pronunciamento internazionale che possa aprire la strada ad efficaci azioni di aiuto umanitario e a credibili azioni di pace”. Ricordando che “l’esempio dei martiri ugandesi continua ad offrire alle parti in causa una luminosa testimonianza di pace ed unità”, la Commissione della Cei chiede ai mezzi di comunicazione la più puntuale ed obiettiva informazione su quanto accade nella regione, al governo italiano l’interessamento presso le Istituzioni internazionali ed alla comunità ecclesiale la solidarietà della costante invocazione di preghiera per la pace e la concordia. Sul fronte politico, intanto, i ribelli ugandesi sono pronti a negoziare con il governo, ma vogliono parlare direttamente con il presidente ugandese Yoweri Museveni e rifiutano qualsiasi mediazione da parte dei leader religiosi locali. Sono queste le richieste contenute nel messaggio che i ribelli dell’Esercito di liberazione del signore (Lra) hanno affidato oggi ad un religioso locale, padre Alex Ojera, catturato e poi rilasciato dai miliziani che poco prima avevano attaccato la sua parrocchia. Il missionario, di nazionalità ugandese, è il parroco della missione di Alito, 17 chilometri a nord ovest di Lira, assaltata durante la notte tra giovedì e venerdì. (A.L.)

 

 

“È L’ORA DELLA PACE: NON LASCIAMOCI SFUGGIRE QUESTA STORICA OPPORTUNITÀ”.

E’ IL MESSAGGIO AFFIDATO, IERI, ALL’AGENZIA FIDES DALL’ARCIVESCOVO DI COLOMBO, MONS. OSWALD GOMIS

 

COLOMBO. = “Non lasciamoci sfuggire questo momento propizio per costruire quella pace che la comunità cristiana sostiene con forza”. E’ l’appello affidato, ieri, all’Agenzia Fides dall’arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza Episcopale dello Sri Lanka, mons. Oswald Gomis. Mentre i negoziati fra il governo e i rappresentanti tamil sono in una fase di stallo, l’arcivescovo chiede alle parti di “avere la lungimiranza di tornare al tavolo del negoziato e discutere delle prospettive di pace per il Paese”. ”La comunità cristiana - spiega mons. Gomis - sta lavorando con la gente intensificando i programmi di educazione alla pace rivolti ai giovani, alle scuole ed alla società civile”. I tamil lamentano un tentativo del governo centrale di tenerli ai margini del processo di ricostruzione del Paese, escludendoli dal rilancio dell’economia, dal governo delle aree nel Nord e nell’Est dello Sri Lanka, a maggioranza tamil. Le trattative di pace si sono arenate il 21 aprile scorso.Fra i principali problemi che non hanno ancora trovato una soluzione, vi sono il rientro dei rifugiati tamil nelle loro case del Nord e il disarmo dei guerriglieri. Un’occasione importante per riallacciare i rapporti tra le parti sembra profilarsi nella prossima Conferenza di Tokyo, promossa dall’Unione Europea, tra i Paesi donatori dello Sri Lanka. “Tutti comprendono – ricorda l’arcivescovo - che la pace è l’unica via per il bene e lo sviluppo del Paese e non si può tornare indietro”. Il presule invita i cattolici “a pregare incessantemente per la ripresa di negoziati e per il loro successo, perchè nel Paese regni l’armonia fra tutte le comunità”. La guerra civile, scoppiata nel 1983, ha fatto più di 65 mila vittime e oltre un milione di sfollati. A febbraio 2002 è stato firmato un cessate il fuoco e sono cominciati i negoziati con la mediazione della Norvegia. (A.L.)

 

 

A PARMA DAL 10 GIUGNO IN MOSTRA NELL’UNIVERSITA’ DI INGEGNERIA UNA PREZIOSA RACCOLTA DI RADIO D’EPOCA, DONATA DAL SACERDOTE DON PATANE’

AL CONSORZIO NAZIONALE DI RICERCA NEI CAMPI DELLE TELECOMUNICAZIONI

 

PARMA. = Una mostra di radio d'epoca per presentare la vicenda storica, lunga un secolo, di ricerca  scientifica e di sviluppo industriale delle telecomunicazioni. Una  selezione di 84 pezzi che vanno dai primi esemplari di ''radio a  galena'' fino agli apparecchi radio domestici e ai fonoriproduttori dei primi anni del dopoguerra, tutti perfettamente restaurati e  funzionanti. L'iniziativa è della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Parma che ha lavorato insieme al Cnit, il Consorzio nazionale di ricerca nei campi delle telecomunicazioni e dell'elettromagnetismo che raggruppa 33 Università italiane e che ha la propria sede legale a Parma. L'esposizione, che sarà inaugurata il 10 giugno, nella sede scientifica della Facoltà, offrirà ai visitatori molti pezzi importanti della raccolta Cnit che documentano  non soltanto l'evoluzione tecnica degli strumenti riceventi ma anche l'evoluzione del gusto da cui furono influenzati. Completano  l'esposizione gli esemplari dei primi fonografi e poi dei successivi grammofoni.  Particolare interessante dell'allestimento è la riproduzione di una lettera autografa di Guglielmo Marconi gentilmente concessa al Cnit dal proprietario americano Henry Willard Jr. Lende. La collezione di radio antiche l stata donata al Cnit, per esporla in modo permanente nella sua amata Parma, da don Patané, sacerdote e collezionista, che l'ha raccolta lungo tutto l'arco della sua vita con passione e competenza. (R.G.) 

 

 

JAN EGELAND, DIPLOMATICO NORVEGESE E’ STATO NOMINATO RESPONSABILE DELL’UFFICIO DI COORDINAMENTO PER GLI AIUTI UMANITARI DELL’ONU

                                                                               

NEW YORK. = Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha nominato il diplomatico norvegese Jan Egeland alla guida dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari, al posto del giapponese Kenzo Oshima. Egeland avrà la  carica di vice segretario generale dell'Onu. Attualmente segretario generale della Croce rossa norvegese, Egeland si occupa da 25 anni di assistenza ai rifugiati ed ai profughi, di aiuti alle popolazioni colpite da disastri naturali, di diritti umani e di soluzione dei conflitti armati. Segretario di Stato al ministero degli Esteri norvegese dal 1990 al 1997, il diplomatico è stato inviato speciale dell'Onu in Colombia dal 1999 al 2000. (R.G.)

      

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

7 giugno 2003

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

 

Nuova fiammata di violenza in Afghanistan. Almeno 3 soldati tedeschi della Forza internazionale di assistenza e sicurezza, che viaggiavano a bordo di un autobus lungo una strada alla periferia orientale di Kabul, hanno perso la vita questa mattina. Secondo quanto riferisce la polizia, un kamikaze alla guida di un taxi imbottito di tritolo si è schiantato contro l’autobus. Il bilancio delle vittime, tuttavia, non è ancora ufficiale, così come è incerto il numero dei feriti. “E’ stato un atto deliberato contro di noi” hanno commentato le forze dell’Isaf.  

 

Medio Oriente. Gli integralisti di Hamas si sono detti pronti a riprendere il dialogo con il premier palestinese Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, se quest'ultimo ritratterà le dichiarazioni rilasciate nel corso del vertice di Aqaba. Intanto, mentre a Ramallah si è riunito il governo palestinese per valutare l’esito dell’incontro di mercoledì scorso, cinque fazioni - Hamas, Jihad islamica, Fronte popolare e Fronte democratico per la liberazione della Palestina e Al-Fatah - si sono date appuntamento questa sera a Gaza per discutere sull’adozione di una linea comune.

 

Bush e Blair nella bufera per il mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa in Iraq. Dopo la polemica esplosa in Gran Bretagna, infatti, anche negli Stati Uniti sono emerse notizie che hanno riaperto gli interrogativi sulla guerra nel Golfo. Secondo quanto riferisce un rapporto del Pentagono, nel settembre del 2002 mentre il presidente Bush andava all’ONU per spiegare le ragioni dell’attacco in Iraq, l’Intelligence americana non era sicura che Baghdad stesse producendo armi di distribuzione di massa. I dettagli nel servizio di Paolo Mastrolilli:

 

**********

La pubblicazione del Rapporto ha riacceso le polemiche, anche perché viene vista come il segnale che alcuni elementi del Pentagono e dell’Intelligence non sembrano disposti ad accettare la responsabilità del mancato ritrovamento delle armi. La Casa Bianca, comunque, ha reagito dicendo che il documento conferma le posizioni prese da Bush. Il Rapporto arriva proprio mentre la Commissione forze armate e la Commissione Intelligence del Senato stanno valutando se aprire inchieste pubbliche sul mancato ritrovamento delle armi, mentre il Parlamento britannico ha già avviato un’indagine. Anche il capo degli ispettori Onu, Hans Blix, tenendo il suo ultimo rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha detto che è tuttora impossibile dire con certezza se l’Iraq aveva armi. Gli ispettori dell’Aiea, intanto, sono tornati sul terreno per cercare i materiali radioattivi spariti dalla centrale di Al Tuwaitha durante i saccheggi seguiti alla guerra. Laggiù, però, gli americani hanno trovato più sostanze nucleari di quanto si aspettassero.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

**********

 

L’Iran in passato non ha rispettato gli impegni internazionali in tema di salvaguardia nucleare, anche se di recente ha iniziato a porre rimedio a tale situazione. Questo, in sintesi, il contenuto di un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Gli impegni in questione si riferirebbero ai rapporti sul materiale radioattivo e alla comunicazione dei siti dove questo materiale è stato immagazzinato e lavorato. Disappunto è stato espresso dagli Stati Uniti, mentre Teheran ha respinto le accuse. E’ giunto, intanto, stamani in Iran un gruppo di ispettori dell’Aiea.

 

Il premier giapponese, Junichiro Koizumi, e il presidente sudcoreano, Roh Moo Hyun, hanno ribadito oggi, in una dichiarazione comune a Tokyo, un chiaro ‘no’ alle ambizioni nucleari della Corea del Nord. Chiedendo il sollecito smantellamento dei piani atomici di Pyongyang, i due leader hanno confermato che l’unica soluzione possibile è quella pacifica, attraverso il dialogo e senza scorciatoie militari. Da Tokyo, Chiaretta Zucconi:

 

**********

Dialogo e pressioni allo stesso tempo. Questa la formula sulla quale i due leader si sono trovati d’accordo per cercare di convincere la Corea del Nord a rinunciare alle sue ambizioni nucleari. Stessa unità di vedute, ma con qualche sfumatura di fondo. Come ha sottolineato, infatti, lo stesso presidente sud-coreano in una conferenza stampa al termine del summit, la Corea del Sud preferisce porre massima enfasi sul dialogo piuttosto che sulle pressioni. Nella dichiarazione congiunta, rilasciata al termine del vertice, viene lanciato, inoltre, un chiaro messaggio alla Corea del Nord, un Paese messo in ginocchio da anni di carestie, inondazioni, ed errate scelte politiche ed economiche. Seul e Tokyo si sono, infatti, impegnate a garantire a Pyongyang la massima assistenza economica da parte della Comunità internazionale in cambio, però, della rinuncia al programma di sviluppo di armi nucleari, in modo verificabile ed irreversibile.

 

Per Radio vaticana, Chiaretta Zucconi.

**********

 

Dopo 4 anni di negoziati, le Nazioni Unite e la Cambogia hanno raggiunto ieri un accordo finale per l’istituzione di un tribunale che processerà per genocidio i leader dei Khmer rossi. Questi ultimi sono considerati responsabili della morte di almeno due milioni di persone durante il periodo al potere nel Paese dal 1975 al 1979. Per essere messa in pratica, l’intesa dovrà, tuttavia, essere ratificata dal Parlamento cambogiano.

 

Si riaccende la violenza nel Kashmir. Almeno 15 persone hanno perso la vita nella tarda serata di ieri in una serie di scontri tra militanti islamici e militari indiani. L’episodio più cruento si è registrato nel distretto di Pulwama, dove 8 ribelli sono stati uccisi dalle truppe di New Delhi.

 

Washington ha aggiunto ieri nuovi nomi di componenti della Giunta militare birmana alla lista nera di chi non può ricevere il visto per gli Stati Uniti. E’ questa una prima forma di sanzioni contro la Birmania in seguito all’arresto, la scorsa settimana, della leader storica del Movimento Democratico locale, Aung San Suu Kyi. Oggi intanto, l’emissario dell’ONU, Razali Ismail, ha incontrato i membri della giunta militare. Il servizio di Maurizio Pascucci:

 

**********

Razali Ismail non ha voluto commentare sulle eventuali misure che le Nazioni Unite potrebbero adottare nel caso in cui l’incontro fosse impedito dal regime birmano. Ismail ha, inoltre, espresso le preoccupazioni della Comunità internazionale sul destino di Aung San Suu Kyi:

 

“NOBODY HAS SEEN HER, SHE HAS NOT SAID A WORD …

Nessuno l’ha vista, lei non ha detto una parola e ci sono voci secondo cui sarebbe rimasta ferita. Vorrei poter lasciare il Paese dopo averla vista, potendo assicurare a tutti che sta bene e che non è ferita”.

 

Il regime birmano sostiene che la leader della Lega nazionale democratica non sia ferita e che rimanga, invece, in detenzione protettiva in seguito all’attacco di cui è stata vittima 8 giorni fa, quando un gruppo di dimostranti filo-governativi si era scagliato contro la sua automobile. Gli incidenti scaturiti in quelle circostanze provocarono 4 morti, secondo le fonti ufficiali birmane, un centinaio, invece, secondo il movimento democratico.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

**********

 

Non accenna a diminuire la tensione nelle Repubblica Democratica del Congo. Circa 500 miliziani di etnia lendu sono entrati oggi a Bunia, il capoluogo dell’Ituri nel nord-est del Paese, ingaggiando una battaglia con i rivali hema. Solo ieri sono giunte nella regione africana alcune decine di soldati francesi, avanguardia di un contingente europeo di 1.400 uomini impegnato nella missione di pace.

 

Trasferiamoci in Zimbabwe, dove ieri il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, è stato arrestato, per la seconda volta in pochi giorni, al termine di una settimana di proteste anti-governative. Lo ha annunciato un portavoce del Movimento per il cambiamento democratico, specificando che Tsvangirai, è stato nuovamente incriminato per “tradimento” per aver indetto manifestazioni tese a “rovesciare” il presidente Robert Mugabe.

 

30 milioni di polacchi sono chiamati alle urne, oggi e domani, per pronunciarsi sull’adesione del Paese all’Unione Europea. Resta, tuttavia, forte il rischio dell’astensione. Da Varsavia, Giuseppe D’Amato:

 

**********

I seggi sono in funzione dalle 6, ma la grande attesa è per le 20. A quell’ora, quando i seggi verranno chiusi per la notte, la Commissione elettorale comunicherà i dati sull’affluenza. L’incubo dell’astensionismo è presente. E’ necessario, infatti, il superamento del quorum del 50% dei votanti per considerare valido il referendum. Così, come già è successo in Lituania, domani si potrà favorire un’eventuale mobilitazione. Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati, il 57% degli aventi diritto parteciperà al referendum; fra questi il sì dovrebbe attestarsi sul 70%. In realtà, sono in tanti in Polonia a dubitare dell’attendibilità dei dati. E’ forte la componente degli euro-scettici. La Conferenza episcopale ha scritto una lettera ai fedeli domenica scorsa, invitandoli a votare.

 

Da Varsavia, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

**********

 

Soddisfazione è stata espressa ieri dal presidente cileno, Ricardo Lagos, per l’accordo di libero commercio siglato a Miami con gli Stati Uniti. Dopo lunghi e complessi negoziati, il Cile ha, infatti, ottenuto, tra le altre cose, che il 95% dei suoi prodotti siano esportati in America a tariffa zero.

 

 

 

=======ooo=======