RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 157 - Testo della
Trasmissione di venerdì 6 giugno 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
La presenza
indispensabile della donna, con quel genio femminile di cui il nostro tempo ha
più che mai bisogno, riaffermata dal Papa nell’antica città croata di
Dubrovnik, alla beatificazione di suor Marija Petkovic, che si consacrò al bene
dei più bisognosi. Nel benvenuto a Rijeka, ieri pomeriggio, l’invito a curare
le ferite del passato, rafforzando le conquiste della libertà e della
democrazia. Con noi, i padri Tonci Trstenjak
e Federico Lombardi.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ancora difficoltà sulla
via della pace in Medio Oriente.
Bush riafferma la
presenza di armi di distruzione di massa in Iraq.
A Mosca approvata la
legge di amnistia per i ribelli ceceni.
Economia: la Bce
abbassa di mezzo punto il costo del denaro.
6 giugno 2003
IL PAPA IN CROAZIA PER LA TERZA VOLTA INVITA A
CURARE LE FERITE DEL PASSATO
E
RILANCIA IL GENIO DELLA DONNA
- A
cura di Roberta Gisotti -
“Con intima gioia” Giovanni Paolo II da ieri pomeriggio,
per la terza volta, “sull’amato suolo croato”: una tappa davvero particolare
che segna il 100mo viaggio apostolico, fuori dai confini italiani, di questo
Pastore, oggi 83enne, pellegrino instancabile per il mondo, 25 anni di
pontificato densi di avvenimenti per la storia della Chiesa e dei popoli, che
ha traghettato l’umanità nel terzo millennio, testimone coraggioso, quante
volte scomodo, di verità evangeliche, voce alta, guida universale.
E così al suo arrivo nella città di Rijeka-Fiume la parola
del Papa è riecheggiata non solo per i Croati, per riaffermare ancora una volta
quei valori iscritti nella natura di ogni persona, che il Cristianesimo
proclama, e sui quali si fonda la grandezza di una Nazione. Un discorso che
tocca da vicino l’Europa, alla vigilia della presentazione del testo finale della
nuova Costituzione europea, perché sia fatto esplicito riferimento alla radici
cristiane del Continente.
Da Rijeka il Papa è volato oggi a Dubrovnik-Ragusa,
seconda meta del suo soggiorno in terra croata, che durerà cinque giorni fino a
lunedì prossimo, passando per le diocesi di Djakovo e Srijem, e Zadar-Zara. Una
visita intensa che non mancherà di lasciare frutti per il futuro di questo
Paese, passato attraverso il drammatico giogo del regime comunista jugoslavo,
fino alla proclamazione dell’indipendenza nel 1991, e l’insorgere di un
sanguinoso conflitto civile che si è trascinato per anni, e di cui sono
tutt’ora aperte le ferite.
Ferite che devono essere rimarginate in nome di quel
patrimonio comune di valori umani e
cristiani, accumulato lungo i secoli, che sono il tesoro più prezioso della
gente di questo Paese. “Nel perdono reciproco, nella carità e nella pace cresca
e si fortifichi la vostra comunità cristiana”: è l’appello lanciato da Giovanni
Paolo II ai Croati durante l’omelia della Messa di beatificazione di Suor Marija
Petkovic, la prima donna croata che sale agli onori degli altari. Ad ospitare
quest’evento fortemente significativo per la Chiesa locale l’“antica e gloriosa
città di Dubrovnik”.
E a questo punto ci colleghiamo con il nostro inviato Luca
Collodi, per la cronaca di questo avvenimento, ospitato nella suggestiva
cornice naturale del Porto di Dubrovnik.
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Dopo
un’attesa di 539 anni il Papa è arrivato a Dubrovnik. Nel 1464 Pio II decise di visitare la città per
soccorrerla dal pericolo ottomano, ma prima di visitarla morì. Dalla Dalmazia
meridionale, frontiera con l’islam e l’ortodossia, Giovanni Paolo II torna a
sottolineare le antiche radici cristiane della Croazia. Suor Marija Petkovic,
elevata agli onori degli altari davanti a 50 mila fedeli nel porto di
Dubrovnik, rappresenta un nuovo intrepido testimone dei valori cristiani che
nel corso dei secoli hanno recato un grande contributo allo sviluppo del Paese.
Fondatrice della Congregazione delle Figlie della Misericordia, è la prima
donna croata ad essere beatificata. Durante il regime comunista jugoslavo, Suor
Petkovic ha educato ai valori della dignità umana giovani donne in difficoltà,
contribuendo alla rievangelizzazione della società ed alla pacificazione
attraverso l’esperienza quotidiana dell’Amore gratuito. Grazie all’invocazione
di un marinaio, 15 anni fa salvò dal naufragio un sommergibile peruviano con 22
persone a bordo disperso in fondo all’Oceano. Ma il Papa si rivolge a tutte le
donne croate. Religiose, ma anche spose e madri. Ne sollecita il ‘genio’
femminile che nella frenesia della vita moderna può assicurare sensibilità per
l’uomo in ogni circostanza. Una presenza indispensabile nella famiglia, nella
società e nella comunità ecclesiale.
(parole del Papa in croato)
“Donne croate, consapevoli della vostra altissima
vocazioni di ‘spose’ e di ‘madri’, continuate a guardare ad ogni persona con
l’occhio del cuore, ad andarle incontro e ad esserle accanto con la sensibilità
che è propria dell’istinto materno”.
Quella di oggi nella Dalmazia meridionale è una tappa
importante nel viaggio del Papa in Croazia. L’altra sarà domani, ad Osijek,
nella Slavonia orientale. Pezzi di una croce in legno eretta nel porto di
Dubrovnik, ricordano la storia recente della città attaccata nel dicembre del
1991 dall’esercito serbo-montenegrino. Ancora oggi l’identificazione nazionale
di croati, serbi e musulmani fa leva sulle rispettive fedi. La beatificazione
di Suor Marija Petkovic conferma nella fede la comunità cattolica croata
rimasta fedele a Cristo. Una fedeltà, che in questa terra di frontiera, deve
però stimolare il dialogo per arrivare all’unione fra tutti i cristiani e alla
convivenza con il mondo islamico.
Da Dubrovnik, Luca Collodi, Radio Vaticana.
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Come abbiamo sentito una donna,
Suor Marija Petkovic, che ha affrontato “con indomito coraggio” gli ostacoli
della vita, è offerta come un esempio per le donne croate di oggi messe a dura
prova da tanti eventi dolorosi e difficoltà odierne, cosi come ci spiega padre
Tonci Trstenjak, direttore dei programmi religiosi della Tv croata,
intervistato da Luca Collodi.
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R. – Se
oggi in Croazia esiste la fede, la fede cattolica, cristiana, bisogna lodare
tutte le donne, tutte le mamme, che hanno educato i figli nella fede.
Specialmente, per tutti i religiosi e le religiose, perché la Croazia ne ha
dati molti, e anche sacerdoti. Tutte le vocazioni, più o meno, dipendono dalle
donne, dalle mamme, che hanno educato questi giovani alla scelta di questa via
nella vita.
D. – Possiamo parlare anche del ruolo della famiglia in
Croazia. Ci sono politiche che tutelano il ruolo della donna nella famiglia, in
questo periodo, in Croazia?
R. – Purtroppo no. Purtroppo questo è un grande problema
della Croazia, un grande problema anche politico, perché la famiglia non è
apprezzata dal lavoro del governo, dalle leggi. Questo viaggio del Papa avviene
sotto il titolo de “La famiglia: via della Chiesa e via del popolo”. La
famiglia sta male, vive molto male, perché non c’è lavoro, non si trova
abbastanza lavoro per tutti. E anche la donna trova lavoro molto difficilmente,
più difficilmente dell’uomo. E la Chiesa fa grande pressione al governo perché
faccia qualcosa per la famiglia. Le leggi che esistono sono leggi legate ancora
al tempo del socialismo, dove la famiglia non era certamente al primo posto dei
valori.
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Valori, che invece devono tornare in primo piano nella
vita delle comunità non solo cristiane, non solo di Croazia, in particolare in
tutti i Paesi europei che si apprestano a dare un volto nuovo a questo
Continente, nel segno dell’unità, nella
memoria delle antiche radici cristiane, che sono fondamenta irrinunciabili per
la grande famiglia dei popoli d’Europa. Giovanni Paolo II lo ha ribadito con
fermezza, durante la cerimonia di Benvenuto, dopo il discorso del presidente
della Repubblica croata Stipe Mesic, che ha sottolineato l’impegno del suo
Paese, “a continuare nel processo di democratizzazione, a costruire una società
più giusta, che offrirà tutela giudica e individuale ad ogni cittadino”.
Il Papa ha fatto esplicito riferimento ai valori che vanno
salvaguardati in Croazia e in ogni altro Paese: la dignità della persona,
l’onestà morale e intellettuale, la libertà religiosa, la difesa della famiglia,
l’accoglienza e il rispetto per la vita, la solidarietà, la sussidiarietà e la
partecipazione, il rispetto delle minoranze.
Alle autorità civili e religiose croate, il Santo Padre,
ha invece chiesto di non stancarsi “di curare le ferite causate da una guerra
crudele e di sanare le conseguenze di un sistema totalitario che per troppo
tempo ha tentato di imporre una ideologia contraria all’uomo e alla sua
dignità”.
Colleghiamoci allora con il nostro inviato Luca Collodi
per capire l’impatto di questo discorso del Papa.
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Il Papa è arrivato ieri in Croazia portando agli abitanti
del Paese un augurio di pace. Giovanni
Paolo II è consapevole come siano ancora presenti i segni dolorosi di un
recente passato sociale e politico. Il Paese e’ cosciente dei problemi che
rappresentano l’eredita’ del passato e della guerra ma vuole continuare il
processo di democratizzazione. Il Papa e il presidente della Repubblica croata
Stipe Mesic sono certi che la ricca tradizione della Croazia contribuirà a
rafforzare l’integrazione europea.
(parole del Papa in croato)
“La Croazia ha
posto recentemente la sua candidatura a diventare parte integrante anche dal
punto di vista politico ed economico della grande famiglia dei popoli d’Europa.
Non posso che esprimere l’augurio di una felice realizzazione di tale
aspirazione”.
Ma dalla Croazia, il Papa continua a guardare verso
Oriente. In un’intervista pubblicata sul giornale di Fiume ‘Novilist’ il
metropolita serbo-ortodosso della diocesi di Zagabria e Lubiana, Jovan Pavlovic,
ha dichiarato che non ci sarebbe nessun pericolo, sia per la Chiesa ortodossa,
sia per gli interessi nazionali serbi se il Papa visitasse Belgrado. Il
quotidiano di Zagabria ‘Vjesnik’, uno dei giornali più accreditati del Paese,
ipotizza la visita del Papa in Serbia nel 2004, ma si chiede chi all’interno
della Chiesa ortodossa serba deve decidere. Possibilità rilanciata anche dal
quotidiano ‘Jutarnji List’, diffuso in Istria e Dalmazia, che rilancia una
dichiarazione di Radovan Bigovic, decano della Facoltà teologica di Belgrado,
che afferma come ormai un gran numero di rappresentanti autorevoli della Chiesa
ortodossa serba vogliono che si realizzi la visita di Giovanni Paolo II in
Serbia e Montenegro.
Da Rijeka-Fiume, Luca Collodi, Radio Vaticana.
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E torniamo alla giornata odierna
di Dubrovnik, con un commento del nostro direttore dei programmi padre Federico
Lombardi, al seguito del Papa.
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Anche in questo regno della bellezza, la storia è stata
segnata dalla sofferenza, in particolare in un passato non lontano da noi. Come
ricorda il vescovo di Dubrovnik, “da questo porto, ove oggi si è celebrata la
Messa, nel 1944 sono stati portati in una vicina isoletta molti sacerdoti e
fedeli per esservi uccisi. E nel 1991, la grande Croce che dominava la città
dal monte vicino è stata distrutta dai bombardamenti”. Le ferite del popolo
croato sono state molte e quelle della guerra in Croazia e nella vicinissima
Bosnia Erzegovina sono ancora recenti. Qui non si può non ricordare con quanta
partecipazione il Papa è stato vicino al popolo croato nel tempo della
sofferenza, con quanta sensibilità ma allo stesso tempo con quanto coraggio
evangelico ha annunziato a questo popolo un messaggio di riconciliazione e di
speranza nei tempi difficili. Il popolo e i suoi pastori sanno bene tutto
questo e ne sono profondamente grati, come dice il calore dell’accoglienza di
ieri sera e di oggi.
Ma essi sanno anche che il Papa non si ripiega sul passato
e non indulge ai nazionalismi: con lui si impara a guardare sempre in avanti. E
Giovanni Paolo II continua con coerenza il suo magistero per i popoli usciti
dal comunismo: l’insegnamento sui valori fondamentali della persona e della
società, sul retto uso della libertà, sulla riconciliazione e la vita in pace
tra i popoli. Non è senza significato che il 100.mo viaggio si collochi in
questa prospettiva, così storicamente fondamentale del pontificato, in un Paese
reduce dal comunismo.
Con le schegge della grande Croce distrutta che stava sul
monte che domina Dubrovnik, ora è stato fatto un nuovo Crocifisso che il Papa
oggi ha benedetto. L’odio è passato; l’annuncio del Vangelo dell’amore e della
pace continua.
Da Dubrovnik, padre Federico Lombardi, Radio Vaticana.
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E prosegue con tanti altri appuntamenti la visita di
Giovanni Paolo II in Croazia: dopo il pranzo con il vescovo di Dubrovnik, il
Papa tornerà in serata a Rijeka, da dove domani mattina si trasferirà nella
regione della Slavonia, nella città di Osijek, che fa parte della diocesi di
Diakovo e Srijem. Grande attesa di folla per la Messa in programma alle 10.45
all’aeroporto sportivo di Osijek. La nostra emittente seguirà l’intera
cerimonia in lingua italiana sull’onda media di 585 kHz e in modulazione di
frequenza di 105 MHz.
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Apre la
prima pagina il seguente titolo”Donne della Croazia guardate ad ogni persona
con l'occhio del cuore”: a Dubrovnik Giovanni Paolo II proclama una nuova beata
e con un vibrante appello affida al “genio femminile” la storia futura della
Nazione.
Nelle vaticane, nel discorso
durante la cerimonia di benvenuto, il Papa ha sottolineato che il cristianesimo
deve continuare a contribuire efficacemente al presente e al futuro della
Croazia.
L’omelia durante la Santa Messa
di beatificazione.
Gli articoli dell’inviato
Giampaolo Mattei. La rassegna della stampa internazionale dedicata all’evento.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: annunciati aiuti degli Usa all’Autorità Palestinese.
Un articolo sulla Lettera del
presidente della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea a Giscard
d’Estaing.
Un articolo di Gabriele Nicolò
sulla Giornata mondiale dell'ambiente celebrata ieri.
Nella pagina culturale, un
contributo di Francesco Licinio Galati sulla prosa e la poesia croate del
Novecento.
Nelle pagine italiane, tra i
temi in rilievo l’immunità parlamentare ed il lavoro.
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6 giugno 2003
FEDELI A CRISTO, A SAN FRANCESCO, A
SANTA CHIARA E ALL’UOMO DI OGGI.
E’ L’INVITO RIVOLTO DAL NUOVO MINISTRO
GENERALE DEI FRATI MINORI,
LO SPAGNOLO PADRE JOSÈ RODRIGUEZ CARBALLO,
AGLI
OLTRE 16 MILA FRANCESCANI PRESENTI IN 110 NAZIONI
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
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Il grande patrimonio
francescano a servizio della società attuale assetata di fraternità. Con questo
spirito il nuovo ministro generale dei Frati Minori, padre Josè Rodriguez
Carballo, si appresta ad intraprendere l’incarico che ieri i 142 rappresentanti
dell’Ordine gli hanno affidato nel corso del 185° Capitolo generale convocato,
a partire dallo scorso 25 maggio, sul tema “Fraternità in missione”. La sua
elezione è avvenuta sotto la presidenza del cardinale cileno Jorge Arturo Medina
Estèvez, in qualità di delegato pontificio. Padre Josè è il 119° successore di
San Francesco e subentra all’italiano padre Giacomo Bini, che ha guidato
l’Ordine dei Frati Minori negli ultimi sei anni. Al padre Josè Rodriguez
Carballo chiediamo quali obiettivi sono emersi finora dai lavori capitolari.
R. – In queste quasi due settimane di lavori capitolari
sono emersi alcuni temi che credo siano da tenere presenti per il futuro. Le
priorità individuate sono: lo spirito d’orazione e devozione, la fraternità, la
minorità, la povertà, la solidarietà e l’evangelizzazione.
D. – Con quale spirito si appresta ad assumere questo
importante incarico e quale messaggio si sente di rivolgere alla famiglia
francescana, al mondo attuale e ai giovani di oggi?
R. – Ho molta fiducia nel Signore. Tutto è possibile in
Colui che ci conforta. Con questa fiducia vorrei andare avanti in questi sei
anni. Alla famiglia francescana direi che dobbiamo essere fedeli a Cristo,
fedeli a Francesco e a Chiara, fedeli all’uomo di oggi. Ai giovani: non abbiate
paura, cari giovani; provate, tentate sul serio di fare un’opzione radicale per
Gesù, per il Vangelo e vedrete che troverete una grande gioia.
D. – A proposito di giovani: in un’epoca segnata anche da
una crisi delle vocazioni, come si può far riscoprire loro il fascino
esercitato da San Francesco e da Santa Chiara?
R. – Vivendo noi frati, suore, membri della famiglia
francescana con gioia la nostra vocazione. Siamo chiamati ad offrire un
messaggio che dia luce e senso pieno alla loro vita.
D. – Secondo lei, padre, come è possibile rendere lo stile
francescano sempre più consono alle sfide della nostra società?
R. – Io penso che soprattutto in questo momento la nostra
società è assetata di fraternità, di minorità. Allora io credo che se noi
veramente vogliamo tradurre tutto questo patrimonio francescano per la gente,
dobbiamo soprattutto tentare di vivere la nostra opzione vocazionale con
semplicità, in umiltà e sempre in fraternità.
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6 giugno 2003
I VESCOVI EUROPEI SCRIVONO AL
PRESIDENTE DELLA CONVENZIONE, GISCARD D’ESTAING:
SODDISFAZIONE
PER L’INSERIMENTO DELLA RELIGIONE NEL PREAMBOLO DEL TRATTATO COSTITUZIONALE,
MA
STUPORE PER IL MANCATO RIFERIMENTO ALL’EREDITÀ DEL CRISTIANESIMO NELLA FORMAZIONE
DELL’IDENTITÀ EUROPEA
BRUXELLES.
= Soddisfazione per il riferimento alla religione nel preambolo del Trattato
costituzionale europeo, ma anche stupore per l’assenza del riconoscimento del
contributo del cristianesimo all’evoluzione della civiltà del continente. E’
quanto esprime il presidente della Commissione degli episcopati della Comunità
Europea (Comece), mons. Josef Homeyer, in una lettera indirizzata ieri al presidente
della Convenzione europea, Valery Giscard d’Estaing. “Il lavoro che sta svolgendo
– scrive il presule a d’Estaing – è colossale ed è con grande interesse che
abbiamo accolto la bozza del preambolo della Costituzione”. Tuttavia il presidente
della Comece esprime stupore per l’assenza nel Preambolo di un riferimento al
contributo del cristianesimo. “Senza svilire gli altri contributi – scrive
mons. Homeyer – nessun’altra religione o corrente filosofica ha impregnato di
sé l’Europa come il cristianesimo”. “Permettetemi poi - aggiunge ancora il
vescovo – di rinnovare la proposta per un riferimento a Dio. Ricordare i limiti
del potere umano, la responsabilità davanti a Dio, l’umanità e la creazione,
significherebbe mostrare in maniera inequivocabile che il potere pubblico non è
assoluto. L’Unione riconoscerebbe, allora, a quei suoi cittadini che lo
vogliono, di invocare liberamente Dio, siano essi cristiani, ebrei o
musulmani”. “Questo riconoscimento – conclude la lettera – costituirebbe allo
stesso tempo una garanzia di libertà della persona umana e potrebbe promuovere
l’identificazione di numerosi cittadini con i valori europei e con l’adozione
della futura Costituzione. La carta costituzionale polacca o tedesca sono la
buona prova che tali riferimenti non devono avere un carattere
discriminatorio”. (M.A.)
PER ARRIVARE ALLA PACE IN
TERRA SANTA, OLTRE ALL’IMPEGNO POLITICO,
È
NECESSARIO PROMUOVERE LE CONDIZIONI PER UNA PACIFICA
E
SERENA CONVIVENZA TRA ISRAELIANI E PALESTINESI.
E’ QUESTO
IL MESSAGGIO LANCIATO IERI A GERUSALEMME
DALL’ASSEMBLEA
DEI VESCOVI CATTOLICI DELLA REGIONE
GERUSALEMME.
= “Agli impegni assunti ad Aqaba facciano seguito anche gesti di distensione
che permettano alle popolazioni di ricostruire un clima di fiducia e di
tolleranza necessario alla pace”. Questa la richiesta giunta dall’Assemblea dei
vescovi cattolici di Terra Santa, riunitasi ieri a Gerusalemme, sotto la
presidenza del patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah.
All’incontro erano presenti dodici presuli appartenenti ai diversi riti. Tra i
temi dibattuti, il percorso per arrivare alla pace tra israeliani e
palestinesi. “Tra i vescovi – ha dichiarato il segretario generale della
Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe, padre Pierre Grech, presente
all’incontro - c’è un cauto ottimismo, giustificato anche dall’impegno diretto
degli Usa nel perseguire gli obiettivi della “road map”, ma ciò che serve
adesso è ricostruire la fiducia dei due popoli e rimuovere la diffidenza
esistente. La pace non si costruisce solo con la firma dei trattati ma anche
con la vicinanza dei popoli. Gli impegni assunti dai due leader possono rappresentare
un inizio”. “La gente – ha spiegato il religioso - vuole tornare a lavorare, a
frequentare le scuole, a vivere e a muoversi tranquillamente. Questo significa,
ad esempio, riaprire con tutte le cautele e gradualmente, i confini israeliani.
Consentire agli studenti di poter riprendere gli studi e la frequenza
scolastica sarebbe un segno di grande importanza”. Smantellare gli
insediamenti, smilitarizzare l’intifada, riconoscere bilateralmente il diritto
ad esistere, sono per padre Grech, impegni importanti che devono andare di pari
passo con gesti concreti per la vita della gente. “La speranza nel Trattato di
Oslo del 1993 e della storica stretta di mano tra Yitzahk Rabin e Yasser Arafat
– conclude il religioso - è rimasta tradita. Oggi una nuova stretta di mano tra
Sharon e Abu Mazen la riaccende ma bisogna procedere con prudenza e pazienza”.
(M.A.)
“IL PRIMO E FONDAMENTALE PRINCIPIO DEL
DIRITTO UMANO È IL DIRITTO ALLA VITA
E
PRIMO DOVERE DELLO STATO È PROTEGGERLO”.
QUESTO
IL MESSAGGIO INDIRIZZATO DAI VESCOVI BRITANNICI
ALLA
CAMERA DEI LORDS CHE SI APPRESTA A DISCUTERE
LA
LEGALIZZAZIONE DELL’EUTANASIA NEL PAESE
LONDRA.
= In questi giorni nei quali la Camera dei Lords britannica si appresta a
discutere la controversa questione dell’eutanasia, la Chiesa esprime decisa la
sua presa di posizione nei confronti dell’argomento. L’arcivescovo di Glasgow,
mons. Mario Conti, in qualità di membro della Commissione di bioetica dei
vescovi cattolici della Gran Bretagna e della Repubblica d’Irlanda, e
l’arcivescovo di Cardiff, mons. Peter Smith, hanno inviato una lettera aperta
alla Camera. “Il primo e fondamentale principio del diritto umano – scrivono i
presuli - è il diritto alla vita e primo dovere dello Stato è proteggerlo,
salvaguardando la vita dei propri cittadini. Legalizzare l’eutanasia o il
suicidio assistito è abbattere questo diritto poiché sarebbe come legalizzare
l’omicidio intenzionale”. “Nella nostra nazione – si legge nella lettera –
abbiamo una grande tradizione nella cura dei malati che trova una particolare
espressione nelle case di riposo. Ed è nella promozione di queste e non
uccidendo le persone anziane e fragili che procediamo nella civiltà”. Nella loro
lettera i due arcivescovi ricordano infine che i tre quarti dei medici
britannici sono contrari a questa pratica, anche nell’ipostesi di una sua
legalizzazione. (M.A.)
NELLA RINASCITA DOPO LA DITTATURA
COMUNISTA LA CHIESA ALBANESE FESTEGGIA IL 300.MO ANNIVERSARIO DEL CONCILIO DI
ARBERI,
CHE
DIEDE AI CATTOLICI DEL TEMPO LO SPIRITO PER CONSERVARE LA LORO FEDE.
TUTTI
I SACERDOTI DEL PAESE HANNO PARTECIPATO IERI AD UN PELLEGRINAGGIO IN RICORDO
LEZHE.
= La Chiesa cattolica albanese si è ritrovata ieri presso la città di Lezhe
(nella parte nord-occidentale del Paese), nell’antica chiesa, recentemente
restaurata, della decollazione di San Giovanni Battista, dove trecento anni fa
si svolse il concilio di Arberi. Circa 110 sacerdoti, 300 religiose e un
centinaio di religiosi, hanno voluto così ricordare l’anniversario
dell’avvenimento che diede ai cattolici albanesi lo spirito per conservare la
fede di fronte alla penetrazione dell’esercito ottomano. Proprio a
quell’evento, si richiama la Chiesa albanese attuale in questi anni di
ricostruzione dopo la dittatura comunista. “L'Albania ha intrapreso da anni il
suo cammino per l'integrazione in Europa – ha dichiarato l’arcivescovo di Scutari
e presidente della Conferenza episcopale albanese, mons. Angelo Massafra,
italiano – ma permangono ancora gravi problemi socio-economici. La disoccupazione
è molto alta, i giovani emigrano all’estero e gli anziani vengono abbandonati.
La povertà è diffusa, specie nelle periferie e nelle zone rurali. Continua la
mancanza di vie di comunicazione”. In una situazione così complessa, la Chiesa
cattolica (che rappresenta solo il 6 per cento della popolazione) continua il
suo impegno pastorale e di assistenza alle persone più bisognose. E’ previsto
per fine giugno un pellegrinaggio che coinvolgerà i giovani di tutte le
diocesi. “I pellegrinaggi piacciono molto anche ai giovanissimi – sottolinea
l'arcivescovo – come pure risultano apprezzate le iniziative culturali, i
convegni e i seminari di studio. Per la prossima estate abbiamo organizzato
iniziative di evangelizzazione della gente che vive in montagna”. Già partita,
inoltre l’organizzazione per il pellegrinaggio nazionale a Roma in occasione
della beatificazione di madre Teresa di Calcutta, che avverrà il 19 ottobre
prossimo. (M.A.)
LA SOLIDARIETÀ, VALORE FONDAMENTALE PER
RICOSTRUIRE L’UNITÀ
E DARE
UN NUOVO VOLTO AL PAESE. QUESTO IL SENSO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA
CARITAS ARGENTINA,
MONS.
CASARETTO, IN OCCASIONE DELL’ANNUALE COLLETTA IN FAVORE DELLA CARITAS,
PREVISTA
NELLE PARROCCHIE LA PROSSIMA DOMENICA
BUENOS
AIRES. = Si svolgerà la prossima domenica nelle parrocchie argentine l’annuale
colletta in favore della Caritas. L’appuntamento arriva in una fase tormentata
della storia nazionale caratterizzata dalla crisi economica e dall’instabilità
politica. Tuttavia, come segnalato dal presidente della Caritas nazionale, il
vescovo Alcides Jorge Pedro Casaretto, il popolo argentino sta dando prova di
grande solidarietà e unione. “L’aver cominciato, nel mezzo della crisi, il
rinnovamento a partire dalla solidarietà – ha detto il presule - può essere un esempio
affinché emergano con forza valori quali la trasparenza, la credibilità e un
nuovo patto sociale tra base popolare e dirigenza”. In questo senso mons. Casaretto
ha esposto i progressi che anche all’interno dell’organismo da lui diretto sono
stati compiuti. “Tutte le persone che collaborano con la Caritas – ha detto –
si stanno rinnovando, e stanno aiutando affinché anche altre persone seguano questa
strada. Stanno contribuendo affinché nella società siano radicati valori spirituali”.
La Caritas argentina, articolata in 64 sezioni diocesane, si prende cura di
circa tre milioni di persone attraverso programmi di alimentazione, salute, educazione,
lavoro. Ogni giorno circa 600 mila argentini sono accolti nelle mense della
Caritas, grazie all’aiuto di 30 mila volontari. (M.A.)
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6 giugno 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
L’uccisione vicino Tulkarem, in
Cisgiordania, di due attivisti di Hamas da parte dei soldati israeliani
conferma gli ostacoli ancora esistenti nel processo di pace in Medio Oriente. E
segnali preoccupanti vengono pure dai gruppi oltranzisti palestinesi. Ce ne
parla Giada Aquilino:
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Alle promesse del vertice di Aqaba, in Giordania, fanno
seguito le prese di posizione dei gruppi combattenti palestinesi. Il movimento
estremista islamico Hamas ha annunciato di aver interrotto ogni forma di dialogo
con l'Autorità nazionale palestinese a causa degli impegni presi proprio ad
Aqaba da Mahmud Abbas. Il premier palestinese – lo ricordiamo – si è impegnato
per una “smilitarizzazione dell’Intifada”, rifiutando e condannando il
terrorismo. Ma lo stesso presidente palestinese Yasser Arafat ha criticato
l’incontro di mercoledì tra Bush, Sharon e Abu Mazen, accusando Israele di non
aver “offerto nulla di tangibile” ai palestinesi. Le 'Brigate martiri di
Al-Aqsa', le milizie vicine ad Al-Fatah di Arafat, hanno intanto chiesto, in
cambio della loro adesione ad una tregua temporanea negli attacchi
anti-israeliani, la fine dell'assedio al quartier generale di Arafat a
Ramallah: lì infatti il leader palestinese è relegato da oltre un anno.
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La Giordania sarebbe disposta
ad accogliere, su richiesta degli Stati Uniti, nove membri della famiglia di
Tareq Aziz, l’ex vice primo ministro iracheno. Lo afferma il giornale arabo “Al
Sharq Al Awsat”, precisando che Washington ha chiesto al governo di Amman di
concedere asilo politico alla famiglia dell'ex braccio destro di Saddam
Hussein, dopo aver fornito informazioni utili agli Stati Uniti. Intanto in Iraq monta la protesta contro i militari
angloamericani: l’ultimo atto di violenza – una granata a Kirkuk – ha provocato
una ventina di feriti. Il tutto avviene mentre si infiammano le polemiche sul
mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa: il capo degli
ispettori, Blix, ha espresso scetticismo verso Bush, che ieri – di ritorno dal
Qatar – ha promesso di fare chiarezza sugli arsenali del rais. Ce ne parla
Paolo Mastrolilli:
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Il capo della Casa Bianca ha rivendicato il successo della
guerra in Iraq, dicendo che la popolazione e l’intera regione sono state
liberate da una dittatura brutale. Poi, però, ha dovuto rispondere anche alle
polemiche che stanno crescendo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sul mancato
ritrovamento delle armi di distruzione di massa che lui stesso aveva indicato
come giustificazione principale dell’intervento. Bush ha detto che di sicuro
l’Iraq non potrà più servire come arsenale del terrorismo e i dittatori non
potranno più nascondersi dietro la loro gente innocente. La polemica sulle armi
però sta assumendo toni duri e, tanto il Parlamento britannico, quanto quello
americano, si preparano a lanciare inchieste per capire se l’intelligence aveva
fornito informazioni sbagliate sulla loro esistenza, oppure se i governi le
hanno manipolate allo scopo di giustificare la guerra. Il Washington Post
oggi ha scritto che diverse visite compiute dal vice presidente Cheney alla
sede della Cia avrebbero condizionato gli analisti.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E’ stata approvata a Mosca in via definitiva l’amnistia
per la Cecenia nella quale si chiede ai ribelli di deporre le armi entro il
primo settembre. La legge, proposta dal presidente Putin, condona i crimini
commessi nel corso del conflitto in atto da un decennio nella repubblica
caucasica indipendentista. Il provvedimento è riservato ai combattenti di
entrambi i fronti.
E la
Cecenia è stata colpita da una nuova tragedia. Undici persone, tra le
quali diversi bambini, sono morte
questa mattina per un esplosione che ha distrutto un edificio di 4 piani nella
capitale Grozny. L’incidente sarebbe stato causato da una fuga di gas, anche se
gli investigatori non hanno ancora escluso l’ipotesi dell’attentato. Ieri nella
regione caucasica dell’Ossezia del Nord un’esplosione su un bus carico di
soldati russi ha causato la morte di 18 persone, mentre nella regione georgiana
dell’Abkhazia ribelli indipendentisti hanno rapito tre osservatori dell’Onu ed
un interprete.
La
comunità internazionale chiede il rilascio immediato di Aung San Suu Kyi, la
leader dell’opposizione birmana arrestata domenica dopo violenti scontri tra i
suoi sostenitori e oppositori, esplosi durante il suo giro elettorale. Il
dipartimento di Stato americano, intanto, ha annunciato di avere le prove che
gli incidenti sono stati provocati da uomini assoldati dal governo di Rangoon.
E proprio stamani è arrivato in Birmania l’emissario delle Nazioni Unite,
Razali Ismail, che ha chiesto alle autorità di vedere Aung San Suu Kyi.
Nei
primi tre mesi del 2003 l’economia europea si è fermata. Per contrastare la
“crescita zero”, ieri la Banca Centrale Europea (Bce) ha deciso di tagliare di
mezzo punto i tassi di interesse, scesi così al 2 per cento. Si tratta del
livello più basso dalla Seconda Guerra Mondiale, ma il presidente della Bce,
Duisenberg, non ha escluso altre riduzioni. Il servizio di Alessandro Guarasci:
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Da 60 anni a questa parte il prezzo del denaro non è mai
stato così conveniente, si abbasseranno i tassi dei mutui e dei prestiti, ma
calerà anche la enumerazione dei conti correnti. L’effetto comunque sarà
limitato, come dice l’economista Fabio Sdogati:
“Nel breve periodo l’effetto è di ribilanciare i movimenti internazionali
dei capitali. Nel lungo periodo l’effetto dovrebbe passare attraverso un
aumento degli investimenti, anche se gli investimenti in realtà sono guidati
molto più da altre forze: le aspettative delle imprese e delle famiglie. In
questo momento purtroppo le aspettative delle imprese non sono positive sul futuro”.
Il divario con gli Usa però è ancora forte: 0,75 punti. Il
presidente della Bce, Wim Duisenberg, ha detto di non vedere il rischio di
deflazione all’interno della zona euro. Ci sarà dunque un lieve e graduale
miglioramento dell’economia nel corso del 2003, ma è necessario che i governi europei
facciano le riforme strutturali.
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Misure
restrittive dell’Unione Europea nei confronti di Cuba. Ieri i Quindici hanno
adottato alcuni provvedimenti che limiteranno le visite ufficiali governative e
gli scambi culturali all’Avana. La disposizione è stata adottata in seguito
alle ultime violazioni dei diritti umani da parte del regime di Fidel Castro,
in particolare nei confronti dei detenuti politici per i quali l’Unione Europea
ha chiesto ai dirigenti cubani l’immediato rilascio.
Via libera ieri del Senato
italiano alla legge sull’immunità dei parlamentari ed al cosiddetto “Lodo
Maccanico”, contenuto al suo interno. Se anche la Camera dei deputati approverà
il testo, verranno sospesi eventuali processi in cui dovessero essere coinvolte
le 5 più alte cariche dello Stato, durante il mandato: presidente della
Repubblica, presidente del Consiglio dei ministri, i presidenti di Senato,
Camera e Corte Costituzionale.
È operativa da stamani
l’avanguardia militare francese incaricata di preparare il terreno a Bunia,
nell’est della Repubblica democratica del Congo, in vista dell’arrivo della
forza multinazionale di pace. Nella zona dell’ex Zaire dove, da settimane, sono
in corso scontri etnici tra hema e lendu, decine di soldati delle forze
speciali francesi hanno preso posizione all’alba per rendere sicuro l’aeroporto
della città, dove nei prossimi giorni arriverà il contingente multinazionale.
Zimbabwe sotto assedio. Polizia e truppe dell’esercito
sono state dispiegate in tutto il Paese per controllare le manifestazioni di
protesta che oggi si prevedono ancora più infervorate. Nonostante le minacce di
arresto dei leader dell’opposizione, le autorità non sono riuscite a frenare il
flusso delle contestazioni contro il presidente Mugabe, iniziate lunedì. Mugabe
è accusato di aver portato al collasso l’economia del Paese e di essere stato
eletto illegalmente.
Si è
spento ieri sera a Perugia Dino Frisullo, presidente dell'associazione “Senza
Confine”, leader pacifista, particolarmente impegnato nella causa del popolo curdo.
Frisullo, 51 anni, era stato colpito da un male incurabile. Domani la salma sarà
trasportata a Roma: in Campidoglio verrà allestita la camera ardente.
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