RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 31 - Testo della Trasmissione di venerdì 31 gennaio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In udienza stamane dal Papa il presidente del Consiglio dei ministri del Libano: ai nostri microfoni il leader libanese.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si è spento questa mattina Padre Werenfried van Straaten, fondatore dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Un ricordo di Attilio Tamburrini.

 

L’Europa divisa dalla crisi irachena: intervista con Federica Bindi.

 

Dal Monte Athos, roccaforte dell’ortodossia greco-bizantina, la ribellione di un gruppo di monaci al Patriarcato di Costantinopoli.

 

Oggi, festa di San Giovanni Bosco: una raccolta di canzoni ripropone questo “maestro e padre della gioventù”: ce ne parla don Donato Lacedonio.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’arcivescovo Elio Sgreccia, vice presidente della Pontificia Accademia per la vita, contro le numerose forme di mercato della vita.

 

Secondo un rapporto dell’Organizzazione degli Stati americani è aumentato nei Paesi del Continente il consumo di droghe sintetiche.

 

Il Consiglio ecumenico delle Chiese cristiane in India chiede un’inchiesta internazionale sui gruppi fondamentalisti indù.

 

Non si arresta in Botswana il flusso migratorio di clandestini provenienti dallo Zimbabwe.

 

Eurochocolate, la fiera dolciaria, non inviterà la Nestlè, la multinazionale svizzera che scoraggia l’allattamento al seno in favore del latte in polvere.

 

24 ORE NEL MONDO:

Per gli Stati Uniti la guerra contro l’Iraq sarà l’ ultima scelta possibile non la prima.

 

Numerosi morti in Afghanistan per l’esplosione di una mina: si sospetta di Al Qaeda.

 

Iniziate in Israele le consultazioni per il nuovo governo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 gennaio 2003

 

 

IN UDIENZA STAMANE DAL PAPA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL LIBANO, RAFIC HARIRI

 

- Intervista con il leader libanese -

 

Un mosaico di razze e di religioni, al centro di una delle aree geopoliticamente più delicate del pianeta: il Libano. Paese questa mattina all’attenzione di Giovanni Paolo II, che ha ricevuto in udienza il presidente del Consiglio dei ministri dello Stato mediorientale, Rafic Hariri, insieme alla moglie e ad un seguito di 12 persone. Il Pontefice aveva visitato il Libano nel maggio del 1997, accolto calorosamente non solo dai cattolici, circa il 25 per cento dei 3 milioni di abitanti totali, ma anche dai musulmani che nel Paese costituiscono la maggioranza. Poco prima dell’udienza la nostra collega della redazione inglese, Tracey McClure, ha intervistato il leader libanese, che ricorda i giorni del viaggio apostolico del Papa e descrive la realtà sociale del suo Paese:

 

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R. – YOU KNOW, SINCE 1993 I COME TO ROME AND TO THE VATICAN TO MEET ...

E’ dal 1993 che vengo a Roma e in Vaticano per incontrare il Papa, perché sono convinto che il presidente del Consiglio del Libano debba intrattenere rapporti stretti con il Vaticano. Questo è uno dei motivi principali della mia presenza qui, oggi. Ma, aggiungo, di voler venire anche per manifestare il mio rispetto a Giovanni Paolo II. E questo è ciò che ho fatto negli ultimi dieci anni. E’ stato per noi un grande onore quando il Papa è venuto in Libano e ci ha reso visita. il Libano è uno dei pochi Paesi arabi che il Papa abbia visitato, e questo ci ha molto onorati. Tutti i libanesi lo hanno aspettato: musulmani e cristiani, ed il Santo Padre è stato ricevuto con tutti gli onori che gli si devono. Gli argomenti di politica di cui vogliamo parlare con i responsabili in Vaticano sono principalmente la questione dell’Iraq e della pace in Medio Oriente.

 

D. - Lei è musulmano eppure, come ha detto, è venuto più volte in visita dal Papa. C’è un motivo particolare che la spinge ad incontrarlo?

 

R. - YOU KNOW, THAT’S ISLAM, I’M ACTING AS A MUSLIM, AS A MODERATE MUSLIM, ...

Perché questo è l’Islam: io mi comporto come un musulmano, un musulmano moderato. Si parla molto dell’Islam, del fondamentalismo e dell’estremismo.

Ma quest’ultimo non è Islam: è l’atteggiamento di gente folle che non ha nulla a che vedere con la nostra fede. Noi crediamo fermamente che l’Islam sia una religione che chiede tolleranza, coesistenza pacifica e rispetto del prossimo. Alcuni parlano di lotta tra cristiani, musulmani ed ebrei, e tra Cristianesimo ed Ebraismo. Non capisco come possa essere possibile che il musulmano abbia il diritto di sposare una donna cristiana o ebrea e di avere dei figli da questa donna, per poi considerare lo zio di questi bambini - ebreo o cristiano che sia - il proprio nemico: questo non può andare bene! Non può funzionare! Quindi, fin tanto che noi permettiamo, come è accaduto nel corso della storia, che si formi una famiglia - ovvero, la più alta espressione dei rapporti tra le persone - e che si formi una famiglia da un uomo musulmano ed una donna cristiana o ebrea, questo rappresenterà la massima espressione delle relazioni inter-personali. Non voglio fare una trattazione ideologica, semplicemente dare una risposta molto semplice ad una domanda molto difficile. Noi non siamo in conflitto con nessuno. Rispettiamo le altre religioni, rispettiamo il Cristianesimo, rispettiamo l’Ebraismo.

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ALTRE UDIENZE

 

Sono proseguite anche oggi le udienze del Papa ai presuli brasiliani in visita “ad Limina Apostolorum”: stamane ha ricevuto due arcivescovi e tre vescovi della regione centro ovest e nord II.

 

Nel corso della mattina il Santo Padre ha incontrato pure il cardinale Michele Giordano, arcivescovo di Napoli, accompagnato da un gruppo di 12 persone, ed il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi.

 

 

RINUNCIA E NOMINA IN ITALIA

 

Giovanni Paolo II ha accettato oggi la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace in Italia, presentata dall’arcivescovo Antonio Cantisani per raggiunti limiti di età.

 

Allo stesso incarico di arcivescovo metropolita della medesima arcidiocesi il Papa ha nominato mons. Antonio Ciliberti, finora arcivescovo di Matera-Irsina.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"Un popolo già prostrato da un lungo embargo vive sotto la logorante minaccia della guerra": è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento alla situazione in Iraq. Sempre in prima, in rilievo, la notizia della Santa Messa celebrata dal Cardinale Angelo Sodano, nella festa di san Giovanni Bosco, per la comunità di lavoro della Tipografia Vaticana-Editrice "L'Osservatore Romano". Un servizio dal titolo "Tragedie dell'Africa: privi di ogni diritto centomila profughi etiopi ed eritrei". "Maria, guida alla contemplazione del mistero di Cristo" è il titolo del pensiero di M. Anna Maria Canopi dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle vaticane, l'omelia del Card. Sodano in occasione della suddetta Celebrazione. L'intervento introduttivo del Card. Castrillon Hoyos in apertura della video-conferenza, promossa dalla Congregazione per il Clero, sul tema "La Pace sfidata dalla guerra, dalla violenza e dal terrorismo". Due pagine per la Giornata della Vita Consacrata, che si celebra il 2 febbraio. Una monografica dedicata alla figura di Santa Maria de Mattias, fondatrice delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue. La notizia della morte del religioso noto in tutto il mondo con il soprannome di "Padre Lardo".

 

Nelle pagine estere, Unione Europea: entra in vigore il Trattato di Nizza; prevede il voto a maggioranza. Corea del Nord: l'Aiea afferma che la crisi nucleare va discussa all'Onu, mentre Pyongyang respinge le accuse.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri", Fernando Salsano intervistato da Franco Lanza. Il titolo della monografica è "Le quarantennali 'lecturae' di un dantista che ha scoperto inediti di Folengo e di Marino".

 

Nelle pagine italiane, il giornale sferra un duro attacco al ministro della Difesa Martino, che ha commentato, "con malcelato sarcasmo", il giudizio "ovviamente negativo correttamente espresso" dal Vaticano su una guerra "preventiva" in Iraq o altrove. Si sottolinea, tra l'altro, che "a chi vuole dare suggerimenti ai 'prelati' sarà forse opportuno ricordare che essi incarnano il palpito della Chiesa che è esperta in umanità".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 gennaio 2003

 

 

E’ MORTO QUESTA MATTINA PADRE WERENFRIED VAN STRAATEN,

IL FONDATORE DI “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE”,

 NOTO COME “PADRE LARDO”

- Intervista con Attilio Tamburrini -

 

E’ deceduto questa mattina un grande uomo di Dio: padre Werenfried Van Straaten. Aveva appena compiuto 90 anni, il 17 gennaio scorso. C’è chi lo ha definito, “il più grande mendicante del XX secolo”. Era noto con l’appellativo di "Padre Lardo" perché nell’immediato dopoguerra raccolse quintali di lardo dalle massaie fiamminghe per soccorrere i profughi tedeschi. Da quest’azione nacque, nel dicembre 1947 “Aiuto alla Chiesa che soffre”, una "multinazionale della carità" per aiutare la Chiesa cattolica dovunque soffrisse per mancanza di mezzi sotto le persecuzioni comuniste dell’Est Europeo o a causa della miseria nel terzo mondo. Ascoltiamo la voce di padre Lardo, registrata pochi giorni fa, in occasione del suo 90.mo compleanno, intervistato da Paolo Ondarza.

 

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Dalla mia ormai lunga vita potrei dirvi di aver constatato quanto è vero il Vangelo. Il Signore non mi ha mai piantato in asso, perché mi ha sempre aiutato, mi ha dato sempre quello che gli chiedevo per la Chiesa che soffre.  Ecco da dove viene la mia sconfinata fiducia in lui.

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Ed ecco come lo ricorda Attilio Tamburrini, Presidente di Aiuto alla Chiesa che soffre Italia, ancora al microfono di Paolo Ondarza.

 

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R. - Il santo Padre, Giovanni Paolo II, in occasione dell’80.mo compleanno di Padre Lardo, disse: “Infine mi rivolgo al caro padre Werenfried per esprimergli la mia più profonda gratitudine. Chi potrà valutare tutta la generosità suscitata in Occidente, ed anche oltre, per i cristiani che soffrono? Tutto questo, noi lo sappiamo, è scritto nel libro della vita. Il Signore stesso è la ricompensa dei suoi discepoli”. Credo che questa frase sintetizzi bene la vita di quest’uomo.

 

D. – Dopo la caduta del totalitarismo nell’est dell’Europa padre Werenfried si è occupato anche di un’altra dimensione, cioè l’impegno ecumenico per la riconciliazione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa …

 

R. – Padre Werenfried quando inizia la primissima attività di soccorso ai profughi tedeschi, comincia a raccogliere offerte in alcuni Paesi vicini alla sua abbazia, l’abbazia di Tongerlo in Belgio; Paesi che avevano particolarmente sofferto a causa dell’occupazione tedesca. Quindi, lo scopo fondamentale era, oltre quello dell’aiuto ovviamente, che l’aiuto giungesse da qualcuno che era stato capace di perdonare. Allora si trattò di riconciliare i popoli europei dopo la guerra civile europea. Oggi, soprattutto in Russia, il tentativo consiste nella riconciliazione tra i cattolici e gli ortodossi.

 

D. – Se si dovesse sintetizzare, qual è il significato della vita di padre Werenfried?

 

R. – E’ un personaggio che è venuto fuori in un momento storico particolarissimo, la fine della II Guerra Mondiale. Nel corso di questo secolo drammatico, che è stato il ‘900, padre Werenfried ha tenuta viva quella fiamma di collegamento tra la Chiesa, che non subiva persecuzione, e la Chiesa sofferente e perseguitata. Ci ha ricordato quella frase di Gesù: “I poveri li avete sempre con voi”. Un tipo particolare di povero, in questo caso, perché privo della libertà, della possibilità di manifestare la propria fede.

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L’EUROPA DIVISA DALLA CRISI IRACHENA

- Intervista con Federica Bindi -

 

Il governo tedesco ha accolto positivamente l'iniziativa di un Vertice europeo straordinario sull'Iraq annunciata dalla Presidenza greca della Ue. La Grecia, presidente di turno dell'Ue, ha fatto sapere che continuerà ad usare ''ogni mezzo'' per creare una posizione comune dell'Unione sull'Iraq. Lo ha detto il portavoce del governo ellenico, Christos Protopappas, spiegando che la Grecia ''crede al ruolo che l'Ue deve giocare sul piano internazionale e continuerà a cercare una voce comune dei 15, malgrado le difficoltà provocate dalle diverse opinioni degli Stati membri''. In termini di dibattito politico tra maggioranza e opposizione e di confronto all’interno dell’opinione pubblica, continua, pertanto, nei diversi Paesi europei la discussione sulla posizione dell’Unione nei confronti dell’eventuale attacco all’Iraq. Le diverse valutazioni emerse hanno fatto parlare di una spaccatura all’interno dell’Unione europea. Il servizio di Fausta Speranza.

 

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L’Europarlamento si è dichiarato contrario ad ogni iniziativa militare unilaterale nei confronti dell’Iraq spiegando che un attacco preventivo non sarebbe conforme al diritto internazionale''. Ha poi definito non giustificata una guerra sulla base delle violazioni attualmente individuate dagli ispettori Onu ma ha anche richiesto a Bruxelles l'avvio di indagini internazionali sul regime di  Saddam Hussein. Una presa di posizione analoga è venuta anche dai parlamentari del Consiglio d’Europa. D’altra parte, queste dichiarazioni sono giunte dopo l’appello di otto leader europei che hanno espresso la loro solidarietà al presidente statunitense Bush con un documento di cui gli altri premier dell’Unione, compreso il leader greco, presidente di turno dell’UE, non erano a conoscenza. La stessa Commissione europea, come anche Parigi, Berlino e Atene, hanno minimizzato la portata del documento degli otto, definendolo “un contributo al dibattito che non contiene sorprese”. Resta l’impressione, però, che gli Stati dell’Unione non riescano a parlare con una sola voce. Si tratta di una reale spaccatura? Lo abbiamo chiesto alla prof.ssa Federica Bindi, docente di organizzazione politica europea all’Università di Firenze.

 

R. – E’ sicuramente vera spaccatura. Quello ancora più grave è che possiamo vedere un parallelo con quello che è successo con la prima guerra del Golfo, se così possiamo chiamarla, che provocò anch’essa una spaccatura in Europa, una spaccatura nel settore della Difesa in particolare tra Inghilterra e Francia che poi sono il ‘motore’ della Difesa in Europa e che avviene in un momento in cui l’Europa sta facendo un grosso sforzo, così come lo stava facendo prima di Maastricht, per riscrivere i propri Trattati fondamentali.

 

D. – Nell’appello, rivolto ieri da alcuni Paesi dell’Europa, conta di più, secondo lei l’aspetto di solidarietà espressa a Bush o l’appello ribadito all’Onu affinché faccia fronte alle proprie responsabilità nei confronti di Saddam?

 

R. – Ognuno ci leggerà quello che ci vuole leggere. Bush chiaramente leggerà il sostegno di questi Paesi e lo considererà come ulteriore punto di forza per andare avanti; altri diranno: sì, però, aspettiamo l’Onu. Quindi ognuno ci leggerà quello che vuole. Credo, che tra i due, passerà di più il sostegno agli Stati Uniti che non quello alle Nazioni Unite.

 

D. - Il sostegno agli Stati Uniti, in qualche modo, non passa sopra l’Onu?

 

R. – Sì. Il problema è quello, tanto più che stiamo aspettando ormai questo rapporto degli ispettori. Invece il messaggio forte che passa, che è passato sulla “Cnn”, che pure è critica rispetto all’amministrazione Bush è: c’è un appello alla solidarietà. Perché gli altri non sono solidali con noi?

 

D. – Quindi in definitiva questa situazione è una sconfitta per l’Europa che si vede divisa ed è una sconfitta per l’Onu che passa in sotto tono?

 

R. – Sicuramente. E’ una sconfitta per l’approccio multilaterale che abbiamo costruito in questi anni, sia in sede Onu, sia in sede europea.

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IL MONTE ATHOS, ROCCAFORTE DELL’ORTODOSSIA GRECO-BIZANTINA,

FA PARLARE DI SE’ IN QUESTI GIORNI A MOTIVO DI UN GRUPPO DI MONACI

RIBELLI AL PATRIARCATO DI COSTANTINOPOLI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

Agenzie di stampa riferiscono che un centinaia di monaci greco-ortodossi, dichiarati scismatici dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, si sono asserragliati nel monastero di Esphigmenou, sul Monte Athos, la Repubblica teocratica che si trova nel nord-est della Grecia, in una delle tre diramazioni della penisola calcidica: le altre due sono la Sithonia e la Kassandra. I religiosi promettono di resistere ad oltranza all’interno dell’antico edificio, circondato ora dalla polizia, uno dei 20 complessi monastici che punteggiano da oltre mille anni la penisola athonita. Il Patriarca di Costantinopoli, da cui dipendono i monasteri dell’Athos, li ha scomunicati lo scorso dicembre, intimandoli di lasciare il monastero a motivo della loro tenace opposizione al Patriarcato al quale essi rimproverano con asprezza la sua apertura ecumenica con Roma fin dai tempi di Athenagora, che incontrò per primo Paolo VI. E da quando Bartolomeo, l’attuale patriarca, si è insediato al vertice della Chiesa ortodossa nel 1991, il dialogo con i cattolici ha avuto un ulteriore slancio, con vari incontri tra lo stesso Bartolomeo e Giovanni Paolo II, che ha pure compiuto una storica visita in Grecia. E’ risaputo che il Monte Athos è la roccaforte dell’Ortodossia greca e a sua volta il monastero Esphigmenou, cioè i suoi monaci sono accanitamente contrari ad ogni rapporto con i cattolici.

 

Il fatto di cronaca offre l’occasione per un accenno a questa singolare realtà dell’Athos, che prende nome dall’eroe mitologico, uno dei giganti che si ribellarono agli dei e questi lo tramutarono in montagna, oggi Santa Montagna, l’Aghion Oros degli Ortodossi, dove nessuna presenza femminile può esservi ammessa a motivo della sua consacrazione alla Vergine Maria, che una poetica leggenda vuole vi sia approdata nel suo viaggio da Gerusalemme ad Efeso assieme all’apostolo Giovanni. Chiamato anche il Giardino della Vergine, il monachesimo vi si diffuse in maniera preponderante, dapprima sotto forma di eremitismo, già verso la fine del primo millennio, quando la Chiesa era ancora indivisa. Basti pensare che vi era anche un monastero detto degli Amalfitani, fatto costruire infatti dalla allora gloriosa Repubblica marinara di Amalfi, di cui restano ancora i ruderi della torre.

 

I venti monasteri, e le altre numerose costruzioni monastiche dette Schiti, accolgono monaci oltre che della Grecia anche degli altri Paesi dell’oriente slavo. Agli inizi del novecento i monaci erano parecchie migliaia; ora anche fra loro c’è crisi di vocazioni e si aggirano attorno ai 1500. La vita spirituale è severa e la giornata è scandita dalle lunghe liturgie, poi dal lavoro, dalle altre attività e dal riposo. Tutto il contesto è come rimasto sospeso a un passato remoto affascinante e suggestivo per il visitatore che, lasciatosi alle spalle la civiltà dei consumi, si trova immerso in un’atmosfera al primo impatto surreale. Ma, penetrandola, a poco a poco, vi scopre l’intima aderenza a quanto di più sostanziale anela lo spirito umano: il ritorno alle origini di una vita semplice che, dopo aver sopperito alle strettamente necessarie esigenze del corpo, è tutta protesa all’appagamento degli aneliti dello spirito.

 

E che dire dei tesori d’arte racchiusi nei monasteri della Santa Montagna? Intanto ogni chiesa – ciascun monastero ne ha una – è completamente affrescata, e si tratta sempre di pitture dei secoli passati, e poi le icone si calcola che complessivamente siano oltre duemila, per non parlare delle biblioteche ricche di codici e pergamene preziosi. Ma soprattutto va detto che il Monte Athos è stata la culla dell’esicasmo, di quella corrente di spiritualità, cioè, tipica dell’ascesi orientale che punta alla preghiera del cuore con l’interiorizzazione profonda del nome di Gesù. E l’Athos è stato ed è una fucina di monaci santi, molti dei quali canonizzati dalla Chiesa ortodossa.

 

Addolorano le notizie che ora giungono da quel faro di spiritualità che è il Monte Athos, e ci auguriamo che si ricomponga il dissidio fra i monaci asserragliati nel monastero di Esphigmenou e il Patriarcato di Costantinopoli.

 

 

OGGI LA CHIESA FESTEGGIA SAN GIOVANNI BOSCO: LA SUA VOCE CI PARLA ANCORA.

IN RICORDO DELL’ OPERA DI QUESTO “MAESTRO E PADRE DELLA GIOVENTU’”

UNA RACCOLTA DI CANZONI

- Intervista con don Donato Lacedonio -

 

Oggi la Chiesa ricorda San Giovanni Bosco, fondatore della famiglia Salesiana. Ordinato sacerdote nel 1941, don Bosco iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri e tra gli immigrati fondando l'Oratorio e mettendolo sotto la protezione di San Francesco di Sales. Grazie al suo Sistema Preventivo, un metodo educativo basato su ragione, religione e amorevolezza, condusse i suoi discepoli alla riflessione, all’incontro con Cristo e con i fratelli e all’impegno apostolico e professionale. Quando poi diversi ragazzi manifestarono la volontà di seguire il suo cammino, don Bosco fondò la Società di San Francesco di Sales, insegnando ai suoi fratelli Salesiani una forma di vita religiosa basata sul binomio “lavoro e temperanza”. Successivamente don Bosco fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insieme a Santa Maria Domenica Mazzarello, e l'Associazione dei Cooperatori salesiani, un gruppo di laici con i quali anticipò nuove forme di apostolato nella Chiesa. A cento anni dalla sua morte, avvenuta il 31 Gennaio 1888, Giovanni Paolo II lo ha proclamato “Padre e Maestro della Gioventù”. In occasione della festa di San Giovanni Bosco, l’editrice Elledici ha pubblicato su CD una nuova raccolta di canzoni inedite su don Bosco dal titolo "Sentite parla ancora … quasi un recital". La realizzazione è stata curata dall'Ufficio Comunicazione Sociali dell'Ispettoria Salesiana Meridionale. Il servizio è di Maria Di Maggio.

 

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Un itinerario canoro in 14 tappe per raccontare il cammino di San Giovanni Bosco e la spiritualità giovanile salesiana. Ma come nasce il titolo “Sentite, parla ancora … quasi un recital”? Lo abbiamo chiesto a don Donato Lacedonio, curatore del progetto.

 

R. – Trae spunto da una buonanotte che un salesiano, don Francesia, diede all’indomani della morte di don Bosco, il 31 gennaio dell’’88. Rivolgendosi ai ragazzi dell’Oratorio di Valdocco, li invitava a superare il dolore per la scomparsa di don Bosco, richiamava tutti quegli insegnamenti che aveva dato sia con la parola, sia con la propria vita, e li invitava a mettersi in ascolto di questa voce che, naturalmente, continuava a farsi sentire.

 

D. – Qual è stato il carisma di don Bosco nel rapporto con i giovani, carisma che da allora si conferma ogni giorno nell’attività della Congregazione salesiana?

 

R. – Il segreto di don Bosco era quello di far sentire ogni ragazzo un ragazzo privilegiato, un ragazzo con particolari capacità. Primo perché don Bosco incontrava il ragazzo lì dove si trovava nella propria situazione di vita, con le proprie problematiche, ma nello stesso tempo anche con le prospettive e le possibilità in positivo. E poi perché attraverso la sua presenza in cortile, la parolina all’orecchio, l’attenta educazione ai sacramenti, faceva percepire al ragazzo questa straordinarietà che aveva per lui, e quindi si innescava quel forte legame di simpatia, ma nello stesso tempo anche di rapporto fra educatore ed educando.

 

D. – A suo avviso qual è il messaggio di San Giovanni Bosco ai giovani di oggi?

 

R. – Il messaggio principale credo che sia legato ad una canzone, il cui titolo è “Faremo a metà”: un impegno che don Bosco ha preso concretamente con un ragazzino, Michelino Rua. E quell’impegno poi si è trasformato in un progetto di vita. Quel ragazzino è poi diventato il suo primo successore. A noi piace considerare questo come un impegno che don Bosco continua a prender con tutti i giovani oggi. Il condividere non parti della vita, non determinati aspetti, ma tutta una vita insieme. Perché don Bosco, attraverso i salesiani e tutti coloro che godono della sua spiritualità, ha il progetto di condividere la propria vita con i giovani.

 

D. – Quale proposta viene offerta dalla Congregazione salesiana ai giovani di oggi attraverso il cd “Sentite, parla ancora … quasi un recital”?

 

R. – Quello di mettersi ancora in ascolto sia del vissuto di don Bosco - perché quello che ha vissuto, quello che lui ha realizzato, come riscoperta della sua vita, penso sia ancora oggi un forte messaggio per i giovani - e, nello stesso tempo, la provocazione di rendere attuale questa esperienza, perché l’idea del cd è che don Bosco continui, non soltanto a far sentire la sua voce, ma ad essere vivo nel cuore di ogni giovane che decida di mettersi in colloquio con lui.

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CHIESA E SOCIETA’

31 gennaio 2003

 

 

“SONO NUMEROSE LE FORME DI MERCATO DELLA VITA ALLE QUALI I CREDENTI SONO CHIAMATI AD OPPORSI CON FERMEZZA”.

LO HA AFFERMATO IN UN’INTERVISTA RILASCIATA IERI ALL’AGENZIA FIDES L’ARCIVESCOVO ELIO SGRECCIA,

 VICE PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

 

ROMA. = “Sono numerose le forme di mercato della vita alle quali i credenti sono chiamati ad opporsi con fermezza”. Lo ha affermato l’arcivescovo Elio Sgreccia, vice presidente della Pontificia Accademia per la vita, in un’intervista rilasciata ieri all’agenzia Fides, in vista della 25.ma giornata per la vita.  "Della vita non si fa mercato" è il tema scelto dai vescovi italiani per questa Giornata, in programma il prossimo 2 febbraio. “Il mercato della vita – ha commentato mons. Sgreccia – non consiste soltanto nello sfruttamento della prostituzione o nelle forme di pedofilia perché ci sono anche altre forme di violazione della dignità umana come la ricerca scientifica o il risparmio economico da parte delle amministrazioni sanitarie. “La vendita di embrioni per uteri in affitto – ha detto l’esperto di bioetica - e lo stesso affitto degli uteri delle donne sono altre forme di mercato finalizzate alla procreazione artificiale”. "Non ci si preoccupa – ha aggiunto il presidente della Pontificia Accademia per la vita - se nei Paesi più poveri come l’Africa non arrivano medicine". Attualmente, ha ricordato il presule, "è in corso il dibattito delle Nazioni Unite sull'uso degli embrioni umani per ricavarne cellule staminali ma in realtà non è necessario uccidere un altro essere umano per ottenere delle cellule che si possono ricavare anche dalle persone in vita". “Contro ogni forma di mercato della vita - ha concluso mons. Sgreccia - è necessario fare appello al valore più prezioso, la dignità della persona". (A.L.)

 

 

NEGLI ULTIMI DUE ANNI E’ AUMENTATO NEI PAESI AMERICANI IL CONSUMO DI DROGHE SINTETICHE.

LO DOCUMENTA UN RAPPORTO STILATO DALL’ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI PRESENTATO QUESTA SETTIMANA A WASHINGTON

 

WASHINGTON. = Negli ultimi due anni i Paesi americani hanno fatto progressi in campo giuridico nella lotta al narcotraffico, ma allo stesso tempo si è registrato un aumento del consumo delle droghe sintetiche. È quanto emerge da un rapporto stilato dall’Organizzazione degli Stati americani (Osa), presentato questa settimana a Washington dal procuratore generale messicano, Rafael Macedo de la Concha. “Le strategie di lotta al traffico di stupefacenti sono risultate più incisive – ha asserito Macedo, presidente della Commissione interamericana per il controllo e l’abuso di droghe (Cicad) – ma in molti casi presentano ancora lacune che ne limitano l’efficacia”. “Noi governi della regione – ha aggiunto il procuratore - affrontiamo ostacoli e difficoltà che ci impediscono di conoscere con esattezza la richiesta di sostanze illecite da parte della popolazione e questo mina le politiche di prevenzione e di riduzione del consumo”. “All’elaborazione del rapporto Osa 2001-2002 - ha precisato Macedo - hanno collaborato tutti i Paesi americani, eccetto Cuba”. La Cicad – istituita nel 1998 a Santiago del Cile – ha dovuto assemblare informazioni frammentarie, relative per lo più ai passi avanti compiuti a livello di singole legislazioni nazionali e all’istituzione di organi di controllo anti-droga, troppo spesso carenti di un adeguato finanziamento da parte dello Stato. In base ai dati raccolti la Commissione ha concluso che “la produzione, il traffico e il consumo delle droghe sintetiche nel continente sono purtroppo aumentati”. (A.L.)

 

 

IL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE CRISTIANE IN INDIA CHIEDE UN’INCHIESTA INTERNAZIONALE SUI GRUPPI FONDAMENTALISTI INDU.

LA NOTIZIA, DIFFUSA DALL’AGENZIA MISNA, GIUNGE DOPO VARI EPISODI DI MINACCIA ALLA LIBERTA’ RELIGIOSA

E D’ESPRESSIONE DA PARTE DELLE AUTORITA’ DELLO STATO DEL KERALA

 

NEW DELHI. = Preoccupazione e disappunto. E’ quanto espresso dal Consiglio ecumenico delle Chiese cristiane dell’India (Aicc), che chiede alla comunità internazionale un’inchiesta sui gruppi fondamentalisti indù, in seguito alla decisione delle autorità di Polizia dello Stato meridionale del Kerala di sospendere il visto del pastore Joseph Cooper. Ne da notizia l’agenzia missionaria Misna. Padre Cooper alcuni giorni fa aveva subito un aggressione dopo aver presenziato ad un incontro religioso della comunità protestante. I primi sospetti sono ricaduti sui militari dell’Organizzazione dei volontari nazionalisti, Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), già  ritenuti responsabili del ferimento di un altro pastore, Benson Sam avvenuto il 13 gennaio scorso a Kilmanoor. L’Aicc ha inoltre ricordato che proprio in questi giorni è stato commemorato l’anniversario della morte del missionario evangelico australiano Graham Stuart Staines, bruciato vivo nella sua auto con i figli Thimothy e Phillips, nello Stato dell’Orissa, il 22 gennaio del 1999, per mano di un gruppo di fondamentalisti indù. L’organizzazione ecumenica sottolinea alla comunità internazionale la necessità di arrivare ad una condanna di queste formazioni per l’interesse e la stabilità della pace nel mondo. Parimenti i membri del Consiglio delle Chiese cristiane del Paese condannano il lassismo delle autorità del Kerala nel perseguire i fautori degli atti violenti contro i religiosi cristiani. “Un comportamento – si legge sull’agenzia di stampa - in contraddizione con la costituzione indiana che garantisce ad ogni uomo libertà di espressione e di religione”. (P.O.)

 

 

NON SI ARRESTA IN BOTSWANA IL FLUSSO MIGRATORIO DI CLANDESTINI PROVENIENTI DALLO ZIMBABWE,

PAESE TORMENTATO DA UNA GRAVE CRISI ALIMENTARE

E DALL’INCERTEZZA POLITICA

 

GABORONE. = Continui flussi migratori illegali dallo Zimbabwe stanno mettendo in seria difficoltà il Botswana. Le autorità di quello che è il più ricco tra i Paesi dell’Africa australe avvisano di essere costretti a rimpatriare 1600 clandestini al mese, provenienti dal più svantaggiato vicino. Lo Zimbabwe, infatti, è tormentato da una grave crisi alimentare accentuata dal malgoverno e dall’incertezza politica. Secondo gli esperti del Fondo monetario internazionale il Paese rischia di vedere nel 2003 crescere il tasso d’inflazione fino al 522 per cento, ed il Programma alimentare mondiale ha inserito lo Zimbabwe tra i sei Paesi africani che complessivamente rischiano di contare quest’anno 14 milioni di morti per malnutrizione. La maggior parte degli immigrati clandestini che superano la frontiera con il Botswana, cercando un lavoro da domestica o da agricoltore, provengono dalla regione del Matabeland, proprio sul confine meridionale. Qui la carestia è più severa che in altre parti del Paese. Poiché la regione è considerata una ‘roccaforte’ della formazione di opposizione Movimento democratico per il cambiamento (Mdc), la popolazione denuncia da tempo di non ricevere gli aiuti alimentari del governo, lamentando anche una discriminazione su base etnica. Il Botswana ammette di non essere in grado di gestire l’emergenza. I clandestini vengono radunati nei Centri di accoglienza prima di essere rimpatriati, un operazione che costa al governo molto denaro. Ogni settimana 125 mila zimbabwani entrano legalmente nel Paese ma, secondo il locale servizio per l’immigrazione, la maggioranza resterebbe anche dopo la scadenza del permesso di soggiorno. (A.L.)

 

 

GLI ORGANIZZATORI DI EUROCHOCOLATE,

 LA FIERA DOLCIARA IN PROGRAMMA A ROMA LA PRIMA SETTIMANA DI MARZO,

 NON INVITERANNO LA NESTLÈ, LA MULTINAZIONALE SVIZZERA

CHE SCORAGGIA L’ALLATTAMENTO AL SENO IN FAVORE DEL LATTE IN POLVERE

ROMA. = Gli organizzatori di Eurochocolate, la fiera dedicata ai prodotti dolciari a base di cioccolato, che si svolgerà a Roma la prima settimana di marzo, non inviteranno la Nestlè. Lo scorso dicembre, padre Alex Zanotelli si era rivolto al sindaco della capitale, Walter Veltroni, per chiedergli di non dare una ‘vetrina’ ad un’azienda che, come rivela l'Unicef , è corresponsabile ogni anno della morte di un milione e mezzo di bambini nei Paesi del Sud del mondo. "In vista della seconda edizione di Eurochocolate – ha spiegato oggi il sindaco di Roma - abbiamo sollecitato una riflessione con gli organizzatori per tenere conto delle varie denunce e prese di posizione, a partire da quelle delle agenzie dell’Onu e di tante associazioni del mondo della solidarietà e del volontariato". "L’auspicio è che da Roma inizi un percorso che porti al superamento dei problemi denunciati", ha concluso il primo cittadino della capitale ringraziando gli organizzatori Eurochocolate per la sensibilità dimostrata. L’uscita del colosso alimentare dagli espositori di una manifestazione visitata da decine di migliaia di persone, segna una vittoria della società civile. Sono anni che le Ong e le associazioni denunciano gli effetti nocivi delle spregiudicate politiche di mercato della Nestlè, che scoraggia l’allattamento al seno in favore del latte in polvere. A questa battaglia hanno partecipato anche i missionari attraverso la loro testata “Nigrizia”, che per anni ha sostenuto le campagna boicottaggio della multinazionale svizzera.  (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

31 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Gli Stati Uniti sembrano ammorbidire i toni sulla crisi irachena. Un’eventuale dichiarazione di guerra contro l'Iraq “sarà l'ultima scelta possibile, non la prima”. Così si è espresso il presidente americano Bush, nell’incontro di ieri a Washington col premier italiano Berlusconi. Ma da un altro punto di vista la linea dura della Casa Bianca contro l’Iraq non è cambiata: Bush ha infatti aggiunto che la diplomazia ha ormai solo settimane, non mesi per risolvere la situazione. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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“Speriamo che la pressione del mondo libero convinca Saddam Hussein a lasciare il potere”: lo ha detto ieri il presidente Bush nel corso dell’incontro alla Casa Bianca con il capo del governo italiano Berlusconi, confermando quindi che gli Stati Uniti sarebbero favorevoli a risolvere la crisi tramite l’esilio del leader iracheno. Il vertice di Washington è avvenuto nel clima di polemiche provocato dalla lettera firmata da otto leader europei, in cui si sostiene la linea americana. Francia e Germania, che si oppongono alla guerra, hanno criticato l’iniziativa e ieri il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per diffidare gli Stati Uniti dal lanciare contro l’Iraq un intervento armato unilaterale. Berlusconi, però, ha dichiarato che Hussein deve essere disarmato, perché i terroristi potrebbero usare le sue armi per fare una strage e, pur auspicando una seconda risoluzione dell’Onu, ha aggiunto che lavorerà per convincere gli altri Paesi a seguire la leadership americana. Il segretario di Stato, Powell, intanto, sta preparando le prove del riarmo iracheno che presenterà mercoledì prossimo all’Onu; tra i documenti dovrebbero esserci le foto satellitari dei laboratori mobili chimici e biologici, delle manovre per sgomberare i siti sospetti e i presunti contatti con Al Qaeda.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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L’Iraq ha intanto chiesto agli ispettori di tornare a Baghdad, per nuovi colloqui sui controlli nei siti militari, prima della riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, prevista per il 5 febbraio. “Il 99 per cento della cooperazione non basterà”, hanno avvisato gli esperti delle Nazioni Unite, aggiungendo che un ritorno nei prossimi giorni sarà possibile solo se verranno assicurati progressi nelle ispezioni.

 

E a preoccupare il direttore dell'Agenzia per l’energia atomica dell’Onu, Mohamed El Baradei, c’è anche la crisi nordcoreana: il diplomatico egiziano ha chiesto oggi che le accuse di aver avviato il riarmo nucleare lanciate contro Pyongyang vengano portate davanti al Consiglio di sicurezza. E negli Stati Uniti cresce la preoccupazione, dopo l’avvistamento da parte di alcuni satelliti spia di movimenti sospetti intorno alla centrale di Yongbyon: si teme, infatti, che la Corea del nord possa completare il suo piano entro la fine di marzo.

 

Almeno 18 persone sono morte e 5 sono rimaste ferite in Afghanistan nell’esplosione di una mina, che ha devastato una corriera. Lo scoppio è avvenuto a Rambaha, una ventina di chilometri a sud della città meridionale di Kandahar, ultima roccaforte dei talebani. E proprio alla rete di Al Qaeda sarebbe imputabile l’attentato. La polizia sta anche indagando su un possibile coinvolgimento dell’ex signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, vicino alla rete terroristica di Osama Bin Laden.

 

Dopo le elezioni che hanno visto la vittoria della destra del Likud, in Israele sono iniziate oggi le consultazioni per la formazione del prossimo governo. C’è stato un incontro tra il premier Sharon e il leader del partito laico di centro Shinui, Yossef Lapid, che ha offerto la propria collaborazione per un esecutivo che escluda sia gli ultraortodossi di destra che la sinistra estrema. Intanto, i risultati definitivi delle elezioni hanno premiato ulteriormente il Likud, che ha conquistato un deputato in più. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Il partito di Sharon passa a 38 seggi, ma, in pratica, si è rafforzato tutto lo schieramento di destra, che ora conta 69 seggi su 120, per quanto Sharon punti sempre a formare un governo di unità nazionale con i laburisti, con la presenza di uno Shimon Peres comunque favorevole. Le consultazioni del capo dello Stato cominceranno lunedì e, intanto, Sharon ha chiesto di incontrare Bush per una valutazione del suo piano di riattivazione del negoziato con i palestinesi che escluda comunque Yasser Arafat, accusato di sostenere la rivolta. Rivolta che, nelle ultime ore, registra nuove vittime: 7 i palestinesi uccisi, un attivista di Hamas e un civile a Jenin, a Tulkarem due militanti delle brigate di el-Aqsa, tre guerriglieri nella Striscia di Gaza, uccisi mentre si apprestavano a sparare missili in territorio israeliano. Sempre a Gaza, sono state demolite quattro abitazioni di combattenti palestinesi. Infine, è in corso una grande operazione militare a Hebron con perquisizioni e arresti.

 

Per la Radio Vaticana, da Gerusalemme, Graziano Motta.

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E passiamo alla Costa d’Avorio. I militari francesi stanno presidiando le piste dell’aeroporto di Abidjan, invase all’alba da giovani sostenitori del presidente Gbagbo, che vogliono impedire l’arrivo ad Abidjan di Seydou Diarra, incaricato della formazione di un governo di unità nazionale, deciso dopo l’accordo firmato a Parigi tra governo e i ribelli autori del tentato golpe del settembre scorso. Negli scontri, un militare è rimasto ferito. Intanto, nel nord si teme un nuovo attacco dell’esercito. E stamani il governo di Parigi è tornato a consigliare ai francesi in Costa d'Avorio, la cui presenza non sia indispensabile, di lasciare il Paese africano.

 

La diplomazia internazionale è al lavoro per tentare di sbloccare la fase di stallo della crisi in Venezuela. Ieri sono arrivati a Caracas i membri del “Gruppo dei Paesi amici”, che comprende Stati Uniti, Spagna, Portogallo, Brasile, Messico e Cile. Dopo l’incontro in serata con il mediatore Cesar Gaviria, che presiede il “Tavolo del dialogo”, oggi i diplomatici saranno ricevuti dal presidente Chávez. La protesta dell’opposizione contro il capo dello Stato, intanto, sembra in calo. Ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Sul piano materiale, lo sciopero sta perdendo vigore a vista d’occhio ed è ridotto praticamente solo ai settori della grande distribuzione e della scuola privata. Ma il presidente Chavez non può godersi questo successo parziale, perché l’economia nazionale versa in gravi difficoltà e perché il negoziato sulla soluzione della crisi si gioca ora sulla possibilità per lui di restare alla guida del Paese. L’ex presidente statunitense, Jimmy Carter, ha offerto alle parti di scegliere fra un emendamento elettorale che permetta la riduzione del mandato presidenziale e l’accettazione di un referendum revocatorio del mandato stesso che la Costituzione consente dal 19 agosto scorso. L’opposizione ha accettato questa base di trattativa; infine Chavez, in un discorso al Paese, ha rivolto un appello per la riconciliazione nazionale e ha confermato l’introduzione del controllo dei cambi a partire da giovedì prossimo.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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E’ stato diffuso oggi il rapporto Eurispes 2003 sull’Italia. Nel Paese l’economia sommersa sta assumendo, secondo il documento, proporzioni di rilievo, pari a tre volte quella statunitense e due volte quella britannica. L'evasione fiscale, connessa al fenomeno, ammonta, nel 2002, a 128 miliardi di euro, che saliranno a 129 nel 2003. Dal rapporto emerge che una famiglia su 5 ha meno di 10 mila euro e che il 59% degli italiani ha meno fiducia nelle istituzioni. L'inflazione, inoltre, ha portato a una forte contrazione dei consumi.

 

 

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