RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 27 - Testo della
Trasmissione di lunedì 27 gennaio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Liberati in Congo due
attivisti per i diritti umani, da due mesi detenuti in un carcere militare
“Mondo e Missione” cambia veste
rinnovandosi nella tradizione
All’Onu è il giorno degli ispettori: possibile una
proroga della missione in Iraq
Presto a Pyongyang una delegazione europea di alto
livello, per tentare di risolvere la crisi coreana
Davos, arriva Lula ed insiste sull’urgenza di
sconfiggere fame. Da Porto Alegre critiche all’Onu ed agli Stati Uniti
Scontri in Costa d’avorio: i fedelissimi del
presidente protestano contro l’accordo di Parigi
Nuovo attentato della guerriglia colombiana: 9
morti.
27 gennaio 2003
CONFERMATO
DALLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,
IL
DECRETO DI SCOMUNICA DELLE SETTE DONNE ALLE QUALI FU CONFERITA IN AUSTRIA UNA
PRESUNTA “ORDINAZIONE SACERDOTALE”
DAL
FONDATORE DI UNA COMUNITA’ SCISMATICA
- A
cura di Paolo Salvo -
La
Congregazione per la Dottrina della Fede ha confermato il Decreto di scomunica,
emanato il 5 agosto 2002, nei confronti di sette donne cattoliche alle quali,
il 29 giugno dello stesso anno in Austria, il fondatore di una “comunità scismatica,
Romulo Antonio Braschi, aveva “attentato di conferire l’ordinazione sacerdotale”.
Lo rende noto un nuovo Decreto, approvato dal Papa e pubblicato stamani, in cui
si ricorda che le donne in questione, dichiaratesi convinte della validità
della presunta “ordinazione” ricevuta, con due lettere del 14 agosto e del 27
settembre 2002, avevano chiesto la revoca del decreto di scomunica e fatto
ricorso contro di esso, facendo riferimento ad alcuni articoli del Codice di
Diritto Canonico. Il 21 ottobre successivo, furono “informate che le loro
richieste sarebbero state sottoposte alle istanze competenti”.
La questione fu quindi esaminata nei giorni 4 e 18 agosto
2002 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede riunita in sessione
ordinaria con il cardinale Joseph Ratzinger e fu “deciso collegialmente di
rigettare il ricorso”. “Nel caso in parola, infatti, non è ammissibile – si
legge nel documento odierno - un ricorso gerarchico, trattandosi di un Decreto
di scomunica emanato da un Dicastero della Santa Sede, che agisce a nome del
Sommo Pontefice”. Tra i punti fondamentali che i membri del Dicastero hanno
ritenuto necessario ribadire, figura la “gravità degli atti compiuti”, in
particolare l’aspetto “scismatico” della vicenda e il rifiuto pertinace di “una
verità appartenente alla fede cattolica”, che richiede “una giusta pena”. Le
persone in questione, inoltre, con le loro tesi “contrastano la dottrina sul
Magistero del Successore di Pietro, proposta dai Concili Vaticani I e II, e di
fatto non riconoscono l’irreformabilità dell’insegnamento del Sommo Pontefice
su dottrine da tenersi in modo definitivo da tutti i fedeli”.
La situazione è aggravata dal fatto che alcune di queste
persone “stanno creando circoli di fedeli, in aperta e di fatto settaria
disobbedienza al Romano Pontefice e ai Vescovi diocesani”. Pertanto, “data la
gravità di questa contumacia, la pena non soltanto è giusta, ma anche
necessaria, allo scopo di tutelare la retta dottrina, di salvaguardare la
comunione e l’unità della Chiesa e di orientare la coscienza dei fedeli”.
La Congregazione per la Dottrina della Fede precisa quindi
ancora una volta, nel Decreto odierno, che “l’attentata ordinazione sacerdotale
delle suddette donne è nulla ed invalida” e che “perciò tutti gli atti propri
dell’Ordine sacerdotale da loro compiuti sono anch’essi nulli ed invalidi. Come
conseguenza della scomunica, è fatto pertanto loro divieto di celebrare
sacramenti o sacramentali, di ricevere i sacramenti e di esercitare qualsiasi
funzione in uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici”.
Infine, “si ribadisce la speranza” che le donne oggetto
della scomunica, “sorrette dalla grazia dello Spirito Santo”, possano
“ritrovare il cammino della conversione per il ritorno all’unità della fede e
alla comunione con la Chiesa infrante con il loro gesto”.
Il Papa
ha ricevuto in udienza stamani il cardinale tedesco Joachim Meisner, arcivescovo
di Colonia, e il presule anch’egli tedesco mons. Anton Schlembach, vescovo di
Speyer. Sempre questa mattina, il Santo Padre ha ricevuto altri cinque presuli
del Brasile, in visita “ad Limina”.
In Francia, il Pontefice ha nominato vescovo di Moulins il
sacerdote 52enne Pascal Roland, del clero diocesano di Versailles, finora professore
presso il Seminario di Saint Sulpice di Issy-les-Moulineaux.
NEL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO, PIENO
RICONOSCIMENTO
DEI
DIRITTI E DEL CONTRIBUTO DELLE CHIESE AL BENE COMUNE:
INTERVENTO
DELL’ARCIVESCOVO MARTINO
AL
CONVEGNO SULLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA IN CORSO A ROMA
-
Servizio di Paolo Scappucci -
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“Nel
testo di natura costituzionale attualmente in preparazione, si dovrà fare
chiara menzione del fatto che l’Unione Europea rispetta e non pregiudica lo statuto di cui, in virtù del diritto
nazionale, beneficiano le Chiese e le comunità religiose all’interno degli Stati membri, nel rispetto
dei diritti umani fondamentali”. L’affermazione, in piena sintonia col recente
discorso del Papa al Corpo Diplomatico, è stata resa dal presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l’arcivescovo Renato
Martino, intervenuto al Convegno sulle radici cristiane dell’Europa e la
Convenzione europea, in corso a Roma presso il Pontificio Ateneo “Regina
Apostolorum”.
Secondo
il presule, “la Chiesa sente di avere una responsabilità nel disegnare il
futuro dell’Europa e ritiene di poter offrire un significativo contributo all’elaborazione delle nuove forme
istituzionali che si apprestano”. Apprezzando
il contributo delle Chiese al bene comune, ha proseguito mons. Martino,
“l’Unione Europea potrà avviare con esse un dialogo strutturato, dal quale
risulterà sicuramente favorito e
consolidato l’avanzamento dell’Unione
stessa”. Il nuovo presidente di Giustizia e Pace ha ribadito con forza che “il
sigillo del cristianesimo rappresenta la specificità dell’Europa. Tale eredità
non può essere rinnegata. Riconoscerla non significa contraddire il principio
della laicità, ma interpretarlo in modo corretto.” Secondo l’arcivescovo
Martino, “non è accettabile che in un’epoca di apertura e di rispetto per tutte
le convinzioni umane si manifesti una tendenza discriminatoria nei confronti
della religione. Poiché l’Unione Europea dialoga con i partiti politici, i
sindacati e i rappresentanti delle regioni, sarebbe incomprensibile che lo stesso
atteggiamento non fosse adottato nei confronti di una religione”.
Del
resto, ha concluso, l’indifferenza verso la dimensione trascendente “può
condurre solo ad effetti tragici, come la storia del continente europeo ha dolorosamente
provato”. Di qui l’auspicio di monsignor Martino: “l’Unione Europea
riconosca l’identità e l’organizzazione
delle Chiese, favorendo così il perseguimento dei fini religiosi, secondo le
disposizioni che esse liberamente si
danno”.
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Oltre al dicastero vaticano
Giustizia e Pace e all’ateneo che ne ospita i lavori, il Congresso in corso al
“Regina Apostolorum” annovera tra gli organizzatori la Fondazione Guilé - un
organismo con sede in svizzera che aspira a promuovere i valori fondamentali della
dignità della persona ereditati dalla tradizione giudaico-cristiana - e può contare anche sul
patrocinio della Presidenza della Repubblica Italiana e di quella del Consiglio
dei Ministri. Sulla linea dell’intervento dell’arcivescovo Martino, si è
sviluppato il discorso del rappresentante della Segreteria di Stato, mons.
Pietro Parolin, sottosegretario della sezione per il Rapporto con gli Stati.
Questi ha ricordato il recente passo del discorso di Giovanni Paolo II agli
ambasciatori presso la Santa Sede: “Un’Europa che rinnegasse il proprio
passato, che negasse il fatto religioso e non tenesse in conto alcuna dimensione
spirituale, risulterebbe fortemente sminuita di fronte al progetto ambizioso
che mobilita le sue energie: costruire l’Europa di tutti”.
Anche gli altri interventi di
personaggi di rilievo del mondo politico e culturale presenti al Congresso -
tra i quali il rappresentante italiano alla Convenzione europea, Lamberto Dini,
e il vicepresidente del Consiglio italiano, Gianfranco Fini - hanno concordato
su un punto fondamentale: l’introduzione nella Convenzione europea del concetto
che Dio è fonte di bellezza, giustizia e spiritualità non vuol dire negare che
vi siano altre radici che abbiano concorso alla formazione della coscienza
europea, né si tratta di un tentativo di creare un’Europa “confessionale”. Al
contrario, sarebbe riconoscere l’innegabile influenza assunta dal cristianesimo
sullo sviluppo della cultura continentale, allo stesso modo dei grandi pensatori
del passato e del presente - citati dai relatori - quali Benedetto Croce e Norberto
Bobbio.
LA CORTE DI CASSAZIONE HA RINVIATO A DATA DA
DESTINARSI
L’UDIENZA RIGUARDANTE LA RADIO VATICANA SULLA
QUESTIONE DELL’ELETTROSMOG
- A cura di Alessandro De Carolis -
E’ stata rinviata a data da destinarsi l’udienza in Corte
di Cassazione relativa alla vertenza giudiziaria sull’elettrosmog, riguardante
il Centro trasmittente della Radio Vaticana a Santa Maria di Galeria. La
decisione è stata presa oggi, dopo la seduta odierna della Suprema corte e dopo
che, nella sentenza di primo grado, il Tribunale di Roma aveva già stabilito il
suo difetto di giurisdizione sull’argomento. Del resto, sottolinea un
comunicato stampa, “né i dirigenti della Radio imputati, né i loro
avvocati difensori avevano ricevuto alcuna notifica riguardo alla udienza
indetta per la giornata di oggi, della quale erano venuti a conoscenza solo
negli ultimi giorni attraverso i giornali. Per tale motivo non si sono
presentati”.
“In caso di regolare notifica -
prosegue il comunicato - le parti in causa si presenteranno alla Corte, con la
piena fiducia in un giudizio competente ed equo”. Inoltre, si legge ancora, “la
Direzione della Radio Vaticana coglie l’occasione per far presente di essere
regolarmente in contatto con le autorità italiane del ministero dell’Ambiente
per il monitoraggio e la verifica della situazione delle emissioni
elettromagnetiche nella zona circostante il Centro Trasmittente, secondo gli
accordi presi a suo tempo nell’ambito della Commissione Bilaterale Italia-Santa
Sede”. A suo avviso, sottolinea il comunicato, non sussistono “motivi oggettivi
di preoccupazione per la salute della popolazione circostante”.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
“La famiglia via privilegiata
di dialogo, di riconciliazione e di pace” è il titolo che apre la prima pagina:
nel giorno della conclusione del IV Incontro mondiale a Manila, la preghiera di
Giovanni Paolo II perché ogni famiglia sia "buona novella" d'amore e
di vita e segno di speranza per la Chiesa e per il mondo.
Sempre in prima, un articolo di
Alberto Migone dal titolo “Vangelo vivo incarnato in persone comuni”, riguardo
all'entusiasmante consegna formulata dal Papa in occasione dell'Incontro
mondiale delle famiglie.
Nelle vaticane, l'omelia del
Santo Padre in occasione della conclusione della Settimana di preghiera per
l'Unità dei Cristiani.
L'omelia del cardinale Lopez
Trujillo per la celebrazione eucaristica conclusiva dell'Incontro mondiale
delle famiglie.
Un articolo di Francesco
D'Agostino, presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, sulla Nota
della Congregazione per la dottrina della fede sui cattolici nella vita
politica.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: incursione israeliana nella striscia di Gaza provoca dodici morti ed
oltre sessanta feriti.
Iraq: Bush si dichiara
disposto a prorogare le ispezioni.
La Russia critica gli Usa per
il rifiuto di bandire i ribelli ceceni e parla di un rigurgito di “guerra
fredda”.
Nella pagina culturale, un
contributo di Giuseppe Bonaviri dal titolo “Il popolo delle memorie”:
riflessioni sui meccanismi della mente umana.
Nelle pagine italiane, in primo
piano i gravi danni causati dal maltempo nelle regioni del Centro-Sud.
Giornata della memoria:
celebrazioni ed iniziative in ricordo delle vittime dell'Olocausto.
Un servizio sui funerali di
Giovanni Agnelli.
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27 gennaio 2003
IL
“GIORNO DELLA MEMORIA” OGGI IN EUROPA, PER RICORDARE I MILIONI
DI PERSONE VITTIME
DELL’OLOCAUSTO
- Con noi, Bruno Segre,
don Gianfranco Zuncheddu e Gaspare Caliendo -
Si celebra oggi in diverse nazioni europee il
“Giorno della Memoria” in ricordo dei milioni di vittime dell’Olocausto. Il 27
Gennaio del 1945 le avanguardie dell’esercito sovietico raggiunsero il campo di
concentramento di Auschwitz, da pochi giorni abbandonato dalle SS tedesche,
liberando gli ultimi sopravvissuti alla follia nazista. Questo il motivo per
cui il Parlamento italiano nel 2000 ha istituito per legge il 27 Gennaio come
“Giorno della Memoria”, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del
popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
Ma questo giorno vuole anche essere l’occasione per ricordare l'impegno dei
“giusti” cioè di coloro che si sono opposti al progetto di sterminio ed a
rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Il servizio è di Maria Di Maggio.
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(musica)
Ricordare per non dimenticare ma
soprattutto per sbagliare mai più. Questo il senso del «Giorno della memoria»,
che si celebra oggi per commemorare le vittime della Shoah. Ma lasciamo ora la
parola a Bruno Segre, storico e direttore della rivista “Keshet”.
R. – Questa giornata, a mio parere, non deve essere puramente una
celebra-zione, perché confinare la memoria della Shoah in una giornata
celebrativa in sostanza non serve a nulla. E’ un modo per imbalsamare dei
ricordi e renderli statici, mentre invece la memoria deve essere qualche cosa
di dinamico. Quindi, recuperare la memoria della Shoah ha un senso se ci
permette di vivere in modo più accorto e con gli occhi aperti il nostro
presente e di cercare di progettare un futuro migliore.
D. – C’è un suo ricordo, un momento strettamente personale, che lei
affida a questo giorno della memoria?
R. – Sì, voglio ricordare questo. Sono nato nel 1930. Avevo 8 anni quando
nel ’38 furono emanate le leggi razziali, che ordinavano il bando da tutte le
scuole del regno d’Italia agli ebrei. Quindi, io fui cacciato con gli altri
ebrei italiani dalle scuole. Ebbene, iniziò per me un periodo molto difficile.
Dopo l’8 settembre del ’43, quando l’Italia fu invasa dai tedeschi, dovetti fuggire
con la famiglia e trovare rifugio nell’Italia centro meridionale, dove
praticamente fui tenuto nascosto per nove mesi da persone alle quali devo la
vita e che, con grande coraggio e con grande abnegazione, si sono date da fare
per salvarci. Il mio pensiero in questo momento va, con grande riconoscenza, a
queste persone.
E proprio tra i “giusti” cioè
tra coloro che non esitarono a mettere a rischio la propria vita per difendere
gli ebrei dalla persecuzione nazista c’è anche Giovanni Palatucci, l’ultimo questore
di Fiume morto a 36 anni nel campo di Dachau dopo aver salvato circa seimila
ebrei. Per essere stato “uomo per gli altri”, il 9 ottobre dello scorso anno la
Chiesa ne ha avviato il processo di beatificazione. Sulla figura del Servo di
Dio Giovanni Palatucci ascoltiamo ora don Gianfranco Zuncheddu, cappellano
della Polizia di Stato e postulatore della causa di beatificazione.
R. – Questa è la figura di Palatucci: un uomo che si sacrifica per i
fratelli, per il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo. Quindi, un uomo
che durante le leggi razziali del ’38 diventa autentico testimone di
cristianità, non soltanto un giusto fra le nazioni. Quando si è trattato di
mettere a repentaglio la propria vita, di andare verso il lager, sostenuto
dalla fede che lo portava a un amore oblativo verso gli altri, diventa vero
martire, colui che dà la vita per salvare gli altri, come il Crocifisso, come
nostro Signore, il quale dà la vita per chi ama. E Giovanni Palatucci ha dato
la vita per i fratelli maggiori nello sterminio, salvandone oltre 6 mila.
Ma qual è il messaggio che
Giovanni Palatucci comunica al nostro tempo? Lo abbiamo chiesto a Gaspare
Caliendo, vice questore aggiunto della Polizia di Stato.
R. – Giovanni Palatucci è un
esempio per la polizia e per il nostro Paese, perchè in lui ritroviamo questo
essere funzionario dello Stato, intriso di sentimento di alto patriottismo, ma
ancor prima capace di quella scelta profondamente etica e cristiana di essere
un funzionario al servizio della vita e del prossimo, soprattutto quando il
prossimo è costituito dalle persone più deboli: dagli oppressi.
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ISRAELE AL VOTO, SHARON VERSO LA RICONFERMA:
LIKUD TROPPO FORTE, PER UNA SINISTRA TROPPO DIVISA
- Intervista con Antonio Ferrari -
Sei grandi partiti in lizza, un vincitore quasi
scritto: è il Likud di Ariel Sharon il grande favorito delle elezioni politiche
israeliane, che si sono aperte questa mattina con il voto dei militari. Dopo
una parziale rimonta, annunciata nei giorni scorsi, i laburisti sembrano
infatti in calo, e rischiano di toccare il proprio minimo storico. Ad Antonio
Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed esperto di questioni
mediorientali, Andrea Sarubbi ha chiesto un’analisi del panorama elettorale,
alla vigilia del voto:
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R. - Il voto per il Likud, che
sarà sicuramente il partito vincitore, è un voto che più che altro viene dato
proprio a Sharon, e non perché abbia rispettato le promesse che aveva fatto due
anni fa, quando aveva detto: “Vi darò pace, sicurezza e crescita economica”.
Nel Paese, infatti, non c’è pace né sicurezza, ed Israele non aveva mai avuto
tanti morti come negli ultimi due anni. Però nella totale povertà di idee di
queste elezioni – in cui non si parla di programmi, né del conflitto con i palestinesi,
né praticamente di nulla – questo vecchio generale, “duro e tosto” viene tutto sommato percepito come una certezza. E
questo direi che è uno dei paradossi del voto di domani.
D. – E la sinistra dei tanti
leader – Peres, Ben Eliezer, ma soprattutto Mitzna, in questo momento – sembra
invece arrivare al voto piuttosto “sgonfia”…
R. – La sinistra arriva non solo
“sgonfia”, ma anche in una situazione frazionata e concorrenziale, quasi
cannibalistica, al suo interno. Ad esempio, c’è il partito di sinistra laica,
Meretz, che invece di pensare a portare via voti agli altri, pensa di rubarli
al partito laburista. E lo stesso partito laburista, che non è mai sceso nella
sua storia sotto il 20 per cento, si trova con un capo, Mitzna, che la
maggioranza dei suoi membri avrebbe voluto evitare: pensavano addirittura di
cambiarlo a pochi giorni dal voto e di far salire Peres in corsa. Insomma, con
questa situazione, questa sinistra – senza argomenti e senza la forza morale
per contrapporsi alla vittoria della destra – pare pensare più alle prossime
elezioni che non a quelle che si svolgeranno domani.
D. – In realtà, potrebbe restare
anche tutto come prima se Sharon, come sembra, proporrà di nuovo ai laburisti
un governo di unità nazionale. Stavolta però c’è la resistenza di Mitzna, che
finora è intenzionato a rifiutare. Come vedi questa scelta del leader laburista
di restare fuori?
R. – Secondo me è stato forse un
errore tattico, da parte di Mitzna, quello di dichiarare subito che non farà
mai un governo di unità nazionale con Sharon. Avrebbe potuto, al limite,
fissare delle condizioni, ma non lo ha fatto. È evidente che per Sharon non
esiste alternativa ad un governo di unità nazionale, se non quella di allearsi
con l’estrema destra: il che sarebbe imbarazzante per il Paese, per gli
americani che osservano attentamente queste elezioni, ma anche per lo stesso
Sharon, che si colloca su una posizione più moderata rispetto all’estrema
destra dei coloni, che pensano di moltiplicare gli insediamenti e magari
cacciare i palestinesi. Quindi, l’unica strada percorribile è quella di un
governo di unità nazionale. Il paradosso di queste elezioni è che Sharon ed il
Likud si ritrovano a sperare che i laburisti non perdano troppo, proprio per
cercare di stimolare un dibattito interno.
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L’ANNO INTERNAZIONALE DELL’ACQUA: MIGLIAIA DI BAMBINI MUOIONO OGNI GIORNO
NEL MONDO PER PROBLEMI
CONNESSI ALLA MANCANZA DI
ACQUA POTABILE
- Intervista con il
geologo Georges Mutin -
Il 2003 è stato proclamato
dell’Onu Anno internazionale dell’acqua. Durante i prossimi mesi le Nazioni
Unite metteranno in risalto la lunga lista di problemi legati all’acqua in
tutto il mondo ma soprattutto nei Paesi dove questo bene prezioso è limitato.
Risalta al riguardo una realtà drammatica e agghiacciante: 6 mila bambini
muoiono ogni giorno nel mondo per malattie causate da acqua inquinata e da
mancanza di servizi igienici adeguati. Per meglio comprendere questi problemi,
Jean Charles Putzolu, della nostra redazione francese, ha intervistato Georges Mutin,
geografo ed esperto di acqua:
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R. - LE PROBLEME FONDAMENTAL
D’ABORD …
Innanzitutto il problema
fondamentale è quello dell’accesso all’acqua e delle insufficienti reti di
accesso. Una notevole parte della popolazione mondiale non dispone di acqua
potabile e fa ricorso all’uso di acqua non filtrata. Questo è un problema, ma
c’è anche quello dell’inquinamento, perché nei Paesi che soffrono di siccità e
quindi di penuria d’acqua i tassi di inquinamento sono molto alti sia per
carenze legislative sia per la stessa mancanza di risorse idriche.
D. - A proposito di penuria di acqua non si potrebbe pensare di risolvere
il problema ad esempio come si fa per il petrolio mettendo in atto un rete
di condotte che raccolgano l’acqua dai
Paesi ricchi e la distribuiscano a chi ne ha maggiormente bisogno?
R.
- LE TRASPORT D’EAU EST EXTREMEMENT …
Il trasporto dell’acqua è
estremamente costoso e quindi non è da tenere in considerazione l’ipotesi di
raccogliere l’acqua da Paesi terzi per inviarla a quelli più bisognosi. E’
un’operazione dai costi altissimi sia in se stessa sia per l’uso che se ne fa.
Spesso ci si dimentica di dire che l’esportazione ad esempio di prodotti
agricoli equivale ad esportazioni d’acqua.
D. - Ma a parte l’agricoltura, con l’esportazione di questi prodotti che
potremmo definire derivati, i Paesi che dispongono di limitate risorse idriche
hanno tuttavia bisogno anche di acqua corrente, di acqua potabile. Nel tempo
sono state adottate delle soluzioni …
R. -
DEPUIS 50 ANS DANS TOUTE LA ZONE ARABE …
Da 50 anni, in tutta la regione
araba sono stati fatti, dal punto di vista tecnico, enormi progressi per
sfruttare l’acqua disponibile. Sono stati gli anni che hanno visto la
costruzione di grandi dighe, ad esempio, in Egitto, in Iraq, in Marocco. In
tutti i Paesi arabi sono state costruite numerose dighe. Oggi però non è facile
poter creare grandi quantità di acqua perché l’acqua è sempre più rara. In
secondo luogo l’acqua non è ben ripartita in particolare tra Paesi arabi e
Paesi periferici: vale a dire che le acque di grandi fiumi come il Nilo non
sono equamente distribuite. Non esiste oggi infatti una regolamentazione
internazionale che codifichi la ripartizione delle acque di uno stesso bacino
fluviale.
D. - Forse sarebbe necessaria la presenza di una istanza sopranazionale.
Le Nazioni Unite potrebbero occuparsi del problema e decidere una
regolamentazione mondiale in materia di ripartizione delle acque di uno stesso
bacino fluviale ...
R. –
EST-CE QU’IL NE MANQUE PAS …
Negli anni Settanta sono stati fissati da parte di alcuni
giuristi internazionali alcuni principi riguardanti la ripartizione dell’acqua
tra i Paesi a monte e quelli a valle di uno stesso bacino fluviale. Quindi è
stata creata in seno alle Nazioni Unite una specifica commissione, sono state
adottate delle risoluzioni, ma perché
queste possano avere valore internazionale devono essere sottoscritte da almeno
35 Paesi. Da non dimenticare poi che se i Paesi non vogliono riconoscere tali regolamentazioni
non si può fare nulla.
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27
gennaio 2003
“IL
SACRAMENTO DELLA GUARIGIONE”:
E’ IL
TEMA DEL CONVEGNO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO MORALE-PASTORALE
PER I
CONFESSORI, CHE SI APRE OGGI POMERIGGIO
AL SANTUARIO
DI SAN GABRIELE DI TERAMO
TERAMO.=
Si apre nel pomeriggio al Santuario di San Gabriele, a Teramo, un convegno
nazionale di aggiornamento morale-pastorale per i confessori. Il corso, organizzato
dal Collegamento nazionale dei santuari italiani (Cns), sarà guidato da padre
Sabatino Majorano, docente di morale al Pontificio ateneo Alfonsianum di
Roma. Al convegno prendono parte i rettori dei principali santuari italiani, religiosi
e sacerdoti da varie parti d’Italia. L’incontro sarà inaugurato alle ore 16 da
mons. Angelo Comastri, arcivescovo di Loreto e presidente del Collegamento nazionale
dei santuari. Il corso è incentrato sul tema “Il sacramento della guarigione” e
prevede interventi su temi biblici, morali, pastorali riguardanti la Confessione.
Grande risalto verrà dato alla trattazione dei temi morali più scottanti; in
particolare si parlerà delle tematiche bioetiche più attuali - dalla manipolazione
genetica alla clonazione – della perdita del senso del peccato e dei nuovi peccati.
Quest’anno come sede del corso è stato scelto il santuario di San Gabriele, proprio
con l’intenzione di dare rilievo ad uno dei principali luoghi di riconciliazione
per i due milioni di pellegrini che ogni anno lo frequentano. Il santuario non
ha risentito della crisi del sacramento negli ultimi anni, tanto che nelle domeniche
più affollate non sono sufficienti 30 confessori per soddisfare la richiesta
dei pellegrini. Fiore all’occhiello del santuario è la grande cappella della Riconciliazione,
con i suoi trecento moderni confessionali, inaugurata il 30 giugno 1985 da Giovanni
Paolo II. (A.G.)
SI E’ SPENTO IERI A ROMA IL VATICANISTA DOMENICO DEL
RIO.
APPREZZATO SAGGISTA E ROMANZIERE, E’ STATO AUTORE
DI NUMEROSI LIBRI SU GIOVANNI PAOLO II. OGGI ALLE
15, I FUNERALI
NELLA CHIESA ROMANA DEI SANTI GIOACCHINO E ANNA, NEL
QUARTIERE TUSCOLANO
ROMA. = Si è spento ieri al
Policlinico Gemelli di Roma - a seguito di una grave malattia - il giornalista
Domenico Del Rio, uno tra i più noti vaticanisti italiani. Del Rio era nato a
Roma settantasette anni fa. Vaticanista del quotidiano La Repubblica dal
1975 al 1993, una volta in pensione, ha continuato a collaborare con La Stampa,
L’Avvenire, Famiglia Cristiana e Sat 2000. Spirito
indipendente, fu tra i primi a portare l’informazione ecclesiale sulla grande
stampa laica. Nei suoi scritti traspare la forte carica religiosa di
ispirazione evangelico-francescana che sempre lo ha animato nel lavoro come
nella vita. Accanto all’attività giornalistica, è stato anche apprezzato
scrittore, cimentandosi con successo tanto nel genere saggistico quanto in
quello letterario. Ha scritto cinque libri su Giovanni Paolo II, verso cui nutriva
profonda ammirazione, affetto e stima. Tra questi, spiccano “Wojtyla, il nuovo
Mosé” (redatto insieme a Luigi Accattoli, 1988, Mondadori) e “Wojtyla, un
pontificato itinerante” (EDB 1994). In imminente uscita - per i tipi delle edizioni
Paoline - è il suo ultimo lavoro che, già nel titolo, “Karol il Grande”, testimonia
i suoi sentimenti per l’attuale pontefice. Oltre alle opere di saggistica, Del
Rio ha scritto diversi piccoli romanzi fantastici. I funerali si terranno oggi
pomeriggio, alle ore 15, nella parrocchia romana dei SS. Gioacchino e Anna,
viale Bruno Rizzieri n.120, nel quartiere Tuscolano. (A.G.)
ALLARME
SULLE COSTE MARCHIGIANE PER L’AFFONDAMENTO DELLA “NICOLE”,
MOTONAVE
BATTENTE BANDIERA DEL BELIZE. IL GASOLIO FUORIUSCITO
DAL CARGO
HA FORMATO UNA CHIAZZA LUNGA SETTE MIGLIA
ANCONA.=
Una nave carica di 3.100 tonnellate di feldspato - un minerale per la lavorazione del vetro - con 14 uomini
di equipaggio a bordo, tutti ucraini, è affondata la notte scorsa nel mar
Adriatico a due miglia da Numana, davanti alla costa marchigiana del Conero. I
marittimi sono stati tutti tratti in salvo ma la “Nicole”, battente bandiera
del Belize, trasportava anche un carico di gasolio che è filtrato in mare,
creando una chiazza lunga sette miglia. Le correnti stanno spingendo il gasolio
verso sud, al confine fra i territori delle province di Ancona e Macerata, e
questo obbliga ad una continua rimessa a punto dei piani di bonifica. La
Guardia costiera tenta di contenere la fuoriuscita del gasolio per poi successivamente
procedere a svuotare la cisterna, compatibilmente con le condizioni meteo, che
non sono ottimali. Secondo la Capitaneria di porto di Ancona, non ci sarebbe
comunque il pericolo di una catastrofe ecologica. Intanto i componenti dell’equipaggio vengono interrogati dai
vertici della capitaneria di Porto di Ancona per cercare di ricostruire la
dinamica dell’affondamento. (A.G.)
LIBERATI,
IN CONGO, DUE ATTIVISTI PER I DIRITTI UMANI
DETENUTI
PER MESI IN UN CARCERE MILITARE
KINSHASA.
= Una buona notizia dalla martoriata Repubblica democratica del Congo. Sono
tornati in libertà N’Sii Luanda e Willy Wenga, due attivisti per i diritti
umani arbitrariamente arrestati mesi fa e detenuti a Makala, prigione militare
di Kinshasa. L’avvocato N’Sii Luanda, presidente del Comitato di osservatori
dei diritti dell’uomo (Codho), era in carcere da metà aprile dello scorso anno,
mentre Willy Wenga - componente del ‘Centre Africain pour la Paix, la Dèmocratie
et les Droits de l'Homme’, con sede a Bukavu e in Svizzera - si trovava in
prigione dal 20 febbraio 2002. Le organizzazioni non governative (ong) di difesa
di diritti umani, sia congolesi sia internazionali, hanno sempre denunciato la
sorte riservata a questi attivisti, che a loro parere sono stati arrestati
senza reali motivazioni, a parte vaghe accuse di connivenza con forze nemiche
non meglio specificate o di attentato alla sicurezza dello Stato. I due sono
stati liberati stamani intorno alle 10 ora locale, senza che sia stata
specificata la ragione del rilascio. Nessuno degli ex detenuti è mai stato
convocato in tribunale durante il periodo di detenzione. (A.G.)
UNA TRA LE PIÙ ANTICHE RIVISTE MISSIONARIE D’EUROPA,
CAMBIA VESTE RINNOVANDOSI NELLA TRADIZIONE
MILANO.=
“Mondo e Missione”, una tra le più antiche riviste missionarie d’Europa, si
presenta da questo mese con una formula editoriale completamente rinnovata: formato
agile, veste grafica moderna, tutta a colori e con sedici pagine in più.
“Cuore” della rivista rimane lo speciale di sedici pagine che nel numero di
gennaio è stato dedicato ad un’inchiesta sul ritorno della religione in Cina. Enzo
Bianchi, priore della Comunità di Bose, e padre Piero Gheddo, direttore di
“Mondo e Missione” per lunghi anni, si occuperanno rispettivamente delle due
nuove rubriche “Compagni di viaggio” e “Armagheddo”. Diretta da padre Vincenzo
Pavan, missionario del Pime in Brasile e da Gerolamo Fazzini, ex responsabile
dell’informazione religiosa per “Avvenire”, Mondo e Missione si avvale di una redazione
di giornalisti laici e della collaborazione di missionari. (A.L.)
CONTRASTARE
GLI EFFETTI DISTRUTTIVI DEI MUTAMENTI CLIMATICI:
E’
L’IMPEGNO DELL’UNESCO CHE, ASSIEME AD ALTRE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI, HA
MESSO IN CAMPO
UN
NUOVO PROGRAMMA DI MONITORAGGIO SUL CLIMA
PARIGI.= Per contrastare i
cambiamenti climatici si mobilita anche l'Unesco. Assieme ad altre importanti istituzioni
scientifiche internazionali, l'organismo sta infatti selezionando le Riserve
della Biosfera situate nelle più importanti aree montane del Pianeta, che
saranno il punto focale di un nuovo programma di monitoraggio del cambiamento
climatico globale. Delle 408 riserve della Biosfera dell'Unesco, 138 si trovano
infatti in aree montane, le più sensibili all'aumento della temperatura del
globo. I dati provenienti da questi siti
permetteranno agli scienziati non solo di descrivere i cambiamenti
climatici a livello globale, ma anche di prevenire gli eventi catastrofici
nelle situazioni a rischio. Lo studio esaminerà inoltre le conseguenze dei
mutamenti climatici per le condizioni socioeconomiche delle popolazioni
montane. “Negli ultimi decenni sono venuti gradualmente alla luce gli effetti
del cambiamento climatico globale” ha detto il direttore generale dell'Unesco,
Koichiro Matsuura, che ha ricordato come “il primo evento ad attrarre
l’attenzione dell’opinione pubblica è stata la previsione dello scioglimento
del ghiacciaio che copre la cima del Kilimangiaro entro il 2015. Questo avrebbe
come conseguenza tra l’altro una drastica diminuzione delle riserve idriche
delle zone circostanti. D’altro canto, negli Stati Uniti si prevede lo scioglimento
di gran parte dei ghiacciai entro il 2030. Notevoli diminuzioni dell'area e del
volume dei ghiacciai sono state verificate
anche nelle Alpi europee. (A.G.)
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27
gennaio 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Per la
crisi irachena oggi è il giorno di una possibile svolta. Davanti al Consiglio
di Sicurezza dell’Onu sono infatti attesi Hans Blix, capo degli ispettori, e
Mohamed El Baradei, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia
atomica, per riferire sull’andamento della missione in corso da due mesi. Si
pensa ora ad una proroga del mandato, ma la disponibilità degli Stati Uniti non
è totale: Washington ha fatto sapere di “non avere fretta di andare in guerra”,
aggiungendo però che “il tempo sta scadendo”. A Bruxelles, i ministri degli
Esteri europei hanno invitato l’America ad agire nel quadro della risoluzione
1441, chiedendo un prolungamento dei controlli da parte degli ispettori.
Baghdad ha intanto chiesto agli esperti dell’Onu di riferire al Consiglio di
sicurezza “secondo criteri di giustizia”. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Powell ha ripetuto che le
ispezioni non stanno funzionando e che Saddam non ha consegnato le armi che,
secondo l’intelligence americana, possiede. Quindi, il segretario di Stato ha
avvertito che, se lo riterranno necessario, gli Usa si riservano il diritto di
attaccare da soli o nell’ambito di una coalizione di Paesi disponibili, anche
senza un via libera specifico da parte dell’Onu. Parole molto determinate, alla
vigilia del rapporto che Hans Blix e Mohammed el Baradei presenteranno oggi al
Consiglio di Sicurezza. I capi degli ispettori finora hanno detto di non avere
trovato le prove del riarmo iracheno: Baghdad ha cooperato con i controlli sul
terreno, ma non ha fornito abbastanza collaborazione nel chiarire quale fine
abbiano fatto armi e materiali vietati, posseduti in passato. Fonti di stampa
sostengono che Washington sarebbe disposta a dare ancora agli ispettori circa
un mese di tempo. Ma già domani sera, nel discorso sullo stato dell’Unione, il
presidente Bush dovrebbe cominciare a preparare il Paese alla possibile guerra.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Un altro importante accordo
raggiunto nella riunione di oggi a Bruxelles, tra i ministri degli Esteri
europei, riguarda la Corea del nord. I Quindici hanno infatti deciso di inviare
a Pyongyang una delegazione di altro livello, per tentare di sbloccare la crisi
nucleare in atto. Parallelamente, è in corso la mediazione sudcoreana: a
Pyongyang è arrivato stamattina Lim Dong Won, inviato speciale del presidente
Kim Dae Jung. Proprio a Seul, invece, sono giunti 28 rifugiati nordcoreani, in
fuga dalla crisi alimentare che affligge il loro Paese.
L’uccisione oggi a Rafah di un
17.enne palestinese è solo l’ultimo atto della catena di violenze che
continuano ad insanguinare il Medio Oriente. Due vittime nella giornata di
ieri, addirittura 12 nella notte di sabato, durante un raid israeliano a Gaza:
la pressione militare israeliana è ora fortissima, dopo i recenti attacchi di
Hamas. In questo clima estremamente teso, Israele si prepara domani a votare
per il rinnovo del Parlamento. Il confronto sarà tra il partito di destra
Likud, del premier Sharon, ed i laburisti di Mitzna. Il servizio di Graziano
Motta:
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A credere agli ultimi sondaggi, i
giochi per la sedicesima legislatura sono ormai fatti: il partito nazionalista
Likud in testa, nessuna rimonta dei laburisti, lieve flessione del partito
laico di centro Shinui. Il sondaggio pubblicato dal quotidiano più diffuso,
Yediot Ahronot, dà al partito del primo ministro Ariel Sharon 33 seggi, 19 e 16
rispettivamente ai partiti guidati da Amram Mitzna e da Yosef “Tommy” Lapid.
Seguono il partito confessionale Shas con 10-11 mandati, l’insieme dei quattro
partiti della minoranza araba con 10, e poi man mano altre formazioni. La
maggior parte degli elettori cristiani, che vivono in Galilea, sembrano
orientati a votare per il partito laburista, sia per il suo dichiarato impegno
a riattivare un dialogo equilibrato con i palestinesi, sia perché Mitzna, come
sindaco di Haifa negli ultimi anni, ha saputo mantenere buone relazioni fra la
maggioranza ebraica e la minoranza araba. Fin da ieri hanno cominciato a votare
i militari. I territori palestinesi sono praticamente sigillati. Il
provvedimento resterà in vigore fino a dopodomani, e per questo nel Paese è
mantenuto lo stato di allerta.
Da Gerusalemme, per Radio
Vaticana, Graziano Motta.
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Al Forum economico mondiale, in
corso nella località svizzera di Davos, è stato ieri il giorno del presidente
brasiliano Lula, che ai Paesi ricchi ha chiesto di finanziare un fondo per la
lotta alla fame ed alla carestia, e di lavorare ad un “nuovo ordine economico
mondiale” che passa anche attraverso “una maggiore disciplina del flusso di
capitali”. Oggi, invece, è tornato di attualità il problema dell’accesso alle
cure sanitarie da parte dei Paesi meno sviluppati che non possono permettersi
di acquistare i brevetti dei farmaci. Alcune multinazionali farmaceutiche si
sono dette disponibili a fornire versioni generiche dei propri prodotti, per la
cura dell’Aids. Ma un accordo vero e proprio non è stato ancora sottoscritto.
Economia e globalizzazione sono
in primo piano anche nell’altro grande vertice, il Forum sociale mondiale, in
corso in Brasile. Nel suo intervento a Porto Alegre, lo svizzero Jean Ziegler,
relatore speciale dell'Onu per il diritto all'alimentazione, ha duramente
criticato gli Stati Uniti, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale
e l'Organizzazione mondiale del commercio, accusandoli di rovinare l’economia
mondiale. Lo storico uruguayano Eduardo Galeano ha invece posto l’accento sui
malfunzionamenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, mentre il
contestato presidente venezuelano, Hugo Chávez, ha ribadito l’opposizione al
neoliberismo.
Centinaia di giovani della Costa d'Avorio, sostenitori del presidente
Gbagbo, sono scesi di nuovo questa mattina in strada in quattro città del
Paese, tra cui Abidjan, per protestare contro l'accordo di pace firmato in
Francia tra il governo ed i ribelli. Ma la situazione è tornata comunque sotto
controllo, dopo gli incidenti degli ultimi due giorni: prima di essere fermati
dal contingente francese e dall’esercito, i manifestanti avevano saccheggiato
il centro culturale francese, il consolato del Burkina Faso e una sezione
dell’ambasciata di Parigi. Ce ne parla Giulio Albanese:
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Il centro culturale è stato il
primo ad essere attaccato. Centinaia di persone, molte delle quali
giovanissime, hanno forzato nella notte il cancello dell’Istituto. Domenica
mattina è stata la volta del consolato Burkinabé, dove i manifestanti hanno
appiccato il fuoco all’edificio, che è stato in parte devastato dalle fiamme.
Sempre in mattinata è stata incendiata parte dell’ambasciata francese da
manifestanti armati di machete e bastoni. Nel pomeriggio è tornata gradualmente
la calma, dopo l’appello del presidente Laurent Gbagbo, il quale ha invitato
tutti gli ivoriani a rimanere calmi e a ritornare a casa. Intanto, il
presidente della Costa d’Avorio è rientrato ieri sera ad Abidjan, dopo che
sabato sera aveva nominato ufficialmente a Parigi Seidu Diarrat, primo ministro
di un nuovo governo di riconciliazione.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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La Colombia ha vissuto ieri
un’altra giornata segnata dalla violenza. Un’autobomba è esplosa a Tame, circa
300 chilometri a nord-est di Bogotà, mentre stata passando un convoglio
militare. La deflagrazione, violentissima, ha causato la morte di 6 persone, 5
soldati ed un civile, oltre al ferimento di altri 9 militari. Si tratta della
quarta autobomba esplosa in quella zona dall'inizio del mese.
E ritorna la violenza anche in Afghanistan. Due uomini, di nazionalità
afghana, sono rimasti uccisi ieri in un'imboscata tesa a un convoglio dell'Alto
commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Le due vittime lavoravano
come guardie di sicurezza e stavano accompagnando i funzionari dell'Acnur in
una missione a ovest della città di Jalalabad.
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