RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 24 - Testo della Trasmissione di venerdì 24 gennaio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Le leggi ecclesiastiche, mai disgiunte dalla dottrina del Magistero: così Giovanni Paolo II, nell’udienza al Pontificio Consiglio  per i Testi Legislativi, a vent’anni dalla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico.

 

Il cordoglio del Papa per la morte del senatore Giovanni Agnelli, autorevole protagonista della storia italiana.

 

I mass media per la verità, la pace e la giustizia, nel Messaggio del Pontefice per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: con noi, l’arcivescovo John Foley.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Un anno fa ad Assisi la giornata di preghiera per la pace nel mondo: ai nostri microfoni, mons. Giampaolo Crepaldi e padre Vincenzo Coli.

 

Arricchito da un “lieto evento” l’Incontro mondiale delle famiglie a Manila. Genitori e figli si confrontano sulla chiamata della famiglia cristiana ad evangelizzare.

 

Nei vertici paralleli di Davos e Porto Alegre, si discute di teorie economiche e diritti sociali per un futuro possibile.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro: in crescita i disoccupati.

 

Nella Settimana per l’unità dei cristiani in Terra Santa, il Patriarca greco ortodosso presente quest’anno a tutti gli incontri di preghiera delle diverse comunità.

 

L’impegno della Chiesa nella Corea del Sud per la difesa dei diritti civili e la promozione umana dei lavoratori stranieri discriminati.

 

Presentato il nuovo rapporto dell’Onu presentato a Ginevra: il 70 per cento delle vittime dei conflitti sono civili, in maggior parte donne e bambini.

 

24 ORE NEL MONDO:

Sulla crisi irachena dibattito in corso tra fronte interventista e fronte del no alla guerra.

 

Siglato ieri a Parigi l’accordo di pace per la Costa d’Avorio tra governo di Abidjan e ribelli.

 

A quattro giorni dalle elezioni israeliane nuove violenze in Medio Oriente.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 gennaio 2003

 

 

LE LEGGI ECCLESIASTICHE NON VANNO MAI DISTACCATE DALLA DOTTRINA DEL MAGISTERO:

 COSI’, GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI ALLA GIORNATA ACCADEMICA

 PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI,

 IN OCCASIONE DEL VENTENNALE DELLA PROMULGAZIONE

DEL NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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E’ “fuorviante concepire il diritto della Chiesa come un mero insieme di testi legislativi”, secondo l’ottica del positivismo giuridico. Il Pontefice lo ha sottolineato con forza ricordando che le norme canoniche “si rifanno ad una realtà che le trascende”, composta non solo “di dati storici contingenti”, ma anche di aspetti nei quali si “concretizza il diritto divino”. Rivolgendosi a 450 canonisti, ricevuti in udienza nella Sala Clementina, il Papa ha messo in guardia da un certo “riduzionismo” che pretende di “interpretare ed applicare le leggi ecclesiastiche distaccandole dalla Dottrina del Magistero”, e allontanandole quindi dal “vero orizzonte ecclesiale”. In questa impostazione, ha avvertito, vi è infatti un’idea del Diritto canonico “molto impoverita” che quasi lo identifica con il mero “dettato positivo della norma”.

 

Il Papa ha così rivolto il pensiero al nuovo Codice di diritto canonico, di cui ricorre domani il ventennale della promulgazione e sul quale si concentra la Giornata di studi promossa dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Una delle novità più rilevanti del Codice, ha constatato, è la normativa sui doveri e i diritti di tutti i fedeli. Riferimento già auspicato dal Concilio Vaticano II. Proprio tale “dimensione personalistica dell’ecclesiologia conciliare”, ha affermato, consente di comprendere meglio “l’insostituibile servizio” della gerarchia ecclesiastica “per il riconoscimento e la tutela dei diritti dei singoli e delle comunità nella Chiesa”.

 

D’altro canto, il Codice va “contestualizzato nella tradizione giuridica della Chiesa”. Non si tratta, ha spiegato, di “coltivare un’astratta erudizione storica”, ma piuttosto di penetrare “in quel flusso di vita ecclesiale che è la storia del Diritto Canonico” per “trarne lume nell’interpretazione della norma”. In questi anni, ha detto ancora il Pontefice, si è potuto constatare fino a che punto ci fosse bisogno del nuovo Codice. Tuttavia, ha proseguito, sarebbe “ingenuo ignorare” quanto ancora va fatto per “consolidare una vera cultura giuridico-canonica” e una “prassi ecclesiale” attenta alla “intrinseca dimensione pastorale delle leggi della Chiesa”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINA DI INVIATO SPECIALE. TRE NUOVI AUSILIARI A CHICAGO

 

Il Papa ha ricevuto stamani sette presuli della Conferenza episcopale del Brasile, in visita “ad Limina”.

 

In fine mattinata, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Pontefice ha nominato l’arcivescovo Javier Lozano Barragàn, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, suo Inviato speciale alla celebrazione della undicesima Giornata Mondiale del Malato, che avrà luogo a Washington il prossimo 11 febbraio.

 

Negli Stati Uniti d’America, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Chicago, presentata dai vescovi Raymond E. Goedert, John R. Gorman e Thaddeus J. Jakubowski, per raggiunti limiti di età.

 

Come nuovi ausiliari di Chicago, il Papa ha nominato i sacerdoti Francis J. Kane, di 60 anni, Thomas J. Paprocki, 50enne, entrambi parroci, e Gustavo Garcia Siller, di 46 anni, superiore dei Missionari dello Spirito Santo in California, elevandoli alla dignità vescovile.

 

 

ALLA LUCE DELL’ENCICLICA DI GIOVANNI XXIII PACEM IN TERRIS

LE RIFLESSIONI DEL PAPA NEL SUO ODIERNO MESSAGGIO

PER LA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

La Giornata si celebra solitamente in coincidenza della solennità dell’Ascensione, in ricordo delle parole di Gesù in quella occasione, quando disse ai suoi discepoli: “Andate e annunciate il Vangelo a tutte le genti”. Ricorrendo quest’anno il 40.mo dell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in Terris, il Santo Padre ha voluto ispirarsi, nel Messaggio pubblicato oggi, a quel famoso documento che fu un segnale di speranza per gli uomini e le donne di buona volontà. Un’altra cosa vogliamo rilevare: il Messaggio viene reso noto il 24 gennaio in coincidenza con la festività liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

 

Quali sono i punti salienti di questo Messaggio? Li vogliamo scorrere assieme al presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, l’arcivescovo John Foley, precisando che il tema è I mezzi delle telecomunicazioni sociali a servizio dell’autentica pace alla luce della Pacem in Terris …

 

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Il Santo Padre Giovanni XXIII ha indicato come pilastri della società: la verità, la giustizia, la carità e la libertà. Lui ha detto che i mezzi delle comunicazioni sociali possono servire alla promozione e alla diffusione della comprensione reciproca fra le Nazioni.

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Parlando di media e verità, Giovanni Paolo II dice infatti che i media spesso rendono un servizio coraggioso alla verità, ma talvolta funzionano come agenti di propaganda e disinformazioni ...

 

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I media devono resistere alle pressioni per sbagliare o per dare disinformazione. Dobbiamo aver gruppi responsabili e anche la Chiesa dovrebbe offrire una critica dei mezzi di comunicazione.

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 Circa i media e la giustizia, il Pontefice afferma che, riportando fedelmente gli eventi, presentando correttamente i casi ed esponendo in modo imparziale i diversi punti di vista, i media adempiono al preciso dovere di promuovere la giustizia e la solidarietà nelle relazioni a tutti i livelli della società, e … circa i media e la libertà?…

 

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Riguardo ai media e alla libertà il Santo Padre Giovanni Paolo II dice che i media servono la libertà servendo la verità: essi ostacolano la libertà quando si allontanano da quello che è vero, diffondendo falsità o creando un clima di insana reazione emotiva di fronte agli eventi. Solo quando le persone hanno libero accesso ad un’informazione verace e sufficiente, possono perseguire il bene comune e considerare le pubbliche autorità come responsabili di esso.

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 Riguardo a i media e l’amore, il Santo Padre cita il Beato Papa Giovanni XXIII che ha espresso questo semplice ma profondo pensiero “l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio”, e ancora “la difesa della pace deve dipendere da un principio radicalmente differente da quello che è in vigore oggi. La vera pace tra le Nazioni non dipende dal possesso di un uguale rifornimento di armi, ma unicamente dalla fiducia reciproca”. I mass media hanno un enorme ruolo da svolgere nella costruzione di questa fiducia e, pertanto …

 

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Giovanni Paolo II finisce e conclude: “La mia preghiera in questa Giornata mondiale delle comunicazioni sociali si eleva, dunque, perché gli uomini e le donne che operano nei media siano più che mai all’altezza della sfida della loro vocazione: il servizio del bene comune universale”.

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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA MORTE DEL SENATORE GIOVANNI AGNELLI,

IN UN TELEGRAMMA AL CARDINALE ARCIVESCOVO DI TORINO SEVERINO POLETTO

 

Il Papa ha espresso il suo cordoglio per la morte del senatore Giovanni Agnelli, avvenuta stamani a Torino dopo lunga malattia all’età di 81 anni, in un telegramma indirizzato al cardinale Severino Poletto, arcivescovo della città.

 

“Appresa la mesta notizia della scomparsa del senatore Giovanni Agnelli - scrive Giovanni Paolo II nel messaggio - affido a lei signor cardinale l’incarico di far pervenire alla consorte signora Marella ed ai familiari l’espressione della mia viva partecipazione al loro dolore per il grave lutto. Nel ricordare così autorevole protagonista di momenti importanti della storia italiana che seppe prodigarsi con generosa intraprendenza per il bene e per lo sviluppo economico e sociale del Paese - aggiunge il Papa - elevo fervide preghiere di suffragio per l’illustre e compianto avvocato ed invoco dalla Divina bontà pace eterna per la sua anima, mentre di cuore imparto ai congiunti e a quanti ne piangono la dipartita una speciale confortatrice Benedizione apostolica”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Il fondamento teologico delle norme canoniche” è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al discorso del Papa rivolto ai partecipanti alla Giornata Accademica promossa dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, a vent'anni dalla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico. 

All'interno, il saluto del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, in apertura dei lavori della Giornata Accademica.

Sempre in prima, il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del senatore a vita Giovanni Agnelli. 

Il Rosario, “preghiera dal cuore cristologico” è il titolo del pensiero di mons. Angelo Amato dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle vaticane, il Messaggio del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

La prolusione inaugurale del cardinale Lopez Trujillo, in apertura del Congresso internazionale teologico-pastorale nel contesto del IV Incontro mondiale delle Famiglie, a Manila.

Una pagina sulla Settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani.

Una pagina dedicata all'ingresso in diocesi del nuovo vescovo di Mazara del Vallo. 

 

Nelle pagine estere, riguardo all'Iraq, si rileva che si sta estendendo nella comunità internazionale la contrarietà alla posizione degli Usa.

In Medio Oriente continua la drammatica catena di attentati e ritorsioni.

Corea del Nord: si profila una mediazione per risolvere la crisi nucleare.

Venezuela: un attentato a Caracas causa un morto ed otto feriti.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Armando Rigobello dal titolo: “Il cristiano e il ‘mondo’”: nel “Trattato di concupiscenza” di Bossuet.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con particolare riferimento al dibattito sull'eventuale partecipazione del Paese ad un possibile attacco statunitense all'Iraq.

I temi delle riforme e del federalismo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 gennaio 2003

 

 

“MAI PIU’ LA VIOLENZA, MAI PIU’ LA GUERRA, MAI PIU’ IL TERRORISMO”.

COSI’ RISUONAVA, UN ANNO FA, LA VOCE DEL PAPA

 AD ASSISI CON I RAPPRESENTANTI DELLE RELIGIONI MONDIALI

PER LA GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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(musica)

 

Mai più violenza!

Mai più guerra!

Mai più terrorismo!

In nome di Dio ogni religione porti sulla terra

Giustizia e Pace,

Perdono e Vita,

Amore!”.

 

Centotrentacinque giorni dopo l’agghiacciante attentato che ha segnato un “prima” e un “dopo” sul calendario degli eventi umani, è un piccolo centro dell’Umbria a sostituire, con la mistica della sua architettura, l’orrore nero di fumo, di polvere e di morte di Ground zero. Il simbolo di una ferita che non è solo di New York cede spazio per un giorno ad Assisi e al grido del Papa: Mai più guerra! Mai più violenza! Mai più terrorismo!

 

(musica)

 

Il terzo pellegrinaggio della pace voluto da Giovanni Paolo II nella cittadella francescana inizia presto e in modo insolito. Alle 8.38 del mattino del 24 gennaio 2002, un convoglio delle Ferrovie italiane si stacca dalla stazione dei Giardini vaticani. A bordo, il Pontefice, e la maggior parte dei 70 leader spirituali delle più diffuse religioni mondiali, che hanno accettato l’invito a pregare per un pianeta che sembra essere precipitato, con l’11 settembre, verso un nuovo abisso di malvagità. Un paio d’ore più tardi, nel rigore invernale della Piazza inferiore di San Francesco, è il Papa a spiegare il senso di quell’appuntamento:

 

“Siamo venuti ad Assisi in pellegrinaggio di pace. Siamo qui, quali rappresentanti delle varie religioni, per interrogarci di fronte a Dio sul nostro impegno per la pace, per chiederne a Lui il dono, per testimoniare il nostro comune anelito verso un mondo più giusto e solidale”.

 

E’ una testimonianza condivisa, totale. La corona di abiti sacri, dalle fogge più o meno conosciute, che fa ala al Pontefice ne offre un’efficace conferma visiva. Come le lingue diverse, che proclamano all’unisono lo stesso impegno delle religioni per la pace, raccontano della capacità di vescovi cattolici e rabbini ebrei, di muftì e induisti, di scintoisti e sikh, di zoroastriani e di animisti, di sapere credere e di voler vivere per questo obiettivo:

 

“Ancora una volta noi, insieme qui riuniti, affermiamo che chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l’ispirazione più autentica e profonda. E’ doveroso, pertanto, che le persone e le comunità religiose manifestino il più netto e radicale ripudio della violenza, di ogni violenza, a partire da quella che pretende di ammantarsi di religiosità, facendo addirittura appello al nome sacrosanto di Dio per offendere l’uomo”.

        

Oggi, un anno dopo, ad Assisi non è tempo di bilanci ma di preghiera. Una mattina trascorsa a riflettere sulla pace - 200 laici francescani - il pomeriggio  in ginocchio per invocarla come dono da Dio. E in ideale risposta al suggerimento del Papa - fare “concreti gesti di pace”, lanciato il primo giorno dell’anno – ecco il braciere, dove tutti porranno un grano d’incenso a ricordo della fiamma della pace accesa il 24 gennaio 2002. Infine, un altro gesto: migliaia di cartoline con l’arcobaleno della pace da diffondere tra gli uomini e le donne di buona volontà. Con due destinatari speciali: George Bush e Saddam Hussein. C’è un insegnamento che viene dall’ultimo incontro di Assisi: lo riassume il custode del Sacro convento francescano, padre Vincenzo Coli: 

 

R. - Quella giornata credo abbia scritto alcune cose molto importanti, e cioè che dovremmo sempre camminare insieme, avendo dei punti di riferimento molto chiari, specialmente per le religioni monoteiste: Dio, pur modulato secondo la propria fede, la propria religione, la propria storia, l’uomo e anche la creazione della natura. A nostro parere, sono i valori che possono permettere soprattutto alle religioni monoteiste, di fare un cammino sempre più convergente, un cammino d’insieme per portare un fortissimo, indispensabile contributo alla pace tra gli uomini, alla giustizia e alla condivisione.

 

Quattordici mesi dopo, Ground zero è una ferita ripulita solo esteriormente. Il terrorismo ha perso il morso agghiacciante della visibilità per acquistare il rumore sordo della minaccia sempre incombente. Ma il mondo non è in pace perché vive l’attesa di un’altra possibile guerra. E’ un mondo che avrebbe bisogno di una “nuova” Assisi? Il pensiero del vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e pace:

 

R. - Al di là se far o non fare una nuova Assisi, il mondo ha bisogno di riscoprire e di vivere e di sperimentare lo spirito di Assisi, che è spirito di dialogo interreligioso, che è spirito di amicizia, che è spirito di comprensione. Uno spirito che ci fa operare e risolvere i problemi esistenti nel mondo non con la forza o le ragioni della forza, ma con la forza della ragione, con la forza del dialogo, con la forza paziente ed umile che sa trovare sempre le strade della pace e mai quelle della guerra e del conflitto.

 

(musica)

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ARRICCHITO DA UN “LIETO EVENTO” L’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE A MANILA.

GENITORI E FIGLI SI CONFRONTANO CON LA CHIAMATA DELLA FAMIGLIA CRISTIANA AD EVANGELIZZARE

- Servizio di Gianfranco Grieco -

 

Al quarto Incontro Mondiale delle Famiglie, in corso a Manila dal 22 al 26 gennaio, gli aspetti teologici si intrecciano con la dimensione pastorale e con le testimonianze. Grandi e piccoli hanno voce in capitolo a questo importante evento ecclesiale, che si articola in due fori paralleli: il Congresso teologico pastorale imperniato sul ruolo della famiglia nella evangelizzazione, concluso oggi, e il Congresso dei figli, che offre ai giovani, suddivisi in fasce d’età, la possibilità di partecipare a momenti di riflessione sul loro contributo nella trasmissione della fede. Mentre c’è attesa per il messaggio del Papa in collegamento televisivo, non sono mancati momenti di toccante umanità, come ci riferisce dalla capitale filippina Gianfranco Grieco.

 

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Una donna filippina, madre di nove figli, che partecipa all’incontro mondiale delle famiglie a Manila, ha partorito il suo decimo baby. La lieta notizia è stata data proprio dal cardinale Alfonso Lopez Trujillo, organizzatore del IV Incontro delle famiglie, durante la celebrazione della Santa Messa della giornata conclusiva del Congresso teologico internazionale. I 5 mila delegati hanno applaudito a lungo ed hanno rinnovato un corale augurio alla fortunata coppia, benedetta ancora una volta da Dio. La giornata conclusiva del Congresso è stata onorata anche dalla partecipazione dei cardinali Crescenzio Sepe e Francis Arinze e dalla testimonianza di numerosi delegati.

 

Se non vuole essere velleitaria, ma penetrante nella cultura contemporanea, un’autentica evangelizzazione deve coinvolgere direttamente la famiglia. E’ quanto ha raccomandato il cardinale Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. L’attuale situazione culturale – ha detto ancora – non deve scoraggiare la famiglia cristiana, ma piuttosto indurla ad approfondire la consapevolezza della propria dignità, che è un dono dello Spirito per essere testimone e annunciatrice credibile del dono ricevuto.

 

La famiglia cristiana in Asia, nel rapporto con le grandi religioni, è il tema centrale di questa giornata congressuale conclusiva. Il cardinale Arinze è venuto qui più volte quando era presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; da grande esperto quale è in materia ha dato indicazioni ben chiare e precise per un proficuo lavoro al servizio di tutti i credenti in Cristo e dei fratelli delle altre grandi religioni mondiali. Il cardinale Alfonso Lopez Trujillo ha inaugurato e benedetto poco fa proprio qui a Manila un nuovo centro promosso dal Rinnovamento nello Spirito.

 

Da Manila, per la Radio Vaticana, Gianfranco Grieco.

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STAMATTINA, A TORINO, LA MORTE DI GIOVANNI AGNELLI

- Servizio di Andrea Sarubbi -

 

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L’avvocato è morto in silenzio, nell’intimità di casa, lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica che lo aveva accompagnato per tutto il resto della sua vita. Da Torino, la cronaca di Fabrizio Accatino:

 

“La notizia della sua morte si è diffusa questa mattina poco dopo le 8.30 quando l’assemblea dell’Accomandita, in cui sarebbe stato sancito il passaggio di testimone al fratello Umberto era appena iniziata. Giovanni Agnelli aveva ereditato la dinastia fondata dal nonno, di cui portava il nome di battesimo. Laureato in giurisprudenza all’Università di Torino, aveva preso parte al secondo conflitto mondiale come ufficiale di cavalleria sul fronte russo; nel ’43 era entrato in Fiat come vice-presidente, ruolo ricoperto fino al ’63, anno in cui viene nominato amministratore delegato. Nel giro di pochi anni diventerà presidente e poi presidente onorario. Dal ’74 al ’76 aveva ricoperto la carica di presidente della Confindustria”.

 

Con Giovanni Agnelli scompare una delle figure italiane più significative, ma anche uno dei rappresentanti dell’Italia più stimati al mondo. Ce lo conferma Giancarlo Galli, editorialista di “Avvenire”, economista ed autore di un libro di prossima pubblicazione sugli Agnelli e la Fiat:

 

“Era un grande personaggio di mondo; certamente Gianni Agnelli - che aveva una casa ed anche una residenza a New York - è stato un buon ambasciatore, era amico dei presidenti americani… Aveva sposato il modello americano anche nel concepire l’economia, ed in qualche momento si era anche pensato che potesse essere nominato ministro degli Esteri o ambasciatore a New York: questo negli anni Settanta, per rassicurare l’America rispetto alle posizioni dell’Italia travolta dalle Brigate Rosse, dalla contestazione, eccetera. E’ stato sicuramente un personaggio, un “monarca”, un “re” pieno di fascino ma, specie negli ultimi tempi, gli era venuta meno la grinta imprenditoriale, tant’è che la Fiat è progressiva-mente calata nel rango nelle grandi multinazionali”.

 

E proprio queste ombre sul futuro della Fiat sono una delle questioni lasciate aperte dalla sua morte. Una questione che preoccupa da tempo anche l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, che ai nostri microfoni rivela però un lato nascosto della personalità di Gianni Agnelli:

 

“Quest’uomo così potente e così grande si è preparato a morire da buon cristiano. Poco tempo prima di Natale abbiamo dialogato con serenità anche di fronte alle prospettive delle cure che stava facendo e della sua situazione; gli ho proposto di prepararsi cristianamente non alla morte, quanto piuttosto a chiedere al Signore la guarigione. Si è confessato, ho celebrato l’Eucaristia, ha fatto la Santa comunione e poi, ancora ieri sera, gli ho dato l’unzione degli infermi. Io ho visto in lui un uomo aperto alla preghiera, alla fiducia in Dio e all’affidarsi un po’ al Signore in questo scorcio finale della sua vita”.

 

Rimane infine difficile parlare di Giovanni Agnelli senza un accenno allo sport. Quello sport che sotto forma di due grandi passioni – la Juventus e la Ferrari – lo vide appassionato e protagonista. Candido Cannavò, già direttore della Gazzetta dello Sport, lo ricorda così:

 

“Il suo rapporto con il calcio è stato quello di un innamorato. La Juventus era nel suo cuore come un bene della sua famiglia, un bene dinastico, ma trattato come un qualsiasi appassionato. Il suo era un tifo sincero, ma io ricorderò sempre che, all’indomani della tragedia dell’Heysel, lui venne fuori a dire: ‘La coppa è l’ultima cosa che c’interessa’. Un po’ diverso il discorso con la Ferrari. Secondo me, lui ha il grandissimo merito di avere, allora, salvato la Ferrari in un momento in cui il vecchio Enzo Ferrari non ce la faceva più a reggerla economicamente. Lui l’ha sorretta tenendosene a debita distanza e lasciando la totale autonomia al Grande Vecchio”.

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DA UNA PARTE ALL’ALTRA DEL MONDO, A DAVOS E A PORTO ALLEGRE,

SI DISCUTE DI TEORIE ECONOMICHE E DIRITTI SOCIALI

E SI CONTRAPPONGONO IDEE E SOLUZIONI PER UN FUTURO POSSIBILE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Ricostruire la fiducia”, è lo slogan quest’anno del Forum economico mondiale, che riunisce da ieri nella cittadina svizzera di Davos oltre 2500 delegati, tra cui protagonisti del mondo imprenditoriale, finanziario, accademico e politico. Giunto alla 33ma edizione il Forum si articola quest’anno in 270 sessioni di lavoro, workshop, conferenze, dibattiti, tavole rotonde. Ascoltiamo il servizio di Mario Martelli:

 

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A Davos si parla di pronostici, di crescita economica, di scandali finanziari, di mondializzazione, in una cittadina dove è stato praticamente stabilito uno stato di emergenza, con la presenza di centinaia di poliziotti, soldati e guardie di frontiera per garantire la sicurezza dei partecipanti. Ed il governo svizzero ha autorizzato solo per sabato una manifestazione di oppositori, con una partecipazione che dovrebbe aggirarsi su qualche migliaio di persone. Tra gli ospiti di maggior rilievo una trentina di capi di Stato o di governo, più di 80 ministri, l’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ed il nuovo presidente brasiliano, il sindacalista Lula, atteso anche a Porto Alegre.

 

Da Ginevra, Mario Martelli, per la Radio Vaticana.

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“Un altro mondo è possibile” è invece il motto del terzo Forum sociale aperto contemporaneamente a Porto Allegre, in Brasile. Da rilevare la nota diramata dalla Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) in occasione di questi due importanti appuntamenti, che vedono confrontarsi letture divergenti ma anche complementari della realtà economica e sociale dell’intero Pianeta. Nel comunicato si sottolinea  che ''la libertà di stampa, l'indipendenza dei media e delle testate giornalistiche, il rispetto dei diritti da parte dei governi, sono elementi cruciali per costruire l'ordine mondiale secondo i principi della democrazia, dell'equità e della giustizia sociale''. Il Sindacato mondiale dei giornalisti rileva altresì che ''la possibilità di discutere sulla base di una vera cognizione dei problemi è la linfa vitale delle democrazie. Senza di essa, i cittadini e le autorità responsabili delle decisioni sono privi della capacità di influire, mancano degli strumenti fondamentali per una partecipazione e una rappresentanza davvero autentiche ed informate''.

 

A Porto Allegre intanto è partita la sfida dei ‘no global’, come ci racconta Maurizio Salvi:

 

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Delegati dei cinque continenti hanno sfilato per quasi tre ore, mostrando striscioni e cartelli e sventolando variopinte bandiere che hanno accompagnato gli slogan contro la politica degli Stati Uniti, non solo sul piano militare ma anche politico ed economico. I manifestanti hanno non solo detto “no” alla guerra, ma hanno chiesto ai governi del continente di respingere il progetto di area di libero commercio delle Americhe propugnato dagli Stati Uniti. La giornata odierna è caratterizzata dall’intervento del presidente, Luis Ignacio Lula Da Silva, che giunto ieri sera, e prima di ripartire per Davos, si rivolgerà ai delegati del Forum per rinnovare il suo impegno nella lotta alla fame in Brasile, nel raggiungimento di un accordo con i Paesi sviluppati che permetta di stringere un patto di lotta urgente contro la povertà.

 

Da Porto Alegre, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

24 gennaio 2003

 

 

PUBBLICATO OGGI IL RAPPORTO DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO

SULLE TENDENZE MONDIALI NEL 2003. I DISOCCUPATI NEL 2000  SONO AUMENTATI

DI 20 MILIONI E COMPLESSIVAMENTE LE PERSONE SENZA LAVORO SONO 180 MILIONI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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GINEVRA . = Due anni di rallentamento dell’economia fanno registrare un numero senza precedenti di disoccupati nel mondo e sono scarse le prospettive di un miglioramento della situazione dell’occupazione per quest’anno. Sono queste le indicazioni del rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro pubblicato oggi sulle tendenze mondiali nel 2003. “Il numero dei disoccupati nel 2000  – si legge nel rapporto - è aumentato di 20 milioni e complessivamente le persone senza lavoro sono 180 milioni”. Secondo Juan Somavia, direttore generale dell’Ufficio internazionale del lavoro “desta forte preoccupazione il peggioramento mondiale dell’occupazione e la prospettiva di una ripresa debole o ritardata”. “Il protrarsi di queste tendenze – prosegue Juan Somavia - potrebbe avere ripercussioni gravi sulla stabilità sociale e politica di vaste aree del mondo”. L’inizio dell’aumento della disoccupazione è legato alla bolla speculativa scoppiata nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella primavera del 2001. Secondo il rapporto “le conseguenze degli attentati dell’11 settembre a New York e a Washington, la fragilità finanziaria di alcuni Paesi e il conseguente calo di fiducia degli investitori hanno generato un’instabilità economica diffusa”. In Argentina, ad esempio, il tasso di disoccupazione ha superato nel 2002 il 20% mentre in Paesi come la Colombia e il Nepal i conflitti armati hanno contribuito all’aumento della disoccupazione e della povertà. Nel Medio Oriente la disoccupazione è aumentata vertiginosamente in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, mentre la recessione si fa più pesante in Israele. Nei Paesi industrializzati il tasso di disoccupazione è aumentato passando dal 6,1% nel 2000 al 6,9% nel 2002. Il rallentamento registratosi nelle economie più forti si è inoltre ripercosso nei Paesi in via di sviluppo con perdite di posti di lavoro soprattutto nei settori orientati all’esportazione. Considerata la fragilità della situazione finanziaria di molti Paesi, l’aumento della disoccupazione e della povertà influiranno sui bilanci pubblici. “I leader politici – conclude il rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro – dovrebbero concentrarsi su misure destinate a rilanciare l’economia e l’espansione dell’occupazione”.

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LA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA VEDE QUEST’ANNO

LA PARTECIPAZIONE DEL PATRIARCATO GRECO ORTODOSSO

A TUTTI GLI INCONTRI DI PREGHIERA DELLA DIVERSE COMUNITA’ 

 - A cura di Graziano Motta -

 

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GERUSALEMME. = La Settimana per l’unità delle Chiese ha segnato quest’anno una piccola ma importante svolta: il superamento cioè della preclusione del Patriarcato greco-ortodosso alla partecipazione agli incontri quotidiani di preghiera, che vengono organizzati dalle diverse comunità, in uno spirito di grande apertura e di sincera fraternità. A tutti gli appuntamenti, fin dal primo domenica scorsa, nella cattedrale anglicana di San Giorgio, e poi nella chiesa parrocchiale cattolica di San Salvatore, nella chiesa dei luterani, e in quella patriarcale degli armeno ortodossi, è stato sempre presente l’archimandrita Alexandros del Patriarcato greco-ortodosso. E ieri pomeriggio, nella funzione intercomunitaria al Cenacolo, ha anche preso la parola – evento senza precedenti – per professare la comune fede e per proclamare la riconciliazione in Cristo, luce e vita del mondo. “Cristo è in mezzo a noi”, ha detto. Ma ha pure voluto riaffermare che la Chiesa madre di Gerusalemme ha la sua espressione visibile nel patriarcato greco-ortodosso e nel suo capo Ireneos I. Ha spiegato inoltre di partecipare alla Settimana anche in rappresentanza delle Chiese orientali ortodosse di rito bizantino, dei cui fedeli, in Israele, ha la cura pastorale. Sia ieri, sia nelle precedenti funzioni, l’archimandrita Alexandros non ha recitato il “Padre Nostro” insieme con vescovi e capi delle Chiese di tutti gli altri uniti – cattolici e ortodossi – ha scambiato però con loro il segno di pace, ma non si è unito nell’impartire la benedizione ai fedeli. L’arcivescovo Aristarchos, del Patriarcato greco-ortodosso, ha spiegato ad un quotidiano in lingua inglese di Gerusalemme: “Noi partecipiamo alla Settimana per l’unità con riserva, ma forse già questo è un cambiamento positivo del nostro atteggiamento”. La preghiera, ieri, al cenacolo è stata ricca di suggestione. L’abate Benedikt Lindermann, della vicina abbazia benedettina Hagia Maria Sion, ha commentato nell’omelia le due letture: della Genesi sull’incontro di Abramo a Mamre, fatta in ebraico, e del XIII capitolo del Vangelo di San Giovanni sull’Ultima Cena, fatta in arabo, per invitare patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme l’anno venturo a lavarsi reciprocamente i piedi, come fece Gesù con gli apostoli in quello stesso luogo, per superare le divisioni antiche dello status quo, e testimoniare amore reciproco. Proposta già accolta dal Patriarca latino Michel Sabbah e dal vicario patriarcale greco-melchita-cattolico, Mettano Saddaz.

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L’IMPEGNO DELLA CHIESA NELLA COREA DEL SUD PER LA DIFESA DEI DIRITTI CIVILI

E LA PROMOZIONE UMANA DEI LAVORATORI STRANIERI DISCRIMINATI

 

SEOUL. = “Non basta più guardare solo i coreani che lavorano fuori dal Paese: è tempo di occuparsi con più impegno degli immigrati stranieri in Corea”. Lo ha dichiarato il rev. Peter Kang U-il, presidente della Commissione per la cura pastorale dei migranti e itineranti affiliata alla Conferenza episcopale della Corea del Sud. La Commissione concentrerà il suo lavoro su attività di solidarietà, coordinamento e cooperazione, in ogni diocesi, per la cura pastorale degli immigrati in Corea. Notando le difficoltà che incontrano oltre 300 mila lavoratori stranieri in Corea, il presidente della Commissione ha detto che la Chiesa “sulla base della sua visione del mondo e della sua concezione della persona, dovrebbe sforzarsi di cambiare l’atteggiamento comune riguardo ai lavoratori stranieri. I coreani dovrebbero riconoscere che i lavoratori stranieri sono una base importante dell’economia coreana e la Chiesa dovrebbe chiedere al governo di sradicare la discriminazione verso i lavoratori stranieri, uomini e donne, che hanno diritto al rispetto della loro dignità e dei loro diritti fondamentali”. (A. M.)

 

 

UNA VERA E PROPRIA “EPIDEMIA DI VIOLENZA” COLPISCE LE DONNE NEL MONDO,

“CAMPO DI BATTAGLIA” NELLE GUERRE CONTEMPORANEE.

IL 70 PER CENTO DELLE VITTIME DEI CONFLITTI SONO CIVILI,

IN MAGGIOR PARTE DONNE E BAMBINI:

COSI’ DENUNCIA UN NUOVO RAPPORTO DELL’ONU PRESENTATO A GINEVRA

 

GINEVRA. = Nelle guerre contemporanee le donne sono diventate come un ''campo di battaglia'': la grave denuncia in un rapporto dell'Onu, presentato in questi giorni a Ginevra. Le donne sono spesso vittime di violenze, gravidanze forzate, sevizie sessuali, forme di schiavitù, e sono ‘usate’ in tutti i modi per trasmettere messaggi di  terrore al nemico. Ma i responsabili di tali atrocità  sono  spesso rimasti impuniti, deplora il rapporto che auspica l'istituzione di una Commissione internazionale della verità e della riconciliazione per fare piena luce sulle sofferenze delle donne nei conflitti. Le vittime più numerose delle guerre contemporanee non sono i soldati: ''il 70 per cento delle perdite causate dai conflitti recenti è stata  registrata tra i non combattenti, la maggioranza dei quali sono donne e bambini''. Del documento intitolato “Le donne, la guerra e  la pace” sono autrici l'ex ministro finlandese della difesa, Elisabeth Rehn e l'ex ministro delle finanze della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, che si sono recate in 14 zone di conflitto in Africa, Medioriente, America del Sud, Asia ed Europa dell'Est dove hanno osservato ''scioccanti indizi di un'epidemia di violenza'' contro le donne e le ragazze. ''Le sofferenze, il silenzio e la vergogna subita dalle donne durante la guerra sono generalizzate, ma l'aiuto è praticamente inesistente'', afferma il rapporto. “Tuttavia - affermano le autrici del  rapporto - abbiamo anche incontrato molte donne che hanno trovato il coraggio e la volontà di ricominciare a vivere''. Ovunque nel mondo - sostiene il rapporto - le donne lottano contro la guerra e preconizzano la riconciliazione. Ma le donne partecipano raramente alle discussioni ufficiali di pace ed agli sforzi di ricostruzione, svolgono un ruolo essenziale per promuovere la pace al livello delle comunità oltre le divisioni e le frontiere tradizionali. Nelle loro raccomandazioni, le due esperte chiedono, oltre alla creazione di una Commissione internazionale della verità e della riconciliazione, una maggiore partecipazione di candidate alle elezioni indette dopo un conflitto, una maggiore presenza femminile tra il personale dell'Onu impegnato nelle operazioni per il mantenimento della pace e nella diplomazia. Il rapporto raccomanda anche di rafforzare la protezione delle donne sfollate e rifugiate. Nel mondo circa 40 milioni di persone hanno abbandonato le loro case a causa di conflitti armati e violenze: nell'80% dei casi si tratta di donne e  bambini. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Anche il regime iracheno si starebbe preparando alla guerra, equipaggiando alcune unità delle forze armate con tute in grado di resistere alle armi chimiche. Lo sostiene oggi la Bbc. Intanto la Casa Bianca continua ad affermare che sono diversi gli alleati pronti a sostenerla nella guerra all’Iraq tra cui anche l’Italia. Contemporaneamente si allunga la lista dei Paesi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu contrari ad accelerare i tempi della crisi. Ieri anche la Russia, la Cina ed il Canada si sono dichiarate contrarie all’intervento armato contro Baghdad, prendendo posizioni vicine a quella di Francia e Germania e dichiarando che esiste ancora lo spazio per una soluzione diplomatica. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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La Turchia ha ospitato i ministri degli Esteri dei Paesi della regione, sollecitando l’Iraq a collaborare con l’Onu per evitare lo scontro. Il linguaggio di Washington però si fa sempre più duro, lasciando intendere che l’amministrazione è ormai orientata verso l’intervento militare, anche se ancora non conosce il rapporto che i capi degli ispettori sul disarmo terranno il 27 gennaio davanti al Consiglio di Sicurezza. La consigliera per la sicurezza nazionale, Rice, scrivendo sul New York Times ha detto che Saddam mente, perché non sta consegnando le sue armi, obbligando gli ispettori a cercarle, mentre invece dovrebbe essere lui a rivelarle. Il portavoce della Casa Bianca Fleisher ha riconosciuto la possibilità che la Francia, urtata dalle dichiarazioni del capo del Pentagono, Rumsfeld, secondo cui rappresenta la vecchia Europa, potrebbe opporsi alla linea di Bush. Ma il presidente è convinto che l’Europa, Italia compresa, risponderà alla sua chiamata, nonostante il sostegno per l’attacco stia calano anche nei sondaggi di opinione interni americani.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E continuano le polemiche tra Stati Uniti, da un lato, e Francia e Germania, dall’altra. Il ministro degli esteri tedesco Fischer ha ribadito al segretario alla difesa americano, Rumsfeld, di mantenere moderati i toni del cobfronto politico, dopo che questi aveva definito Parigi e Berlino la ''vecchia Europa'' per le resistenze ad un eventuale intervento militare contro l'Iraq. E mentre si sta allargando il fronte contro la guerra in Iraq, l’Australia è l’unico Paese, oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna, ad aver inviato truppe nel Golfo. La decisione del primo ministro John Howard ha suscitato polemiche in Australia e  gli elogi della Casa Bianca.

 

Accordo di pace per la Costa d’Avorio, nonostante nel Paese africano si registrino ancora scontri. La notte scorsa, dopo nove giorni di discussioni a porte chiuse vicino Parigi, tutti i partiti politici, tra cui il Fronte popolare ivoriano del presidente Laurent Gbabgo, ed i tre principali gruppi dei ribelli, hanno raggiunto un’intesa per mettere fine al conflitto nel Paese africano, iniziato il 19 settembre scorso con un tentativo di colpo di Stato. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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Secondo quanto si è appreso da fonti vicine ai negoziatori, l’intesa prevede un nuovo governo di riconciliazione nazionale, guidato da un primo ministro scelto in base ad un ampio consenso. Al nuovo esecutivo è stato anche affidato il compito di fissare la data per le elezioni, “credibili e trasparenti” - si legge nel testo - e organizzare il disarmo dei combattenti sul terreno. Il governo di riconciliazione nazionale, sempre secondo il documento siglato questa notte, sarà guidato da un premier che resterà in carica fino alle prossime elezioni presidenziali, alle quali però non potrà partecipare.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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La Russia considera prematuro portare la crisi nordcoreana davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Lo ha dichiarato oggi il vice ministro degli Esteri russo, Lossioukov. Da Pyongyang giunge intanto la notizia che le autorità nordcoreane si sono dette pronte ad accettare gli sforzi di mediazione dei Paesi vicini per risolvere la crisi nucleare aggravatasi con il ritiro del regime di Kim Jong Il dal Trattato di non proliferazione nucleare. E in questo quadro il neo presidente eletto sudcoreano, Roh Moo Hyun, proporrà un incontro al vertice con lo stesso Kim Jong Il.

 

In pieno clima elettorale per le elezioni israeliane del prossimo 28 gennaio, in Medio Oriente non si ferma la violenza. Da registrare: nuove incursioni dell’esercito ebraico nella Striscia di Gaza e un triplice agguato mortale in Cisgiordania. Il movimento di resistenza islamico Hamas ha rivendicato oggi la paternità di un attacco sferrato stamani. Si è trattato - ha spiegato Hamas - di una ritorsione per il raid israeliano. Il servizio da Gerusalemme:

 

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E’ listata a lutto sui più diffusi quotidiani odierni la notizia dell’agguato teso ieri sera a sud di Hebron da un commando di guerriglieri di Hamas a una pattuglia di soldati, che, dopo essere stati uccisi, sono stati spogliati delle loro armi. “Pattugliavano a piedi, perché non disponevano di una jeep”, scrive un giornale. Reparti di fanteria del genio, appoggiati da blindati, hanno compiuto nelle ultime ore incursioni nella striscia di Gaza, presso Rafah e nel quartiere di Zeitun nel centro del capoluogo, distruggendo alcune fabbriche e operando parecchi arresti. Ma, a quattro giorni dalle elezioni, l’interesse è indirizzato anche a sondaggi e previsioni. Il partito di destra del Likud, del primo ministro Sharon, dovrebbe conquistare 31 dei 120 seggi della Knesset; 18 o 19 i laburisti; 16 i centristi laici dello Shinui; 13 il partito confessionale Shas. Le maggiori inquietudini sono in campo laburista: il leader Mitzna ha rivolto un appello dell’ultima ora all’elettorato conservatore, invitandolo a “ restare a casa”. 

 

Da Gerusalemme, per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sarebbero 16 i sospetti collaboratori di al Qaida, la rete terroristica di Osama Bin Laden, fermati oggi in Catalogna in un'operazione della polizia spagnola che ha coinvolto oltre 150 agenti. Lo rendono noto fonti della polizia. Il biltz è stato compiuto in collaborazione con le polizie francese e britannica. In operazioni coordinate scattate all'alba di oggi, gli agenti, impiegati tra Barcellona e Gerona, hanno proceduto, oltre ai fermi, alla perquisizione di 15 abitazioni, dove è stata trovata diversa documentazione. 

 

La situazione internazionale e la crisi irachena sono al centro della visita che il presidente iraniano Mohammad Khatami ha cominciato oggi in India. A New Delhi, con il suo omologo Abdul Kalam e il premier Atal Behari Vajpayee, Khatami parlerà pure di cooperazione bilaterale e di un progetto d’esportazione di gas iraniano verso l’India.

 

 

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