RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 24 - Testo della
Trasmissione di venerdì 24 gennaio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Rapporto
dell’Ufficio internazionale del lavoro: in crescita i disoccupati.
Sulla crisi irachena
dibattito in corso tra fronte interventista e fronte del no alla guerra.
Siglato ieri a Parigi
l’accordo di pace per la Costa d’Avorio tra governo di Abidjan e ribelli.
A quattro giorni dalle
elezioni israeliane nuove violenze in Medio Oriente.
24 gennaio 2003
LE LEGGI ECCLESIASTICHE NON VANNO
MAI DISTACCATE DALLA DOTTRINA DEL MAGISTERO:
COSI’, GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI ALLA
GIORNATA ACCADEMICA
PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI
LEGISLATIVI,
IN OCCASIONE DEL VENTENNALE DELLA
PROMULGAZIONE
DEL
NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
**********
E’ “fuorviante concepire il diritto della Chiesa
come un mero insieme di testi legislativi”, secondo l’ottica del positivismo
giuridico. Il Pontefice lo ha sottolineato con forza ricordando che le norme
canoniche “si rifanno ad una realtà che le trascende”, composta non solo “di
dati storici contingenti”, ma anche di aspetti nei quali si “concretizza il
diritto divino”. Rivolgendosi a 450 canonisti, ricevuti in udienza nella Sala
Clementina, il Papa ha messo in guardia da un certo “riduzionismo” che pretende
di “interpretare ed applicare le leggi ecclesiastiche distaccandole dalla
Dottrina del Magistero”, e allontanandole quindi dal “vero orizzonte
ecclesiale”. In questa impostazione, ha avvertito, vi è infatti un’idea del
Diritto canonico “molto impoverita” che quasi lo identifica con il mero
“dettato positivo della norma”.
Il Papa ha così rivolto il pensiero al nuovo Codice
di diritto canonico, di cui ricorre domani il ventennale della promulgazione
e sul quale si concentra la Giornata di studi promossa dal Pontificio Consiglio
per i Testi Legislativi. Una delle novità più rilevanti del Codice, ha
constatato, è la normativa sui doveri e i diritti di tutti i fedeli.
Riferimento già auspicato dal Concilio Vaticano II. Proprio tale “dimensione
personalistica dell’ecclesiologia conciliare”, ha affermato, consente di
comprendere meglio “l’insostituibile servizio” della gerarchia ecclesiastica
“per il riconoscimento e la tutela dei diritti dei singoli e delle comunità
nella Chiesa”.
D’altro canto, il Codice va
“contestualizzato nella tradizione giuridica della Chiesa”. Non si tratta, ha
spiegato, di “coltivare un’astratta erudizione storica”, ma piuttosto di
penetrare “in quel flusso di vita ecclesiale che è la storia del Diritto
Canonico” per “trarne lume nell’interpretazione della norma”. In questi anni,
ha detto ancora il Pontefice, si è potuto constatare fino a che punto ci fosse
bisogno del nuovo Codice. Tuttavia, ha proseguito, sarebbe “ingenuo ignorare”
quanto ancora va fatto per “consolidare una vera cultura giuridico-canonica” e
una “prassi ecclesiale” attenta alla “intrinseca dimensione pastorale delle
leggi della Chiesa”.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINA DI INVIATO SPECIALE. TRE NUOVI AUSILIARI A CHICAGO
Il Papa
ha ricevuto stamani sette presuli della Conferenza episcopale del Brasile, in
visita “ad Limina”.
In fine mattinata, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale
Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Pontefice ha nominato l’arcivescovo Javier Lozano
Barragàn, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute,
suo Inviato speciale alla celebrazione della undicesima Giornata Mondiale del
Malato, che avrà luogo a Washington il prossimo 11 febbraio.
Negli Stati Uniti d’America, Giovanni Paolo II ha
accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Chicago,
presentata dai vescovi Raymond E. Goedert, John R. Gorman e Thaddeus J.
Jakubowski, per raggiunti limiti di età.
Come nuovi ausiliari di Chicago, il Papa ha nominato i
sacerdoti Francis J. Kane, di 60 anni, Thomas J. Paprocki, 50enne, entrambi
parroci, e Gustavo Garcia Siller, di 46 anni, superiore dei Missionari dello
Spirito Santo in California, elevandoli alla dignità vescovile.
ALLA LUCE DELL’ENCICLICA DI GIOVANNI XXIII PACEM IN TERRIS
LE
RIFLESSIONI DEL PAPA NEL SUO ODIERNO MESSAGGIO
PER LA
GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
- A
cura di Giovanni Peduto -
La Giornata
si celebra solitamente in coincidenza della solennità dell’Ascensione, in
ricordo delle parole di Gesù in quella occasione, quando disse ai suoi
discepoli: “Andate e annunciate il Vangelo a tutte le genti”. Ricorrendo
quest’anno il 40.mo dell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in Terris, il
Santo Padre ha voluto ispirarsi, nel Messaggio pubblicato oggi, a quel famoso
documento che fu un segnale di speranza per gli uomini e le donne di buona
volontà. Un’altra cosa vogliamo rilevare: il Messaggio viene reso noto il 24
gennaio in coincidenza con la festività liturgica di San Francesco di Sales,
patrono dei giornalisti.
Quali
sono i punti salienti di questo Messaggio? Li vogliamo scorrere assieme al presidente
del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, l’arcivescovo John Foley,
precisando che il tema è I mezzi delle telecomunicazioni sociali a servizio
dell’autentica pace alla luce della Pacem in Terris …
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Il Santo Padre Giovanni XXIII ha indicato come pilastri
della società: la verità, la giustizia, la carità e la libertà. Lui ha detto
che i mezzi delle comunicazioni sociali possono servire alla promozione e alla
diffusione della comprensione reciproca fra le Nazioni.
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Parlando di media e verità, Giovanni Paolo
II dice infatti che i media spesso rendono un servizio coraggioso alla verità,
ma talvolta funzionano come agenti di propaganda e disinformazioni ...
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I media devono resistere alle pressioni per sbagliare o
per dare disinformazione. Dobbiamo aver gruppi responsabili e anche la Chiesa
dovrebbe offrire una critica dei mezzi di comunicazione.
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Circa i media e
la giustizia, il Pontefice afferma che, riportando fedelmente gli
eventi, presentando correttamente i casi ed esponendo in modo imparziale i
diversi punti di vista, i media adempiono al preciso dovere di promuovere la
giustizia e la solidarietà nelle relazioni a tutti i livelli della società, e …
circa i media e la libertà?…
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Riguardo ai media e alla libertà il Santo Padre Giovanni
Paolo II dice che i media servono la libertà servendo la verità: essi
ostacolano la libertà quando si allontanano da quello che è vero, diffondendo
falsità o creando un clima di insana reazione emotiva di fronte agli eventi.
Solo quando le persone hanno libero accesso ad un’informazione verace e
sufficiente, possono perseguire il bene comune e considerare le pubbliche
autorità come responsabili di esso.
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Riguardo a i
media e l’amore, il Santo Padre cita il Beato Papa Giovanni XXIII che ha
espresso questo semplice ma profondo pensiero “l’ira dell’uomo non compie ciò
che è giusto davanti a Dio”, e ancora “la difesa della pace deve dipendere da
un principio radicalmente differente da quello che è in vigore oggi. La vera
pace tra le Nazioni non dipende dal possesso di un uguale rifornimento di armi,
ma unicamente dalla fiducia reciproca”. I mass media hanno un enorme ruolo da
svolgere nella costruzione di questa fiducia e, pertanto …
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Giovanni Paolo II finisce e conclude: “La mia preghiera in
questa Giornata mondiale delle comunicazioni sociali si eleva, dunque, perché
gli uomini e le donne che operano nei media siano più che mai all’altezza della
sfida della loro vocazione: il servizio del bene comune universale”.
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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA MORTE DEL SENATORE
GIOVANNI AGNELLI,
IN UN
TELEGRAMMA AL CARDINALE ARCIVESCOVO DI TORINO SEVERINO POLETTO
Il Papa
ha espresso il suo cordoglio per la morte del senatore Giovanni Agnelli,
avvenuta stamani a Torino dopo lunga malattia all’età di 81 anni, in un
telegramma indirizzato al cardinale Severino Poletto, arcivescovo della città.
“Appresa la mesta notizia della scomparsa del senatore
Giovanni Agnelli - scrive Giovanni Paolo II nel messaggio - affido a lei signor
cardinale l’incarico di far pervenire alla consorte signora Marella ed ai
familiari l’espressione della mia viva partecipazione al loro dolore per il grave
lutto. Nel ricordare così autorevole protagonista di momenti importanti della
storia italiana che seppe prodigarsi con generosa intraprendenza per il bene e
per lo sviluppo economico e sociale del Paese - aggiunge il Papa - elevo
fervide preghiere di suffragio per l’illustre e compianto avvocato ed invoco
dalla Divina bontà pace eterna per la sua anima, mentre di cuore imparto ai
congiunti e a quanti ne piangono la dipartita una speciale confortatrice
Benedizione apostolica”.
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“Il fondamento teologico delle
norme canoniche” è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al
discorso del Papa rivolto ai partecipanti alla Giornata Accademica
promossa dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, a vent'anni dalla
promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico.
All'interno, il saluto del
cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, in apertura dei lavori della
Giornata Accademica.
Sempre in prima, il telegramma
di cordoglio del Santo Padre per la morte del senatore a vita Giovanni Agnelli.
Il Rosario, “preghiera dal
cuore cristologico” è il titolo del pensiero di mons. Angelo Amato dedicato
all'Anno del Rosario.
Nelle vaticane, il Messaggio
del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
La
prolusione inaugurale del cardinale Lopez Trujillo, in apertura del Congresso
internazionale teologico-pastorale nel contesto del IV Incontro mondiale delle
Famiglie, a Manila.
Una pagina sulla Settimana
di preghiera per l'Unità dei cristiani.
Una pagina dedicata
all'ingresso in diocesi del nuovo vescovo di Mazara del Vallo.
Nelle pagine estere, riguardo
all'Iraq, si rileva che si sta estendendo nella comunità internazionale la
contrarietà alla posizione degli Usa.
In Medio Oriente continua la
drammatica catena di attentati e ritorsioni.
Corea del Nord: si profila una
mediazione per risolvere la crisi nucleare.
Venezuela: un attentato a
Caracas causa un morto ed otto feriti.
Nella pagina culturale, un
contributo di Armando Rigobello dal titolo: “Il cristiano e il ‘mondo’”: nel
“Trattato di concupiscenza” di Bossuet.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica, con particolare riferimento al dibattito sull'eventuale
partecipazione del Paese ad un possibile attacco statunitense all'Iraq.
I temi delle riforme e del
federalismo.
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“MAI PIU’ LA VIOLENZA, MAI PIU’ LA GUERRA, MAI PIU’ IL TERRORISMO”.
COSI’
RISUONAVA, UN ANNO FA, LA VOCE DEL PAPA
AD ASSISI CON I RAPPRESENTANTI DELLE
RELIGIONI MONDIALI
PER LA
GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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(musica)
Mai più violenza!
Mai più guerra!
Mai più terrorismo!
In nome di Dio ogni religione porti sulla terra
Giustizia e Pace,
Perdono e Vita,
Amore!”.
Centotrentacinque
giorni dopo l’agghiacciante attentato che ha segnato un “prima” e un “dopo” sul
calendario degli eventi umani, è un piccolo centro dell’Umbria a sostituire,
con la mistica della sua architettura, l’orrore nero di fumo, di polvere e di
morte di Ground zero. Il simbolo di una ferita che non è solo di New
York cede spazio per un giorno ad Assisi e al grido del Papa: Mai più guerra!
Mai più violenza! Mai più terrorismo!
(musica)
Il
terzo pellegrinaggio della pace voluto da Giovanni Paolo II nella cittadella
francescana inizia presto e in modo insolito. Alle 8.38 del mattino del 24
gennaio 2002, un convoglio delle Ferrovie italiane si stacca dalla stazione dei
Giardini vaticani. A bordo, il Pontefice, e la maggior parte dei 70 leader
spirituali delle più diffuse religioni mondiali, che hanno accettato l’invito a
pregare per un pianeta che sembra essere precipitato, con l’11 settembre, verso
un nuovo abisso di malvagità. Un paio d’ore più tardi, nel rigore invernale
della Piazza inferiore di San Francesco, è il Papa a spiegare il senso di
quell’appuntamento:
“Siamo venuti ad Assisi in pellegrinaggio
di pace. Siamo qui, quali rappresentanti delle varie religioni, per
interrogarci di fronte a Dio sul nostro impegno per la pace, per chiederne a
Lui il dono, per testimoniare il nostro comune anelito verso un mondo più
giusto e solidale”.
E’ una
testimonianza condivisa, totale. La corona di abiti sacri, dalle fogge più o
meno conosciute, che fa ala al Pontefice ne offre un’efficace conferma visiva.
Come le lingue diverse, che proclamano all’unisono lo stesso impegno delle
religioni per la pace, raccontano della capacità di vescovi cattolici e rabbini
ebrei, di muftì e induisti, di scintoisti e sikh, di zoroastriani e di
animisti, di sapere credere e di voler vivere per questo obiettivo:
“Ancora una
volta noi, insieme qui riuniti, affermiamo che chi utilizza la religione per
fomentare la violenza ne contraddice l’ispirazione più autentica e profonda. E’
doveroso, pertanto, che le persone e le comunità religiose manifestino il più
netto e radicale ripudio della violenza, di ogni violenza, a partire da quella
che pretende di ammantarsi di religiosità, facendo addirittura appello al nome
sacrosanto di Dio per offendere l’uomo”.
Oggi,
un anno dopo, ad Assisi non è tempo di bilanci ma di preghiera. Una mattina
trascorsa a riflettere sulla pace - 200 laici francescani - il pomeriggio in ginocchio per invocarla come dono da Dio.
E in ideale risposta al suggerimento del Papa - fare “concreti gesti di pace”,
lanciato il primo giorno dell’anno – ecco il braciere, dove tutti porranno un
grano d’incenso a ricordo della fiamma della pace accesa il 24 gennaio 2002.
Infine, un altro gesto: migliaia di cartoline con l’arcobaleno della pace da
diffondere tra gli uomini e le donne di buona volontà. Con due destinatari
speciali: George Bush e Saddam Hussein. C’è un insegnamento che viene
dall’ultimo incontro di Assisi: lo riassume il custode del Sacro convento
francescano, padre Vincenzo Coli:
R. - Quella giornata credo abbia scritto alcune cose molto
importanti, e cioè che dovremmo sempre camminare insieme, avendo dei punti di
riferimento molto chiari, specialmente per le religioni monoteiste: Dio, pur
modulato secondo la propria fede, la propria religione, la propria storia,
l’uomo e anche la creazione della natura. A nostro parere, sono i valori che
possono permettere soprattutto alle religioni monoteiste, di fare un cammino
sempre più convergente, un cammino d’insieme per portare un fortissimo,
indispensabile contributo alla pace tra gli uomini, alla giustizia e alla
condivisione.
Quattordici
mesi dopo, Ground zero è una ferita ripulita solo esteriormente. Il
terrorismo ha perso il morso agghiacciante della visibilità per acquistare il
rumore sordo della minaccia sempre incombente. Ma il mondo non è in pace perché
vive l’attesa di un’altra possibile guerra. E’ un mondo che avrebbe bisogno di
una “nuova” Assisi? Il pensiero del vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del
Pontificio Consiglio Giustizia e pace:
R. - Al di là se far o non fare una nuova Assisi, il mondo
ha bisogno di riscoprire e di vivere e di sperimentare lo spirito di Assisi,
che è spirito di dialogo interreligioso, che è spirito di amicizia, che è
spirito di comprensione. Uno spirito che ci fa operare e risolvere i problemi
esistenti nel mondo non con la forza o le ragioni della forza, ma con la forza
della ragione, con la forza del dialogo, con la forza paziente ed umile che sa
trovare sempre le strade della pace e mai quelle della guerra e del conflitto.
(musica)
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ARRICCHITO DA UN “LIETO EVENTO” L’INCONTRO MONDIALE DELLE
FAMIGLIE A MANILA.
GENITORI
E FIGLI SI CONFRONTANO CON LA CHIAMATA DELLA FAMIGLIA CRISTIANA AD
EVANGELIZZARE
-
Servizio di Gianfranco Grieco -
Al quarto Incontro Mondiale delle Famiglie, in corso a
Manila dal 22 al 26 gennaio, gli aspetti teologici si intrecciano con la dimensione
pastorale e con le testimonianze. Grandi e piccoli hanno voce in capitolo a
questo importante evento ecclesiale, che si articola in due fori paralleli: il
Congresso teologico pastorale imperniato sul ruolo della famiglia nella
evangelizzazione, concluso oggi, e il Congresso dei figli, che offre ai
giovani, suddivisi in fasce d’età, la possibilità di partecipare a momenti di
riflessione sul loro contributo nella trasmissione della fede. Mentre c’è
attesa per il messaggio del Papa in collegamento televisivo, non sono mancati
momenti di toccante umanità, come ci riferisce dalla capitale filippina
Gianfranco Grieco.
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Una donna filippina, madre di nove
figli, che partecipa all’incontro mondiale delle famiglie a Manila, ha
partorito il suo decimo baby. La lieta notizia è stata data proprio dal
cardinale Alfonso Lopez Trujillo, organizzatore del IV Incontro delle famiglie,
durante la celebrazione della Santa Messa della giornata conclusiva del
Congresso teologico internazionale. I 5 mila delegati hanno applaudito a lungo
ed hanno rinnovato un corale augurio alla fortunata coppia, benedetta ancora
una volta da Dio. La giornata conclusiva del Congresso è stata onorata anche
dalla partecipazione dei cardinali Crescenzio Sepe e Francis Arinze e dalla testimonianza
di numerosi delegati.
Se non vuole essere velleitaria,
ma penetrante nella cultura contemporanea, un’autentica evangelizzazione deve
coinvolgere direttamente la famiglia. E’ quanto ha raccomandato il cardinale
Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. L’attuale
situazione culturale – ha detto ancora – non deve scoraggiare la famiglia
cristiana, ma piuttosto indurla ad approfondire la consapevolezza della propria
dignità, che è un dono dello Spirito per essere testimone e annunciatrice
credibile del dono ricevuto.
La famiglia cristiana in Asia, nel
rapporto con le grandi religioni, è il tema centrale di questa giornata
congressuale conclusiva. Il cardinale Arinze è venuto qui più volte quando era
presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; da grande
esperto quale è in materia ha dato indicazioni ben chiare e precise per un
proficuo lavoro al servizio di tutti i credenti in Cristo e dei fratelli delle
altre grandi religioni mondiali. Il cardinale Alfonso Lopez Trujillo ha
inaugurato e benedetto poco fa proprio qui a Manila un nuovo centro promosso
dal Rinnovamento nello Spirito.
Da Manila, per la Radio Vaticana,
Gianfranco Grieco.
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- Servizio
di Andrea Sarubbi -
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L’avvocato è morto in silenzio,
nell’intimità di casa, lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica che lo
aveva accompagnato per tutto il resto della sua vita. Da Torino, la cronaca di
Fabrizio Accatino:
“La notizia della sua morte si è
diffusa questa mattina poco dopo le 8.30 quando l’assemblea dell’Accomandita,
in cui sarebbe stato sancito il passaggio di testimone al fratello Umberto era
appena iniziata. Giovanni Agnelli aveva ereditato la dinastia fondata dal
nonno, di cui portava il nome di battesimo. Laureato in giurisprudenza
all’Università di Torino, aveva preso parte al secondo conflitto mondiale come
ufficiale di cavalleria sul fronte russo; nel ’43 era entrato in Fiat come
vice-presidente, ruolo ricoperto fino al ’63, anno in cui viene nominato
amministratore delegato. Nel giro di pochi anni diventerà presidente e poi
presidente onorario. Dal ’74 al ’76 aveva ricoperto la carica di presidente
della Confindustria”.
Con Giovanni Agnelli scompare una delle figure italiane
più significative, ma anche uno dei rappresentanti dell’Italia più stimati al
mondo. Ce lo conferma Giancarlo Galli, editorialista di “Avvenire”, economista
ed autore di un libro di prossima pubblicazione sugli Agnelli e la Fiat:
“Era un grande personaggio di mondo; certamente Gianni
Agnelli - che aveva una casa ed anche una residenza a New York - è stato un
buon ambasciatore, era amico dei presidenti americani… Aveva sposato il modello
americano anche nel concepire l’economia, ed in qualche momento si era anche
pensato che potesse essere nominato ministro degli Esteri o ambasciatore a New
York: questo negli anni Settanta, per rassicurare l’America rispetto alle
posizioni dell’Italia travolta dalle Brigate Rosse, dalla contestazione, eccetera.
E’ stato sicuramente un personaggio, un “monarca”, un “re” pieno di fascino ma,
specie negli ultimi tempi, gli era venuta meno la grinta imprenditoriale,
tant’è che la Fiat è progressiva-mente calata nel rango nelle grandi
multinazionali”.
E proprio queste ombre sul futuro della Fiat sono una
delle questioni lasciate aperte dalla sua morte. Una questione che preoccupa da
tempo anche l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, che ai
nostri microfoni rivela però un lato nascosto della personalità di Gianni
Agnelli:
“Quest’uomo così potente e così grande si è preparato a
morire da buon cristiano. Poco tempo prima di Natale abbiamo dialogato con
serenità anche di fronte alle prospettive delle cure che stava facendo e della
sua situazione; gli ho proposto di prepararsi cristianamente non alla morte,
quanto piuttosto a chiedere al Signore la guarigione. Si è confessato, ho
celebrato l’Eucaristia, ha fatto la Santa comunione e poi, ancora ieri sera,
gli ho dato l’unzione degli infermi. Io ho visto in lui un uomo aperto alla
preghiera, alla fiducia in Dio e all’affidarsi un po’ al Signore in questo
scorcio finale della sua vita”.
Rimane infine difficile parlare di Giovanni Agnelli senza
un accenno allo sport. Quello sport che sotto forma di due grandi passioni – la
Juventus e la Ferrari – lo vide appassionato e protagonista.
Candido Cannavò, già direttore della Gazzetta dello Sport, lo ricorda
così:
“Il suo rapporto con il calcio è stato quello di un
innamorato. La Juventus era nel suo cuore come un bene della sua
famiglia, un bene dinastico, ma trattato come un qualsiasi appassionato. Il suo
era un tifo sincero, ma io ricorderò sempre che, all’indomani della tragedia
dell’Heysel, lui venne fuori a dire: ‘La coppa è l’ultima cosa che
c’interessa’. Un po’ diverso il discorso con la Ferrari. Secondo me, lui
ha il grandissimo merito di avere, allora, salvato la Ferrari in un
momento in cui il vecchio Enzo Ferrari non ce la faceva più a reggerla
economicamente. Lui l’ha sorretta tenendosene a debita distanza e lasciando la
totale autonomia al Grande Vecchio”.
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DA UNA PARTE ALL’ALTRA DEL MONDO, A DAVOS E A PORTO
ALLEGRE,
SI
DISCUTE DI TEORIE ECONOMICHE E DIRITTI SOCIALI
E SI
CONTRAPPONGONO IDEE E SOLUZIONI PER UN FUTURO POSSIBILE
- A
cura di Roberta Gisotti -
“Ricostruire la fiducia”, è lo slogan quest’anno
del Forum economico mondiale, che riunisce da ieri nella cittadina svizzera di
Davos oltre 2500 delegati, tra cui protagonisti del mondo imprenditoriale,
finanziario, accademico e politico. Giunto alla 33ma edizione il Forum si
articola quest’anno in 270 sessioni di lavoro, workshop, conferenze, dibattiti,
tavole rotonde. Ascoltiamo il servizio di Mario Martelli:
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A Davos si parla di pronostici, di
crescita economica, di scandali finanziari, di mondializzazione, in una
cittadina dove è stato praticamente stabilito uno stato di emergenza, con la
presenza di centinaia di poliziotti, soldati e guardie di frontiera per
garantire la sicurezza dei partecipanti. Ed il governo svizzero ha autorizzato
solo per sabato una manifestazione di oppositori, con una partecipazione che
dovrebbe aggirarsi su qualche migliaio di persone. Tra gli ospiti di maggior
rilievo una trentina di capi di Stato o di governo, più di 80 ministri, l’ex
presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ed il nuovo presidente brasiliano,
il sindacalista Lula, atteso anche a Porto Alegre.
Da Ginevra, Mario Martelli, per la
Radio Vaticana.
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“Un altro mondo è possibile” è
invece il motto del terzo Forum sociale aperto contemporaneamente a Porto
Allegre, in Brasile. Da rilevare la nota diramata dalla Federazione
internazionale dei giornalisti (Ifj) in occasione di questi due importanti
appuntamenti, che vedono confrontarsi letture divergenti ma anche complementari
della realtà economica e sociale dell’intero Pianeta. Nel comunicato si
sottolinea che ''la libertà di stampa,
l'indipendenza dei media e delle testate giornalistiche, il rispetto dei
diritti da parte dei governi, sono elementi cruciali per costruire l'ordine
mondiale secondo i principi della democrazia, dell'equità e della giustizia
sociale''. Il Sindacato mondiale dei giornalisti rileva altresì che ''la
possibilità di discutere sulla base di una vera cognizione dei problemi è la
linfa vitale delle democrazie. Senza di essa, i cittadini e le autorità
responsabili delle decisioni sono privi della capacità di influire, mancano
degli strumenti fondamentali per una partecipazione e una rappresentanza
davvero autentiche ed informate''.
A Porto Allegre intanto è partita
la sfida dei ‘no global’, come ci racconta Maurizio Salvi:
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Delegati dei cinque continenti
hanno sfilato per quasi tre ore, mostrando striscioni e cartelli e sventolando
variopinte bandiere che hanno accompagnato gli slogan contro la politica degli
Stati Uniti, non solo sul piano militare ma anche politico ed economico. I
manifestanti hanno non solo detto “no” alla guerra, ma hanno chiesto ai governi
del continente di respingere il progetto di area di libero commercio delle
Americhe propugnato dagli Stati Uniti. La giornata odierna è caratterizzata
dall’intervento del presidente, Luis Ignacio Lula Da Silva, che giunto ieri
sera, e prima di ripartire per Davos, si rivolgerà ai delegati del Forum per
rinnovare il suo impegno nella lotta alla fame in Brasile, nel raggiungimento
di un accordo con i Paesi sviluppati che permetta di stringere un patto di
lotta urgente contro la povertà.
Da Porto Alegre, Maurizio Salvi,
per la Radio Vaticana.
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24 gennaio 2003
PUBBLICATO OGGI IL RAPPORTO
DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO
SULLE
TENDENZE MONDIALI NEL 2003. I DISOCCUPATI NEL 2000 SONO AUMENTATI
DI 20
MILIONI E COMPLESSIVAMENTE LE PERSONE SENZA LAVORO SONO 180 MILIONI
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
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GINEVRA . = Due anni
di rallentamento dell’economia fanno registrare un numero senza precedenti di
disoccupati nel mondo e sono scarse le prospettive di un miglioramento della
situazione dell’occupazione per quest’anno. Sono queste le indicazioni del
rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro pubblicato oggi sulle tendenze
mondiali nel 2003. “Il numero dei disoccupati nel 2000 – si legge nel rapporto - è aumentato di 20
milioni e complessivamente le persone senza lavoro sono 180 milioni”. Secondo
Juan Somavia, direttore generale dell’Ufficio internazionale del lavoro “desta
forte preoccupazione il peggioramento mondiale dell’occupazione e la
prospettiva di una ripresa debole o ritardata”. “Il protrarsi di queste
tendenze – prosegue Juan Somavia - potrebbe avere ripercussioni gravi sulla
stabilità sociale e politica di vaste aree del mondo”. L’inizio dell’aumento
della disoccupazione è legato alla bolla speculativa scoppiata nel settore
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella primavera del
2001. Secondo il rapporto “le conseguenze degli attentati dell’11 settembre a
New York e a Washington, la fragilità finanziaria di alcuni Paesi e il
conseguente calo di fiducia degli investitori hanno generato un’instabilità
economica diffusa”. In Argentina, ad esempio, il tasso di disoccupazione ha
superato nel 2002 il 20% mentre in Paesi come la Colombia e il Nepal i
conflitti armati hanno contribuito all’aumento della disoccupazione e della
povertà. Nel Medio Oriente la disoccupazione è aumentata vertiginosamente in
Cisgiordania e nella striscia di Gaza, mentre la recessione si fa più pesante
in Israele. Nei Paesi industrializzati il tasso di disoccupazione è aumentato
passando dal 6,1% nel 2000 al 6,9% nel 2002. Il rallentamento registratosi
nelle economie più forti si è inoltre ripercosso nei Paesi in via di sviluppo
con perdite di posti di lavoro soprattutto nei settori orientati
all’esportazione. Considerata la fragilità della situazione finanziaria di
molti Paesi, l’aumento della disoccupazione e della povertà influiranno sui
bilanci pubblici. “I leader politici – conclude il rapporto dell’Ufficio
internazionale del lavoro – dovrebbero concentrarsi su misure destinate a rilanciare
l’economia e l’espansione dell’occupazione”.
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LA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI IN
TERRA SANTA VEDE QUEST’ANNO
LA
PARTECIPAZIONE DEL PATRIARCATO GRECO ORTODOSSO
A
TUTTI GLI INCONTRI DI PREGHIERA DELLA DIVERSE COMUNITA’
-
A cura di Graziano Motta -
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GERUSALEMME. = La Settimana per
l’unità delle Chiese ha segnato quest’anno una piccola ma importante svolta: il
superamento cioè della preclusione del Patriarcato greco-ortodosso alla
partecipazione agli incontri quotidiani di preghiera, che vengono organizzati
dalle diverse comunità, in uno spirito di grande apertura e di sincera
fraternità. A tutti gli appuntamenti, fin dal primo domenica scorsa, nella
cattedrale anglicana di San Giorgio, e poi nella chiesa parrocchiale cattolica
di San Salvatore, nella chiesa dei luterani, e in quella patriarcale degli
armeno ortodossi, è stato sempre presente l’archimandrita Alexandros del
Patriarcato greco-ortodosso. E ieri pomeriggio, nella funzione intercomunitaria
al Cenacolo, ha anche preso la parola – evento senza precedenti – per
professare la comune fede e per proclamare la riconciliazione in Cristo, luce e
vita del mondo. “Cristo è in mezzo a noi”, ha detto. Ma ha pure voluto
riaffermare che la Chiesa madre di Gerusalemme ha la sua espressione visibile
nel patriarcato greco-ortodosso e nel suo capo Ireneos I. Ha spiegato inoltre
di partecipare alla Settimana anche in rappresentanza delle Chiese orientali
ortodosse di rito bizantino, dei cui fedeli, in Israele, ha la cura pastorale. Sia
ieri, sia nelle precedenti funzioni, l’archimandrita Alexandros non ha recitato
il “Padre Nostro” insieme con vescovi e capi delle Chiese di tutti gli altri
uniti – cattolici e ortodossi – ha scambiato però con loro il segno di pace, ma
non si è unito nell’impartire la benedizione ai fedeli. L’arcivescovo
Aristarchos, del Patriarcato greco-ortodosso, ha spiegato ad un quotidiano in
lingua inglese di Gerusalemme: “Noi partecipiamo alla Settimana per l’unità con
riserva, ma forse già questo è un cambiamento positivo del nostro
atteggiamento”. La preghiera, ieri, al cenacolo è stata ricca di suggestione.
L’abate Benedikt Lindermann, della vicina abbazia benedettina Hagia Maria Sion,
ha commentato nell’omelia le due letture: della Genesi sull’incontro di Abramo
a Mamre, fatta in ebraico, e del XIII capitolo del Vangelo di San Giovanni
sull’Ultima Cena, fatta in arabo, per invitare patriarchi e capi delle Chiese
di Gerusalemme l’anno venturo a lavarsi reciprocamente i piedi, come fece Gesù
con gli apostoli in quello stesso luogo, per superare le divisioni antiche
dello status quo, e testimoniare amore reciproco. Proposta già accolta dal
Patriarca latino Michel Sabbah e dal vicario patriarcale
greco-melchita-cattolico, Mettano Saddaz.
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L’IMPEGNO DELLA CHIESA NELLA COREA DEL SUD PER LA DIFESA DEI
DIRITTI CIVILI
E LA
PROMOZIONE UMANA DEI LAVORATORI STRANIERI DISCRIMINATI
SEOUL. = “Non basta più guardare solo i coreani che
lavorano fuori dal Paese: è tempo di occuparsi con più impegno degli immigrati
stranieri in Corea”. Lo ha dichiarato il rev. Peter Kang U-il, presidente della
Commissione per la cura pastorale dei migranti e itineranti affiliata alla
Conferenza episcopale della Corea del Sud. La Commissione concentrerà il suo
lavoro su attività di solidarietà, coordinamento e cooperazione, in ogni
diocesi, per la cura pastorale degli immigrati in Corea. Notando le difficoltà
che incontrano oltre 300 mila lavoratori stranieri in Corea, il presidente
della Commissione ha detto che la Chiesa “sulla base della sua visione del
mondo e della sua concezione della persona, dovrebbe sforzarsi di cambiare
l’atteggiamento comune riguardo ai lavoratori stranieri. I coreani dovrebbero
riconoscere che i lavoratori stranieri sono una base importante dell’economia
coreana e la Chiesa dovrebbe chiedere al governo di sradicare la
discriminazione verso i lavoratori stranieri, uomini e donne, che hanno diritto
al rispetto della loro dignità e dei loro diritti fondamentali”. (A. M.)
UNA VERA E PROPRIA “EPIDEMIA DI VIOLENZA” COLPISCE LE
DONNE NEL MONDO,
“CAMPO
DI BATTAGLIA” NELLE GUERRE CONTEMPORANEE.
IL 70
PER CENTO DELLE VITTIME DEI CONFLITTI SONO CIVILI,
IN
MAGGIOR PARTE DONNE E BAMBINI:
COSI’
DENUNCIA UN NUOVO RAPPORTO DELL’ONU PRESENTATO A GINEVRA
GINEVRA. = Nelle guerre
contemporanee le donne sono diventate come un ''campo di battaglia'': la grave
denuncia in un rapporto dell'Onu, presentato in questi giorni a Ginevra. Le
donne sono spesso vittime di violenze, gravidanze forzate, sevizie sessuali,
forme di schiavitù, e sono ‘usate’ in tutti i modi per trasmettere messaggi
di terrore al nemico. Ma i responsabili
di tali atrocità sono spesso rimasti impuniti, deplora il rapporto
che auspica l'istituzione di una Commissione internazionale della verità e
della riconciliazione per fare piena luce sulle sofferenze delle donne nei
conflitti. Le vittime più numerose delle guerre contemporanee non sono i
soldati: ''il 70 per cento delle perdite causate dai conflitti recenti è stata registrata tra i non combattenti, la
maggioranza dei quali sono donne e bambini''. Del documento intitolato “Le
donne, la guerra e la pace” sono
autrici l'ex ministro finlandese della difesa, Elisabeth Rehn e l'ex ministro
delle finanze della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, che si sono recate in 14
zone di conflitto in Africa, Medioriente, America del Sud, Asia ed Europa
dell'Est dove hanno osservato ''scioccanti indizi di un'epidemia di violenza''
contro le donne e le ragazze. ''Le sofferenze, il silenzio e la vergogna subita
dalle donne durante la guerra sono generalizzate, ma l'aiuto è praticamente
inesistente'', afferma il rapporto. “Tuttavia - affermano le autrici del rapporto - abbiamo anche incontrato molte
donne che hanno trovato il coraggio e la volontà di ricominciare a vivere''.
Ovunque nel mondo - sostiene il rapporto - le donne lottano contro la guerra e
preconizzano la riconciliazione. Ma le donne partecipano raramente alle
discussioni ufficiali di pace ed agli sforzi di ricostruzione, svolgono un
ruolo essenziale per promuovere la pace al livello delle comunità oltre le
divisioni e le frontiere tradizionali. Nelle loro raccomandazioni, le due
esperte chiedono, oltre alla creazione di una Commissione internazionale della
verità e della riconciliazione, una maggiore partecipazione di candidate alle
elezioni indette dopo un conflitto, una maggiore presenza femminile tra il
personale dell'Onu impegnato nelle operazioni per il mantenimento della pace e
nella diplomazia. Il rapporto raccomanda anche di rafforzare la protezione
delle donne sfollate e rifugiate. Nel mondo circa 40 milioni di persone hanno
abbandonato le loro case a causa di conflitti armati e violenze: nell'80% dei
casi si tratta di donne e bambini. (R.G.)
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- A cura
di Giancarlo La Vella -
Anche il regime iracheno si
starebbe preparando alla guerra, equipaggiando alcune unità delle forze armate
con tute in grado di resistere alle armi chimiche. Lo sostiene oggi la Bbc.
Intanto la Casa Bianca continua ad affermare che sono diversi gli alleati
pronti a sostenerla nella guerra all’Iraq tra cui anche l’Italia.
Contemporaneamente si allunga la lista dei Paesi del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu contrari ad accelerare i tempi della crisi. Ieri anche la Russia, la
Cina ed il Canada si sono dichiarate contrarie all’intervento armato contro
Baghdad, prendendo posizioni vicine a quella di Francia e Germania e
dichiarando che esiste ancora lo spazio per una soluzione diplomatica. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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La
Turchia ha ospitato i ministri degli Esteri dei Paesi della regione,
sollecitando l’Iraq a collaborare con l’Onu per evitare lo scontro. Il
linguaggio di Washington però si fa sempre più duro, lasciando intendere che
l’amministrazione è ormai orientata verso l’intervento militare, anche se
ancora non conosce il rapporto che i capi degli ispettori sul disarmo terranno
il 27 gennaio davanti al Consiglio di Sicurezza. La consigliera per la
sicurezza nazionale, Rice, scrivendo sul New York Times ha detto che
Saddam mente, perché non sta consegnando le sue armi, obbligando gli ispettori
a cercarle, mentre invece dovrebbe essere lui a rivelarle. Il portavoce della
Casa Bianca Fleisher ha riconosciuto la possibilità che la Francia, urtata
dalle dichiarazioni del capo del Pentagono, Rumsfeld, secondo cui rappresenta
la vecchia Europa, potrebbe opporsi alla linea di Bush. Ma il presidente è
convinto che l’Europa, Italia compresa, risponderà alla sua chiamata,
nonostante il sostegno per l’attacco stia calano anche nei sondaggi di opinione
interni americani.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E continuano le polemiche tra
Stati Uniti, da un lato, e Francia e Germania, dall’altra. Il ministro degli
esteri tedesco Fischer ha ribadito al segretario alla difesa americano,
Rumsfeld, di mantenere moderati i toni del cobfronto politico, dopo che questi
aveva definito Parigi e Berlino la ''vecchia Europa'' per le resistenze ad un
eventuale intervento militare contro l'Iraq. E mentre si sta allargando il
fronte contro la guerra in Iraq, l’Australia è l’unico Paese, oltre a Stati
Uniti e Gran Bretagna, ad aver inviato truppe nel Golfo. La decisione del primo
ministro John Howard ha suscitato polemiche in Australia e gli elogi della Casa Bianca.
Accordo di pace per la Costa
d’Avorio, nonostante nel Paese africano si registrino ancora scontri. La notte
scorsa, dopo nove giorni di discussioni a porte chiuse vicino Parigi, tutti i
partiti politici, tra cui il Fronte popolare ivoriano del presidente Laurent
Gbabgo, ed i tre principali gruppi dei ribelli, hanno raggiunto un’intesa per
mettere fine al conflitto nel Paese africano, iniziato il 19 settembre scorso
con un tentativo di colpo di Stato. Ce ne parla Giulio Albanese:
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Secondo
quanto si è appreso da fonti vicine ai negoziatori, l’intesa prevede un nuovo
governo di riconciliazione nazionale, guidato da un primo ministro scelto in
base ad un ampio consenso. Al nuovo esecutivo è stato anche affidato il compito
di fissare la data per le elezioni, “credibili e trasparenti” - si legge nel
testo - e organizzare il disarmo dei combattenti sul terreno. Il governo di
riconciliazione nazionale, sempre secondo il documento siglato questa notte,
sarà guidato da un premier che resterà in carica fino alle prossime elezioni
presidenziali, alle quali però non potrà partecipare.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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La
Russia considera prematuro portare la crisi nordcoreana davanti al Consiglio di
Sicurezza dell’Onu. Lo ha dichiarato oggi il vice ministro degli Esteri russo,
Lossioukov. Da Pyongyang giunge intanto la notizia che le autorità nordcoreane
si sono dette pronte ad accettare gli sforzi di mediazione dei Paesi vicini per
risolvere la crisi nucleare aggravatasi con il ritiro del regime di Kim Jong Il
dal Trattato di non proliferazione nucleare. E in questo quadro il neo
presidente eletto sudcoreano, Roh Moo Hyun, proporrà un incontro al vertice con
lo stesso Kim Jong Il.
In pieno clima elettorale per le
elezioni israeliane del prossimo 28 gennaio, in Medio Oriente non si ferma la
violenza. Da registrare: nuove incursioni dell’esercito ebraico nella Striscia
di Gaza e un triplice agguato mortale in Cisgiordania. Il movimento di
resistenza islamico Hamas ha rivendicato oggi la paternità di un attacco
sferrato stamani. Si è trattato - ha spiegato Hamas - di una ritorsione per il
raid israeliano. Il servizio da Gerusalemme:
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E’
listata a lutto sui più diffusi quotidiani odierni la notizia dell’agguato teso
ieri sera a sud di Hebron da un commando di guerriglieri di Hamas a una
pattuglia di soldati, che, dopo essere stati uccisi, sono stati spogliati delle
loro armi. “Pattugliavano a piedi, perché non disponevano di una jeep”, scrive
un giornale. Reparti di fanteria del genio, appoggiati da blindati, hanno
compiuto nelle ultime ore incursioni nella striscia di Gaza, presso Rafah e nel
quartiere di Zeitun nel centro del capoluogo, distruggendo alcune fabbriche e
operando parecchi arresti. Ma, a quattro giorni dalle elezioni, l’interesse è
indirizzato anche a sondaggi e previsioni. Il partito di destra del Likud, del
primo ministro Sharon, dovrebbe conquistare 31 dei 120 seggi della Knesset; 18
o 19 i laburisti; 16 i centristi laici dello Shinui; 13 il partito
confessionale Shas. Le maggiori inquietudini sono in campo laburista: il leader
Mitzna ha rivolto un appello dell’ultima ora all’elettorato conservatore,
invitandolo a “ restare a casa”.
Da Gerusalemme, per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sarebbero
16 i sospetti collaboratori di al Qaida, la rete terroristica di Osama Bin
Laden, fermati oggi in Catalogna in un'operazione della polizia spagnola che ha
coinvolto oltre 150 agenti. Lo rendono noto fonti della polizia. Il biltz è
stato compiuto in collaborazione con le polizie francese e britannica. In
operazioni coordinate scattate all'alba di oggi, gli agenti, impiegati tra
Barcellona e Gerona, hanno proceduto, oltre ai fermi, alla perquisizione di 15
abitazioni, dove è stata trovata diversa documentazione.
La situazione internazionale e la crisi irachena
sono al centro della visita che il presidente iraniano Mohammad Khatami ha
cominciato oggi in India. A New Delhi, con il suo omologo Abdul Kalam e il
premier Atal Behari Vajpayee, Khatami parlerà pure di cooperazione bilaterale e
di un progetto d’esportazione di gas iraniano verso l’India.
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