RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 22 - Testo della Trasmissione di mercoledì 22 gennaio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’ecumenismo, un compito che riguarda tutti. Così il Papa all’udienza generale, nella catechesi dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

 

Il cordoglio e la solidarietà di Giovanni Paolo II per le vittime del terremoto in Messico.

 

Progressi e speranze nei rapporti tra cattolici e ortodossi: intervista con padre Jozef Maj, officiale del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Con una solenne concelebrazione eucaristica, aperto a Manila il quarto Incontro mondiale delle famiglie.

 

L’Olanda ancora alle urne, ad appena otto mesi dalle ultime elezioni: ai nostri microfoni, Marc Lijendekker.

 

Domenica, Giornata mondiale dei malati di lebbra, malattia ancora da debellare, anche con la solidarietà e la lotta alla miseria: con noi, Sunil Deepak.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Caritas Internationalis ribadisce con un appello il no all’ipotesi di guerra in Iraq e invoca una soluzione politica alla crisi.

 

Presentato a Londra il Rapporto mondiale 2003 sulla corruzione, preparato da “Transparency International”.

 

Nel 30.mo anniversario della legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti, gli attivisti del Movimento per la vita si raduneranno oggi pomeriggio a Washington per l’annuale marcia di protesta.

 

Riunita a Ginevra in sessione annuale la Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo.

 

Appello dell’Organizzazione mondiale contro la tortura: “Fermare in Honduras il massacro dei bambini di strada”.

 

24 ORE NEL MONDO:

La Russia accusa gli Stati Uniti di aver già deciso l’attacco in Iraq: sarà in febbraio.

 

Evitata una nuova strage in Medio Oriente, mentre proseguono le operazioni israeliane.

 

L’ex presidente americano Carter espone il suo piano per risolvere la crisi sociale in Venezuela.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 gennaio 2003

 

 

LA “PIENA COMUNIONE”  DEI CREDENTI IN CRISTO, DONO IN VASI DI CRETA

E COMPITO DI TUTTI. COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE NELLA CATECHESI

DEDICATA ALLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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E’ dovere di ogni cristiano, ciascuno secondo la propria vocazione, impegnarsi per ricomporre la piena comunione con i fratelli delle altre confessioni. Con l’amore, anzitutto, con la preghiera incessante, con la ricerca instancabile del dialogo, con il servizio ai poveri basato sulla collaborazione. Ma anche a livello del primato petrino è possibile riflettere su un suo esercizio che sia aperto a situazioni nuove. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, giunta al suo quinto giorno, ha ispirato la catechesi di Giovanni Paolo II, che oggi ha incontrato circa 3.500 pellegrini per l’udienza generale in Aula Paolo VI.

 

“Il Signore ha fondato la Chiesa 'una' e 'unica'”, ha esordito il Papa, che però ha subito riconosciuto le “opinioni discordanti” e le “vie diverse” che in realtà percorrono i suoi discepoli di oggi. Seppure custodito nei “vasi di creta fragili e frangibili” dell’umanità, l’unità - ha affermato il Pontefice - resta un “dono grande”, che ha bisogno, per essere testimoniato, dell’apporto di ogni credente:

 

“In forza della fede che ci accomuna, noi cristiani siamo però tenuti tutti, ciascuno secondo la propria vocazione, a ricomporre la piena comunione, ‘tesoro’ prezioso lasciatoci da Cristo. Con cuore puro e sincero dobbiamo impegnarci senza stancarci in questo compito evangelico”.

 

In passato, ha ricordato Giovanni Paolo II, nonostante “la sublimità e la grandezza” dell’unità - “tesoro” donato da Cristo stesso - la debolezza umana ha impedito a tale dono di essere “totalmente accolto e valorizzato”. I cristiani si sono osteggiati, i loro rapporti sono giunti, in alcuni casi, a venarsi di “odio reciproco”. Ma oggi, ha ribadito il Papa, l’anelito all’unità “non deve venir meno nelle Chiese e nelle comunità ecclesiali”:

 

“E’ necessario coltivare tra i cristiani un amore impegnato a superare le divergenze; bisogna sforzarsi di superare ogni barriera con la preghiera incessante, con il dialogo perseverante e con una fraterna e concreta cooperazione a favore dei più poveri e bisognosi”.

 

Per superare le divisioni del passato, il Pontefice ha anche riproposto, come già fatto nell’enciclica Ut unum sint, una “riflessione comune” sul ministero petrino allo scopo, ha detto, “di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova”. Il Papa ha ringraziato Dio per il cammino ecumenico fatto, per “la qualità delle relazioni fraterne intessute fra diverse comunità”, per i frutti scaturiti dai “dialoghi teologici, pur diversi per modalità e livelli”. Un cammino che incoraggia alla speranza, non disgiunta dal realismo: “I cristiani - ha concluso Giovanni Paolo II - sono più compatti e solidali, anche se la strada verso l’unità resta in salita, con ostacoli e strettoie”. Al momento dei saluti conclusivi in sei lingue - oggi tutti i cinque continenti erano rappresentati in Aula Paolo VI - il Pontefice ha rivolto un pensiero particolare al gruppo della “Comunità dei figli di Dio”, fondata nel 1946 da don Divo Barsotti e che raggruppa sacerdoti e laici che vogliono vivere, come recitano gli statuti, “da monaci nel mondo”. “Auguro a ciascuno - ha detto il Papa - di continuare a testimoniare con coraggio il Vangelo nella società”.

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA

 PER LE VITTIME DEL TERREMOTO IN MESSICO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Profondo cordoglio viene espresso da Giovanni Paolo II per le vittime del terremoto che stanotte ha colpito gli Stati messicani di Colima e di Jalisco, provocando la morte di almeno 23 persone ed ingenti danni materiali. In un telegramma indirizzato al nunzio apostolico in Messico, mons. Giuseppe Bertello - a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - il Pontefice offre suffragi per l’eterno riposo delle vittime.

 

 Il Papa assicura le sue preghiere, affinché il Signore “sostenga quanti sono stati colpiti da questa disgrazia”, ispirando in ognuno “sentimenti di solidarietà per superare le avversità, sempre animati da valori morali aperti alla speranza”. Al tempo stesso, nell’esprimere sentimenti di vicinanza alle famiglie delle vittime, Giovanni Paolo II esorta le istituzioni e tutti gli uomini di buona volontà a prestare il proprio “aiuto con spirito generoso e carità cristiana”.

 

In un momento così difficile per il Paese nordamericano, il Santo Padre impartisce la confortatrice benedizione apostolica quale “segno di benevolenza nei confronti dell’amato popolo messicano”.

 

 

PROVVISTE DI CHIESE IN BRASILE

 

In Brasile, Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Itabira-Fabriciano, presentata dal vescovo mons. Lélis Lara, della congregazione redentorista, per raggiunti limiti di età. Come nuovo ordinario di Itabira-Fabriciano, il Santo Padre ha nominato mons. Odilon Guimaraes Moreira, finora vescovo ausiliare di Vitòria.

 

Sempre in Brasile, il Pontefice ha nominato vescovo di Limeira mons. Augusto José Zini Filho, finora vescovo ausiliare di Rio de Janeiro. Il Papa ha quindi nominato ausiliare di Rio de Janeiro il sacerdote  Assis Lopes, di 68 anni, finora rettore del Seminario maggiore “Sao José” e parroco nella metropoli brasiliana, elevandolo alla dignità vescovile.

 

 

ATTESE E SPERANZE NEI RAPPORTI FRA ROMA E LE CHIESE ORTODOSSE SLAVE

IN UN’INTERVISTA CON PADRE JOZEF MAJ

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Siamo nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e vogliamo appuntare l’attenzione sul dialogo tra cattolici e ortodossi slavi, assieme a padre Jozeph Maj, officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il quale in seno al dicastero si occupa di questo settore. Certamente queste relazioni variano da una Chiesa all’altra. Una constatazione generale che si può fare è che nell’arco degli ultimi dieci anni i rapporti con le singole Chiese ortodosse di estrazione slava sono accresciuti e l’esempio più chiaro è ciò che è avvenuto l’anno scorso soprattutto con la Chiesa ortodossa di Bulgaria e con quella serba. Qualche preoccupazione rimane nei rapporti con il Patriarcato di Mosca. Come vede la situazione oggi, padre Maj?

 

R. – Nell’arco dell’ultimo anno le relazioni sono state difficili, non tanto per quanto riguarda il contenuto, quanto per le interpretazioni dei fatti che hanno avuto luogo. Sono convinto che siamo già in un processo di chiarimento che proseguirà anche nei mesi prossimi.

 

D. – Quindi è fiducioso per il futuro?

 

R. – Sì, sono più che fiducioso avendo come esempio anche una bella lettera di auguri che il patriarca Alessio ha inviato in occasione di Natale al Santo Padre, dove auspica: “Rinnoviamo, riprendiamo le relazioni di fraternità e di carità”. Questo significa che da una e dall’altra parte vengono già segnali molto positivi.

 

D. - Una eventuale visita del Papa in Russia?

 

R. – Quanto a una eventuale visita del Santo Padre – il Papa ne sarebbe lieto – la questione è soprattutto di far accrescere questa fiducia reciproca che forse durante l’anno scorso in qualche modo è stata rimessa in discussione a causa delle incomprensioni, a causa di una certa suscettibilità dovuta forse ad una non sufficiente conoscenza reciproca. Penso che questi saranno presupposti per eventuali altri incontri a vari livelli.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Vigilanza, perseveranza, fiducia, dimensioni indispensabili dell’impegno ecumenico”, è il titolo  che apre la prima pagina in riferimento all’Udienza generale nella quale il Papa, nel cuore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, richiama al compito fondamentale di “ricomporre la piena comunione, tesoro prezioso lasciatoci da Cristo”. Una forte scossa di terremoto in Messico causa più di 23 morti e decine di feriti. Nello spazio dedicato all’Anno del Rosario due iniziative culturali organizzate presso il Santuario del Carmine a Montefalcone di Val Fortore.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Da Manila, gli articoli di Gianfranco Grieco sul IV Incontro mondiale delle famiglie promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Per il cammino della Chiesa in America articoli dagli Usa, Perú, Cile ed Argentina.

 

Nelle pagine estere, respinte da parte di Bush le richieste di prolungare i controlli in Iraq. La Francia giudica la guerra “ingiustificata”. Iniziativa diplomatica di Ankara  che cerca di unire i Paesi arabi per chiedere a Saddam di disarmare. 

Medio Oriente: incontro al Cairo tra fazioni palestinesi per fermare  il terrorismo. Corea del Nord: una delegazione ministeriale del regime di Pyongyang si reca a Seul  per colloqui; il segretario dell’Onu chiede a Pyongyang di rientrare nel Tnp; la Cina sollecita un dialogo diretto tra Pyongyang e Washington.

Olanda: aperti i seggi per eleggere i rappresentanti della Camera bassa del    Parlamento.

Venezuela: proposta di Carter per risolvere la crisi.

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi sugli “orizzonti opposti nelle filosofie del XX secolo”.

Nelle pagine italiane, in primo piano i temi dell’economia, della giustizia e del maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 gennaio 2003

 

 

CON UNA SOLENNE E FESTOSA CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA,

APERTO OGGI A MANILA IL IV INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE, SUL TEMA:

“LA FAMIGLIA CRISTIANA, UNA BUONA NOVELLA PER IL TERZO MILLENNIO”

 

- Servizio di Gianfranco Grieco -

 

Un momento lungamente atteso. Si è aperto oggi a Manila, capitale delle Filippine, il quarto Incontro mondiale delle Famiglie. L’ultimo, nell’anno giubilare del 2000, si era svolto a Roma sul tema “I figli, primavera della famiglia e della società”. Ricca di speranza anche la tematica su cui è incentrato l’evento di Manila: “La famiglia cristiana, una buona novella per il Terzo Millennio”. Ma ascoltiamo quali sono stati i momenti salienti che hanno scandito l’apertura dell’Incontro, promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel servizio di padre Gianfranco Grieco dell’Osservatore Romano:

 

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“Ho pregato molto per il successo di questo incontro mondiale. Sappiamo che le Filippine sono molto vicine al cuore del Papa. Soprattutto in questi giorni vogliamo essere tutti in comunione con il Santo Padre e rinnovargli l’affetto, la stima, la riconoscenza e la preghiera”. Si rivolgeva con queste parole il cardinale Jaime Sin, arcivescovo di Manila, ai 5 mila partecipanti al Congresso teologico pastorale, apertosi stamani al Philippine International Convention Centre. “Senza una visione cristiana del futuro muore la civiltà”, ricordava ancora il vecchio cardinale, che guida questa arcidiocesi dal lontano 1974. “Dobbiamo essere sempre più fedeli alla sapienza di Dio e al piano divino di salvezza, per dare al mondo valori che non tramontano”. “Famiglia diventa ciò che sei”: questo grido, invito di Giovanni Paolo II, il cardinale Sin riproponeva a questa qualificata assemblea di Manila.

 

Solenne e composta era la concelebrazione eucaristica di apertura, presieduta dall’arcivescovo mons. Orlando Quevedo, presidente della Conferenza dei vescovi filippini. Con il presule concelebravano i cardinali Arinze e Sepe, giunti appositamente da Roma, il cardinale Macharski, arcivescovo di Cracovia, il cardinale Vidal, arcivescovo di Cebu nelle Filippine, il cardinale Etsou, arcivescovo di Kinshasa, 190 tra arcivescovi e vescovi e 500 sacerdoti. All’omelia il vescovo Quevedo ricordava come la luce, la croce e l’eucaristia sono i simboli dell’amore e manifestano la qualità dell’amore. Dall’eucaristia e dalla croce è nata la famiglia di Dio. Canti, danze, suoni di organi e di violini, squilli di trombe animavano e allietavano una liturgia solenne e raccolta. Dall’altare seguiva la concelebrazione il cardinale, legato pontificio, Alfonso Lopez Trujillo e il cardinale Sin, arcivescovo di Manila.

 

Il mondo di oggi rivelava il vescovo Fisichella, durante la sua magistrale relazione, nonostante le diverse espressioni contrarie attende la testimonianza della famiglia cristiana. Forse, in qualche modo, ci invidia – aggiungeva subito – perché siamo capaci di un amore talmente granitico, perché fondato sulla roccia della fede, che non conosce ostacoli.

 

Da Manila, per la Radio Vaticana, Gianfranco Grieco.

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CENTRODESTRA IN CALO, LABURISTI IN RIMONTA:

L’OLANDA DI NUOVO ALLE URNE, AD APPENA 8 MESI DALLE ULTIME ELEZIONI

 

- Intervista con Marc Leijendekker -

 

Si sono aperti alle 7.30 di questa mattina i seggi in Olanda, dove circa 12 milioni di elettori sono chiamati a scegliere i membri della Camera bassa del Parlamento. Si tratta di elezioni anticipate, che avvengono ad appena 8 mesi dall’ultimo appuntamento alle urne: la maggioranza di Centrodestra scaturita dal voto di maggio ha avuto infatti vita breve. A Marc Leijendekker, editorialista del quotidiano olandese Nrc Handelsblad, Andrea Sarubbi ha chiesto quali sono le ragioni di questa instabilità governativa:

        

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R. – La causa è molto semplice. La causa è la Lista Pim Fortuyn il cui leader venne assassinato poco prima delle elezioni del maggio scorso. Questo partito si è quasi auto-disciolto, a causa di forti liti interne, ed ha dato mostra di un’incapacità di governare e di mantenere la coesione interna.

 

D. – Anche gli alleati di governo hanno avuto la stessa crisi che ha avuto la Lista di Pim Fortuyn?

 

R. – No, no. I populisti avevano due alleati; i primi sono i democristiani, che sono comunque rimasti il primo o il secondo partito d’Olanda: questo è ancora da vedere. In ogni caso, i democristiani stanno andando abbastanza bene. Invece i liberali, i conservatori, hanno forse perso una scommessa. Pensavano di poter approfittare della crisi della Lista Fortuyn, mentre i sondaggi li danno più o meno stabili: al massimo, guadagneranno due, tre o quattro seggi, e comunque non più di otto. I grandi vincitori virtuali, almeno finora, sono i laburisti, i socialdemocratici.

 

D. – I laburisti erano già stati al governo per otto anni, poi però a maggio ci fu il crollo: cos’è che li ha fatti rimontare?

 

R. – Una persona soltanto: il capo lista, Wouter Bos. Si è presentato come una persona giovane, un uomo nuovo ed umile che vuole imparare dagli errori commessi dal partito nel passato, come per esempio un atteggiamento piuttosto autoritario e forse un orientamento verso il mercato poco approfondito. Tanto è vero che adesso si sta ridiscutendo della necessità e della desiderabilità di privatizzare alcuni servizi, come l’elettricità, la posta, le ferrovie. Bos ha inoltre annunciato che, se anche il suo partito vincesse le elezioni e diventasse più forte, egli non vorrebbe assumere l’incarico di primo ministro ma vorrebbe rimanere in Parlamento, perché sostiene che sia indispensabile continuare il processo di rinnovamento intrapreso: un cammino che sarà molto duro e durerà molto più dei sette mesi trascorsi tra le recenti elezioni e quelle di oggi.

 

D. – Se anche la Lista di Pim Fortuyn è in calo, è rimasto qualcosa di questo forte dibattito sull’immigrazione che ci fu prima delle elezioni di maggio?

 

R. – Moltissimo. Quello che abbiamo visto è che sì, il partito di Pim Fortuyn si sta dissolvendo, ma il suo messaggio rimane: l’invito a discutere di alcuni problemi che finora sono stati ignorati. Questo è un messaggio ancora molto valido, ed è stato anche ‘imparato’ dagli altri partiti. Primo: immigrazione ed integrazione; secondo: la burocrazia; terzo: l’atteggiamento della politica ritenuto molto autoritario. Questi tre punti sono adesso sull’agenda di tutti i partiti, e questo è il risultato della piccola rivoluzione causata da Pim Fortuyn.

 

D. – La legislazione olandese presenta almeno due aspetti piuttosto controversi: l’eutanasia ed il matrimonio tra persone omosessuali. Sono stati temi di cui si è discusso in campagna elettorale?

 

R. – No. Queste sono ormai decisioni accettate, che non vengono messe in discussione dai grandi partiti; evidentemente ci sono alcuni politici che vogliono ridiscutere le leggi approvate su questi temi, ma la grande maggioranza le considera un dato di fatto acquisito e non modificabile.

 

D. – Che ruolo ha giocato, nella preparazione al voto, la prospettiva di una guerra all’Iraq?

 

R. – Credo che il dilemma più importante sia per i socialdemocratici. Loro affermano che sia necessario seguire le decisioni del Consiglio di Sicurezza. Però, cosa succede che gli Stati Uniti decidono di consultare il Consiglio di Sicurezza per seguire i suoi risultati e le sue decisioni? Questo punto interrogativo potrebbe causare una certa divisione dalla sinistra, anche se non forte come in Italia.

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LA LEBBRA, MALATTIA ANCORA DA DEBELLARE, ANCHE CON LA LOTTA ALLA MISERIA

- Intervista con Sunil Deepak -

 

La lebbra: una sfida ancora aperta che richiede un impegno continuo. Questo il messaggio che si propone di lanciare la 50.ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra, promossa dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau e presentata ieri a Roma, presso il Campidoglio, nel corso di una conferenza stampa. In occasione di questo significativo appuntamento, che si celebrerà domenica 26 gennaio, i volontari dell’Aifo saranno nelle piazze italiane per offrire il miele della solidarietà e per raccogliere fondi che saranno destinati alla cura dei malati di lebbra dell’India, paese che conta il 73% dei casi presenti sul pianeta. Il servizio è di Barbara Castelli.

 

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Solo nel 2001 si sono registrati oltre 760 mila nuovi casi, vale a dire un nuovo malato di lebbra ogni minuto. Tra questi circa 80 mila sono bambini; mentre 250 mila persone hanno già riscontrato danni fisiologici che le renderanno disabili per tutta la vita. Questi sono, in sintesi, i drammatici contorni numerici che parlano della lebbra nel mondo, diffusa essenzialmente in quella che viene definita la cintura della povertà. Benché sia una malattia che affonda le proprie radici nella storia, la lebbra è ancora lontana dall’essere debellata: esiste, infatti, una cura risolutiva ma, a più di un secolo dalla scoperta dell’agente patogeno, non è ancora disponibile un vaccino. India, Brasile, Angola, Madagascar e Nepal i Paesi più colpiti dal morbo di Hansen. Al nostro microfono Sunil Deepak, presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni Anti-Lebbra.

 

R. - Noi pensavamo di aver interrotto la catena delle infezioni della malattia e di vincere la malattia entro breve. Purtroppo questo non è stato possibile. Questo significa che non possiamo affidarci soltanto ai farmaci, ma dobbiamo cercare di trovare un nuovo vaccino, un nuovo test per diagnosticare la malattia nella fase precoce.

 

D. – Cosa invece per curare la diffidenza della società?

 

R. – Più che altro, la cosa più importante è l’informazione e l’educazione delle persone. Perché noi dobbiamo capire che anche se una persona mostra i segni della malattia, la disabilità, non ha più l’infezione e non è più contagiosa. Infatti, i farmaci attualmente disponibili, dopo soltanto due, tre giorni di cure rendono le persone non più contagiose.

 

La Giornata Mondiale della lebbra rappresenta per l’intera comunità internazionale un’ulteriore occasione per riflettere sulle forme d’intervento necessarie per sconfiggere la miseria e la fame. La lebbra, infatti, è un morbo da sempre associato all’emarginazione e al disagio sociale. Quale è, in questo senso, l’impegno dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau? Abbiamo girato la domanda a Luigi Gravina, vicepresidente Aifo.

 

R. – L’Aifo opera da 40 anni nel settore della lebbra. Attualmente è presente in 29 Paesi: in Africa, in Asia, in America Latina. L’obiettivo fondamentale dell’Aifo non è soltanto la cura e la prevenzione della lebbra, ma soprattutto quello di portare le comunità locali ad integrarsi nello sviluppo. Infatti, dopo la cura della lebbra, il problema più importante che si pone per gli ex lebbrosi è il reinserimento nella collettività, nella società. Anche se guariti, in genere vengono rifiutati. L’impegno dell’Aifo, quest’anno, è di oltre 1 milione di euro in Asia, 2 milioni di euro in Africa e oltre 300 mila euro in America Latina.

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CHIESA E SOCIETA’

22 gennaio 2003

 

 

LA CARITAS INTERNATIONALIS RIBADISCE CON UN APPELLO IL PROPRIO NO

ALL’IPOTESI DI UNA GUERRA IN IRAQ

E SOTTOLINEA LA NECESSITÀ DI TROVARE UNA SOLUZIONE POLITICA ALLA CRISI

 

ROMA. = In un appello rivolto alla comunità internazionale la Caritas Internationalis sottolinea la necessità di trovare una soluzione politica e diplomatica alla crisi irachena. Un’iniziativa militare in Iraq potrebbe causare infatti costi incalcolabili per la popolazione civile già duramente provata dalle sanzioni economiche. “Le sanzioni - si legge nel comunicato - hanno causato gravi danni alla già debole economia del Paese ed un eventuale attacco significherebbe per il popolo iracheno l’inizio di una catastrofe umanitaria”. Oggi in Iraq circa 16 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari distribuiti attraverso il Programma dell’Onu “Oil for food Programme” che prevede la distribuzione di cibo in cambio di petrolio. In caso di conflitto l’inevitabile distruzione dei sistemi di comunicazione e delle infrastrutture dei trasporti provocherebbe una grave paralisi di tutti i servizi di assistenza. “I leader politici e i rappresentanti diplomatici - si legge nel documento - devono compiere tutte le azioni possibili volte ad evitare una guerra che avrebbe conseguenze disastrose non solo per l’Iraq ma anche per la stabilità del Medio Oriente”. L’appello della Caritas Internationalis, confermando il sostegno alle persone che si adoperano per la pace e la giustizia si conclude “con la speranza che il popolo iracheno possa vivere nella pace un costruttivo processo di democratizzazione del Paese”. (A.L.)

 

 

PRESENTATO STAMANE A LONDRA IL RAPPORTO MONDIALE 2003

SULLA CORRUZIONE, STILATO DA “TRASPARENCY INTERNATIONAL”,

ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA, CHE HA SEDE A BERLINO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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LONDRA. = I corrotti nel mondo sono davvero tanti ma grazie alle nuove tecnologie informatiche sempre più spesso uomini d’affari, politici e gruppi societari sono posti sotto accusa dalla stampa e dall’opinione pubblica. Nella lotta alla corruzione - sottolinea il Rapporto - è dunque essenziale la libertà d’informazione ma anche il coraggio dei giornalisti per sfidare colossi economici e istituzioni che delinquono. Il rapporto passa in rassegna l’intero globo a partire dall’Europa occidentale e dall’America del Nord, devastata lo scorso anno dagli scandali della Enron e poi dal crollo della WorldCom. Ma  negli ultimi 12 mesi - rassicura il rapporto - sono stati fatti notevoli passi in avanti per intercettare il riciclaggio di denaro sulla scia degli attentati dell’11 settembre. Di grande importanza anche il ruolo degli organismi internazionali creati ad hoc per contrastare la corruzione e le leggi internazionali per stendere una rete sempre più fitta attraverso cui imbrigliare i malfattori. Per quanto riguarda l’Europa il rapporto cita la Francia, la Germania, il Portogallo e l’Italia, dove il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sarebbe responsabile di “aver trasformato la lotta alla corruzione in lotta contro i giudici”, proprio mentre lui stesso “e alcuni suoi colleghi erano accusati di corruzione e di falsificazione dei conti”. Il rapporto scrive pure che in Italia  “alla fine del 2001 è stata adottata una nuova legislazione dal Parlamento che impedisce ai giudici di lavorare” e che “il falso in bilancio ha cessato di essere un reato penale … il che può creare un forte incentivo per il riciclaggio di denaro.” Inoltre “altri ostacoli sono stati posti sulla strada dei magistrati che indagavano su mafia e corruzione, tra cui anche la rimozione delle loro scorte di sicurezza”, prosegue il rapporto. E, sottolinea, che nel gennaio del 2002 le Nazioni Unite hanno ricordato alla presidenza del Consiglio italiana di rispettare “l’indipendenza della magistratura”. Ancora in tema di libertà di informazione, lo studio rileva che “Berlusconi è proprietario dei tre maggiori canali televisivi e che, come capo del governo, controlla anche i tre canali pubblici”.

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RICORRE OGGI IL 30.MO ANNIVERSARIO DELLA LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO

NEGLI STATI UNITI. GLI ATTIVISTI DEL MOVIMENTO PER LA VITA

SI RADUNERANNO QUESTO POMERIGGIO A WASHINGTON

DOVE SI SVOLGERA’ L’ANNUALE MARCIA DI PROTESTA

 

WASHINGTON. = Gli attivisti del movimento per la vita si raduneranno oggi pomeriggio a Washington dove si svolgerà l’annuale marcia di protesta contro la tragica decisione con cui 30 anni fa, il 22 gennaio 1972, la Corte Suprema degli Stati Uniti legalizzava la pratica dell’aborto. Le manifestazioni contro l'aborto si terranno in diverse città degli Stati Uniti, per ricordare le tante vite soppresse mediante l’interruzione volontaria della gravidanza. Martedì scorso, alla vigilia dell'anniversario, il gruppo di  giovani “Rock for Life” ha tenuto un raduno di preghiera davanti ad una clinica di Washington dove viene praticato l’aborto. Una  manifestazione si è tenuta anche davanti alla sede dell'Fda, l'agenzia federale di controllo sui farmaci e sugli alimenti, per protestare contro l'autorizzazione a mettere in vendita negli Usa la pillola per interrompere la gravidanza. (A.L.).

 

 

RIUNITA A GINEVRA IN SESSIONE ANNUALE LA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE

SUL DISARMO: APPELLO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

PERCHE’ I PAESI MEMBRI ‘SBLOCCHINO’ I NEGOZIATI,

IN FASE DI STALLO  ORMAI DA DIVERSI ANNI

 

GINEVRA. = Nuovi accordi di disarmo per porre fine e invertire il ''preoccupante aumento delle spese militari globali'' sono stati invocati ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. In un messaggio alla Conferenza dell'Onu sul disarmo, riunita a Ginevra in sessione annuale, Annan ha esortato i Paesi membri a moltiplicare gli sforzi per permettere di uscire dall'attuale fase di stallo. ''Le nuove minacce sulla pace e la sicurezza internazionale sottolineano il bisogno di sforzi supplementari per superare le divergenze'', ha affermato Annan. ''Le recenti sfide lanciate alla non proliferazione, in particolare con l'annuncio del ritiro della Corea del Nord dal Trattato di non proliferazione nucleare, sollevano serie preoccupazioni”, ha aggiunto Annan in un messaggio letto dal Segretario generale della Conferenza, Sergei Ordzhonikidze. Per anni - ha poi deplorato - l'assenza di un consenso su un programma di lavoro ha bloccato le attività della Conferenza, anche su quei temi sui quali vi sarebbe un consenso per avviare   trattative di disarmo, come ad esempio la messa al bando della produzione di materiale fissile a scopi militari. La presidenza di turno della Conferenza è stata assunta  dall'India. Ironia della sorte, proprio mentre gli ispettori  dell'Onu sono al lavoro in Iraq alla ricerca di eventuali armi di distruzione di massa si apprende che, conformemente al principio della rotazione in ordine alfabetico, la presiden-za della Conferenza del disarmo spetterà in primavera  proprio all'Iraq. (R.G.)

 

 

"BISOGNA FERMARE IN HONDURAS IL MASSACRO DEI BAMBINI DI STRADA".

E’ QUESTO L’APPELLO RIVOLTO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE CONTRO LA TORTURA AL PRESIDENTE HONDUREGNO RICARDO MADURO

 

TEGUCIGALPA. = Non si ferma in Honduras il massacro indiscriminato dei bambini di strada. “Casa Alianza”, organizzazione no profit attiva in Centroamerica, ha informato l’Organizzazione mondiale contro la Tortura (Omct) che nel solo mese di dicembre sono stati 64 i minori e i giovani uccisi. Tra le vittime, “Casa Alianza” ricorda due ragazzi di 15 e 14 anni, Junior Edgardo Lopez e Belsin Edgard Rivero Gonzalez, che chiedevano l’elemosina nel quartiere di Siple a Tegucigalpa il 27 dicembre scorso mentre la gente era intenta a festeggiare il Natale. Un gruppo di uomini armati li ha individuati e gli ha sparato contro uccidendoli. Secondo le drammatiche statistiche fornite da “Casa Alianza”, un terzo degli omicidi di dicembre è avvenuto nelle periferie di Tegucigalpa e di San Pedro Sula ma il fenomeno è in crescita anche in altre città. Dal gennaio del 1998, da quando l’organizzazione ha iniziato ad elaborare dei dati, sono stati oltre 1.500 i minori di 23 anni vittime di una violenza ingiustificata e intollerabile. Il governo non ha mostrato di essere in grado di tutelare queste persone, nonostante le ripetute promesse. L’Omct ricorda al presidente Ricardo Maduro che, siglando la Convenzione dei diritti dell’infanzia, l’Honduras si è impegnato a riconoscere che "ogni bambino ha uguale diritto alla vita". L’aspetto più inquietante è quello sottolineato a più riprese da Asma Jahangir, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni arbitrarie. "Alcuni di questi bambini - ha rimarcato in diverse circostanze la signora Jahangir - sono in realtà stati uccisi dalle forze di sicurezza dello Stato ed un gran numero di questi omicidi non viene neanche denunciato". (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Come abbiamo ascoltato, è salito ad almeno 23 morti e 350 feriti il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito la notte scorsa il Messico. Il sisma, di magnitudo tra 7,6 e 7,8 gradi della scala Richter, ha interessato la costa pacifica del Paese, devastando in particolare gli Stati di Colima e Jalisco. Nel settembre 1985, un altro sisma causò la morte di oltre 10.000 persone. E proprio a Colima abbiamo contattato Pepe Venegas, giornalista di Radio Levy, che racconta i momenti più drammatici del sisma:

 

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In diversi punti dello Stato di Colima si sono registrate delle scene di grande panico. Molte proprietà private sono state danneggiate ed anche le vie di comunicazione hanno subito severi danni in diversi punti dello Stato, tra loro una delle autostrade principali: la Guadalajara - Manzanillo. In alcune abitazioni si sono verificate delle fughe di gas e la protezione civile ha ordinato alla popolazione di non accendere fuochi per evitare ulteriori tragedie. Il sisma si è sentito fino a Città del Messico e in altri otto Stati messicani. Il sistema nazionale di protezione civile è attivamente impegnato nei soccorsi, così come anche l’esercito che ha avviato il piano di emergenza generale. Al momento è in fase di ripresa la fornitura dell’energia elettrica, che era stata interrotta in gran parte dello Stato di Colima ed anche gli ospedali hanno ripreso in pieno la loro attività. Però la gente continua ad avere molta paura, perché è stato detto che potrebbero esserci ulteriori repliche di questo sisma.

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La guerra in Iraq è stata già decisa dalla Casa Bianca ed inizierà nella seconda metà di febbraio. Lo afferma un'alta fonte dello Stato maggiore russo, spiegando che l’attacco avrà luogo quando nel Golfo saranno presenti almeno 150 mila soldati: attualmente ce ne sono già 100 mila. Gli ispettori hanno controllato oggi altri quattro nuovi siti in Iraq, mentre il presidente Bush è tornato a lanciare un ultimatum a Saddam Hussein. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il capo della Casa Bianca ha detto che Saddam Hussein non sta disarmando e il tempo ormai sta per scadere. Nelle stesse ore il premier britannico Blair ha lanciato l’allarme per nuovi attacchi terroristici contro Londra e per i legami tra Al Qaida e Baghdad. Quindi, il vice ministro degli Esteri americano, Armitage, ha pubblicato un dossier per elencare tutte le violazioni compite dal regime iracheno e  tutti i potenziali motivi di guerra. Nel frattempo, il Pentagono ha ordinato lo spostamento di altre due portaerei verso il Golfo Persico e la mobilitazione di 37 mila soldati. Questa accelerazione dei preparativi da parte di Washington e Londra sembra calibrata per rispondere alle riserve espresse all’Onu da Francia, Russia, Germania e Cina, che hanno chiesto di dare agli ispettori più tempo oltre la data del 27 gennaio, in cui presenteranno il primo rapporto complessivo sui controlli. Parigi è arrivata a minacciare il veto, se mai si voterà una seconda risoluzione, chiedendo all’Unione Europea di opporsi in maniera unitaria all’intervento unilaterale.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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George Robertson, segretario generale della Nato, lascerà il proprio incarico a fine anno. Lo ha detto lo stesso capo dell’Alleanza atlantica, spiegando di non voler sfruttare l’opzione di estendere per altri 12 mesi il proprio mandato, che scade a dicembre.

 

L’Aiea, Agenzia internazionale per l’energia atomica, tornerà a riunirsi questa settimana per cercare di risolvere la crisi innescata dal riarmo nucleare della Corea del Nord. “In tempi brevi - ha detto il sottosegretario americano Bolton - il dossier su Pyongyang verrà consegnato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”.

 

Passiamo al Medio Oriente. Sono slittati a domani i colloqui tra le fazioni palestinesi previsti per oggi al Cairo. Nei Territori proseguono le operazioni militari israeliane: stanotte sono state demolite le case di due attivisti palestinesi, mentre 18 persone sono state arrestate. Intanto si valuta lo scampato pericolo per una nuova strage, dopo che gli artificieri israeliani sono riusciti a disinnescare un ordigno potentissimo. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Doveva essere l’attentato pre-elettorale per eccellenza. Un’automobile con 300 chili di esplosivo e quattro bombole di gas era pronta, e dalla zona araba di  Um el Fahem, 60 chilometri a nord di Tel Aviv, nella bassa Galilea, stava dirigendosi verso il territorio israeliano, quando il conducente e i tre altri che erano a bordo si sono accorti che sulla strada c’era una pattuglia delle guardie di frontiera. Hanno abbandonato allora la vettura e sono riusciti a dileguarsi. Si dipana finora una grande caccia all’uomo, mentre lo stato di allerta è in vigore in tutto il centro del Paese. Mentre, dunque, la rivolta non conosce pause, l’Egitto tenta di far cessare almeno gli attentati suicidi. Alla riunione delle organizzazioni palestinesi, organizzata a Il Cairo, Hamas e la Jihad islamica hanno deciso di prender parte, dopo avere fino a ieri sera annunciato di non essere interessati. E intanto, il ministro palestinese Nabil Shaat annuncia che tra due settimane sarà completato il progetto di costituzione del futuro Stato indipendente.

 

Da Gerusalemme, per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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In Venezuela è iniziata la missione dell’ex presidente statunitense Jimmy Carter. Dopo aver incontrato a Caracas il capo di Stato Chávez ed i principali leader dell’opposizione, che hanno indetto lo stato d’agitazione da oltre 50 giorni, il premio Nobel per la pace ha esposto ai giornalisti il suo piano di mediazione. E comunque oggi ha ripreso il lavoro un gruppo di piloti delle petroliere che avevano incrociato le braccia da sette settimane.

 

Il presidente del Parlamento ivoriano, Mamadou Coulibaly, ha abbandonato i colloqui di pace in corso a Parigi con i ribelli, per una soluzione della crisi in Costa d’Avorio provocata dal tentato golpe del 16 settembre scorso. “Il mediatore francese Mazeaud - ha accusato Coulibaly, lasciando i negoziati - sta compiendo un colpo di Stato costituzionale”.

 

Francia e Germania festeggiano - oggi all'Eliseo ed a Versailles, domani a Berlino - il 40° anniversario del loro Trattato, firmato dal generale de Gaulle e dal cancelliere Adenauer nel 1963, che segnò la riconciliazione tra i due Paesi dopo lo scontro durante la seconda guerra mondiale. Uno speciale Consiglio dei ministri vede riuniti all’Eliseo i principali membri dei due governi, accanto al presidente francese Chirac. Obiettivo dell’incontro, un rilancio della cooperazione franco-tedesca in campo politico, economico e culturale.

 

 

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