RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 21- Testo della
Trasmissione di martedì 21 gennaio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Tra le
difficoltà in Terra Santa la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
CHIESA E SOCIETA’:
I profughi del Buthan in Nepal
attendono da 13 anni di fare ritorno nel loro Paese.
Da Hong Kong un appello al governo
cinese, per l’abolizione della pena di morte.
Allarme
terrorismo lanciato da Tony Blair: “ Un attentato terroristico contro la Gran
Bretagna è inevitabile”.
L’Iraq
accusa gli Usa di pensare ad un attacco nonostante l’accordo di collaborazione
siglato ieri tra ispettori Onu e uomini di Saddam.
Quattro
frati cappuccini italiani bloccati in Costa D’Avorio: “stanno bene e non sono
prigionieri”, dice il superiore provinciale dei cappuccini della Lombardia.
21 gennaio 2003
NELLA ODIERNA RICORRENZA DI SANT’AGNESE, COME
E’ TRADIZIONE,
GIOVANNI
PAOLO II HA BENEDETTO IN VATICANO I DUE AGNELLI CON I QUALI
SARANNO
CONFEZIONATI I PALLI PER I NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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Come ogni anno, nella odierna memoria liturgica di
sant’Agnese il Santo Padre ha benedetto, in Vaticano, due agnelli, la cui lana
sarà utilizzata per confezionare i sacri pallii che verranno a loro volta
benedetti dallo stesso Pontefice nella solennità dei santi Pietro e Paolo. I
pallii sono delle bende di lana bianca larghe 4-6 centimetri, su cui spiccano
sei croci di seta nera. Vogliono simboleggiare la pecorella smarrita, cercata,
salvata e posta sulle spalle del Buon Pastore e insieme l’Agnello crocifisso per
la salvezza dell’umanità perduta.
Dopo la benedizione, i pallii saranno riposti in un’urna
di bronzo, dono di Benedetto XIV, conservata nella cosiddetta “nicchia dei
pallii” presso la Confessione di San Pietro, dalla quale saranno prelevati il
29 giugno per essere imposti ai nuovi arcivescovi metropoliti, o consegnati ai
loro procuratori, dal cardinale protodiacono a nome del Papa. Insegna liturgica
d’onore e simbolo di speciale legame con la Sede Apostolica, il pallio viene
indossato intorno alle spalle in forma di anello ed è ornato da tre spille
gemmate, dette aciculae, che anticamente servivano per tenere fermo il
paramento sul petto, sul dorso e sulla spalla sinistra. Attributo dapprima
esclusivo del Sommo Pontefice, il pallio venne in seguito accordato dal Papa
anche a quei vescovi che avessero ricevuto dalla Sede Apostolica una speciale
giurisdizione: Papa Simmaco lo concesse infatti nel 513 a Cesario, vescovo di
Arles.
Gli agnelli accompagnano spesso nell’iconografia
tradizionale la figura di Sant’Agnese, adolescente e vergine romana,
martirizzata durante una persecuzione all’inizio del IV secolo, per aver
testimoniato Cristo mentre molti fedeli si abbandonavano in massa alla
defezione. Al termine della breve e semplice cerimonia di questa mattina gli
agnelli, caratterizzati il primo da una coroncina di fiori bianchi simbolo
della verginità e il secondo da una di fiori rossi, colore del martirio, sono
stati portati da due sediari al monastero delle Suore di Santa Cecilia. Le
religiose provvederanno tra qualche mese alla confezione dei sacri pallii, dopo
la tosatura degli animali. Sono abitualmente i religiosi dell’Ordine dei Canonici
Regolari Lateranensi, che servono la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura, ad
offrire al Papa i due piccoli ovini, allevati dalle religiose del convento di
San Lorenzo in Panisperna.
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IL PAPA SABATO PROSSIMO NELLA BASILICA DI
SAN PAOLO FUORI LE MURA,
A
CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
- A
cura di Paolo Salvo -
A
conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il Papa
presiederà la celebrazione dei Vespri, sabato pomeriggio alle ore 18.00, nella
Basilica romana di San Paolo fuori le Mura. Il rito consiste nei secondi Vespri
della solennità della Conversione di San Paolo, che ricorre appunto il 25
gennaio. Giovanni Paolo II è solito presiedere personalmente questo importante
appuntamento ecumenico annuale, tranne quando si trova fuori Roma per un
viaggio apostolico, nel qual caso, come già avvenuto, è sostituito da un
cardinale.
Come precisa un comunicato diffuso stamani dal vescovo
Piero Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, prenderanno
parte al rito rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali presenti a
Roma. In particolare, sono invitati alla celebrazione il clero e i fedeli della
diocesi di Roma. Vi saranno naturalmente cardinali, vescovi, sacerdoti e
religiosi. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca diretta dell’avvenimento, a
partire dalle ore 18.00, per la zona di Roma, sulle consuete frequenze, con il
commento in italiano.
E’ da ricordare che proprio nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura, oltre quarant’anni fa, Papa Giovanni XXIII annunciò di voler
convocare un Concilio ecumenico per la Chiesa universale, che tanta importanza
avrebbe avuto per il cammino dei cristiani verso la piena unità. All’apertura
della Settimana di preghiera, incentrata quest’anno sul tema “Un tesoro in vasi
di creta”, tratto dalla Seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi, il cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani,
ha guidato domenica scorsa una celebrazione nella chiesa di Santa Brigida in Piazza Farnese, assieme ad una delegazione
luterana finlandese.
UDIENZE
AI VESCOVI BRASILIANI. PROVVISTE DI CHIESE IN FRANCIA E IN COLOMBIA
Il Papa
ha ricevuto stamani in udienza otto vescovi della Conferenza episcopale del
Brasile, in visita “ad Limina”.
In
Francia, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare
dell’arcidiocesi di Reims, presentata dal vescovo mons. Francois Gourgouillon,
dim 74 anni, in conformità alle norme canoniche. Come nuovo ausiliare di Reims,
il Papa ha quindi nominato il sacerdote 63enne Joseph Boishu, del clero locale,
finora delegato per la formazione dei laici e per i nuovi ministeri, elevandolo
alla dignità vescovile.
In Colombia, il Santo Padre ha nominato vescovo di
Florencia il sacerdote Jorge Alberto Ossa Soto, 46enne, del clero di
Istmina-Tadò, finora vicario generale della diocesi e rettore del Seminario maggiore
“San Pio X”.
DA DOMANI FINO A DOMENICA PROSSIMA
SI TIENE A MANILA, NELLE FILIPPINE,
IL IV
INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE. CON NOI MONS. FRANCESCO DI FELICE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Questi appuntamenti hanno avuto inizio nel 1994, in
occasione dell’Anno della Famiglia. La loro finalità è quella di essere momenti
propulsori dell’impegno pastorale per la famiglia e per la vita nella Chiesa e
nel mondo. Il loro punto focale è costituito dal Messaggio del Santo Padre: la
sua parola e il suo insegnamento offrono l’orientamento e l’impulso alle
famiglie del mondo affinché si rievangelizzino e siano a loro volta
evangelizzatrici. Ogni Incontro ha un tema specifico scelto dal Pontefice:
quello attuale è il seguente: “La famiglia cristiana: una buona novella per il
terzo millennio”. Ma perché tali incontri? Lo abbiamo chiesto al
sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la famiglia, mons. Francesco di Felice:
R. – L’esigenza che li ha suscitati era quella di
annunciare a tutto il mondo il grande valore della famiglia fondata sul
matrimonio, e della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questi
valori sono universali e quindi validi per
tutti gli uomini, di tutti i tempi, siano cristiani o no. La fede cristiana,
che vede il matrimonio elevato alla dignità di sacramento, offre quella visione
più grande di questi stessi valori che il Signore ha affidato alla sua Chiesa.
Come già accennato, il primo Incontro mondiale delle
famiglie è stato a Roma nell’Anno della Famiglia (1994). Da allora, si è
stabilita come una tradizione, per cui ogni tre anni si tiene un Incontro. Il
secondo ha avuto luogo a Rio de Janeiro, nel 1997, sul tema “La famiglia, dono
ed impegno: speranza dell’umanità”. Il terzo ha coinciso con il Giubileo delle
famiglie: si è svolto anch’esso a Roma, nell’Anno 2000, sul tema: “I figli:
primavera della famiglia e della società”. Quello di Manila è dunque il quarto
Incontro. Ma perché è stata scelta proprio Manila?
R. – Manila è stata scelta perché le Filippine sono come
il baluardo della fede cattolica in Asia: da lì dunque può esservi una grande
irradiazione missionaria verso quell’immenso continente. Il tema scelto è
prettamente di stampo missionario: la famiglia è vista come agente di
evangelizzazione e di nuova evangelizzazione, come buona novella per questo
terzo millennio appena iniziato. Inoltre, due Incontri (quelli di Roma) si sono
svolti in Europa, uno (quello di Rio de Janeiro) in America Latina e ora in
Asia. Lo sguardo dunque è universale.
Il programma comprende un grande Congresso teologico
pastorale (22-24 gennaio) sullo stesso tema: “La famiglia cristiana: una buona
novella per il terzo millennio”, con relatori di fama internazionale. I
partecipanti saranno coppie di coniugi delegate dalle Conferenze episcopali e
dalle diocesi, vescovi incaricati della pastorale della famiglia e della vita,
esperti, rappresentanti dei movimenti ed associazioni per la famiglia e per la
vita. In contemporanea, si svolgerà anche un Congresso per i bambini e giovani,
suddivisi per fasce d’età. Il sabato 25 mattina, in 16 chiese di Manila, si
terranno celebrazioni eucaristiche per gruppi linguistici. Nel pomeriggio di
sabato 25 ci sarà il grande Incontro di testimonianze e di festa delle famiglie:
il Santo Padre sarà collegato in diretta televisiva da Roma e rivolgerà alle
famiglie presenti a Manila e a quelle collegate attraverso i mezzi di
comunicazione di massa, il suo messaggio. Domenica 26 mattina, il Legato
pontificio, il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presiederà la grande
celebrazione eucaristica conclusiva.
Il Pontificio Consiglio per la famiglia, presieduto dal
cardinale Alfonso Lopez Trujillo, è il promotore dell’evento. L’organizzazione
logistica è stata curata dall’arcidiocesi di Manila, sotto la guida dell’arcivescovo,
il cardinale Jaime Sin. Si prevede una forte partecipazione: saranno presenti i
delegati di 75 Paesi di tutti i continenti. La partecipazione dalle Filippine
sarà massiccia. Per il sabato 25 pomeriggio e la domenica 26 mattina (momenti
finali dell’evento), si prevedono almeno 2 milioni di persone. Il Congresso
teologico pastorale vedrà la presenza di 5 mila persone. Ma quali sono i problemi
della famiglia oggi, mons. Di Felice?
R. – I problemi sono tanti e tutti di grande impatto. Gli
attentati al matrimonio, all’identità della famiglia e alla vita, specialmente
nascente e morente, sono sempre più gravi. Pensiamo ad esempio ai problemi
etici sollevati dalla fecondazione artificiale, dalla clonazione, dagli
esperimenti genetici o a quelli delle coppie di fatto (anche omosessuali, che
chiedono un riconoscimento e tra l’altro vogliono anche adottare dei figli),
ecc. Però di fronte a tutto ciò una grande speranza si apre davanti a noi. Le
famiglie che accolgono il Vangelo si rinnovano e diventano evangelizzatrici,
per portare la presenza di Cristo nel mondo e rinnovare dal di dentro la
famiglia, rispondendo in modo positivo alle grandi sfide odierne.
Quale suo Legato all’Incontro mondiale delle famiglie a
Manila il Pontefice ha nominato, con Lettera autografa in data 22 agosto 2002,
il cardinale presidente del Dicastero vaticano per la famiglia, Alfonso Lopez
Trujillo, il quale sarà accompagnato da una missione composta da mons. Hernando
Coronel, segretario generale della Conferenza episcopale delle Filippine, e dal
don Gregory Ramon Gaston, dell’arcidiocesi di Manila.
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Intanto, a Manila è tutto pronto per l’inizio delle
celebrazioni, come ci informa dalla capitale delle Filippine padre Gianfranco
Greco, dell’Osservatore Romano, che segue anche per noi l’avvenimento:
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La città,
ancora rivestita degli abiti di Natale – qui la festa ed il clima natalizio si
protraggono sino alla fine del mese di gennaio – ha unito nuovi motivi di gioia
e di speranza. “Mabuchei” – benvenuti, si legge sui manifesti preparati per
l’occasione. “La tua preghiera per la pace”, si chiede ai più piccoli, ai quali
sono stati riservati manifesti che sprigionano gioia e felicità di vivere.
Anche i movimenti ecclesiali – focolarini, neocatecumenali, rinnovamento nello
Spirito – in questi giorni di preparazione al Congresso hanno celebrato i loro
incontri: sono tante le famiglie legate ai movimenti che qui, nelle Filippine,
e in tutta l’Asia lavorano nel vasto campo della nuova evangelizzazione. Domani
il Congresso verrà aperto dal cardinale Alfonso Lopez Trujillo; all’incontro di
Manila, tra gli altri interventi, quello del rettore della Pontificia Università
lateranense, il vescovo Rino Fisichella, che parlerà sulla famiglia nel mondo
secolarizzato.
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La prima pagina si apre
con l'annuncio del IV Incontro mondiale delle famiglie a
Manila (22-26
gennaio), promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il tema
dell'Incontro è "La famiglia cristiana: una buona novella per il Terzo
Millennio".
"Il Rosario preghiera
contemplativa" è il titolo del pensiero di p. Jesus Castellano Cervera
dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alla Settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani.
Un articolo di Marco
Impagliazzo dal titolo "Giovanni Paolo II e la Famiglia dei popoli":
un volume che raccoglie i discorsi del Papa al Corpo Diplomatico dal 1978 al
2002".
Un articolo di Claudio Zerbetto
sulla figura di San Leopoldo Mandic, "apostolo della riconciliazione e
dell'ecumenismo".
Nelle pagine estere, un
contributo di Graziano Motta dal titolo "Sostegno ai cristiani di Terra
Santa per rafforzare l'impegno a favore della pace": incontro tra i
rappresentanti delle Conferenze Episcopali di Europa e di America.
Iraq: scetticismo della Casa
Bianca sull'accordo tra l'Onu e Baghdad.
Medio Oriente: giunto nella
regione l'inviato degli Usa; primi colloqui di Burns a Damasco.
Corea del Nord: si aprono
spiragli per una soluzione diplomatica della questione nucleare.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giuseppe Degli Agosti sui cinquecento anni dalla pubblicazione del
"Dictionarium" di Ambrogio da Calepio: "uno strumento di cultura
per l'Europa, frutto dell'amore per la lingua latina".
Nell'"Osservatore
libri", un contributo critico di Emanuela Ghini su una raccolta di Stefano
Verdino dal titolo "Riviere in versi. Levante e Ponente. Poesie del Novecento".
Nelle pagine italiane,
l'attenzione è concentrata, in particolare, sui temi della giustizia, della
sanità e dell'immigrazione.
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INIZIO CONTRASTATO A GERUSALEMME
PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’
DELLE CHIESE CRISTIANE:
A
CAUSA DEL COPRIFUOCO, PER LA PRIMA VOLTA DAI TEMPI DELLA GUERRA DEL GOLFO, NON
SI E’ POTUTA EFFETTUARE LA TRADIZIONALE
MANIFESTAZIONE
NEL MONASTERO GRECO-MELKITA-CATTOLICO DELL’EMMANUEL, VICINO A BETLEMME.
- Servizio di Graziano Motta -
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La settimana di preghiera per l’unità delle Chiese, uno
degli eventi religiosi dell’anno più importanti a Gerusalemme, ha avuto un
inizio contrastato, perché domenica la prima tradizionale manifestazione in
programma nel monastero greco-melkita-cattolico dell’Emmanuel, alla periferia
di Betlemme, non si è potuta svolgere a causa del coprifuoco imposto dalle
autorità militari israeliane. Non accadeva dal 1991,dall’epoca cioè della
guerra del Golfo. Anche nel gennaio di quell’anno, un coprifuoco generale
avrebbe impedito gli spostamenti da Gerusalemme a Betlemme e in questa città.
La manifestazione consiste in una conferenza di padre
Frans Bowen, direttore della rivista Proche Orient chrétien, sulle
attività ecumeniche dell’anno appena trascorso nella Chiesa universale e in
Terra Santa; un appuntamento molto seguito che precede di qualche ora la prima
funzione religiosa ospitata dalla cattedrale anglicana di San Giorgio, nella
parte orientale di Gerusalemme. Questa, invece, si è potuta svolgere
regolarmente con un’affluenza grande di fedeli, di religiosi e in particolare
dei capi delle diverse comunità cristiane della città santa o dei loro rappresentanti,
accolti dal vescovo Riah Abu el-Assal.
Ieri tutti si sono ritrovati nella chiesa parrocchiale
cattolica di San Salvatore, dei Frati minori della Custodia di Terra Santa, che
hanno allestito davanti all’altare una simbolica rappresentazione del passo
della seconda Lettera ai Corinzi, del tesoro in vasi di Creta, tema di questa
settimana di preghiera, tra fiori ed un cero pasquale acceso. La funzione è
stata caratterizzata tra l’altro dalla partecipazione di una cattolica di
espressione araba e di un cattolico di espressione ebraica, che hanno pregato
per la pace. Mentre, un’immigrata filippina e due suore della Chiesa ortodossa
romena, che assistono ai lavoratori dei loro Paesi impegnati in Israele, hanno
cantato gli inni della loro tradizione religiosa.
Questo pomeriggio la preghiera per l’unità, organizzata
dai luterani, si svolgerà nella loro Chiesa del Redentore, presso il Santo
Sepolcro. E domani, quella degli armeno-ortodossi, nella cattedrale di San
Giacomo. Giovedì l’appuntamento per tutti è al Cenacolo. Mentre nei restanti
tre giorni saranno le comunità siriano-ortodossa, etiopica-ortodossa e
greco-melkita-cattolica ad accogliere i propri fedeli e quelli delle altre
comunità cristiane in uno spirito di sincera fratellanza.
Da Gerusalemme, per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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IL RUOLO DELLA PUBBLICA OPINIONE PER SCONGIURARE
LA GUERRA IN IRAQ
- Nota
di padre Pasquale Borgomeo -
Di
fronte allo spettro di un imminente conflitto in Iraq, dagli esiti
imprevedibili, cresce nel mondo e negli stessi Stati Uniti l’opposizione della
pubblica opinione contro una guerra di cui non si capiscono i motivi di
ineluttabilità avanzati dal presidente americano Bush. Ascoltiamo in proposito
una nota del nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo, al microfono
di Fabio Colagrande, per il programma “One o five”.
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Mentre
proseguono senza sosta i preparativi militari, la settimana appena trascorsa ha
visto moltiplicarsi, negli Stati Uniti, in Europa e nel mondo, le
manifestazioni e le dichiarazioni di Chiese, istituzioni, associazioni e
semplici cittadini, contro la guerra. Non si è trattato solo di manifestazioni
di pacifismo generico, ma di precisa contestazione contro la guerra in Iraq e
di rifiuto delle ragioni che la legittimerebbero.
Sfidando le
accuse di antipatriottismo, l’opposizione manifestata sempre più chiaramente
negli Stati Uniti mostra che è sempre meno convincente l’atteggiamento
propagandistico dell’Amministrazione Bush: non convince il teorema del legame
tra Saddam Hussein e il terrorismo di Al Qaeda, teorema che resta tutto da
dimostrare. Non convincono le affermazioni sul possesso di prove certe sulle
responsabilità di Saddam: appare incoerente, in termini di lotta al terrorismo,
l’atteggiamento di Washington nei confronti di un altro cosiddetto Paese
canaglia, la Corea del Nord, la cui minaccia nucleare viene minimizzata al
livello di scaramuccia diplomatica.
Quello che una
parte sempre più consistente dell’opinione pubblica, dentro e fuori degli Stati
Uniti, non può non vedere è che Saddam è, allo stato attuale, inoffensivo, E’
sotto il controllo degli Ispettori dell’Onu, è sotto il controllo
dell’aviazione anglo-americana che non ha mai cessato di far sentire la sua
presenza distruggendo installazioni militari dalla pericolosità poco più che
simbolica.
Di fronte alle
manifestazioni di varie città statunitensi contro la guerra all’Iraq, il
Presidente Bush ha legittimamente sottolineato che esse provano la forza della
democrazia del suo Paese. Meno felice è stata la sua ovvia osservazione che
tali manifestazioni non possono aver luogo a Baghdad: il paragone con una
dittatura non è lusinghiero per gli Stati Uniti e sembra dimenticare che il
tasso di democrazia di un paese si misura sulla coerenza dei suoi comportamenti
con i principi che professa e non sul comportamento dei regimi che quei
principi calpestano. E’ comunque importante che, al di là delle dichiarazioni,
l’amministrazione Bush tenga conto dell’esistenza, negli Stati Uniti, d’un
patriottismo per la pace, minoritario certo ma forse più consapevole e più
lungimirante. Quanto al patriottismo che opta per la guerra esso è certamente
maggioritario, ma non cieco se è vero che secondo i sondaggi il 63% degli
americani è in favore di un attacco all’Iraq solo se sotto l’egida delle
Nazioni Unite.
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IL DONO DELLE RELIQUIE DI SAN VALENTINO,
RECATE AL PATRIARCATO ORTODOSSO DI MOSCA DAL VESCOVO DI TERNI VINCENZO PAGLIA,
NEL SEGNO DELL’AMORE E DELLA
COMPRENSIONE RECIPROCI
- Intervista con il vescovo
Vincenzo Paglia -
In
questa settimana i cristiani delle diverse Chiese, in tutto il mondo, sono
uniti per invocare da Dio il dono della piena comunione visibile. E’ questa
sempre più una questione che non tocca solo i cristiani. Di fronte ai gravi
problemi posti dalle nuove minacce di guerra, dall’identità dell’Europa unita,
dalle manipolazioni genetiche, l’umanità attende proprio dai cristiani una
parola corale di speranza. E’ questa una presa di coscienza emersa al recente
incontro a Mosca di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e tra gli
iniziatori della Comunità di sant’Egidio, con il Patriarca ortodosso russo
Alessio II e il Metropolita Kirill. E’ stato un gesto fraterno che ha condotto
mons. Paglia a Mosca: per donare al Patriarcato di Mosca le reliquie di un martire
dei primi secoli, San Valentino, venerato sia dai cattolici che dagli
ortodossi. Ma sul significato di questo incontro, ascoltiamo lo stesso mons.
Paglia al microfono di Fabio Colagrande.
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R. - Dicevo al Patriarca che noi vogliamo unirci alla
schiera dei martiri, che rappresentano appunto la Chiesa unita, perché noi
possiamo sul loro esempio rafforzare il cammino dell’unità, un cammino che può
apparire, in questo tempo, particolarmente difficile e che, tuttavia, proprio
per questo, richiede un’audacia ancora maggiore.
D. - Come pastore della Chiesa cattolica, trovarsi proprio
a Mosca, parlare con il patriarca, in un momento di tensione tra il patriarcato
di Mosca e il Vaticano, che significato ha avuto per lei?
R. - Ha avuto il significato di far prevalere l’amore, di
far prevalere l’incontro, cercando nella franchezza e nella fraternità di
appianare ciò che può rendere più difficile questo cammino già arduo di per sé.
E’ stato certamente un momento emozionante per me, ma direi anche utile, perché
il risalto che è stato dato, ha mostrato quanto sia ampio il desiderio di un
nuovo clima più favorevole. I media russi, sia televisione che giornali, sono
stati veramente impressionanti, straordinari, nel mostrare quanto loro
desiderino e attendano un clima più favorevole. Questo deve spingere le diverse
parti e le diverse comunità a far ritrovare e far prevalere assieme i diritti
di ciascuno, che devono essere difesi: l’amore, la concordia e la comprensione
reciproca.
D. - Eccellenza, lei che è un esperto di dialogo di pace,
cosa crede che ci sia alla base di questa difficoltà di dialogo tra la Chiesa
cattolica e la Chiesa ortodossa di Mosca?
R. - Io penso
che siano problemi che affondano in situazioni già di per sé ferite. Non
possiamo dimenticare la persecuzione che lì c’è stata, e per gli ortodossi, e
per i cattolici. E’ giusto che ciascuno difenda i propri diritti e che i
cattolici li difendano. Dall’altra parte, dobbiamo superarci nell’amore, questo
è quello che il Vangelo ci chiede. E il magistero, particolarmente questo Papa,
non cessa di parlare di comunione e di amore.
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21 gennaio 2003
LA CHIESA GUARDA AL MONDO INTERO SENZA PARZIALITA’ E SCONGIURA DI
EVITARE
LA GUERRA IN IRAQ: L’APPELLO DEL CARDINALE
CAMILLO RUINI,
NELLA
PROLUSIONE AL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA C0NFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
-
Servizio di Ignazio Ingrao -
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ROMA. = Un appello per la pace ha aperto la prolusione del
cardinale Ruini al Consiglio episcopale permanente, sulla scorta del recente
discorso del Papa al Corpo diplomatico. “Non vogliamo rinunciare alla speranza”
che la guerra contro l’Iraq “possa alla fine essere evitata”, ha detto il
presidente dei vescovi italiani. A tale scopo ha invitato tutte le parti in
causa ad “un impegno sincero nella linea indicata dalle Nazioni Unite”. Dicendo
no alla guerra, ha spiegato il cardinale Ruini, la Chiesa chiede che la
“solidarietà occidentale” sia garanzia di pace, di sicurezza, di libertà e di
sviluppo per tutti i popoli, dalla Terra Santa, all’Iraq fino alla Corea del
Nord. Soffermandosi, come di consueto, sulla situazione politica italiana, il
presidente dei vescovi si è detto preoccupato per “le ristrettezze e i rinvii
degli stanziamenti” stabiliti dalla Legge finanziaria per la scuola,
l’università e la ricerca scientifica. Mentre ha giudicato positivamente gli
interventi a favore della famiglie e della natalità. Nonostante sembri superata
la fase più acuta della crisi Fiat, ha proseguito il porporato, restano
indispensabili “modifiche profonde, in ambito economico e sociale” per
riqualificare la spesa pubblica e aumentare gli investimenti. Il presidente
della Cei ha rinnovato con insistenza l’appello alla solidarietà e alla
coesione tra le forze politiche affinché si realizzino le riforme istituzionali
e ha invitato a superare i contrasti tra governo e magistratura. Il cardinale
ha chiesto un più “maturo approfondimento” in merito al disegno di legge governativo
sulla prostituzione, affinché “la normativa risulti il più possibile equa, corretta
ed efficace”. E ha nuovamente sollecitato l’approvazione della legge sulla
procreazione medicalmente assistita e la messa al bando della clonazione, compresa
quella terapeutica. Non ha dimenticato infine di auspicare qualche “provvedimento
concreto nel senso di una riduzione della pena per i detenuti, senza
compromettere per questo la sicurezza dei cittadini”.
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PER FARE
LUCE SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI PERPETRATE IN GUATEMALA
E’ STATA PROPOSTA DAL PROCURATORE SERGIO MORALES L’ISTITUZIONE
DI UNA NUOVA COMMISSIONE DI
INCHIESTA
GUATEMALA CITY. = Amnesty International ha chiesto alla
comunità internazionale di dare un appoggio concreto alla nuova commissione di
inchiesta proposta dal procuratore dei diritti umani del Guatemala, Sergio
Morales, per fare luce sulle operazioni dei gruppi armati illegali presenti nel
Paese centroamericano. In un comunicato, Amnesty
rilevato che solo con un sostegno concreto a livello internazionale la
commissione potrà raggiungere i risultati che si prefigge. A questo scopo, è
necessario che il governo del presidente Alfonso Portillo solleciti formalmente
la partecipazione delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione degli Stati
Americani (Osa) nella formazione e nel funzionamento della suddetta commissione.
L’organo investigativo dovrà essere totalmente indipendente e capace di mettere
in pratica le raccomandazioni che gli verranno rivolte. Allo stesso tempo,
però, non dovranno essere lasciati in secondo piano i meccanismi e gli
strumenti già esistenti per tutelare il rispetto dei diritti umani, tra i quali
la Commissione per la chiarificazione storica (Ceh) e la Commissione della
verità, frutto degli accordi di pace che nel 1996 misero fine a 36 anni di
guerra civile. Per decenni movimenti armati che agivano in clandestinità, a
volte direttamente connessi ai servizi di sicurezza dello Stato, si sono
macchiati di violazioni dei diritti umani in Guatemala. Dalla fine del
conflitto interno, sono stati soprattutto i difensori dei diritti umani a
cadere nel mirino di questi gruppi. (A.L.)
"NON ABBANDONATE LA REPUBBLICA
CENTRAFRICANA".
E’ QUESTO L’APPELLO RIVOLTO DAI
MISSIONARI COMBONIANI ALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
BANGUI. = Un accorato appello in favore della popolazione
della Repubblica Centrafricana, stremata dalla guerra civile scoppiata il 25
ottobre scorso, è stato lanciato in queste ore dai missionari comboniani presenti
nell’ex colonia francese. In una lettera pervenuta all’Agenzia Misna, i
religiosi auspicano la cessazione delle ostilità, al fine di garantire i
soccorsi ai civili provati dalla sofferenza e dalla fame. Invitando le comunità
cristiane sparse nel mondo a pregare per la riconciliazione del Paese, i
missionari chiedono anche la solidarietà dei mezzi di informazione che
purtroppo non danno sufficiente copertura ad una guerra di fatto “dimenticata”.
Facendo un preciso riferimento alla drammatica emergenza umanitaria, i
comboniani invitano le organizzazioni internazionali a mobilitarsi per aiutare
la Chiesa cattolica e tutte le realtà assistenziali presenti sul territorio
centrafricano, al fine di evitare che la tragedia si trasformi in un’ecatombe.
Ricordando la straordinaria testimonianza di tanti religiosi e religiose al
fianco della gente, i comboniani concludono la loro missiva con parole
toccanti: "non abbandonate questo Paese". (A.L.)
DA QUASI 13
ANNI MIGLIAIA DI PROFUGHI DEL BUTHAN ATTENDONO IN SETTE CAMPI DISLOCATI IN
NEPAL DI TORNARE NEL LORO PAESE.
PREVISTA UNA VISITA DEI
RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI NEPALESI NEL MESE DI FEBBRAIO
KATMANDU. = Nei primi giorni di febbraio una commissione
composta da rappresentanti diplomatici nepalesi dovrebbe recarsi in visita nei
sette campi profughi che “ospitano” in Nepal migliaia di fuoriusciti dal vicino
Paese himalayano, in seguito alla rivolta scoppiata nel 1990 contro la
monarchia. La decisione arriva dopo che la scorsa settimana quattro componenti
dell’organizzazione buthanese “Gruppo di supporto per il rimpatrio dei
rifugiati” (Brrsg) si erano recati in India, a New Delhi, per sollecitare un
intervento diplomatico in favore dei profughi che da 13 anni aspettano di
tornare in patria. Una situazione mai risolta malgrado i numerosi colloqui tra
i ministri dei due Paesi. L’Alto commissario per i rifugiati dell’Onu (Acnur)
conferma che la situazione nei campi è insostenibile a causa della
sovrappopolazione. Le condizioni di vita dei profughi continuano dunque ad
essere intollerabili malgrado i 100 milioni di dollari fino ad oggi spesi
dall’Acnur e dal programma alimentare mondiale (Pam). "La maggioranza dei
nostri giovani si sta abbandonando al pessimismo e alla depressione a causa
dell’apatia del governo nel risolvere la loro situazione", ha dichiarato
K. Kharke, segretario del comitato di gestione di uno dei campi. Le scarse
opportunità di trovare un’occupazione stanno inoltre favorendo il crescere di
attività illegali, tra cui il traffico di opere d’arte provenienti dal Buthan.
La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare nei prossimi mesi, a causa del
previsto taglio di alcuni finanziamenti internazionali alle agenzie Onu. Il 7
gennaio scorso un centinaio di profughi del campo di Khudunabari in Nepal hanno
iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per protestare contro i continui
ritardi per il rimpatrio. Il governo di Thimpu ha sempre ribadito di essere
disposto a far tornare in patria solo i profughi in grado di dimostrare di
essere cittadini del Buthan. (A.L.)
LA COMMISSIONE EPISCOPALE E DIVERSE
ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE
DI HONG KONG HANNO SOTTOSCRITTO UNA PETIZIONE PER CHIEDERE
AL GOVERNO CINESE L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE NEL PAESE
HONG KONG. = La Commissione della giustizia e della pace
di Hong Kong ha sottoscritto insieme ad altre organizzazioni non governative
una petizione per chiedere al governo cinese l’abolizione della pena capitale
nel Paese. La petizione è stata presentata il 15 gennaio dal Comitato congiunto
contro la pena di morte, cui aderiscono oltre alla Commissione episcopale,
anche la sezione di Hong Kong di Amnesty International, diversi gruppi
protestanti e altre Ong locali. La Cina, come è noto, detiene il triste primato
del maggior numero di esecuzioni capitali nel mondo. Secondo Amnesty International solo nel 2002 si
sono avute almeno 4.015 condanne a morte e 2.468 esecuzioni. Un triste primato
che comincia a ricevere qualche attenzione anche nella stessa Cina
continentale, come indica una Conferenza internazionale organizzata il mese
scorso dalla Facoltà di Legge dell’Università di Xiangatn nello Hunan.
L’abolizione della pena di morte non sembra purtroppo incontrare il favore
dell’opinione pubblica cinese. Secondo alcuni recenti sondaggi, la maggior
parte dei cittadini Paese Asiatico è favorevole alla pena capitale quale
deterrente contro la criminalità. Analoga sembra l’opinione prevalente nella
vicina Taiwan, come ha confermato padre Edmund Ryden, direttore del “John Paul II Peace Institute”, secondo
il quale questa opinione è condivisa anche da molti cattolici. (L.Z.
– A.L)
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- A cura
di Giada Aquilino -
“Un attentato
terroristico contro la Gran Bretagna è inevitabile”. Lo ha detto stamani a
Londra il premier Tony Blair, in riferimento ai 7 arresti di ieri nella moschea
di Finsbury Park, sempre nella capitale britannica. Blair, citando fonti
d’intelligence che proverebbero legami tra Al Qaeda e Iraq, ha posto l’accento
sul rischio che l'Iraq possa usare armi di distruzione di massa. Non abbassando
neppure i toni della polemica sulla crisi con la Corea del Nord, il premier
britannico ha ribadito che la corsa al riarmo nucleare di Pyongyang rimane un
problema reale ed una minaccia.
Il
giorno dopo la firma, ieri a Baghdad, dell’accordo di collaborazione tra gli
ispettori dell’Onu e gli uomini di Saddam, tutto sembra tornare come prima:
Baghdad, con il vice presidente Taha Yassin Ramadan, ha accusato gli Stati
Uniti di voler invadere comunque l'Iraq, mentre Blix – dopo aver incontrato ad
Atene la presidenza europea di turno, quella greca - ha ribadito che Saddam
Hussein non ha ancora risposto a molte domande legate al passato. Rimangono,
quindi, i dubbi anche sull’intesa siglata ieri nella capitale irachena. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
**********
Il
responsabile degli ispettori, Hans Blix, e il direttore dell’Agenzia
internazionale per l’energia atomica, Mohammed El Baradei, hanno siglato
un’intesa in dieci punti con il governo di Baghdad, che dovrebbe facilitare ed
accelerare le verifiche. Elementi importanti dell’intesa sono l’autorizzazione
ad interrogare gli scienziati iracheni in privato, senza la presenza di
rappresentanti del regime, e la promessa di nuove ricerche per eventuali armi
dimenticate nelle precedenti dichiarazioni. Il regime di Saddam si è impegnato
a rispondere ad alcune delle domande rimaste aperte dopo la consegna del
rapporto di dicembre al Palazzo di Vetro, ma ha rifiutato il monitoraggio di
aerei spia. L’accordo dovrebbe pesare sul Rapporto complessivo che Blix e il
collega El Baradei terranno il 27 gennaio al Palazzo di Vetro, ma il capo degli
ispettori ha ribadito che tocca a Baghdad provare il suo disarmo.
Da
New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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In questo momento l’unica soluzione ''efficace''
alla crisi legata al riarmo nucleare della Corea del Nord è un ''dialogo
diretto'' tra Pyongyang e Washington. A pensarla così sono le autorità cinesi,
le quali ritengono che qualsiasi altra iniziativa potrebbe risultare una
''complicazione'' della situazione. Pechino invece non ha aggiunto ulteriori
dichiarazioni in merito alla proposta americana di portare il problema
all'attenzione del Consiglio di Sicurezza dell' Onu. Il servizio di Chiaretta
Zucconi:
**********
Il
coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza, sul quale Pechino, alleato della
Nord Corea, ha già espresso riserve, potrebbe imprimere una nuova pericolosa
accelerazione alla crisi, sostengono analisti di Seul, dal momento che il
regime di Pyongyang ha spesso sottolineato che eventuali sanzioni delle Nazioni
Unite sarebbero da considerare una dichiarazione di guerra. In questo scenario,
si è aperto oggi il nono giro di consultazioni intercoreane, durante le quali
il Sud cercherà di convincere il Nord a rinunciare alle sue pericolose
ambizioni nucleari. Ma la posizione di Seul, intrappolata tra Washington e
Pyongyang, è certamente molto imbarazzante. E mentre a Seul le delegazioni si
parlano, a Tokyo il quotidiano ufficiale di un’organizzazione filo nordcoreana
sottolinea che la Nord Corea è in ginocchio e che la centrale elettrica di
Pyongyang funziona solo con sei turbine su tredici, in mancanza delle forniture
petrolifere.
Per
Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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È giunto ieri in Siria
William Burns, il vice segretario di Stato americano per il Medio Oriente. Il
suo viaggio inatteso nella regione cade in un momento delicatissimo per il
processo di pace: domani si incontreranno infatti al Cairo 10 fazioni palestinesi,
per discutere della proposta egiziana di sospendere per un anno gli attacchi
suicidi. Sulle mediazioni diplomatiche pesano però le critiche del primo
ministro israeliano Ariel Sharon a proposito dell'utilità del cosiddetto Quartetto,
costituito da Usa, Russia, Ue e Onu, per rilanciare il processo di pace in
Medio Oriente. Mosca ha risposto agli attacchi verbali, ribadendo la necessità
di tale strumento di mediazione.
Quattro
frati cappuccini italiani sono bloccati e isolati da quasi due mesi nel nord
della Costa d'Avorio, nella missione di Zouhan-Hounien, a 750 chilometri dalla
capitale Abidjan. Si tratta dei frati Giorgio Lucini, Marcantonio Pirovano, Antonio
Forchini e Gianluca Lazzaroni, tutti della provincia di Bergamo. I religiosi
sono circondati dalla violenza che da mesi si sta consumando tra i ribelli -
che controllano la zona - e i militari fedeli al presidente Gbagbo. Ma quali
sono le condizioni dei quattro cappuccini? Risponde padre Eugenio Bollati,
superiore provinciale della comunità dei cappuccini della Lombardia, in
continuo contatto con la Costa d’Avorio:
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R. – Le ultime notizie sono
confortanti. E’ vero che questa nostra fraternità di Zouhan-Hounien - che si
trova in una zona ormai da due mesi occupata da una delle varie fazioni di
ribelli - vive una situazione complessivamente difficile soprattutto per la
popolazione, ma è vero pure che i nostri frati stanno bene e sono a tutt’oggi
rispettati dai ribelli, in qualche modo sono da essi protetti, nonostante che
qualche tempo fa qualcuno dei ribelli, ‘sbandato’, è entrato nella missione
portando via autovetture, computer, insomma strumenti di lavoro.
D. – Lei ha detto che frati sono
sotto la protezione dei ribelli: in che senso?
R. – I capi dei rivoltosi hanno
messo a protezione della missione alcuni ribelli in modo da evitare che qualche
altro ‘sbandato’ entri per rubare o per altri motivi. Attualmente i nostri
frati, sia pure un po’ limitatamente, possono svolgere il loro ministero
pastorale, anche raggiungendo altri villaggi con biciclette o motorini. Possono
pure portare avanti il loro servizio sanitario: in quella missione, abbiamo
infatti un centro di cura per una determinata forma di lebbra, centro che
ospita ancora tra gli 80 e i 100 bambini. E’ per questo che i frati desiderano
rimanere in quella zona. Sembra che ormai siamo rimasti l’unica presenza
religiosa in tutta l’area, attualmente nelle mani dei ribelli.
D. – Lei ci conferma, comunque,
che religiosi e ospiti della comunità non sono prigionieri ma solo bloccati?
R. – Non si può dire che siano
prigionieri né ostaggi. Certo, i frati sono un po’ limitati nei movimenti, però
svolgono il loro ministero, il loro servizio.
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Appena pochi mesi di
tregua per il nuovo governo del presidente Gonzalo Sánchez de Lozada e già la
Bolivia è in fiamme per le rivendicazioni dei coltivatori di coca, i
‘cocaleros’, che da 9 giorni stanno bloccando le vie di comunicazione nella
regione del Chapare. Sentiamo Maurizio Salvi:
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Nel clima già teso per l’alto numero di vittime registrate nei disordini
si è inserito un drammatico ultimatum imposto al capo dello Stato dal leader
dei ‘cocaleros’ ed ex candidato presidenziale, Evo Morales. Se entro oggi non
saranno accolte tutte le condizioni poste dai dimostranti - che riguardano fra
l’altro la sospensione della distruzione delle piantagioni di coca e una revoca
dell’accordo di libero scambio con il Cile - il presidente dovrà andarsene, ha
affermato Morales. Sánchez de Lozada ha ventilato la possibilità di introdurre
lo Stato d’assedio nel Paese e poi si è rivolto in tono di sfida al leader dei
‘cocaleros’, definendolo un cospiratore al soldo di interessi stranieri. A
complicare ulteriormente lo scenario, c’è infine lo sciopero generale di 24 ore
decretato per oggi dalla Confederazione degli operai della Bolivia e dal
sindacato dei minatori.
Maurizio
Salvi, per la Radio Vaticana.
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Inserire nella futura Costituzione europea due
articoli sui valori religiosi dell'Europa. E’ la proposta avanzata oggi a
Bruxelles da venti membri della Convenzione europea aderenti al Ppe. Il
documento propone che nel preambolo della Costituzione Ue venga fatto
riferimento a ''quanto l'Europa deve alla propria eredità spirituale e
morale''.
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