RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 19 - Testo della
Trasmissione di domenica 19 gennaio
2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Gli ispettori Onu
sono a Baghdad per chiedere al governo iracheno una più attiva
cooperazione
Nuove test missilistico di New Delhi. Tensione con il
Pakistan
19 gennaio 2003
PIÙ FORTE DELLE DIVISIONI CHE OPPRIMONO I CRISTIANI,
LA GRAZIA DI DIO E IL LORO DESIDERIO DI COLLABORARE
VERSO LA PIENA RICONCILIAZIONE. COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS,NELLA SECONDA
GIORNATA
DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI
CRISTIANI.
AL TERMINE, IL SALUTO E LA SOLIDARIETA’ DEL
PONTEFICE ALLE SCUOLE CATTOLICHE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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L’unità dei cristiani è “un dono di Dio”, ma anche
un frutto della loro volontà di riconciliarsi “nella verità e nella carità”. In
quest’ottica, i cristiani possono vincere le divisioni attuali, senza rimanerne
“schiacciati”. E’ suonato così all’Angelus, sotto il sole e il cielo azzurro di
Roma, davanti a circa 10 mila pellegrini, l’auspicio di Giovanni Paolo II per
la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, tradizionalmente fissata
tra il 18 e il 25 gennaio di ogni anno.
La condizione umana - ha osservato il Papa - fragile
come il vaso di coccio della similitudine paolina, è però scrigno che racchiude
la conoscenza di Dio. E questa consapevolezza, unita alla grazia divina, deve
stimolare i cristiani verso la meta dell’unità:
“La ricomposizione dell'unità di tutti i battezzati
è, in effetti, un dono che viene da Dio, e il nostro impegno per promuoverla
non basta da solo a realizzarla, ma quando i cristiani si incontrano, si
scoprono fratelli, collaborano per alleviare le sofferenze e pregano per
l'unità, contribuiscono a far rifulgere il volto di Cristo e la sua gloria”.
“Un tesoro in vasi di creta”. L’immagine contenuta
nella seconda Lettera di Paolo ai Corinzi è anche il titolo dei testi-guida
della Settimana di preghiera, redatti in collaborazione da cattolici e di
membri della Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle
Chiese. La riflessione di oggi, seconda giornata, propone la frase
dell’apostolo delle genti: “Siamo oppressi, ma non schiacciati!”. Facendole
eco, Giovanni Paolo II ha riconosciuto l’oppressione delle “divisioni” e delle
molte “barriere” che ancora separano i cristiani. Ma ha riconosciuto ancor più
la forza della luce di Cristo, della sua purificazione, del suo perdono:
“Carissimi fratelli e sorelle, chiediamo al Signore
che faccia crescere fino alla pienezza la comunione tra i cristiani, nella
verità e nella carità. Sia questa la nostra corale invocazione”.
Una coralità che il prossimo 25 gennaio, a
conclusione della Settimana di preghiera, assumerà un volto solenne, con la
celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, luogo, ha
ricordato il Pontefice, “dove si sono svolti eventi di grande importanza, che
hanno segnato il cammino ecumenico”.
Al termine dell’Angelus, il Papa
ha dedicato grande attenzione all’odierna “Giornata diocesana della scuola
cattolica”, salutandone i dirigenti, gli insegnanti, i genitori e gli studenti
presenti in Piazza San Pietro. Il tema “Famiglia, Scuola, Comunità - Insieme
per educare ad un progetto di vita” è stato definito da Giovanni Paolo II
“un’occasione propizia per riflettere sulla originale proposta formativa,
ispirata al Vangelo ed alla visione integrale della persona umana, che la
scuola cattolica offre ai ragazzi, per aiutarli ad affrontare in modo positivo
le grandi domande dell'esistenza”. Ed ha soggiunto:
“Mentre ringrazio coloro
che vivono e operano nelle scuole cattoliche, auspico che ogni famiglia abbia
la concreta possibilità di scegliere per i propri figli questo tipo di scuola.
Esprimo apprezzamento per la qualità del servizio che viene dato e per la
tenacia e lo spirito di sacrificio con cui vengono affrontate le attuali
difficoltà. Tutti incoraggio a proseguire in questa preziosa missione, che ben
si inserisce nel programma pastorale diocesano sul tema vocazionale”.
Un altro particolare saluto è stato indirizzato dal
Pontefice al gruppo proveniente dall'arcidiocesi di Sorrento, del quale
facevano parte le delegazioni delle Associazioni dei Carabinieri e dei
Sottufficiali d’Italia e della Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon.
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ANCORA UNA VOLTA I CRISTIANI DI TUTTE LE
DENOMINAZIONI SONO CHIAMATI
A PREGARE INSIEME PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER
L’UNITÀ DEI CRISTIANI DAL 18 AL 25 GENNAIO. CON NOI IL SOTTO-SEGRETARIO DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI, MONS.
ELEUTERIO FRANCESCO FORTINO.
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Il tema di quest’anno è bello,
denso e anche adeguato alla situazione ecumenica. E’ formulato così: “Questo
tesoro noi lo portiamo in vasi di creta” ed è preso dalla seconda Lettera di
San Paolo ai Corinti. Il tesoro di cui parla San Paolo è Gesù Cristo, è la
salvezza, è il dono di Dio che viene comunicato e deve essere comunicato agli
uomini. L’apostolo, conoscendo se stesso, dice che noi questo tesoro, la
salvezza, lo possediamo nella nostra natura, nei nostri mezzi ed usa
l’espressione “‘vasi di creta”: una realtà friabile, debole. Il tema è adattato
anche alla ricerca dell’unità dei cristiani. L’unità della Chiesa è un tesoro
per la Chiesa stessa e per l’umanità, ma anch’essa, come mostra la storia, è
stata contenuta in vasi friabili, cocci rotti nel corso della storia. La
comunità dei cristiani è divisa in varie denominazioni, quindi ha reso più
debole la situazione dei cristiani nel mondo. Proprio per questo, il gruppo che
ha proposto questo tema lo orienta allo scopo di affidare questa ricerca a Dio,
attraverso l’intensificazione della preghiera per l’unità dei cristiani.
E’ con noi mons. Eleuterio
Francesco Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione
dell’unità dei cristiani, al quale chiediamo qualcosa di più sul gruppo che ha
proposto il tema:
R. - E’ un gruppo ecumenico dell’Argentina, formato da cattolici,
ortodossi, metodisti e anche valdesi italiani emigrati in Argentina. Ha
lavorato molto bene. In seguito, il loro progetto è stato rielaborato dal Comitato
misto internazionale, che è organizzato dal Consiglio per l’unità dei cristiani
e da “Fede e Costituzione” del Consiglio ecumenico delle Chiese. Il gruppo
argentino, considerando la situazione del mondo d’oggi, cioè il fenomeno
crescente dell’emigrazione, e considerando anche la costituzione dell’Argentina
stessa - formata da gruppi di emigrazione - ha trattato il tema della ricerca
dell’unità dei cristiani in relazione ai problemi dell’emigrazione.
L’emigrazione è uno stato di debolezza, ma nello stesso tempo contiene anche il
tesoro delle diverse tradizioni ecclesiali che, incontrandosi, possono
dialogare e possono reciprocamente arricchirsi e anche convergere verso la
piena unità.
D. - Un suo cenno storico sulla Settimana di preghiera dell’unità dei cristiani?
R. - La preghiera per l’unità dei cristiani ha una grande storia.
Possiamo già fare riferimento a Leone XIII, che alla fine del XIX secolo ha
proposto l’Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani, attorno alla
Pentecoste. Quest’anno, ricorre il centenario della morte di Leone XIII ed è
giusto ricordarlo. Poco più tardi, nel 1908, padre Watson dell’Atonement ha
istituito l’Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani nel periodo di
gennaio, dal 18 al 25 gennaio. Queste date continuano ancora oggi, e nel corso
del tempo l’impostazione della preghiera fra cristiani si è arricchita e
allargata sempre di più.
D. - La Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani vede coinvolte tutte le denominazioni cristiane?
R. - Si estende sempre di più. Per esempio, il Comitato misto
internazionale, che ha organizzato il testo, era composto di cattolici, per la
loro parte, e da luterani, riformati, metodisti e ortodossi, per parte del
Consiglio ecumenico delle Chiese. Quindi, lo spettro della situazione dei
cristiani oggi è presente nell’impegno della preghiera per l’unità,
naturalmente con varie intensità. Ci sono anche dei gruppi, particolarmente nel
mondo ortodosso, che ancora oggi fanno obiezioni alla preghiera comune
affermando che, non essendoci piena professione di fede comune, non è possibile
neanche rivolgersi a Dio insieme.
D. - Uno sguardo rapido alla
situazione del dialogo ecumenico...
R. - Il dialogo ecumenico è aperto con tutte le Chiese d’Oriente e d’Occidente. Si può affermare -
del resto lo ha fatto il Santo Padre nell’enciclica Ut Unum Sint – che
questi dialoghi hanno prodotto dei documenti di importante convergenza per la
prosecuzione del dialogo verso la piena unità. Emergono anche nuove difficoltà,
tanto nelle Chiese d’Oriente quanto in quelle d’Occidente, ma si è in una fase
di passaggio. Il dialogo teologico si approfondisce, quindi trova naturalmente
maggiore difficoltà e lentezza nel procedere.
D. - Uno sguardo, ora, alla
situazione dell’ecumenismo in Italia...
R. - L’ecumenismo in Italia ha fatto veri passi di fraternità. La
Commissione ecumenica della Conferenza episcopale lavora in sintonia con le
Chiese evangeliche in Italia e con gli ortodossi, che sono in Italia. Per
esempio, l’edizione italiana della preghiera per l’unità dei cristiani è
firmata, anche quest’anno, dal rappresentante della Chiesa cattolica, della
Chiesa ortodossa e della Federazione delle Chiese evangeliche. Questo è un
segno del nuovo, positivo atteggiamento dei cristiani. Ci sono stati anche dei
documenti importanti, come quello riguardante l’accordo sui matrimoni, che
aiutano anche, da un punto di vista pratico, la convivenza delle comunità
cristiane in Italia.
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“OGNI SACERDOTE E’ SCELTO FRA GLI UOMINI PER IL BENE
DEGLI UOMINI”.
COSI’ IERI IL CARDINALE ANGELO SODANO, SEGRETARIO DI
STATO, DURANTE LA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER IL 25.MO ANNIVERSARIO DI
EPISCOPATO.
OFFERTA AI POVERI DELLA CARITAS LA SOMMA RACCOLTA
PER IL RICEVIMENTO
- Servizio di Barbara Castelli -
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“Il sacerdozio è missione. E’ un
servizio apostolico. E’ un servizio missionario, qualunque siano i campi di
azione. Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato il mio lavoro come un
contributo per la diffusione del Regno di Dio nel mondo”. Con queste parole,
ieri pomeriggio, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha
sintetizzato il proprio impegno quotidiano, durante la Messa di ringraziamento
per il 25.mo di ordinazione episcopale. Nel corso della funzione, celebrata
nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, il porporato ha ricordato con
gioia e commozione gli anni di formazione nel Seminario diocesano di Asti fino
all’impegno in veste di Nunzio Apostolico in Cile, per giungere alla nomina -
avvenuta il 29 giugno 1991 - a segretario di Stato, carica recentemente
confermatagli da Giovanni Paolo II.
“A Lui giunga l’espressione
della mia più profonda gratitudine, per la fiducia che a voluto riporre nella
mia umile persona, insieme alla promessa che, come cardinale di Santa Romana
Chiesa e come suo segretario di Stato, continuerò a dedicare tutte le mie
energie al servizio della Cattedra di Pietro e per il bene della Santa Chiesa”.
Circondato da esponenti della
Curia romana, autorità civili e numerosi fedeli, il cardinale Sodano ha poi
voluto esprimere un augurio a tutti i giovani religiosi e religiose,
seminaristi e novizi presenti.
“Il mondo d’oggi attende molto
da voi. Guardando al futuro, invito tutti ad andare avanti fiduciosi per
annunciare al mondo il Vangelo della speranza. Rivestitevi di bontà, di
mitezza, di pazienza… rivestitevi soprattutto della carità, che è il vincolo
della perfezione”.
Al termine dell’omelia, il
porporato ha elevato una preghiera a Maria, affinché “aiuti tutti ad essere
fedeli alla propria missione, con le mani all’aratro finché il Signore vorrà”.
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COSTRUIRE LA PACE RICHIEDE PERSEVERANZA ED
AZIONI CREATIVE E COSTRUTTIVE:
CHIUDE
COSI’ IL SIMPOSIO INTER-RELIGIOSO
“LE RISORSE SPIRITUALI DELLE RELIGIONI PER LA PACE”,
ORGANIZZATO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO.
- Servizio
di Paolo Ondarza -
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“La cooperazione interreligiosa
non è un’alternativa, ma una necessità per evitare la guerra. Prioritario oggi,
rispetto all’essere religiosi, è essere interreligiosi”. Questa la sintesi
delle due giornate di lavoro del Simposio “Le risorse spirituali delle religioni per la pace”, conclusosi
ieri a Roma ed organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo
interreligioso. Presenti il presidente del dicastero, l’arcivescovo Michael
Fitzgerald, e l’arcivescovo di Washington, Theodor McCarrick. Quest’ultimo ha
illustrato ai nostri microfoni gli aspetti fondamentali che le varie religioni
devono osservare per conseguire il comune obiettivo della pace e fratellanza
tra gli uomini:
R. - Dobbiamo verificare
innanzitutto se stiamo facendo una lettura corretta dei testi sacri, che in
ogni religione sono improntati a principi di amore e di pace. L’appello alla
guerra in nome di Dio non appartiene a nessuna religione. La seconda cosa da
fare è che tutte le religioni collaborino insieme. Terzo ed ultimo aspetto,
infine, è sottoporre insistentemente ai governi le nostre esigenze di pace.
Sradicare dai nostri Paesi le cause della guerra: povertà ignoranza,
violenza e discriminazione. Non possiamo
dire ai nostri governi “ci sono ragioni sufficienti per fare la guerra”:
dobbiamo spiegare loro i principi in base ai quali dichiarare “giusta” una
guerra. E in questo momento non disponiamo di sufficienti informazioni per
definirla tale. Credo che nessuno desideri la guerra negli Stati Uniti, il
presidente Bush non la vuole. Dobbiamo saperne di più, prima di intraprendere
un’azione nella quale molte persone moriranno ed altri terribili fatti si
verificheranno”.
Il simposio si colloca in
continuità di intenti con l’assemblea organizzata dal Pontificio Consiglio per
il Dialogo interreligioso nell’ottobre del ’99 sul tema “Verso il Terzo
Millennio - collaborare per un dialogo tra le religioni” e con la Giornata di
preghiera interreligiosa promossa lo scorso 24 gennaio da Giovanni Paolo II ad
Assisi, in seguito agli attentati dell’11 settembre. Ai lavori del convegno
hanno partecipato rappresentanti di cristianesimo, islamismo, buddhismo,
sikhismo, gianismo e zoroastrianesimo. Le varie religioni hanno proposto testi
in cui si sottolinea l’appartenenza di ogni persona alla comune famiglia umana.
Un aspetto, quest’ultimo, evidenziato dall’arcivescovo Fitzgerald:
R. - Noi siamo partiti dalla nostra Scrittura. In tutte le tradizioni c’è
un richiamo alla pace, anche se ci sono testi che hanno bisogno di una maggiore
interpretazione. Abbiamo pensato anche alla vitalità delle diverse comunità
religiose. E abbiamo considerato l’incontro interreligioso. Quando le persone
vivono insieme, si incontrano, lavorano insieme, discutono insieme: questo crea
un clima di fiducia, per cui è difficile poi separarsi e dire “siamo in
guerra”.
Alla chiusura dei lavori del Simposio, era prevista
anche la partecipazione del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah,
che ha comunicato di aver preferito non partire visti i controlli a cui è stato sottoposto dai servizi di sicurezza di
Tel Aviv, nonostante fosse in possesso del passaporto diplomatico della Santa
Sede. Si è proceduto comunque alla lettura della sua relazione, nella quale è
posta in evidenza l’importanza delle religioni nella situazione mediorientale,
al fine di “portare speranza e riconciliazione in un momento in cui queste
sembrano essere un miraggio irraggiungibile”. Un’ulteriore conferma, quindi, in
aggiunta alle conclusioni tracciate nel comunicato finale del Convegno: “La
costruzione della pace richiede azioni creative e coraggiose, frutto di
pazienza e perseveranza”.
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CUBA ALLE URNE SENZA “SUSPENSE”:
L’OPPOSIZIONE RIMANE NELL’OMBRA
- Intervista con Maurizio Chierici -
Seicentonove candidati in lista,
per altrettanti seggi disponibili. Otto milioni di elettori cubani sono
chiamati oggi alle urne per rinnovare il Parlamento e contemporaneamente
eleggere 1.099 delegati provinciali. Tutti indicati da Fidel Castro, al potere
dalla rivoluzione del ‘59. Sul significato di queste elezioni, Andrea Sarubbi
ha intervistato Maurizio Chierici, esperto di America Latina:
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R. - Il valore delle elezioni sta negli aggiustamenti di potere
all’interno dell’unico partito che esiste nel Paese. Per la gente,
politicamente i candidati non rappresentano molto, per via dell’unico partito.
Però, è molto interessante il modo in cui i cubani vivono il giorno delle
elezioni: i seggi sono installati in grandi cortili di case, spesso popolari,
dove si arriva per votare, e quelli che abitano lì offrono un caffè, ci sono
bambini che cantano… È una festa del popolo, molto divertente. Per chi votano?
Votano per il Messico? Votano per l’America di Bush che va in guerra? Votano
per il caos del Venezuela? No: alla fine, ripetitivamente, continuano a votare
il governo che li guida da 40 anni.
D. - Anche se dal risultato di questo elezioni non si vedrà, a Cuba
comunque esiste una dissidenza che contesta Fidel Castro. Come è composta?
R. - Storicamente, la dissidenza era a Miami ed era una dissidenza
becera. Al contrario, l’opposizione interna è sempre stata estremamente
propositiva, intellettualmente aperta, con due radici diverse. Una era quella
di Elizardo Sánchez, che era professore di etica marxista all’Università ed
avversario politico di Castro - se così si può dire, nella realtà di Cuba - ed
alla fine gli si è rivoltato contro: ha fatto scene di protesta, è stato anche
qualche anno in galera… Ora è riuscito a diventare il presidente non
riconosciuto della Società per la difesa dei diritti umani, però con il
permesso di viaggiare. È diventato amico di Ted Kennedy, è venuto in Italia -
dove ha tenuto conferenze stampa - ed è rientrato tranquillamente a Cuba.
Restava la parte cattolica della dissidenza: grazie a mons. Carlos Manuel De
Céspedes, sono stati creati dei cenacoli di intellettuali e di politici
cattolici. Uno dei nomi in vista è quello di Osvaldo Payá, divenuto uno dei
protagonisti della dissidenza interna. Una dissidenza che, con Sánchez e Payá,
ha bruciato definitivamente quella degli esuli di Miami.
D. - Che cosa chiedono a Castro i dissidenti interni?
R. - Prima di tutto, sono persone che vogliono una evoluzione democratica
e non vogliono scontri, spargimenti di sangue. Credo che la violenza a Cuba –
anche se potrei sbagliarmi - non si verificherà mai. In secondo luogo, vogliono
che ci sia una rappresentanza diversa in Parlamento: quella di una normale
democrazia. D’altra parte, però, sono ben guardinghi, perché si rendono conto
che non possono diventare una colonia americana a 60 miglia da Miami. È il vecchio problema di Cuba e di
tutti i Paesi vicini. Dunque, i dissidenti vogliono avere una linea, una
indipendenza socialdemocratica o social-cristiana diversa da quella di tutti i
Paesi circostanti.
D. - A proposito degli esuli cubani, alcuni osservatori hanno notato come
gli Stati Uniti li abbiano un po’ trascurati nell’ultimo periodo. Forse,
perché, a differenza di qualche decennio fa, la loro protesta si è fatta meno
forte ...
R. - Il problema è che i politici di Miami, in maggioranza, facevano
parte della corte dei grandi proprietari, e quindi sono andati via da Cuba
convinti di tornarvi dopo sei mesi. La loro rabbia è cresciuta nella
lontananza. La seconda e la terza generazione dei cubani di Miami, invece, si
sono integrate nella struttura politica, sociale ed economica degli Stati
Uniti: sono diventati americani e come americani preferiscono che l’evoluzione
sia democratica. In sostanza, sono contrari al comunismo ed all’ateismo, però
non vogliono neppure che il liberismo venga ad impossessarsi di tutto.
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A DIECI ANNI DALLA MORTE
DI AUDREY HEPBURN:
INSUPERATA ELEGANZA SUL SET,
GRANDE UMANITA’ COME AMBASCIATRICE DELL’UNICEF
- Intervista con Andrea Piersanti e Donata Lodi -
Il 20 Gennaio del 1993 si spegneva a Tolochenaz, in
Svizzera, Audrey Hepburn, al secolo Edda Van Heemstra Hepburn-Ruston, la
celebre attrice di origini europee che impose al mondo il suo stile raffinato e
discreto. Elegante, eterea, profondamente sensibile e generosa, Audrey Hepburn
esordì sul grande schermo nel 1953 in “Vacanze Romane”, film che le valse
l’Oscar come migliore attrice. Seguirono altre memorabili interpretazioni come
“Sabrina”, “Sciarada”, “My Fair Lady” e “Colazione da Tiffany” fino a quando,
al termine degli anni ’80, Audrey Hepburn si ritirò definitivamente dalle scene
diventando ambasciatrice per l’Unicef. E proprio per il suo impegno a favore
dell’infanzia in difficoltà, nel 1993 il mondo del cinema le attribuì il
celebre “Jean Hersholt Humanitarian
Award”, l’Oscar riservato a coloro che si distinguono per azioni
umanitarie. Il servizio è di Maria Di Maggio.
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Un carattere d’acciaio in un
fisico esile come un giunco. Si può riassumere così la figura di Audrey
Hepburn, la diva dagli occhi di cerbiatta che incantò il mondo con la sua
eleganza e con la sua umanità. Ma ascoltiamo un ritratto di Audrey Hepburn
nelle parole di Andrea Piersanti, presidente dell’Ente per lo Spettacolo.
“Credo che il modello culturale che Audrey Hepburn riuscì ad interpretare
nei suoi film, fu quello di una “cenerentola”. Questo modello culturale in
realtà arrivò al momento giusto, quello nel quale il mondo intero cercava di
ritirare su la testa dopo l’enorme sconquasso della Seconda guerra mondiale. Forse
fu proprio questa sua discreta eleganza, ma anche questa sua determinazione e
questa sua caparbietà nel voler tenere alta la testa - il famoso portamento di
Audrey Hepburn - la molla culturale che riuscì ad imporre all’attenzione di
tutti un’attrice come lei, mentre ancora molti piangevano lacrime copiose sulle
ferite prodotto dalla guerra. Ma soprattutto, quello che oggi risalta ancora ai
nostri occhi è anche il fatto che la Hepburn riuscì a non fermarsi allo star-system
di Hollywood, ma con il suo grandissimo impegno a favore dell’Unicef diede a
tutti una straordinaria lezione di umanità e di sensibilità culturale e
politica”.
Alla fine degli anni Ottanta,
Audrey Hepburn abbandonò definitivamente il grande schermo per dedicarsi
esclusivamente al suo nuovo ruolo di ambasciatrice per l’Unicef, incarico che
mantenne fino alla sua morte. Ma lasciamo la parola a Donata Lodi, portavoce
dell’Unicef Italia.
R. -
Il suo impegno per la causa dei bambini andava al di là del semplice prestare
la propria immagine. E’ una persona che approfondiva tutte le questioni che si
trovava ad affrontare. Il suo impegno, negli anni in cui ha lavorato con
l’Unicef, l’ha portata in tutto il mondo e, sempre, non soltanto con la
presenza formale della persona celebre che per l’appunto presta la propria
immagine per una campagna, ma con una partecipazione tale che ne faceva davvero
uno dei migliori operatori dell’Unicef mai avuti in quegli anni.
D. - Si dice che Audrey Hepburn
si accostò all’Unicef in ricordo delle difficoltà patite da bambina durante la
Seconda guerra mondiale, nell’Olanda occupata dai nazisti...
R. - Si, questo è vero. Io mi
ricordo che quando ebbi occasione d’incontrarla, lei ci disse proprio questo
come prima cosa: “La ragione per cui io sto con l’Unicef è che io sono stata
aiutata dall’Unicef quando ero una bambina nell’immediato dopo-guerra e, in
nome di questo aiuto che ho ricevuto allora, voglio continuare ad aiutare i
bambini del mondo”. E questo suo impegno l’ha portata molto spesso anche in
Paesi in guerra. Mi ricordo, quando abbiamo lavorato insieme su una campagna
per i bambini del Sudan, la passione che Audrey metteva in questo lavoro e ciò
si rifletteva benissimo anche nelle facce dei bambini, nel piacere genuino che
tutti i piccoli avevano nell’incontrarla. E lei parlava loro con grande calore,
con una partecipazione tale come fossero stati i suoi stessi figli.
(musica)
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19 gennaio 2003
I CAPI DEGLI ISPETTORI
ONU SONO GIUNTI STAMANI A BAGHDAD PER CHIEDERE UNA COOPERAZIONE PIÙ ATTIVA ALLE
AUTORITA’ IRACHENE ALLE ISPEZIONI.
IERI, INTANTO, 50 MILA AMERICANI HANNO MANIFESTATO
A WASHINGTON CONTRO LA GUERRA ALL’IRAQ
WASHINGTON. = “Una guerra con
l’Iraq non è inevitabile” E’ quanto ha dichiarato questa mattina, al suo arrivo
a Baghdad, il capo degli ispettori dell’Onu Hans Blix. Questi si trova in Iraq
per chiedere alle autorità locali una cooperazione più attiva nelle ispezioni.
Ieri, aveva lamentato la mancanza di una sufficiente e sincera collaborazione
da parte di Baghdad. Osservazione che assume ancora maggior rilievo se
rapportata alla scoperta, tre giorni di
fa, nel Paese del Golfo, di 11 ogive
per il trasporto di armi chimiche. E mentre le condizioni per un attacco
americano sembrano moltiplicarsi ogni giorno, il capo di stato maggiore Usa,
Richard Mayer, ha assicurato che “non è stata ancora fissata alcuna data”, e
che “il dispositivo americano può essere ritirato da un momento all’altro”.
Gran parte dei cittadini statunitensi resta però convinta che una guerra sia
imminente, al punto che ieri circa 50 mila pacifisti si sono ritrovati a
Washington per una protesta, nei pressi del Campidoglio, contro l’eventuale
guerra. Tra i dimostranti, alcuni nomi noti: il reverendo Jesse Jackson, leader
del Movimento per i diritti civili negli Stati Uniti; Ron Kovic, l’autore di
“Nato il quattro luglio”, racconto di un veterano del Vietnam, l’attrice
Jessica Lange. Per gli States, dove la gente scende in piazza molto di rado
rispetto a Paesi come Francia e Italia, si è trattato di un numero cospicuo di
manifestanti, anche se inferiore alle aspettative degli organizzatori che
speravano di radunare almeno 200 mila persone. Il presidente Bush, che non si
trovava alla Casa Bianca ma a Camp David, ha accolto di buon grado la
manifestazione, “un fatto - ha detto -che conferma la forza della democrazia
americana”. Ed emerge, inoltre, che i più pacifisti negli Stati Uniti sono gli
anziani, quelli cioè che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale, il dramma di
Pearl Harbor nel 1941 e lo sbarco in Normandia nel 1944. Sul fronte
diplomatico, intanto, il segretario di stato americano, Colin Powell, sta
preparandosi ad una fitta serie di consultazioni. A cominciare dai colloqui con
i colleghi di Russia, Cina, Francia e Germania. Incontri che vengono visti come
un tentativo di rassicurare gli alleati sul fatto che gli Stati Uniti non
intendono agire unilateralmente contro l’Iraq. (P.O.)
OSAMA BIN LADEN TORNA A FARSI SENTIRE. IN UN NUOVO
MESSAGGIO, PUBBLICATO OGGI DA UN QUOTIDIANO ARABO, IL LEADER DI AL QAIDA
INVITA I MUSULMANI AD UNIRSI NELLA COMUNE BATTAGLIA CONTRO “CROCIATI ED EBREI”
IL CAIRO. = Lo sceicco del
terrore, Osama Bin Laden, riemerge dal silenzio con un nuovo messaggio
pubblicato oggi dal giornale arabo Asharq al-awsat. Lo comunica
l’agenzia di stampa Ansa, secondo cui il capo della rete terroristica al
Qaida chiama i musulmani più rigorosi a “unire gli sforzi e a superare
le divergenze per fronteggiare il
nemico esterno, l'alleanza tra i crociati e gli ebrei”. L'appello riportato dal quotidiano arabo
costituisce la prefazione di un nuovo libro edito dal Centro di “ricerche e
studi islamici”, con sede in Pakistan,
considerato un organo portavoce di al Qaida. Avvalendosi della
testimonianza di fonti islamiche a Londra, il giornale afferma che Bin Laden
avrebbe scritto questo appello solo da qualche settimana. Nel testo, l’uomo
ricercato perché sospettato di essere il regista occulto degli attentati
dell’11 settembre, esprime “stupore” e “angoscia” per le divergenze tra i
musulmani, che indeboliscono fortemente la resistenza contro il nemico
occidentale. Lo sceicco saudita, avvalendosi di citazioni tratte dal Corano,
sottolinea “la necessità dell'unione e della rinuncia alla discordia”. Il nuovo messaggio di Bin Laden
viene pubblicato all’indomani della conclusione del simposio organizzato a Roma
dal pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, come già detto in altra
parte della presente edizione del Radiogiornale. Nel convegno, sul tema “Le risorse spirituali delle religioni per la
pace”, è stato evidenziato come non esista alcun testo sacro di nessuna
religione che inviti esplicitamente alla violenza. Al contrario, le tradizioni
delle varie religioni hanno in comune la ricerca della pace e la concordia
dell’intera famiglia umana. (P.O.)
IL PREMIER ISRAELIANO SHARON SI DICHIARA PRONTO A
RICONOSCERE UNO STATO PALESTINESE SMILITARIZZATO, SE VERRANNO ADOTTATI
PROVVEDIMENTI CONTRO IL TERRORISMO. INTANTO, SECONDO IL QUOTIDIANO ISRAELIANO HAARETZ,
L’IRAN AVREBBE FINANZIATO L’ATTENTATO DELLO SCORSO 6
GENNAIO
A TEL AVIV IN CUI MORIRONO 23 PERSONE
GERUSALEMME. = “Sono pronto, se
si prendono provvedimenti contro il
terrorismo, a riconoscere uno Stato palestinese completamente smilitarizzato e senza frontiere definitive,
che disponga soltanto di una polizia
equipaggiata con armi leggere”. E’ quanto dichiara il premier israeliano Ariel
Sharon in un’intervista al settimanale statunitense Newsweek. Il primo
ministro israeliano aggiunge che “Israele controllerà le frontiere esterne e avrà il diritto di sorvolarne il
territorio”. Quindi - osserva - “in una terza fase, se il terrorismo sarà stato
estirpato, bisognerà prendere una decisione sulle frontiere definitive”. Intanto, il sito Internet del
quotidiano israeliano Haaretz fa sapere che le autorità di sicurezza
israeliane avrebbero le prove per dimostrare il coinvolgimento dell'Iran nel
finanziamento di attentatori suicidi, in particolare degli autori
dell'attentato del 6 gennaio scorso, a Tel Aviv, nel quale morirono 23 persone.
Secondo il giornale, l'Iran avrebbe inviato fondi, attraverso il Libano, alle
Brigate dei martiri di al Aqsa, braccio armato del movimento al Fatah.
L’attacco, conclude l’articolo, sarebbe stato commissionato direttamente
dall’Iran. (P.O.)
TENSIONE TRA INDIA E
PAKISTAN DOPO L’ESECUZIONE DA PARTE DI NEW DELHI DI UN NUOVO TEST MISSILISTICO,
IL SECONDO DALL’INIZIO DELL’ANNO.
ISLAMABAD COMMENTA: “L’ESPERIMENTO INDICA ANCORA UNA
VOLTA
IL DESIDERIO DELL’INDIA DI FOMENTARE UN’ISTERIA DA
GUERRA”
NEW DEHLI. = L’India ha compiuto ieri il secondo
test missilistico nel giro di dieci giorni, scatenando la reazione del vicino e rivale Pakistan,
che ha accusato New Delhi di fomentare
un'isteria da guerra, mentre nel mondo milioni di persone scendono in piazza
per la pace. Stando a quanto riferisce l’agenzia di stampa indiana “Pti”, il
test è avvenuto nell’area orientale del Paese. Un missile terra-aria a medio
raggio, denominato Akash, è stato lanciato dalla base di Chandipur,
nello stato di Orissa. Secondo fonti ufficiali di New Dehli, l’esperimento è
stato portato a termine “con successo”. Giorni fa, le autorità indiane hanno
spiegato che i nuovi sistemi sono utili a rafforzare il sistema di protezione
contro possibili attacchi da Pakistan e Cina, le altre due potenze nucleari
della regione. Già lo scorso 9 gennaio, era stato collaudato un missile
terra-aria a medio raggio, denominato Agni-1 in grado di trasportare
testate nucleari. Il vettore utilizzato nell’ultimo esperimento può raggiungere
una velocità massima di mach 2, pari al doppio della velocità del suono. Dopo
la notizia del primo test missilistico, il
Pakistan aveva fatto sapere di non temere affatto le manovre dell’India.
I due Paesi sono ambedue in possesso di armi
nucleari. Anche lo scorso anno,
forti tensioni erano esplose fra
Islamabad e New Delhi, in seguito ad un attentato –avvenuto nel dicembre
2001 - contro il Parlamento federale nella capitale indiana e attribuito a militanti islamici sostenuti
dal Pakistan. (P.O.)
CRESCE IN SPAGNA IL NUMERO DEI CONTRIBUENTI CHE
SCELGONO DI DESTINARE ALLA CHIESA LA PERCENTUALE DEL PROPRIO REDDITO PREVISTA
DALLA STATO.
E’ QUANTO EMERGE DALLE STATISTICHE RELATIVE ALLA
CHIESA SPAGNOLA,
RESE PUBBLICHE NEI GIORNI SCORSI.
IN AUMENTO BATTESIMI, MATRIMONI E CONSACRAZIONI
RELIGIOSE
MADRID. = Si mantengono più o
meno stabili i dati relativi alla Chiesa in Spagna, secondo l’ultimo studio
riguardante il quadriennio 1996-2000. Le statistiche sono riportate in un
volume di 327 pagine, suddiviso in 13 capitoli, presentato martedì scorso
dall’ufficio preposto della Conferenza episcopale spagnola (Cee). Il primo
segnale confortante che emerge dal testo è l’aumento dei contribuenti che
scelgono di destinare alla Chiesa la percentuale del proprio reddito prevista
dallo stato (dal 33,36 per cento dei contribuenti al 39,66). Sostanzialmente
invariato risulta il numero delle parrocchie, passato da 22.932 a 22.964,
mentre per quel che riguarda la vita religiosa, i consacrati non sacerdoti
aumentano da 4.888 a 5.326, contro un calo delle suore, diminuite di numero da
circa da 62 mila a 58 mila e 500. Nel 1996, inoltre, i seminaristi erano 1.900,
nel 2000, 1.797. I sacerdoti diocesani sono poco meno di 20 mila. Tra il 1999 e
il 2000, la Chiesa spagnola ha gestito 876 case per anziani ed invalidi. I
battezzati, nel 2000, sono stati quasi 300 mila, 4 mila in più rispetto a
quattro anni prima; 265 mila sono state le prime comunioni, 2 mila in meno del
1996, mentre 150 mila coppie si sono sposate in chiesa, 10 mila in più rispetto
al 1996.(D.D./P.O.)
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