RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 19 - Testo della Trasmissione di domenica 19 gennaio  2003

 

Sommario

 

 

                                                              

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

L’unità dei cristiani, un dono di Dio e una conseguenza di una collaborazione ricercata nella verità. Lo ha detto il Papa all’Angelus, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La solidarietà del Pontefice al mondo della Scuola cattolica

 

Il tema della riconciliazione ecumenica nelle riflessioni proposte del 2003: intervista con mons. Eleuterio Fortino

 

Ieri pomeriggio, la Messa di ringraziamento celebrata dal cardinale Angelo Sodano per il suo 25.mo di ordinazione episcopale.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

       

La costruzione della pace ha bisogno di impegno e di creatività. Questo il pensiero conclusivo del Simposio organizzato dal Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso: con noi, il presidente del dicastero, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, e l’arcivescovo di Washington, Theodor McCarrick

 

Le elezioni di oggi a Cuba, tra continuità del governo castrista e la latitanza delle opposizioni: intervista con Maurizio Chierici. 

 

Dieci anni fa, moriva Audrey Hepburn, elegante diva dello schermo e sensibile ambasciatrice dell’Unicef. La portavoce italiana dell’organismo Onu, Donata Lodi, ne ricorda l’impegno per l’infanzia.

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

Gli ispettori Onu sono a Baghdad per chiedere al governo iracheno una più attiva cooperazione 

 

Nuovo messaggio di Osama Bin Laden, che invita i musulmani a unire gli sforzi nella battaglia contro crociati ed ebrei

 

 Il premier israeliano Sharon si dichiara  pronto a riconoscere uno stato palestinese smilitarizzato, a patto che sia debellato il terrorismo.

 

Cresce in Spagna la percentuale dei contribuenti che scelgono di destinare la percentuale del proprio reddito alla Chiesa.

 

Nuove test missilistico di New Delhi. Tensione con il Pakistan

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 gennaio 2003

 

PIÙ FORTE DELLE DIVISIONI CHE OPPRIMONO I CRISTIANI,

LA GRAZIA DI DIO E IL LORO DESIDERIO DI COLLABORARE VERSO LA PIENA RICONCILIAZIONE. COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS,NELLA SECONDA GIORNATA

DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.

AL TERMINE, IL SALUTO E LA SOLIDARIETA’ DEL PONTEFICE ALLE SCUOLE CATTOLICHE

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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L’unità dei cristiani è “un dono di Dio”, ma anche un frutto della loro volontà di riconciliarsi “nella verità e nella carità”. In quest’ottica, i cristiani possono vincere le divisioni attuali, senza rimanerne “schiacciati”. E’ suonato così all’Angelus, sotto il sole e il cielo azzurro di Roma, davanti a circa 10 mila pellegrini, l’auspicio di Giovanni Paolo II per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, tradizionalmente fissata tra il 18 e il 25 gennaio di ogni anno.

 

La condizione umana - ha osservato il Papa - fragile come il vaso di coccio della similitudine paolina, è però scrigno che racchiude la conoscenza di Dio. E questa consapevolezza, unita alla grazia divina, deve stimolare i cristiani verso la meta dell’unità:

 

“La ricomposizione dell'unità di tutti i battezzati è, in effetti, un dono che viene da Dio, e il nostro impegno per promuoverla non basta da solo a realizzarla, ma quando i cristiani si incontrano, si scoprono fratelli, collaborano per alleviare le sofferenze e pregano per l'unità, contribuiscono a far rifulgere il volto di Cristo e la sua gloria”.

 

“Un tesoro in vasi di creta”. L’immagine contenuta nella seconda Lettera di Paolo ai Corinzi è anche il titolo dei testi-guida della Settimana di preghiera, redatti in collaborazione da cattolici e di membri della Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese. La riflessione di oggi, seconda giornata, propone la frase dell’apostolo delle genti: “Siamo oppressi, ma non schiacciati!”. Facendole eco, Giovanni Paolo II ha riconosciuto l’oppressione delle “divisioni” e delle molte “barriere” che ancora separano i cristiani. Ma ha riconosciuto ancor più la forza della luce di Cristo, della sua purificazione, del suo perdono:

 

“Carissimi fratelli e sorelle, chiediamo al Signore che faccia crescere fino alla pienezza la comunione tra i cristiani, nella verità e nella carità. Sia questa la nostra corale invocazione”.

 

Una coralità che il prossimo 25 gennaio, a conclusione della Settimana di preghiera, assumerà un volto solenne, con la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, luogo, ha ricordato il Pontefice, “dove si sono svolti eventi di grande importanza, che hanno segnato il cammino ecumenico”.

 

Al termine dell’Angelus, il Papa ha dedicato grande attenzione all’odierna “Giornata diocesana della scuola cattolica”, salutandone i dirigenti, gli insegnanti, i genitori e gli studenti presenti in Piazza San Pietro. Il tema “Famiglia, Scuola, Comunità - Insieme per educare ad un progetto di vita” è stato definito da Giovanni Paolo II “un’occasione propizia per riflettere sulla originale proposta formativa, ispirata al Vangelo ed alla visione integrale della persona umana, che la scuola cattolica offre ai ragazzi, per aiutarli ad affrontare in modo positivo le grandi domande dell'esistenza”. Ed ha soggiunto:

 

“Mentre ringrazio coloro che vivono e operano nelle scuole cattoliche, auspico che ogni famiglia abbia la concreta possibilità di scegliere per i propri figli questo tipo di scuola. Esprimo apprezzamento per la qualità del servizio che viene dato e per la tenacia e lo spirito di sacrificio con cui vengono affrontate le attuali difficoltà. Tutti incoraggio a proseguire in questa preziosa missione, che ben si inserisce nel programma pastorale diocesano sul tema vocazionale”.

 

Un altro particolare saluto è stato indirizzato dal Pontefice al gruppo proveniente dall'arcidiocesi di Sorrento, del quale facevano parte le delegazioni delle Associazioni dei Carabinieri e dei Sottufficiali d’Italia e della Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon.

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ANCORA UNA VOLTA I CRISTIANI DI TUTTE LE DENOMINAZIONI SONO CHIAMATI

A PREGARE INSIEME PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI DAL 18 AL 25 GENNAIO. CON NOI IL SOTTO-SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI, MONS. ELEUTERIO FRANCESCO FORTINO.

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il tema di quest’anno è bello, denso e anche adeguato alla situazione ecumenica. E’ formulato così: “Questo tesoro noi lo portiamo in vasi di creta” ed è preso dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti. Il tesoro di cui parla San Paolo è Gesù Cristo, è la salvezza, è il dono di Dio che viene comunicato e deve essere comunicato agli uomini. L’apostolo, conoscendo se stesso, dice che noi questo tesoro, la salvezza, lo possediamo nella nostra natura, nei nostri mezzi ed usa l’espressione “‘vasi di creta”: una realtà friabile, debole. Il tema è adattato anche alla ricerca dell’unità dei cristiani. L’unità della Chiesa è un tesoro per la Chiesa stessa e per l’umanità, ma anch’essa, come mostra la storia, è stata contenuta in vasi friabili, cocci rotti nel corso della storia. La comunità dei cristiani è divisa in varie denominazioni, quindi ha reso più debole la situazione dei cristiani nel mondo. Proprio per questo, il gruppo che ha proposto questo tema lo orienta allo scopo di affidare questa ricerca a Dio, attraverso l’intensificazione della preghiera per l’unità dei cristiani.

 

E’ con noi mons. Eleuterio Francesco Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, al quale chiediamo qualcosa di più sul gruppo che ha proposto il tema:

 

R. - E’ un gruppo ecumenico dell’Argentina, formato da cattolici, ortodossi, metodisti e anche valdesi italiani emigrati in Argentina. Ha lavorato molto bene. In seguito, il loro progetto è stato rielaborato dal Comitato misto internazionale, che è organizzato dal Consiglio per l’unità dei cristiani e da “Fede e Costituzione” del Consiglio ecumenico delle Chiese. Il gruppo argentino, considerando la situazione del mondo d’oggi, cioè il fenomeno crescente dell’emigrazione, e considerando anche la costituzione dell’Argentina stessa - formata da gruppi di emigrazione - ha trattato il tema della ricerca dell’unità dei cristiani in relazione ai problemi dell’emigrazione. L’emigrazione è uno stato di debolezza, ma nello stesso tempo contiene anche il tesoro delle diverse tradizioni ecclesiali che, incontrandosi, possono dialogare e possono reciprocamente arricchirsi e anche convergere verso la piena unità.

 

D. - Un suo cenno storico sulla Settimana di preghiera dell’unità dei cristiani?

 

R. - La preghiera per l’unità dei cristiani ha una grande storia. Possiamo già fare riferimento a Leone XIII, che alla fine del XIX secolo ha proposto l’Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani, attorno alla Pentecoste. Quest’anno, ricorre il centenario della morte di Leone XIII ed è giusto ricordarlo. Poco più tardi, nel 1908, padre Watson dell’Atonement ha istituito l’Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani nel periodo di gennaio, dal 18 al 25 gennaio. Queste date continuano ancora oggi, e nel corso del tempo l’impostazione della preghiera fra cristiani si è arricchita e allargata sempre di più.

 

D. - La  Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani vede coinvolte tutte le denominazioni cristiane?

 

R. - Si estende sempre di più. Per esempio, il Comitato misto internazionale, che ha organizzato il testo, era composto di cattolici, per la loro parte, e da luterani, riformati, metodisti e ortodossi, per parte del Consiglio ecumenico delle Chiese. Quindi, lo spettro della situazione dei cristiani oggi è presente nell’impegno della preghiera per l’unità, naturalmente con varie intensità. Ci sono anche dei gruppi, particolarmente nel mondo ortodosso, che ancora oggi fanno obiezioni alla preghiera comune affermando che, non essendoci piena professione di fede comune, non è possibile neanche rivolgersi a Dio insieme.

 

D. - Uno sguardo rapido alla situazione del dialogo ecumenico...

 

R. - Il dialogo ecumenico è aperto con tutte le Chiese  d’Oriente e d’Occidente. Si può affermare - del resto lo ha fatto il Santo Padre nell’enciclica Ut Unum Sint – che questi dialoghi hanno prodotto dei documenti di importante convergenza per la prosecuzione del dialogo verso la piena unità. Emergono anche nuove difficoltà, tanto nelle Chiese d’Oriente quanto in quelle d’Occidente, ma si è in una fase di passaggio. Il dialogo teologico si approfondisce, quindi trova naturalmente maggiore difficoltà e lentezza nel procedere.

 

D. - Uno sguardo, ora, alla situazione dell’ecumenismo in Italia...

 

R. - L’ecumenismo in Italia ha fatto veri passi di fraternità. La Commissione ecumenica della Conferenza episcopale lavora in sintonia con le Chiese evangeliche in Italia e con gli ortodossi, che sono in Italia. Per esempio, l’edizione italiana della preghiera per l’unità dei cristiani è firmata, anche quest’anno, dal rappresentante della Chiesa cattolica, della Chiesa ortodossa e della Federazione delle Chiese evangeliche. Questo è un segno del nuovo, positivo atteggiamento dei cristiani. Ci sono stati anche dei documenti importanti, come quello riguardante l’accordo sui matrimoni, che aiutano anche, da un punto di vista pratico, la convivenza delle comunità cristiane in Italia.

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“OGNI SACERDOTE E’ SCELTO FRA GLI UOMINI PER IL BENE DEGLI UOMINI”.

COSI’ IERI IL CARDINALE ANGELO SODANO, SEGRETARIO DI STATO, DURANTE LA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER IL 25.MO ANNIVERSARIO DI EPISCOPATO.

OFFERTA AI POVERI DELLA CARITAS LA SOMMA RACCOLTA PER IL RICEVIMENTO

 

- Servizio di Barbara Castelli -

 

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“Il sacerdozio è missione. E’ un servizio apostolico. E’ un servizio missionario, qualunque siano i campi di azione. Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato il mio lavoro come un contributo per la diffusione del Regno di Dio nel mondo”. Con queste parole, ieri pomeriggio, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha sintetizzato il proprio impegno quotidiano, durante la Messa di ringraziamento per il 25.mo di ordinazione episcopale. Nel corso della funzione, celebrata nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, il porporato ha ricordato con gioia e commozione gli anni di formazione nel Seminario diocesano di Asti fino all’impegno in veste di Nunzio Apostolico in Cile, per giungere alla nomina - avvenuta il 29 giugno 1991 - a segretario di Stato, carica recentemente confermatagli da Giovanni Paolo II.

 

“A Lui giunga l’espressione della mia più profonda gratitudine, per la fiducia che a voluto riporre nella mia umile persona, insieme alla promessa che, come cardinale di Santa Romana Chiesa e come suo segretario di Stato, continuerò a dedicare tutte le mie energie al servizio della Cattedra di Pietro e per il bene della Santa Chiesa”.

 

Circondato da esponenti della Curia romana, autorità civili e numerosi fedeli, il cardinale Sodano ha poi voluto esprimere un augurio a tutti i giovani religiosi e religiose, seminaristi e novizi presenti.

 

“Il mondo d’oggi attende molto da voi. Guardando al futuro, invito tutti ad andare avanti fiduciosi per annunciare al mondo il Vangelo della speranza. Rivestitevi di bontà, di mitezza, di pazienza… rivestitevi soprattutto della carità, che è il vincolo della perfezione”.

 

Al termine dell’omelia, il porporato ha elevato una preghiera a Maria, affinché “aiuti tutti ad essere fedeli alla propria missione, con le mani all’aratro finché il Signore vorrà”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 gennaio 2003

 

 

 

COSTRUIRE LA PACE RICHIEDE PERSEVERANZA ED AZIONI CREATIVE E COSTRUTTIVE:

CHIUDE COSI’ IL SIMPOSIO INTER-RELIGIOSO

LE RISORSE SPIRITUALI  DELLE RELIGIONI PER LA PACE”,

ORGANIZZATO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO.

 

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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“La cooperazione interreligiosa non è un’alternativa, ma una necessità per evitare la guerra. Prioritario oggi, rispetto all’essere religiosi, è essere interreligiosi”. Questa la sintesi delle due giornate di lavoro del Simposio “Le risorse spirituali delle religioni per la pace”, conclusosi ieri a Roma ed organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Presenti il presidente del dicastero, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, e l’arcivescovo di Washington, Theodor McCarrick. Quest’ultimo ha illustrato ai nostri microfoni gli aspetti fondamentali che le varie religioni devono osservare per conseguire il comune obiettivo della pace e fratellanza tra gli uomini:

 

R. - Dobbiamo verificare innanzitutto se stiamo facendo una lettura corretta dei testi sacri, che in ogni religione sono improntati a principi di amore e di pace. L’appello alla guerra in nome di Dio non appartiene a nessuna religione. La seconda cosa da fare è che tutte le religioni collaborino insieme. Terzo ed ultimo aspetto, infine, è sottoporre insistentemente ai governi le nostre esigenze di pace. Sradicare dai nostri Paesi le cause della guerra: povertà ignoranza, violenza  e discriminazione. Non possiamo dire ai nostri governi “ci sono ragioni sufficienti per fare la guerra”: dobbiamo spiegare loro i principi in base ai quali dichiarare “giusta” una guerra. E in questo momento non disponiamo di sufficienti informazioni per definirla tale. Credo che nessuno desideri la guerra negli Stati Uniti, il presidente Bush non la vuole. Dobbiamo saperne di più, prima di intraprendere un’azione nella quale molte persone moriranno ed altri terribili fatti si verificheranno”.

 

Il simposio si colloca in continuità di intenti con l’assemblea organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso nell’ottobre del ’99 sul tema “Verso il Terzo Millennio - collaborare per un dialogo tra le religioni” e con la Giornata di preghiera interreligiosa promossa lo scorso 24 gennaio da Giovanni Paolo II ad Assisi, in seguito agli attentati dell’11 settembre. Ai lavori del convegno hanno partecipato rappresentanti di cristianesimo, islamismo, buddhismo, sikhismo, gianismo e zoroastrianesimo. Le varie religioni hanno proposto testi in cui si sottolinea l’appartenenza di ogni persona alla comune famiglia umana. Un aspetto, quest’ultimo, evidenziato dall’arcivescovo Fitzgerald:

 

R. - Noi siamo partiti dalla nostra Scrittura. In tutte le tradizioni c’è un richiamo alla pace, anche se ci sono testi che hanno bisogno di una maggiore interpretazione. Abbiamo pensato anche alla vitalità delle diverse comunità religiose. E abbiamo considerato l’incontro interreligioso. Quando le persone vivono insieme, si incontrano, lavorano insieme, discutono insieme: questo crea un clima di fiducia, per cui è difficile poi separarsi e dire “siamo in guerra”.

 

Alla chiusura dei lavori del Simposio, era prevista anche la partecipazione del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, che ha comunicato di aver preferito non partire visti  i controlli a cui è stato sottoposto dai servizi di sicurezza di Tel Aviv, nonostante fosse in possesso del passaporto diplomatico della Santa Sede. Si è proceduto comunque alla lettura della sua relazione, nella quale è posta in evidenza l’importanza delle religioni nella situazione mediorientale, al fine di “portare speranza e riconciliazione in un momento in cui queste sembrano essere un miraggio irraggiungibile”. Un’ulteriore conferma, quindi, in aggiunta alle conclusioni tracciate nel comunicato finale del Convegno: “La costruzione della pace richiede azioni creative e coraggiose, frutto di pazienza e perseveranza”.

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CUBA ALLE URNE SENZA “SUSPENSE”:

L’OPPOSIZIONE RIMANE NELL’OMBRA

 

- Intervista con Maurizio Chierici -

 

Seicentonove candidati in lista, per altrettanti seggi disponibili. Otto milioni di elettori cubani sono chiamati oggi alle urne per rinnovare il Parlamento e contemporaneamente eleggere 1.099 delegati provinciali. Tutti indicati da Fidel Castro, al potere dalla rivoluzione del ‘59. Sul significato di queste elezioni, Andrea Sarubbi ha intervistato Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

 

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R. - Il valore delle elezioni sta negli aggiustamenti di potere all’interno dell’unico partito che esiste nel Paese. Per la gente, politicamente i candidati non rappresentano molto, per via dell’unico partito. Però, è molto interessante il modo in cui i cubani vivono il giorno delle elezioni: i seggi sono installati in grandi cortili di case, spesso popolari, dove si arriva per votare, e quelli che abitano lì offrono un caffè, ci sono bambini che cantano… È una festa del popolo, molto divertente. Per chi votano? Votano per il Messico? Votano per l’America di Bush che va in guerra? Votano per il caos del Venezuela? No: alla fine, ripetitivamente, continuano a votare il governo che li guida da 40 anni.

 

D. - Anche se dal risultato di questo elezioni non si vedrà, a Cuba comunque esiste una dissidenza che contesta Fidel Castro. Come è composta?

 

R. - Storicamente, la dissidenza era a Miami ed era una dissidenza becera. Al contrario, l’opposizione interna è sempre stata estremamente propositiva, intellettualmente aperta, con due radici diverse. Una era quella di Elizardo Sánchez, che era professore di etica marxista all’Università ed avversario politico di Castro - se così si può dire, nella realtà di Cuba - ed alla fine gli si è rivoltato contro: ha fatto scene di protesta, è stato anche qualche anno in galera… Ora è riuscito a diventare il presidente non riconosciuto della Società per la difesa dei diritti umani, però con il permesso di viaggiare. È diventato amico di Ted Kennedy, è venuto in Italia - dove ha tenuto conferenze stampa - ed è rientrato tranquillamente a Cuba. Restava la parte cattolica della dissidenza: grazie a mons. Carlos Manuel De Céspedes, sono stati creati dei cenacoli di intellettuali e di politici cattolici. Uno dei nomi in vista è quello di Osvaldo Payá, divenuto uno dei protagonisti della dissidenza interna. Una dissidenza che, con Sánchez e Payá, ha bruciato definitivamente quella degli esuli di Miami.

 

D. -  Che cosa chiedono a Castro i dissidenti interni?

 

R. - Prima di tutto, sono persone che vogliono una evoluzione democratica e non vogliono scontri, spargimenti di sangue. Credo che la violenza a Cuba – anche se potrei sbagliarmi - non si verificherà mai. In secondo luogo, vogliono che ci sia una rappresentanza diversa in Parlamento: quella di una normale democrazia. D’altra parte, però, sono ben guardinghi, perché si rendono conto che non possono diventare una colonia americana a 60 miglia da  Miami. È il vecchio problema di Cuba e di tutti i Paesi vicini. Dunque, i dissidenti vogliono avere una linea, una indipendenza socialdemocratica o social-cristiana diversa da quella di tutti i Paesi circostanti.

 

D. - A proposito degli esuli cubani, alcuni osservatori hanno notato come gli Stati Uniti li abbiano un po’ trascurati nell’ultimo periodo. Forse, perché, a differenza di qualche decennio fa, la loro protesta si è fatta meno forte ...

 

R. - Il problema è che i politici di Miami, in maggioranza, facevano parte della corte dei grandi proprietari, e quindi sono andati via da Cuba convinti di tornarvi dopo sei mesi. La loro rabbia è cresciuta nella lontananza. La seconda e la terza generazione dei cubani di Miami, invece, si sono integrate nella struttura politica, sociale ed economica degli Stati Uniti: sono diventati americani e come americani preferiscono che l’evoluzione sia democratica. In sostanza, sono contrari al comunismo ed all’ateismo, però non vogliono neppure che il liberismo venga ad impossessarsi di tutto.

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A DIECI ANNI DALLA MORTE DI AUDREY HEPBURN:

INSUPERATA ELEGANZA SUL SET,

GRANDE UMANITA’ COME AMBASCIATRICE DELL’UNICEF

 

- Intervista con Andrea Piersanti e Donata Lodi -

 

 

Il 20 Gennaio del 1993 si spegneva a Tolochenaz, in Svizzera, Audrey Hepburn, al secolo Edda Van Heemstra Hepburn-Ruston, la celebre attrice di origini europee che impose al mondo il suo stile raffinato e discreto. Elegante, eterea, profondamente sensibile e generosa, Audrey Hepburn esordì sul grande schermo nel 1953 in “Vacanze Romane”, film che le valse l’Oscar come migliore attrice. Seguirono altre memorabili interpretazioni come “Sabrina”, “Sciarada”, “My Fair Lady” e “Colazione da Tiffany” fino a quando, al termine degli anni ’80, Audrey Hepburn si ritirò definitivamente dalle scene diventando ambasciatrice per l’Unicef. E proprio per il suo impegno a favore dell’infanzia in difficoltà, nel 1993 il mondo del cinema le attribuì il celebre “Jean Hersholt Humanitarian Award”, l’Oscar riservato a coloro che si distinguono per azioni umanitarie. Il servizio è di Maria Di Maggio.

 

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Un carattere d’acciaio in un fisico esile come un giunco. Si può riassumere così la figura di Audrey Hepburn, la diva dagli occhi di cerbiatta che incantò il mondo con la sua eleganza e con la sua umanità. Ma ascoltiamo un ritratto di Audrey Hepburn nelle parole di Andrea Piersanti, presidente dell’Ente per lo Spettacolo.

 

“Credo che il modello culturale che Audrey Hepburn riuscì ad interpretare nei suoi film, fu quello di una “cenerentola”. Questo modello culturale in realtà arrivò al momento giusto, quello nel quale il mondo intero cercava di ritirare su la testa dopo l’enorme sconquasso della Seconda guerra mondiale. Forse fu proprio questa sua discreta eleganza, ma anche questa sua determinazione e questa sua caparbietà nel voler tenere alta la testa - il famoso portamento di Audrey Hepburn - la molla culturale che riuscì ad imporre all’attenzione di tutti un’attrice come lei, mentre ancora molti piangevano lacrime copiose sulle ferite prodotto dalla guerra. Ma soprattutto, quello che oggi risalta ancora ai nostri occhi è anche il fatto che la Hepburn riuscì a non fermarsi allo star-system di Hollywood, ma con il suo grandissimo impegno a favore dell’Unicef diede a tutti una straordinaria lezione di umanità e di sensibilità culturale e politica”.

 

Alla fine degli anni Ottanta, Audrey Hepburn abbandonò definitivamente il grande schermo per dedicarsi esclusivamente al suo nuovo ruolo di ambasciatrice per l’Unicef, incarico che mantenne fino alla sua morte. Ma lasciamo la parola a Donata Lodi, portavoce dell’Unicef Italia.

 

R. - Il suo impegno per la causa dei bambini andava al di là del semplice prestare la propria immagine. E’ una persona che approfondiva tutte le questioni che si trovava ad affrontare. Il suo impegno, negli anni in cui ha lavorato con l’Unicef, l’ha portata in tutto il mondo e, sempre, non soltanto con la presenza formale della persona celebre che per l’appunto presta la propria immagine per una campagna, ma con una partecipazione tale che ne faceva davvero uno dei migliori operatori dell’Unicef mai avuti in quegli anni.

 

D. - Si dice che Audrey Hepburn si accostò all’Unicef in ricordo delle difficoltà patite da bambina durante la Seconda guerra mondiale, nell’Olanda occupata dai nazisti...

 

R. - Si, questo è vero. Io mi ricordo che quando ebbi occasione d’incontrarla, lei ci disse proprio questo come prima cosa: “La ragione per cui io sto con l’Unicef è che io sono stata aiutata dall’Unicef quando ero una bambina nell’immediato dopo-guerra e, in nome di questo aiuto che ho ricevuto allora, voglio continuare ad aiutare i bambini del mondo”. E questo suo impegno l’ha portata molto spesso anche in Paesi in guerra. Mi ricordo, quando abbiamo lavorato insieme su una campagna per i bambini del Sudan, la passione che Audrey metteva in questo lavoro e ciò si rifletteva benissimo anche nelle facce dei bambini, nel piacere genuino che tutti i piccoli avevano nell’incontrarla. E lei parlava loro con grande calore, con una partecipazione tale come fossero stati i suoi stessi figli.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

19 gennaio 2003

 

I CAPI DEGLI ISPETTORI ONU SONO GIUNTI STAMANI A BAGHDAD PER CHIEDERE UNA COOPERAZIONE PIÙ ATTIVA ALLE AUTORITA’ IRACHENE ALLE ISPEZIONI.

IERI, INTANTO, 50 MILA AMERICANI HANNO MANIFESTATO

A WASHINGTON CONTRO LA GUERRA ALL’IRAQ

 

WASHINGTON. = “Una guerra con l’Iraq non è inevitabile” E’ quanto ha dichiarato questa mattina, al suo arrivo a Baghdad, il capo degli ispettori dell’Onu Hans Blix. Questi si trova in Iraq per chiedere alle autorità locali una cooperazione più attiva nelle ispezioni. Ieri, aveva lamentato la mancanza di una sufficiente e sincera collaborazione da parte di Baghdad. Osservazione che assume ancora maggior rilievo se rapportata alla scoperta,  tre giorni di fa,  nel Paese del Golfo, di 11 ogive per il trasporto di armi chimiche. E mentre le condizioni per un attacco americano sembrano moltiplicarsi ogni giorno, il capo di stato maggiore Usa, Richard Mayer, ha assicurato che “non è stata ancora fissata alcuna data”, e che “il dispositivo americano può essere ritirato da un momento all’altro”. Gran parte dei cittadini statunitensi resta però convinta che una guerra sia imminente, al punto che ieri circa 50 mila pacifisti si sono ritrovati a Washington per una protesta, nei pressi del Campidoglio, contro l’eventuale guerra. Tra i dimostranti, alcuni nomi noti: il reverendo Jesse Jackson, leader del Movimento per i diritti civili negli Stati Uniti; Ron Kovic, l’autore di “Nato il quattro luglio”, racconto di un veterano del Vietnam, l’attrice Jessica Lange. Per gli States, dove la gente scende in piazza molto di rado rispetto a Paesi come Francia e Italia, si è trattato di un numero cospicuo di manifestanti, anche se inferiore alle aspettative degli organizzatori che speravano di radunare almeno 200 mila persone. Il presidente Bush, che non si trovava alla Casa Bianca ma a Camp David, ha accolto di buon grado la manifestazione, “un fatto - ha detto -che conferma la forza della democrazia americana”. Ed emerge, inoltre, che i più pacifisti negli Stati Uniti sono gli anziani, quelli cioè che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale, il dramma di Pearl Harbor nel 1941 e lo sbarco in Normandia nel 1944. Sul fronte diplomatico, intanto, il segretario di stato americano, Colin Powell, sta preparandosi ad una fitta serie di consultazioni. A cominciare dai colloqui con i colleghi di Russia, Cina, Francia e Germania. Incontri che vengono visti come un tentativo di rassicurare gli alleati sul fatto che gli Stati Uniti non intendono agire unilateralmente contro l’Iraq. (P.O.)

 

 

OSAMA BIN LADEN TORNA A FARSI SENTIRE. IN UN NUOVO MESSAGGIO, PUBBLICATO OGGI DA UN QUOTIDIANO ARABO, IL LEADER DI AL QAIDA INVITA I MUSULMANI AD UNIRSI NELLA COMUNE BATTAGLIA CONTRO “CROCIATI ED EBREI”

 

IL CAIRO. = Lo sceicco del terrore, Osama Bin Laden, riemerge dal silenzio con un nuovo messaggio pubblicato oggi dal giornale arabo Asharq al-awsat. Lo comunica l’agenzia di stampa Ansa, secondo cui il capo della rete terroristica al Qaida chiama i musulmani più rigorosi a “unire gli sforzi e a superare le  divergenze per fronteggiare il nemico esterno, l'alleanza tra i crociati e gli ebrei”.  L'appello riportato dal quotidiano arabo costituisce la prefazione di un nuovo libro edito dal Centro di “ricerche e studi islamici”, con sede in  Pakistan, considerato un organo portavoce di al Qaida. Avvalendosi della testimonianza di fonti islamiche a Londra, il giornale afferma che Bin Laden avrebbe scritto questo appello solo da qualche settimana. Nel testo, l’uomo ricercato perché sospettato di essere il regista occulto degli attentati dell’11 settembre, esprime “stupore” e “angoscia” per le divergenze tra i musulmani, che indeboliscono fortemente la resistenza contro il nemico occidentale. Lo sceicco saudita, avvalendosi di citazioni tratte dal Corano, sottolinea “la necessità dell'unione e della rinuncia alla  discordia”. Il nuovo messaggio di Bin Laden viene pubblicato all’indomani della conclusione del simposio organizzato a Roma dal pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, come già detto in altra parte della presente edizione del Radiogiornale. Nel convegno, sul tema “Le risorse spirituali delle religioni per la pace”, è stato evidenziato come non esista alcun testo sacro di nessuna religione che inviti esplicitamente alla violenza. Al contrario, le tradizioni delle varie religioni hanno in comune la ricerca della pace e la concordia dell’intera famiglia umana. (P.O.)

 

 

IL PREMIER ISRAELIANO SHARON SI DICHIARA PRONTO A RICONOSCERE UNO STATO PALESTINESE SMILITARIZZATO, SE VERRANNO ADOTTATI PROVVEDIMENTI CONTRO IL TERRORISMO. INTANTO, SECONDO IL QUOTIDIANO ISRAELIANO HAARETZ,

L’IRAN AVREBBE FINANZIATO L’ATTENTATO DELLO SCORSO 6 GENNAIO

A TEL AVIV IN CUI MORIRONO 23 PERSONE

 

GERUSALEMME. = “Sono pronto, se si prendono provvedimenti contro il  terrorismo, a riconoscere uno Stato palestinese completamente  smilitarizzato e senza frontiere definitive, che disponga  soltanto di una polizia equipaggiata con armi leggere”. E’ quanto dichiara il premier israeliano Ariel Sharon in un’intervista al settimanale statunitense Newsweek. Il primo ministro israeliano aggiunge che “Israele controllerà le frontiere  esterne e avrà il diritto di sorvolarne il territorio”. Quindi - osserva - “in una terza fase, se il terrorismo sarà stato estirpato, bisognerà prendere una decisione sulle frontiere  definitive”. Intanto, il sito Internet del quotidiano israeliano Haaretz fa sapere che le autorità di sicurezza israeliane avrebbero le prove per dimostrare il coinvolgimento dell'Iran nel finanziamento di attentatori suicidi, in particolare degli autori dell'attentato del 6 gennaio scorso, a Tel Aviv, nel quale morirono 23 persone. Secondo il giornale, l'Iran avrebbe inviato fondi, attraverso il Libano, alle Brigate dei martiri di al Aqsa, braccio armato del movimento al Fatah. L’attacco, conclude l’articolo, sarebbe stato commissionato direttamente dall’Iran. (P.O.)

 

 

TENSIONE TRA INDIA E PAKISTAN DOPO L’ESECUZIONE DA PARTE DI NEW DELHI DI UN NUOVO TEST MISSILISTICO, IL SECONDO DALL’INIZIO DELL’ANNO.

ISLAMABAD COMMENTA: “L’ESPERIMENTO INDICA ANCORA UNA VOLTA

IL DESIDERIO DELL’INDIA DI FOMENTARE UN’ISTERIA DA GUERRA”

 

NEW DEHLI. = L’India ha compiuto ieri il secondo test missilistico nel giro di dieci giorni, scatenando  la reazione del vicino e rivale Pakistan, che ha accusato New  Delhi di fomentare un'isteria da guerra, mentre nel mondo milioni di persone scendono in piazza per la pace. Stando a quanto riferisce l’agenzia di stampa indiana “Pti”, il test è avvenuto nell’area orientale del Paese. Un missile terra-aria a medio raggio, denominato Akash, è stato lanciato dalla base di Chandipur, nello stato di Orissa. Secondo fonti ufficiali di New Dehli, l’esperimento è stato portato a termine “con successo”. Giorni fa, le autorità indiane hanno spiegato che i nuovi sistemi sono utili a rafforzare il sistema di protezione contro possibili attacchi da Pakistan e Cina, le altre due potenze nucleari della regione. Già lo scorso 9 gennaio, era stato collaudato un missile terra-aria a medio raggio, denominato Agni-1 in grado di trasportare testate nucleari. Il vettore utilizzato nell’ultimo esperimento può raggiungere una velocità massima di mach 2, pari al doppio della velocità del suono. Dopo la notizia del primo test missilistico, il  Pakistan aveva fatto sapere di non temere affatto le manovre dell’India. I due Paesi sono ambedue in possesso di armi  nucleari. Anche lo scorso  anno, forti tensioni erano esplose fra  Islamabad e New Delhi, in seguito ad un attentato –avvenuto nel dicembre 2001 - contro il Parlamento federale nella capitale indiana e  attribuito a militanti islamici sostenuti dal Pakistan. (P.O.)

 

 

CRESCE IN SPAGNA IL NUMERO DEI CONTRIBUENTI CHE SCELGONO DI DESTINARE ALLA CHIESA LA PERCENTUALE DEL PROPRIO REDDITO PREVISTA DALLA STATO.

E’ QUANTO EMERGE DALLE STATISTICHE RELATIVE ALLA CHIESA SPAGNOLA,

RESE PUBBLICHE NEI GIORNI SCORSI.

IN AUMENTO BATTESIMI, MATRIMONI E CONSACRAZIONI RELIGIOSE

 

MADRID. = Si mantengono più o meno stabili i dati relativi alla Chiesa in Spagna, secondo l’ultimo studio riguardante il quadriennio 1996-2000. Le statistiche sono riportate in un volume di 327 pagine, suddiviso in 13 capitoli, presentato martedì scorso dall’ufficio preposto della Conferenza episcopale spagnola (Cee). Il primo segnale confortante che emerge dal testo è l’aumento dei contribuenti che scelgono di destinare alla Chiesa la percentuale del proprio reddito prevista dallo stato (dal 33,36 per cento dei contribuenti al 39,66). Sostanzialmente invariato risulta il numero delle parrocchie, passato da 22.932 a 22.964, mentre per quel che riguarda la vita religiosa, i consacrati non sacerdoti aumentano da 4.888 a 5.326, contro un calo delle suore, diminuite di numero da circa da 62 mila a 58 mila e 500. Nel 1996, inoltre, i seminaristi erano 1.900, nel 2000, 1.797. I sacerdoti diocesani sono poco meno di 20 mila. Tra il 1999 e il 2000, la Chiesa spagnola ha gestito 876 case per anziani ed invalidi. I battezzati, nel 2000, sono stati quasi 300 mila, 4 mila in più rispetto a quattro anni prima; 265 mila sono state le prime comunioni, 2 mila in meno del 1996, mentre 150 mila coppie si sono sposate in chiesa, 10 mila in più rispetto al 1996.(D.D./P.O.)

 

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