RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 9 - Testo della Trasmissione di giovedì 9 gennaio  2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riconoscimento pontificio per la Comunità delle Beatitudini, nata circa 30 anni fa in Francia e formata da nuclei di laici e vergini consacrati. La cerimonia di consegna fissata per il prossimo 31 gennaio.

 

Programmata dal Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti e gli itineranti l’assistenza spirituale per i partecipanti alle regate veliche della Louis Vuitton Cup.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Implorare da Dio la pace per l’Iraq. Così il vescovo ausiliare a Baghdad, Slamon Warduni. Ai nostri microfoni, l’accorato appello del presule.

 

Trasferitisi per motivi precauzionali e non ostaggi dei ribelli: questa la situazione dei 33 missionari nella Repubblica Centrafricana, costretti dalla guerriglia ad abbandonare le loro sedi. Ne parliamo con padre Adriano Parenti.

 

Con i rigori dell’inverno, milioni di persone a rischio fame in Corea del Nord. Con noi, il portavoce italiano del Pam, Francesco Luna.

 

“Miraggi” spirituali e potere economico, capisaldi di sviluppo delle sette religiose. Intervista con Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del Gris.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Riprenderanno il 13 gennaio, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, i “Dialoghi in Cattedrale”. Primo incontro sull’antropologia di Giovanni Paolo II.

 

Appello della Commissione episcopale filippina “Giustizia pace e azione sociale” per combattere la povertà in crescente aumento nel Paese.

 

Il dialogo ebreo cristiano ha bisogno di maggior coraggio: questo il parere di Amos Luzzato, presidente delle comunità ebraiche italiane.

 

A causa delle numerose mine inesplose, la popolazione di Belo Horizonte, in Angola, non potrà ricevere aiuti umanitari.

 

Betlemme in ginocchio per il perdurante stato di coprifuoco.

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuova sciagura aerea in Turchia: due aerei militari si scontrano e precipitano nel sud est del Paese, provocando 4 morti.

 

Oggi all’Onu, l’audizione del capo ispettori Blix: parlerà del disarmo iracheno.

 

Il premier giapponese Koizumi a Mosca per discutere col presidente russo Putin della crisi nordcoreana.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 gennaio 2003

 

 

IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI HA RICONOSCIUTO

LA COMUNITA’ DELLE BEATITUDINI, SORTA IN FRANCIA NEL 1974,

COME ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PRIVATA DI FEDELI

DI DIRITTO PONTIFICIO  CON PERSONALITA’ GIURIDICA

-  Servizio di Giovanni Peduto -

 

Il Decreto è datato 8 dicembre 2002 e la cerimonia della consegna è stata fissata al Pontificio Consiglio per i Laici per il 31 di questo mese nei locali del Dicastero. La mattina del 1 febbraio, alle ore 8, è programmata una Messa di ringraziamento nella Basilica Vaticana, presieduta dal cardinale Francis Stafford, presidente del Dicastero per i Laici. Il carisma di questa Comunità, sorta in Francia nel 1974, per iniziativa di Ephraim Croissant e di sua moglie Josette, insieme ad un'altra coppia in ricerca spirituale, è contemporaneamente contemplativo e missionario nell’alveo della spiritualità di Santa Teresa del Bambin Gesù, e quindi della Famiglia carmelitana.

 

La Comunità delle Beatitudini si inserisce altresì nella scia del dopo Concilio e nell’ambito del Rinnovamento carismatico cattolico. Raggruppa fedeli di ogni condizione, laici sposati o no, sacerdoti, fratelli e sorelle consacrati nel celibato, formando così un’immagine del Popolo di Dio nella sua unità e nella diversità delle chiamate. I suoi membri condividono il desiderio di vivere il Vangelo in maniera radicale, inseriti nel mondo e nello stesso tempo appartati. Vogliono imitare il più possibile il modello della comunità cristiana primitiva per la vita comune, la condivisione dei beni, la povertà volontaria, la purezza del cuore.

 

Sul piano spirituale vivono una vita sacramentale e liturgica intensa, con l’Eucaristia al centro della giornata, con molte ore dedicate alla preghiera. Questo dinamismo spirituale si nutre anche di una attaccamento fedele alla Chiesa cattolica e ai suoi rappresentanti, con un impegno attivo nel servizio dei poveri. La Comunità delle Beatitudini riserva anche notevole attenzione alle radici ebraiche della nostra fede cristiana, dando un posto particolare alla preghiera per il  popolo ebraico e per l’unità dei cristiani. Lo spirito di abbandono alla Provvidenza è basilare nella Comunità e la consacrazione a Maria è anch’essa una parte costitutiva della sua spiritualità.

 

Con la sua presenza caritativa, missionaria e pastorale la Comunità delle Beatitudini è uno strumento di formazione e di evangelizzazione presso i più poveri, mirando alla costruzione di quella civiltà dell’amore tante volte auspicata già da Paolo VI e indicata da Giovanni  Paolo II come obiettivo da raggiungere per i nostri tempi.

 

Presente  ormai nei 5 continenti, in 32 Paesi, la Comunità conta 46 case in Europa, 11 in Africa, 7 in Asia, 3 in America Latina, 3 in America del Nord, 2 in Oceania e 3 nel Medio Oriente con 1.500 membri effettivi residenziali. Sorta in Francia, come dicevamo, la Comunità delle Beatitudini ha la Casa madre a Cordes, in arcidiocesi di Albi, mentre il governo generale è a Blagnac, in arcidiocesi di Tolosa.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, in successive udienze, Giovanni Paolo II ha ricevuto l’arcivescovo di Santiago del Cile, Cardo Francisco Javier Errazuriz Ossa, l’arcivescovo Diego Causero, nunzio apostolico nella Repubblica Araba di Siria, l’arcivescovo di Pittsburg dei Bizantini (Usa), Myron Schott, e l’arcivescovo di Seul, Nicholas Cheong Jin-suk. Inoltre, il Pontefice ha ricevuto mons. Luis Armando Bambarén Gastelumendi, vescovo di Chimbote, in Perù, e presidente della Conferenza Episcopale del Paese.

 

 In Francia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Beauvais il sacerdote Jean-Paul James, del clero dell’arcidiocesi di Rennes, finora superiore del Seminario maggiore di “Saint-Yves” a Rennes. In questa città, il neopresule è nato 51 anni fa, vi ha compiuto gli studi primari per poi conseguire la licenza in Scienze Economiche presso l’“Institut National de Sciences Economiques” di Parigi. Dopo gli studi in seminario, mons. James ha perfezionato a Roma gli studi di Teologia e di Morale alla Gregoriana di Roma. Nel 1990 è stato nominato docente di Teologia Morale presso il Seminario Maggiore di Rennes del quale è divenuto superiore nel ’99. 

 

In Spagna, il Pontefice ha nominato vescovo di Salamanca mons. Carlos López Hernández, finora vescovo di Plasencia. Originario di Papatrigo, nella diocesi di Ávila, dove è nato il 4 novembre 1945, il presule - dopo le la licenza in Teologia e il successivo dottorato in Diritto Canonico - è stato, tra l’altro, “Collaborador científico” dell’Istituto di Diritto Canonico dell’Università di Monaco di Baviera e segretario tecnico della “Junta de Asuntos Jurídicos” della Conferenza Episcopale Spagnola (1985). In seno alla Conferenza Episcopale è Presidente della “Junta Episcopal de Asuntos Jurídicos” e membro della Commissione per la Liturgia.

 

Sempre in Spagna, il Santo Padre ha nominato vescovo di Ávila mons. Jesús García Burillo, finora ausiliare di Orihuela-Alicante. Sessantadue anni, di Alfamén in provincia di Zaragoza, mons. Garcia Burillo ha ricoperto la carica di direttore di una residenza universitaria nella medesima città. Ordinato sacerdote il 25 luglio 1971 a Valladolid, è stato cappellano universitario e quindi, a Madrid, professore di teologia.

 

 

CREAZIONE DI DIOCESI IN MESSICO

 

In Messico, il Papa ha eretto la nuova diocesi di Piedras Negras, rendendola  suffraganea della Chiesa metropolitana di Monterrey. Nella stessa sede, il Pontefice ha nominato primo vescovo della suddetta diocesi il 46.enne sacerdote Alonso Gerardo Garza Treviño, del clero dell'arcidiocesi di Monterrey, finora economo arcidiocesano e parroco del Sacro Cuore.

 

La neo-eretta diocesi di Piedras Negras (nome di Curia "Saxanigren(sis)") sorge nel nordovest del Messico,nella parte settentrionale dello stato di Coahuila. Comprende numerosi municipi e si estende su una superficie di oltre 56 mila Kmq. La popolazione è di circa 550 mila abitanti, in maggioranza cattolici. All’interno del nuovo territorio diocesano, vi sono 22 parrocchie, 40 sacerdoti diocesani,  6 sacerdoti religiosi, 4 religiosi, 72 religiose, 30 seminaristi maggiori e 24 seminaristi minori.

 

 

I NAVIGANTI FINALISTI DELLA LOUIS VUITTON CUP,

IN PROGRAMMA LA PROSSIMA SETTIMANA IN NUOVA ZELANDA,

SI AVVARRANNO DI UNA APPOSITA ASSISTENZA SPIRITUALE

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Partiranno oggi alla volta di Auckland, in Nuova Zelanda, il sacerdote Gérard Tronche, dei Missionari d’Africa, e il dott. Ludovico Massimo Lancellotti, con l’incarico di portare assistenza spirituale ai naviganti in occasione della finale dell’importante regata velica della Louis Vuitton Cup, in programma la prossima settimana. La loro partenza matura all’indomani del comunicato del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che, il 22 novembre scorso, annunciava l'avvio di un progetto di ricerca per l'assistenza spirituale dei partecipanti alle competizioni veliche internazionali, in coordinamento con la rete internazionale dei Centri per marittimi “Stella Maris” dell' Apostolato del Mare.

 

La ricerca in questione ha messo in evidenza, da un lato, che i partecipanti alle regate veliche o i naviganti su yacht sono molto più numerosi di quanto si credesse all'inizio, rilevando inoltre che i Centri “Stella Maris” sono poco conosciuti dai naviganti, così come gli stessi naviganti sono poco noti ai cappellani dell'Apostolato del Mare. Diversi naviganti, come pure autorità delle competizioni veliche, hanno manifestato soddisfazione nell'apprendere il nuovo interesse della Chiesa cattolica nei loro confronti e nei riguardi di quanti navigano a livello professionale. Essi attendono, informa un comunicato del dicastero pontificio, i risultati di questa ricerca sulle necessità religiose e spirituali dei naviganti professionisti e le successive iniziative, “alle quali – si legge - sono pronti ad aderire”, in vista dell'assistenza spirituale a quanti effettuano navigazione costiera di piccolo cabotaggio. (S.S.)

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l'Argentina: a Tucuman, un'altra piccola vittima della fame e dell'ingiustizia. Una bambina di tre anni è morta per le patologie legate al suo stato di denutrizione

Sempre in prima, nella Repubblica Centroafricana, i trentatré religiosi non sono sotto sequestro: notizie rassicuranti giungono dal nunzio apostolico

La voce della Chiesa beneventana nell'universale “concerto di preghiera” ai piedi di Maria è il titolo del pensiero di Pasquale Mainolfi dedicato all'Anno del Rosario

 

Nelle vaticane, il programma dell' XI Giornata Mondiale del Malato, che si terrà a Washington dal 9 all'11 febbraio

Un articolo sulla testimonianza di Faustino Pérez-Manglano, "eroe del Rosario"

Due pagine dedicate alla celebrazione dell'Epifania nelle diocesi italiane

 

Nelle pagine estere, Iraq: secondo il rapporto dei vertici militari, gli Stati Uniti sono pronti ad un attacco alla fine di gennaio

Turchia: 75 morti in una sciagura aerea. Usa: 21 persone uccise nello schianto di un velivolo in fase di decollo.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo "Kafka-Praga: un indissolubile binomio": un volume di Johannes Urzidil.

Un approfondito articolo di Mario Spinelli sulle "Vedute di Napoli" della Collezione Alisio.

 

Nelle pagine italiane, il tema delle riforme e l'emergenza-maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 gennaio 2003

 

 

LA PACE IN IRAQ SARA’ POSSIBILE SOLO GRAZIE ALL’AMORE DI DIO.

L’APPELLO DI MONS. SLAMON WARDUNI, VESCOVO AUSILIARE A BAGHDAD

- Intervista con mons. Slamon Warduni -

 

Il 29 novembre scorso, dopo una giornata di digiuno e di preghiera, la Chiesa cattolica caldea dell’Iraq e le comunità cristiane di Baghdad hanno rivolto alle altre Chiese e a tutti i popoli un appello contro la minaccia della guerra nel Paese mediorientale. Il messaggio è venuto dal vescovo ausiliare del Patriarcato di Babilonia dei Caldei, Slamon Warduni. Attualmente i cristiani in Iraq sono 670 mila, circa il 3 per cento della popolazione totale. Il 75 per cento di questi è di religione cattolica. In quali condizioni si trovano a vivere, considerato l’attuale clima di forte tensione? Fabio Colagrande lo ha chiesto allo stesso mons. Warduni:

 

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R. - I cristiani attualmente sono pochi in Iraq. Sono diminuiti a causa delle guerre e delle conseguenti immigrazioni. Purtroppo, tanti nostri giovani hanno davanti un futuro buio. In questi ultimi tempi, poi, ascoltiamo voci che non vorremmo sentire, minacce di una nuova guerra. Speriamo davvero che la guerra non si verifichi e lo chiediamo incessantemente al Signore. Dio è l’unico che può fare qualcosa, in questo momento.

 

D. - Come valuta il profilarsi delle nuove minacce di guerra?

 

R. - La Chiesa in Iraq fa, ha fatto e farà sempre di tutto affinché la pace regni. A tal fine, insieme agli altri cristiani presenti in Iraq abbiamo digiunato e pregato per un giorno. Per la prima volta ci siamo ritrovati tutti insieme: cattolici, ortodossi… Poi, insieme ad altri vescovi, ho voluto lanciare un appello, chiedendo al mondo di evitare una guerra in Iraq. Ci basiamo sui principi di pace del Vangelo. Il Papa prega sempre per la pace. La pace porta la felicità, la libertà. Questa guerra noi non la capiamo. Minaccia i nostri bambini, i nostri vecchi, i nostri malati, i nostri giovani, che da 12 anni non sanno niente del loro futuro. Dov’è la libertà? Dov’è la carità cristiana? Il fondamento di tutto, dobbiamo ricordarlo, è Dio, che è amore. E Dio amore ama tutti, senza distinzione. Per questo motivo abbiamo fiducia e chiediamo agli altri di stare con noi nel Signore. Chiediamo di vivere come uomini, non vogliamo altro dal mondo. Perché venire da noi? Perché abbiamo petrolio? Che prendano il petrolio, ma ci lascino in pace. Perché l’Iraq è ricco? Ma questa ricchezza è venuta da Dio, non da noi. E qual è la nostra colpa?

 

D. - Mons. Varduni, lei sa bene che in Occidente si sottolineano delle precise responsabilità del governo iracheno …

 

R. - Tutti hanno colpa. Tutti sono stati causa delle guerre passate e di questa, se si verificherà. Come possiamo definirla una guerra giusta?

 

D. - E chiudiamo con un appello per una preghiera di pace …

 

R. - Chiedo a tutto il mondo, a tutti gli uomini di buona volontà, di farsi uno con il Papa, per pregare per la pace. E chiediamo che questa pace discenda dall’onnipotenza di Dio. La chiediamo con la forza della nostra fede, delle nostre preghiere, del nostro amore. Grazie e pregate per noi. Non ci dimenticate.

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NON SONO IN PERICOLO DI VITA NE’ SOTTO SEQUESTRO

I 33 RELIGIOSI DELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA,

COSTRETTI AD ABBANDONARE LE LORO MISSIONI A CAUSA DEGLI ATTACCHI DEI RIBELLI

- Intervista con padre Adriano Parenti -

 

Bloccati in un piccolo villaggio dalle drammatiche vicende interne, ma non ostaggi né in pericolo di vita. Il nunzio apostolico nella Repubblica Centrafricana, l’arcivescovo Joseph Chennoth, ha rassicurato sulla vicenda dei 33 missionari italiani raggruppati nel centro catechistico di Gofo. Contattato dalla Misna, il presule ha affermato che i religiosi “non sono sotto sequestro e non si trovano sotto la minaccia delle armi”. Costretti ad abbandonare le loro sedi abituali di missione per sottrarsi alle scorrerie delle bande armate legate all’ex capo di Stato maggiore Bozizé, i 33 missionari hanno preferito spostarsi a scopo precauzionale in un unico centro. Padre Adriano Parenti, coordinatore delle missioni dei frati cappuccini nello Stato africano, conferma, al microfono di Alessandro De Carolis, il graduale miglioramento della situazione nelle zone controllate dai ribelli:

 

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R. - Le notizie che riceviamo dalle nostre fonti sono confortanti perché ci dicono che tutti i religiosi e le religiose radunati nella stazione missionaria di Gofo stanno bene. Stamattina abbiamo avuto altre notizie, anche queste buone: nel nord del Paese, sembra essere tornata la calma e si spera quindi che i missionari che si erano allontanati possano presto rientrare alla loro sede. Purtroppo, sembra siano stati compiuti atti di vandalismo piuttosto consistenti.

 

D. - Avete fatto una stima dei danni?

 

R. - Non ancora, perché è ancora presto. Quello però che abbiamo saputo, sia dai missionari cappuccini sia dalle suore rientrate di recente dalla Repubblica  Centrafricana – e mi riferisco a pochi giorni fa - è che davvero non solo le strutture missionarie, ma anche le strutture pubbliche delle amministrazioni locali, le strutture sanitarie hanno subito atti di vandalismo assolutamente gratuiti. Quello che pensiamo di fare tra breve è di levare un appello alla generosità degli italiani e degli europei, perché cerchino di sostenere le missioni che sono laggiù e consentano ai missionari di avere i mezzi per aiutare, a loro volta, la popolazione prostrata da questo stato di guerra. Naturalmente, penso che la comunità internazionale dovrà intervenire. Comunque, ciò che sarà possibile fare anche a livello ecclesiale, cercheremo di farlo.

 

D. - C’è stato qualche iniziativa, da parte della comunità internazionale, per risolvere la crisi?

 

R. - Segni positivi li abbiamo ricevuti in particolare questa mattina direttamente dal Centrafrica. Sembra che la forza multinazionale africana – dislocata a Bangui fino a qualche tempo fa - sembra che sia stata rafforzata e che sia imminente una ripresa del controllo della situazione da parte di questa forza di pace.

 

D. - Si tratta di un’azione militare oppure di un negoziato a livello diplomatico?

 

R. - Sappiamo che è in corso un negoziato a livello diplomatico e quindi speriamo che tutto si svolga a livello di dialogo, come ha suggerito anche il nunzio. La forza multinazionale è stata chiamata perché sia strumento per disarmare le mani di chi è armato.

 

D. - Si sa che alcuni dei 33 religiosi radunati a Gofo sono bisognosi di cure. Ha notizie sul loro stato di salute?

 

R. - Le notizie di carattere generale confermano, come accennato, che tutti sono in buone condizioni. In ogni caso, c’è tra loro un nostro frate che è anche medico e lì, all’interno della missione di Gofo, esiste un dispensario attrezzato. Presumiamo, quindi, che - anche se qualcuno dovesse avere problemi di salute - vi siano sia le persone competenti sia i mezzi per far fronte a tutto.

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ALLARME CARESTIA NELLA COREA DEL NORD: CON L’INASPRIRSI DELL’INVERNO,

A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DI MILIONI DI PERSONE

- Intervista con Francesco Luna -

 

L’aspro confronto tra Stati Uniti e Corea del Nord, scaturito dalla ripresa del programma nucleare di Pyongyang, domina in questi giorni l’agenda internazionale assieme alla crisi irachena. Per la popolazione nordcoreana, tuttavia, il vero nemico da fronteggiare in questo momento è il rigido inverno che potrebbe rendere ancor più grave la già critica emergenza alimentare. Secondo il Pam - il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite - sette milioni di persone rischiano di morire di fame all'inizio del mese prossimo qualora non pervenissero ulteriori aiuti alimentari. Per il primo trimestre del 2003, il Pam conta infatti di ricevere 35 mila tonnellate di viveri a fronte delle 80 mila tonnellate necessarie. D’altro canto, se negli ultimi mesi si è registrato un peggioramento della situazione, la carestia è ormai quasi un male cronico per la Corea del Nord come spiega il portavoce in Italia del Pam, Francesco Luna, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - La crisi alimentare nella Corea del Nord va avanti da diversi anni. Un grandissimo numero di persone che vi abitano sono sostanzialmente dipendenti, per la loro sopravvivenza, dall’aiuto esterno, quindi dall’aiuto del Programma alimentare mondiale. Circa due terzi della popolazione della Corea del Nord dipende dagli aiuti alimentari.

 

D. - Cosa sta facendo il Pam per rispondere a questa emergenza?

 

R. - Da diversi anni, il Pam è presente sul territorio. Quello che fa è proprio portare aiuti alimentari per assistere le categorie più a rischio, in particolare i più deboli: bambini, donne in stato di gravidanza, anziani. Naturalmente, la nostra organizzazione ha messo in piedi una serie di operazioni di sviluppo che riguardano, ad esempio, le scuole. Portare cibo nelle scuole significa fare in modo che queste siano frequentate, significa dare un’istruzione ai bambini. Altre attività riguardano ad esempio la riabilitazione di istituzioni sanitarie oppure di ospizi, quindi l’assistenza agli anziani. Questo sforzo adesso è messo in crisi da una grave carenza di risorse per le operazioni destinate alla Corea del Nord.

 

D. - La ripresa del programma nucleare da parte di Pyongyang - condannato unanimemente dalla comunità internazionale - rischia di isolare ancor più la Corea del Nord. Quali potrebbero essere allora, a livello umanitario, le conseguenze di un’escalation della crisi?

 

R. - Questi sono problemi politici molto grandi. Noi chiediamo solo che ci sia consentito di entrare nel territorio nordcoreano per distribuire il nostro cibo a chi ne ha bisogno. Certo, è chiaro che un isolamento internazionale è sempre qualcosa di negativo. E’ sempre qualcosa che rischia di avere conseguenze sulla popolazione.

 

D. - L’Unione Europea ha deciso di stanziare 9 milioni e mezzo di euro a favore delle famiglie insidiate dalla carestia. Non c’è il rischio che questi aiuti in arrivo dall’esterno possano indurre il governo di Pyongyang a continuare nella strada della corsa agli armamenti, visto che già oggi la Corea del Nord destina il 27,5 per cento del prodotto nazionale lordo alle spese per le Forze armate, e in effetti possiede il quarto esercito del mondo per numero di soldati?

 

R. - Noi abbiamo ringraziato e continuiamo a ringraziare l’Unione Europea per lo sforzo che sta facendo nei confronti della Corea del Nord. Per quanto riguarda gli armamenti, questo è un discorso che può essere valido per qualsiasi Paese del mondo, non soltanto per la Corea del Nord. E’ anche vero che non si può utilizzare il cibo come un’arma di ricatto e non si possono utilizzare i bambini che hanno fame per indurre i governi ad adottare delle politiche diverse. Quindi, anzitutto, se i bambini muoiono di fame bisogna portare loro da mangiare ed aiutarli. Naturalmente, devono essere messi in piedi tutti i canali diplomatici necessari per risolvere i problemi di isolamento di un Paese, i  contenziosi che ci sono tra un Paese ed il resto della comunità internazionale.

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ANELITI SPIRITUALI ED INTERESSI ECONOMICI ALLA BASE

DEL COMPLESSO FENOMENO DELLE SETTE RELIGIOSE

- Intervista con Giuseppe Ferrari -

 

La presunta nascita di una bambina per clonazione annunciata negli oscuri meandri di una setta religiosa ha destato preoccupazione e inquietudine, ma anche scetticismo, nel mondo scientifico, religioso e politico. Il vescovo Elio Sgreccia, vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita, l’ha definita, se si confermasse vera, “una notizia molto grave, tra le peggiori che possiamo immaginare”. Lo scalpore e lo sconcerto suscitati da un tale annuncio, rendono opportuno un tentativo di fare chiarezza sulla natura di certi movimenti religiosi o pseudoreligiosi. A Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del GRIS, il Gruppo di ricerca e informazione sulle sette, Paolo Ondarza ha chiesto come spiegare la crescita e l’intensificarsi di questi fenomeni:

 

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R. - La crescita dipende sicuramente da vari fattori. Una teoria americana spiega come una setta nasca sempre da motivazioni di tipo ideale, di ricerca di un significato per la vita, per arrivare poi ad offuscare queste aspirazioni iniziali e privilegiare finalità, molto più basse, di carattere economico. Sono spesso tali interessi a determinare la crescita delle sette religiose.

 

D. - Su chi fanno presa le sette?

 

R. - Su persone che sono inizialmente alla ricerca di significati esistenziali. Tali persone vengono attratte da organizzazioni, di valore controverso o dubbio, attraverso procedure piuttosto raffinate, ad esempio chiedendo all’aderente di partecipare a conferenze, incontri, attività varie, svolte presso centri naturalistici, palestre, centri di medicina e terapie alternative. Un’altra tecnica utilizzata è quella delle visite domiciliari effettuate in occasione di momenti difficili o dolorosi che coinvolgono la persona visitata. Oppure, si prova a raccogliere nuovi adepti attraverso l’organizzazione di corsi biblici o di divulgazione di presunti testi sacri.

 

D. - Quindi non c’è un legame tra le sette e l’analfabetismo? Le persone di cultura sono esposte al pari di quelle prive di un buon grado di istruzione?

 

R. - Ciò che spinge le persone ad aderire a questi gruppi è sicuramente un particolare afflato mistico. Ma la gente non si rende conto che la prassi religiosa a cui viene introdotta assume poi una connotazione che di spirituale ha ben poco.

 

D. - Come è possibile difendersi dalla sette?

 

R. - Ci sono vari modi. Uno, molto importante, è quello dell’informazione. Essa ha il dovere, appunto, di informare circa il pericolo costituito dalle sette. Inoltre, parlando del mondo cattolico in particolare, un punto a nostro favore è dato dalla  conoscenza profonda delle verità che la Chiesa annuncia e invita a vivere. Molto utile, a tal fine, è poi l’impegno nella trasmissione della fede agli altri. Avere un forte senso di appartenenza alla Chiesa aiuta molte persone a salvarsi da miraggi e prospettive che vengono proposte da gruppi di diversa matrice e ispirazione.

 

D. - Miraggi e prospettive che possono far perdere anche un’identità?

 

R. – Sicuramente, le sette hanno tra i vari obiettivi quello di  far perdere una identità - personale, storica e culturale - per sostituirla con quella imposta dalla setta stessa.

 

D. - Si può uscire da una setta e, quando se ne esce, è facile non ricadervi?

 

R. - Si può uscire perché diverse persone ne sono venute fuori, tra l’altro rimpiangendo tutti gli anni persi dietro ai miraggi. Ed è possibile anche ricadervi: conosco individui che, usciti da una setta, con facilità vengono adescati da un altra. A tale proposito, c’è da tenere presenti le condizioni di fragilità psicologica della persona provata da tali esperienze: condizioni che portano molte volte, nonostante le intenzioni di partenza, ad entrare in una nuova setta. Ma stiamo parlando di casi veramente rari.

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CHIESA E SOCIETA’

9 gennaio 2003

 

 

SI SVOLGERA’ IL 13 GENNAIO PROSSIMO NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO IL PRIMO DIALOGO IN CATTEDRALE

INCENTRATO SULL’ANTROPOLOGIA DI GIOVANNI PAOLO II

 

ROMA. = Al via, il 13 gennaio prossimo, la serie di appuntamenti diocesani nella Basilica di San Giovanni in Laterano. I "Dialoghi in Cattedrale", così come preannunciato dal Cardinale Vicario Camillo Ruini nella sua Lettera alla Diocesi in occasione dell’inizio del 25.mo anno di Pontificato del Papa, quest’anno saranno dedicati ad alcuni aspetti salienti del Magistero del Pontefice. Loro tema comune sarà, “Giovanni Paolo II nell'oggi della storia”. Al centro del primo incontro la visione dell’uomo nell’insegnamento del Papa, la sua “antropologia”. Sul significato e le tematiche degli incontri è intervenuto ancora una volta il cardinale Ruini, che nel suo intervento tenuto a Lublino il 16 ottobre 2002 per il conferimento della Laurea Honoris Causa da parte dell’omonima Università,  ha affermato che “fin dalla sua prima enciclica, in rapporto all'affermazione che l'uomo è la prima fondamentale via della Chiesa, Giovanni Paolo II ha sottolineato che non si tratta dell'uomo astratto, ma reale, concreto, storico, dell'uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme comunitario e sociale - nell'ambito della propria famiglia, di società e di contesti tanto diversi, della propria nazione, o popolo, nell'ambito di tutta l'umanità". In questa prima Enciclica – ha aggiunto il porporato – e poi via via nei testi successivi, il Papa ha messo in pratica un tale orientamento, “individuando puntualmente le condizioni effettive in cui l'umanità vive, le minacce che pesano su di lei, le sfide che è chiamata ad affrontare”. I relatori chiamati ad offrire il proprio contributo sul tema del primo incontro, "Fine del soggetto o nuova centralità dell'uomo?”, saranno il prof. Remo Bodei, attualmente uno dei più significativi filosofi italiani, e mons. Angelo Scola, Patriarca di Venezia e grande conoscitore dell'antropologia di Giovanni Paolo II. (S.S.)

 

 

“NELLE FILIPPINE CRESCONO POVERTÀ ED EMARGINAZIONE:

OCCORRONO SERIE POLITICHE SOCIALI E LA RIFORMA AGRARIA".

E’ L’APPELLO DI  SUOR ROSANNE MALLILLIN, SEGRETARIO ESECUTIVO

DELLA COMMISSIONE “GIUSTIZIA, PACE E AZIONE SOCIALE”

 

MANILA. = “Le previsioni ottimistiche sull'andamento dell'economia filippina, fornite da alcuni analisti sulla base di un calo dell'inflazione, scesa al 2,5 per cento in realtà non sono confortanti”. Lo ha detto all'Agenzia Fides suor Rosanne Mallillin, segretario esecutivo della Commissione "Giustizia, Pace e Azione Sociale" presso la Conferenza episcopale delle Filippine. Nonostante le previsioni siano positive, il Paese non riesce infatti ad uscire da una grave lentezza nella crescita economica ed è afflitto da una soffocante disoccupazione. “Un gran numero di persone - afferma la religiosa - continua a spostarsi dalle campagne alle città, creando una grande congestione: solo a Manila la popolazione ha raggiunto i 12 milioni di persone, ma molta gente vive in estrema povertà. Questo alimenta la criminalità, il commercio della droga e la prostituzione". Il 23 gennaio, la Commissione “Giustizia, Pace e Azione Sociale” incontrerà la presidente delle Filippine Gloria Arroyo, che nel frattempo ha annunciato di non ricandidarsi alle elezioni del 2004. In questa occasione, saranno discussi i programmi nazionali per combattere la crescente povertà e l’emarginazione sociale. Il piano d’azione proposto dalla Commissione si concentra su tre punti principali: la riforma agraria, per accrescere la produttività agricola e stroncare sul nascere il fenomeno dell'emigrazione dalle aree rurali verso i centri urbani; la realizzazione di politiche di sviluppo sostenibile, con una produzione industriale e mineraria che sia rispettosa dell'ambiente; la promozione della pace sociale, verso i fratelli indigeni, spesso sfruttati e defraudati delle loro terre, e verso le minoranze musulmane. "La nostra azione – conclude suor Mallillin - si concentra nell'offrire servizi sociali e assistenza alle famiglie, per accrescere lo sviluppo umano. La Chiesa filippina sta cercando di rimettere la famiglia al centro dell'azione pastorale, perché è il luogo in cui poter vivere i valori cristiani nella loro globalità”. (A.L.)

 

 

LE COMUNITA’ EBRAICA E CRISTIANA SI SONO CHIUSE IN SE STESSE.

E’ IL PARERE DI AMOS LUZZATO, SECONDO CUI

SAREBBERO LE POLEMICHE POLITICHE A RALLENTARE IL DIALOGO

 

ROMA. = Sono le polemiche politiche a frenare il dialogo tra ebrei e cattolici: un confronto che si arena troppo spesso nel contingente e che senza dubbio avrebbe bisogno di “più coraggio”. E’ il parere di Amos Luzzato, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, espresso in un’intervista che apparirà sul prossimo numero del Sir. Un vero e proprio bilancio che prende spunto dalla "Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei" che si celebrerà il 17 gennaio prossimo. “Quello che crea molte volte delle difficoltà è l’introduzione di polemiche politiche al suo interno. Occorre poi considerare – aggiunge Luzzato - che il dialogo ebraico-cristiano concerne due grandi movimenti religiosi strettamente connessi tra loro. Dovrebbe quindi andare un po’ più spedito. Qualche volta, invece, si arena nel contingente, e lì si ferma mentre avremmo tante cose da dire insieme". Luzzato ammette poi che le due comunità negli ultimi periodi si sono chiuse in se stesse per il bisogno di ritrovare la propria identità: "E’ un momento difficile per tutti. I dubbi, soprattutto di fronte agli eventi dell’oggi, sono enormi. C’è la paura che ogni decisione sbagliata possa comportare grandi sofferenze per la specie umana. I motivi per questi timori e titubanze ci sono e non è pensabile dire che si dovrebbero superare come se non ci fossero. Si tratta di vedere qual è la strada per venirne fuori". Il suggerimento che emerge da quest’intervista è dunque quello di avere coraggio. "Io di solito – aggiunge - indico come portatore di coraggio il vecchio Giobbe, che ha la forza di vivere con dubbi atroci e di affrontarli, arrivando al limite dell’eresia. Giobbe recupera con le proprie forze la sua fede perché ha il coraggio di metterla in discussione. Credo che è forse quello di cui abbiamo bisogno oggi". (S.S.)

 

 

NELLA CITTA’ DI BELO HORIZONTE, IN ANGOLA, 15 MILA PERSONE NON RICEVERANNO L’AIUTO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI A CAUSA DELLE NUMEROSISSIME MINE INESPLOSE CHE INFESTANO LE STRADE DI QUELL’AREA DEL PAESE

 

BELO HORIZONTE (ANGOLA). = Le Nazioni Unite hanno deciso ieri, per ragioni di sicurezza, di sospendere fino a data da destinarsi l'invio di aiuti umanitari nella località di Belo Horizonte, in Angola. Lo riferiscono all’agenzia missionaria Misna fonti religiose locali, le quali precisano che a fine dicembre un mezzo delle forze armate angolane è esploso dopo essere transitato su una delle numerosissime mine che infestano le strade di questa zona del Paese. Nell'esplosione sono morti due soldati e altri quattro sono rimasti feriti. In seguito a questo episodio, l'ennesimo nell'arco di pochi giorni, l’OCHA, l’Ufficio di coordinamento degli Affari umanitari delle Nazioni Unite, ha deciso di sospendere le attività a sostegno della popolazione, dal momento che non vi è la certezza che le principali arterie viarie della zona siano state sminate. A patire le drammatiche conseguenze di tale situazione sono, però, le 15 mila persone, in maggioranza sfollati, che si vedranno private dell'aiuto delle organizzazioni internazionali. Si tratta della seconda interruzione degli aiuti nell'arco di una settimana. A metà dicembre Erick de Mulin, a capo della missione delle Nazione Unite in Angola, aveva dichiarato che le mine inesplose rappresentano ancora la più grave minaccia per il Paese africano, sottolineando come l'elevatissimo numero di ordigni ancora presenti sul territorio angolano rende estremamente pericoloso il lavoro degli operatori umanitari. L’Angola, che ha ratificato il 5 luglio 2002 il Trattato internazionale di Ottawa per la messa al bando delle mine antiuomo, è uno dei Paesi con il più alto tasso di ordigni inesplosi. Durante i 27 anni di guerra civile che ha insanguinato l'Angola, circa 12 milioni di mine sono state interrate nel Paese. A farne le spese sono proprio i civili che rappresentano il 75 per cento delle vittime di incidenti riconducibili a deflagrazioni legate a residuati bellici. (A.L.)

 

 

BETLEMME IN GINOCCHIO PER IL PERDURANTE STATO DI COPRIFUOCO: UNA SITUAZIONE CHE RICADE SULLA POPOLAZIONE CIVILE,

 UMILIATA E RIDOTTA ALLA MALNUTRIZIONE

 

BETLEMME. = Un drammatico appello alla pace giunge da Betlemme. In un documento inviato all'Agenzia Fides, fratel Vincent Malham, dei Fratelli delle Scuole Cristiane, presidente e vice cancelliere dell'Università di Betlemme, lamenta la difficile situazione vissuta nella cittadina culla del cristianesimo. E’ soprattutto il coprifuoco a causare i disagi maggiori alla popolazione civile, umiliata e ridotta alla povertà e alla malnutrizione. Una situazione che viene vissuta, come una punizione collettiva imposta a tutti i cittadini betlemiti. La stessa Università è chiusa - racconta fratel Vincent Malham - compromettendo il diritto all'educazione di migliaia di giovani, mentre il morale della popolazione è davvero ai minimi termini. L'invocazione della pace in Terra Santa è stata di recente ribadita dal Santo Padre che, nel messaggio del primo gennaio, ha voluto sottolineare “la drammatica e perdurante tensione, nella quale questa regione del Medio Oriente si trova”, che rende più urgente la ricerca di una “soluzione positiva del conflitto fratricida e insensato, che da troppo tempo la sta insanguinando. Occorre la cooperazione di tutti coloro che credono in Dio – ha aggiunto il Pontefice - consapevoli che l'autentica religiosità, lungi dal porre gli individui e i popoli in conflitto tra loro, li spinge piuttosto a costruire insieme un mondo di pace”. (S.S.)       

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

In primo piano, ancora una tragedia dei cieli. Due aerei militari sono precipitati oggi nel sud est della Turchia. Soltanto ieri si erano verificati due altri disastri aerei: uno sempre in Turchia, l’altro negli Stati Uniti, dove un velivolo si è schiantato nella Carolina del Nord. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

 

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Il disastro più grave è avvenuto a Diyarbakir, nella Turchia sudorientale. Sono 74 i morti e sei i sopravvissuti dell’incidente avvenuto ieri sera quando un aereo della compagnia di bandiera, partito da Istanbul, è precipitato poco prima dell’atterraggio. Probabilmente la fitta nebbia all’origine dello schianto, ma si continua ad indagare in queste ore sulle cause del tragico evento. E sempre in Turchia, per la precisione nella regione di Malatya, due aerei militari si sono schiantati stamattina dopo una collisione in volo. Anche in questo caso si sta cercando di conoscere le cause dell’impatto, che ha provocato 4 morti. Si conoscono i particolari dell’altro disastro dell’aria avvenuto ieri negli Stati Uniti, nella Carolina del Nord. Immediatamente dopo il decollo dall’aeroporto di Charlotte un velivolo della Us Airways è precipitato al suolo, provocando la morte di tutte le 21 persone a bordo. Nelle prossime ore verranno decodificate le due scatole nere recuperate dopo l’incidente.

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L'Iraq protesterà per alcune azioni degli ispettori dell'Onu ritenute ''ingiustificate''. Lo ha rivelato un alto responsabile iracheno, il generale Amer al-Saadi, alla vigilia dell’audizione - oggi all’Onu - del capo degli ispettori Blix sugli armamenti iracheni. E ieri il presidente americano Bush ha riunito alla Casa Bianca un vero e proprio vertice di guerra a cui hanno partecipato i consiglieri per la sicurezza nazionale e i comandanti militari nel Golfo. Il servizio dagli Stati Uniti:

 

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Washington ha ribadito che la decisione di attaccare l’Iraq non è ancora stata presa, ma l’incontro serviva a fare il punto sullo spiegamento delle forze e a valutare i piani militari. Proprio martedì il Pentagono ha deciso di rimandare nel Qatar il personale del comando che dovrebbe guidare l’eventuale invasione, mentre ieri gli aerei in pattugliamento nella no fly zone sono tornati a colpire. Saddam ha reagito ai venti di guerra incontrando per la terza volta in tre giorni i propri capi militari, ai quali ha detto che gli americani hanno un vantaggio nel conflitto aereo, ma sul terreno l’esercito di Baghdad può batterli. Il vice premier iracheno Aziz invece ha accusato gli Stati Uniti di voler scatenare una guerra devastante contro l’Iraq, per soggiogare tutto il Medio Oriente. Comunque, gli ispettori dell’Onu ieri hanno visitato otto siti e oggi il loro capo, Hans Blix, terrà un nuovo rapporto al Consiglio di sicurezza a proposito dei contenuti della dichiarazione irachena sul disarmo e sull’andamento dei controlli. La presidenza greca dell’Unione europea ha annunciato che a febbraio condurrà una missione nei Paesi arabi, per evitare la possibile guerra. E la stampa britannica ha scritto che Londra sta facendo pressioni su Washington per rimandare l’attacco all’autunno.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il premier giapponese Junichiro Koizumi è oggi a Mosca, per una visita ufficiale che sarà dominata dalle tensioni fra la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Domani il primo ministro nipponico incontrerà il presidente russo Vladimir Putin per tentare di risolvere pure le questioni irrisolte fra i due Paesi, in particolare il destino delle isole Kurili meridionali, rivendicate dal Giappone dalla fine della Seconda guerra mondiale.

 

E la Corea del Nord sarebbe disposta ad abbandonare il proprio programma nucleare se gli Stati Uniti riaffermeranno la validità e i contenuti del comunicato congiunto del 2000, in cui Washington e Pyongyang dichiararono di non avere ''intenzioni ostili'' l'una verso l'altra. Lo rivelano fonti diplomatiche vicine a Pyongyang. Soltanto ieri gli Stati Uniti avevano offerto di riaprire il dialogo con il leader nordcoreano Kim Jong-Il, ma Pyongyang aveva risposto accusando la Casa Bianca di mettere in pericolo il riavvicinamento con la Corea del Sud.

 

Il presidente palestinese Yasser Arafat ha aperto stamani nel suo quartier generale di Ramallah una riunione informale del Consiglio centrale palestinese, in origine convocato per approvare la nuova Costituzione palestinese. Israele lunedì aveva vietato la riunione, come ritorsione al duplice attentato suicida palestinese che domenica ha fatto 22 morti a Tel Aviv, e oggi ha impedito a gran parte dei 128 membri del Consiglio di raggiungere Ramallah. Sul terreno intanto c’è stato un preoccupante incidente nella zona cuscinetto al confine tra la Siria e lo stesso Stato ebraico, controllata da osservatori dell’Onu. Due le versioni su quanto accaduto ieri, come ci riferisce Graziano Motta:

 

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Gli israeliani parlano del tentativo di infiltrazione di un commando armato, dell’uccisione di uno dei suoi membri e del ferimento di un altro, mentre i siriani, denunciando l’aggressione da parte di soldati israeliani di due suoi agenti di polizia in borghese, sostengono che sono stati violati gli accordi sul disimpegno militare in vigore dal 1973. Nei Territori palestinesi la tensione si mantiene alta e l’allarme resta vivo pure in Israele, dove peraltro la campagna elettorale è turbata da rivelazioni scandalistiche. L’ultima ha investito lo stesso primo ministro: Sharon è al centro di un’inchiesta sul finanziamento di un milione e mezzo di dollari, ricevuto da un suo amico sudafricano, per coprire un altro finanziamento illecito, entrambi relativi alla campagna elettorale di quattro anni fa. Sharon ha reagito affermando di essere vittima di un’infame calunnia. Ma i sondaggi elettorali penalizzano il suo partito, che in un mese vede perdere 10 seggi e scendere a 28, contro i 22 dei laburisti.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Le forze armate pachistane hanno in dotazione per la prima volta un missile a capacità nucleare. Lo ha annunciato oggi un portavoce del governo di Islamabad. Il presidente Musharraf, capo delle forze armate, ha detto che l'introduzione della nuova arma avrà un effetto dissuasivo. Il missile ha una portata di 1.500 chilometri ed è in grado di colpire il territorio dell'India, la potenza nucleare confinante e rivale. Proprio New Delhi ha reso noto oggi di aver effettuato un lancio di prova di un suo missile balistico a media portata, anch'esso in grado di lanciare una testata nucleare in territorio pachistano.

 

I due movimenti ribelli della Costa d'Avorio occidentale hanno firmato un accordo di cessazione delle ostilità con le truppe francesi. I guerriglieri si sono detti però decisi a proseguire i combattimenti con le truppe governative ivoriane del presidente Laurent Gbagbo. Lunedì scorso a Duekoue, 9 soldati francesi erano rimasti feriti e vari ribelli uccisi nei sanguinosi combattimenti, scoppiati a circa 4 mesi dal fallito golpe del 19 settembre che diede il via alle violenze.

 

Si è conclusa con un accordo a metà la quarta tornata negoziale per la pace in Sri Lanka, tra governo di Colombo e ribelli delle Tigri Tamil. A Bangkok, in Thailandia, le due delegazioni - dopo un conflitto trentennale che ha causato 60 mila morti - hanno trovato un’intesa sul ritorno dei profughi e sui finanziamenti internazionali, ma non sul disarmo militare dei ribelli. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Le due parti hanno raggiunto un accordo per far ritornare i rifugiati nelle aree confiscate e occupate dall’esercito nella penisola di Jaffna, dove vive la minoranza Tamil. Sul tema della ricostruzione, i negoziatori hanno deciso di affidare alla Banca Mondiale la custodia e la gestione degli aiuti internazionali. Una conferenza dei Paesi donatori si terrà a giugno, a Tokyo. Questa quarta tornata di colloqui è stata tutto sommato positiva, visto che si è rischiata una rottura. I separatisti hanno posto un netto rifiuto alla richiesta formulata dalla presidente, Chandrika Kumaratunga, di smantellare le squadre suicide, conosciute come ‘Black Cats’, e responsabili di molte stragi. Il rappresentante dei ribelli, Antón Balasinghan, ha detto che l’ala militare sta comunque rispettando il cessate il fuoco di febbraio e che i ‘Black Cats’ saranno mantenuti perché rappresentano uno strumento di pressione sul governo di Colombo.

 

Da New Delhi, per Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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