RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 51 - Testo della
Trasmissione giovedì 20 febbraio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Crisi irachena: Saddam
convoca i propri consiglieri per discutere delle misure da prendere in caso di
guerra; Bush e Blair preparano la nuova risoluzione da presentare all’Onu.
Rispettare gli accordi
di pace per la Costa d’Avorio: è l’appello di Annan e Chirac al 22.mo vertice
franco-africano di Parigi.
Due sciagure aeree in
Iran e Pakistan coinvolgono i militari.
20 febbraio 2003
LAVORIAMO E PREGHIAMO PER LA PACE I NOSTRI
SFORZI AIUTERANNO IL MONDO
AD EVITARE IL CONFLITTO COSI’ IL PAPA QUESTA
MATTINA
AD UNA
DELEGAZIONE INTERRELIGIOSA DELL’INDONESIA
“La mia
fervente preghiera è che i nostri sforzi nel promuovere la mutua comprensione e
fiducia porterà abbondanti frutti ed aiuterà il mondo ad evitare il conflitto”.
Così il Papa questa mattina nel suo saluto ad una importante delegazione
interreligiosa dell’Organizzazione “Gerakan Moral National Indonesia”, composta
dai capi di tutte le religioni presenti nel Paese asiatico: musulmani, cristiani,
buddisti e indù. Servizio di Carla Cotignoli.
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“Oltre ad uno scambio di opinioni
sull’evoluzione della situazione religiosa in Indonesia e nell’Asia – informa
il direttore della Sala Stampa Vaticana,
Joaquin Navarro Valls – i membri della delegazione hanno rivolto un
appello alla Santa Sede perché continui e intensifichi i suoi sforzi
diplomatici, affinché tutte le parti interessate possano trovare una giusta e
pacifica soluzione alla presente crisi irachena, fondata sui principi umanitari
e morali condivisi da tutte le religioni del mondo”. La delegazione ha
consegnato al Papa uno “Statement of concerns”, cioè la loro presa di
posizione, riguardante la crisi irachena. “La guerra è sempre una sfida per
l’umanità ed una tragedia per la religione”. Sono parole pienamente condivise
quelle che il Papa rivolge alla delegazione indonesiana, partita da Giacarta
proprio per esprimere l’opposizione alla guerra contro l’Iraq. Oltre al Vaticano,
toccherà Bruxelles dove visiterà il
Parlamento europeo e
l’Australia.
Il Papa
questa mattina ha accolto la delegazione indonesiana con grande calore ed ha
espresso la sua gratitudine per questa missione di pace in un “tempo di grande tensione per il mondo”.
“Come leader religiosi impegnati per la pace – ha detto - noi dobbiamo lavorare
insieme con il nostro popolo, con i fedeli
di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà
per favorire la comprensione, la cooperazione e la solidarietà”. E’ attraverso
questo impegno – ha aggiunto - che “le
culture e le religioni potranno abbattere le barriere che le dividono e
favorire la comprensione reciproca e il perdono”. E’ questa la via che conduce
alla vera pace”. “Insieme – ha concluso il Papa - lavoriamo e preghiamo per
questa pace”, nella fiducia che i nostri sforzi comuni “porteranno abbondanti
frutti e aiuteranno il mondo ad evitare il conflitto”.
Piena
la consonanza tra il Papa e i membri della delegazione indonesiana composta dal
cardinale Julius Darmaatmadya, arcivescovo di Giacarta, il prof. Andreas
Anangguru Yewangoe, della Comunione delle Chiese Protestanti, dai leader delle
due maggiori organizzazioni musulmane indonesiane: Hasyim Muzadi del Nahdlatul
Ulama che conta 40 milioni di aderenti e Ahmad Syafii Maarif della Muhammadiyah
con 30 milioni di membri, e altri esponenti di religione buddista e indù. La missione di pace di questa delegazione è
particolarmente significativa proprio perché proviene dall’Indonesia, un Paese
che conta oltre 200 milioni di abitanti a larga maggioranza musulmana e che
nell’ottobre scorso ha subito a Bali, il grave attentato terroristico che aveva
provocato la morte di oltre 200 persone.
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Il Papa
ha ricevuto in udienza stamani l’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Il Santo Padre ha pure ricevuto il prof. Bungaran Saragih,
presidente del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo
Agricolo. Il prof. Saragih si trova in questi giorni a Roma, per partecipare
all’Assemblea annuale del Consiglio dei Governatori dell’Ifad, nel 25.mo di
attività del Fondo. I lavori sono incentrati sul tema: “Raggiungere gli
obiettivi fissati dal Vertice del Millennio aiutando le popolazioni rurali a
sconfiggere la povertà”. L’assemblea si è aperta ieri al Palazzo dei Congressi
dell’Eur, con gli interventi del capo dello Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi,
del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e del cardinale segretario di
Stato vaticano, Angelo Sodano, che ha letto un messaggio del Papa dedicato ai
temi dello sviluppo e della solidarietà per combattere la povertà e la fame nel
mondo.
Nel corso della mattinata, il Pontefice ha ricevuto
inoltre il vescovo Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di
Tripoli, in Libia, e il vescovo Sylvester Carmel Magro, vicario apostolico di
Benghazi, nello stesso Paese nordafricano, entrambi in visita “ad Limina Apostolorum”.
In Germania, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio
di ausiliare della diocesi di Mainz, presentata dal vescovo Wolfgang Rolly, per
limiti di età. Giovanni Paolo II ha quindi nominato due ausiliari per la stessa
diocesi di Mainz: i sacerdoti Werner Guballa, di 58 anni, finora vicario
generale, e Ulrich Neymeyr, di 45 anni, finora parroco, elevandoli entrambi
alla dignità vescovile.
SOLO UN’AZIONE CATTOLICA RINNOVATA PUO’
CONTRIBUIRE A RINNOVARE LA PARROCCHIA.
COSI’ GIOVANNI PAOLO II
NEL
MESSAGGIO AGLI ASSISTENTI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA
A
CONCLUSIONE DEL LORO CONVEGNO NAZIONALE
- Servizio di Paolo Ondarza -
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“Contribuire alla promozione di una vasta e capillare
opera educativa, che favorisca la freschezza del Vangelo e la vita spesso
insoddisfatta e inquieta di tante persone”. Questo lo scopo additato dal Papa
agli Assistenti dell’Azione Cattolica Italiana, a conclusione del convegno
nazionale dal titolo: “Fare nuova l’Azione Cattolica in Parrocchia”, un simposio
che da lunedì scorso ha riunito oltre
500 operatori diocesani e parrocchiali di tutta Italia. Rivolgendo un
particolare saluto all’assistente generale, mons. Francesco Lambiasi, e al
presidente nazionale, Paola Bignardi, Giovanni Paolo II sottolinea come un
autentico rinnovamento sia possibile
“mediante ‘l’umile audacia’ di fissare lo sguardo su Gesù, che fa nuove tutte
le cose. Solo mantenendo gli occhi rivolti verso di Lui, si è in grado di
distinguere ciò che è necessario da ciò che invece non lo è” intraprendendo una
vera e propria “avventura dello Spirito”.
Il Pontefice ribadisce l’importanza delle parrocchie
nell’esperienza bimillenaria del Popolo di Dio: “la parrocchia, centro
propulsore dell’Azione cattolica, è la ‘casa della comunità cristiana’, è ‘la
scuola della santità’ per tutti i cristiani, anche per coloro che non
aderiscono a determinati movimenti ecclesiali o non coltivano particolari
spiritualità; è il ‘laboratorio della fede’, in cui vengono trasmessi gli
elementi basilari della tradizione cattolica; è la palestra della formazione,
dove si viene educati alla fede ed iniziati alla missione apostolica”.
Considerando le continue trasformazioni di questo inizio di millennio, il Papa
esprime l’auspicio che le parrocchie
avvertano il bisogno di vivere e testimoniare il Vangelo, riservando
particolare attenzione a quanti vivono nel disagio materiale e spirituale.
“Nelle comunità parrocchiali l’Azione Cattolica ha
anticipato in modo capillare e con intuito profetico l’aggiornamento pastorale
del Concilio e ne ha accompagnato nel corso degli anni il cammino di
attuazione”. Ma la strada da percorrere è ancora lunga: il Santo Padre indica
nel Vaticano II “una sicura bussola per orientare la navigazione della barca di
Pietro”, e nei documenti conciliari la “porta santa che ogni comunità deve
attraversare per entrare nel terzo millennio”. Il Papa sottolinea l’importanza
della comunione” tra l’Azione Cattolica, il Vescovo e la Chiesa locale,
richiamandosi alla lettera apostolica Novo millennio ineunte: “prima di
programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della
comunione”. Infine Giovanni Paolo II rivolge un appello a tutti gli assistenti
dell’organizzazione: “Abbiate a cuore l’educazione di personalità cristiane
forti e libere, sapienti e umili, in grado di promuovere con ‘il coraggio del
futuro’ e la ‘fantasia della santità’ una cultura della vita, della giustizia e
del bene comune”.
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LA CENTRALITA’ DEL DIRITTO INTERNAZIONE E
DELLE ISPEZIONI SUL DISARMO PER RISOLVERE PACIFICAMENTE LA CRISI IRACHENA,
SOTTOLINEATE DALL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
ALLE NAZIONI UNITE,
MONS. CELESTINO
MIGLIORE,
INTERVENUTO IERI AD UNA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DI
SICUREZZA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
La
comunità internazionale ha un “ruolo insostituibile” per risolvere la crisi
irachena. Un messaggio chiaro quello dell’Osservatore permanente della Santa
Sede alle Nazioni Unite, l’arcivescovo Celestino Migliore, che ieri è
intervenuto alla riunione del Consiglio di Sicurezza sulla “situazione tra Iraq
e Kuwait”. Il presule ha indicato la centralità delle ispezioni sul disarmo,
“via efficace” nel rispetto della legalità internazionale. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Nell’attuale
contingenza internazionale, la Santa Sede comprende la “giusta preoccupazione”
dell’opinione pubblica mondiale. D’altro canto, ha detto mons. Migliore,
diviene urgente affrontare la questione del disarmo degli “arsenali di
distruzione di massa”. Una minaccia, ha avvertito, che non riguarda “solo una
singola regione, ma sfortunatamente diverse aree del pianeta”. La Santa Sede,
ha proseguito, è convinta che si debba utilizzare la “ricchezza dei mezzi pacifici
forniti dal diritto internazionale”. Il ricorso alla forza, ha affermato, “non
sarebbe un giusto” strumento. Una guerra, infatti, aggiungerebbe “oscure prospettive
di tensione” e il rischio di “conflitti tra popoli e culture” alle già gravi
conseguenze che la “popolazione civile ha dovuto sopportare per lungo tempo”.
Comporterebbe, inoltre, la “deprecabile reintroduzione della guerra” quale
mezzo per risolvere le controversie internazionali.
L’arcivescovo
si è quindi soffermato sulle ispezioni dell’Onu in Iraq. Un processo, ha
rilevato, che “sembra in qualche modo lento”. Ma che in realtà è “una via
efficace” per raggiungere un “consenso che se ampiamente condiviso dalle
nazioni, renderebbe quasi impossibile per qualsiasi governo agire in modo
diverso, senza rischiare l’isolamento internazionale”. Le ispezioni sono,
allora, “la strada appropriata” per arrivare ad una soluzione del problema,
fornendo “la base per una pace vera e duratura”. La grande maggioranza della
comunità internazionale, ha constatato, chiede di sciogliere la controversia
con i mezzi della diplomazia e che siano “esplorate tutte le strade per una
soluzione pacifica”. Queste voci “non possono essere ignorate”. La Santa Sede
incoraggia, perciò, le parti coinvolte nella crisi a “tenere aperto il dialogo”
per prevenire lo scoppio di una nuova guerra.
Mons.
Celestino Migliore, tuttavia, non ha mancato di ricordare gli sforzi compiuti
dalla Santa Sede per superare la crisi nell’ “ambito della legalità internazionale”.
Proprio in tale contesto, ha dichiarato, va inserita la missione dell’inviato
speciale del Papa in Iraq. Nel messaggio portato dal cardinale Etchegaray a
Saddam Hussein, ha aggiunto, il Papa ha messo l’accento sui “concreti impegni”
che il governo iracheno è chiamato ad assumere nei confronti delle risoluzioni
delle Nazioni Unite. Al tempo stesso, ha rammentato, l’inviato pontificio ha
rivolto “un appello alle coscienze di quanti hanno un ruolo nell’evoluzione
della crisi”.
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"Insieme
operiamo e preghiamo per la pace" è il titolo che apre la prima pagina: in
occasione dell'udienza a membri di una Delegazione Interreligiosa indonesiana,
Giovanni Paolo II ha rinnovato a tutti i credenti l'appello a costruire insieme
un'umanità fraterna, riconciliata e solidale.
Iraq: gli Usa annunciano la presentazione
di una nuova risoluzione all'Onu.
Riguardo al Medio Oriente, si
sottolinea che "il sangue macchia coscienze e speranze".
"Rose che non
periscono" è il titolo del pensiero di Jean Galot dedicato all'Anno del
Rosario.
Nelle vaticane,
nel Messaggio agli assistenti dell'Azione Cattolica, riuniti a Roma per il
Convegno Nazionale, il Papa ha evidenziato che l'Azione Cattolica è
palestra della formazione di personalità cristiane forti e libere, sapienti ed
umili.
Un articolo sulla
Concelebrazione Eucaristica, presieduta dall'arcivescovo Leonardo Sandri, per
il novantesimo anniversario della morte della fondatrice delle Suore Povere
Bonaerensi di san Giuseppe, Madre Camilla Rolon.
Una pagina sulle iniziative di
preghiera per la pace nelle Diocesi italiane.
Nel cammino della Chiesa in
Italia, articoli sulle diverse attività pastorali.
Nelle pagine estere,
l'intervento dell'arcivescovo Celestino Migliore, al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, sul tema "La situazione tra Iraq e Kuwait".
Il disastro aereo in Iran.
In Pakistan, precipita velivolo
militare: tra le vittime, il capo dell'aviazione.
Nella pagina culturale,un
contributo di Angelo Mundula dal titolo "Saint-Exupery fu salvato da un
sorriso": importanza dei piccoli gesti di gentilezza.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica con ampio riferimento al dibattito sulla crisi
irachena.
Attenzione ai temi delle
pensioni e della sanità.
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L’ISOLA
DELLE FILIPPINE SOTTO L’OFFENSIVA DEI RIBELLI
-
Intervista con padre Rino Venturin, missionario dehoniano -
Tre episodi di violenza in pochissime ore, a
testimonianza di un clima ormai insostenibile. La situazione a Mindanao, isola
delle Filippine meridionali, si fa di giorno in giorno più drammatica.
Protagonisti delle violenze sono i ribelli islamici separatisti, che nelle
ultime settimane hanno intensificato la loro offensiva. E nella sola giornata
di oggi sono morte almeno 23 persone.
L’episodio più grave, nel villaggio di Tubod: una
cinquantina di uomini armati ha attaccato ed incendiato diverse case di un
villaggio, provocando 21 vittime, tra cui un neonato e 4 bambini. Paura anche
nell’aeroporto di Cotabato, dove l’esplosione di un furgone-bomba davanti al
terminal dei passeggeri ha causato un morto e 5 feriti. Infine, un attivista
islamico di 17 anni è saltato in aria presso il mercato di Kabacan, mentre
stava preparando un ordigno: almeno 10 i feriti. E proprio sul clima che si
respira in queste ore a Mindanao, Andrea Sarubbi ha intervistato padre Rino
Venturin, missionario dehoniano, da 14 anni nell’isola:
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R. –
Dipende molto dalle zone dove si vive. Mindanao è un’isola molto grande. E’ più
o meno come un terzo dell’Italia. E questi conflitti sono circoscritti, almeno
per il momento, ad una zona: il centro-sud di Mindanao, una zona prevalentemente
musulmana, che è sempre stata teatro di conflitti tra guerriglieri ed esercito.
A volte si assopiscono e poi riprendono, ma è una cosa che va avanti da più di
20 anni. Già adesso, sicuramente, la congiuntura internazionale ha fatto
precipitare la tensione ed i conflitti.
D. - Perché dice
che la situazione internazionale ha fatto precipitare la tensione?
R. – Perché, prima di tutto, credo che sul governo ci sia
una pressione degli Stati Uniti per dimostrare l’interesse di combattere tutto
quello che sia guerriglia e terrorismo. Io credo che in quel senso la pressione
degli Stati Uniti deve avere spinto la presidente a portare avanti questa
campagna di chiarire le situazione pendenti. E da parte dei guerriglieri
sicuramente si nota, nel mondo musulmano, una certa esasperazione, rabbia,
impotenza, per cui le tensioni vengono fuori più feroci.
D. – Il conflitto in corso a Mindanao, secondo lei, è di
natura religiosa o politica?
R. – Le cose si mescolano qui. Le recriminazioni ufficiali
che fanno i musulmani non sono a sfondo religioso, sono strettamente politiche.
Quello che pretendono è l’indipendenza, staccarsi e fare un piccolo Stato
islamico o cose del genere. Loro non reclamano tutta Mindanao, reclamano una
parte: una zona dove considerano che storicamente gli spagnoli siano arrivati
prima dei filippini, che sono venuti a popolare quest’isola da altre isole. In
un certo senso hanno ragione. Naturalmente la realtà di oggi è che in generale
nel territorio gli abitanti sono una ventina di milioni e i musulmani non
arrivano a 5: sono 4 milioni più o meno. Cioè non possono pretendere che altri
16 milioni facciano la valigia e se ne vadano da dove sono venuti.
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PROSEGUONO A GINEVRA I LAVORI DELLA
CONFERENZA INTERNAZIONALE,
PROMOSSA DALLA CROCE ROSSA E DALLA MEZZALUNA
ROSSA,
SUL DRAMMA DELLE PERSONE DISPERSE NEI
CONFLITTI ARMATI
-
Servizio di Mario Martelli -
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Tre giornate di intense consultazioni alle quali
partecipano più di 300 esperti e personalità di governo di una novantina di
Paesi. Una iniziativa per rispondere alle angosce di famiglie di milioni di
persone che nulla sanno di quanto accaduto ai loro cari e per raggiungere
accordi che consentano di migliorare l’assistenza alle stesse e concordare una
maggiore collaborazione nelle ricerche.
E’ necessario dare un’assistenza
più efficace a tutte le persone che perdono un loro caro - ha detto il
presidente del Comitato Jacob Kellenberg - ricordando che le cause più
frequenti di questi casi di persone scomparse sono i massacri, un triste e
tragico fenomeno che colpisce o ha colpito numerosi Paesi come quelli
dell’Africa, dove gli scomparsi sono milioni, dei Balcani, dell’America Latina,
dell’Asia.
Si parla a Ginevra anche di una nuova, futura Convenzione
internazionale, attualmente in discussione nell’ambito delle Nazioni Unite, una
convenzione che dovrebbe fissare gli obblighi dei governi in materia di
prevenzione, inchieste, repressione e cooperazione su tale problema e dovrebbe
stabilire che la pratica sistematica della scomparsa di persone venga
assimilata ad un crimine contro l’umanità e che gli autori possano quindi essere deferiti e giudicati dalla Corte
Penale Internazionale.
Un apposito Comitato della Conferenza ginevrina sta
redigendo inoltre una dichiarazione che prevede una serie di misure pratiche,
particolarmente su prevenzione, assistenza alle famiglie, identificazione delle
vittime ed esumazione delle salme per il riconoscimento.
Da Ginevra Mario Martelli, per la Radio Vaticana.
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PER EVITARE LA TRAGEDIA DI UNA NUOVA GUERRA I
SINDACI DI DIECI CITTA’ EUROPEE HANNO CONSEGNATO IERI UN APPELLO A KOFI ANNAN,
IN VISITA A ROMA PER IL 25° ANNIVERSARIO DEL
FONDO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO AGRICOLO
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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“Mentre i venti di guerra cominciano a soffiare sul Medio
Oriente, noi sindaci desideriamo fortemente asserire che un nuovo conflitto può
e deve essere evitato”. Con questo appello, consegnato ieri a Kofi Annan in
occasione del 25° anniversario del Fondo internazionale per lo sviluppo
agricolo (Ifad), i primi cittadini di importanti capitali europee, tra cui
Berlino, Londra, Mosca, Parigi, Roma e Sarajevo, ribadiscono la loro posizione
sulla questione irachena. “Siamo contrari all’ipotesi di un conflitto -
sostengono i sindaci - perché, all'alba di questo ventunesimo secolo, la guerra
non può continuare ad essere considerata un normale strumento per la
risoluzione delle crisi internazionali”.
Un intervento militare in Iraq potrebbe aumentare le
divisioni del mondo occidentale da quello islamico provocando l’innesco di una
destabilizzazione mondiale. La costruzione di una pace duratura in Medio
Oriente è la strada da seguire per prevenire le minacce che la questione
irachena comporta. “La nostra condanna al terrorismo internazionale - si legge
nel comunicato - è irremovibile”.
L’azione della Comunità internazionale deve essere risoluta
perché è necessaria una risposta efficace capace di conciliare la difesa della
pace con la complessità dei fattori politici, culturali e religiosi. “La
speranza per il nostro futuro - aggiungono i primi cittadini - è affidata alla
capacità di disinnescare le pressioni fondamentaliste, agendo sulle cause
primarie che le alimentano”.
La sfida è quella di conferire allo scenario mondiale un
equilibrio che preveda uno sviluppo graduale e costante dei Paesi più poveri.
“La lotta al regime di Saddam Hussein deve essere condotta - si legge nel
documento - dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale con tutti gli
strumenti offerti dal diritto”. L’Europa, che nel ventunesimo secolo ha
conosciuto la tragedia della guerra, è chiamata adesso a garantire la pace.
“Siamo convinti - spiegano i sindaci - che la libertà, la
democrazia e la lotta alla povertà e alla fame debbano avere la cornice della
pace e della condivisione”. “Le città europee - conclude l’appello - devono
giocare un ruolo fondamentale, come centri di sviluppo culturale, economico e
sociale perché sono la base stessa della democrazia”.
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20 febbraio 2003
INVITO DEI VESCOVI DELL’AFRICA MERIDIONALE
AL PRESIDENTE DEL SUD AFRICA:
RAFFORZARE
CORRETTAMENTE LE MISURE ADOTTATE DAL GOVERNO
PER CONTRASTARE L’EPIDEMIA DI AIDS NEL PAESE
PRETORIA.
= La Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa meridionale (Sacbc) ha
rivolto ieri al presidente della Repubblica del Sud Africa, Thabo Mbeki, un
messaggio nel quale invita il governo a rafforzare la lotta contro l’Aids ed a
valutare con attenzione la crisi del vicino Zimbabwe. Il Sud Africa, infatti, è
il Paese con il più alto numero di persone malate di Aids al mondo. In passato
il presidente Mbeki ha ricevuto critiche da parte di diverse Ong per
l’impostazione che il suo Paese ha dato alla lotta contro la malattia. In
particolare a Mbeki è stato rimproverato di privilegiare politiche
socioeconomiche piuttosto che sanitarie, più consone ad affrontare la gravità
del problema. I vescovi hanno anche avvertito il governo sulle conseguenze
della crisi dello Zimbabwe. “La situazione - dichiarano - rischia di degenerare
ulteriormente, come dimostra il ripetersi delle violazioni sui diritti umani.
C’è il rischio concreto che il Sud Africa si trovi a dover affrontare l’arrivo
di un grande numero di rifugiati”. Una nota positiva è arrivata
dall’ap-prezzamento che i presuli hanno espresso al governo per la posizione assunta
a favore di una soluzione pacifica della crisi irachena. (M.A.)
IN IRAQ SARANNO INTENSIFICATE LE
CAMPAGNE DI VACCINAZIONE DEI BAMBINI
CONTRO
IL MORBILLO E LA POLIOMIELITE. LO HA ANNUNCIATO L’UNICEF
CON UN
COMUNICATO LA SCORSA SETTIMANA
GINEVRA.
= Mentre la comunità internazionale si interroga sulla crisi irachena, l’Unicef
ha annunciato che saranno intensificate le campagne di vaccinazione dei bambini
iracheni contro la poliomielite ed il morbillo. Entrambe le iniziative rappresentano
un ampliamento delle vaccinazioni condotte, con il sostegno dell’Unicef e
dell’Organizzazione mondiale della sanità, dal Ministero della sanità iracheno.
“La situazione dei bambini iracheni è estremamente difficile da più di 15
anni”, ha affermato Carol Bellamy, Direttore generale dell’Unicef. “Qualsiasi
cosa accada a livello mondiale - ha aggiunto - non possiamo tirarci indietro e
interrompere gli sforzi in corso per aiutarli. Dobbiamo andare incontro ai
bambini iracheni e fare tutto ciò che è in nostro potere per proteggerli”.
Carol Bellamy ha sottolineato come in Iraq un bambino su otto muoia prima di
raggiungere il quinto anno di vita, uno tra i più alti tassi di mortalità
infantile del mondo. “E’ indiscutibile che i bambini iracheni siano
estremamente vulnerabili - ha proseguito il direttore dell’Unicef - e la loro
salute ed il loro benessere devono continuare ad avere la priorità”. “Per molte
persone - ha concluso Carol Bellamy - questa campagna costituisce un atto di
fede e di speranza per il futuro. E’ un grande risultato per un Paese che è
stato devastato da due gravi guerre e da 12 anni di sanzioni”. (A.L.)
17 MILA PERSONE, TRA BAMBINI E MADRI,
RISCHIANO DI MORIRE DI FAME
NELLA
PROVINCIA ARGENTINA DI TUCUMAN. UN’EMERGENZA ALLA QUALE
LE
AUTORITA’ LOCALI NON HANNO I MEZZI PER OPPORSI
TUCAMAN.
= Continua ad essere drammatica la situazione in Argentina. L’ultimo allarme
arriva dalla provincia di Tucumàn, dove 17 mila persone, tra bambini e madri,
rischiano di morire di fame. Il bilancio è fornito da un rapporto del Sistema
sanitario provinciale (Siprosa). Circa 15.300 sono piccoli di età inferiore ai
sei anni, 680 sono minori di 14 anni ai quali sono stati riscontrati danni
neurologici e un migliaio sono donne incinte denutrite. Durante l'ultimo
trimestre del 2002 le morti per fame a Tucumán sono state 19. In tutti i casi,
il contesto sociale in cui si sono verificati i decessi era lo stesso: famiglie
numerose in situazione di estrema indigenza, padri senza lavoro e senza aiuti
sociali, case miserabili prive di acqua potabile e con servizi igienici a dir
poco fatiscenti. La prima a soccombere era stata Maria Rosa Gómez, che a sei
anni pesava solo nove chilogrammi. Il sistema sanitario locale ha predisposto
un piano di aiuti alimentari per tentare di contrastare questa tragedia. “La
novità sostanziale - ha spiegato il presidente di Siprosa, Juan Masaguer - è
che rispetto allo scorso anno i minori di 14 anni e le mamme sono stati inclusi
nei programmi di assistenza, finora riservati ai bambini sotto i sei anni”. In
concreto ricevono latte e un pacco-viveri una volta al mese. (M.A.)
ESPULSO PER AVER OFFERTO OSPITALITA’
CLANDESTINA AGLI SFOLLATI INFANGANDO
IL
NOME DEL MOVIMENTO RIBELLE CONGOLESE. E’ ACCADUTO A PADRE MARC DENECKER,
MISSIONARIO D’AFRICA, NEL MIRINO
PER AVER DENUNCIATO LE NUMEROSE VIOLAZIONI
COMMESSE CONTRO LA POPOLAZIONE CONGOLESE
BUNIA.
= Espulso per aver offerto “ospitalità clandestina agli sfollati” con la volontà
di infangare il nome del movimento ribelle che controlla la zona del Bunia, nel
nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Con questa spiegazione ufficiale
il padre missionario d’Africa Marc Denecker, di nazionalità belga, è stato
dichiarato “persona non grata” dall’Unione dei patrioti congolesi (Upc). Ne dà
notizia l’agenzia missionaria Misna puntualizzando che il decreto di espulsione è stato firmato lo scorso 13
febbraio da Saba Aimable, sedicente “ufficiale di polizia giudiziaria a
competenza generale” e “amministratore generale della sicurezza” dei patrioti
del Congo. Ai vertici dell’Upc figura il nome di Thomas Lubanga, uno dei
signori della guerra in prima linea nei feroci scontri armati nella regione
nord-orientale dell’Ituri, scenario di cruenti combattimenti tra i gruppi
ribelli per il controllo delle risorse minerarie. Le prese di posizione del
religioso espulso, già parroco di Bunia, dirette contro le gravi violazioni
commesse contro la popolazione avevano infastidito i miliziani, detentori di
fatto dell’autorità civile sul territorio. Tra le accuse riportate nel verbale
figura anche quella che ritiene padre Denecker colpevole di “essere in contatto
con le forze negative che bloccano il processo di pacificazione e
riconciliazione”. E la Misna informa che ci sarebbe un secondo religioso,
sempre appartenente all’ordine dei cosiddetti “Padri bianchi”, “bollato” da un
decreto dello stesso tipo. All’uomo sarebbero stati accordati altri 10 giorni
di tempo per abbandonare la zona sotto il controllo dell’Unione dei patrioti congolesi.
(P.O.)
LA FONDAZIONE NIWANO HA CONSEGNATO IL
PREMIO PER LA PACE 2003
A
PRISCILLA ELWORTHY DELL’OXFORD RESEARCH GROUP (ORG),
STUDIOSA DI STRATEGIA DELLA PACE ATTRAVERSO
IL DISARMO NUCLEARE
TOKIO.
= Priscilla Elworthy dell’Oxford research group (Org), studiosa di strategia
della pace attraverso il disarmo nucleare, è la vincitrice della ventesima edizione
del Premio Niwano per la pace. La decisione è stata presa da un comitato
composto da sette rappresentanti delle religioni mondiali, che ha scelto tra un
migliaio di segnalazioni giunte da 125 paesi. L’Oxford research group è un organizzazione
non governativa britannica che studia i problemi legati agli armamenti nucleari
e conduce studi sulla regolamentazione e la riduzione del commercio delle armi.
Con le sue ricerche l’organizzazione ha avuto una forte influenza sui negoziati
internazionali sul disarmo. Il premio internazionale per la pace è stato
istituito dalla Fondazione Niwano per la pace nel 1983, per onorare e incoraggiare
il contributo che singoli individui e organizzazioni hanno dato alla
realizzazione della pace nel mondo attraverso il dialogo interreligioso. La
fondazione si prefigge di trovare le persone e le organizzazioni meno note in
questo campo per sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale
sulle loro attività. La consegna del premio, dotato di 157.500 euro, avverrà a
Tokio il prossimo 8 maggio. (M.A.)
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20 febbraio 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Angola,
Cile, Messico, Pakistan: ferve l’offensiva diplomatica di Stati Uniti e Gran
Bretagna sui Paesi membri del Consiglio di Sicurezza che ancora non si sono
schierati sulla possibilità di votare una nuova risoluzione contro l’Iraq. Il loro
pronunciamento potrebbe risultare determinante per il via libera ad un attacco.
Se intanto la Russia, col ministro degli Esteri Ivanov, ha detto di
"esigere una cooperazione totale di Baghdad" con gli ispettori sul
disarmo, il leader iracheno Saddam Hussein ha riunito stamani i propri
consiglieri per discutere delle misure da prendere in caso di guerra. Ma il
presidente Bush ed il premier britannico Blair continuano a preparare il
documento che dovrebbe contenere la constatazione delle violazioni dell’Iraq
alla risoluzione 1441. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il presidente Bush e il premier
Blair hanno discusso ieri il testo che secondo il portavoce della Casa Bianca
Ari Fleisher verrà introdotto forse all’inizio della settimana prossima. Il
documento, molto breve, dovrebbe contenere la constatazione che Baghdad ha
violato la risoluzione 1441 e non collabora con gli ispettori. La minaccia militare
non sarebbe esplicita, ma l’approvazione di un simile linguaggio di fatto
aprirebbe la porta alla guerra.
Il voto potrebbe avvenire dopo
il prossimo rapporto degli ispettori, previsto il 1° marzo, mentre Hans Blix ha
lasciato intendere che come prova della cooperazione chiederà a Baghdad di
distruggere i missili Al Samoud, scoperti di recente in violazione ai divieti
del Palazzo di Vetro. Nei giorni scorsi, però, la Francia ha detto di essere
contraria ad una nuova risoluzione e quindi potrebbe bloccare l’iniziativa
anglo-americana col veto. A questa opposizione si sono unite molte voci durante
il dibattito degli ultimi due giorni tra i Paesi non membri del Consiglio di
sicurezza.
La Casa Bianca in caso di veto
resta pronta ad attaccare con le Nazioni disponibili. I piani di guerra, però,
si stanno complicando per le resistenze della Turchia, che dovrebbe ospitare le
truppe incaricate di invadere l’Iraq dal nord.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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All'insegna della crisi
irachena si è aperto oggi a Kuala Lumpur il vertice fra i 114 Paesi aderenti al
Movimento dei Non Allineati (Nam): un'associazione nata durante la Guerra
Fredda fra gli Stati che non si riconoscevano nel mondo capitalista e industriale
e non facevano neanche parte del blocco sovietico. Nel proprio intervento di
apertura, il ministro degli Esteri della Malaysia, Syed Hamid Albar, ha
duramente criticato l’Occidente, accusato di usare ''due pesi e due misure'' in
materia di diritti umani nella conduzione della guerra contro il terrorismo.
Una bomba ha provocato almeno
quattro morti in un mercato di Baramulla, nel nord del Kashmir indiano.
L'attentato, avvenuto stamani, potrebbe essere stato organizzato da ribelli
islamici. Questa infatti è la pista seguita dalle forze dell'ordine.
Elicotteri dell’esercito
governativo della Costa d’Avorio hanno attaccato stamani una postazione dei
ribelli a Zuenoula, nel centro del Paese. Proprio poche ore prima un invito a
rispettare gli accordi di Parigi per la pace in Costa d’Avorio era venuto dal
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e dal presidente francese Chirac. I
due hanno aperto stamani a Parigi il 22.mo vertice franco-africano. Il servizio
di Roberto Piermarini:
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Fiero della linea diplomatica
tenuta nei confronti di Stati Uniti e Gran Bretagna sull’Iraq, Chirac torna a
dedicarsi all’Africa. In primo piano ai lavori del vertice di Parigi, la
delicata situazione in Costa d’Avorio, percorsa dal settembre scorso da
sanguinosi scontri tra ribelli e governativi del presidente Gbagbo. Ma grande
assente al vertice è proprio il capo di Stato della Costa d'Avorio, dove la
presenza di circa tremila militari francesi è ancora fortemente contestata e
gli accordi di pace raggiunti qualche settimana fa a Marcoussis - alle porte di
Parigi - restano per ora sulla carta. Comunque Chirac non si è lasciato
intimidire: nel proprio intervento stamani ha ribadito che in Africa il tempo
dell’impunità è finito per i criminali, evocando quindi l’intervento della
Corte penale internazionale. Ma tra i 45 capi di Stato e di governo giunti in
Francia per il vertice, c’è anche quel controverso personaggio che è il
presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, messo al bando dall’Unione europea
dopo la campagna di espropriazione delle terre dei bianchi nell'ex colonia
inglese, che nel 2000 provocò 32 morti.
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Passiamo
alla sciagura aerea che ieri in Iran ha provocato la morte di 302 persone, tra
cui 284 Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione. All’origine dell’incidente, ci
sarebbe il maltempo, unito alle cattive condizioni dell’aereo. Il velivolo,
partito dalla città orientale di Zahedan, era diretto a Kerman, 500 chilometri
più ad ovest. I militari erano probabilmente impegnati in una delicata missione,
come conferma Alberto Zanconato, corrispondente dell’Ansa a Teheran, intervistato
da Andrea Sarubbi:
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R. - Poiché i Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione -
fra gli altri incarichi delicati che svolgono - hanno anche quello del
controllo delle frontiere, è possibile che si trattasse di un volo per un
ricambio di truppe alla frontiera. Va ricordato, fra l’altro, che questa è una
frontiera molto delicata, essendo vicino all’Afghanistan e al Pakistan. E’ una
zona dove c’è un continuo afflusso di trafficanti di droga che con i Pasdaran
danno vita, qualche volta, a scontri molto sanguinosi.
D. - Da quando Khomeini costituì il corpo dei Pasdaran nel
1979, come sono cambiati i compiti dei Guardiani della rivoluzione?
R. - Sono diventati una forza molto più regolare di quanto
fossero allora, perché oggi si calcola che le forze armate iraniane possano
contare su 500 mila effettivi, di cui 250 mila Pasdaran che hanno il controllo
sulle armi strategiche. E’ il corpo al quale appartengono gli uomini
antisommossa, che vengono schierati nelle strade e nelle piazze iraniane quando
ci sono dimostrazioni pericolose.
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Ed un
altro incidente aereo è avvenuto questa mattina nel nordovest del Pakistan, al
confine con l’Afghanistan. A precipitare è stato un velivolo militare, che
trasportava 17 persone. Tra i morti, anche il comandante dell’Aeronautica, il
generale Mushaf Ali Mir, che viaggiava insieme ad altri alti ufficiali. Esclusa
dagli investigatori la pista dell’attentato.
E’
stato ucciso sull’isola filippina di Jolo uno dei capi dei ribelli islamici Abu
Sayyaf. Mujib Susukan, rimasto vittima degli scontri con l’esercito regolare,
aveva partecipato al sequestro nel 2000 di una dozzina di turisti, per lo più
europei. Al momento Abu Sayyaf tiene ancora in ostaggio tre indonesiani e
quattro filippini, rapiti l’anno scorso.
Rispettando
le previsioni della vigilia, il presidente uscente Robert Kocharian è in testa
alle elezioni presidenziali che si sono tenute ieri nell’ex Repubblica
sovietica di Armenia. Centinaia gli osservatori internazionali per seguire il
corretto andamento delle operazioni di voto. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:
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Nove in totale sono i candidati, molte le denunce di
broglio. Con lo scrutinio ancora in corso Kocharian è ad una manciata di voti
dall’ottenere il 50 per cento dei suffragi necessari per la vittoria già al
primo turno. Se non vi riuscisse, si andrebbe al ballottaggio. Cinque anni di
vita normale e stabile ha promesso in caso di nuova elezione il 48.enne
presidente uscente, nativo del Nagorno-Karabakh, l’enclave contesa con
l’Azerbaigian per la quale non si trova una soluzione da un decennio.
L’opposizione a Kocharian non è riuscita ad accordarsi su un candidato unico,
così si è presentata troppo divisa alle consultazioni. Grande come il Belgio,
l’Armenia attraversa da anni una grave crisi economica. L’emigrazione verso gli
Stati Uniti e la Russia è assai alta.
Da Mosca per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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