RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 51 - Testo della Trasmissione giovedì 20 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Promuovere la comprensione e la fiducia reciproche tra le religioni, per prevenire i conflitti: è il fervido auspicio di Giovanni Paolo II, nell’udienza ad una delegazione interreligiosa dell’Indonesia, impegnata in un viaggio internazionale a favore della pace.

 

Il rinnovamento della parrocchia con una vasta opera educativa illuminata dal Vangelo, incoraggiato dal Papa in un messaggio all’Azione Cattolica Italiana.

 

Il diritto internazionale e le ispezioni sul disarmo sono la via efficace per risolvere in modo pacifico la crisi irachena: così l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, mons. Celestino Migliore, intervenuto ieri ad una riunione del Consiglio di Sicurezza.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’isola filippina di Mindanao sotto l’offensiva dei ribelli: la testimonianza del missionario Rino Venturin.

 

Prosegue a Ginevra la Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, sul dramma delle persone disperse nei conflitti armati.

 

Un forte appello per scongiurare un intervento militare in Iraq, consegnato a Kofi Annan dai sindaci di dieci città d’Europa.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello dei vescovi sudafricani per rafforzare in modo corretto le misure governative contro l’Aids. Pieno appoggio alla posizione di Pretoria per una soluzione pacifica della crisi irachena.

 

In Iraq saranno intensificate le campagne di vaccinazione dei bambini iracheni contro il morbillo e la poliomielite.

 

17 mila persone, tra bambini e madri, rischiano di morire di fame nella provincia argentina di Tucuman.

 

Espulso padre Marc Denecker, missionario d’Africa,  per aver offerto ospitalità clandestina agli sfollati infangando il nome del movimento ribelle congolese.

 

Il Premio per la Pace della Fondazione Niwano assegnato a Priscilla Elworthy, studiosa di strategia per la pace attraverso il disarmo nucleare.

 

24 ORE NEL MONDO :

Crisi irachena: Saddam convoca i propri consiglieri per discutere delle misure da prendere in caso di guerra; Bush e Blair preparano la nuova risoluzione da presentare all’Onu.

 

Rispettare gli accordi di pace per la Costa d’Avorio: è l’appello di Annan e Chirac al 22.mo vertice franco-africano di Parigi.

 

Due sciagure aeree in Iran e Pakistan coinvolgono i militari.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 febbraio 2003

 

 

LAVORIAMO E PREGHIAMO PER LA PACE I NOSTRI SFORZI AIUTERANNO IL MONDO

 AD EVITARE IL CONFLITTO COSI’ IL PAPA QUESTA MATTINA

AD UNA DELEGAZIONE INTERRELIGIOSA DELL’INDONESIA

 

“La mia fervente preghiera è che i nostri sforzi nel promuovere la mutua comprensione e fiducia porterà abbondanti frutti ed aiuterà il mondo ad evitare il conflitto”. Così il Papa questa mattina nel suo saluto ad una importante delegazione interreligiosa dell’Organizzazione “Gerakan Moral National Indonesia”, composta dai capi di tutte le religioni presenti nel Paese asiatico: musulmani, cristiani, buddisti e indù. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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 “Oltre ad uno scambio di opinioni sull’evoluzione della situazione religiosa in Indonesia e nell’Asia – informa il direttore della Sala Stampa Vaticana,  Joaquin Navarro Valls – i membri della delegazione hanno rivolto un appello alla Santa Sede perché continui e intensifichi i suoi sforzi diplomatici, affinché tutte le parti interessate possano trovare una giusta e pacifica soluzione alla presente crisi irachena, fondata sui principi umanitari e morali condivisi da tutte le religioni del mondo”. La delegazione ha consegnato al Papa uno “Statement of concerns”, cioè la loro presa di posizione, riguardante la crisi irachena. “La guerra è sempre una sfida per l’umanità ed una tragedia per la religione”. Sono parole pienamente condivise quelle che il Papa rivolge alla delegazione indonesiana, partita da Giacarta proprio per esprimere l’opposizione alla guerra contro l’Iraq. Oltre al Vaticano, toccherà Bruxelles dove visiterà il  Parlamento europeo  e l’Australia.

 

Il Papa questa mattina ha accolto la delegazione indonesiana con grande calore ed ha espresso la sua gratitudine per questa missione di pace in  un “tempo di grande tensione per il mondo”. “Come leader religiosi impegnati per la pace – ha detto - noi dobbiamo lavorare insieme con il nostro popolo, con i fedeli  di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per favorire la comprensione, la cooperazione e la solidarietà”. E’ attraverso questo impegno – ha aggiunto -  che “le culture e le religioni potranno abbattere le barriere che le dividono e favorire la comprensione reciproca e il perdono”. E’ questa la via che conduce alla vera pace”. “Insieme – ha concluso il Papa - lavoriamo e preghiamo per questa pace”, nella fiducia che i nostri sforzi comuni “porteranno abbondanti frutti e aiuteranno il mondo ad evitare il conflitto”.

 

Piena la consonanza tra il Papa e i membri della delegazione indonesiana composta dal cardinale Julius Darmaatmadya, arcivescovo di Giacarta, il prof. Andreas Anangguru Yewangoe, della Comunione delle Chiese Protestanti, dai leader delle due maggiori organizzazioni musulmane indonesiane: Hasyim Muzadi del Nahdlatul Ulama che conta 40 milioni di aderenti e Ahmad Syafii Maarif della Muhammadiyah con 30 milioni di membri, e altri esponenti di religione buddista e indù.  La missione di pace di questa delegazione è particolarmente significativa proprio perché proviene dall’Indonesia, un Paese che conta oltre 200 milioni di abitanti a larga maggioranza musulmana e che nell’ottobre scorso ha subito a Bali, il grave attentato terroristico che aveva provocato la morte di oltre 200 persone.

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ALTRE UDIENZE DI OGGI E PROVVISTA DI AUSILIARI IN GERMANIA

 

Il Papa ha ricevuto in udienza stamani l’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

 

Il Santo Padre ha pure ricevuto il prof. Bungaran Saragih, presidente del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Il prof. Saragih si trova in questi giorni a Roma, per partecipare all’Assemblea annuale del Consiglio dei Governatori dell’Ifad, nel 25.mo di attività del Fondo. I lavori sono incentrati sul tema: “Raggiungere gli obiettivi fissati dal Vertice del Millennio aiutando le popolazioni rurali a sconfiggere la povertà”. L’assemblea si è aperta ieri al Palazzo dei Congressi dell’Eur, con gli interventi del capo dello Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e del cardinale segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, che ha letto un messaggio del Papa dedicato ai temi dello sviluppo e della solidarietà per combattere la povertà e la fame nel mondo.

 

Nel corso della mattinata, il Pontefice ha ricevuto inoltre il vescovo Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, in Libia, e il vescovo Sylvester Carmel Magro, vicario apostolico di Benghazi, nello stesso Paese nordafricano, entrambi in visita “ad Limina Apostolorum”.

 

In Germania, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Mainz, presentata dal vescovo Wolfgang Rolly, per limiti di età. Giovanni Paolo II ha quindi nominato due ausiliari per la stessa diocesi di Mainz: i sacerdoti Werner Guballa, di 58 anni, finora vicario generale, e Ulrich Neymeyr, di 45 anni, finora parroco, elevandoli entrambi alla dignità vescovile.

 

 

SOLO UN’AZIONE CATTOLICA RINNOVATA PUO’ CONTRIBUIRE A RINNOVARE LA PARROCCHIA.

 COSI’ GIOVANNI PAOLO II

NEL MESSAGGIO AGLI ASSISTENTI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

A CONCLUSIONE DEL LORO CONVEGNO NAZIONALE

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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“Contribuire alla promozione di una vasta e capillare opera educativa, che favorisca la freschezza del Vangelo e la vita spesso insoddisfatta e inquieta di tante persone”. Questo lo scopo additato dal Papa agli Assistenti dell’Azione Cattolica Italiana, a conclusione del convegno nazionale dal titolo: “Fare nuova l’Azione Cattolica in Parrocchia”, un simposio che da lunedì scorso ha riunito  oltre 500 operatori diocesani e parrocchiali di tutta Italia. Rivolgendo un particolare saluto all’assistente generale, mons. Francesco Lambiasi, e al presidente nazionale, Paola Bignardi, Giovanni Paolo II sottolinea come un autentico rinnovamento  sia possibile “mediante ‘l’umile audacia’ di fissare lo sguardo su Gesù, che fa nuove tutte le cose. Solo mantenendo gli occhi rivolti verso di Lui, si è in grado di distinguere ciò che è necessario da ciò che invece non lo è” intraprendendo una vera e propria “avventura dello Spirito”.

 

Il Pontefice ribadisce l’importanza delle parrocchie nell’esperienza bimillenaria del Popolo di Dio: “la parrocchia, centro propulsore dell’Azione cattolica, è la ‘casa della comunità cristiana’, è ‘la scuola della santità’ per tutti i cristiani, anche per coloro che non aderiscono a determinati movimenti ecclesiali o non coltivano particolari spiritualità; è il ‘laboratorio della fede’, in cui vengono trasmessi gli elementi basilari della tradizione cattolica; è la palestra della formazione, dove si viene educati alla fede ed iniziati alla missione apostolica”. Considerando le continue trasformazioni di questo inizio di millennio, il Papa esprime l’auspicio che le  parrocchie avvertano il bisogno di vivere e testimoniare il Vangelo, riservando particolare attenzione a quanti vivono nel disagio materiale e spirituale.

 

“Nelle comunità parrocchiali l’Azione Cattolica ha anticipato in modo capillare e con intuito profetico l’aggiornamento pastorale del Concilio e ne ha accompagnato nel corso degli anni il cammino di attuazione”. Ma la strada da percorrere è ancora lunga: il Santo Padre indica nel Vaticano II “una sicura bussola per orientare la navigazione della barca di Pietro”, e nei documenti conciliari la “porta santa che ogni comunità deve attraversare per entrare nel terzo millennio”. Il Papa sottolinea l’importanza della comunione” tra l’Azione Cattolica, il Vescovo e la Chiesa locale, richiamandosi alla lettera apostolica Novo millennio ineunte: “prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione”. Infine Giovanni Paolo II rivolge un appello a tutti gli assistenti dell’organizzazione: “Abbiate a cuore l’educazione di personalità cristiane forti e libere, sapienti e umili, in grado di promuovere con ‘il coraggio del futuro’ e la ‘fantasia della santità’ una cultura della vita, della giustizia e del bene comune”.

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LA CENTRALITA’ DEL DIRITTO INTERNAZIONE E DELLE ISPEZIONI SUL DISARMO PER RISOLVERE PACIFICAMENTE LA CRISI IRACHENA,

SOTTOLINEATE DALL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALLE NAZIONI UNITE,

 MONS. CELESTINO MIGLIORE,

INTERVENUTO IERI AD UNA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La comunità internazionale ha un “ruolo insostituibile” per risolvere la crisi irachena. Un messaggio chiaro quello dell’Osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, l’arcivescovo Celestino Migliore, che ieri è intervenuto alla riunione del Consiglio di Sicurezza sulla “situazione tra Iraq e Kuwait”. Il presule ha indicato la centralità delle ispezioni sul disarmo, “via efficace” nel rispetto della legalità internazionale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Nell’attuale contingenza internazionale, la Santa Sede comprende la “giusta preoccupazione” dell’opinione pubblica mondiale. D’altro canto, ha detto mons. Migliore, diviene urgente affrontare la questione del disarmo degli “arsenali di distruzione di massa”. Una minaccia, ha avvertito, che non riguarda “solo una singola regione, ma sfortunatamente diverse aree del pianeta”. La Santa Sede, ha proseguito, è convinta che si debba utilizzare la “ricchezza dei mezzi pacifici forniti dal diritto internazionale”. Il ricorso alla forza, ha affermato, “non sarebbe un giusto” strumento. Una guerra, infatti, aggiungerebbe “oscure prospettive di tensione” e il rischio di “conflitti tra popoli e culture” alle già gravi conseguenze che la “popolazione civile ha dovuto sopportare per lungo tempo”. Comporterebbe, inoltre, la “deprecabile reintroduzione della guerra” quale mezzo per risolvere le controversie internazionali.

 

L’arcivescovo si è quindi soffermato sulle ispezioni dell’Onu in Iraq. Un processo, ha rilevato, che “sembra in qualche modo lento”. Ma che in realtà è “una via efficace” per raggiungere un “consenso che se ampiamente condiviso dalle nazioni, renderebbe quasi impossibile per qualsiasi governo agire in modo diverso, senza rischiare l’isolamento internazionale”. Le ispezioni sono, allora, “la strada appropriata” per arrivare ad una soluzione del problema, fornendo “la base per una pace vera e duratura”. La grande maggioranza della comunità internazionale, ha constatato, chiede di sciogliere la controversia con i mezzi della diplomazia e che siano “esplorate tutte le strade per una soluzione pacifica”. Queste voci “non possono essere ignorate”. La Santa Sede incoraggia, perciò, le parti coinvolte nella crisi a “tenere aperto il dialogo” per prevenire lo scoppio di una nuova guerra.

 

Mons. Celestino Migliore, tuttavia, non ha mancato di ricordare gli sforzi compiuti dalla Santa Sede per superare la crisi nell’ “ambito della legalità internazionale”. Proprio in tale contesto, ha dichiarato, va inserita la missione dell’inviato speciale del Papa in Iraq. Nel messaggio portato dal cardinale Etchegaray a Saddam Hussein, ha aggiunto, il Papa ha messo l’accento sui “concreti impegni” che il governo iracheno è chiamato ad assumere nei confronti delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Al tempo stesso, ha rammentato, l’inviato pontificio ha rivolto “un appello alle coscienze di quanti hanno un ruolo nell’evoluzione della crisi”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"Insieme operiamo e preghiamo per la pace" è il titolo che apre la prima pagina: in occasione dell'udienza a membri di una Delegazione Interreligiosa indonesiana, Giovanni Paolo II ha rinnovato a tutti i credenti l'appello a costruire insieme un'umanità fraterna, riconciliata e solidale.

Iraq: gli Usa annunciano la presentazione di una nuova risoluzione all'Onu.

Riguardo al Medio Oriente, si sottolinea che "il sangue macchia coscienze e speranze".

"Rose che non periscono" è il titolo del pensiero di Jean Galot dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle vaticane, nel Messaggio agli assistenti dell'Azione Cattolica, riuniti a Roma per il Convegno Nazionale, il Papa ha evidenziato che l'Azione Cattolica è palestra della formazione di personalità cristiane forti e libere, sapienti ed umili.

Un articolo sulla Concelebrazione Eucaristica, presieduta dall'arcivescovo Leonardo Sandri, per il novantesimo anniversario della morte della fondatrice delle Suore Povere Bonaerensi di san Giuseppe, Madre Camilla Rolon.

Una pagina sulle iniziative di preghiera per la pace nelle Diocesi italiane.

Nel cammino della Chiesa in Italia, articoli sulle diverse attività pastorali.

 

Nelle pagine estere, l'intervento dell'arcivescovo Celestino Migliore, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sul tema "La situazione tra Iraq e Kuwait".

Il disastro aereo in Iran.

In Pakistan, precipita velivolo militare: tra le vittime, il capo dell'aviazione.

 

Nella pagina culturale,un contributo di Angelo Mundula dal titolo "Saint-Exupery fu salvato da un sorriso": importanza dei piccoli gesti di gentilezza.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con ampio riferimento al dibattito sulla crisi irachena.

Attenzione ai temi delle pensioni e della sanità. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 febbraio 2003

 

 

PAURA A MINDANAO,

L’ISOLA DELLE FILIPPINE SOTTO L’OFFENSIVA DEI RIBELLI

- Intervista con padre Rino Venturin, missionario dehoniano -

 

Tre episodi di violenza in pochissime ore, a testimonianza di un clima ormai insostenibile. La situazione a Mindanao, isola delle Filippine meridionali, si fa di giorno in giorno più drammatica. Protagonisti delle violenze sono i ribelli islamici separatisti, che nelle ultime settimane hanno intensificato la loro offensiva. E nella sola giornata di oggi sono morte almeno 23 persone.

 

L’episodio più grave, nel villaggio di Tubod: una cinquantina di uomini armati ha attaccato ed incendiato diverse case di un villaggio, provocando 21 vittime, tra cui un neonato e 4 bambini. Paura anche nell’aeroporto di Cotabato, dove l’esplosione di un furgone-bomba davanti al terminal dei passeggeri ha causato un morto e 5 feriti. Infine, un attivista islamico di 17 anni è saltato in aria presso il mercato di Kabacan, mentre stava preparando un ordigno: almeno 10 i feriti. E proprio sul clima che si respira in queste ore a Mindanao, Andrea Sarubbi ha intervistato padre Rino Venturin, missionario dehoniano, da 14 anni nell’isola:

 

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R. – Dipende molto dalle zone dove si vive. Mindanao è un’isola molto grande. E’ più o meno come un terzo dell’Italia. E questi conflitti sono circoscritti, almeno per il momento, ad una zona: il centro-sud di Mindanao, una zona prevalentemente musulmana, che è sempre stata teatro di conflitti tra guerriglieri ed esercito. A volte si assopiscono e poi riprendono, ma è una cosa che va avanti da più di 20 anni. Già adesso, sicuramente, la congiuntura internazionale ha fatto precipitare la tensione ed i conflitti.

 

D. -  Perché dice che la situazione internazionale ha fatto precipitare la tensione?

 

R. – Perché, prima di tutto, credo che sul governo ci sia una pressione degli Stati Uniti per dimostrare l’interesse di combattere tutto quello che sia guerriglia e terrorismo. Io credo che in quel senso la pressione degli Stati Uniti deve avere spinto la presidente a portare avanti questa campagna di chiarire le situazione pendenti. E da parte dei guerriglieri sicuramente si nota, nel mondo musulmano, una certa esasperazione, rabbia, impotenza, per cui le tensioni vengono fuori più feroci.

 

D. – Il conflitto in corso a Mindanao, secondo lei, è di natura religiosa o politica?

 

R. – Le cose si mescolano qui. Le recriminazioni ufficiali che fanno i musulmani non sono a sfondo religioso, sono strettamente politiche. Quello che pretendono è l’indipendenza, staccarsi e fare un piccolo Stato islamico o cose del genere. Loro non reclamano tutta Mindanao, reclamano una parte: una zona dove considerano che storicamente gli spagnoli siano arrivati prima dei filippini, che sono venuti a popolare quest’isola da altre isole. In un certo senso hanno ragione. Naturalmente la realtà di oggi è che in generale nel territorio gli abitanti sono una ventina di milioni e i musulmani non arrivano a 5: sono 4 milioni più o meno. Cioè non possono pretendere che altri 16 milioni facciano la valigia e se ne vadano da dove sono venuti.

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PROSEGUONO A GINEVRA I LAVORI DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE,

 PROMOSSA DALLA CROCE ROSSA E DALLA MEZZALUNA ROSSA,

 SUL DRAMMA DELLE PERSONE DISPERSE NEI CONFLITTI ARMATI

- Servizio di Mario Martelli -

 

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Tre giornate di intense consultazioni alle quali partecipano più di 300 esperti e personalità di governo di una novantina di Paesi. Una iniziativa per rispondere alle angosce di famiglie di milioni di persone che nulla sanno di quanto accaduto ai loro cari e per raggiungere accordi che consentano di migliorare l’assistenza alle stesse e concordare una maggiore collaborazione nelle ricerche.

 

E’ necessario dare un’assistenza più efficace a tutte le persone che perdono un loro caro - ha detto il presidente del Comitato Jacob Kellenberg - ricordando che le cause più frequenti di questi casi di persone scomparse sono i massacri, un triste e tragico fenomeno che colpisce o ha colpito numerosi Paesi come quelli dell’Africa, dove gli scomparsi sono milioni, dei Balcani, dell’America Latina, dell’Asia.

 

Si parla a Ginevra anche di una nuova, futura Convenzione internazionale, attualmente in discussione nell’ambito delle Nazioni Unite, una convenzione che dovrebbe fissare gli obblighi dei governi in materia di prevenzione, inchieste, repressione e cooperazione su tale problema e dovrebbe stabilire che la pratica sistematica della scomparsa di persone venga assimilata ad un crimine contro l’umanità e che gli autori possano quindi  essere deferiti e giudicati dalla Corte Penale Internazionale.

 

Un apposito Comitato della Conferenza ginevrina sta redigendo inoltre una dichiarazione che prevede una serie di misure pratiche, particolarmente su prevenzione, assistenza alle famiglie, identificazione delle vittime ed esumazione delle salme per il riconoscimento.

 

Da Ginevra Mario Martelli, per la Radio Vaticana.

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PER EVITARE LA TRAGEDIA DI UNA NUOVA GUERRA I SINDACI DI DIECI CITTA’ EUROPEE HANNO CONSEGNATO IERI UN APPELLO A KOFI ANNAN,

 IN VISITA A ROMA PER IL 25° ANNIVERSARIO DEL FONDO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO AGRICOLO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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“Mentre i venti di guerra cominciano a soffiare sul Medio Oriente, noi sindaci desideriamo fortemente asserire che un nuovo conflitto può e deve essere evitato”. Con questo appello, consegnato ieri a Kofi Annan in occasione del 25° anniversario del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), i primi cittadini di importanti capitali europee, tra cui Berlino, Londra, Mosca, Parigi, Roma e Sarajevo, ribadiscono la loro posizione sulla questione irachena. “Siamo contrari all’ipotesi di un conflitto - sostengono i sindaci - perché, all'alba di questo ventunesimo secolo, la guerra non può continuare ad essere considerata un normale strumento per la risoluzione delle crisi internazionali”.

 

Un intervento militare in Iraq potrebbe aumentare le divisioni del mondo occidentale da quello islamico provocando l’innesco di una destabilizzazione mondiale. La costruzione di una pace duratura in Medio Oriente è la strada da seguire per prevenire le minacce che la questione irachena comporta. “La nostra condanna al terrorismo internazionale - si legge nel comunicato - è irremovibile”.

 

L’azione della Comunità internazionale deve essere risoluta perché è necessaria una risposta efficace capace di conciliare la difesa della pace con la complessità dei fattori politici, culturali e religiosi. “La speranza per il nostro futuro - aggiungono i primi cittadini - è affidata alla capacità di disinnescare le pressioni fondamentaliste, agendo sulle cause primarie che le alimentano”.

 

La sfida è quella di conferire allo scenario mondiale un equilibrio che preveda uno sviluppo graduale e costante dei Paesi più poveri. “La lotta al regime di Saddam Hussein deve essere condotta - si legge nel documento - dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale con tutti gli strumenti offerti dal diritto”. L’Europa, che nel ventunesimo secolo ha conosciuto la tragedia della guerra, è chiamata adesso a garantire la pace.

 

“Siamo convinti - spiegano i sindaci - che la libertà, la democrazia e la lotta alla povertà e alla fame debbano avere la cornice della pace e della condivisione”. “Le città europee - conclude l’appello - devono giocare un ruolo fondamentale, come centri di sviluppo culturale, economico e sociale perché sono la base stessa della democrazia”.

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CHIESA E SOCIETA’

20 febbraio 2003

 

 

INVITO DEI VESCOVI DELL’AFRICA MERIDIONALE AL PRESIDENTE DEL SUD AFRICA:

RAFFORZARE CORRETTAMENTE LE MISURE ADOTTATE DAL GOVERNO

 PER CONTRASTARE L’EPIDEMIA DI AIDS NEL PAESE

 

PRETORIA. = La Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa meridionale (Sacbc) ha rivolto ieri al presidente della Repubblica del Sud Africa, Thabo Mbeki, un messaggio nel quale invita il governo a rafforzare la lotta contro l’Aids ed a valutare con attenzione la crisi del vicino Zimbabwe. Il Sud Africa, infatti, è il Paese con il più alto numero di persone malate di Aids al mondo. In passato il presidente Mbeki ha ricevuto critiche da parte di diverse Ong per l’impostazione che il suo Paese ha dato alla lotta contro la malattia. In particolare a Mbeki è stato rimproverato di privilegiare politiche socioeconomiche piuttosto che sanitarie, più consone ad affrontare la gravità del problema. I vescovi hanno anche avvertito il governo sulle conseguenze della crisi dello Zimbabwe. “La situazione - dichiarano - rischia di degenerare ulteriormente, come dimostra il ripetersi delle violazioni sui diritti umani. C’è il rischio concreto che il Sud Africa si trovi a dover affrontare l’arrivo di un grande numero di rifugiati”. Una nota positiva è arrivata dall’ap-prezzamento che i presuli hanno espresso al governo per la posizione assunta a favore di una soluzione pacifica della crisi irachena. (M.A.)

 

 

IN IRAQ SARANNO INTENSIFICATE LE CAMPAGNE DI VACCINAZIONE DEI BAMBINI

CONTRO IL MORBILLO E LA POLIOMIELITE. LO HA ANNUNCIATO L’UNICEF

CON UN COMUNICATO LA SCORSA SETTIMANA

 

GINEVRA. = Mentre la comunità internazionale si interroga sulla crisi irachena, l’Unicef ha annunciato che saranno intensificate le campagne di vaccinazione dei bambini iracheni contro la poliomielite ed il morbillo. Entrambe le iniziative rappresentano un ampliamento delle vaccinazioni condotte, con il sostegno dell’Unicef e dell’Organizzazione mondiale della sanità, dal Ministero della sanità iracheno. “La situazione dei bambini iracheni è estremamente difficile da più di 15 anni”, ha affermato Carol Bellamy, Direttore generale dell’Unicef. “Qualsiasi cosa accada a livello mondiale - ha aggiunto - non possiamo tirarci indietro e interrompere gli sforzi in corso per aiutarli. Dobbiamo andare incontro ai bambini iracheni e fare tutto ciò che è in nostro potere per proteggerli”. Carol Bellamy ha sottolineato come in Iraq un bambino su otto muoia prima di raggiungere il quinto anno di vita, uno tra i più alti tassi di mortalità infantile del mondo. “E’ indiscutibile che i bambini iracheni siano estremamente vulnerabili - ha proseguito il direttore dell’Unicef - e la loro salute ed il loro benessere devono continuare ad avere la priorità”. “Per molte persone - ha concluso Carol Bellamy - questa campagna costituisce un atto di fede e di speranza per il futuro. E’ un grande risultato per un Paese che è stato devastato da due gravi guerre e da 12 anni di sanzioni”. (A.L.)

 

 

17 MILA PERSONE, TRA BAMBINI E MADRI, RISCHIANO DI MORIRE DI FAME

NELLA PROVINCIA ARGENTINA DI TUCUMAN. UN’EMERGENZA ALLA QUALE

LE AUTORITA’ LOCALI NON HANNO I MEZZI PER OPPORSI

 

TUCAMAN. = Continua ad essere drammatica la situazione in Argentina. L’ultimo allarme arriva dalla provincia di Tucumàn, dove 17 mila persone, tra bambini e madri, rischiano di morire di fame. Il bilancio è fornito da un rapporto del Sistema sanitario provinciale (Siprosa). Circa 15.300 sono piccoli di età inferiore ai sei anni, 680 sono minori di 14 anni ai quali sono stati riscontrati danni neurologici e un migliaio sono donne incinte denutrite. Durante l'ultimo trimestre del 2002 le morti per fame a Tucumán sono state 19. In tutti i casi, il contesto sociale in cui si sono verificati i decessi era lo stesso: famiglie numerose in situazione di estrema indigenza, padri senza lavoro e senza aiuti sociali, case miserabili prive di acqua potabile e con servizi igienici a dir poco fatiscenti. La prima a soccombere era stata Maria Rosa Gómez, che a sei anni pesava solo nove chilogrammi. Il sistema sanitario locale ha predisposto un piano di aiuti alimentari per tentare di contrastare questa tragedia. “La novità sostanziale - ha spiegato il presidente di Siprosa, Juan Masaguer - è che rispetto allo scorso anno i minori di 14 anni e le mamme sono stati inclusi nei programmi di assistenza, finora riservati ai bambini sotto i sei anni”. In concreto ricevono latte e un pacco-viveri una volta al mese. (M.A.)

 

 

ESPULSO PER AVER OFFERTO OSPITALITA’ CLANDESTINA AGLI SFOLLATI INFANGANDO

IL NOME DEL MOVIMENTO RIBELLE CONGOLESE. E’ ACCADUTO A PADRE MARC DENECKER, MISSIONARIO D’AFRICA, NEL MIRINO

 PER AVER DENUNCIATO LE NUMEROSE VIOLAZIONI COMMESSE CONTRO LA POPOLAZIONE CONGOLESE

 

BUNIA. = Espulso per aver offerto “ospitalità clandestina agli sfollati” con la volontà di infangare il nome del movimento ribelle che controlla la zona del Bunia, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Con questa spiegazione ufficiale il padre missionario d’Africa Marc Denecker, di nazionalità belga, è stato dichiarato “persona non grata” dall’Unione dei patrioti congolesi (Upc). Ne dà notizia l’agenzia missionaria Misna puntualizzando che il decreto  di espulsione è stato firmato lo scorso 13 febbraio da Saba Aimable, sedicente “ufficiale di polizia giudiziaria a competenza generale” e “amministratore generale della sicurezza” dei patrioti del Congo. Ai vertici dell’Upc figura il nome di Thomas Lubanga, uno dei signori della guerra in prima linea nei feroci scontri armati nella regione nord-orientale dell’Ituri, scenario di cruenti combattimenti tra i gruppi ribelli per il controllo delle risorse minerarie. Le prese di posizione del religioso espulso, già parroco di Bunia, dirette contro le gravi violazioni commesse contro la popolazione avevano infastidito i miliziani, detentori di fatto dell’autorità civile sul territorio. Tra le accuse riportate nel verbale figura anche quella che ritiene padre Denecker colpevole di “essere in contatto con le forze negative che bloccano il processo di pacificazione e riconciliazione”. E la Misna informa che ci sarebbe un secondo religioso, sempre appartenente all’ordine dei cosiddetti “Padri bianchi”, “bollato” da un decreto dello stesso tipo. All’uomo sarebbero stati accordati altri 10 giorni di tempo per abbandonare la zona sotto il controllo dell’Unione dei patrioti congolesi. (P.O.)

 

 

LA FONDAZIONE NIWANO HA CONSEGNATO IL PREMIO PER LA PACE 2003

A PRISCILLA ELWORTHY DELL’OXFORD RESEARCH GROUP (ORG),

 STUDIOSA DI STRATEGIA DELLA PACE ATTRAVERSO IL DISARMO NUCLEARE

 

TOKIO. = Priscilla Elworthy dell’Oxford research group (Org), studiosa di strategia della pace attraverso il disarmo nucleare, è la vincitrice della ventesima edizione del Premio Niwano per la pace. La decisione è stata presa da un comitato composto da sette rappresentanti delle religioni mondiali, che ha scelto tra un migliaio di segnalazioni giunte da 125 paesi. L’Oxford research group è un organizzazione non governativa britannica che studia i problemi legati agli armamenti nucleari e conduce studi sulla regolamentazione e la riduzione del commercio delle armi. Con le sue ricerche l’organizzazione ha avuto una forte influenza sui negoziati internazionali sul disarmo. Il premio internazionale per la pace è stato istituito dalla Fondazione Niwano per la pace nel 1983, per onorare e incoraggiare il contributo che singoli individui e organizzazioni hanno dato alla realizzazione della pace nel mondo attraverso il dialogo interreligioso. La fondazione si prefigge di trovare le persone e le organizzazioni meno note in questo campo per sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulle loro attività. La consegna del premio, dotato di 157.500 euro, avverrà a Tokio il prossimo 8 maggio. (M.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 febbraio 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

Angola, Cile, Messico, Pakistan: ferve l’offensiva diplomatica di Stati Uniti e Gran Bretagna sui Paesi membri del Consiglio di Sicurezza che ancora non si sono schierati sulla possibilità di votare una nuova risoluzione contro l’Iraq. Il loro pronunciamento potrebbe risultare determinante per il via libera ad un attacco. Se intanto la Russia, col ministro degli Esteri Ivanov, ha detto di "esigere una cooperazione totale di Baghdad" con gli ispettori sul disarmo, il leader iracheno Saddam Hussein ha riunito stamani i propri consiglieri per discutere delle misure da prendere in caso di guerra. Ma il presidente Bush ed il premier britannico Blair continuano a preparare il documento che dovrebbe contenere la constatazione delle violazioni dell’Iraq alla risoluzione 1441. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il presidente Bush e il premier Blair hanno discusso ieri il testo che secondo il portavoce della Casa Bianca Ari Fleisher verrà introdotto forse all’inizio della settimana prossima. Il documento, molto breve, dovrebbe contenere la constatazione che Baghdad ha violato la risoluzione 1441 e non collabora con gli ispettori. La minaccia militare non sarebbe esplicita, ma l’approvazione di un simile linguaggio di fatto aprirebbe la porta alla guerra.

 

Il voto potrebbe avvenire dopo il prossimo rapporto degli ispettori, previsto il 1° marzo, mentre Hans Blix ha lasciato intendere che come prova della cooperazione chiederà a Baghdad di distruggere i missili Al Samoud, scoperti di recente in violazione ai divieti del Palazzo di Vetro. Nei giorni scorsi, però, la Francia ha detto di essere contraria ad una nuova risoluzione e quindi potrebbe bloccare l’iniziativa anglo-americana col veto. A questa opposizione si sono unite molte voci durante il dibattito degli ultimi due giorni tra i Paesi non membri del Consiglio di sicurezza.

 

La Casa Bianca in caso di veto resta pronta ad attaccare con le Nazioni disponibili. I piani di guerra, però, si stanno complicando per le resistenze della Turchia, che dovrebbe ospitare le truppe incaricate di invadere l’Iraq dal nord.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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All'insegna della crisi irachena si è aperto oggi a Kuala Lumpur il vertice fra i 114 Paesi aderenti al Movimento dei Non Allineati (Nam): un'associazione nata durante la Guerra Fredda fra gli Stati che non si riconoscevano nel mondo capitalista e industriale e non facevano neanche parte del blocco sovietico. Nel proprio intervento di apertura, il ministro degli Esteri della Malaysia, Syed Hamid Albar, ha duramente criticato l’Occidente, accusato di usare ''due pesi e due misure'' in materia di diritti umani nella conduzione della guerra contro il terrorismo.

 

Una bomba ha provocato almeno quattro morti in un mercato di Baramulla, nel nord del Kashmir indiano. L'attentato, avvenuto stamani, potrebbe essere stato organizzato da ribelli islamici. Questa infatti è la pista seguita dalle forze dell'ordine.

 

Elicotteri dell’esercito governativo della Costa d’Avorio hanno attaccato stamani una postazione dei ribelli a Zuenoula, nel centro del Paese. Proprio poche ore prima un invito a rispettare gli accordi di Parigi per la pace in Costa d’Avorio era venuto dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e dal presidente francese Chirac. I due hanno aperto stamani a Parigi il 22.mo vertice franco-africano. Il servizio di Roberto Piermarini:

 

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Fiero della linea diplomatica tenuta nei confronti di Stati Uniti e Gran Bretagna sull’Iraq, Chirac torna a dedicarsi all’Africa. In primo piano ai lavori del vertice di Parigi, la delicata situazione in Costa d’Avorio, percorsa dal settembre scorso da sanguinosi scontri tra ribelli e governativi del presidente Gbagbo. Ma grande assente al vertice è proprio il capo di Stato della Costa d'Avorio, dove la presenza di circa tremila militari francesi è ancora fortemente contestata e gli accordi di pace raggiunti qualche settimana fa a Marcoussis - alle porte di Parigi - restano per ora sulla carta. Comunque Chirac non si è lasciato intimidire: nel proprio intervento stamani ha ribadito che in Africa il tempo dell’impunità è finito per i criminali, evocando quindi l’intervento della Corte penale internazionale. Ma tra i 45 capi di Stato e di governo giunti in Francia per il vertice, c’è anche quel controverso personaggio che è il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, messo al bando dall’Unione europea dopo la campagna di espropriazione delle terre dei bianchi nell'ex colonia inglese, che nel 2000 provocò 32 morti.

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Passiamo alla sciagura aerea che ieri in Iran ha provocato la morte di 302 persone, tra cui 284 Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione. All’origine dell’incidente, ci sarebbe il maltempo, unito alle cattive condizioni dell’aereo. Il velivolo, partito dalla città orientale di Zahedan, era diretto a Kerman, 500 chilometri più ad ovest. I militari erano probabilmente impegnati in una delicata missione, come conferma Alberto Zanconato, corrispondente dell’Ansa a Teheran, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. - Poiché i Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione - fra gli altri incarichi delicati che svolgono - hanno anche quello del controllo delle frontiere, è possibile che si trattasse di un volo per un ricambio di truppe alla frontiera. Va ricordato, fra l’altro, che questa è una frontiera molto delicata, essendo vicino all’Afghanistan e al Pakistan. E’ una zona dove c’è un continuo afflusso di trafficanti di droga che con i Pasdaran danno vita, qualche volta, a scontri molto sanguinosi.

 

D. - Da quando Khomeini costituì il corpo dei Pasdaran nel 1979, come sono cambiati i compiti dei Guardiani della rivoluzione?

 

R. - Sono diventati una forza molto più regolare di quanto fossero allora, perché oggi si calcola che le forze armate iraniane possano contare su 500 mila effettivi, di cui 250 mila Pasdaran che hanno il controllo sulle armi strategiche. E’ il corpo al quale appartengono gli uomini antisommossa, che vengono schierati nelle strade e nelle piazze iraniane quando ci sono dimostrazioni pericolose.

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Ed un altro incidente aereo è avvenuto questa mattina nel nordovest del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. A precipitare è stato un velivolo militare, che trasportava 17 persone. Tra i morti, anche il comandante dell’Aeronautica, il generale Mushaf Ali Mir, che viaggiava insieme ad altri alti ufficiali. Esclusa dagli investigatori la pista dell’attentato.

 

E’ stato ucciso sull’isola filippina di Jolo uno dei capi dei ribelli islamici Abu Sayyaf. Mujib Susukan, rimasto vittima degli scontri con l’esercito regolare, aveva partecipato al sequestro nel 2000 di una dozzina di turisti, per lo più europei. Al momento Abu Sayyaf tiene ancora in ostaggio tre indonesiani e quattro filippini, rapiti l’anno scorso.

 

Rispettando le previsioni della vigilia, il presidente uscente Robert Kocharian è in testa alle elezioni presidenziali che si sono tenute ieri nell’ex Repubblica sovietica di Armenia. Centinaia gli osservatori internazionali per seguire il corretto andamento delle operazioni di voto. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:

 

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Nove in totale sono i candidati, molte le denunce di broglio. Con lo scrutinio ancora in corso Kocharian è ad una manciata di voti dall’ottenere il 50 per cento dei suffragi necessari per la vittoria già al primo turno. Se non vi riuscisse, si andrebbe al ballottaggio. Cinque anni di vita normale e stabile ha promesso in caso di nuova elezione il 48.enne presidente uscente, nativo del Nagorno-Karabakh, l’enclave contesa con l’Azerbaigian per la quale non si trova una soluzione da un decennio. L’opposizione a Kocharian non è riuscita ad accordarsi su un candidato unico, così si è presentata troppo divisa alle consultazioni. Grande come il Belgio, l’Armenia attraversa da anni una grave crisi economica. L’emigrazione verso gli Stati Uniti e la Russia è assai alta.

 

Da Mosca per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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