RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 50 - Testo della
Trasmissione mercoledì 19 febbraio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il presidente Bush
ribadisce la linea dura contro Saddam Hussein
Nuove violenze nei Territori: raid israeliani provocano almeno 14
morti
Distensione in Venezuela: governo e opposizione firmano una dichiarazione
comune contro la violenza, per la pace e per la democrazia.
19
febbraio 2003
IL CELEBRE CANTICO DEI TRE GIOVANI EBREI TRA LE
FIAMME DELLA FORNACE ARDENTE, PREGHIERA DI LODE FIDUCIOSA A DIO IN TEMPO DI
PERSECUZIONE,
NELLA CATECHESI BIBLICA DEL PAPA ALL’UDIENZA
GENERALE
- A
cura di Giovanni Peduto -
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Il testo biblico sul quale il Pontefice ha intessuto la
catechesi è il Cantico dei tre giovinetti che benedicono Dio nella
fornace ardente, tratto dal libro del profeta Daniele: sono i testimoni
coraggiosi della fede che non hanno voluto piegarsi all’idolatria e hanno
preferito affrontare il martirio, ma Dio li salva nel pericolo estremo,
premiando la loro fede nel Signore del cosmo e della storia che non li abbandonerà
alla morte e al nulla. Il Pontefice ha rilevato che l’autore biblico evoca
questo eroico evento per stimolare i suoi contemporanei - alcuni secoli dopo i
fatti accaduti intorno al 586 a.C. - a tenere alto il vessillo della fede
durante le persecuzioni dei Re siro-ellenistici del secondo secolo avanti
Cristo…
“Il Cantico tradizionalmente
chiamato dei tre giovani è simile ad una fiaccola che rischiara l’oscurità del
tempo dell’oppressione e della persecuzione, un tempo che spesso si è ripetuto
nella storia di Israele e nella stessa storia del cristianesimo. E noi sappiamo
che il persecutore non assume sempre io volto violento e macabro
dell’oppressore, ma spesso si compiace di isolare il giusto, con la beffa e
l’ironia, chiedendogli con sarcasmo: dov’è il tuo Dio?”.
Questo Cantico dei tre giovinetti risalta la presenza
gloriosa del Signore, trascendente eppure vicina: un Dio al di sopra di noi,
capace di salvarci con la sua potenza; ma anche un Dio vicino al suo popolo,
che rivelerà in pienezza il suo amore nel mandare in mezzo a noi il Figlio - ha
detto il Papa - a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione
segnata da prove, oppressioni, solitudine e morte. La lode dei tre giovani al
Dio salvatore - ha concluso il Papa - continua nella Chiesa. Come di consueto
Giovanni Paolo II ha salutato in diverse lingue i pellegrini presenti
all’udienza e, in particolare, i giovani, i malati e gli sposi novelli…
“Pensando alla festa della
Cattedra di San Pietro, che celebreremo sabato prossimo, invito voi, cari
giovani, ad essere ovunque apostoli di fedeltà alla Chiesa; esorto voi, cari
malati, ad offrire al Signore le vostre sofferenze per l’unità di quanti
credono in Cristo; ed incoraggio voi, cari sposi novelli, a nutrire la vostra
famiglia di quella fede, fondata sulla testimonianza di Pietro e degli altri
Apostoli”.
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COMBATTERE
LA POVERTA’ E LA FAME NEL MONDO
CON
STRATEGIE CHE MIRINO A DIFENDERE LA DIGNITA’ UMANA
E NON
SIANO SOGGETTE AD INTERESSI ED EGOISMI DI PARTE.
COSI’
IL PAPA PER IL 25.MO ANNIVERSARIO DELL’IFAD,
IL
FONDO ONU PER LO SVILUPPO AGRICOLO RIUNITO A ROMA
-
Servizi di Alessandro De Carolis e Debora Donnini -
**********
La
lotta alla povertà su scala internazionale, alla malnutrizione in particolare,
è una complessa alchimia di forze diverse e contrapposte: volontà di portare
aiuto, reali possibilità di intervento, gioco di interessi particolari, che
talvolta sfociano in “barriere ed egoismi”. Ma “la base sulla quale fondare
senza indugi l’azione internazionale” deve rimanere la “centralità della
persona umana” con le “sue esigenze primarie”. Nel suo messaggio al presidente
dell’Ifad, Lennart Båge, per il 25.mo di vita del Fondo internazionale dell’Onu
per lo sviluppo agricolo, Giovanni Paolo II si addentra nel contesto
dell’attività dell’organismo di solidarietà, creato nel 1974 con lo scopo
dichiarato di “trasformare i lavoratori agricoli in artefici responsabili della
loro produzione e del loro progresso”, secondo le parole di Paolo VI che
incoraggiò la costituzione dell’Ifad.
Anche
l’attuale Pontefice celebra l’importante anniversario con un “plauso agli
obiettivi raggiunti” e l’incoraggiamento “a
proseguire ogni sforzo nella lotta alla povertà ed alla fame” oltre ogni
ostacolo. Il Papa loda, nel suo messaggio, “l’approccio positivo” adottato
finora dal Fondo: “Non vi è dubbio – scrive Giovanni Paolo II - che l'impegno
di solidarietà sin qui profuso dall'Ifad nel combattere la povertà rurale ha
individuato un modo concreto per raggiungere la sicurezza alimentare, svincolandola
dalle sole considerazioni legate alla disponibilità di derrate finalizzate ai
consumi, ma stimolando molteplici risorse, ad iniziare da quelle dei lavoratori
e delle comunità rurali. Così considerata - osserva - la sicurezza alimentare
può costituire la garanzia necessaria per il rispetto del diritto di ogni
persona ad essere libera dalla fame”.
Ma lo scenario offerto da quegli
angoli di pianeta condizionati dalla penuria di cibo è tale, prosegue il Papa,
che - pur “in una realtà mondiale che nel suo insieme vive uno sviluppo ed un
progresso senza precedenti nella storia ed è cosciente della disponibilità di
risorse a livello globale” - la “contrapposizione tra le possibilità di
intervento e la volontà di operare in concreto mette in serio pericolo la
sopravvivenza di milioni di persone”. Molte delle quali, elenca il Pontefice,
sono “vittime dei conflitti”, di “gravi violazioni dei diritti umani”, o
ingrossano le fila dei rifugiati o degli sfollati. Ecco perché gli interventi
devono essere ispirati dalla reale attenzione all’uomo. Contro questa tendenza,
Giovanni Paolo II stigmatizza gli attuali fenomeni segnati, afferma, dalla
“contrapposizione di interessi e il desiderio di prevalere che hanno come
conseguenza l'abbandono della trattativa e la spinta all'isolamento”, privando
di efficacia gli interventi di solidarietà. “Né si può dimenticare – soggiunge
- la triste rassegnazione che sembra aver spento il desiderio di vivere di
intere popolazioni che fame e malnutrizione pongono ai margini della Comunità
delle nazioni, lontane da condizioni di vita realmente rispettose della dignità
umana”. La celebrazione dell'istituzione del Fondo, è l’auspicio conclusivo del
Pontefice, “possa essere occasione per confermare un diretto impegno da
tradurre in gesti concreti, che facciano sentire ciascuno responsabile non di qualcosa,
ma di qualcuno, e cioè dell'uomo che domanda il pane quotidiano”.
Questa
mattina alle 10, intanto, con l'arrivo del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, si e'
aperta a Roma l’Assemblea annuale del Consiglio dei governatori dell'Ifad - 162
gli Stati membri - nel palazzo dei Congressi dell'Eur, alla presenza del
segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, e del cardinale segretario di Stato,
Angelo Sodano, che ha letto il messaggio del Papa. A seguire i lavori
dell’Assemblea, c’era per noi Debora Donnini:
Sette virgola sette miliardi di dollari per 628 progetti
di sviluppo rurale, in 115 Paesi del mondo. Con questi numeri si può
sintetizzare l’attività dell’Ifad nei suoi primi 25 anni di vita. Oltre 250
milioni di piccoli contadini e di minoranze indigene sono stati aiutati da
questo fondo delle Nazioni Unite, che mira a promuovere lo sviluppo agricolo
per combattere la fame delle popolazioni più povere del pianeta. Nel suo discorso
il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha affermato che l’attuale crisi
internazionale non deve distogliere dalla determinazione a lavorare in tutto il
mondo per raggiungere la libertà dalla paura e dal bisogno. E infatti
l’obiettivo di questo Summit è quello di discutere le strategie più idonee per
consentire maggiore sviluppo alle popolazioni rurali povere, in modo da
raggiungere gli obiettivi del vertice del millennio, e cioè dimezzare entro il
2015 la percentuale di persone che vivono in estrema povertà.
“Non vi è oggi maggior problema internazionale, politico,
economico, ambientale che non si colleghi con le intense inquietudini dei
popoli del Sud del mondo”, ha ricordato nel suo discorso il presidente della
Repubblica italiana. Carlo Azeglio Ciampi ha infatti sottolineato che lo
sviluppo dei Paesi poveri è diventato la priorità di una politica estera
lungimirante dei Paesi avanzati, e che l’Italia è stata fra i primi ad attuare
misure di riconversione del debito dei Paesi in via di sviluppo.
Nell’orizzonte della globalizzazione appare importante non
solo investire per sviluppare le popolazioni rurali e povere, ma soprattutto
favorire l’accesso al mercato di queste stesse popolazioni, è stato
sottolineato dall’Ifad. L’altra sfida è quella di mettere le donne delle
comunità rurali in grado di divenire soggetti attivi di trasformazione.
Dal Palazzo dei Congressi di Roma, Debora Donnini, Radio
Vaticana.
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IL DOLORE DEL PAPA PER LE NUMEROSE VITTIME
DELL’INCENDIO
NELLA
METROPOLITANA DI TAEGU, IN COREA DEL SUD
- A
cura di Paolo Salvo -
Il Papa
ha espresso il suo profondo cordoglio per le numerose vittime del pauroso incendio
scatenatosi ieri nella metropolitana di Taegu, la terza città della Corea del
Sud, con un terribile bilancio, ancora provvisorio, che secondo gli ultimi dati
forniti oggi dal sindaco è di 124
morti, 144 feriti e più di 300 dispersi. Presunto responsabile della tragedia è
un uomo con precedenti ricoveri per malattie mentali, che avrebbe causato il
rogo in un vagone, appiccando il fuoco a un contenitore di plastica pieno di
liquido infiammabile.
In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Taegu,
mons. Paul Ri Moun-hi, Giovanni Paolo II si dice “addolorato dalla notizia
della grande perdita di vite umane”, pregando il presule di porgere le sue
“sentite condoglianze alle autorità civili e alle famiglie in afflizione”. Il
Papa “prega per l’eterno riposo delle vittime ed invoca da Dio il dono della
forza e del conforto su coloro che sono in lutto”.
Messaggi di cordoglio e di solidarietà sono giunti al
presidente Kim Dae Jung e alle autorità cittadine da ogni parte del mondo e dai
leader di molti paesi. Mentre restano ancora da identificare molti corpi,
rimasti purtroppo sfigurati o carbonizzati dalle fiamme, infuriano le polemiche
sulla sicurezza della metropolitana.
ALTRA
UDIENZA DI OGGI. NUOVO VESCOVO A LATACUNGA IN ECUADOR
Il Papa ha ricevuto stamani in udienza il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
In Ecuador, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Latacunga,
presentata dal vescovo mons. Raùl Lopez Mayorga, per raggiunti limiti di età.
Il Pontefice ha quindi nominato vescovo di Latacunga il sacerdote Victor
Naranjo Tovar, di 62 anni, finora vicario generale della stessa diocesi. Il
nuovo presule, già alunno del Collegio Pio Latino e della Pontificia Università
Gregoriana a Roma, ha svolto a lungo il ministero di parroco.
L’AUSPICIO
DI “TROVARE ANCORA SOLUZIONI GIUSTE ED EFFICACI”
ALLA
CRISI IRACHENA ESPRESSO DAL PAPA E DAL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU
KOFI
ANNAN RICEVUTO IERI IN VATICANO
- A cura di Carla Cotignoli -
Nuova importante tappa dell’intensa azione diplomatica
della Santa Sede per evitare un nuovo conflitto in Iraq: l’udienza del Papa di
ieri pomeriggio al segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
L’auspicio è comune: “trovare ancora soluzioni giuste ed efficaci”. E’ quanto è
espresso nella dichiarazione del direttore della Sala Stampa vaticana Navarro
Valls. Il colloquio tra Giovanni Paolo II e Kofi Annan, durato mezz’ora, è
stato “cordiale e approfondito”. Ha permesso di “esaminare i diversi aspetti
dell’attuale critica situazione riguardo all’Iraq”. E’ stato sottolineato “il
ruolo essenziale delle Nazioni Unite nell’ora presente” e si è “auspicato che
possano essere trovate ancora delle giuste ed efficaci soluzioni alle sfide del
momento nel rispetto della legalità internazionale di cui l’organizzazione
delle Nazioni Unite è garante. Soluzioni d’altra parte che evitino ulteriori
gravi sofferenze a quelle popolazioni, già provate da lunghi anni di embargo”.
La
crisi in Iraq non è stato l’unico punto affrontato dal Papa e da Kofi Annan:
“Si sono anche passate in rassegna altre situazioni di conflitto nel mondo,
particolarmente la sempre drammatica situazione in Terra Santa”.
Il
segretario generale dell’Onu si è incontrato anche con il segretario di Stato
cardinale Angelo Sodano, accompagnato dal cardinale Roger Etchegaray. Nei colloqui
ieri in Vaticano, Kofi Annan è stato ringraziato “per il suo costante impegno
personale per la pace in diverse zone del mondo”.
LA PACE INTERNAZIONALE E I VALORI
RELIGIOSI LEGATI ALLA CONVENZIONE EUROPEA AL CENTRO DELL’ANNIVERSARIO DELLA
REVISIONE DEL CONCORDATO,
CELEBRATO
IERI NELL’AMBASCIATA ITALIANA PRESSO LA SANTA SEDE
- Servizio di Stefano Leszczynski -
La
crisi irachena è stata in primo piano anche al ricevimento di ieri sera,
organizzato dall’ambasciata italiana presso la Santa Sede nell’anniversario
della revisione del Concordato. Il segretario di Stato, cardinale Angelo
Sodano, ha sottolineato che molte strade pacifiche sono ancora percorribili. Il
servizio di Stefano Leszczynski:
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Iraq e Convenzione europea al centro dei colloqui tra lo
Stato italiano e la Santa Sede, svoltisi ieri sera alla presenza del presidente
della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, del premier Berlusconi e dei
presidenti di Camera e Senato. Presente per la Santa Sede il segretario di
Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano. E proprio quest’ultimo ha riferito,
parlando con i giornalisti, che in materia di pace in Iraq c’è pieno accordo
sul fatto che molte strade pacifiche siano ancora percorribili e soprattutto
tutto è ancora da sperimentare. La guerra – ha detto il cardinale Sodano – non
è inevitabile. La diplomazia è al lavoro per tessere una rete di contatti sia
con gli Stati Uniti che con la Gran Bretagna. In particolare ha ricordato
l’incontro tra Tony Blair e il Papa che avverrà il 22 febbraio prossimo. La
Chiesa – ha ripetuto il segretario di Stato – è sempre per una soluzione
pacifica delle crisi e promuove la pace.
In materia di Convenzione europea il cardinale Sodano ha
riferito il consenso della Santa Sede affinché l’Italia si adoperi per ispirare
la futura Convenzione inserendo i riferimenti ai grandi valori religiosi e
spirituali per garantire le libertà della Chiesa e delle confessioni religiose
come nella tradizione di libertà dell’Europa. Il modello italiano di rapporti
tra Chiesa e Stato – ha detto il cardinale Sodano – è da imitare in ambito di
Convenzione europea.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Con audacia sui sentieri
della pace" è il titolo che apre la prima pagina: in riferimento all'Iraq,
si rileva che è in corso un'intensa attività diplomatica per scongiurare il
rischio di una guerra.
L'udienza del Papa al
segretario generale dell'Onu.
Sempre in prima, si sottolinea
con forza che, in Medio Oriente, "si uccide senza pietà": oltre 40
carri armati utilizzati dall'esercito durante il raid che ha causato numerosi
morti a Gaza.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre per la tragedia consumatasi in Corea del Sud.
"Nella luce suprema di
Dio, il senso del dolore, del gaudio e della gloria" è il titolo del
pensiero di Mario Gabriele Giordano dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle pagine vaticane, la
catechesi e la cronaca dell'udienza generale.
Il Messaggio del Papa in
occasione dell'Assemblea annuale del Consiglio dei Governatori del Fondo
internazionale per lo sviluppo agricolo "Ifad".
Nel cammino della Chiesa in
America, il Messaggio della Conferenza Episcopale di Panama: per costruire la
pace è necessario costruire una democrazia partecipativa.
Nelle pagine estere, avviato il
ritiro delle truppe siriane dal Libano del Nord.
Bolivia: l'Esecutivo si dimette
dopo le gravi violenze.
Le devastanti conseguenze del
maltempo negli Usa.
Nella pagina culturale, un
contributo di Danilo Veneruso dal titolo "Apporti metodologici di notevole
valore": un volume a più voci sulle teologie politiche dall'antichità
all'età contemporanea.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la crisi irachena con riferimento al dibattito parlamentare.
In rilievo anche i temi
del fisco, del lavoro e della scuola.
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IN
VISITA DI SOLIDARIETA’ IN COSTA D’AVORIO,
ALLE
PRESE CON LA NORMALIZZAZIONE DOPO IL CONFLITTO INTERNO
-
Intervista con il porporato -
La Costa d’Avorio ha avviato nei giorni scorsi il suo
delicato processo di transizione. Nelle trattative per la formazione del nuovo
governo, l’esercito si è detto disponibile ad un ingresso dei ribelli
nell’esecutivo, ma non nei ministeri chiave della Difesa e dell’Interno. Gli ex
golpisti sono partiti per Parigi, dove domani è in programma il vertice
franco-africano: minacciano di tornare a marciare su Abidjan, se riceveranno
garanzie di veder soddisfatte le loro richieste. Intanto, dal Benin dove
risiede, è giunto nel Paese il cardinale Bernardin Gantin, accompagnato dal
presidente della Conferenza episcopale del Benin, l’arcivescovo di Cotonou,
Nestor Assogba. Questa sera, il porporato presiederà una Messa per la pace ad
Abidjan insieme a tutti i vescovi ivoriani. Il responsabile del nostro programma
Francese-Africa, padre Joseph Ballong, gli ha chiesto se questa sua visita
abbia un carattere personale o sia stata dettata dalla difficile situazione
della Costa d’Avorio:
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R.- La visita non poteva essere separata, disgiunta da una
crisi che dura già da più di cinque mesi e che crea problemi, sofferenze, la
fuga di tanti da una regione all’altra. Di questo ne parlano ogni giorno i
giornali, la radio, la televisione. Noi, per via dei legami storici, religiosi,
cristiani e umani che ci uniscono alla Costa d’Avorio, non potevamo venire qui
in visita personale senza esprimere anche la nostra compassione e solidarietà
agli ivoriani. Non potevamo non pregare con loro, come faremo stasera durante
la Santa Messa, alla quale parteciperanno quasi tutti i vescovi, molti sacerdoti,
religiosi, religiose e missionari. Vogliamo manifestare la nostra solidarietà,
anche quella della Chiesa universale, incoraggiando chi vuol continuare a
donarsi a servizio della pace in questo Paese tanto caro al Papa, alla Chiesa e
a noi.
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IL
DRAMMA DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE NEI TERRITORI OCCUPATI,
DOVE
OPERA L’ASSOCIAZIONE “PAPA GIOVANNI XXIII”
-
Servizio di Francesca Sabatinelli -
L’attuale situazione umanitaria e sociale nei Territori
occupati palestinesi sta scoraggiando gli operatori dell’associazione ‘Papa
Giovanni XXIII’, che da oltre un anno sono impegnati sul territorio in progetti
condotti con le Organizzazioni non governative palestinesi e israeliane. “Le
notizie che arrivano da qui parlano di attentati e ritorsioni, ma mai di come
realmente vive la popolazione civile palestinese”, è il loro richiamo. Questa
la testimonianza di una ragazza dell’associazione, che per ragioni di sicurezza
preferisce mantenere l’anonimato, raggiunta telefonicamente da Francesca
Sabatinelli nella Striscia di Gaza, teatro la scorsa notte, come già detto, di
una violenta e sanguinosa battaglia con 11 palestinesi uccisi.
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R. - Al di là delle violenze, al di là di quello di cui i
media parlano, c’è una situazione della popolazione civile palestinese che si
sta completamente deteriorando, l’assedio di Israele ha degli effetti sui
civili palestinesi spaventosi. I palestinesi sono impossibilitati a muoversi:
coprifuochi continui sulle città palestinesi, blocco in tutte le città
palestinesi. Io ero a Hebron la settimana scorsa e vi dico che è impossibile
camminare per la città, perché tutte le strade sono bloccate. Confische di
terre, distruzione e demolizioni di case, attacchi notturni con elicotteri, con
tanks che entrano dentro le città. Umiliazioni ripetute ai check point. Anche
se si trattasse di una vera e propria caccia al terrorismo, queste hanno l’aria
di punizioni collettive.
D. - Tu hai l’impressione che queste azioni condotte
dall’esercito israeliano siano effettivamente comandate dall’alto, o siano
dettate più che altro a volte dalla paura che prende questi giovani militari?
R. - Sicuramente i giovani militari hanno paura. Il
ragazzo di venti anni, che si incontra al check point, è una persona
assolutamente spaventata, perché in questa situazione chi non lo sarebbe? Però,
sicuramente, c’è anche una strategia che vuole la paura per gli israeliani,
perché vuole che poi reagiscano in questo modo. Questo tipo di strategia sta
facendo il male degli israeliani e dei palestinesi.
D. - Chiaramente in questa situazione i ragazzi non vanno
a scuola, gli adulti non lavorano. C’è un panorama di forte miseria..
R. - Assolutamente. Quello dell’educazione è un problema
fortissimo, infatti adesso, tra le altre cose, la rete delle Organizzazioni non
governative palestinesi vuole lanciare questa campagna sull’educazione, proprio
per chiedere, a volontari internazionali, di venire qui a funzione di
monitoraggio, testimonianza e di accompagnamento fisico dei bambini a scuola,
per permettere a questi bambini di poter ricevere una educazione. Poi la
situazione della disoccupazione, soprattutto nella Striscia di Gaza è paurosa.
Nella Striscia di Gaza ci sono famiglie che attualmente riescono a mangiare
soltanto per la distribuzione di cibo fatta dall’agenzia delle Nazioni Unite, o
da altre agenzie umanitarie.
D. - Tu hai parlato di Hebron la scorsa settimana in
Cisgiordania, mentre in questi giorni sei nella Striscia di Gaza, c’è una
differenza tra le due parti?
R. - Si, c’è una differenza. La Cisgiordania è una realtà
di occupazione. L’esercito israeliano occupa fisicamente le città della
Cisgiordania. La Striscia di Gaza, all’interno, è anche tra virgolette “libera”
e comunque sotto autonomia palestinese, però, per certi versi, la situazione è
anche più terribile, perché è completamente circondata. Nel 42 per cento vivono
4 mila coloni difesi da 8 mila soldati, nella restante percentuale, 1 milione e
250 mila palestinesi. C’è il campo profughi di Jabalia che è l’area a più alta
densità di popolazione del mondo.
D. - Voi siete comunque in contatto e collaborate anche
con i pacifisti israeliani?
R. - Ce ne sono e stanno anche crescendo lentamente. Fare
il pacifista in Italia è molto più semplice che farlo in Israele. Io ho molti
amici che rifiutano di fare il servizio militare e pagano sulla propria pelle,
perché vanno in prigione. Sono scelte difficili, insomma, perché in Israele,
chiaramente anche l’obiezione di coscienza non è un diritto riconosciuto. Non
si può obiettare in Israele. Sono, dunque, delle scelte difficili. Non sono
tantissimi, ma stanno aumentando pur avendo, chiaramente, le loro difficoltà.
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19
febbraio 2003
“I
DISPERSI A CAUSA DEI CONFLITTI ARMATI E DELLA VIOLENZA INTERNA”.
E’ QUESTO IL TEMA DELLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE,
PROMOSSA
DALLA CROCE ROSSA, CHE SI SVOLGERÀ A GINEVRA
A PARTIRE
DA OGGI FINO AL 21 FEBBRAIO
GINEVRA.
= A partire da oggi e fino al 21 febbraio si terrà a Ginevra, in Svizzera, la Conferenza internazionale sul tema “I
dispersi a causa dei conflitti armati e della violenza interna”. All’incontro,
organizzato dal Comitato internazionale della Croce Rossa, prenderanno parte
responsabili delle Nazioni Unite, esperti di circa 90 Paesi ed associazioni
delle famiglie dei dispersi. Obiettivo dell’appuntamento è quello di richiamare
l’attenzione sulle sofferenze di migliaia di persone che ignorano la sorte di
uno o più familiari. Saranno proposte misure concrete volte a prevenire la
scomparsa di civili e sarà richiesto
maggiore rispetto per il diritto internazionale che tutela le persone in
caso di conflitti armati o di violenze interne. La conferenza costituisce
un’importante occasione per sollevare ai governi e alla comunità internazionale
un problema difficilmente quantificabile. La dimensione dei dispersi, infatti,
sfugge ad una rilevazione statistica precisa: nella sola ex Jugoslavia, per
esempio, mancano all’appello oltre 22 mila persone mentre in Rwanda i dispersi
sarebbero più di 100 mila. Tra le recenti iniziative del Comitato
internazionale della Croce Rossa, è da segnalare la campagna lanciata recentemente
in Liberia per il ritrovamento di oltre 1000 bambini rifugiati nei Paesi vicini.
(A.L.)
“TUTTI
I KENIANI HANNO DIRITTO A VIVERE IN UNA SOCIETÀ
IN CUI
SI RISPETTINO I DIRITTI DELL’UOMO”.
COSÌ
AMNESTY INTERNATIONAL HA CHIESTO IERI AL NUOVO GOVERNO
DI
NAIROBI DI RISPETTARE I DIRITTI FONDAMENTALI
NAIROBI.
= Amnesty International ha chiesto ieri al nuovo governo del Kenya di
rispettare e appoggiare i diritti umani fondamentali, salvaguardando quanto
previsto nella costituzione nazionale e nei trattati internazionali ratificati
da Nairobi. In un memorandum inviato al neo capo di Stato, Mwai Kibaki, uscito
vincitore dalle elezioni presidenziali del 27 dicembre scorso, Amnesty
International si è congratulata per i primi positivi segnali dati dal nuovo
esecutivo in materia di diritti umani. L'organizzazione ha apprezzato
soprattutto le promesse di abolizione della pena di morte e della persecuzione
di tutti coloro che saranno ritenuti responsabili della pratica della tortura.
Amnesty International ha giudicato positivamente anche il fatto che il
presidente Kibaki abbia annunciato di voler lanciare una nuova politica di
assistenza nei confronti dei bambini di strada e dei profughi accolti nei campi
presenti nel Paese. “In linea con tali promesse, il governo keniano deve agire
rapidamente in queste aree mediante l’introduzione di una legislazione adeguata
in Parlamento e attraverso altre misure amministrative”, si legge nella nota
dell’organizzazione. “Tutti i keniani hanno diritto a vivere in una società in
cui si rispettino i diritti fondamentali dell’uomo”, conclude l’organizzazione
umanitaria. (A.L.)
SUL TEMA DELL’IMMIGRAZIONE SI TERRÀ A
CASTEL GANDOLFO
DAL 25
AL 28 FEBBRAIO IL CONVEGNO DELLA CHIESA ITALIANA DAL TITOLO:
“TUTTE
LE GENTI VERRANNO A TE. LA MISSIONE AD GENTES NELLE NOSTRE TERRE”
ROMA. = Come annunciare il Vangelo agli immigrati? Su
questo tema si svolgerà a Castel Gandolfo dal 25 al 28 febbraio il convegno
nazionale “Tutte le genti verranno a Te. La missione ad gentes nelle nostre terre”. All’incontro, promosso dalla
Fondazione Migrantes, dall’Ufficio catechistico nazionale e dall’Ufficio
nazionale per la cooperazione tra le Chiese, interverranno oltre cinquecento
partecipanti provenienti dalle diocesi di tutta Italia. “Con questo convegno -
spiega mons. Luigi Petris, direttore della Migrantes - la Chiesa italiana fa
prendere coscienza del compito primario dell’evangelizzazione, un impegno assolto
fin dal primo manifestarsi dell’immigrazione come fenomeno di massa”. “Si vuole
favorire - aggiunge don Walter Ruspi, direttore dell’Ufficio catechistico
nazionale - l’inserimento degli immigrati cristiani nella comunità ecclesiale
locale”. Per mons. Giuseppe Andreozzi, direttore dell’Ufficio nazionale per la
cooperazione missionaria tra le Chiese, “sarà un momento importante per
riflettere sulla missio ad gentes”.
Il convegno prende lo spunto dagli Orientamenti pastorali per il primo decennio
del 2000, nei quali si evidenzia come “ormai la nostra società si configuri
sempre di più come multietnica e multireligiosa”. Interverranno, tra gli altri,
il cardinale Camillo Ruini, con una prolusione sul tema "I migranti:
occasione per la Chiesa italiana dell’annuncio del Regno", mons. Alfredo
Garsia, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni ed il
sociologo Dario Nicoli. (A.L.)
20
TONNELLATE DI RIFIUTI TOSSICI SONO STATI IMMAGAZZINATI
LA SCORSA SETTIMANA A BANGKOK. IN TAHILANDIA
CRESCE LA PREOCCUPAZIONE
DEI GRUPPI ECOLOGISTI PER IMPORTAZIONE DI
MATERIALE INQUINANTE NEL PAESE
BANGKOK.
= Gruppi ambientalisti thailandesi hanno avviato un’azione di pressione sul
governo di Bangkok affinché contrasti l’importazione di rifiuti tossici e
radioattivi nel Paese indocinese. Con un rapporto ai mass media gli ecologisti
hanno denunciato l’arrivo in Thailandia, la scorsa settimana, di 20 tonnellate
di rifiuti tossici, tra cui hard-disk, batterie, materiale ospedaliero e un
migliaio di pneumatici. Gli ambientalisti hanno chiesto che venga ratificato
con urgenza l’accordo di Basilea (1989) ed in particolare l’emendamento del
1995. Il trattato, formulato dal Programma delle Nazioni unite per l’ambiente,
ha come scopo il controllo sulla circolazione internazionale di materiale
nocivo per l’ambiente. In particolare il “Basel
ban amendamnet” del 1995 vieta il trasferimento di materiali inquinanti dai
Paesi ricchi a quelli in via di sviluppo. Per poter entrare in vigore, la
clausola alla convenzione di Basilea, ha bisogno della sottoscrizione di 62
governi, ma oggi, a 8 anni dalla sua stesura, sono state depositate solo 35
ratifiche. Il primo ministro Thakisn Shinawrata ha promesso che il governo si
impegnerà a riformare le leggi in modo che vengano colmate tutte le lacune
legali che attualmente permettono questo commercio. L’Asia sta infatti
diventando il nuovo scenario di questo commercio perché le nazioni più ricche
approfittano delle larghe maglie nella legislazione dei Paesi del Sud del mondo
per “esportare” i loro rifiuti. Nel 1991 la Thailandia soffrì la prima
catastrofe ambientale causata dai rifiuti tossici quando alcuni contenitori con
materiale chimico non meglio identificato, che erano stati immagazzinati per
anni nel porto di Kolng Toey, presero fuoco ed esplosero. In quella circostanza
una consistente nube tossica si diffuse nell’aria e raggiunse gli abitanti del
circondario causando diversi morti e l’intossicazione di molte persone. (A.L.)
ERANO IN 300 I MISSIONARI E LE MISSIONARIE CHE
SABATO SCORSO
HANNO
PARTECIPATO A ROMA ALLA MANIFESTAZIONE PER LA PACE.
SECONDO
I RELIGIOSI “ESISTONO TERRITORI VOLUTAMENTE MANTENUTI IN COSTANTE GUERRIGLIA
PER TRAFFICARE LIBERAMENTE IN ARMI, DROGA ED ESSERI UMANI”
ROMA. =
La marcia per la pace che sabato scorso si è svolta a Roma ha visto anche la
partecipazione di 300 missionari e missionarie, che hanno parlato dei conflitti
dimenticati. “Siamo testimoni - ha detto suor Patrizia Pasini, responsabile
della Commissione giustizia e pace delle Missionarie della consolata - di come
questo sistema economico sostenuto dall’Organizzazione mondiale del commercio
abbia lo scopo di promuovere una economia basata esclusivamente sul profitto di
pochi e sullo sfruttamento di molti”. “Sappiamo - ha continuato la religiosa -
che le guerre e le guerriglie nel sud del mondo come in Liberia, Somalia, Repubblica
democratica del Congo, Costa d’Avorio e molte altre aree sono tollerate e
spesso alimentate dai desideri avidi e dominatori di chi cerca oro, diamanti,
petrolio a bassi costi e con modalità illecite”. Secondo la missionaria
“esistono territori volutamente mantenuti in costante guerriglia, zone franche,
come per esempio la Somalia, per trafficare liberamente in armi, droga ed
esseri umani”. “Certamente - ha concluso suor Pasini - qualcuno si sarà
meravigliato e scandalizzato per la nostra presenza, ma come missionari e
missionarie crediamo che un altro mondo sia possibile” (M.A.)
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19 febbraio 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
Guardiamo
agli sviluppi della crisi irachena. “Non abbiamo bisogno di una seconda
risoluzione, perché Saddam Hussein ha già violato la prima. Comunque, stiamo
lavorando per vedere se possiamo ottenerla”. Così il presidente degli Stati
Uniti, Bush, ha ribadito la linea dura della Casa Bianca nei confronti
dell’Iraq. Ed alla richiesta di Baghdad all’Onu, di tenere in conto l’alto
numero di manifestanti di tutto il mondo per la pace, Bush ha risposto che le
proteste non lo fermeranno. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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“La
democrazia - ha spiegato Bush - è una bella cosa, perché le persone possono
esprimere le loro opinioni, ma io sono in disaccordo con chi non considera
Saddam Hussein un pericolo. Orientarsi in base alle manifestazioni pacifiste
sarebbe come prendere le decisioni a
seconda dei risultati dei sondaggi dei Focus Group”. Il presidente americano,
dunque, ha confermato l’intenzione di presentare una seconda risoluzione, che
per diverse fonti diplomatiche è già scritta e asserisce che l’Iraq ha violato
quella precedente. Il testo potrebbe finire sul tavolo del Consiglio di
sicurezza nelle prossime ore, alla fine del dibattito in corso all’Onu tra i
Paesi non membri del massimo organismo, oppure la settimana prossima; ma il
“Washington Post” ha scritto che Bush non intende, comunque, dare più di due
settimane agli ultimi tentativi della diplomazia, mentre il Pentagono ha
mobilitato altri 28 mila uomini se la Francia bloccasse la risoluzione usando
il veto. Quindi la Casa Bianca è pronta a decidere l’attacco con i Paesi
disponibili ad appoggiarla. Da questo gruppo, però, si è allontanata la
Turchia, che ha rimesso in discussione il via libera ai militari americani per
l’utilizzo delle sue basi e del suo territorio.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E se a Baghdad intanto Saddam Hussein avrebbe posto agli arresti
domiciliari il proprio ministro della Difesa, generale Hashim Ahmad al-Jabburi
Tai, nel tentativo di prevenire un golpe circostanza peraltro smentita dal
regime - continua a ritmo serrato l’impegno della comunità internazionale per
cercare una soluzione pacifica alla crisi irachena. Il presidente egiziano,
Mubarak è oggi in trasferta a Parigi. Il presidente della Commissione europea,
Romano Prodi, si è recato invece in missione a Mosca, dove ha incontrato il
presidente russo Putin. Il premier britannico Blair sarà venerdì a Roma, per
poi essere ricevuto sabato in Vaticano da Giovanni Paolo II.
Oggi anche in Italia è il giorno del dibattito
parlamentare sulla crisi irachena. In mattinata il premier Berlusconi ha
parlato al Senato. Il servizio di Giada Aquilino:
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Il governo italiano ha lavorato e continua a lavorare, con
determina-zione e coerenza, per il disarmo dell’Iraq per via pacifica. Gli Usa
non resteranno soli nell'impresa di impedire la proliferazione di armi di
distru-zione di massa. Questo in sintesi il senso del primo intervento al
Senato di Silvio Berlusconi che ribadisce la posizione adottata sinora
dall’Italia nella crisi irachena: ovvero centralità del ruolo dell’Onu e
vicinanza a Washing-ton, punti sui quali il presidente del consiglio ha chiesto
un voto il più ampio possibile. Soprattutto la seconda affermazione ha
suscitato le criti-che dell’opposizione. Tra tutti significativo l’intervento
di Lamberto Dini, senatore della Margherita, che chiede più chiarezza. “Non
abbiamo capito - ha commentato Dini - quelle parole. Forse significano - si è
domandato - che l'Italia sosterrà gli Usa anche in caso di intervento
unilaterale?”. Dalla sua Berlusconi ha rilanciato l’unità della posizione
europea, nonostante la critica agli Stati Uniti espressa recentemente da
Francia, Germania e Belgio, e l’unità anche della coalizione mondiale contro il
terrorismo. Nella replica al Senato, il premier italiano ha ribadito che, pur
considerando le ragioni dell’opposizione, la linea italiana rimarrà coerente
alle posizioni europee, al legame atlantico, guardando sempre alle Nazioni
Unite come sede primaria per la ricerca di una soluzione pacifica. Nel
pomeriggio il premier italiano sarà alla Camera dei deputati dove proseguirà il
dibattito sul ruolo italiano nella crisi irachena.
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Tre organizzazioni dell'opposizione sciita irachena si
riuniranno separatamente a Teheran lunedì prossimo. La notizia è stata diffusa
oggi nella capitale iraniana, mentre si apre nel nord dell'Iraq l'incontro fra
gli altri gruppi contrari al regime di Saddam Hussein e appare come una decisa
indicazione di divisioni in seno all'opposizione.
Il cittadino del Marocco, Mounir El Motassadek, è stato
condannato oggi dal tribunale di Amburgo a 15 anni di carcere con l’accusa di
complicità negli attentati dell’11 settembre 2001 avvenuti negli Stati Uniti.
I
colloqui del Quartetto – Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite – in
corso a Londra sulla costruzione del futuro Stato palestinese non fer-mano le
violenze in Medio Oriente. Almeno 14 i morti palestinesi tra ieri e oggi in
seguito a varie incursioni israeliane a Gaza e a Nablus. La cronaca di Graziano
Motta:
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L’operazione, a cui hanno partecipato una quarantina di
carri armati e reparti di fanteria del genio ed elicotteri da combattimento, ha
riguardato due quartieri di Gaza città, considerati entrambi bastioni dei
movimenti fondamentalista Hamas e Jihad. La resistenza per le strade è stata
forte, come dimostra il bilancio delle vittime: 11 i morti e tra di essi
un’attivista di Hamas di 21 anni che si è tolta la vita con una cintura
esplosiva. L’operazione si è conclusa con il rientro delle unità nelle loro basi,
ma queste, ha detto il portavoce militare israeliano, compiranno altre
“opera-zioni lampo” analoghe, che non comporteranno quindi i rischi di una
occu-pazione prolungata in quartieri densamente popolati e ostili. Ieri il
ministro della difesa, Shaul Mofaz, aveva ordinato la revoca del coprifuoco e
del blocco dei principali centri abitati dei Territori imposta prima della
festa musulmana del sacrificio. Provvedimenti che non avevano, comunque,
im-pedito ai soldati di compiere perquisizioni e arresti, come a Betlemme e a
Nablus.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Dopo
oltre 100 giorni di tensioni, che hanno provocato 8 morti e centinaia di
feriti, il governo e l’opposizione venezuelana hanno firmato ieri una
Dichiarazione comune contro la violenza, per la pace e la democrazia. Ce ne
parla Maurizio Salvi:
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L’annuncio è stato fatto dal segretario generale
dell’Organizzazione degli Stati americani, Cesar Gaviria, che da dicembre ha
animato nella capitale venezuelana il tavolo del dialogo, ma senza voler negare
l’impor-tanza del suo ruolo. La strada verso una soluzione della crisi ha
cominciato a delinearsi, da una parte, quando ci si è resi conto che lo
sciopero gestito dal coordinamento democratico non era riuscito ad estromettere
il presidente Ugo Chavez, dall’altra, quando sono scesi in campo l’ex
presidente statunitense Jimmy Carter e il gruppo di Paesi amici del Venezuela,
fra cui Stati Uniti e Brasile. Ora, sulla base dell’accordo, la violenza sotto
tutte le forme viene bandita dal gioco politico nazionale, in attesa che una
consultazione elettorale decida se i venezuelani vogliano restare con la
rivoluzione bolivariana di Chavez o affidarsi ad un modello socio-economico più
vicino agli schemi del capitalismo occidentale.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Trasferiamoci in Bolivia, dove ieri tutti i ministri del
governo hanno rassegnato le proprie dimissioni nelle mani del presidente,
Gonzalo Sanchez de Lozada. La crisi era stata innescata, la scorsa settimana,
quando la proposta dell’esecutivo di aumentare di oltre il 12 per cento le
tasse sui salari aveva provocato manifestazioni di protesta e violenti
disordini. Negli scontri, lo ricordia-mo, hanno perso la vita oltre 30 persone.
Elezioni
presidenziali oggi in Armenia. La tornata elettorale, che vede come favorito il
presidente uscente Robert Kotcharian, sarà monitorata da circa 6 mila
osservatori internazionali. Chiamati alle urne, aperte stamani, oltre 2 milioni
di elettori. Secondo la legge armena, nel caso in cui nessuno dei candidati
dovesse essere eletto con almeno il 50% più uno dei voti, si andrebbe al
ballottaggio tra i due più votati dai cittadini.
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