RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 39 - Testo della
Trasmissione di sabato 8 febbraio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Crisi Usa-Iraq: prosegue la missione diplomatica
in Europa del segretario alla difesa americano Rumsfeld, mentre Francia e
Germania stanno elaborando un piano di disarmo per l’Iraq
20 morti è il bilancio del disastroso attentato di
ieri sera in Colombia
Domani, i montenegrini chiamati alle urne per le
elezioni presidenziali
E’ nuovamente crisi tra India e Pakistan.
8 febbraio 2003
COSI’
PAPA ALL’UDIENZA CON VESCOVI E SACERDOTI
AMICI
DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
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“Diventa sempre più urgente annunciare il ‘Vangelo della
pace’ ad un’umanità tentata fortemente dall’odio e dalla violenza”.
Così il Papa si è rivolto alla Comunità di Sant’Egidio che
ha scelto proprio “Il Vangelo della pace”, come tema centrale dell’incontro
internazionale in corso a Roma. Qui ha avuto parole forti:
“Occorre
moltiplicare gli sforzi. Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del
terrorismo, né davanti alle minacce che si levano all’orizzonte. Non bisogna rassegnarsi,
quasi che la guerra sia inevitabile”.
“Alla causa della pace – ha ancora detto il Papa alla
Comunità di Sant’Egi-dio – offrite il contributo della vostra esperienza di
vera fraternità che conduce a riconoscere nell’altro un fratello da amare senza
condizione. E’ questo – ha aggiunto – il sentiero che conduce alla pace, un
cammino di dialogo, di speranza e di sincera riconciliazione”.
Il Santo Padre ha poi ribadito con forza l’importanza dei “gesti di pace” che nascono
dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di
pace. “Oggi più che mai – ha detto –
siete chiamati ad essere costruttori di pace” intensificando ovunque la
preghiera per la pace, “accompagnata da un’azione concreta a favore della
riconciliazione e della solidarietà tra gli uomini e i popoli”, in fedeltà alla
vostra “tradizione associativa”.
Il Papa ha concluso con l’immagine di Abramo mentre sul
monte prega che il Signore risparmi la città degli uomini dalla distruzione.
“Con la medesima insistenza – ha detto -
dobbiamo continuare ad invocare per l’umanità il dono della pace”.
Quindi l’invito ad essere “testimoni e servitori del Vangelo, certi che più di
qualsiasi sforzo umano, è lo Spirito Santo a dare fecondità alla loro azione
nel mondo”.
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E ieri
pomeriggio, 7 febbraio, giorno in cui nasceva a Roma la Comunità di
Sant’Egidio, nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura, ha avuto luogo
una solenne celebrazione per festeggiarne il 35.mo anniversario. Ce ne parla
Dorotea Gambardella:
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(musica)
“Siamo
qui attorno alla tomba dell’apostolo Paolo per ringraziare il Signore, gente di
tutte le provenienze, legata all’azione e alla spiritualità, alle persone della
Comunità di Sant’Egidio”.
(musica)
Così
all’inizio della sua omelia, il cardinale Giovanni Battista Re, che nella
maestosa cornice di una Basilica di San Paolo gremita di fedeli, ieri
pomeriggio ha presieduto la Messa per celebrare i 35 anni della Comunità di
Sant’Egidio. “Una Comunità il cui segreto semplice – ha detto il porporato – è
la fedeltà alla preghiera”. Alla presenza, tra gli altri, anche dei
rappresentanti della Chiesa ortodossa serba per la prima volta in visita
ufficiale a Roma e accompagnati dai cardinali Walter Kasper e Giovanni Battista
Re, ha ricordato i 30 anni che la Comunità di Sant’Egidio ha speso nel servizio
agli anziani nella convinzione che “i vecchi senza amore muoiano”; i 20 anni di
dedizione alle persone senza fissa dimora; il contributo, 10 anni fa, per la
pacificazione in Mozambico; infine il continuo sostegno affinché sempre più si
sviluppi il dialogo interreligioso. “Sono solo alcuni aspetti di un amore
costruttivo e appassionato, che in tutti questi anni non si è rassegnato al
male, alla povertà, agli spiriti malvagi. Ed è per questo – ha concluso – che
in questo anniversario, ci stringiamo intorno a questi nostri amici, pregando
Dio perché li renda ancor di più strumento di bene nel mondo contemporaneo”. Ma
in questo momento particolare su che cosa è focalizzata l’attenzio-ne della
Comunità di Sant’Egidio? Lo abbiamo chiesto a Mario Marazziti, tra i volontari
della vecchia guardia.
“Stiamo
lavorando con impegno perché si trovi una pacificazione vera in Costa d’Avorio.
Questo conflitto rischia di spaccare Nord e Sud. Stiamo lavorando perché
risorga dall’Aids, l’Africa. Il progetto che include la cura, la terapia
dell’Aids in Mozambico oggi può diventare un modello per altri Paesi africani e
dire così che l’Africa può non morire di Aids per i 25 milioni di persone
infette. Oggi c’è la terapia e c’è un modo per amministrarla anche in
condizioni ambientali difficili”.
Se Marazziti è tra i primi giovani che hanno dato vita a
Sant’Egidio, Silvia Giancaterini, 21 anni, da quattro impegnata come volontaria
all’interno della Comunità, è tra le nuove, entusiaste leve. Ma che cosa
significa per lei quest’esperienza?
“Una vita al seguito del Vangelo. E’ significato
un’apertura verso il mondo, prima di tutto, verso il mondo dei poveri, che non
conoscevo. Ed ho un’amicizia profonda con tante persone che sono entrate a far
parte integrante della mia vita”.
Alla celebrazione eucaristica ha fatto seguito il
ricevimento in un tendone allestito nello spiazzo contiguo alla Basilica. E’
qui che abbiamo incontrato il cardinale Mario Francesco Pompedda, tra i sette
concelebranti della liturgia di ringraziamento, al quale abbiamo chiesto un
commento sulla serata.
“Mi pare che questi primi 35 anni di vita di Sant’Egidio siano stati
commemorati in modo molto solenne e soprattutto molto partecipato. Quindi,
credo che sia un auspicio per il futuro. Noi lo auguriamo e preghiamo per
questo, perché nella Chiesa costituisca un forza di carità, una forza di fede e
una forza soprattutto di attaccamento a tutto quello che è la nostra religione
cristiana”.
(musica)
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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME
DELL’ATTENTATO
IN COLOMBIA, ATTO DI INGIUSTIFICABILE VIOLENZA
CONTRO
LA DIGNITA’ UMANA E LA PACE SOCIALE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
“Energica riprovazione” per
l“esecrabile attentato”, che ha provocato oggi la morte di più di 20 persone e
il ferimento di altre cento in un locale di Bogotà. L’ha espressa a nome del
Papa il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in un telegramma inviato
all’arcivescovo della capitale colombiana, il cardinale Pedro Rubiano Sáenz.
Nell’assicurare le sue preghiere di
suffragio per le vittime e i familiari del drammatico episodio, il Papa ha
condannato con fermezza questa azione “contro la vita, la dignità delle persone
e la loro convivenza pacifica”. Giovanni Paolo II, si legge nel telegramma,
“confida che le diverse istanze pubbliche e i cittadini” rifiutino “questa
permanente forma di violenza, che offende la coscienza umana e cristiana”. Che
il popolo colombiano, è l’auspicio e la preghiera del Pontefice, ottenga dal
Signore “serenità e fortezza di fronte a questa avversità che turba la pace
sociale”, affinché tutti, “superando con valore e senso civico questa prova,
possano convivere come figli della stessa patria”.
PRESENTATO
AL PAPA IL NUOVO ANNUARIO PONTIFICIO 2003.
OLTRE
IL MILIARDO, IL NUMERO DEI CATTOLICI NEL MONDO,
MA E’
IN LIEVE FLESSIONE QUELLO DEI SACERDOTI
- A cura
di Alessandro De Carolis -
Aumentano
i battezzati nel mondo, diminuiscono i sacerdoti, cresce il numero dei
seminaristi. Sono alcune delle tendenze registrate dal nuovo Annuario pontificio
del 2003, presentato oggi al Papa dal cardinale segretario di Stato, Angelo
Sodano, e dai responsabili degli organismi che hanno collaborato alla stesura
dell’edizione dell’importante volume.
La
“geografia” dei numeri della Chiesa,
elaborata dal suo Ufficio centrale di Statistica, mostra uno spaccato
interessante: pur rimanendo le Americhe il luogo con la maggior presenza di
cattolici - 1 miliardo e 61 milioni il loro numero totale nel mondo, con
tendenza all’aumento - è l’Africa il continente che ha maggiormente contribuito
all’incremento dei battezzati, con una crescita del 148 per cento. Anche Asia,
America e Oceania - si legge nel comunicato di presentazione dell’Annuario -
presentano “cospicui aumenti” di appartenenti alla fede cattolica. Fanalino di
coda, come ormai da anni, resta l’Europa, che vede un calo anche nel numero dei
candidati al sacerdozio. Costoro, in termini generali, presentano invece un
rialzo nel 2001 rispetto al 2000: da 110.500 a 112 mila.
I
vescovi nel mondo, riportati nell’Annuario, sono 4.649, oltre 150 di nuova
nomina. I sacerdoti 405 mila, più della metà diocesani. I quadri del clero
subiscono un lieve declino numerico: a diminuire di un centinaio di unità sono
stati, nel 2001, i sacerdoti religiosi mentre, nello stesso periodo, i
diocesani sono cresciuti di 600
elementi. Rimanendo nell’ambito della vita consacrata, i religiosi non
sacerdoti sono circa 55 mila, le religiose arrivano a circa 800 mila. Il
settore dell’attività pastorale può contare, in tutto il mondo, anche su 30
mila diaconi permanenti, 140 mila missionari laici e 2 milioni e 800 mila
catechisti. Tre categorie, queste ultime, che le statistiche ecclesiali
individuano “in forte espansione”. Infine, va annotato che, con Timor Est e il
Qatar, sono saliti a 175 gli Stati che intrattengono regolari rapporti
diplomatici con la Santa Sede, la quale nel 2002 ha provveduto a creare, tra
l’altro, dieci nuove sedi vescovili.
ALTRE
UDIENZE DI OGGI. NUOVO NUNZIO IN INDIA
E
PROVVISTA DI CHIESA IN MESSICO
Il Papa
ha ricevuto in udienza questa mattina il cardinale Ignace Moussa I Daoud,
prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il Pontefice ha pure
ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in India e in
Nepal l’arcivescovo spagnolo mons. Pedro Lopez Quintana. Il presule, già
assessore della Segreteria di Stato per gli Affari generali, subentra
nell’incarico all’arcivescovo italiano mons. Lorenzo Baldisseri, nominato a sua
volta il 12 novembre dello scorso anno nunzio apostolico in Brasile.
In Messico, il Papa ha nominato vescovo di Tabasco il
presule mons. Benjamìn Castillo Plascencia, finora ausiliare dell’arcidiocesi
di Guadalajara.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Non bisogna rassegnarsi. La
guerra non è inevitabile”: è il titolo che apre la prima pagina. Di fronte alle
minacce che si levano contro la pace, il Pontefice affida a vescovi e a
sacerdoti - riuniti per riflettere sul tema “Il Vangelo della pace” nel
trentacinquesimo anniversario della Comunità di Sant'Egidio - un appello e una
certezza.
Riguardo all'Iraq, i capi
degli ispettori dell'Onu a Baghdad per mediare.
Sempre in prima, “Vergine
Madre, volgi a noi i tuoi occhi perché vi leggiamo i misteri del tuo Figlio” è
il titolo del pensiero di Alessandro De Sortis dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle pagine vaticane, la
presentazione - da parte del cardinale Angelo Sodano - dell'Annuario Pontificio
2003 al Santo Padre.
Le Conclusioni dell'Incontro
Mondiale delle Famiglie svoltosi a Manila.
Un articolo del cardinale Franz
König sulla figura del cardinale Stepinac di cui il 10 febbraio si
celebra la memoria liturgica.
Una monografica a cura di Luigi
Porsi, dedicata al Servo di Dio Antonio Franco, eccellente pastore
della Chiesa post-tridentina.
Nelle pagine estere,
Colombia: strage a Bogotà, dove l'esplosione di un'autobomba ha provocato
decine di morti ed oltre 150 feriti; telegramma di cordoglio del Santo Padre.
Uganda: nuovo assalto dei
ribelli dell’'“Lra”, che hanno rapito ventotto bambini.
Medio Oriente: fissati colloqui
tra Israele ed Ap.
Nella pagina culturale, un
contributo di Andrea Colombo dal titolo: “L’arma è il segno della caduta
dell'uomo”: ristampato uno scritto di Cornelio Fabro sulla guerra.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica, con riferimento agli orientamenti sulla posizione
del Paese di fronte alla crisi irachena.
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8
febbraio 2003
LE RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DEL CONFLITTO
ISRAELO-PALESTINESE
SUL
MEDIO ORIENTE E IL NORD AFRICA,
ANALIZZATE
IN UN RAPPORTO DELLA COMMISIONE EUROPEA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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L’onda
lunga della crisi israelo-palestinese si propaga con effetti negativi
sull’economia del Medio Oriente e del Nord Africa. A rivelarlo è un rapporto
della Commissione europea - pubblicato questa settimana - che mette in rilievo
la recessione che da due anni rallenta l’economia di otto Paesi della regione:
Israele, Giordania, Siria, Libano, Marocco, Tunisia, Algeria ed Egitto. La
Seconda Intifada - spiega lo studio - ha determinato un tracollo delle
condizioni di vita nei Territori palestinesi, con 75 mila nuovi disoccupati.
Forte anche l’impatto sull’economia israeliana, sintetizzato nella contrazione
del Prodotto interno lordo e l’impennarsi del tasso d’inflazione. Sui punti
chiave del rapporto e il ruolo centrale che l’Europa può giocare per rilanciare
lo sviluppo dell’area, ascoltiamo Gerassimos Thomas, portavoce del Commissario
europeo agli affari economici, Pedro Solbes:
R. – Negli ultimi 10 anni c’è stata una collaborazione
economica tra l’Unione Europea e i nostri partner mediterranei. Si è notato uno
sviluppo macroeconomico molto importante in tutti questi Paesi. La crescita è
stata doppia negli ultimi 10 anni rispetto all’Unione Europea. Sono Paesi che
hanno, dunque, prospettive di crescita molto rilevanti. Questo studio mostra
che quanto manca è un avanzamento delle riforme, che risultano inadeguate: la
modernizzazione dell’economia, lo sviluppo del settore privato, il ritiro del
settore pubblico nell’economia. Riforme che devono ancora fare passi avanti,
così che si possa avere un maggiore investimento estero ed europeo in
quest’area. E’ in atto un processo che aiuterà la crescita e la collaborazione
tra l’Europa e questi Paesi. Si deve lavorare dal punto di vista istituzionale
tutti insieme, concludere accordi di associazione bilaterali ed entrare in fase
di implementazione. Si arriverà a stabilire un’area di libero commercio con
l’Europa, da qui al 2010. Bisogna fare tutto il lavoro possibile per stabilire
un commercio libero tra l’Europa e questi Paesi amici dell’Unione Europea.
D. - L’incertezza del quadro politico regionale, la
mancanza di sicurezza… sono questi gli elementi che frenano lo sviluppo
economico di questa area così vasta?
R. – Ovviamente, a parte i motivi macroeconomici,
nell’ultimo anno in particolare, c’è stata un’incertezza geopolitica. Un
elemento in più a frenare la crescita economica, come d’altra parte nell’Unione
Europea. Ma non è l’unico punto, perché c’è ovviamente il processo di riforma
economica portato avanti da questi Paesi a livello interno, e c’è una grande
diversità tra questi Paesi. In questo gruppo di partner dell’Unione Europea, i
Paesi intorno al Medio Oriente sono più colpiti da questa incertezza
geopolitica, piuttosto che quelli del Mediterraneo. Questo si riflette anche
nei tassi di crescita, per esempio nei tassi di disoccupazione, che sono un
punto fondamentale.
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LA FEDE CRISTIANA DI FRONTE AL MONDIALISMO
ATEO,
NELLA
PLENARIA DEI VESCOVI DELL’AFRICA DELL’OVEST FRANCOFONA
-
Servizio di padre Joseph Ballong -
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I lavori della XV Assemblea plenaria della Conferenza
episcopale regionale dell’Africa dell’Ovest francofona, sono stati segnati
venerdì, soprattutto da un dibattito sulla mondializzazione introdotto con una
relazione della signora Marguerite Peeters, direttrice dell’Istituto per la
dinamica del dialogo interculturale di Bruxelles, in Belgio.
La signora Peeters, che aveva partecipato come giornalista
alla Conferenza del Cairo, in Egitto, nel 1994, sulla popolazione, ha
dimostrato come in modo silenzioso e perfido, una nuova ideologia, che lei ha
chiamato mondialismo ateo, sta imponendosi nel mondo, nei vari campi
dell’economia, della società e dell’etica. Una tale ideologia promuove la
contrapposizione dell’uomo contro la donna, dei genitori contro i figli, la
vita della madre contro quella del bambino, il rispetto dell’ambiente contro la
creatività umana, la scienza contro il carattere sacro della vita umana, la
spiritualità contro la rivelazione. Questa nuova etica non parte dalla persona,
né dalla natura, né dalla realtà concreta, ma si fonda sulle idee astratte e su
un progetto ideologico pensato da alcuni esperti attraverso un processo di
consenso, che non ammette la contraddizione o l’opposizione.
Per la signora Peeters, l’Occidente non si rivela capace
di orientare il processo di mondializzazione in una direzione che permetterà
alla fede cristiana, e semplicemente ai valori umani, di esercitare la loro
influenza. E’ per questo che è urgente ritornare alla persona umana e concreta
attraverso la verità, la coscienza morale e l’amore, fattore essenziale del
vero sviluppo. Sta anche alla Chiesa dare un contenuto antropologico e
teologale ai nuovi concetti e correnti culturali. “Bisogna anche che i valori
africani siano conosciuti e possano avere un impatto nel processo di
mondializzazione” ha fortemente auspicato la signora Peeters, per la quale è
arrivata l’ora della responsabilità africana e della Chiesa in Africa nella
mondializzazione.
Per la Radio Vaticana, padre Joseph Ballong.
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8
febbraio 2003
DICHIARAZIONE
DEL SEGRETARIATO PER LA GIUSTIZIA SOCIALE
DELLA
COMPAGNIA DI GESU’: DAVANTI AL PERICOLO DI UNA GUERRA SENZA FINE,
LAVORARE
PER UNA PACE ANCORATA ALLA GIUSTIZIA
- A
cura di Stefano Leszczynski -
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ROMA. = La condanna della guerra da parte della Chiesa si
riassume nel monito “Non più la guerra, non più la guerra” lanciato da Paolo VI
alle Nazioni Unite nel 1965 e ripreso da Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus
annus in occasione della Guerra nel Golfo Persico nel 1991, in cui veniva
lodata come nuovo segno di speranza la crescita nell’opinione pubblica di una
nuova sensibilità sempre più contraria alla guerra. Anche la Conferenza dei
vescovi cattolici degli Stati Uniti esponeva nel novembre 2002 in una
dichiarazione sull’Iraq la mancanza di chiare e sufficienti prove di un
imminente attacco da parte dell’Iraq. Così il segretario per la giustizia
sociale della Compagnia di Gesù getta le basi per rammentare ai padri gesuiti
l’impegno di essere “Servitori della missione di Cristo” e la conseguente
determinazione a lavorare per una pace ancorata alla giustizia. Un intervento
armato in Iraq - prosegue padre Fernando Franco - non è giustificabile con la
dottrina della guerra preventiva, concetto moralmente indifendibile, e che apre
la strada al pericolo di una guerra senza fine. Le conseguenza di una tale
azione sul Medio Oriente sarebbero disastrose, in particolare perché
rischierebbe di estirpare i semi del dialogo tra cristiani e musulmani fino ad
oggi pazientemente seminati. Le massicce spese che la guerra richiede per la
distruzione di vite umane sono inoltre in stridente contrasto con la necessità
di sradicare la povertà estrema sempre più diffusa nel mondo. E quindi -
prosegue il documento - viene spontaneo chiedersi se i veri motivi di questa
guerra non debbano essere ricercati più in ragioni economiche che di sicurezza.
La guerra spiega padre Franco colpisce soprattutto i poveri, le donne ed i bambini,
e questo la rende del tutto ingiustificabile. Di qui deve scaturire l’impegno
da parte dei gesuiti a livello provinciale a riflettere su come preparare piani
di azione pubblica e ad avviare la necessaria collaborazione con altri gruppi
per gettare le fondamenta di una nuova famiglia umana capace di essere percepita
come garante dei diritti, oggettiva ed imparziale.
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RICONOSCERE LA FEDE RELIGIOSA TRA
I VALORI FONDAMENTALI DELL’EUROPA:
E’ IL RICHIAMO DELLA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITA’
EUROPEA,
NELLA NOTA SULLA PRIMA BOZZA DELLA
CARTA COSTITUZIONALE PRESENTATA
A BRUXELLES DAL PRESIDIUM DELLA CONVENZIONE EUROPEA
BRUXELLES.
= La Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece) ha diffuso
ieri una nota sulla prima bozza della Carta costituzionale dell’Unione Europea,
presentata giovedì scorso a Bruxelles dal Presidium della Convenzione
europea. “Noi – affermano i vescovi - speriamo che il ruolo della fede
religiosa, in quanto sorgente e fondamento dei nostri valori europei comuni,
sia riconosciuta nella versione finale del Trattato costituzionale”. I presuli
accolgono con favore la presenza nel testo di valori come la libertà, la
democrazia, l’impegno per la promozione della pace e del bene comune e il
rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo. Con riferimento all’art.2 della
bozza - nel quale senza accenno ai valori religiosi compare una lista di valori
fondamentali dell’Unione - i vescovi precisano che le note allegate non
impediscono che la Costituzione menzioni elementi supplementari o più
dettagliati che rientrino nell’etica dell'Unione in diversi altri punti del
Trattato. “Di conseguenza – concludono i presuli - noi speriamo anche che le
proposte legislative avanzate congiuntamente dalla Comece e dalla Commissione
Chiesa e Società della Conferenza delle Chiese europee sul ruolo specifico
delle Chiese e delle comunità religiose nella società europea, compreso il loro
statuto previsto nella legislazione nazionale, siano inserite nel testo finale
del Trattato". Nella nota, l’organismo ricorda che fino al 17 febbraio
sarà possibile depositare emendamenti al progetto del testo. (M.A)
UN CONTRIBUTO
SIGNIFICATIVO PER LA RICERCA STORIOGRAFICA:
PUBBLICATO
DALLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA UN VOLUME INCENTRATO
SUI RAPPORTI TRA SANTA SEDE E RUSSIA, DA LEONE XIII
A PIO XI
- A cura di padre Janez Sraka -
ROMA. =
Si è svolto giovedì sera, presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma,
un incontro promosso dal Circolo di Roma e dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche
per la presentazione del volume «Santa
Sede e Russia da Leone XIII a Pio XI». Si tratta di una raccolta degli Atti
del Simposio organizzato nella capitale russa dal 23 al 25 giugno 1998 dal
Pontificio Comitato di Scienze Storiche e dall'Istituto di Storia Universale
dell'Accademia delle Scienze di Mosca. Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stato
presentato dall'Ambasciatore russo presso la santa Sede Vitaly Litvin e dal
professore Ernesto Galli Della Loggia, ordinario di Storia Moderna
all'Università di Perugia. Nel suo intervento,
l'Ambasciatore Litvin ha felicemente sintetizzato la problematica dei rapporti
tra Santa Sede e la Russia in due frasi storiche molto eloquenti. La prima è la
domanda di Sodorov, ex Ambasciatore russo presso la Santa Sede e poi Ministro
degli Esteri russo durante gli anni 1911-1914: “Che cosa ci darà la Santa
Sede?”. La seconda è la famosa domanda formulata da Stalin dopo la Seconda
Guerra Mondiale: “Quante divisioni possiede la Santa Sede?”. Il prof. Galli
Della Loggia ha, da parte sua, illustrato alcuni elementi dell'attività della
Santa Sede sia nei suoi rapporti con i governi dell'epoca zarista, sia con
quello bolscevico dopo la Rivoluzione d'Ottobre del 1917. Dagli Atti del
Simposio risulta la grande sollecitudine della Santa Sede a stabilire vari tipi
di contatto, tra cui di particolare importanza è il suo riconoscimento della
Repubblica russa dopo la rivoluzione del febbraio 1917 e l'organizzazione dei
massicci aiuti umanitari durante la carestia che colpì l'Unione Sovietica negli
anni 1921-1922. Dal dibattito è emersa la convinzione che il volume:«Santa Sede e Russia da Leone XIII a Pio XI»
costituisce fondamento solido per ulteriori ricerche storiche su questo
complesso ed importante tema storico.
ENTRA
NEL VIVO LA 53.MA EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA
INTERNAZIONALE DI BERLINO. PRESENTATE IN
CONCORSO DUE PELLICOLE
ALL’INSEGNA
DELLA DENUNCIA POLITICA E SOCIALE
BERLINO.
= Dopo un’inaugurazione all’insegna del musical in perfetto stile hollywoodiano,
affidata alle immagini concitate e trascinanti del film americano “Chicago”,
ieri il Festival di Berlino è entrato nel pieno della competizione ufficiale.
Ad aprire le proiezioni della sezione “in concorso”, due pellicole molto
diverse tra loro ma accomunate da un serio impegno di denuncia sociale. La
realtà dei profughi politici e dell’immigrazione è al centro del film “In This
World” del regista inglese Michael Winterbottom. Concepito come un road-movie a
metà strada tra documentario e finzione, “In this world” narra l’odissea di due
giovani afghani che da un campo profughi a Peshawar cercano di arrivare a
Londra, passando per Iran, Turchia, Italia, Francia, alla ricerca di un futuro
migliore. Al termine della proiezione del film, che ha suscitato calorosi
applausi e grande commozione, Michael Winterbottom ha dichiarato di aver voluto
realizzare “In This World” contro la politica ostile verso l'immigrazione che
accomuna tutti i Paesi d'Europa, ricordando il viaggio della speranza di 58
profughi cinesi che morirono soffocati in un container nel tentativo di
raggiungere l’Italia. Al centro della pellicola di Alan Parker, “The life of
David Gale” c’è, invece, il tema della pena di morte negli Stati Uniti.
Interpretato magistralmente da Kevin Spacey e Kate Winslet, il film narra la
vicenda di un professore universitario, attivista contro la pena di morte, che
si ritrova condannato alla pena capitale per l’omicidio di una sua compagna di
partito. Chiuso nel braccio della morte di un carcere del Texas, David Gale
racconta la sua versione dei fatti ad una giornalista a caccia del Premio
Pulitzer, nella speranza che quest’ultima riesca a provare la sua innocenza.
Definito da Kevin Spacey “un film utile se riuscirà a stimolare un dibattito su
un tema difficile come la pena di morte”, la pellicola di Alan Parker ha
suscitato l’interesse delle associazioni impegnate per l’abolizione della pena
di morte che lo hanno definito “un manifesto abolizionista”. (M.D.M.)
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8
febbraio 2003
- A cura di Barbara Castelli -
“Gli Stati Uniti sperano ancora che una guerra contro
l’Iraq non sia necessaria”. Così oggi il segretario alla Difesa americano,
Donald Rumsfeld, intervenendo a Monaco di Baviera, in Germania, per la
Conferenza internazionale sulla sicurezza. Continua così il tour europeo per
colloqui con gli alleati dell’emissario della Casa Bianca, mentre Germania e
Francia hanno confermato oggi di essere al lavoro per mettere a punto un piano
di disarmo per Baghdad, al fine di scongiurare un’azione militare nel Golfo. Il
servizio di Giancarlo La Vella:
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Rumsfeld è tornato anche oggi ad usare toni duri e decisi.
Se ieri, tuttavia, parlava di guerra lampo, oggi, intervenendo a Monaco alla
39.ma conferenza annuale sulla sicurezza, ha ribadito che nessuno vuole la guerra,
che non è mai la prima scelta o quella più facile, ma i rischi di un conflitto
vanno misurati con quelli del non far nulla, mentre Saddam Hussein continua a
procurarsi armi di distruzione di massa. Rifacendosi alle teorie più volte
esposte da Bush, Rumsfeld ha detto che il mondo di oggi rischia di avere un
futuro instabile a causa di 6 Paesi terroristi che potrebbero ottenere il
nucleare. “Ormai - ha detto ancora il segretario alla Difesa statunitense - in
pochi giorni sapremo se l’Iraq ha intenzione di collaborare con gli osservatori
dell’Onu o meno”. Intanto, è iniziata a Baghdad la missione chiave di Hans Blix
e Mohammed el Baradei. I due esperti internazionali per il disarmo, a capo
degli ispettori dell’Onu, giunti nella capitale irachena, inizieranno tra
qualche ora la prima serie di incontri ad alto livello con le autorità di
Baghdad. Il 14 febbraio prossimo riferiranno poi nuovamente all’Onu e proprio
questa data potrebbe costituire lo spartiacque tra la fase dell’attesa e
l’inizio delle ostilità.
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A proposito della crisi irachena,
torniamo alla giornata di ieri, nel corso della quale il Papa ha ricevuto in
udienza il ministro degli esteri tedesco, Joshka Fischer. Ascoltiamolo al
microfono di Stefan Kempis, della redazione tedesca della Radio Vaticana:
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R. - DIE LAGE IST SEHR ERNST. WIR MÜSSEN ALLE
ANSTRENGUNGEN ...
La situazione è molto seria. Dobbiamo percorrere ogni strada possibile
per arrivare ad una soluzione pacifica. Non voglio speculare sulla situazione,
ma Baghdad deve fornire la più completa attuazione della risoluzione 1441
dell’Onu: questo è di importanza decisiva. Questo significa, quindi, che
chiediamo a Saddam Hussein la cooperazione più totale con gli ispettori Blix ed
El Baradei.
D. - Dopo il
recente discorso del presidente Bush, bisognerà aspettarsi che le relazioni tra
gli Stati Uniti e la Germania peggioreranno ulteriormente?
R. - WIR SIND ENGE PARTNER IM BÜNDNIS, FÜR UNS SIND DIE
USA ...
Noi siamo alleati molto uniti, per
noi gli Usa rivestono un’importanza determinante: sono gli alleati
assolutamente più importanti fuori dall’Europa. La nostra democrazia si fonda sull’intervento degli Usa nella
lotta contro il nazionalsocialismo, sono stati loro che ci hanno liberati,
dobbiamo la riunificazione tedesca anche agli Usa, quindi, sotto questo
aspetto, siamo alleati molto stretti e lo rimarremo. Però, anche in un’alleanza
molto stretta possono insorgere differenze e divergenze. Noi siamo molto
preoccupati quando consideriamo la prospettiva di un’azione militare in Iraq e
lo abbiamo ripetuto continuamente alla parte americana. Non parteciperemo ad
un’eventuale azione militare, ma questo non cambierà i nostri rapporti.
Comunque, non credo che possa essere utile in questo momento criticare i
rapporti tra Germania e Stati Uniti.
D. - Che peso
hanno avuto i numerosi appelli del Papa per la pace sulla comunità
internazionale?
R. - ER IST EINE KIRCHLICHE, ER IST EINE RELIGIÖSE UND ER
IST ...
Il Papa è un’autorità ecclesiale, religiosa e morale ed è
in questo preciso ambito che si sviluppano le attività della Santa Sede per la
pace nel mondo.
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Cresce la tensione anche tra Stati
Uniti e Corea del Nord. Pyongyang continua, infatti, ad accusare Washington di
volerla attaccare e invita tutti i coreani a unirsi per difenderla. Il
segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, sempre a Monaco, ha
dichiarato, invece, che la Corea del Nord potrebbe produrre entro giugno
da 6 ad 8 testate nucleari.
Trasferiamoci
in Colombia, duramente colpita ieri sera dall’ennesimo attentato della
guerriglia. È di almeno 20 morti il bilancio dell’esplosione di un’autobomba al
club “El Nogal” di Bogotà, uno dei locali più esclusivi della capitale. Secondo
il ministero della Giustizia, l’azione terroristica è opera delle Forze armate
rivoluzionarie della Colombia, forse in risposta alla decisione del presidente
Alvaro Uribe di prorogare lo stato di emergenza. Maurizio Salvi:
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L’esplosione potentissima è
avvenuta all’altezza del terzo piano, quando nel club “El Nogal” si trovavano
almeno 500 persone divise in differenti feste e celebrazioni. Parte
dell’edificio è crollato, mentre un’altra è stata avvolta dalle fiamme. In un
primo momento, si è ipotizzata l’esplosione di una caldaia ma il sindaco di
Bogotà, Ananas Mockus, ha successivamente confermato che si trattava di un
attentato realizzato con un autobomba, caricata con almeno 200kg di esplosivo.
“El Nogal”, che si trova nel nord della capitale, era frequentato da persone del
mondo politico ed economico. Poche ore prima dell’attentato, la polizia
nazionale aveva convocato i giornalisti per annunciare il rinvenimento di
alcuni razzi e granate che dovevano servire per un attentato ad opera, quasi
certamente, delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie colombiane.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Un attentato si è registrato
questa mattina anche nella cittadina basca di Andoain, in Spagna. Il capo della
Guardia municipale, Joseba Pagazaurtundua, è stato colpito da almeno due spari
mentre si trovava in un bar. Fratello di una consigliera municipale socialista,
era già stato vittima di aggressioni in passato. Le sue condizioni sono al
momento molto gravi.
“La pace in Costa d’Avorio passa per l’accordo firmato a
Parigi da governo e ribelli”. Lo ha detto ieri sera il presidente Laurent
Gbagbo, parlando alla Nazione in diretta televisiva. Nonostante le contestazioni
dei suoi fedelissimi, il capo dello Stato ha confermato, inoltre, la nomina di
Seydou Diarra, già premier tre anni fa di una giunta militare, a primo ministro
del futuro governo di unità nazionale. Ma nel discorso di Gbagbo non sono mancate
le contraddizioni, come ci riferisce Giulio Albanese:
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“Accetto e mi impegno nello
spirito del testo di Parigi” ha detto il presidente ivoriano, Laurent Gbagbo,
“non sono un imbroglione. Proviamo questa medicina, se ci guarisce tanto
meglio, altrimenti ne proveremo un’altra. L’accordo” ha sottolineato ancora il
presidente “ha punti contraddittori. E’ un testo di compromesso. Dunque, se vi
saranno punti in contraddizione con la Costituzione ivoriana, applicherò la
Costituzione” ha detto “martellando anche sulla questione delle forze
governative, che non saranno disarmate”. Ciò che non è chiaro nel discorso di
Gbagbo, è quale soluzione si potrà trovare sulla questione dell’assegnazione
degli incarichi di Governo più prestigiosi. Mentre la Comunità Internazionale,
Francia in testa, spinge perché Gbagbo sia fedele alla parola data a Parigi,
ieri è stato diffuso un rapporto dell’alto Commissariato dell’Onu per i diritti
umani. Secondo quanto si legge nel documento, il presidente potrebbe ritrovarsi
davanti ad un tribunale penale internazionale se verrà provato che è lui il
burattinaio degli squadroni della morte, che stanno seminando il terrore tra i
suoi oppositori.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Si riaccende la violenza anche in
Afghanistan. 5 soldati dell’esercito della postazione di Ayub Mama, nel sud-est
del Paese, sono stati uccisi mentre altri 4 sono rimasti feriti durante un
attacco sferrato da ribelli antigovernativi nella notte tra ieri e oggi.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Afghan Islamic Press, i ribelli avrebbero
anche rapito due soldati. Non si hanno notizie precise sugli autori
dell’attacco: nella zona sono attivi sia i talebani sia i partigiani dell’ex
primo ministro Gulbuddin Hekmatyar.
Il primo ministro del governo
ceceno filorusso, Mikhail Babich, si è dimesso stamani, in seguito alla crisi
sorta fra lui e il capo dell’amministrazione cecena, Akhmad Kadyrov. Lo ha
annunciato un portavoce del premier, specificando che la crisi tra i due era
nata in merito alla nomina di un nuovo ministro delle finanze. Le dimissioni
avvengono a poco più di un mese e mezzo dall’annunciato referendum
costituzionale in Cecenia.
I montenegrini domani nuovamente
alle urne per eleggere il Capo dello Stato. Dopo il fallito tentativo
elettorale dello scorso dicembre, tuttavia, anche questa volta pesa sul voto il
pericolo dell’astensionismo; mentre il favorito sul campo resta il presidente
‘ad interim’, ed ex primo ministro, Filip Vujanovic.
È di
nuovo crisi diplomatica tra India e Pakistan, in lotta per la contesa regione
del Kashmir. New Delhi ha, infatti, espulso oggi dal Paese 5 diplomatici
pakistani, tra cui l’incaricato di affari, Jalil Abbas Jilani, ossia il più
alto rappresentante in India del governo di Islamabad. I cinque sono accusati
di finanziare i separatisti, dopo che giovedì la polizia indiana ha trovato
l’equivalente di 13 mila euro nelle tasche di uno dei guerriglieri.
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