RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 39 - Testo della Trasmissione di sabato 8 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ancora un forte appello del Papa a non rassegnarsi alla guerra e a moltiplicare gli sforzi per la pace, nell’udienza alla Comunità di Sant’Egidio per i 35 anni di vita: con noi, il cardinale Mario Francesco Pompedda e Mario Marazziti

 

La ferma riprovazione di Giovanni Paolo II per il sanguinoso attentato di stanotte in un locale di Bogotà

 

Presentato al Santo Padre il nuovo Annuario Pontificio 2003: un miliardo e 61 milioni i cattolici battezzati, 158 nuovi vescovi, rapporti diplomatici con 175 Stati.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le ripercussioni economiche del conflitto israelo-palestinese sul Medio Oriente e il Nord Africa, in un Rapporto della Commissione Europea: con noi, il portavoce per gli affari economici Gerassimos Thomas

 

Le sfide della fede cristiana davanti al “mondialismo ateo”, nella Plenaria dei vescovi dell’Africa dell’Ovest francofona.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Di fronte al pericolo di una guerra senza fine, l’impegno dei gesuiti a lavorare per una pace ancorata alla giustizia

 

Richiamo della Commissione degli episcopati della Comunità europea a riconoscere la fede religiosa tra i valori fondamentali dell’Europa

 

Pubblicato dalla libreria editrice vaticana un volume incentrato sui rapporti tra Santa Sede e Russia, da Leone XIII a Pio XI

 

Immigrati e pena di morte. Il Festival del cinema di Berlino entra nel vivo con due pellicole di denuncia sociale e politica.

 

24 ORE NEL MONDO:

Crisi Usa-Iraq: prosegue la missione diplomatica in Europa del segretario alla difesa americano Rumsfeld, mentre Francia e Germania stanno elaborando un piano di disarmo per l’Iraq

 

20 morti è il bilancio del disastroso attentato di ieri sera in Colombia

 

Domani, i montenegrini chiamati alle urne per le elezioni presidenziali

 

E’ nuovamente crisi tra India e Pakistan.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 febbraio 2003

 

OCCORRE MOLTIPLICARE GLI SFORZI, CONTINUARE AD INVOCARE LA PACE

E NON RASSEGNARSI QUASI CHE LA GUERRA SIA INEVITABILE:

COSI’ PAPA ALL’UDIENZA CON VESCOVI E SACERDOTI

AMICI DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

 

 

“Occorre moltiplicare gli sforzi. Non bisogna rassegnarsi, quasi che la guerra sia inevitabile”. Con queste parole il Papa si è espresso questa mattina ricevendo la Comunità di Sant’Egidio. Insieme a mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e al fondatore prof. Andrea Riccardi, nella Sala Clementina in Vaticano, erano in oltre 300, vescovi e sacerdoti,  esponenti di altre Chiese, amici della Comunità, convenuti da 60 Paesi a Roma per il V Incontro internazionale,  a 35 anni dalla nascita della Comunità che, come ha rilevato il Papa, in questi anni si è diffusa in vari Paesi, creando “una rete di solidarietà nella comunità cristiana e civile”. Il servizio è di Carla Cotignoli:

 

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“Diventa sempre più urgente annunciare il ‘Vangelo della pace’ ad un’umanità tentata fortemente dall’odio e dalla violenza”.

 

Così il Papa si è rivolto alla Comunità di Sant’Egidio che ha scelto proprio “Il Vangelo della pace”, come tema centrale dell’incontro internazionale in corso a Roma. Qui ha avuto parole forti:

 

 “Occorre moltiplicare gli sforzi. Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo, né davanti alle minacce che si levano all’orizzonte. Non bisogna rassegnarsi, quasi che la guerra sia inevitabile”.

 

“Alla causa della pace – ha ancora detto il Papa alla Comunità di Sant’Egi-dio – offrite il contributo della vostra esperienza di vera fraternità che conduce a riconoscere nell’altro un fratello da amare senza condizione. E’ questo – ha aggiunto – il sentiero che conduce alla pace, un cammino di dialogo, di speranza e di sincera riconciliazione”.

 

Il Santo Padre ha poi ribadito con forza  l’importanza dei “gesti di pace” che nascono dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace.  “Oggi più che mai – ha detto – siete chiamati ad essere costruttori di pace” intensificando ovunque la preghiera per la pace, “accompagnata da un’azione concreta a favore della riconciliazione e della solidarietà tra gli uomini e i popoli”, in fedeltà alla vostra “tradizione associativa”.

 

Il Papa ha concluso con l’immagine di Abramo mentre sul monte prega che il Signore risparmi la città degli uomini dalla distruzione. “Con la medesima insistenza – ha detto -  dobbiamo continuare ad invocare per l’umanità il dono della pace”. Quindi l’invito ad essere “testimoni e servitori del Vangelo, certi che più di qualsiasi sforzo umano, è lo Spirito Santo a dare fecondità alla loro azione nel mondo”.

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E ieri pomeriggio, 7 febbraio, giorno in cui nasceva a Roma la Comunità di Sant’Egidio, nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura, ha avuto luogo una solenne celebrazione per festeggiarne il 35.mo anniversario. Ce ne parla Dorotea Gambardella:

 

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(musica)

 

“Siamo qui attorno alla tomba dell’apostolo Paolo per ringraziare il Signore, gente di tutte le provenienze, legata all’azione e alla spiritualità, alle persone della Comunità di Sant’Egidio”.

 

(musica)

 

Così all’inizio della sua omelia, il cardinale Giovanni Battista Re, che nella maestosa cornice di una Basilica di San Paolo gremita di fedeli, ieri pomeriggio ha presieduto la Messa per celebrare i 35 anni della Comunità di Sant’Egidio. “Una Comunità il cui segreto semplice – ha detto il porporato – è la fedeltà alla preghiera”. Alla presenza, tra gli altri, anche dei rappresentanti della Chiesa ortodossa serba per la prima volta in visita ufficiale a Roma e accompagnati dai cardinali Walter Kasper e Giovanni Battista Re, ha ricordato i 30 anni che la Comunità di Sant’Egidio ha speso nel servizio agli anziani nella convinzione che “i vecchi senza amore muoiano”; i 20 anni di dedizione alle persone senza fissa dimora; il contributo, 10 anni fa, per la pacificazione in Mozambico; infine il continuo sostegno affinché sempre più si sviluppi il dialogo interreligioso. “Sono solo alcuni aspetti di un amore costruttivo e appassionato, che in tutti questi anni non si è rassegnato al male, alla povertà, agli spiriti malvagi. Ed è per questo – ha concluso – che in questo anniversario, ci stringiamo intorno a questi nostri amici, pregando Dio perché li renda ancor di più strumento di bene nel mondo contemporaneo”. Ma in questo momento particolare su che cosa è focalizzata l’attenzio-ne della Comunità di Sant’Egidio? Lo abbiamo chiesto a Mario Marazziti, tra i volontari della vecchia guardia.

 

“Stiamo lavorando con impegno perché si trovi una pacificazione vera in Costa d’Avorio. Questo conflitto rischia di spaccare Nord e Sud. Stiamo lavorando perché risorga dall’Aids, l’Africa. Il progetto che include la cura, la terapia dell’Aids in Mozambico oggi può diventare un modello per altri Paesi africani e dire così che l’Africa può non morire di Aids per i 25 milioni di persone infette. Oggi c’è la terapia e c’è un modo per amministrarla anche in condizioni ambientali difficili”.

 

Se Marazziti è tra i primi giovani che hanno dato vita a Sant’Egidio, Silvia Giancaterini, 21 anni, da quattro impegnata come volontaria all’interno della Comunità, è tra le nuove, entusiaste leve. Ma che cosa significa per lei quest’esperienza?

 

“Una vita al seguito del Vangelo. E’ significato un’apertura verso il mondo, prima di tutto, verso il mondo dei poveri, che non conoscevo. Ed ho un’amicizia profonda con tante persone che sono entrate a far parte integrante della mia vita”.

 

Alla celebrazione eucaristica ha fatto seguito il ricevimento in un tendone allestito nello spiazzo contiguo alla Basilica. E’ qui che abbiamo incontrato il cardinale Mario Francesco Pompedda, tra i sette concelebranti della liturgia di ringraziamento, al quale abbiamo chiesto un commento sulla serata.

 

“Mi pare che questi primi 35 anni di vita di Sant’Egidio siano stati commemorati in modo molto solenne e soprattutto molto partecipato. Quindi, credo che sia un auspicio per il futuro. Noi lo auguriamo e preghiamo per questo, perché nella Chiesa costituisca un forza di carità, una forza di fede e una forza soprattutto di attaccamento a tutto quello che è la nostra religione cristiana”.

 

(musica)

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME

DELL’ATTENTATO IN COLOMBIA, ATTO DI INGIUSTIFICABILE VIOLENZA

CONTRO LA DIGNITA’ UMANA E LA PACE SOCIALE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

 

         “Energica riprovazione” per l“esecrabile attentato”, che ha provocato oggi la morte di più di 20 persone e il ferimento di altre cento in un locale di Bogotà. L’ha espressa a nome del Papa il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in un telegramma inviato all’arcivescovo della capitale colombiana, il cardinale Pedro Rubiano Sáenz.

 

         Nell’assicurare le sue preghiere di suffragio per le vittime e i familiari del drammatico episodio, il Papa ha condannato con fermezza questa azione “contro la vita, la dignità delle persone e la loro convivenza pacifica”. Giovanni Paolo II, si legge nel telegramma, “confida che le diverse istanze pubbliche e i cittadini” rifiutino “questa permanente forma di violenza, che offende la coscienza umana e cristiana”. Che il popolo colombiano, è l’auspicio e la preghiera del Pontefice, ottenga dal Signore “serenità e fortezza di fronte a questa avversità che turba la pace sociale”, affinché tutti, “superando con valore e senso civico questa prova, possano convivere come figli della stessa patria”.

 

 

 

PRESENTATO AL PAPA IL NUOVO ANNUARIO PONTIFICIO 2003.

OLTRE IL MILIARDO, IL NUMERO DEI CATTOLICI NEL MONDO,

MA E’ IN LIEVE FLESSIONE QUELLO DEI SACERDOTI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

 

Aumentano i battezzati nel mondo, diminuiscono i sacerdoti, cresce il numero dei seminaristi. Sono alcune delle tendenze registrate dal nuovo Annuario pontificio del 2003, presentato oggi al Papa dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e dai responsabili degli organismi che hanno collaborato alla stesura dell’edizione dell’importante volume.

 

La “geografia” dei numeri della Chiesa,  elaborata dal suo Ufficio centrale di Statistica, mostra uno spaccato interessante: pur rimanendo le Americhe il luogo con la maggior presenza di cattolici - 1 miliardo e 61 milioni il loro numero totale nel mondo, con tendenza all’aumento - è l’Africa il continente che ha maggiormente contribuito all’incremento dei battezzati, con una crescita del 148 per cento. Anche Asia, America e Oceania - si legge nel comunicato di presentazione dell’Annuario - presentano “cospicui aumenti” di appartenenti alla fede cattolica. Fanalino di coda, come ormai da anni, resta l’Europa, che vede un calo anche nel numero dei candidati al sacerdozio. Costoro, in termini generali, presentano invece un rialzo nel 2001 rispetto al 2000: da 110.500 a 112 mila.

 

I vescovi nel mondo, riportati nell’Annuario, sono 4.649, oltre 150 di nuova nomina. I sacerdoti 405 mila, più della metà diocesani. I quadri del clero subiscono un lieve declino numerico: a diminuire di un centinaio di unità sono stati, nel 2001, i sacerdoti religiosi mentre, nello stesso periodo, i diocesani  sono cresciuti di 600 elementi. Rimanendo nell’ambito della vita consacrata, i religiosi non sacerdoti sono circa 55 mila, le religiose arrivano a circa 800 mila. Il settore dell’attività pastorale può contare, in tutto il mondo, anche su 30 mila diaconi permanenti, 140 mila missionari laici e 2 milioni e 800 mila catechisti. Tre categorie, queste ultime, che le statistiche ecclesiali individuano “in forte espansione”. Infine, va annotato che, con Timor Est e il Qatar, sono saliti a 175 gli Stati che intrattengono regolari rapporti diplomatici con la Santa Sede, la quale nel 2002 ha provveduto a creare, tra l’altro, dieci nuove sedi vescovili.

 

 

ALTRE UDIENZE DI OGGI. NUOVO NUNZIO IN INDIA

E PROVVISTA DI CHIESA IN MESSICO

 

Il Papa ha ricevuto in udienza questa mattina il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il Pontefice ha pure ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in India e in Nepal l’arcivescovo spagnolo mons. Pedro Lopez Quintana. Il presule, già assessore della Segreteria di Stato per gli Affari generali, subentra nell’incarico all’arcivescovo italiano mons. Lorenzo Baldisseri, nominato a sua volta il 12 novembre dello scorso anno nunzio apostolico in Brasile.

 

In Messico, il Papa ha nominato vescovo di Tabasco il presule mons. Benjamìn Castillo Plascencia, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Guadalajara.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Non bisogna rassegnarsi. La guerra non è inevitabile”: è il titolo che apre la prima pagina. Di fronte alle minacce che si levano contro la pace, il Pontefice affida a vescovi e a sacerdoti - riuniti per riflettere sul tema “Il Vangelo della pace” nel trentacinquesimo anniversario della Comunità di Sant'Egidio - un appello e una certezza.

Riguardo all'Iraq, i capi degli ispettori dell'Onu a Baghdad per mediare.  

Sempre in prima, “Vergine Madre, volgi a noi i tuoi occhi perché vi leggiamo i misteri del tuo Figlio” è il titolo del pensiero di Alessandro De Sortis dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle pagine vaticane, la presentazione - da parte del cardinale Angelo Sodano - dell'Annuario Pontificio 2003 al Santo Padre.

Le Conclusioni dell'Incontro Mondiale delle Famiglie svoltosi a Manila.

Un articolo del cardinale Franz König sulla figura del cardinale Stepinac di cui il 10 febbraio si celebra la memoria liturgica.

Una monografica a cura di Luigi Porsi, dedicata  al Servo di Dio Antonio Franco, eccellente pastore della Chiesa post-tridentina.

 

Nelle pagine estere,  Colombia: strage a Bogotà, dove l'esplosione di un'autobomba ha provocato decine di morti ed oltre 150 feriti; telegramma di cordoglio del Santo Padre.

Uganda: nuovo assalto dei ribelli dell’'“Lra”, che hanno rapito ventotto bambini.

Medio Oriente: fissati colloqui tra Israele ed Ap.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Andrea Colombo dal titolo: “L’arma è il segno della caduta dell'uomo”: ristampato uno scritto di Cornelio Fabro sulla guerra. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con riferimento agli orientamenti sulla posizione del Paese di fronte alla crisi irachena.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 febbraio 2003

 

LE RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

SUL MEDIO ORIENTE E IL NORD AFRICA,

ANALIZZATE IN UN RAPPORTO DELLA COMMISIONE EUROPEA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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L’onda lunga della crisi israelo-palestinese si propaga con effetti negativi sull’economia del Medio Oriente e del Nord Africa. A rivelarlo è un rapporto della Commissione europea - pubblicato questa settimana - che mette in rilievo la recessione che da due anni rallenta l’economia di otto Paesi della regione: Israele, Giordania, Siria, Libano, Marocco, Tunisia, Algeria ed Egitto. La Seconda Intifada - spiega lo studio - ha determinato un tracollo delle condizioni di vita nei Territori palestinesi, con 75 mila nuovi disoccupati. Forte anche l’impatto sull’economia israeliana, sintetizzato nella contrazione del Prodotto interno lordo e l’impennarsi del tasso d’inflazione. Sui punti chiave del rapporto e il ruolo centrale che l’Europa può giocare per rilanciare lo sviluppo dell’area, ascoltiamo Gerassimos Thomas, portavoce del Commissario europeo agli affari economici, Pedro Solbes:

 

R. – Negli ultimi 10 anni c’è stata una collaborazione economica tra l’Unione Europea e i nostri partner mediterranei. Si è notato uno sviluppo macroeconomico molto importante in tutti questi Paesi. La crescita è stata doppia negli ultimi 10 anni rispetto all’Unione Europea. Sono Paesi che hanno, dunque, prospettive di crescita molto rilevanti. Questo studio mostra che quanto manca è un avanzamento delle riforme, che risultano inadeguate: la modernizzazione dell’economia, lo sviluppo del settore privato, il ritiro del settore pubblico nell’economia. Riforme che devono ancora fare passi avanti, così che si possa avere un maggiore investimento estero ed europeo in quest’area. E’ in atto un processo che aiuterà la crescita e la collaborazione tra l’Europa e questi Paesi. Si deve lavorare dal punto di vista istituzionale tutti insieme, concludere accordi di associazione bilaterali ed entrare in fase di implementazione. Si arriverà a stabilire un’area di libero commercio con l’Europa, da qui al 2010. Bisogna fare tutto il lavoro possibile per stabilire un commercio libero tra l’Europa e questi Paesi amici dell’Unione Europea.

 

D. - L’incertezza del quadro politico regionale, la mancanza di sicurezza… sono questi gli elementi che frenano lo sviluppo economico di questa area così vasta?

 

R. – Ovviamente, a parte i motivi macroeconomici, nell’ultimo anno in particolare, c’è stata un’incertezza geopolitica. Un elemento in più a frenare la crescita economica, come d’altra parte nell’Unione Europea. Ma non è l’unico punto, perché c’è ovviamente il processo di riforma economica portato avanti da questi Paesi a livello interno, e c’è una grande diversità tra questi Paesi. In questo gruppo di partner dell’Unione Europea, i Paesi intorno al Medio Oriente sono più colpiti da questa incertezza geopolitica, piuttosto che quelli del Mediterraneo. Questo si riflette anche nei tassi di crescita, per esempio nei tassi di disoccupazione, che sono un punto fondamentale.

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LA FEDE CRISTIANA DI FRONTE AL MONDIALISMO ATEO,

NELLA PLENARIA DEI VESCOVI DELL’AFRICA DELL’OVEST FRANCOFONA

- Servizio di padre Joseph Ballong -

 

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I lavori della XV Assemblea plenaria della Conferenza episcopale regionale dell’Africa dell’Ovest francofona, sono stati segnati venerdì, soprattutto da un dibattito sulla mondializzazione introdotto con una relazione della signora Marguerite Peeters, direttrice dell’Istituto per la dinamica del dialogo interculturale di Bruxelles, in Belgio.

 

La signora Peeters, che aveva partecipato come giornalista alla Conferenza del Cairo, in Egitto, nel 1994, sulla popolazione, ha dimostrato come in modo silenzioso e perfido, una nuova ideologia, che lei ha chiamato mondialismo ateo, sta imponendosi nel mondo, nei vari campi dell’economia, della società e dell’etica. Una tale ideologia promuove la contrapposizione dell’uomo contro la donna, dei genitori contro i figli, la vita della madre contro quella del bambino, il rispetto dell’ambiente contro la creatività umana, la scienza contro il carattere sacro della vita umana, la spiritualità contro la rivelazione. Questa nuova etica non parte dalla persona, né dalla natura, né dalla realtà concreta, ma si fonda sulle idee astratte e su un progetto ideologico pensato da alcuni esperti attraverso un processo di consenso, che non ammette la contraddizione o l’opposizione.

 

Per la signora Peeters, l’Occidente non si rivela capace di orientare il processo di mondializzazione in una direzione che permetterà alla fede cristiana, e semplicemente ai valori umani, di esercitare la loro influenza. E’ per questo che è urgente ritornare alla persona umana e concreta attraverso la verità, la coscienza morale e l’amore, fattore essenziale del vero sviluppo. Sta anche alla Chiesa dare un contenuto antropologico e teologale ai nuovi concetti e correnti culturali. “Bisogna anche che i valori africani siano conosciuti e possano avere un impatto nel processo di mondializzazione” ha fortemente auspicato la signora Peeters, per la quale è arrivata l’ora della responsabilità africana e della Chiesa in Africa nella mondializzazione.

 

Per la Radio Vaticana, padre Joseph Ballong.

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CHIESA E SOCIETA’

8 febbraio 2003

 

 

 

DICHIARAZIONE DEL SEGRETARIATO PER LA GIUSTIZIA SOCIALE

DELLA COMPAGNIA DI GESU’: DAVANTI AL PERICOLO DI UNA GUERRA SENZA FINE,

LAVORARE PER UNA PACE ANCORATA ALLA GIUSTIZIA

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

 

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ROMA. = La condanna della guerra da parte della Chiesa si riassume nel monito “Non più la guerra, non più la guerra” lanciato da Paolo VI alle Nazioni Unite nel 1965 e ripreso da Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus annus in occasione della Guerra nel Golfo Persico nel 1991, in cui veniva lodata come nuovo segno di speranza la crescita nell’opinione pubblica di una nuova sensibilità sempre più contraria alla guerra. Anche la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti esponeva nel novembre 2002 in una dichiarazione sull’Iraq la mancanza di chiare e sufficienti prove di un imminente attacco da parte dell’Iraq. Così il segretario per la giustizia sociale della Compagnia di Gesù getta le basi per rammentare ai padri gesuiti l’impegno di essere “Servitori della missione di Cristo” e la conseguente determinazione a lavorare per una pace ancorata alla giustizia. Un intervento armato in Iraq - prosegue padre Fernando Franco - non è giustificabile con la dottrina della guerra preventiva, concetto moralmente indifendibile, e che apre la strada al pericolo di una guerra senza fine. Le conseguenza di una tale azione sul Medio Oriente sarebbero disastrose, in particolare perché rischierebbe di estirpare i semi del dialogo tra cristiani e musulmani fino ad oggi pazientemente seminati. Le massicce spese che la guerra richiede per la distruzione di vite umane sono inoltre in stridente contrasto con la necessità di sradicare la povertà estrema sempre più diffusa nel mondo. E quindi - prosegue il documento - viene spontaneo chiedersi se i veri motivi di questa guerra non debbano essere ricercati più in ragioni economiche che di sicurezza. La guerra spiega padre Franco colpisce soprattutto i poveri, le donne ed i bambini, e questo la rende del tutto ingiustificabile. Di qui deve scaturire l’impegno da parte dei gesuiti a livello provinciale a riflettere su come preparare piani di azione pubblica e ad avviare la necessaria collaborazione con altri gruppi per gettare le fondamenta di una nuova famiglia umana capace di essere percepita come garante dei diritti, oggettiva ed imparziale.

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RICONOSCERE LA FEDE RELIGIOSA TRA I VALORI FONDAMENTALI DELL’EUROPA:

 E’ IL RICHIAMO DELLA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITA’ EUROPEA,

NELLA NOTA SULLA PRIMA BOZZA DELLA CARTA COSTITUZIONALE PRESENTATA

 A BRUXELLES DAL PRESIDIUM DELLA CONVENZIONE EUROPEA

 

BRUXELLES. = La Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece) ha diffuso ieri una nota sulla prima bozza della Carta costituzionale dell’Unione Europea, presentata giovedì scorso a Bruxelles dal Presidium della Convenzione europea. “Noi – affermano i vescovi - speriamo che il ruolo della fede religiosa, in quanto sorgente e fondamento dei nostri valori europei comuni, sia riconosciuta nella versione finale del Trattato costituzionale”. I presuli accolgono con favore la presenza nel testo di valori come la libertà, la democrazia, l’impegno per la promozione della pace e del bene comune e il rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo. Con riferimento all’art.2 della bozza - nel quale senza accenno ai valori religiosi compare una lista di valori fondamentali dell’Unione - i vescovi precisano che le note allegate non impediscono che la Costituzione menzioni elementi supplementari o più dettagliati che rientrino nell’etica dell'Unione in diversi altri punti del Trattato. “Di conseguenza – concludono i presuli - noi speriamo anche che le proposte legislative avanzate congiuntamente dalla Comece e dalla Commissione Chiesa e Società della Conferenza delle Chiese europee sul ruolo specifico delle Chiese e delle comunità religiose nella società europea, compreso il loro statuto previsto nella legislazione nazionale, siano inserite nel testo finale del Trattato". Nella nota, l’organismo ricorda che fino al 17 febbraio sarà possibile depositare emendamenti al progetto del testo. (M.A)

 

 

UN CONTRIBUTO SIGNIFICATIVO PER LA RICERCA STORIOGRAFICA:

 PUBBLICATO DALLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA UN VOLUME INCENTRATO

SUI RAPPORTI TRA SANTA SEDE E RUSSIA, DA LEONE XIII A PIO XI

- A cura di padre Janez Sraka -

 

ROMA. = Si è svolto giovedì sera, presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma, un incontro promosso dal Circolo di Roma e dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche per la presentazione del volume «Santa Sede e Russia da Leone XIII a Pio XI». Si tratta di una raccolta degli Atti del Simposio organizzato nella capitale russa dal 23 al 25 giugno 1998 dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche e dall'Istituto di Storia Universale dell'Accademia delle Scienze di Mosca. Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stato presentato dall'Ambasciatore russo presso la santa Sede Vitaly Litvin e dal professore Ernesto Galli Della Loggia, ordinario di Storia Moderna all'Università di Perugia. Nel suo intervento, l'Ambasciatore Litvin ha felicemente sintetizzato la problematica dei rapporti tra Santa Sede e la Russia in due frasi storiche molto eloquenti. La prima è la domanda di Sodorov, ex Ambasciatore russo presso la Santa Sede e poi Ministro degli Esteri russo durante gli anni 1911-1914: “Che cosa ci darà la Santa Sede?”. La seconda è la famosa domanda formulata da Stalin dopo la Seconda Guerra Mondiale: “Quante divisioni possiede la Santa Sede?”. Il prof. Galli Della Loggia ha, da parte sua, illustrato alcuni elementi dell'attività della Santa Sede sia nei suoi rapporti con i governi dell'epoca zarista, sia con quello bolscevico dopo la Rivoluzione d'Ottobre del 1917. Dagli Atti del Simposio risulta la grande sollecitudine della Santa Sede a stabilire vari tipi di contatto, tra cui di particolare importanza è il suo riconoscimento della Repubblica russa dopo la rivoluzione del febbraio 1917 e l'organizzazione dei massicci aiuti umanitari durante la carestia che colpì l'Unione Sovietica negli anni 1921-1922. Dal dibattito è emersa la convinzione che il volume:«Santa Sede e Russia da Leone XIII a Pio XI» costituisce fondamento solido per ulteriori ricerche storiche su questo complesso ed importante tema storico.

 

 

ENTRA NEL VIVO LA 53.MA EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA

 INTERNAZIONALE DI BERLINO. PRESENTATE IN CONCORSO DUE PELLICOLE

ALL’INSEGNA DELLA DENUNCIA POLITICA E SOCIALE

 

BERLINO. = Dopo un’inaugurazione all’insegna del musical in perfetto stile hollywoodiano, affidata alle immagini concitate e trascinanti del film americano “Chicago”, ieri il Festival di Berlino è entrato nel pieno della competizione ufficiale. Ad aprire le proiezioni della sezione “in concorso”, due pellicole molto diverse tra loro ma accomunate da un serio impegno di denuncia sociale. La realtà dei profughi politici e dell’immigrazione è al centro del film “In This World” del regista inglese Michael Winterbottom. Concepito come un road-movie a metà strada tra documentario e finzione, “In this world” narra l’odissea di due giovani afghani che da un campo profughi a Peshawar cercano di arrivare a Londra, passando per Iran, Turchia, Italia, Francia, alla ricerca di un futuro migliore. Al termine della proiezione del film, che ha suscitato calorosi applausi e grande commozione, Michael Winterbottom ha dichiarato di aver voluto realizzare “In This World” contro la politica ostile verso l'immigrazione che accomuna tutti i Paesi d'Europa, ricordando il viaggio della speranza di 58 profughi cinesi che morirono soffocati in un container nel tentativo di raggiungere l’Italia. Al centro della pellicola di Alan Parker, “The life of David Gale” c’è, invece, il tema della pena di morte negli Stati Uniti. Interpretato magistralmente da Kevin Spacey e Kate Winslet, il film narra la vicenda di un professore universitario, attivista contro la pena di morte, che si ritrova condannato alla pena capitale per l’omicidio di una sua compagna di partito. Chiuso nel braccio della morte di un carcere del Texas, David Gale racconta la sua versione dei fatti ad una giornalista a caccia del Premio Pulitzer, nella speranza che quest’ultima riesca a provare la sua innocenza. Definito da Kevin Spacey “un film utile se riuscirà a stimolare un dibattito su un tema difficile come la pena di morte”, la pellicola di Alan Parker ha suscitato l’interesse delle associazioni impegnate per l’abolizione della pena di morte che lo hanno definito “un manifesto abolizionista”.  (M.D.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 febbraio 2003

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Gli Stati Uniti sperano ancora che una guerra contro l’Iraq non sia necessaria”. Così oggi il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, intervenendo a Monaco di Baviera, in Germania, per la Conferenza internazionale sulla sicurezza. Continua così il tour europeo per colloqui con gli alleati dell’emissario della Casa Bianca, mentre Germania e Francia hanno confermato oggi di essere al lavoro per mettere a punto un piano di disarmo per Baghdad, al fine di scongiurare un’azione militare nel Golfo. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Rumsfeld è tornato anche oggi ad usare toni duri e decisi. Se ieri, tuttavia, parlava di guerra lampo, oggi, intervenendo a Monaco alla 39.ma conferenza annuale sulla sicurezza, ha ribadito che nessuno vuole la guerra, che non è mai la prima scelta o quella più facile, ma i rischi di un conflitto vanno misurati con quelli del non far nulla, mentre Saddam Hussein continua a procurarsi armi di distruzione di massa. Rifacendosi alle teorie più volte esposte da Bush, Rumsfeld ha detto che il mondo di oggi rischia di avere un futuro instabile a causa di 6 Paesi terroristi che potrebbero ottenere il nucleare. “Ormai - ha detto ancora il segretario alla Difesa statunitense - in pochi giorni sapremo se l’Iraq ha intenzione di collaborare con gli osservatori dell’Onu o meno”. Intanto, è iniziata a Baghdad la missione chiave di Hans Blix e Mohammed el Baradei. I due esperti internazionali per il disarmo, a capo degli ispettori dell’Onu, giunti nella capitale irachena, inizieranno tra qualche ora la prima serie di incontri ad alto livello con le autorità di Baghdad. Il 14 febbraio prossimo riferiranno poi nuovamente all’Onu e proprio questa data potrebbe costituire lo spartiacque tra la fase dell’attesa e l’inizio delle ostilità.

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A proposito della crisi irachena, torniamo alla giornata di ieri, nel corso della quale il Papa ha ricevuto in udienza il ministro degli esteri tedesco, Joshka Fischer. Ascoltiamolo al microfono di Stefan Kempis, della redazione tedesca della Radio Vaticana:

 

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R. - DIE LAGE IST SEHR ERNST. WIR MÜSSEN ALLE ANSTRENGUNGEN ...

La situazione è molto seria. Dobbiamo percorrere ogni strada possibile per arrivare ad una soluzione pacifica. Non voglio speculare sulla situazione, ma Baghdad deve fornire la più completa attuazione della risoluzione 1441 dell’Onu: questo è di importanza decisiva. Questo significa, quindi, che chiediamo a Saddam Hussein la cooperazione più totale con gli ispettori Blix ed El Baradei.

 

D. - Dopo il recente discorso del presidente Bush, bisognerà aspettarsi che le relazioni tra gli Stati Uniti e la Germania peggioreranno ulteriormente?

 

R. - WIR SIND ENGE PARTNER IM BÜNDNIS, FÜR UNS SIND DIE USA ...

Noi siamo alleati molto uniti, per noi gli Usa rivestono un’importanza determinante: sono gli alleati assolutamente più importanti fuori dall’Europa.  La nostra democrazia si fonda sull’intervento degli Usa nella lotta contro il nazionalsocialismo, sono stati loro che ci hanno liberati, dobbiamo la riunificazione tedesca anche agli Usa, quindi, sotto questo aspetto, siamo alleati molto stretti e lo rimarremo. Però, anche in un’alleanza molto stretta possono insorgere differenze e divergenze. Noi siamo molto preoccupati quando consideriamo la prospettiva di un’azione militare in Iraq e lo abbiamo ripetuto continuamente alla parte americana. Non parteciperemo ad un’eventuale azione militare, ma questo non cambierà i nostri rapporti. Comunque, non credo che possa essere utile in questo momento criticare i rapporti tra Germania e Stati Uniti.

 

D. - Che peso hanno avuto i numerosi appelli del Papa per la pace sulla comunità internazionale?

 

R. - ER IST EINE KIRCHLICHE, ER IST EINE RELIGIÖSE UND ER IST ...

Il Papa è un’autorità ecclesiale, religiosa e morale ed è in questo preciso ambito che si sviluppano le attività della Santa Sede per la pace nel mondo.

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Cresce la tensione anche tra Stati Uniti e Corea del Nord. Pyongyang continua, infatti, ad accusare Washington di volerla attaccare e invita tutti i coreani a unirsi per difenderla. Il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, sempre a Monaco, ha dichiarato, invece, che la Corea del Nord potrebbe produrre entro giugno da 6 ad 8 testate nucleari.

 

Trasferiamoci in Colombia, duramente colpita ieri sera dall’ennesimo attentato della guerriglia. È di almeno 20 morti il bilancio dell’esplosione di un’autobomba al club “El Nogal” di Bogotà, uno dei locali più esclusivi della capitale. Secondo il ministero della Giustizia, l’azione terroristica è opera delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia, forse in risposta alla decisione del presidente Alvaro Uribe di prorogare lo stato di emergenza. Maurizio Salvi:

 

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L’esplosione potentissima è avvenuta all’altezza del terzo piano, quando nel club “El Nogal” si trovavano almeno 500 persone divise in differenti feste e celebrazioni. Parte dell’edificio è crollato, mentre un’altra è stata avvolta dalle fiamme. In un primo momento, si è ipotizzata l’esplosione di una caldaia ma il sindaco di Bogotà, Ananas Mockus, ha successivamente confermato che si trattava di un attentato realizzato con un autobomba, caricata con almeno 200kg di esplosivo. “El Nogal”, che si trova nel nord della capitale, era frequentato da persone del mondo politico ed economico. Poche ore prima dell’attentato, la polizia nazionale aveva convocato i giornalisti per annunciare il rinvenimento di alcuni razzi e granate che dovevano servire per un attentato ad opera, quasi certamente, delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie colombiane. 

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Un attentato si è registrato questa mattina anche nella cittadina basca di Andoain, in Spagna. Il capo della Guardia municipale, Joseba Pagazaurtundua, è stato colpito da almeno due spari mentre si trovava in un bar. Fratello di una consigliera municipale socialista, era già stato vittima di aggressioni in passato. Le sue condizioni sono al momento molto gravi.

 

“La pace in Costa d’Avorio passa per l’accordo firmato a Parigi da governo e ribelli”. Lo ha detto ieri sera il presidente Laurent Gbagbo, parlando alla Nazione in diretta televisiva. Nonostante le contestazioni dei suoi fedelissimi, il capo dello Stato ha confermato, inoltre, la nomina di Seydou Diarra, già premier tre anni fa di una giunta militare, a primo ministro del futuro governo di unità nazionale. Ma nel discorso di Gbagbo non sono mancate le contraddizioni, come ci riferisce Giulio Albanese:

 

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“Accetto e mi impegno nello spirito del testo di Parigi” ha detto il presidente ivoriano, Laurent Gbagbo, “non sono un imbroglione. Proviamo questa medicina, se ci guarisce tanto meglio, altrimenti ne proveremo un’altra. L’accordo” ha sottolineato ancora il presidente “ha punti contraddittori. E’ un testo di compromesso. Dunque, se vi saranno punti in contraddizione con la Costituzione ivoriana, applicherò la Costituzione” ha detto “martellando anche sulla questione delle forze governative, che non saranno disarmate”. Ciò che non è chiaro nel discorso di Gbagbo, è quale soluzione si potrà trovare sulla questione dell’assegnazione degli incarichi di Governo più prestigiosi. Mentre la Comunità Internazionale, Francia in testa, spinge perché Gbagbo sia fedele alla parola data a Parigi, ieri è stato diffuso un rapporto dell’alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani. Secondo quanto si legge nel documento, il presidente potrebbe ritrovarsi davanti ad un tribunale penale internazionale se verrà provato che è lui il burattinaio degli squadroni della morte, che stanno seminando il terrore tra i suoi oppositori.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Si riaccende la violenza anche in Afghanistan. 5 soldati dell’esercito della postazione di Ayub Mama, nel sud-est del Paese, sono stati uccisi mentre altri 4 sono rimasti feriti durante un attacco sferrato da ribelli antigovernativi nella notte tra ieri e oggi. Secondo quanto riferisce l’agenzia Afghan Islamic Press, i ribelli avrebbero anche rapito due soldati. Non si hanno notizie precise sugli autori dell’attacco: nella zona sono attivi sia i talebani sia i partigiani dell’ex primo ministro Gulbuddin Hekmatyar.

 

Il primo ministro del governo ceceno filorusso, Mikhail Babich, si è dimesso stamani, in seguito alla crisi sorta fra lui e il capo dell’amministrazione cecena, Akhmad Kadyrov. Lo ha annunciato un portavoce del premier, specificando che la crisi tra i due era nata in merito alla nomina di un nuovo ministro delle finanze. Le dimissioni avvengono a poco più di un mese e mezzo dall’annunciato referendum costituzionale in Cecenia.

 

I montenegrini domani nuovamente alle urne per eleggere il Capo dello Stato. Dopo il fallito tentativo elettorale dello scorso dicembre, tuttavia, anche questa volta pesa sul voto il pericolo dell’astensionismo; mentre il favorito sul campo resta il presidente ‘ad interim’, ed ex primo ministro, Filip Vujanovic. 

 

È di nuovo crisi diplomatica tra India e Pakistan, in lotta per la contesa regione del Kashmir. New Delhi ha, infatti, espulso oggi dal Paese 5 diplomatici pakistani, tra cui l’incaricato di affari, Jalil Abbas Jilani, ossia il più alto rappresentante in India del governo di Islamabad. I cinque sono accusati di finanziare i separatisti, dopo che giovedì la polizia indiana ha trovato l’equivalente di 13 mila euro nelle tasche di uno dei guerriglieri.

 

 

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