RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 365 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 31 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Solenne apertura oggi pomeriggio dell’Anno Santo compostelano: ce ne parla mons. Jaime Garcia.
A Roma, una mostra chiude l’ Anno
internazionale dell’acqua: con noi, Mike Goldwater.
CHIESA
E SOCIETA’:
Il
terremoto in Iran: il presidente Khatami ringrazia il mondo per la
solidarietà
Fa
discutere la decisione di Israele di raddoppiare la popolazione nel Golan
10
anni fa la rivolta zapatista in Chiapas
31 dicembre 2003
QUESTA SERA ALLE 18.00 IL
PAPA PRESIEDE IL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO
PER LA FINE DELL’ANNO E DOMANI, 1
GENNAIO 2004, CELEBRA LA MESSA
NELLA SOLENNITA’ DI MARIA
SANTISSIMA MADRE DI DIO,
IN OCCASIONE DELLA GIORNATA
MONDIALE DELLA PACE
Ultimo
giorno del 2003: Giovanni Paolo II presiederà questa sera alle 18.00 nella
Basilica Vaticana i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di
Dio con la recita del Te Deum di ringraziamento per la fine dell’anno. Domani
mattina alle 10.00, 1° gennaio 2004, il Papa celebrerà, sempre in San Pietro,
la messa per la festa mariana e in occasione della 37a Giornata Mondiale della Pace per la quale ha
scritto un messaggio dal titolo : “Un impegno sempre attuale: educare alla
pace”. Il Papa lancia un forte appello a lottare contro il terrorismo
rispettando il diritto internazionale e rimuovendo le situazioni di ingiustizia
che spesso lo determinano. Quindi ribadisce la necessità del perdono, anche a
livello internazionale, perché la
giustizia da sola non basta a liberare dal rancore e dall’odio.
Ricordiamo in questo servizio di
Sergio Centofanti i punti principali del messaggio:
**********
Il Papa si rivolge a tutti: dai
capi delle Nazioni a quanti sono “tentati di ricorrere all'inaccettabile
strumento del terrorismo” e dice con forza:
“La pace resta possibile. E se
possibile è anche doverosa!”.
“L'umanità – afferma - è scossa da egoismi e odi
ed è tentata di pensare che la pace sia
un ideale irraggiungibile”. Ma è necessario “rispettare l'ordine internazionale
soprattutto quando si avverte la tentazione di fare appello al diritto della
forza piuttosto che alla forza del diritto: il diritto favorisce la pace”. Ogni
violazione crea durevoli ripercussioni negative.
Il Papa ricorda l’importante ruolo dell’Onu nella
pace ma rileva la necessità di
una sua riforma. E indica la via per lottare contro il terrorismo.
Ascoltiamo il cardinale Renato Raffaele
Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace:
“Giovanni
Paolo II afferma che, per essere vincente, la lotta contro il terrorismo non
può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. Il pur necessario
ricorso alla forza deve essere accompagnato dall’impegno sul piano politico e pedagogico
da un lato rimuovendo le cause che stanno all’origine di situazioni di
ingiustizia e dall’altro insistendo su una educazione ispirata al rispetto
della vita umana”.
“In ogni caso, si legge nel messaggio- i Governi democratici ben sanno che l'uso
della forza contro i terroristi non può giustificare la rinuncia ai principi di
uno Stato di diritto”. Il diritto internazionale deve evitare che prevalga la legge del più forte. Ma c’è un’altra
dimensione - continua il papa: la giustizia deve essere integrata dall’amore.
L'esperienza storica, infatti, mostra
come la giustizia non riesca spesso a liberare dall'odio. Da sola, la giustizia
non basta.
Il Papa rilancia il suo appello: “Non c'è pace senza
perdono!”, e ripete questo grido avendo davanti agli occhi, in particolare, la
crisi in Palestina e in Medio Oriente: “una soluzione non si troverà fino a
quando non si deciderà di superare la
logica della semplice giustizia per aprirsi anche a quella del perdono”.
Occorre
allora che l'amore sia esteso anche all'ordine internazionale. Il Papa conclude
con un’antica massima: “Omnia vincit amor”, l'amore vince tutto: “Alla fine l'amore vincerà! Ciascuno si
impegni ad affrettare questa vittoria. E’ ad essa che, in fondo, anela il cuore
di tutti”.
**********
Come accennato, la nostra emittente
seguirà questa sera in radiocronaca diretta, a partire dalle 18, la
celebrazione dei Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e del
Te Deum di ringraziamento di fine anno, presieduti dal Papa in San Pietro. Il
commento sarà in italiano sui 585 kHz in onda medio e sui 105 MHz in
modulazione di frequenza.
Domani mattina, a partire dalle 9.50, radiocronaca diretta
della celebrazione eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II in San Pietro in
occasione della 37.ma Giornata mondiale della pace, con commenti in italiano,
inglese, tedesco, francese, spagnolo, arabo e portoghese, sulle consuete
frequenze.
QUESTA
MATTINA A BUJUMBURA I FUNERALI DI MONS. MICHAEL COURTNEY,
NUNZIO APOSTOLICO IN BURUNDI,
UCCISO LUNEDI’ SCORSO A COLPI
D’ARMA DA FUOCO
Si sono svolti questa mattina
nella cattedrale di Bujumbura in Burundi i funerali di mons. Michael Courtney,
il nunzio apostolico ucciso lunedì scorso a colpi d’arma da fuoco mentre
viaggiava in macchina a pochi chilometri dalla capitale. Sempre oggi i ribelli burundesi delle Forze nazionali di
liberazione hanno lanciato un
ultimatum al presidente della
Conferenza episcopale del Burundi, monsignor Simon Ntamwana, dandogli 30 giorni
di tempo per lasciare il Paese. Ieri
monsignor Ntamwana aveva detto che sarebbe stato proprio questo gruppo di ribelli
a uccidere il nunzio apostolico. Il movimento guerrigliero ha invece
negato ogni responsabilità. Ma veniamo ai funerali di mons. Courtney. Ce ne
parla il padre saveriano Luigi Signori
che ha partecipato alla celebrazione. Lo ha
raggiunto telefonicamente a Bujumbura Sergio Centofanti.
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R. – Si è trattato di una messa ma non era presente la
bara, il corpo, perché era già all’aeroporto per questioni logistiche. C’era
veramente tantissima gente. Era presente il nunzio apostolico in Uganda,
arrivato da Kampala. Erano presenti tutti i vescovi del Burundi, moltissimi
preti e moltissima gente semplice. Era presente anche il presidente della
Repubblica del Burundi con sua moglie.
D. – Qual è stato il clima della celebrazione?
R. – Direi un clima di serenità, in un certo senso, molto
discreto, molto semplice. Quello che mi ha colpito molto, è stata la
sottolineatura di mons. Michael come uomo di pace: quello che ha fatto durante
questi tre anni in cui si è dato molto al Burundi resterà come un’eredità.
Questo uomo ha dato tutta la sua vita e l’ha data fino in fondo.
D. – Era presente alla celebrazione anche mons. Mtamwana,
che è stato minacciato dai guerriglieri Hutu dell’Fln. Che dire in proposito?
R. – Non è certo la prima volta che è minacciato da una
parte o dall’altra. Vorrei sottolineare che si è minacciati un po’ dappertutto,
in questo senso. Il Burundi ha fatto dei passi in avanti, ma è ancora un Paese
in guerra. Quindi, io penso che in un Paese in guerra nessuno possa dirsi
veramente tranquillo: mons. Ntamwana, come tutti oserei dire. Lui poi è anche
presidente della Conferenza episcopale, quindi suppongo che sia più esposto di
altri.
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Ma come sta vivendo la popolazione burundese questi drammatici momenti?
Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Claudio Marano, missionario saveriano da
tanti anni in Burundi.
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R. – La città è sotto shock. Ci sono tantissime persone
che continuano a telefonare per fare le condoglianze. E’ un bene nazionale che
se ne va. E’ un nunzio che non ha mai taciuto, che non ha mai lesinato il suo
tempo, la sua voglia di fare, il suo desiderio di mettere attorno ad un tavolo
tutti quanti per arrivare alla pace. Questo l’aveva fatto anche quando a
Natale, nella Messa celebrata nella cattedrale, continuava a ripetere: “Mettiamoci
tutti attorno ad un tavolo, anche il gruppo che non ha accettato di firmare il
cessate il fuoco”.
D. – Ci sono delle ragioni per credere che l’uccisione di
mons. Courtney sia stata intenzionale?
R. – Siamo di fronte ad un’uccisione, ad un’imboscata. La
maggior parte delle pallottole di quest’imboscata sono finite su una persona
che era vestita di bianco, quindi riconoscibile, su una macchina a sua volta
riconoscibile, in un’andata e ritorno, a sud del Paese, davanti a tutti: tutti
sapevano esattamente che lui era là. Quindi, dire che non era intenzionale mi
sembra esagerare un po’.
D. – La Chiesa attraversa una situazione di pericolo in
questo momento in Burundi?
R. – Ci sono più di una cinquantina di preti e di suore
che sono stati ammazzati; un vescovo che è stato ucciso; uomini e donne di
buona volontà che lavorano per la pace, la cui vita è sempre in pericolo.
D. – Come sta vivendo la gente questi momenti?
R. – La gente nei quartieri è preoccupata per tante altre
cose: c’è una guerra tra i due movimenti di liberazione Hutu e c’è ancora gente
che approfitta di tutti i momenti per saccheggiare, fare del male ed uccidere.
Quindi, i problemi della città sono altri. E’ un popolo che continuerà a
soffrire.
D. – Padre Claudio, per voi missionari cosa vuol dire
questo avvenimento?
R. – Vuol dire che per la prima volta un nunzio viene
ucciso. Vuol dire che la Chiesa si è manifestata nella sofferenza e ha accolto
la sofferenza per tutti, anche per le persone che non contano niente. Trovarsi
in un Paese dove già un vescovo, dove dei missionari, dove dei volontari, dove
un nunzio viene ucciso, non è roba di tutti i giorni. Questo per noi è un
rinnovare la nostra fede continuamente, è un credere veramente che la strada
del calvario non è ancora finita e, quindi, bisogna prepararsi.
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In
Nigeria, Giovanni Paolo II ha elevato il Vicariato apostolico di Bauchi al
rango di diocesi, rendendola suffraganea della Chiesa metropolitana di Jos. Contestualmente,
il Papa ha nominato primo vescovo di Bauchi mons. John Moore, della Società
delle missioni africane, finora vicario apostolico di Bauchi.
La nuova diocesi di Bauchi ha una superficie di 64 kmq. e
5 milioni e mezzo di abitanti, dei quali 68 mila cattolici, distribuiti in 12
parrocchie, con 23 sacerdoti, sei religiose, 31 seminaristi maggiori e una
cinquantina di catechisti a tempo pieno. Il nuovo presule avrà la sua sede
nella casa di Yandoka Road, che si trova alla periferia di Bauchi e la
chiesa dedicata a S. Giovanni Evangelista diverrà cattedrale.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Il
caro prezzo della pace” è il titolo che apre la prima pagina, con un passo del
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004. Si sottolinea che l'arcivescovo
Michael Aidan Courtney, ucciso il 29 dicembre, è stato un quotidiano operatore
di pace. Il suo assassinio sigilla il 2003, un anno tormentato da guerre, odio
e violenze.
Nelle
vaticane, una pagina - a cura di Gabriele Nicolò in collaborazione con l'agenzia
"Fides" - dedicata ai martiri del 2003.
Nelle
estere, Iran: oltre 40.000 le persone morte nel Sud-Est nel più grave terremoto
degli ultimi 100 anni; una donna incinta estratta viva dalle macerie a cinque
giorni dalla prima scossa sismica.
Nella pagina culturale, per la rubrica
“Incontri”, l'illustre traduttore Giulio Colombi intervistato da Franco Lanza.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Parmalat.
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31 dicembre 2003
MARCIARE PER LA PACE: TANTE INIZIATIVE NEL MONDO
PER
DIRE
“NO” ALLA VIOLENZA E ALLE GUERRE. LA RIFLESSIONE DI PADRE GIULIO
ALBANESE
SUI MARTIRI DELLA CHIESA CADUTI QUEST’ANNO NEL SERVIZIO
AL
VANGELO E ALLA CAUSA DELLA PACE TRA I POPOLI
In cammino per dire no alla guerra: si moltiplicano in
queste ore le iniziative per sottolineare l’universalità del valore della pace.
Stasera, a Termoli in Molise, si svolgerà la 36.ma edizione della “Marcia per
la Pace”, promossa da Pax Christi assieme alla Cei e alla Caritas.
L’evento sarà incentrato sul tema della Giornata Mondiale “Un impegno sempre
attuale: educare alla pace”. Dal canto suo, la Comunità di Sant’Egidio
promuoverà domani, per il secondo anno, le manifestazioni “Pace in tutte le
terre”, in oltre 200 città di 70 Paesi dei diversi continenti. Si è, invece,
svolta in queste ore una marcia interreligiosa per la pace nella cittadina
ugandese di Gulu. Un evento a cui hanno preso parte almeno tremila persone. Ma
quale significato e quale importanza riveste una marcia per la pace in un Paese
così profondamente afflitto da una guerra come l’Uganda. Alessandro Gisotti lo
ha chiesto a padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria Misna:
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R. – Credo che sia innanzitutto importante l’impegno della
società civile, e all’interno della società civile, oggi, le Chiese sono
davvero in prima fila. Vorrei ricordare in particolare l’impegno
dell’arcivescovo di Gulu, John Baptist Odama, come presidente dell’Arpli,
questo cartello interreligioso che opera nel Nord-Uganda e che si è sforzato in
questi anni davvero di sostenere la piattaforma negoziale. Mons. Odama in
questi anni non ha mai avuto paura e ha sempre predicato il Vangelo della pace.
Credo che questo sia il messaggio forte che viene da questa iniziativa che si è
svolta in queste ore a Gulu.
D. – Con l’uccisione del nunzio apostolico in Burundi è
salito a 29 il numero dei martiri della Chiesa cattolica nel 2003. Qual è la
tua riflessione su questo tributo pagato proprio nell’adempimento del servizio
al Vangelo della pace?
R. – I missionari che sono caduti in questi anni, come
sempre sono stati sentinelle di Dio nelle periferie del mondo. Chiaramente, si
tratta di una testimonianza che a mio avviso fa appello alla coscienza di ogni
uomo e donna di buona volontà. Noi viviamo in una società che si dice
‘villaggio globale’, però purtroppo questo villaggio globale è diviso tra Nord
e Sud del mondo. Credo che i missionari, oggi, siano davvero i paladini più
autentici di questo Sud dimenticato dove, peraltro, vivono relegati tre quarti
della popolazione mondiale. Credo che il sacrificio di tanti missionari sia un
grande tributo alla pace. I missionari hanno una grande affezione alla loro
gente e agli interessi globali.
D. – La maggior parte dei martiri della Chiesa del 2003
sono caduti in Africa, e proprio l’Uganda è il Paese con il maggior numero di
cattolici uccisi. Cosa ci insegna questa tragica realtà?
R. – Purtroppo, l’Africa è il continente che sta peggio.
La nostra agenzia, la Misna, si è sforzata proprio di dar voce a chi non ha
voce, e devo dire che l’impegno maggiore l’abbiamo proprio riversato in questo
ultimo anno e mezzo, sull’Uganda, perché è la periferia del mondo che sta
peggio, anche a detta delle Nazioni Unite. Nel nord dell’Uganda sono stati
sequestrati oltre 25 mila bambini, oltre 100 mila morti ... E’ davvero una
guerra dimenticata, che non fa notizia. Penso che sia importante non essere
insensibili di fronte a queste tragedie. Certo, è necessario l’impegno della
società civile, l’impegno solidaristico delle Chiese, ma è anche importante
l’impegno della classe politica internazionale.
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CON
L’APERTURA DELLA PORTA SANTA
DELLA
CATTEDRALE DI SANTIAGO DE COMPOSTELA,
VERRA’
INAUGURATO SOLENNEMENTE OGGI IL 118.MO ANNO SANTO GIACOBEO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Per un
anno ormai alle ultime battute, c’è un grande evento religioso che invece si
appresta ad iniziare proprio nell’ultimo giorno del 2003: il 118.mo Anno Santo
Giacobeo, dedicato alla figura di San Giacomo apostolo e legato alla lunghissima
tradizione di pellegrinaggi a piedi verso il Santuario di Compostela, luogo
dove sono le spoglie dell’evangelizzatore della penisola Iberica. Oggi pomeriggio,
alle 16.30 la celebrazione di una Messa solenne precederà l’apertura della
Porta santa della Cattedrale di Compostela, che darà ufficialmente inizio ai
dodici mesi di festività. Tra storia, cronaca e curiosità di questo Anno
compostelano, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis:
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“Ci
sono tre tipi di pellegrini. Quelli che vanno in Terra Santa, quelli diretti a
Roma e quelli che vogliono andare a Santiago. I veri pellegrini sono questi ultimi
perché Santiago è il luogo più lontano”. La considerazione è antica di 800 anni.
A pronunciarla fu uno dei padri della cultura europea e un profondo conoscitore
dei costumi religiosi del tempo: Dante Alighieri. Lungi dal voler stilare graduatorie,
l’affermazione è eloquente della fama che già nel 13.mo secolo aveva acquisito
il Camino verso la tomba di Giacomo il Maggiore, l’apostolo figlio di
Zebedeo e fratello di Giovanni l’evangelista. I milioni di pellegrini - 4 e
mezzo nel ’99 - che affollano le rotte che dai Pirenei portano sulle sponda
atlantica della Galizia, dove sorge il santuario di Santiago de Compostela,
sono i prosecutori di quelle folle penitenti che già nel nono secolo iniziarono
a recarsi in preghiera sulla tomba di San Giacomo. Un Santo che la tradizione
indica come l’evangelizzatore dell’Occidente e del quale gli Atti degli
Apostoli tramandano il martirio avvenuto nel 40 dopo Cristo, a Gerusalemme.
Il modo in cui le spoglie dell’apostolo
dalla Palestina giunsero in Galizia fa parte forse più della leggenda che della
storia. La tradizione narra di un eremita di nome Pelayo che per alcune notti
assistette ad una sorta di pioggia di stelle su un punto del bosco di Libredón
nel quale viveva. In quello stesso punto - poi chiamato “Campo delle stelle”,
da cui il nome di Compostela - vennero ritrovate le spoglie di San Giacomo e
ben prestò fiorì l’usanza dei pellegrinaggi. Oggi esistono 5 itinerari, il più
celebre dei quali forse è il “Cammino francese”, che porta i pellegrini a
valicare i Pirenei, attraverso il passo di Roncisvalle, fino a Santiago dopo
700 km. di Camino. Mons. Jaime Garcia, delegato episcopale dei pellegrinaggi
della Cattedrale di Compostela, stila una statistica delle varie motivazioni
che spingono i pellegrini a mettersi in viaggio verso Santiago:
R. - Li
abbiamo radunati in tre gruppi: quelli che hanno una motivazione esclusivamente
religiosa, quelli con una motivazione religioso-culturale e coloro che si
muovono spinti da una motivazione solo culturale. Nel 1999, i dati sono stati i
seguenti: il motivo religioso ha raggruppato il 74,39 per cento, quello religioso-culturale
il 23,52 per cento, quello culturale il
2,7 per cento. Ogni anno compiliamo una statistica, che in realtà cambia di
poco. Inoltre, di solito le persone, attraverso questi pellegrinaggi
organizzati, vengono preparate con delle catechesi dai loro sacerdoti, che
celebrano molte cerimonie religiose. In questi casi, la motivazione è
ovviamente, fondamentalmente, religiosa. In qualsiasi caso, saranno pochissime
le persone che non passeranno per la cattedrale.
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A ROMA, UNA MOSTRA SULLA RISORSA FONDAMENTALE PER
LA VITA DELL’UOMO SALUTA IL 2003, PROCLAMATO
DALL’ONU,
ANNO INTERNAZIONALE DELL’ACQUA
-
Servizio di Dorotea Gambardella -
Si
conclude oggi l’Anno Internazionale dell’Acqua, promosso dalle Nazioni Unite.
Tante le iniziative che negli ultimi 12 mesi hanno messo l’accento sulla
centralità delle risorse idriche per l’intera umanità. Tra queste, la mostra
fotografica “Acqua” in corso fino all’11 gennaio, a Palazzo Valentini in Roma.
L’evento fa parte del progetto “Acqua per la vita e per la pace”
dell’associazione non governativa “Green Cross”, realizzato sotto l’alto
patronato del presidente della Repubblica italiana. L’obiettivo dell’iniziativa
è contribuire, attraverso la cooperazione, a risolvere i conflitti legati alle
risorse idriche. Il servizio è di Dorotea Gambardella.
**********
(musica)
Sessantasei immagini in bianco e nero del fotografo
londinese Mike Goldwater per raccontare e percorrere la storia dell’acqua: bene
prezioso e insostituibile, fonte di vita e di felicità, ma anche di morte e di
distruzione. Ma che cosa ha spinto Goldwater ad allestire una mostra proprio
sull’acqua?
R. - WATER IS SUCH A BASIC NEED FOR PEOPLE’S
SURVIVAL ...
L’acqua è così necessaria per la sopravvivenza delle persone, che ho
desiderato esplorare questo elemento in tutti i suoi aspetti. Dalla gioia delle
persone che giocano con l’acqua e nell’acqua, alle difficoltà che crea la sua
mancanza a tante popolazioni, ai disastri che essa provoca con le inondazioni.
Ho poi voluto approfondire l’impatto che l’azione dell’uomo sta avendo
sull’ambiente e sul nostro stesso modo di vivere. Sì, perché non è solo la
volontà di Dio, ma anche la maniera in cui stiamo interagendo con il nostro
pianeta - i conflitti, la decimazione delle foreste, l’inquinamento - a
danneggiare l’ambiente e a provocare tante sofferenze ai nostri simili.
D. - Mi descrive una delle foto secondo lei più
significativa?
R. - THERE’S A PICTURE TAKEN IN ERITREA, ...
C’è una fotografia che ho scattato in Eritrea che mostra
un gruppo di nomadi con i loro cammelli, mentre scavano nel letto di un fiume
essiccato per trovare dell’acqua. Quando riescono ad estrarla, danno da bere ai
cammelli prima ancora che a se stessi. Quello per me è stato un momento molto
speciale.
Il 2003 è stato proclamato dall’Assemblea generale
dell’Onu “anno interna-zionale dell’acqua”. Che valenza assume questa mostra in
un anno dedicato proprio all’acqua? Ci risponde Mario Tozzi, geologo e
conduttore del programma Rai “Gaia – il pianeta che vive”.
R. – Oltre ad un valore di
testimonianza, che è reso evidente dalla parte emotiva, cioè dalle fotografie,
che sono straordinari squarci del rapporto tra acqua e uomo, acqua e ambiente,
c’è anche un aspetto di conoscenza: da dove viene l’acqua sulla terra, qual è
il suo lavoro, qual è il suo ciclo ... Ecco, queste sono le altre cose che, a
livello razionale, completano l’aspetto emotivo.
D. – Ad un anno di distanza, secondo lei, che cosa si è
realizzato di concreto per risolvere i problemi legati all’acqua?
R. – Dal punto di vista della conoscenza, mi sembra che
questa si sia diffusa sempre di più; dal punto di vista delle cose attive,
molto poco ancora.
D. – Quali prospettive, quindi, per il futuro?
R. – Se la conoscenza è una buona base di partenza, allora
si può pensare che impareremo intanto noi per conto nostro a risparmiarla; poi,
oltre a questo, forse anche la consapevolezza che si tratta sempre più di un
bene e che non si può tramutare in merce e che non si può dare un prezzo
all’acqua perché ha un valore troppo alto.
(musica)
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31
dicembre 2003
“DIVENTATE
PORTATORI DI PACE CON LE VOSTRE UMILI VITE”.
E’
QUESTO L’APPELLO LANCIATO AI GIOVANI DA FRÈRE ROGER AD AMBURGO,
DOVE È
IN CORSO IL TRADIZIONALE INCONTRO EUROPEO DI FINE ANNO
ORGANIZZATO
DALLA COMUNITÀ ECUMENICA DI TAIZÈ
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
**********
AMBURGO.
= “Ciascuno può partecipare alla costruzione della pace. Questo è vero per
tutti, per ognuno di voi: con le nostre umili vite, possiamo diventare portatori
di pace”. E’ l’appello lanciato ieri sera da Frère Roger, fondatore della comunità
di Taizé, ai giovani partecipanti al tradizionale incontro europeo di fine
anno, in corso ad Amburgo fino al prossimo 2 gennaio. “Nella famiglia umana –
ha detto Frère Roger - ci sono stati dei periodi in cui un piccolo numero di
uomini, donne e giovani è stato capace di modificare il corso di certe
evoluzioni storiche”. “Stando in preghiera davanti a Dio – ha aggiunto - sono
stati degli invisibili fermenti di pace là dove vivevano”. “Ma di fronte alla
chiamata di Dio – ha avvisato il fondatore della comunità - possono esserci per
tutti dei momenti in cui il sì e il no si scontrano. Tutti possono conoscere
delle inquietudini, esitazioni e anche dei dubbi”. Frère Roger ha quindi offerto
la propria personale testimonianza. “Nella mia giovinezza svoltasi negli anni
‘40 – ha detto - c’erano tante lacerazioni e mi chiedevo quale potesse essere
la strada per arrivare a capire l’altro nella fiducia”. E all’origine di Taizé,
ha sottolineato, c’è proprio questo desiderio: amare e dirlo con la propria
vita. “Più ci si avvicina gli uni agli altri – ha concluso Frère Roger - più ci
si comprende. Dio abita al centro del nostro animo e c’è una gioia del cuore
per chi risponde alla sua chiamata”. (A.L.)
**********
IN
CAMBOGIA L’EX CAPO DI STATO SOTTO IL REGIME DEI KHMER ROSSI,
KHIEU
SAMPHAN, AMMETTE CHE L’ESECUTIVO DELL’EPOCA
SI È
RESO RESPONSABILE DEL CRIMINE DI GENOCIDIO
PHNOM
PENH. = L’ex presidente della Cambogia, Khieu Samphan, ha cercato di prendere le distanze dalle
esecuzioni di massa avvenute nel Paese asiatico tra il 1975 e 1979 sotto il
regime dei khmer rossi, ma ha anche esplicitamente ammesso le responsabilità
del governo dell’epoca per il crimine di “genocidio”. “Non ero coinvolto in
nessun omicidio”, ha dichiarato l’ex capo di Stato ai giornalisti ma diversi
osservatori sono convinti che Samphan non poteva non sapere. Nel
marzo di quest’anno, a conclusione di un cammino lungo e irto di ostacoli, il governo
cambogiano e le Nazioni Unite hanno finalmente concordato di istituire un tribunale
internazionale per sottoporre a giudizio gli ex leader dei khmer rossi, regime
ispirato all’ideologia maoista. L’accordo, tuttavia, deve ancora essere ratificato
dal parlamento cambogiano. Khieu Samphan è tra coloro che, con ogni
probabilità, verrà convocato al più presto dai giudici internazionali. (A.L.)
INGRID
BETANCOURT, LA LEADER DEI VERDI COLOMBIANI
SEQUESTRATA
LO SCORSO ANNO DALLE FARC, È CITTADINA ONORARIA
DI
OLTRE MILLE CITTÀ DEL MONDO: LO HA RIFERITO IL SUO PARTITO
BOGOTA’.
= Ingrid Betancourt, ex candidata presidenziale in Colombia ed ostaggio della
guerriglia delle Farc dal febbraio 2002, è stata insignita nel giro di quasi
due anni della cittadinanza onoraria di oltre mille città del mondo: lo ha
riferito il suo partito, ‘Verde Oxigeno’, esprimendo soddisfazione per il
sostegno che la Betancourt ha ottenuto grazie ad una campagna di solidarietà
partita in Belgio nel marzo del 2002 ed estesasi, in breve tempo, a livello
mondiale. L’iniziativa è stata promossa da un movimento “rappresentato da 279
comitati di sostegno che lavorano nel mondo per la libertà della Betancourt e
di tutti i sequestrati colombiani”. La leader dei verdi del Paese sudamericano
è attualmente cittadina onoraria di capitali europee come Parigi, Dublino e
Roma e all’iniziativa si sono uniti anche Paesi come Canada, Messico, Argentina
e Stati Uniti. Ingrid Betancourt è stata sequestrata il 23 febbraio dello
scorso anno, tre giorni dopo la rottura definitiva del processo di pace tra il
governo di Bogotá e le Farc. (A.L.)
IN
VIETNAM UN GIORNALISTA, AUTORE DI TESTI CRITICI NEI CONFRONTI
DEL GOVERNO
DI HANOI DIFFUSI VIA INTERNET, È STATO CONDANNATO OGGI
A
SETTE ANNI DI PRIGIONE PER “SPIONAGGIO”
HANOI. = Il giornalista e ciberdissidente vietnamita
Nguyen Vu Binh, arrestato nel 2002, è stato condannato oggi a sette anni per
“spionaggio”. Il processo, tenutosi nella Corte popolare di Hanoi, è durato
meno di tre ore e l’imputato è stato condannato anche a tre anni di arresti
domiciliari. Binh, ex giornalista di una rivista del Partito comunista
vietnamita, era stato arrestato dopo la diffusione su internet di un testo
intitolato “Riflessioni sugli accordi frontalieri sino-vietnamiti”. Secondo
l’organizzazione per i diritti umani ‘Human Rights Watch’ il ciberdissidente,
che ha anche tentato di fondare un partito indipendente, aveva inoltre firmato
una petizione del gruppo che esortava il governo di Hanoi a portare avanti
riforme politiche. L’accusa avrebbe inoltre rimproverato l’uomo di aver rivolto
al Congresso degli Stati Uniti una lettera nella quale viene denunciata la situazione
dei diritti umani in Vietnam. E nel Paese asiatico il caso di Binh rievoca
quello di Pham Hong Son, il medico vietnamita condannato lo scorso mese di
giugno a 13 anni di carcere, ridotti successivamente a cinque, per aver
tradotto in vietnamita un saggio del Dipartimento di stato americano sulla
democrazia e averlo pubblicato su internet. (A.L.)
IN BRASILE LA FESTA DI FINE ANNO DARA’ INIZIO ALLE CELEBRAZIONI
PER
L’ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DELLA CITTA’ DI SAN PAOLO
SAN
PAOLO. = I festeggiamenti per il capodanno, a San Paolo, saranno ancora più
spettacolari del solito. Il 1° gennaio 2004 sancirà, infatti, l’ingresso della
città nel suo 450.mo anniversario di fondazione, che cade il 25 gennaio. Le
celebrazioni si svolgeranno durante tutto l’anno e si apriranno il giorno di
capodanno con giochi pirotecnici e musica. San Paolo è stata fondata il 25
gennaio 1553 dal padre gesuita spagnolo, José de Anchieta, su iniziativa del
superiore della sua comunità in Brasile, padre Manoel da Nóbrega, che gli
ordinò la costruzione di un collegio per gli indios. Secondo la tradizione
popolare, padre Anchieta cominciò il 25 gennaio l’edificazione del Collegio di
San Paolo de Piratininga, intorno al quale sorse poi la città divenuta oggi il
principale polo economico brasiliano e la maggior metropoli dell’America
meridionale, con circa 18 milioni di abitanti. (A.L.)
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31
dicembre 2003
- A cura di Fausta Speranza -
Il
presidente iraniano Mohammad Khatami ha
avuto oggi parole di speranza, nella
tragedia del terremoto che ha fatto almeno 40.000 morti nel sudest dell'Iran, di fronte alla
mobilitazione umanitaria internazionale.
“Il mondo è un mondo di terrore, di violenza e di guerra - ha detto Khatami in
una conferenza stampa a Kerman, capoluogo
della regione colpita -. Eppure, lo spirito di umanità e di gentilezza è
vivo”. “Stranieri – ha proseguito il presidente – sono venuti in Iran durante il loro periodo delle feste e hanno lavorato accanto al
nostro popolo. Questo deve essere
lodato”. Una nuova scossa, di 4,3 gradi
sulla scala Richter, è stata registrata oggi nella regione sud-occidentale,
nella provincia di Ilam, ma senza provocare né vittime né danni. Per
soccorrere, invece, le popolazioni
colpite da quello che viene considerato il più grave terremoto degli ultimi 100
anni, che ha avuto come epicentro Bam, si sono mossi volontari e esperti della protezione civile da 41 Paesi.
Ascoltiamo Luca Spoletini, portavoce della protezione civile italiana,
raggiunto telefonicamente in Iran da Francesca Sabatinelli:
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R. – Ci sono diverse operazioni in corso. C’è quella del
governo iraniano che è la più numerosa e importante. Poi, c’è quella della
comunità internazionale, nell’ambito della quale stiamo cercando di realizzare
un ospedale da campo che è già stato attivato. Stiamo attrezzando una tendopoli
con oltre cento tende che potrà ospitare circa mille persone o anche più. Sono
numeri quelli con cui ci stiamo confrontando che sono enormi!
D. – Quindi, le esigenze sanitarie e l’assistenza in
questo momento sono la priorità?
R. – Nel corso di un meeting all’interno del coordinamento
internazionale, con la rappresentanza dell’Organizzazione mondiale della sanità
e di quella della sanità dell’Iran, sono stati esclusi categoricamente la
possibilità o il rischio che ci possano essere epidemie e questo chiaramente è
stato un grande conforto per tutti.
D. – Il presidente Khatami ha fornito un bilancio di circa
40 mila morti, escludendo che si possa arrivare a 50 mila.
R. – L’unica valutazione che posso fare è quella di ciò
che si vede ogni giorno. Ci sono interi quartieri, ad esempio, quello in cui ha
operato il team italiano di ricerca e soccorso che era un quartiere di Bam con
circa 27 mila abitanti: non è rimasta in piedi neanche una casa. Sono numeri
che mi sembrano realistici.
D. – Fino a quando resterà il team italiano a Bam?
R. – Fino a quando sarà necessario, non abbiamo scadenze.
Fino a quando questo progetto dell’ospedale non avrà un seguito concreto, noi
staremo vicino a questo popolo. Sappiamo per esperienza, purtroppo, che i
riflettori si spegneranno e che per queste persone inizierà il periodo più
duro.
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Per discutere “la minaccia
iraniana”, secondo quanto ha riferito radio Gerusalemme, si è riunito stamane a
Gerusalemme il mini gabinetto per la sicurezza, convocato dal premier Ariel
Sharon e composto da cinque ministri. Sulla riunione nulla è finora trapelato.
Fa discutere, intanto, la decisione di Israele di aumentare del 50 per cento la
popolazione degli insediamenti agricoli sul Golan. Oltre alle critiche della
Siria, la Francia lancia “con forza” un appello ad Israele perché non metta in
pratica il suo progetto di estensione per “non compromettere” il processo di
pace. Il servizio di Debora Donnini:
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Israele si propone di aumentare
nell'arco dei prossimi tre anni il numero dei suoi coloni e degli
insediamenti ebraici sulle alture del Golan, conquistate alla Siria nel conflitto
del 1967. Secondo quanto ha riferito oggi il quotidiano Yedioth Ahronoth, una commissione interministeriale
ha approvato ieri un piano di espansione che prevede la costruzione di 900
unità abitative e altri investimenti per un importo di circa 300 milioni di shekel,
pari a 57 milioni di euro. La Siria ha denunciato oggi i piani di Israele. Il
vice ministro degli esteri, Isa Daweesh, ha detto all’agenzia Reuters: “Israele
si illude se pensa di poter ottenere qualcosa affidandosi a potere e
occupazione”, aggiungendo che “i conflitti non si risolvono attraverso il potere,
ma dovrebbero essere risolti in base al diritto internazionale”. Ma giunge oggi
anche la notizia che truppe israeliane hanno disperso con la forza, ferendo
numerose persone, una manifestazione, vicino a Ramallah, di alcune centinaia di
palestinesi e di cittadini di altre nazionalità che cercavano di ostacolare i
lavori di costruzione del muro che Israele sta erigendo in Cisgiordania.
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Una serie di arresti, questa
mattina, ha segnato lo sviluppo del caso Parmalat. Riguardano il
direttore finanziario della Parmalat,
Fausto Tonna, Luciano Del Soldato, l’avvocato Gianpaolo Zini, il presidente
Lorenzo Penca, alcuni revisori della Grant Thornton Italia e due contabili
dell'azienda interrogati nei giorni scorsi, Gianfranco Bocchi e Claudio Pessina. Intanto, sono in corso
accertamenti da parte della Procura di Parma sull’operato della Bank of America
in relazione alla vicenda dell’azienda italiana. Il sospetto è che alcuni
funzionari dell'istituto americano
fossero al corrente, se non addirittura partecipi, di quanto stava accadendo.
Da parte sua, il Commissario europeo alla concorrenza Mario Monti fa sapere che
esaminerà “prontamente” il decreto legge per il salvataggio della Parmalat che
sarà notificato a Bruxelles “all’inizio di gennaio”.
La Procura di Bologna ha emesso
un decreto di blocco di tutti i plichi ancora in transito diretti a Istituzioni
ed Uffici dell’Unione Europea o ad organismi ad essa collegati. Il decreto
riguarda tutti gli uffici postali
dell’Emilia Romagna. Dal capoluogo, infatti, sono partiti i plichi
esplosivi diretti prima al presidente della Commissione Prodi, poi il
presidente della Banca centrale europea, Trichet, ma anche alle sedi
dell’Europol e di Eurojust.
Da domani presidente di turno del Consiglio europeo
è l’Irlanda. Si conclude formalmente oggi il mandato affidato all’Italia, che
ha avuto la fase più difficile nell’ultimo mese di dicembre quando si è
concluso con un nulla di fatto l’appuntamento per la firma della nuova
Costituzione. E’ un’Europa inevitabilmente bloccata nel salto di qualità che
voleva compiere quella che saluta il 2004 ma è in ogni caso un’Unione in
espansione:
“Un appuntamento non si discute: il 1 maggio 2004
entreranno nella Ue dieci nuovi Paesi. Il processo di allargamento, dunque, non
può che essere una priorità che porta con sé anche un doveroso impulso agli
obiettivi dell'Agenda di Lisbona. Mentre è nel procedere delle cose anche il
potenziamento della politica estera dell'Unione. Ma l’attenzione resta puntata
alla faticosa ripresa dei lavori della Conferenza Intergovernativa. Per questo
si dovrà aspettare l'esito dei lavori del Consiglio europeo previsto per marzo
prossimo. Ma la presidenza irlandese riconosce di dover avviare al più presto
consultazioni per giungere ad una nuova piattaforma di base. Ad affermarlo è
stato il ministro degli Esteri, Brian Cowen, quando a Bruxelles ha illustrato
il programma del semestre irlandese. Cowen non ha nascosto le difficoltà, a
partire dall’annosa questione del sistema di voto. Prendendo il testimone dalle
mani dell’Italia, ha voluto ricordare come nessuna Conferenza Intergovernativa
abbia mai concluso i lavori nell'arco di un solo semestre, anche se resta
ancora l’eco delle polemiche internazionali legate alle scelte di Berlusconi,
come quella di procedere per incontri bilaterali cancellando le Plenarie
previste o di aprire i lavori con barzellette. Ma ormai si guarda avanti e
Cowen, chiamato a illustrare la caratteristica con cui intende gestire il
testimone della presidenza, ha sottolineato che il logo scelto recita ‘lavorare
insieme’. E’ come ribadire che i 25 Paesi debbano procedere insieme sul cammino
dell'integrazione, anche se lo stesso Cowen ha ammesso l’esistenza dello
strumento delle cooperazioni rafforzate”.
Due persone sono morte e altre
14 sono rimaste ferite oggi a Kirkuk, nell’Iraq settentrionale, da colpi d'arma da fuoco sparati da
combattenti curdi contro manifestanti
arabi e turcomanni. E’ quanto ha riferito un
ufficiale di polizia spiegando che migliaia di arabi e turcomanni
protestavano contro la richiesta dei
curdi che vogliono integrare Kirkuk, città
petrolifera del nord, alle loro province. E un bambino iracheno è
rimasto ucciso a Baghdad per l'esplosione di un'automobile al passaggio di un
convoglio militare americano, composto da quattro veicoli.
Un anniversario da non
dimenticare ci richiama in Messico. Dieci anni fa, il primo gennaio del 1994, giorno dell'entrata in
vigore del Nafta, l'accordo di libero commercio tra gli Stati Uniti, il Messico
ed il Canada, circa tremila zapatisti armati e guidati dal carismatico subcomandante Marcos si sollevarono in armi nello stato meridionale messicano del Chiapas contro
la politica neoliberista del governo
federale. Il guerrigliero Marcos si
faceva chiamare subcomandante ricordando il comandante Emiliano Zapata, storico leader dei
contadini messicani che nel 1910 guidò la rivolta contro i latifondisti al
grido di “Terra e libertà”. Marcos affermava di difendere dieci milioni di
contadini sfruttati e umiliati. Seguirono giorni di scontri e di bombardamenti
da parte del governo. La cifra ufficiale delle vittime non si è mai saputa: gli
zapatisti parlarono di 180 morti tra militari e civili ma in molti denunciano
400 vittime.
L'attivista guatemalteca per i diritti degli indigeni
Rigoberta Menchú ha accettato di far
parte della squadra di governo del presidente eletto Oscar Berger, che assumerà
il potere il 14 gennaio prossimo.
Berger, candidato della coalizione conservatrice Gana, ha vinto domenica scorsa il ballottaggio con il
candidato del centro-sinistra Alvaro Colom. Berger ha invitato Menchú, premio
Nobel per la pace, a partecipare al governo per lavorare a favore degli
indigeni e per verificare l'applicazione degli accordi di pace firmati nel 1996
dopo 36 anni di guerra civile.
Il presidente indipendentista
ceceno, Aslan Maskhadov, è sfuggito ad
un tentativo di cattura da parte di un
contingente di forze speciali russe. Difendendosi ha ucciso personalmente
cinque persone definite da fonti della guerriglia “nemici”. Maskhadov è,
insieme con il comandante militare dei ribelli Shamil Basayev, l'uomo più
ricercato di tutta la Russia. Pur non risiedendo permanentemente nella
repubblica, Maskhadov vi si reca spesso per coordinare le operazioni di resistenza.
Lo scontro sarebbe avvenuto sabato scorso nei pressi del villaggio di Shuani,
nella regione di Nozhai-Iurt in Cecenia.
Un
incendio provocato dall'esplosione di un petardo in un mercato ha ucciso almeno
15 persone nelle Filippine. Altre 22 persone risultano disperse. Il petardo è
esploso accidentalmente all'esterno di un mercato a Lucena, appena a sud di
Manila, ha detto un responsabile dei vigili del fuoco.
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