RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 365 - Testo della Trasmissione di mercoledì 31 dicembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La preghiera del Papa per la pace domani nella solennità di Maria Madre di Dio. Questa sera alle 18.00 il tradizionale “Te Deum” di fine anno.

 

Si sono svolti questa mattina in Burundi i funerali del nunzio apostolico, mons. Michael Courtney, ucciso lunedì scorso. Minacce di un gruppo guerrigliero al presidente dei vescovi burundesi, mons. Simon Ntamwana: ai nostri microfoni, padre Luigi Signori e padre Claudio Marano.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi marce della pace in tutto il mondo: con  padre Giulio Albanese parliamo di quella in Uganda, sempre di più terra di martiri cristiani

 

Solenne apertura oggi pomeriggio dell’Anno Santo compostelano: ce ne parla mons. Jaime Garcia.

 

A Roma, una mostra chiude l’ Anno internazionale dell’acqua: con noi, Mike Goldwater.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello di  Frère Roger ai giovani riuniti ad Amburgo: “Diventate portatori di pace con le vostre  vite”

 

L’ex capo di Stato sotto il regime dei Khmer Rossi, in Cambogia, ammette che nel Paese è stato commesso il crimine di genocidio

 

Il partito di Ingrid Betancourt, sequestrata l’anno scorso dalle Farc in Colombia, annuncia che la sua leader è cittadina onoraria di oltre mille città nel mondo

 

Un giornalista vietnamita è stato condannato a sette anni di prigione per “spionaggio” per avere scritto testi critici nei confronti del governo ed averli poi diffusi via internet

 

In Brasile, la festa di fine anno darà inizio alle celebrazioni per l’anniversario di fondazione della città di San Paolo

 

24 ORE NEL MONDO:

Il terremoto in Iran: il presidente Khatami ringrazia il mondo per la solidarietà 

 

Fa discutere la decisione di Israele di raddoppiare la popolazione nel Golan 

 

10 anni fa la rivolta zapatista in Chiapas

 

IL PApA E LA SANTA SEDE

31 dicembre 2003

 

QUESTA SERA ALLE 18.00 IL PAPA PRESIEDE IL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

PER LA FINE DELL’ANNO E DOMANI, 1 GENNAIO 2004, CELEBRA LA MESSA

NELLA SOLENNITA’ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO,

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

 

Ultimo giorno del 2003: Giovanni Paolo II presiederà questa sera alle 18.00 nella Basilica Vaticana i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio con la recita del Te Deum di ringraziamento per la fine dell’anno. Domani mattina alle 10.00, 1° gennaio 2004, il Papa celebrerà, sempre in San Pietro, la messa per la festa mariana e in occasione della 37a  Giornata Mondiale della Pace per la quale ha scritto un messaggio dal titolo : “Un impegno sempre attuale: educare alla pace”. Il Papa lancia un forte appello a lottare contro il terrorismo rispettando il diritto internazionale e rimuovendo le situazioni di ingiustizia che spesso lo determinano. Quindi ribadisce la necessità del perdono, anche a livello internazionale,  perché la giustizia da sola non basta a liberare dal rancore e dall’odio.

 

Ricordiamo in questo servizio di Sergio Centofanti i punti principali del messaggio:

 

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Il Papa si rivolge a tutti: dai capi delle Nazioni a quanti sono “tentati di ricorrere all'inaccettabile strumento del terrorismo” e dice con forza:

 

“La pace resta possibile. E se possibile  è anche doverosa!”.

 

“L'umanità – afferma -  è scossa da egoismi e  odi ed è  tentata di pensare che la pace sia un ideale irraggiungibile”. Ma è necessario “rispettare l'ordine internazionale soprattutto quando si avverte la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto: il diritto favorisce la pace”. Ogni violazione crea durevoli ripercussioni negative.

 

Il Papa ricorda l’importante ruolo dell’Onu nella pace  ma  rileva la necessità di  una sua riforma.  E indica  la via per lottare contro il terrorismo. Ascoltiamo il cardinale Renato Raffaele  Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

 

“Giovanni Paolo II afferma che, per essere vincente, la lotta contro il terrorismo non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. Il pur necessario ricorso alla forza deve essere accompagnato dall’impegno sul piano politico e pedagogico da un lato rimuovendo le cause che stanno all’origine di situazioni di ingiustizia e dall’altro insistendo su una educazione ispirata al rispetto della vita umana”.

 

“In ogni caso, si legge nel messaggio-  i Governi democratici ben sanno che l'uso della forza contro i terroristi non può giustificare la rinuncia ai principi di uno Stato di diritto”. Il diritto internazionale deve  evitare che prevalga la legge del più forte. Ma c’è un’altra dimensione -  continua il papa:   la giustizia deve essere integrata dall’amore. L'esperienza storica, infatti,  mostra come la giustizia non riesca spesso a liberare dall'odio. Da sola, la giustizia non basta.

 

Il Papa rilancia il suo appello: “Non c'è pace senza perdono!”, e ripete questo grido avendo davanti agli occhi, in particolare, la crisi in Palestina e in Medio Oriente: “una soluzione non si troverà fino a quando non  si deciderà di superare la logica della semplice giustizia per aprirsi anche a quella del perdono”.

 

Occorre allora che l'amore sia esteso anche all'ordine internazionale. Il Papa conclude con un’antica massima: “Omnia vincit amor”, l'amore vince tutto:  “Alla fine l'amore vincerà! Ciascuno si impegni ad affrettare questa vittoria. E’ ad essa che, in fondo, anela il cuore di tutti”.

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         Come accennato, la nostra emittente seguirà questa sera in radiocronaca diretta, a partire dalle 18, la celebrazione dei Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e del Te Deum di ringraziamento di fine anno, presieduti dal Papa in San Pietro. Il commento sarà in italiano sui 585 kHz in onda medio e sui 105 MHz in modulazione di frequenza.

 

Domani mattina, a partire dalle 9.50, radiocronaca diretta della celebrazione eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II in San Pietro in occasione della 37.ma Giornata mondiale della pace, con commenti in italiano, inglese, tedesco, francese, spagnolo, arabo e portoghese, sulle consuete frequenze.

 

 

QUESTA MATTINA A BUJUMBURA I FUNERALI DI MONS. MICHAEL COURTNEY,

NUNZIO APOSTOLICO IN BURUNDI,

UCCISO LUNEDI’ SCORSO A COLPI D’ARMA DA FUOCO

 

 

Si sono svolti questa mattina nella cattedrale di Bujumbura in Burundi i funerali di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico ucciso lunedì scorso a colpi d’arma da fuoco mentre viaggiava in macchina a pochi chilometri dalla capitale. Sempre oggi i  ribelli burundesi delle Forze nazionali di liberazione  hanno lanciato un ultimatum   al presidente della Conferenza episcopale del Burundi, monsignor Simon Ntamwana, dandogli 30 giorni di tempo  per lasciare il Paese. Ieri monsignor Ntamwana aveva detto che sarebbe stato proprio questo gruppo  di ribelli  a uccidere il nunzio apostolico. Il movimento guerrigliero ha invece negato ogni responsabilità. Ma veniamo ai funerali di mons. Courtney. Ce ne parla il  padre saveriano Luigi Signori che ha partecipato alla celebrazione. Lo ha  raggiunto telefonicamente a Bujumbura Sergio Centofanti.

 

 

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R. – Si è trattato di una messa ma non era presente la bara, il corpo, perché era già all’aeroporto per questioni logistiche. C’era veramente tantissima gente. Era presente il nunzio apostolico in Uganda, arrivato da Kampala. Erano presenti tutti i vescovi del Burundi, moltissimi preti e moltissima gente semplice. Era presente anche il presidente della Repubblica del Burundi con sua moglie.

 

D. – Qual è stato il clima della celebrazione?

 

R. – Direi un clima di serenità, in un certo senso, molto discreto, molto semplice. Quello che mi ha colpito molto, è stata la sottolineatura di mons. Michael come uomo di pace: quello che ha fatto durante questi tre anni in cui si è dato molto al Burundi resterà come un’eredità. Questo uomo ha dato tutta la sua vita e l’ha data fino in fondo.

 

D. – Era presente alla celebrazione anche mons. Mtamwana, che è stato minacciato dai guerriglieri Hutu dell’Fln. Che dire in proposito?

 

R. – Non è certo la prima volta che è minacciato da una parte o dall’altra. Vorrei sottolineare che si è minacciati un po’ dappertutto, in questo senso. Il Burundi ha fatto dei passi in avanti, ma è ancora un Paese in guerra. Quindi, io penso che in un Paese in guerra nessuno possa dirsi veramente tranquillo: mons. Ntamwana, come tutti oserei dire. Lui poi è anche presidente della Conferenza episcopale, quindi suppongo che sia più esposto di altri.

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Ma come sta vivendo la popolazione burundese questi drammatici momenti? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Claudio Marano, missionario saveriano da tanti anni in Burundi.

 

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R. – La città è sotto shock. Ci sono tantissime persone che continuano a telefonare per fare le condoglianze. E’ un bene nazionale che se ne va. E’ un nunzio che non ha mai taciuto, che non ha mai lesinato il suo tempo, la sua voglia di fare, il suo desiderio di mettere attorno ad un tavolo tutti quanti per arrivare alla pace. Questo l’aveva fatto anche quando a Natale, nella Messa celebrata nella cattedrale, continuava a ripetere: “Mettiamoci tutti attorno ad un tavolo, anche il gruppo che non ha accettato di firmare il cessate il fuoco”.

 

D. – Ci sono delle ragioni per credere che l’uccisione di mons. Courtney sia stata intenzionale?

 

R. – Siamo di fronte ad un’uccisione, ad un’imboscata. La maggior parte delle pallottole di quest’imboscata sono finite su una persona che era vestita di bianco, quindi riconoscibile, su una macchina a sua volta riconoscibile, in un’andata e ritorno, a sud del Paese, davanti a tutti: tutti sapevano esattamente che lui era là. Quindi, dire che non era intenzionale mi sembra esagerare un po’.

 

D. – La Chiesa attraversa una situazione di pericolo in questo momento in Burundi?

 

R. – Ci sono più di una cinquantina di preti e di suore che sono stati ammazzati; un vescovo che è stato ucciso; uomini e donne di buona volontà che lavorano per la pace, la cui vita è sempre in pericolo.

 

D. – Come sta vivendo la gente questi momenti?

 

R. – La gente nei quartieri è preoccupata per tante altre cose: c’è una guerra tra i due movimenti di liberazione Hutu e c’è ancora gente che approfitta di tutti i momenti per saccheggiare, fare del male ed uccidere. Quindi, i problemi della città sono altri. E’ un popolo che continuerà a soffrire.

 

D. – Padre Claudio, per voi missionari cosa vuol dire questo avvenimento?

 

R. – Vuol dire che per la prima volta un nunzio viene ucciso. Vuol dire che la Chiesa si è manifestata nella sofferenza e ha accolto la sofferenza per tutti, anche per le persone che non contano niente. Trovarsi in un Paese dove già un vescovo, dove dei missionari, dove dei volontari, dove un nunzio viene ucciso, non è roba di tutti i giorni. Questo per noi è un rinnovare la nostra fede continuamente, è un credere veramente che la strada del calvario non è ancora finita e, quindi, bisogna prepararsi.

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CREAZIONE DI DIOCESI

 

In Nigeria, Giovanni Paolo II ha elevato il Vicariato apostolico di Bauchi al rango di diocesi, rendendola suffraganea della Chiesa metropolitana di Jos. Contestualmente, il Papa ha nominato primo vescovo di Bauchi mons. John Moore, della Società delle missioni africane, finora vicario apostolico di Bauchi.

 

La nuova diocesi di Bauchi ha una superficie di 64 kmq. e 5 milioni e mezzo di abitanti, dei quali 68 mila cattolici, distribuiti in 12 parrocchie, con 23 sacerdoti, sei religiose, 31 seminaristi maggiori e una cinquantina di catechisti a tempo pieno. Il nuovo presule avrà la sua sede nella casa di Yandoka Road, che si trova alla periferia di Bauchi e la chiesa dedicata a S. Giovanni Evangelista diverrà cattedrale.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Il caro prezzo della pace” è il titolo che apre la prima pagina, con un passo del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004. Si sottolinea che l'arcivescovo Michael Aidan Courtney, ucciso il 29 dicembre, è stato un quotidiano operatore di pace. Il suo assassinio sigilla il 2003, un anno tormentato da guerre, odio e violenze.

 

Nelle vaticane, una pagina - a cura di Gabriele Nicolò in collaborazione con l'agenzia "Fides" - dedicata ai martiri del 2003.

 

Nelle estere, Iran: oltre 40.000 le persone morte nel Sud-Est nel più grave terremoto degli ultimi 100 anni; una donna incinta estratta viva dalle macerie a cinque giorni dalla prima scossa sismica.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, l'illustre traduttore Giulio Colombi intervistato da Franco Lanza.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda Parmalat.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 dicembre 2003

 

MARCIARE PER LA PACE: TANTE INIZIATIVE NEL MONDO PER

DIRE “NO” ALLA VIOLENZA E ALLE GUERRE. LA RIFLESSIONE DI PADRE GIULIO

ALBANESE SUI MARTIRI DELLA CHIESA CADUTI QUEST’ANNO NEL SERVIZIO

AL VANGELO E ALLA CAUSA DELLA PACE TRA I POPOLI

 

 

In cammino per dire no alla guerra: si moltiplicano in queste ore le iniziative per sottolineare l’universalità del valore della pace. Stasera, a Termoli in Molise, si svolgerà la 36.ma edizione della “Marcia per la Pace”, promossa da Pax Christi assieme alla Cei e alla Caritas. L’evento sarà incentrato sul tema della Giornata Mondiale “Un impegno sempre attuale: educare alla pace”. Dal canto suo, la Comunità di Sant’Egidio promuoverà domani, per il secondo anno, le manifestazioni “Pace in tutte le terre”, in oltre 200 città di 70 Paesi dei diversi continenti. Si è, invece, svolta in queste ore una marcia interreligiosa per la pace nella cittadina ugandese di Gulu. Un evento a cui hanno preso parte almeno tremila persone. Ma quale significato e quale importanza riveste una marcia per la pace in un Paese così profondamente afflitto da una guerra come l’Uganda. Alessandro Gisotti lo ha chiesto a padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria Misna:

 

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R. – Credo che sia innanzitutto importante l’impegno della società civile, e all’interno della società civile, oggi, le Chiese sono davvero in prima fila. Vorrei ricordare in particolare l’impegno dell’arcivescovo di Gulu, John Baptist Odama, come presidente dell’Arpli, questo cartello interreligioso che opera nel Nord-Uganda e che si è sforzato in questi anni davvero di sostenere la piattaforma negoziale. Mons. Odama in questi anni non ha mai avuto paura e ha sempre predicato il Vangelo della pace. Credo che questo sia il messaggio forte che viene da questa iniziativa che si è svolta in queste ore a Gulu.

 

D. – Con l’uccisione del nunzio apostolico in Burundi è salito a 29 il numero dei martiri della Chiesa cattolica nel 2003. Qual è la tua riflessione su questo tributo pagato proprio nell’adempimento del servizio al Vangelo della pace?

 

R. – I missionari che sono caduti in questi anni, come sempre sono stati sentinelle di Dio nelle periferie del mondo. Chiaramente, si tratta di una testimonianza che a mio avviso fa appello alla coscienza di ogni uomo e donna di buona volontà. Noi viviamo in una società che si dice ‘villaggio globale’, però purtroppo questo villaggio globale è diviso tra Nord e Sud del mondo. Credo che i missionari, oggi, siano davvero i paladini più autentici di questo Sud dimenticato dove, peraltro, vivono relegati tre quarti della popolazione mondiale. Credo che il sacrificio di tanti missionari sia un grande tributo alla pace. I missionari hanno una grande affezione alla loro gente e agli interessi globali.

 

D. – La maggior parte dei martiri della Chiesa del 2003 sono caduti in Africa, e proprio l’Uganda è il Paese con il maggior numero di cattolici uccisi. Cosa ci insegna questa tragica realtà?

 

R. – Purtroppo, l’Africa è il continente che sta peggio. La nostra agenzia, la Misna, si è sforzata proprio di dar voce a chi non ha voce, e devo dire che l’impegno maggiore l’abbiamo proprio riversato in questo ultimo anno e mezzo, sull’Uganda, perché è la periferia del mondo che sta peggio, anche a detta delle Nazioni Unite. Nel nord dell’Uganda sono stati sequestrati oltre 25 mila bambini, oltre 100 mila morti ... E’ davvero una guerra dimenticata, che non fa notizia. Penso che sia importante non essere insensibili di fronte a queste tragedie. Certo, è necessario l’impegno della società civile, l’impegno solidaristico delle Chiese, ma è anche importante l’impegno della classe politica internazionale.

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CON L’APERTURA DELLA PORTA SANTA

DELLA CATTEDRALE DI SANTIAGO DE COMPOSTELA,

VERRA’ INAUGURATO SOLENNEMENTE OGGI IL 118.MO ANNO SANTO GIACOBEO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

 

Per un anno ormai alle ultime battute, c’è un grande evento religioso che invece si appresta ad iniziare proprio nell’ultimo giorno del 2003: il 118.mo Anno Santo Giacobeo, dedicato alla figura di San Giacomo apostolo e legato alla lunghissima tradizione di pellegrinaggi a piedi verso il Santuario di Compostela, luogo dove sono le spoglie dell’evangelizzatore della penisola Iberica. Oggi pomeriggio, alle 16.30 la celebrazione di una Messa solenne precederà l’apertura della Porta santa della Cattedrale di Compostela, che darà ufficialmente inizio ai dodici mesi di festività. Tra storia, cronaca e curiosità di questo Anno compostelano, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Ci sono tre tipi di pellegrini. Quelli che vanno in Terra Santa, quelli diretti a Roma e quelli che vogliono andare a Santiago. I veri pellegrini sono questi ultimi perché Santiago è il luogo più lontano”. La considerazione è antica di 800 anni. A pronunciarla fu uno dei padri della cultura europea e un profondo conoscitore dei costumi religiosi del tempo: Dante Alighieri. Lungi dal voler stilare graduatorie, l’affermazione è eloquente della fama che già nel 13.mo secolo aveva acquisito il Camino verso la tomba di Giacomo il Maggiore, l’apostolo figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni l’evangelista. I milioni di pellegrini - 4 e mezzo nel ’99 - che affollano le rotte che dai Pirenei portano sulle sponda atlantica della Galizia, dove sorge il santuario di Santiago de Compostela, sono i prosecutori di quelle folle penitenti che già nel nono secolo iniziarono a recarsi in preghiera sulla tomba di San Giacomo. Un Santo che la tradizione indica come l’evangelizzatore dell’Occidente e del quale gli Atti degli Apostoli tramandano il martirio avvenuto nel 40 dopo Cristo, a Gerusalemme.

 

  Il modo in cui le spoglie dell’apostolo dalla Palestina giunsero in Galizia fa parte forse più della leggenda che della storia. La tradizione narra di un eremita di nome Pelayo che per alcune notti assistette ad una sorta di pioggia di stelle su un punto del bosco di Libredón nel quale viveva. In quello stesso punto - poi chiamato “Campo delle stelle”, da cui il nome di Compostela - vennero ritrovate le spoglie di San Giacomo e ben prestò fiorì l’usanza dei pellegrinaggi. Oggi esistono 5 itinerari, il più celebre dei quali forse è il “Cammino francese”, che porta i pellegrini a valicare i Pirenei, attraverso il passo di Roncisvalle, fino a Santiago dopo 700 km. di Camino. Mons. Jaime Garcia, delegato episcopale dei pellegrinaggi della Cattedrale di Compostela, stila una statistica delle varie motivazioni che spingono i pellegrini a mettersi in viaggio verso Santiago:

 

R. - Li abbiamo radunati in tre gruppi: quelli che hanno una motivazione esclusivamente religiosa, quelli con una motivazione religioso-culturale e coloro che si muovono spinti da una motivazione solo culturale. Nel 1999, i dati sono stati i seguenti: il motivo religioso ha raggruppato il 74,39 per cento, quello religioso-culturale il 23,52 per cento,  quello culturale il 2,7 per cento. Ogni anno compiliamo una statistica, che in realtà cambia di poco. Inoltre, di solito le persone, attraverso questi pellegrinaggi organizzati, vengono preparate con delle catechesi dai loro sacerdoti, che celebrano molte cerimonie religiose. In questi casi, la motivazione è ovviamente, fondamentalmente, religiosa. In qualsiasi caso, saranno pochissime le persone che non passeranno per la cattedrale.

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A ROMA, UNA MOSTRA SULLA  RISORSA FONDAMENTALE PER

 LA VITA DELL’UOMO SALUTA IL 2003, PROCLAMATO DALL’ONU,

 ANNO INTERNAZIONALE DELL’ACQUA 

- Servizio di Dorotea Gambardella -

 

Si conclude oggi l’Anno Internazionale dell’Acqua, promosso dalle Nazioni Unite. Tante le iniziative che negli ultimi 12 mesi hanno messo l’accento sulla centralità delle risorse idriche per l’intera umanità. Tra queste, la mostra fotografica “Acqua” in corso fino all’11 gennaio, a Palazzo Valentini in Roma. L’evento fa parte del progetto “Acqua per la vita e per la pace” dell’associazione non governativa “Green Cross”, realizzato sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica italiana. L’obiettivo dell’iniziativa è contribuire, attraverso la cooperazione, a risolvere i conflitti legati alle risorse idriche. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Sessantasei immagini in bianco e nero del fotografo londinese Mike Goldwater per raccontare e percorrere la storia dell’acqua: bene prezioso e insostituibile, fonte di vita e di felicità, ma anche di morte e di distruzione. Ma che cosa ha spinto Goldwater ad allestire una mostra proprio sull’acqua?

 

R. - WATER IS SUCH A BASIC NEED FOR PEOPLE’S SURVIVAL ...

L’acqua è così necessaria per la sopravvivenza delle persone, che ho desiderato esplorare questo elemento in tutti i suoi aspetti. Dalla gioia delle persone che giocano con l’acqua e nell’acqua, alle difficoltà che crea la sua mancanza a tante popolazioni, ai disastri che essa provoca con le inondazioni. Ho poi voluto approfondire l’impatto che l’azione dell’uomo sta avendo sull’ambiente e sul nostro stesso modo di vivere. Sì, perché non è solo la volontà di Dio, ma anche la maniera in cui stiamo interagendo con il nostro pianeta - i conflitti, la decimazione delle foreste, l’inquinamento - a danneggiare l’ambiente e a provocare tante sofferenze ai nostri simili.

 

D. - Mi descrive una delle foto secondo lei più significativa?

 

R. - THERE’S A PICTURE TAKEN IN ERITREA, ...

C’è una fotografia che ho scattato in Eritrea che mostra un gruppo di nomadi con i loro cammelli, mentre scavano nel letto di un fiume essiccato per trovare dell’acqua. Quando riescono ad estrarla, danno da bere ai cammelli prima ancora che a se stessi. Quello per me è stato un momento molto speciale.

 

Il 2003 è stato proclamato dall’Assemblea generale dell’Onu “anno interna-zionale dell’acqua”. Che valenza assume questa mostra in un anno dedicato proprio all’acqua? Ci risponde Mario Tozzi, geologo e conduttore del programma Rai “Gaia – il pianeta che vive”.

 

R. – Oltre ad un valore di testimonianza, che è reso evidente dalla parte emotiva, cioè dalle fotografie, che sono straordinari squarci del rapporto tra acqua e uomo, acqua e ambiente, c’è anche un aspetto di conoscenza: da dove viene l’acqua sulla terra, qual è il suo lavoro, qual è il suo ciclo ... Ecco, queste sono le altre cose che, a livello razionale, completano l’aspetto emotivo.

 

D. – Ad un anno di distanza, secondo lei, che cosa si è realizzato di concreto per risolvere i problemi legati all’acqua?

 

R. – Dal punto di vista della conoscenza, mi sembra che questa si sia diffusa sempre di più; dal punto di vista delle cose attive, molto poco ancora.

 

D. – Quali prospettive, quindi, per il futuro?

 

R. – Se la conoscenza è una buona base di partenza, allora si può pensare che impareremo intanto noi per conto nostro a risparmiarla; poi, oltre a questo, forse anche la consapevolezza che si tratta sempre più di un bene e che non si può tramutare in merce e che non si può dare un prezzo all’acqua perché ha un valore troppo alto.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

31 dicembre 2003

 

 

“DIVENTATE PORTATORI DI PACE CON LE VOSTRE UMILI VITE”.

E’ QUESTO L’APPELLO LANCIATO AI GIOVANI DA FRÈRE ROGER AD AMBURGO,

DOVE È IN CORSO IL TRADIZIONALE INCONTRO EUROPEO DI FINE ANNO

ORGANIZZATO DALLA COMUNITÀ ECUMENICA DI TAIZÈ

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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AMBURGO. = “Ciascuno può partecipare alla costruzione della pace. Questo è vero per tutti, per ognuno di voi: con le nostre umili vite, possiamo diventare portatori di pace”. E’ l’appello lanciato ieri sera da Frère Roger, fondatore della comunità di Taizé, ai giovani partecipanti al tradizionale incontro europeo di fine anno, in corso ad Amburgo fino al prossimo 2 gennaio. “Nella famiglia umana – ha detto Frère Roger - ci sono stati dei periodi in cui un piccolo numero di uomini, donne e giovani è stato capace di modificare il corso di certe evoluzioni storiche”. “Stando in preghiera davanti a Dio – ha aggiunto - sono stati degli invisibili fermenti di pace là dove vivevano”. “Ma di fronte alla chiamata di Dio – ha avvisato il fondatore della comunità - possono esserci per tutti dei momenti in cui il sì e il no si scontrano. Tutti possono conoscere delle inquietudini, esitazioni e anche dei dubbi”. Frère Roger ha quindi offerto la propria personale testimonianza. “Nella mia giovinezza svoltasi negli anni ‘40 – ha detto - c’erano tante lacerazioni e mi chiedevo quale potesse essere la strada per arrivare a capire l’altro nella fiducia”. E all’origine di Taizé, ha sottolineato, c’è proprio questo desiderio: amare e dirlo con la propria vita. “Più ci si avvicina gli uni agli altri – ha concluso Frère Roger - più ci si comprende. Dio abita al centro del nostro animo e c’è una gioia del cuore per chi risponde alla sua chiamata”. (A.L.)

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IN CAMBOGIA L’EX CAPO DI STATO SOTTO IL REGIME DEI KHMER ROSSI,

KHIEU SAMPHAN, AMMETTE CHE L’ESECUTIVO DELL’EPOCA

SI È RESO RESPONSABILE DEL CRIMINE DI GENOCIDIO

 

 

PHNOM PENH. = L’ex presidente della Cambogia, Khieu Samphan,  ha cercato di prendere le distanze dalle esecuzioni di massa avvenute nel Paese asiatico tra il 1975 e 1979 sotto il regime dei khmer rossi, ma ha anche esplicitamente ammesso le responsabilità del governo dell’epoca per il crimine di “genocidio”. “Non ero coinvolto in nessun omicidio”, ha dichiarato l’ex capo di Stato ai giornalisti ma diversi osservatori sono convinti che Samphan non poteva non sapere. Nel marzo di quest’anno, a conclusione di un cammino lungo e irto di ostacoli, il governo cambogiano e le Nazioni Unite hanno finalmente concordato di istituire un tribunale internazionale per sottoporre a giudizio gli ex leader dei khmer rossi, regime ispirato all’ideologia maoista. L’accordo, tuttavia, deve ancora essere ratificato dal parlamento cambogiano. Khieu Samphan è tra coloro che, con ogni probabilità, verrà convocato al più presto dai giudici internazionali. (A.L.)

 

 

INGRID BETANCOURT, LA LEADER DEI VERDI COLOMBIANI

SEQUESTRATA LO SCORSO ANNO DALLE FARC, È CITTADINA ONORARIA

DI OLTRE MILLE CITTÀ DEL MONDO: LO HA RIFERITO IL SUO PARTITO

 

BOGOTA’. = Ingrid Betancourt, ex candidata presidenziale in Colombia ed ostaggio della guerriglia delle Farc dal febbraio 2002, è stata insignita nel giro di quasi due anni della cittadinanza onoraria di oltre mille città del mondo: lo ha riferito il suo partito, ‘Verde Oxigeno’, esprimendo soddisfazione per il sostegno che la Betancourt ha ottenuto grazie ad una campagna di solidarietà partita in Belgio nel marzo del 2002 ed estesasi, in breve tempo, a livello mondiale. L’iniziativa è stata promossa da un movimento “rappresentato da 279 comitati di sostegno che lavorano nel mondo per la libertà della Betancourt e di tutti i sequestrati colombiani”. La leader dei verdi del Paese sudamericano è attualmente cittadina onoraria di capitali europee come Parigi, Dublino e Roma e all’iniziativa si sono uniti anche Paesi come Canada, Messico, Argentina e Stati Uniti. Ingrid Betancourt è stata sequestrata il 23 febbraio dello scorso anno, tre giorni dopo la rottura definitiva del processo di pace tra il governo di Bogotá e le Farc. (A.L.)

 

 

IN VIETNAM UN GIORNALISTA, AUTORE DI TESTI CRITICI NEI CONFRONTI

DEL GOVERNO DI HANOI DIFFUSI VIA INTERNET, È STATO CONDANNATO OGGI

A SETTE ANNI DI PRIGIONE PER “SPIONAGGIO”

 

HANOI. = Il giornalista e ciberdissidente vietnamita Nguyen Vu Binh, arrestato nel 2002, è stato condannato oggi a sette anni per “spionaggio”. Il processo, tenutosi nella Corte popolare di Hanoi, è durato meno di tre ore e l’imputato è stato condannato anche a tre anni di arresti domiciliari. Binh, ex giornalista di una rivista del Partito comunista vietnamita, era stato arrestato dopo la diffusione su internet di un testo intitolato “Riflessioni sugli accordi frontalieri sino-vietnamiti”. Secondo l’organizzazione per i diritti umani ‘Human Rights Watch’ il ciberdissidente, che ha anche tentato di fondare un partito indipendente, aveva inoltre firmato una petizione del gruppo che esortava il governo di Hanoi a portare avanti riforme politiche. L’accusa avrebbe inoltre rimproverato l’uomo di aver rivolto al Congresso degli Stati Uniti una lettera nella quale viene denunciata la situazione dei diritti umani in Vietnam. E nel Paese asiatico il caso di Binh rievoca quello di Pham Hong Son, il medico vietnamita condannato lo scorso mese di giugno a 13 anni di carcere, ridotti successivamente a cinque, per aver tradotto in vietnamita un saggio del Dipartimento di stato americano sulla democrazia e averlo pubblicato su internet. (A.L.)

 

 

 

 

IN BRASILE LA FESTA DI FINE ANNO DARA’ INIZIO ALLE CELEBRAZIONI

PER L’ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DELLA CITTA’ DI SAN PAOLO

 

SAN PAOLO. = I festeggiamenti per il capodanno, a San Paolo, saranno ancora più spettacolari del solito. Il 1° gennaio 2004 sancirà, infatti, l’ingresso della città nel suo 450.mo anniversario di fondazione, che cade il 25 gennaio. Le celebrazioni si svolgeranno durante tutto l’anno e si apriranno il giorno di capodanno con giochi pirotecnici e musica. San Paolo è stata fondata il 25 gennaio 1553 dal padre gesuita spagnolo, José de Anchieta, su iniziativa del superiore della sua comunità in Brasile, padre Manoel da Nóbrega, che gli ordinò la costruzione di un collegio per gli indios. Secondo la tradizione popolare, padre Anchieta cominciò il 25 gennaio l’edificazione del Collegio di San Paolo de Piratininga, intorno al quale sorse poi la città divenuta oggi il principale polo economico brasiliano e la maggior metropoli dell’America meridionale, con circa 18 milioni di abitanti. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

31 dicembre 2003

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il presidente  iraniano Mohammad Khatami ha avuto oggi parole di speranza,  nella tragedia del terremoto che ha fatto almeno 40.000 morti  nel sudest dell'Iran, di fronte alla mobilitazione umanitaria  internazionale. “Il mondo è un mondo di terrore, di violenza e di guerra - ha detto Khatami in una conferenza stampa a Kerman, capoluogo  della regione colpita -. Eppure, lo spirito di umanità e di gentilezza è vivo”. “Stranieri – ha proseguito il presidente – sono  venuti in Iran durante il loro periodo  delle feste e hanno lavorato accanto al nostro popolo. Questo  deve essere lodato”.  Una nuova scossa, di 4,3 gradi sulla scala Richter, è stata registrata oggi nella regione sud-occidentale, nella  provincia di Ilam, ma senza  provocare né vittime né danni. Per soccorrere, invece,  le popolazioni colpite da quello che viene considerato il più grave terremoto degli ultimi 100 anni, che ha avuto come epicentro Bam, si sono mossi  volontari e esperti della protezione civile da 41 Paesi. Ascoltiamo Luca Spoletini, portavoce della protezione civile italiana, raggiunto telefonicamente in Iran da Francesca Sabatinelli:

 

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R. – Ci sono diverse operazioni in corso. C’è quella del governo iraniano che è la più numerosa e importante. Poi, c’è quella della comunità internazionale, nell’ambito della quale stiamo cercando di realizzare un ospedale da campo che è già stato attivato. Stiamo attrezzando una tendopoli con oltre cento tende che potrà ospitare circa mille persone o anche più. Sono numeri quelli con cui ci stiamo confrontando che sono enormi!

 

D. – Quindi, le esigenze sanitarie e l’assistenza in questo momento sono la priorità?

 

R. – Nel corso di un meeting all’interno del coordinamento internazionale, con la rappresentanza dell’Organizzazione mondiale della sanità e di quella della sanità dell’Iran, sono stati esclusi categoricamente la possibilità o il rischio che ci possano essere epidemie e questo chiaramente è stato un grande conforto per tutti.

 

D. – Il presidente Khatami ha fornito un bilancio di circa 40 mila morti, escludendo che si possa arrivare a 50 mila.

 

R. – L’unica valutazione che posso fare è quella di ciò che si vede ogni giorno. Ci sono interi quartieri, ad esempio, quello in cui ha operato il team italiano di ricerca e soccorso che era un quartiere di Bam con circa 27 mila abitanti: non è rimasta in piedi neanche una casa. Sono numeri che mi sembrano realistici.

 

D. – Fino a quando resterà il team italiano a Bam?

 

R. – Fino a quando sarà necessario, non abbiamo scadenze. Fino a quando questo progetto dell’ospedale non avrà un seguito concreto, noi staremo vicino a questo popolo. Sappiamo per esperienza, purtroppo, che i riflettori si spegneranno e che per queste persone inizierà il periodo più duro.

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Per discutere “la minaccia iraniana”, secondo quanto ha riferito radio Gerusalemme, si è riunito stamane a Gerusalemme il mini gabinetto per la sicurezza, convocato dal premier Ariel Sharon e composto da cinque ministri. Sulla riunione nulla è finora trapelato. Fa discutere, intanto, la decisione di Israele di aumentare del 50 per cento la popolazione degli insediamenti agricoli sul Golan. Oltre alle critiche della Siria, la Francia lancia “con forza” un appello ad Israele perché non metta in pratica il suo progetto di estensione per “non compromettere” il processo di pace. Il servizio di Debora Donnini:

 

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Israele si propone di  aumentare  nell'arco dei prossimi tre anni il numero dei suoi coloni e degli insediamenti ebraici sulle alture del Golan, conquistate alla Siria nel conflitto del 1967. Secondo quanto ha riferito oggi il quotidiano Yedioth  Ahronoth, una commissione interministeriale ha approvato ieri un piano di espansione che prevede la costruzione di 900 unità abitative e altri investimenti per un importo di circa 300 milioni di shekel, pari a 57 milioni di euro. La Siria ha denunciato oggi i piani di Israele. Il vice ministro degli esteri, Isa Daweesh, ha detto all’agenzia Reuters: “Israele si illude se pensa di poter ottenere qualcosa affidandosi a potere e occupazione”, aggiungendo che “i conflitti non si risolvono attraverso il potere, ma dovrebbero essere risolti in base al diritto internazionale”. Ma giunge oggi anche la notizia che truppe israeliane hanno disperso con la forza, ferendo numerose persone, una manifestazione, vicino a Ramallah, di alcune centinaia di palestinesi e di cittadini di altre nazionalità che cercavano di ostacolare i lavori di costruzione del muro che Israele sta erigendo in Cisgiordania.

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Una serie di arresti, questa mattina, ha segnato lo sviluppo del caso Parmalat.  Riguardano  il direttore  finanziario della Parmalat, Fausto Tonna, Luciano Del Soldato, l’avvocato Gianpaolo Zini, il presidente Lorenzo Penca, alcuni revisori della Grant Thornton Italia e due contabili dell'azienda interrogati nei giorni scorsi, Gianfranco Bocchi e  Claudio Pessina. Intanto, sono in corso accertamenti da parte della Procura di Parma sull’operato della Bank of America in relazione alla vicenda dell’azienda italiana. Il sospetto è che alcuni funzionari dell'istituto americano  fossero al corrente, se non addirittura partecipi, di quanto stava accadendo. Da parte sua, il Commissario europeo alla concorrenza Mario Monti fa sapere che esaminerà “prontamente” il decreto legge per il salvataggio della Parmalat che sarà notificato a Bruxelles “all’inizio di gennaio”.

La Procura di Bologna ha emesso un decreto di blocco di tutti i plichi ancora in transito diretti a Istituzioni ed Uffici dell’Unione Europea o ad organismi ad essa collegati. Il decreto riguarda tutti gli uffici postali  dell’Emilia Romagna. Dal capoluogo, infatti, sono partiti i plichi esplosivi diretti prima al presidente della Commissione Prodi, poi il presidente della Banca centrale europea, Trichet, ma anche alle sedi dell’Europol e di Eurojust. 

 

Da domani presidente di turno del Consiglio europeo è l’Irlanda. Si conclude formalmente oggi il mandato affidato all’Italia, che ha avuto la fase più difficile nell’ultimo mese di dicembre quando si è concluso con un nulla di fatto l’appuntamento per la firma della nuova Costituzione. E’ un’Europa inevitabilmente bloccata nel salto di qualità che voleva compiere quella che saluta il 2004 ma è in ogni caso un’Unione in espansione:

 

“Un appuntamento non si discute: il 1 maggio 2004 entreranno nella Ue dieci nuovi Paesi. Il processo di allargamento, dunque, non può che essere una priorità che porta con sé anche un doveroso impulso agli obiettivi dell'Agenda di Lisbona. Mentre è nel procedere delle cose anche il potenziamento della politica estera dell'Unione. Ma l’attenzione resta puntata alla faticosa ripresa dei lavori della Conferenza Intergovernativa. Per questo si dovrà aspettare l'esito dei lavori del Consiglio europeo previsto per marzo prossimo. Ma la presidenza irlandese riconosce di dover avviare al più presto consultazioni per giungere ad una nuova piattaforma di base. Ad affermarlo è stato il ministro degli Esteri, Brian Cowen, quando a Bruxelles ha illustrato il programma del semestre irlandese. Cowen non ha nascosto le difficoltà, a partire dall’annosa questione del sistema di voto. Prendendo il testimone dalle mani dell’Italia, ha voluto ricordare come nessuna Conferenza Intergovernativa abbia mai concluso i lavori nell'arco di un solo semestre, anche se resta ancora l’eco delle polemiche internazionali legate alle scelte di Berlusconi, come quella di procedere per incontri bilaterali cancellando le Plenarie previste o di aprire i lavori con barzellette. Ma ormai si guarda avanti e Cowen, chiamato a illustrare la caratteristica con cui intende gestire il testimone della presidenza, ha sottolineato che il logo scelto recita ‘lavorare insieme’. E’ come ribadire che i 25 Paesi debbano procedere insieme sul cammino dell'integrazione, anche se lo stesso Cowen ha ammesso l’esistenza dello strumento delle cooperazioni rafforzate”.

 

Due persone sono morte e altre 14 sono rimaste ferite oggi a Kirkuk, nell’Iraq  settentrionale, da colpi d'arma da fuoco sparati da combattenti  curdi contro manifestanti arabi e turcomanni. E’ quanto ha riferito un  ufficiale di polizia spiegando che migliaia di arabi e turcomanni protestavano contro  la richiesta dei curdi che vogliono integrare Kirkuk, città  petrolifera del nord, alle loro province. E un bambino iracheno è rimasto ucciso a Baghdad per l'esplosione di un'automobile al passaggio di un convoglio militare americano, composto da quattro veicoli.

 

Un anniversario da non dimenticare ci richiama in Messico. Dieci anni fa, il primo  gennaio del 1994, giorno dell'entrata in vigore del Nafta, l'accordo di libero commercio tra gli Stati Uniti, il Messico ed il Canada, circa tremila zapatisti armati e guidati dal  carismatico subcomandante Marcos  si sollevarono  in armi nello stato meridionale messicano del Chiapas contro la  politica neoliberista del governo federale. Il guerrigliero Marcos  si faceva chiamare subcomandante ricordando il comandante  Emiliano Zapata, storico leader dei contadini messicani che nel 1910 guidò la rivolta contro i latifondisti al grido di “Terra e libertà”. Marcos affermava di difendere dieci milioni di contadini sfruttati e umiliati. Seguirono giorni di scontri e di bombardamenti da parte del governo. La cifra ufficiale delle vittime non si è mai saputa: gli zapatisti parlarono di 180 morti tra militari e civili ma in molti denunciano 400 vittime.

 

L'attivista  guatemalteca per i diritti degli indigeni Rigoberta Menchú ha  accettato di far parte della squadra di governo del presidente eletto Oscar Berger, che assumerà il potere il 14 gennaio  prossimo. Berger, candidato della coalizione conservatrice Gana, ha  vinto domenica scorsa il ballottaggio con il candidato del centro-sinistra Alvaro Colom. Berger ha invitato Menchú, premio Nobel per la pace, a partecipare al governo per lavorare a favore degli indigeni e per verificare l'applicazione degli accordi di pace firmati nel 1996 dopo 36 anni di guerra civile.

 

Il presidente indipendentista ceceno,  Aslan Maskhadov, è sfuggito ad un tentativo di cattura da  parte di un contingente di forze speciali russe. Difendendosi ha ucciso personalmente cinque persone definite da fonti della guerriglia “nemici”. Maskhadov è, insieme con il comandante militare dei ribelli Shamil Basayev, l'uomo più ricercato di tutta la Russia. Pur non risiedendo permanentemente nella repubblica, Maskhadov vi si reca spesso per coordinare le operazioni di resistenza. Lo scontro sarebbe avvenuto sabato scorso nei pressi del villaggio di Shuani, nella regione di Nozhai-Iurt in Cecenia.

 

Un incendio provocato dall'esplosione di un petardo in un mercato ha ucciso almeno 15 persone nelle Filippine. Altre 22 persone risultano disperse. Il petardo è esploso accidentalmente all'esterno di un mercato a Lucena, appena a sud di Manila, ha detto un responsabile dei vigili del fuoco.

 

 

 

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