RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 364 - Testo della
Trasmissione di martedì 30 dicembre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Dolore e costernazione in tutta la Chiesa per l’uccisione
ieri in Burundi del nunzio apostolico mons. Michael Courtney: il Papa si
raccoglie in preghiera e invita tutti i burundesi a rifiutare la violenza,
cammino senza avvenire, per costruire una pace fondata sulla giustizia. Con la morte del nunzio salgono a 29 i martiri della Chiesa cattolica nel 2003:
interviste a padre Benedettini, padre Marano e mons. Kirby.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Iran: 50 mila i morti per il terremoto.
Estratti vivi dalle macerie due bambini.
Fallito attentato al presidente del Banca Centrale
Europea Trichet.
In Lituania si aggrava la posizione del presidente
della Repubblica accusato di collusione con la mafia russa.
Nella vicenda Parmalat Calisto Tanzi ammette il
passaggio di mille miliardi dal gruppo alla sua famiglia o altre società.
30 dicembre 2003
DOLORE
E COSTERNAZIONE PER L’UCCISIONE IERI IN BURUNDI
DELL’ARCIVESCOVO MICHAEL
COURTNEY, NUNZIO APOSTOLICO A BUJUMBURA:
IL PAPA SI RACCOGLIE IN
PREGHIERA E INVITA I BURUNDESI A RIFIUTARE
LA VIOLENZA, CAMMINO SENZA
AVVENIRE,
PER COSTRUIRE UNA PACE FONDATA
SULLA GIUSTIZIA
Grande
il dolore del Papa per l’uccisione del nunzio apostolico in Burundi mons.
Michael Courtney. L’arcivescovo, 58 anni irlandese, è stato assassinato ieri
pomeriggio a colpi d’arma da fuoco mentre viaggiava in auto nei pressi della capitale
burundese Bujumbura. Ma sulle reazioni in
Vaticano ascoltiamo il vice-direttore della sala stampa della Santa Sede padre
Ciro Benedettini, intervistato da Sergio Centofanti.
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R. – Certamente ha lasciato tutti profondamente addolorati,
anzi scioccati, questa notizia. E certamente il più addolorato è il Papa. Il
nunzio, in fondo, è un rappresentante personale del Papa. Nel telegramma al
presidente della Conferenza episcopale del Burundi, il Papa dice che è
profondamente commosso dalla notizia di questa morte violenta e definisce mons.
Courtney come colui che per tre anni ha manifestato la sollecitudine quotidiana
del successore di Pietro a tutti i burundesi. Il Santo Padre si è raccolto in
preghiera appena ricevuta questa notizia.
D. – Quando ci saranno i funerali?
R. – Si stanno organizzando, in contatto ovviamente con i
familiari che vogliono essere presenti - si tratta di fratelli e sorelle,
perché i genitori non li ha più - e si svolgeranno certamente a Bujumbura,
probabilmente domani. La salma invece verrà poi riportata in patria, in
Irlanda, dove verrà tumulata nella tomba di famiglia.
D. – Tra l’altro mons. Courtney era appena stato nominato
nunzio a Cuba …
R. – Sì, era stato designato dal Santo Padre come nunzio
apostolico a Cuba. Quindi, doveva presto lasciare il Burundi. Si attendeva
soltanto il momento, il giorno più indicato, per comunicarlo alla stampa.
D. – Ma è la prima volta che viene assassinato un nunzio
apostolico?
R. – Certamente nell’epoca moderna è la prima volta che
viene assassinato un nunzio apostolico nell’adempimento della sua missione, una
missione, come quella di mons. Courtney in Burundi, certamente difficile,
perché il Burundi da più di 10 anni vive una guerra civile e più della metà
della popolazione è sotto la soglia della povertà.
D. – Il pensiero del Papa è andato anche alla pace in
Burundi …
R. – In effetti, nel telegramma al presidente della
Conferenza episcopale del Burundi, invita tutti i burundesi ad impegnarsi
giorno dopo giorno alla sequela di Cristo a rifiutare la violenza che è un
cammino senza avvenire ed a costruire una pace
duratura fondata sulla giustizia, il rispetto delle persone e la
sicurezza di tutti.
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Soffermiamoci ora per qualche istante alla cronaca della
tragedia, che ha strappato alla Chiesa e ad uno Stato un pastore votato alla
delicata causa della pace. I dettagli, nel servizio di Alessandro De Carolis:
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Alcune scariche di arma da fuoco che tagliano in due la
strada, l’auto colpita che procede, altre scariche che crivellano – per errore
o per calcolo - quel bersaglio mobile, all’interno del quale un membro
eccellente della Chiesa cattolica giace ormai agonizzante. Si consumano così,
nella brutalità cieca di un’azione di guerriglia, gli ultimi istanti
dell’arcivescovo Michael Courtney, nunzio apostolico in Burundi. A nulla serve
la corsa in una clinica di Bujumbura, capitale dello Stato africano, né
l’intervento d’urgenza dei medici. Le ferite e le emorragie causate dai
proiettili che lo hanno colpito – tre o forse più, uno dei quali alla testa – appaiono
subito gravi e poco dopo fatali.
La ricostruzione dell’accaduto è al momento vaga, tanto
quanto è mutevole lo scenario di conflitto tra l’esercito regolare del Burundi
e le forze ribelli nella zona dell’omicidio. Sono le 15.55 del pomeriggio di
ieri, quando l’agenzia Misna lancia per prima la notizia. Mons. Courtney sta
tornando a Bujumbura dalla località di Bururi, dove aveva officiato le esequie
di un religioso. Sull’auto, oltre all’autista, vi sono un sacerdote e una terza
persona. All’altezza di Minago, 40 km a sud della capitale, partono le raffiche
che feriscono a morte il presule: forse esplose da una collinetta, forse da
bordo strada. Un agguato pianificato? Il transito dell’auto al momento
sbagliato, durante uno scontro a fuoco tra forze nemiche? Quel che è certo è
che subito sia il governo burundese che i ribelli dell’Fnl si affrettano a
rigettare ogni responsabilità. “E’ stato un agguato”, asserisce apparendo in tv
il presidente Domitien Ndayzeze, che promette di assicurare alla giustizia i
colpevoli.
Intanto, oltre al cordoglio del Papa e della Santa Sede,
molte voci autorevoli si levano prontamente per condannare l’assassinio di
mons. Courtney e per ricordarne la figura. Kofi Annan, segretario generale
dell’Onu, scrive di averne apprezzato il “modo discreto ed efficace con cui
contribuiva al processo di pace”. La Comunità di Sant’Egidio, addolorata dalla
morte del presule, fa eco alle parole del Papa sulle tante guerre del
continente: “La morte violenta di mons. Courtney, un uomo che amava la pace e
la gente del Burundi – si legge in un comunicato - riporta tristemente
l'attenzione su questa regione d'Africa afflitta da numerosi conflitti”. Ma era
davvero il nunzio apostolico in Burundi il bersaglio da colpire? Da Bujumbura, ecco l’opinione di padre Claudio Marano,
missionario saveriano da anni in Burundi, raggiunto telefonicamente da
Francesca Sabatinelli:
R. –
Tutto è possibile. Non si riesce a capire come mai su cinque pallottole tre gli
sono arrivate direttamente in corpo. La macchina normalmente viaggia sempre con
la bandiera, quindi dovevano senz’altro sapere chi c’era dentro. Non si sa, si
può immaginare di tutto. In un Paese in guerra non si sa mai niente.
D. – Quindi la macchina era riconoscibile?
R. – La macchina era riconoscibile. Tre pallottole su
cinque sono finite su di lui.
D. – Padre Marano, come è stata accolta la notizia lì da
voi?
R. – Io sono qui al Centro giovani e la notizia è stata
accolta con molto raccapriccio. Il nunzio, è sempre stato un uomo di punta e un
uomo di dialogo. Ha sempre lavorato per la pace, la riconciliazione. Spesso era
venuto anche qui nel Centro. Ci aiutava spesso. Era un uomo che credeva
veramente alla pace, credeva veramente al lavoro che stava facendo. E stava
smuovendo a livello politico, a livello di ambasciate, la situazione per
riuscire ad intervenire per far cadere il Paese nella pace.
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Mons. Michael Courtney era nato 58 anni fa a Nenagh in
Irlanda. Ordinato sacerdote a 23 anni era entrato nel servizio diplomatico
della Santa Sede nel 1980 prestando il suo servizio in Africa Meridionale,
Senegal, India, Jugoslavia, Cuba ed Egitto. Nel 1995 era stato nominato inviato
speciale con funzioni di osservatore permanente presso il Consiglio d’Europa a
Strasburgo. Nel 2000 il Papa gli aveva affidato l’incarico di nunzio apostolico
in Burundi, elevandolo alla sede arcivescovile di Eanach Dùin. Il dolore per la
morte di mons. Courtney è particolarmente forte nella diocesi irlandese di
Clonfert, da dove il nunzio proveniva. Il vescovo della diocesi mons. John
Kirby, suo amico, ci ha rilasciato questa breve testimonianza:
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R. – I’M
VERY SCHOCKED AT THE NEWS…
Sono molto scioccato dalla notizia della morte
dell’arcivescovo Courtney. Era un mio amico. Appena quattro settimane fa ero
andato a visitarlo nella nunziatura apostolica di Bujumbura. Sono appena
tornato con la sensazione del pericolo che si vive in Burundi. Anche lui se ne
rendeva conto, ma lo viveva con serenità. Sentiva di avere un lavoro da
svolgere per le Chiese e per il Vaticano ed era preparato a rimanere lì per
compierlo.
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Ostilità
e conflitti armati hanno percorso l’intera storia del Burundi, da quando questo
piccolo Paese del centro Africa, 6 milioni e mezzo di abitanti, grande poco più
della Sicilia - già protettorato tedesco poi affidato al Belgio - ha
conquistato l’indipendenza nel 1962. Ascoltiamo una scheda di Roberta Gisotti.
**********
Già nel
‘66 il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, deposto il re Ntaré, l’etnia
minoritaria dei Tutsi va al potere; rappresenta solo il 15 per cento della
popolazione, ma rimane salda alla guida del Paese per oltre 25 anni, creando forti
tensioni e sanguinosi scontri tribali con l’etnia maggioritaria degli Hutu:
centinaia di migliaia le vittime e i profughi.
Quindi nel ‘92 la svolta, con un Referendum che porta ad
una nuova Costituzione, poi nel ’93 le prime elezioni multipartitiche con la
vittoria degli Hutu, che conquistano la maggioranza del Parlamento e la
presidenza della Repubblica. Ma da lì a pochi mesi l’assassinio del capo di
Stato hutu, Ndadayae, riporta il Paese nel baratro della guerra civile, che
lascia sul campo almeno 300 mila morti e provoca 1 milione di nuovi profughi.
Nel ’94 l’elezione di un nuovo leader hutu, Ntaryamira, pochi mesi dopo anche
lui vittima, insieme al presidente del Rwanda, di un attentato aereo. E ancora
nel ‘96 un colpo di Stato dei militari tutsi segna l’ascesa del presidente
Buyoya, che promette il ritorno alla normalità costituzionale.
Nel ’98 viene nominata un Assemblea nazionale di
transizione, ma il cammino per la riconciliazione democratica è pieno d’insidie
e la meta resta lontana, nonostante i tentativi di mediazione del Sudafrica e
dell’Unione Africana. Proseguono gli scontri a fuoco tra l’Esercito regolare e
i ribelli hutu organizzati nelle Forze nazionali di liberazione (Fnl) e nelle
Forze di difesa della democrazia (Fdd). Nell’aprile scorso un nuovo presidente
hutu, Ndayizeye, raccoglie la sfida di rilanciare la pace, ricucendo gli equilibri con gli apparati di governo e
militari dei Tutsi e convincendo i ribelli a deporre le armi. Il tentativo
riesce con le Forze di difesa della democrazia (Fdd): solo un mese fa
l’accordo, l’ingresso nel governo e l’assorbimento dei guerriglieri - circa 37
mila - nell’Esercito regolare. Dall’intesa resta però fuori l’altra formazione
ribelle il Fronte per la liberazione nazionale (Fnl), che rifiuta ogni patto
per la divisione dei poteri.
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SONO 29 I MARTIRI DELLA CHIESA CATTOLICA NEL 2003.
TRA
LORO, OLTRE ALL’ARCIVESCOVO MICHAEL COURTNEY,
ANCHE
UNA VENTINA DI SACERDOTI E TRE VOLONTARIE LAICHE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La
scomparsa di mons. Courtney, in Burundi, suggella drammaticamente un anno
durante il quale la Chiesa cattolica ha dovuto piangere in più circostanze la
morte di suoi appartenenti. Poco fa, l’agenzia Fides ha reso noto, come ogni
anno, il dato ufficiale del martirologio del 2003: sono 29 le persone rimaste
uccise in modo violento a causa della loro adesione alla causa del Vangelo e
del loro servizio pastorale e apostolico. Oltre a mons. Courtney, nell’elenco
pubblicato dalla Fides figurano 20 sacerdoti diocesani, tre seminaristi, due
volontarie laiche, un religioso e due laici. L’Uganda è il Paese nel quale la
Chiesa ha pagato il più alto tributo di sangue, e l’Africa in generale è il
continente con il maggiore bilancio di perdite. Pesante anche il computo dei
defunti dello Stato colombiano: 5 sacerdoti e una laica.
GUARDATE GLI ALTRI CON TENEREZZA E MISERICORDIA COME FACEVA GESU’:
COSI’
IL PAPA ALLE MIGLIAIA DI GIOVANI CHE HANNO INIZIATO IERI AD AMBURGO
L’INCONTRO
EUROPEO PROMOSSO DALLA COMUNITA’ ECUMENICA DI TAIZE’
-
Intervista con frère Marek -
Grande
festa di fraternità ad Amburgo in Germania dove migliaia di ragazzi e ragazze
provenienti da tutta l’Europa hanno iniziato ieri il tradizionale incontro
giovanile organizzato dalla comunità ecumenica di Taizè che proseguirà fino al
2 gennaio. Il Papa per l’occasione ha inviato un messaggio in cui esorta i
giovani a fare come Gesù che “posava su ogni essere umano uno sguardo fatto di
tenerezza, di misericordia e di perdono, uno sguardo che rimette in piedi” e dà
speranza. “Non custodite tutto per voi – ha detto ancora Giovanni Paolo II – ma
dividete coi poveri che sono i preferiti di Dio”. Ma ascoltiamo il servizio di
Francesca Sabatinelli.
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Un
forte incoraggiamento a riscoprire in fondo ai cuori il desiderio di vita e di
felicità, è questo il messaggio del Papa ai giovani di Taizé riuniti ad
Amburgo. Alle migliaia di ragazzi e ragazze Giovanni Paolo II chiede di
guardare gli altri per cercare in loro il Signore, per creare relazioni fraterne,
per dare fiducia a quanti spesso sono i più disprezzati e dimenticati nella
società. La vostra missione, è la raccomandazione del Papa, consiste nel fare
in modo che tutti gli uomini diventino un popolo di fratelli e sorelle, dove
ciascuno sarà riconosciuto non per ciò che ha ma per ciò che è. E alla
benedizione del Santo Padre si uniscono i messaggi del segretario generale
dell’Onu Kofi Annan, del patriarca Alessio II di Mosca, dell’arcivescovo di
Canterbury Rowan Williams. Da tutti loro arriva l’invito ai ragazzi a far sentire
la loro voce. Kofi Annan chiede ai giovani di aiutare le Nazioni Unite nel
sostegno ai popoli del mondo afflitti dalle guerre, dalla miseria, dalle malattie.
Il patriarca Alessio II li esorta a non adattarsi alle mode del momento ma a
dividere la speranza con chi sta al loro fianco. E le preghiere sono assicurate
anche dall’arcivescovo Rowan Williams, che invita a riflettere sul significato
di una vita al seguito di Gesù: in un mondo che conosce fin troppo povertà,
ingiustizia e violenza, non si deve ricercare la sicurezza nel potere e nella
posizione sociale, ma porsi liberamente al servizio degli altri.
**********
Con le parole del Papa e di altre importanti
personalità religiose in campo ecumenico ha preso dunque il via il 26.mo
Incontro europeo di Taizé. Su primi momenti di questo grande raduno giovanile,
ecco da Amburgo la testimonianza di frère Marek, intervistato da Alessandro De
Carolis:
**********
R. – Già verso le cinque la Fiera di Amburgo ha iniziato a
riempirsi di giovani di tutta Europa e di altri continenti. Alle 19, è
cominciata la preghiera. Frère Roger ha partecipato a questa prima preghiera e
ha parlato ai giovani, salutando tutti i presenti e ricordando a tutti di
essere giunti fin qui per cercare la fiducia in Dio, affinché ci dia la forza
di ritrovare la comunione e la gioia.
D. – E’ stata data lettura del messaggio inviato dal Papa?
R. – Il messaggio inviato dal Papa è stato distribuito
subito all’arrivo dei giovani. Tutti, dunque, hanno ricevuto e potranno
meditarlo nella loro lingua. Oggi, poi, in mattinata, i giovani sono stati
ricevuti nelle varie parrocchie. Credo che per molti abitanti di Amburgo sia
stata una cosa straordinaria, perché quasi tutte le chiese cittadine si sono
riempite di ragazzi e ragazze.
D. – Ha avuto modo, frère Marek, di ascoltare qualche eco
da parte dei giovani arrivati lì ad Amburgo?
R. – Sì, e devo dire che la prima impressione è sempre
legata alla gioia di ritrovarsi di nuovo insieme. C’è un’atmosfera di pace, di
attesa sicuramente, ma di un’attesa molto pacifica, molto tranquilla.
D. – Quale sarà il momento centrale dell’incontro di oggi?
R. – La preghiera delle 19.00. Per quell’ora, aspettiamo i
vescovi delle diverse chiese di Amburgo - insieme all’arcivescovo della città,
Werner Thissen – e anche un vescovo della Polonia, uno della Francia ed uno
della Bolivia. Saranno tutti insieme, stasera, nel padiglione n° 6, uno dei
quattro dove i giovani si incontrano quotidianamente per la preghiera.
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DOMANI,
ULTIMO GIORNO DELL’ANNO, IL PAPA PRESIEDERA’ ALLE 18.00
NELLA BASILICA DI SAN PIETRO
IL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO
Domani 31 dicembre, festività di
San Silvestro, ultimo giorno dell’anno 2003 che cade quest’anno di mercoledì:
in questa particolare occasione non avrà luogo al mattino l’udienza generale
del Santo Padre. Nel pomeriggio Giovanni Paolo II presiederà, nella Basilica
Vaticana alle ore 18, la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità di Maria
SS.ma Madre di Dio, con la recita del Te Deum di ringraziamento per la fine
dell’anno civile. Tutti i fedeli potranno ammirare accanto all’Altare l’icona
della Madonna del Divino Amore donata dalla diocesi di Roma al Papa per il XXV
di Pontificato. In questo anno trascorso il Santo padre ha incontrato in totale
nella sua attività pastorale in Vaticano oltre 2 milioni 600 mila persone tra
fedeli ricevuti in 48 udienze generali e altre udienze particolari, oltre che
durante le celebrazioni liturgiche e le recite dell’ Angelus.
10 ANNI FA LA FIRMA DELLO STORICO ACCORDO TRA SANTA SEDE ED
ISRAELE.
I NODI
DA SCIOGLIERE PER UN’INTESA DEFINITIVA,
NELL’INTERVISTA
AL PADRE DAVID JAEGER CHE FA PARTE
DELLA
COMMISSIONE VATICANA NELLE TRATTATIVE CON LO STATO EBRAICO
Il 30 dicembre di dieci anni fa la Santa Sede ed Israele
firmavano “l’Accordo fondamentale” che apriva la strada alle piene relazioni
diplomatiche, che sarebbero poi giunte pochi mesi dopo. La firma a Gerusalemme
veniva posta dall’allora sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati mons.
Claudio Celli e dal vice ministro degli Esteri israeliano del momento Yossi
Beilin. Il documento, messo a punto da una commissione bilaterale permanente,
definiva i principi e le norme che avrebbero regolato le relazioni tra le
parti. All’accordo del ’93 è seguito nel ’97 l’accordo sulla personalità
giuridica della Chiesa cattolica in Israele, che ha definito lo status giuridico
delle istituzioni ecclesiastiche nello Stato ebraico. Resta ancora aperta la
trattativa sull’accordo economico, finalizzato a consolidare l’incerta
situazione economica e fiscale delle realtà ecclesiali in Israele. Una trattativa
difficile come spiega al microfono di Giancarlo La Vella il padre David Jaeger,
portavoce della Custodia di Terra Santa che affianca il capo della delegazione
vaticana mons. Pietro Sambi, nelle trattative con Israele.
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R. - Il primo accordo integrativo viene firmato soltanto
nel ’97, sul riconoscimento civile degli enti ecclesiastici: un accordo
tecnico-giuridico. Invece, il secondo accordo, è il più importante di tutti in
un certo senso, perché riguarda la capacità della Chiesa di sopravvivere
materialmente in Israele, l’accordo che dovrebbe confermare le esenzioni
fiscali della Chiesa e le sue proprietà: questo accordo, sul quale i lavori
sono iniziati nel ’99, è ancora incompiuto. Le due parti si impegnavano, il 1
luglio, nell’ultima riunione delle delegazioni, a compiere ogni sforzo
possibile per completare questo accordo in tempo utile per il decimo
anniversario. In questa prospettiva, le delegazioni si erano date otto
appuntamenti nel corso del mese di settembre. Se nonché il 28 agosto, il
governo di Israele ha fatto sapere che la sua delegazione non sarebbe venuta ad
alcuni degli appuntamenti fissati e che non era in condizioni di fissare di
comune accordo nuove date. Io non sono al corrente di alcuna prospettiva
concreta per il riavvio dei negoziati principali.
D. - Padre
Jaeger, quali sono le questioni in sospeso affinché la comunità cattolica in
Israele veda riconosciuti i propri diritti?
R. - Si deve
ottenere che lo Stato riconosca, mediante questo nuovo accordo, i diritti
acquisiti alla Chiesa in Israele, in Terra Santa, lungo i secoli in forza dei
Trattati tra l’allora Impero Ottomano ed i diversi Stati europei; che si devono
vedere confermati i principi enunciati dall’Onu nella risoluzione del 29
novembre 1947 che ordinava agli erigendi nuovi Stati in Terra Santa di non
alterare le esenzioni fiscali allora esistenti. Tutti questi diritti non sono
mai stati formalmente riconosciuti in Israele e nella pratica non sempre osservati.
Anzi: ogni tanto ci cono stati e ci sono tentativi per la loro erosione o cancellazione,
da parte della burocrazia del fisco.
D. - Qualche esempio?
R. - L’esempio
più scottante è l’ospedale cattolico San Giuseppe a Gerusalemme, al quale è
stato richiesto il pagamento di tasse sul lavoro che non aveva mai dovuto
pagare, con tanto di processi e minacce di confisca dei beni, di conti bancari,
eccetera; per esempio, il problema più generale sono le tasse di proprietà
municipali che sono molto pesanti, e che nessuna istituzione cattolica sarebbe
mai in condizione di pagare. L’esenzione da queste tasse, assicurata dalla
risoluzione Onu, come anche da leggi precedenti; eppure, non è riconosciuta
legalmente nello Stato d’Israele, il che vuol dire che praticamente tutti i
monasteri, conventi eccetera sono debitori per somme che arrivano a decine di
milioni di euro, almeno.
Ecco perché
questo è importante: Israele, non meno della Santa Sede, voleva arrivare ad un
nuovo accordo, riconosciuto da entrambe le parti; ecco perché ci siamo sforzati
da anni di arrivarci. Ora, il nuovo accordo in gran parte è pronto; rimangono
solo alcuni punti sui quali bisogna accordarsi per poter completare i
negoziati.
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NOMINA
Il
Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata, per raggiunti limiti di età, da
monsignor Francesco Saverio Salerno all'incarico di segretario del Supremo
Tribunale della Segnatura Apostolica, e contemporaneamente ha nominato segretario
del medesimo Supremo Tribunale il padre scalabriniano Velasio De Paolis, decano
della Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Urbaniana,
elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile tit. di Telepte. Padre
Velasio De Paolis è nato a Sonnino (Latina) il 19 settembre 1935. Ordinato
sacerdote nel 1961, è stato anche procuratore generale della Congregazione dei
Missionari di San Carlo (Scalabriniani).
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Apre la prima pagina la
drammatica notizia dell'assassinio del rappresentante del Papa in Burundi.
Si sottolinea che l'arcivescovo
Michael Courtney, in missione da più di tre anni nel tormentato Paese africano,
ha sempre manifestato la sollecitudine quotidiana del Successore di Pietro per
tutti i burundesi. Si evidenzia, al contempo, che ai missionari e alle
missionarie che hanno donato la vita per il Vangelo si aggiunge, per la prima volta,
il nome di un Nunzio Apostolico.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre.
Sempre in prima, la notizia
dell'uccisione di un missionario tedesco in Camerun.
Nelle vaticane, due pagine
dedicate alle Celebrazioni nelle Diocesi italiane in occasione del Natale.
Nelle estere, riguardo al
terremoto in Iran spicca il titolo "Una vita donata due volte": una
bambina di sei mesi salvata grazie al coraggio della madre che muore facendole
scudo con il corpo tra le macerie.
Un articolo di Andrea Cordero
di Montezemolo da titolo " Dieci anni dalla firma dell''Accordo
Fondamentale' fra Santa Sede ed Israele".
Nella pagina culturale, un
articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Gustavo Bontadini e il pensiero
del '900": un convegno a Venezia nel centenario della nascita.
Nell'"Osservatori
libri" un approfondito contributo di Danilo Veneruso sulla monografia
dello statista Giovanni Giolitti curata da Aldo Alessandro Mola.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda dei pacchi-bomba.
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30 dicembre 2003
PRESIDENZA DELL’UNIONE EUROPEA:
FINISCE
DOMANI IL SEMESTRE ITALIANO, INIZIA QUELLO IRLANDESE
- Con
noi, Adriana Cerretelli -
Passaggio
di consegne ufficiale alla mezzanotte di domani all’Unione Europea di Bruxelles
tra la presidenza di turno uscente, tenuta dal luglio scorso dall’Italia, e
quella che si protrarrà fino al 30 giugno 2004, affidata all’Irlanda. Se nei
prossimi mesi si assisterà all’ingresso di dieci nuovi Paesi nell’Unione
Europea, sul semestre italiano che si va concludendo continua a pesare il
mancato varo della Costituzione europea: l’intesa sul testo fondamentale
dell’Unione non è stata trovata al vertice europeo del 12 e 13 dicembre scorsi
e a seguito del fallimento della Conferenza intergovernativa incaricata di
discutere il progetto consegnato il 18 luglio scorso dal presidente della
Convenzione Ue, Giscard d'Estaing. Sull’argomento il dibattito è ancora aperto,
come spiega Adriana Cerretelli, caporedattore del Sole24Ore a Bruxelles,
intervistata da Giada Aquilino:
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R. - Per una volta non si può imputare al governo italiano
questo fallimento, che ha una responsabilità generalizzata, nel senso che era e
resta una partita a 25 di difficilissima soluzione.
D. – Il voto a doppia maggioranza nel Consiglio d’Europa
rimane uno scoglio. Da una parte c’è il blocco franco-tedesco, dall’altra
quello ispano-polacco: perché il disaccordo?
R. – C’è stato uno scontro di opposti estremismi. Da un
lato la Francia - ancor più della Germania - decisa a far passare il voto a
doppia maggioranza secondo la formula del 50 per cento degli Stati e il 60 per
cento della popolazione. Dall’altro Spagna e Polonia decise, invece, a
mantenere il sistema di Nizza che riconosce loro un peso più o meno analogo a
quello dei grandi. Questa opposizione al cambiamento è dovuta al fatto che se
si calcola anche il peso della popolazione - avendo Spagna e Polonia la metà
degli abitanti della Germania - ovviamente i due Paesi vedrebbero calare il
loro peso.
D. – Quanto durerà allora il lavoro di preparazione della
Costituzione europea? Si approverà entro il semestre irlandese o si dovrà
attendere quello successivo, l’olandese?
R. – In questo momento è molto difficile fare previsioni.
Mi sembra piuttosto improbabile che l’Irlanda ce la possa fare, perché durante
questo semestre ci saranno a marzo le elezioni in Spagna e poi a giugno le
elezioni europee. Si può immaginare quindi un’approvazione sotto la presidenza
olandese, cioè alla fine del 2004. Ma c’è anche chi non esclude un ulteriore
prolungamento dei tempi.
D. – Qual è quindi il bilancio della presidenza italiana?
R. – La presidenza italiana ha fatto del suo meglio a
proposito delle iniziative sulla crescita europea, ossia sui progetti
infrastrutturali. Poi è stata approvata l’Agenzia europea per il controllo
delle frontiere e la lotta all’immigrazione clandestina: ciò dovrebbe favorire
una maggiore cooperazione proprio perché, alla luce del terrorismo, i problemi
della sicurezza sono diventati drammaticamente impellenti un po’ per tutti.
D. – Sotto il semestre irlandese si avrà un’Europa
allargata: quanto sarà governabile?
R. – Lo sarà secondo le regole di Nizza, che entreranno in
vigore dal primo novembre 2004, per quanto riguarda la doppia maggioranza.
Bisognerà vedere quanto Nizza potrà funzionare. Ma le strutture istituzionali
con cui l’allargamento parte non sono delle più solide.
D. – Le altre sfide del prossimo semestre quali saranno?
R. – Le riforme strutturali, come pensioni, mercato del
lavoro, ulteriori liberalizzazioni che si spera dovrebbero riuscire a far
ripartire l’economia europea, la quale invece resta terribilmente torpida e
apatica rispetto a quella americana, che è partita alla grande, per non parlare
del dinamismo di quella cinese.
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30 dicembre 2003
“PACE IN TUTTE LE TERRE”: PER IL SECONDO ANNO, LA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO PROMUOVE UNA SERIE DI INIZIATIVE IN NUMEROSE CITTA’
IN
OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE, IL PRIMO GENNAIO 2004
ROMA.
= Il primo gennaio 2004, in occasione della Giornata Mondiale della Pace, la
Comunità di Sant'Egidio promuoverà, per il secondo anno, le manifestazioni
“Pace in tutte le terre”, in oltre 200 città di 70 Paesi dei diversi
continenti. L’intento dei promotori è far giungere “il sostegno alle parole del
Papa e alla sua sollecitudine per la pace nel mondo, ancora troppo diviso e
segnato da guerre, ingiustizie, povertà e violenze”. Cristiani e credenti di
tutte le religioni, “uomini e donne di buona volontà – sottolinea una nota
della Comunità di Sant’Egidio – si uniranno per manifestare che la pace è
possibile e che la guerra non è inevitabile, per esprimere l’esistenza di una
cultura e di una volontà di pace, non rassegnate all'inevitabilità della guerra
e perché si chiudano presto i conflitti ancora aperti”. La mattina del primo
gennaio, nella piazza romana della Chiesa Nuova, partirà una marcia per la pace
e per la fine del terrorismo, per ricordare “tutte le terre che nel nord e nel
sud del mondo attendono la fine della guerra, fonte di sofferenza per tanti
popoli e 'madre' di tutte le povertà”. La marcia arriverà a Piazza San Pietro
per l’Angelus del Papa. (A.G.)
CELEBRATO A TAIWAN IL 75.MO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
DI DUE
CONGREGAZIONI RELIGIOSE CON L’ORDINAZIONE SACERDOTALE
DI 18
PRESBITERI DI ORIGINE VIETNAMITA
TAICHUNG. = Il 27 dicembre, festa di San Giovanni
apostolo, le Congregazioni dei “Piccoli Fratelli di san Giovanni Battista”
(Csjb) e delle “Piccole sorelle di santa Teresa di Lisieux” (Cst) hanno
celebrato solennemente il 75.mo anniversario della loro fondazione. Nel 1928,
infatti, – ricorda l’agenzia Fides – il missionario belga padre Vincent Lebbe,
C.M., fondò in Cina queste due congregazioni allo scopo di diffondere il
Vangelo tra quelle popolazioni. La Messa giubilare è stata presieduta da mons.
Joseph Wang, vescovo di Taichung, diocesi nella quale si sono sviluppate le
congregazioni. All’evento giubilare ha preso parte anche il presidente della
conferenza episcopale vietnamita, mons. Paul Nguyen Van Hoa, vescovo di Nha
Trang. Tra i concelebranti anche un centinaio di sacerdoti di Taiwan, mentre un
migliaio di fedeli ha partecipato alla liturgia durante la quale sono stati
ordinati sacerdoti 18 diaconi di origine vietnamita, appartenenti alla
congregazione dei “Piccoli Fratelli di San Giovanni Battista” impegnati per
l’evangelizzazione in Asia. Al termine della celebrazione, l’Incaricato
d’affari della rappresentanza pontificia, mons. Ambrose Madtha, ha letto il
messaggio augurale inviato dal segretario di Stato, Angelo Sodano, a nome del
Papa, esprimendo ringraziamento ed incoraggiamento per l’opera svolta dalle due
congregazioni religiose. Quindi ha lanciato un appello ai giovani perché
rispondano affermativamente alla chiamata del Signore. (A.G.)
LA PARROCCHIA IN PRIMO PIANO AL PROSSIMO CONVEGNO
DEL
CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI DELLA CEI. L’INCONTRO SI TERRA’ A ROMA,
DAL 2
AL 4 GENNAIO PROSSIMO, ALLA DOMUS MARIAE
ROMA.
= Porre l’attenzione sulla comunità parrocchiale, perché, in un mondo che
cambia, riscopra la sua vocazione. Aiutare, così, ogni battezzato a percepire,
accogliere e vivere la vocazione personale. E’ questo il significativo
obiettivo che si propone il Centro nazionale vocazioni (Cnv) della Conferenza
episcopale italiana nel suo prossimo convegno nazionale che si terrà a Roma
(Domus Mariae) dal 2 al 4 gennaio 2004. Tema scelto per questa edizione “Il
volto vocazionale della parrocchia in un mondo che cambia – Come?”. Ad aprire i
lavori saranno il presidente del Centro e della Commissione clero e vita
consacrata della Cei, mons. Italo Castellani, arcivescovo coadiutore della
diocesi di Lucca e don Luca Bonari, direttore del Centro. Cinque le relazioni
in programma che affronteranno il tema della parrocchia nella recente
riflessione dei vescovi italiani e nella sua “dimensione vocazionale”.
All’incontro sono attesi seminaristi, responsabili dell’animazione vocazionale
degli Istituti di vita consacrata, parroci e responsabili regionali e diocesani
della pastorale familiare e giovanile. (A.G.)
OLTRE CENTO MORTI IN INDIA A CAUSA DEL FREDDO:
PARTICOLARMENTE
COLPITI GLI STATI INDIANI DEL NORD E DELL’EST
NEW
DELHI. = Si aggrava il bilancio di morti nel nord e nell’est dell’India, dopo
una grande ondata di freddo. In due settimane sono state 122 le vittime del brusco
calo della temperatura. Lo riporta l'agenzia di stampa Press trust of India
(Pti). Nel nord del Paese, dove sono stati registrati 76 decessi, gli stati più
colpiti sono l'Uttar Pradesh, l'Himachal Pradesh e l'Haryana, il Jammu e
Kashmir, il Rajasthan e tutta la regione attorno a Nuova Delhi. Ad est, sono 22
i morti nello stato del Bihar. Per affrontare l’emergenza le autorità hanno
disposto ricoveri per i poveri nelle
scuole e in altri edifici pubblici. (A.G.)
GRAVE DENUNCIA DI UN’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA DELL’HONDURAS:
QUEST’ANNO ALMENO MILLE MINORI SONO STATI
UCCISI
IN QUANTO APPARTENENTI A BANDE GIOVANILI
TEGUCIGALPA. = Almeno mille giovani di età
inferiore ai 25 anni sono stati assassinati in Honduras durante quest’anno. La
maggior parte delle vittime sarebbe stata uccisa perché appartenente a bande
giovanili. La grave denuncia è stata formulata - nel corso della trasmissione
radiofonica ‘Voces contra el Olvido’ - da Berta Oliva, presidente del ‘Comitato
dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras’ (Cofadeh). La Oliva ha
dichiarato che un numero simile di vittime di omicidi “è davvero scandaloso” e
che “equivale a un genocidio, sebbene a molti questa parola dia fastidio”. La
presidente del Cofadeh ha criticato la legge anti-bande giovanili approvata nel
2003, che la Oliva ha definito “incostituzionale”. D’altro canto, proprio
questa legge è stata considerata dal ministero della Sicurezza del Paese
centro-americano uno strumento efficace nella lotta contro la criminalità
giovanile. Secondo il governo, infatti, da quando la legge è stata approvata,
l’estate scorsa, alla fine dell’anno ben 700 appartenenti a bande giovanili
sono stati arrestati dalla polizia. Secondo ‘Casa Alianza’, organizzazione no
profit impegnata nella tutela dei diritti dei minori in America centrale, che
tiene un conteggio mensile dei bambini e dei giovani assassinati in Honduras,
nel Paese sono stati almeno 2.089 i minori di 23 anni uccisi dal 1998 a oggi.
(A.G.)
UN CALENDARIO FOTOGRAFICO CON IL PENSIERO A CHI SOFFRE:
E’
L’INIZIATIVA PROMOSSA DALL’OPAM,
L’OPERA
PER L’ALFABETIZZAZIONE NEL MONDO,
FONDATA
NEL 1972 DAL COMPIANTO MONS. CARLO MURATORE
ROMA. =
Un calendario a colori per l’anno 2004 è stato realizzato dall’Opera per la
promozione dell’alfabetizzazione nel mondo (Opam). Il calendario è dedicato a
tutte le persone che nel nostro presente non possono sorridere. Un lavoro, impreziosito
dalle foto di Karl Grobl. Questa Ong fondata nel 1972 da mons. Carlo Muratore,
per lunghi anni attivo in Venezuela e scomparso nei giorni scorsi, è presente
in diversi Paesi del terzo mondo e fa della promozione di “una scuola per
sorridere” una sorta di suo filo conduttore. L'Opam che ha un proprio sito
(www.opam.it) punta, con il sostegno di amici e sostenitori, a varare centri scolastici,
agrari e artigianali attuati tramite progetti, adozioni scolastiche e gemellaggi
tra le scuole. Nel 1982 l'Opam, attualmente presieduta da don Aldo Marini, ha
ricevuto una “menzione d’onore” da
parte dell’Unesco. (A.G.)
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30 dicembre 2003
- A cura di Fausta Speranza -
Il governo iraniano ritiene che
il numero delle vittime del devastante terremoto che venerdì ha colpito il
sud-est dell'Iran salga a 50.000. E’ quanto ha fatto sapere in mattinata un
alto funzionario del ministero dell'interno, sottolineando che 28 mila corpi
sono stati già sepolti. Sono, invece, circa 2.000 le persone tratte in salvo
dalle macerie. Tra queste ha colpito in particolare il ritrovamento ieri di una
neonata di sei mesi e oggi, a ben quattro giorni dal sisma, di due bambini che sono stati salvati a Bam dal
cinguettio dei loro due canarini che ha attirato l'attenzione dei soccorritori.
I due bimbi sono gravemente feriti. Intanto, il presidente iraniano Khatami ha
promesso che la città di Bam sarà ricostruita entro due anni. Ma proprio da Bam
ascoltiamo quanto riferisce Barbara Schiavulli:
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La gente si rifugia nelle tende,
accende fuochi per riscaldarsi ed accetta un po’ di cibo dagli aiuti umanitari.
Per tutto il giorno si sono seppelliti i morti e si continuerà a farlo anche
domani e per tutta la settimana. In visita le massime cariche dello Stato
iraniano: prima il leader spirituale Khamenei, che ha detto che “tutto l’Iran
soffre”, e poi il presidente Khatami. Ufficialmente la fase di emergenza e
ricerca è terminata ma si continua a scavare e a disseppellire cadaveri. Ora,
la preoccupazione principale è quella di evitare la diffusione delle epidemie.
La mancanza d’acqua e di elettricità non aiuta, ma il freddo della notte,
gelido per chi non ha più una casa, forse impedirà la diffusione di malattie peggiori.
Barbara Schiavulli, per la Radio
Vaticana, da Bam.
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Dopo il presidente della
Commissione, Prodi, chi guida la strategia dei
pacchi bomba ha preso di mira ieri altre due istituzioni europee:
l'Europol e la Bce. E poco fa l’arrivo di un altro plico esplosivo è stato
segnalato alla sede di Eurojust a L’Aja. Il servizio di Fausta Speranza.
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Casa editrice Europea, via dei
Terribilia a Bologna: sarebbe questo l’indirizzo del mittente del plico bomba
recapitato ieri a Francoforte al presidente
della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, e del pacco inviato alla
sede, a L'Aja, in Olanda, dell'Europol, l’ente che guida la cooperazione fra le
forze di polizia europee per la lotta a terrorismo, traffico di droga e altre
forme di criminalità. Ma ancora non c'e' stata comunicazione ufficiale. Da parte sua, l'Alto
rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue, Javier Solana, ha
espresso ferma condanna per tutti gli episodi, dunque anche quelli che hanno
colpito nei giorni scorsi il presidente della Commissione Prodi. Un attacco
all’Unione europea difficile da accettare e in cui si rintraccia un filo rosso
proprio nell’indirizzo di Bologna di cui si parla: è la stessa via, a pochi
metri dalla Questura dove, nel luglio del 2001 durante i giorni del G8 di
Genova venne predisposto, senza esito,
un dispositivo esplosivo per colpire la polizia. Anche lì la firma era di
insurrezionalisti anarchici. Ma c’è anche un altro possibile collegamento,
quello tra l’ostilità nei confronti dell’Unione europea e la ribellione di
qualche componente della “famiglia” dei cosiddetti no global.
Fausta Speranza, Radio Vaticana.
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Prosegue l'interrogatorio, nel
carcere di San Vittore, di Calisto Tanzi, ex patron della Parmalat, che ieri ha
ammesso “distrazioni” di mille miliardi negli ultimi sette-otto anni dal gruppo
Parmalat verso la sua famiglia o società a lui intestate, in particolare nel settore
del turismo. Le accuse finora sono di aggiotaggio e concorso in false
comunicazioni dei revisori. Mentre la Procura di Parma questa mattina ha
avviato l'interrogatorio del figlio Stefano Tanzi, presidente del Parmacalcio.
Intanto, arriva una smentita sulla presunta anticipata segnalazione da parte del Ministero del tesoro alla Banca
d'Italia sulla situazione Parmalat. Fonti cosiddette ”monetarie” smentiscono
così quanto apparso su alcuni organi di stampa.
La Corte costituzionale della
Lituania ha stabilito che il presidente della repubblica, Rolandas Paksas ha
violato la costituzione, aggravando così la posizione già molto discussa del
capo dello Stato. Il servizio di Stefano Leszczynski.
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Paksas è andato contro i dettami
costituzionali quando ha concesso la
naturalizzazione ad un uomo d'affari russo che lo aveva sostenuto durante la campagna elettorale. E’
il nuovo colpo dopo l’accusa di legami con
la mafia russa. Contro il presidente della piccola Repubblica baltica,
candidata ad entrare nell'Unione Europea e nella Nato nel 2004, è, infatti, già
in corso una procedura di impeachment. Ai primi di dicembre, una commissione
d'inchiesta ha annunciato di aver raccolto le prove di legami tra alcuni dei
suoi uomini e mafiosi russi. Ma lo scandalo, era esploso alla fine dell'estate
scorsa. Paksas, un ex pilota d'aerei, continua a negare ogni addebito,
rifiutandosi di lasciare la poltrona
malgrado le varie manifestazioni popolari che negli ultimi tempi hanno avuto
luogo, per le strade di Vilnius, per chiedere al capo di Stato di ritirarsi.
Stefano Leszczynski, Radio
Vaticana
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Ha ucciso un iracheno
l'esplosione avvenuta a Karrada, nel centro di Baghdad, al passaggio di un
convoglio americano. Poco prima, sempre questa mattina, il Consiglio di
Sicurezza dell'Onu ha condannato gli attentati commessi in Iraq tra cui quelli
del 27 dicembre che a Kerbala hanno fatto 19 morti e quasi 200 feriti. ''Il
Consiglio esprime la sua condanna nei termini più forti” - ha detto l'ambasciatore
bulgaro Tafrov, che riveste la presidenza di turno nel mese di dicembre - “e
chiede a tutti i membri di cooperare pienamente per portare i responsabili
davanti alla giustizia”. Tra i morti di Kerbala ci sono sette soldati della
coalizione: cinque bulgari e due tailandesi.
Il ministero delle finanze russo
ha accusato la compagnia petrolifera Yukos, sotto inchiesta giudiziaria, di avere evaso il fisco per 98
miliardi di rubli, oltre 3 miliardi di dollari. Secondo le autorità fiscali la
Yukos avrebbe, attraverso la costituzione
di compagnie create ad hoc, beneficiato di agevolazioni improprie. Il gigante
petrolifero privato ha sempre respinto tali accuse per le quali, oltre a quelle
di frode, è detenuto dal 25 ottobre il fondatore della Yukos, Mikhail Khodorkovski.
Nuove
violenze in Kashmir: quattro persone sono morte in una sparatoria e 33 militari
indiani sono rimasti feriti in un attentato dinamitardo. Gli attacchi cadono
proprio il giorno dopo l'annuncio da parte delle autorità locali di una diminuzione
delle violenze da quando, il mese scorso, India e Pakistan hanno concordato un
cessate il fuoco lungo la linea che divide la regione himalayana. L'accordo
avrebbe dovuto riportare la normalità in Kashmir, la regione indiana abitata in
maggioranza da musulmani dove solo fra ottobre e novembre ci sono stati più di
trecento morti a causa degli scontri quotidiani tra separatisti islamici e forze
di sicurezza governative. Il Kashmir rappresenta da quasi 50 anni la principale
fonte di attrito fra India e Pakistan.
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