RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 360 - Testo della
Trasmissione di venerdì 26 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Economia solidale: una via per orientare i mercati
internazionali all’equità. Con noi Luis Razeto
CHIESA E SOCIETA’:
Un Natale di gioia e di carità in tutte le diocesi
della Corea del Sud
Nato a Tomè Acu, in Brasile, il primo gruppo di
infanzia missionaria
La Spagna all’opera per tendere una mano alla Liberia,
prostrata dall’ultima guerra civile
Violento
sisma nella città di Bam, nel sud-est dell’Iran: almeno 2 mila le vittime
Natale
di sangue in Terra Santa
Torna
a colpire la guerriglia in Iraq
Identificati
in Pakistan i kamikaze responsabili del fallito attentato al presidente
Musharraf.
26
dicembre 2003
NELL’ODIERNA FESTA DI SANTO STEFANO, IL PENSIERO
DEL PAPA ALL’ANGELUS
RIVOLTO A QUANTI ANCORA OGGI NEL MONDO
SOFFRONO PERSECUZIONI A CAUSA DELLA LORO FEDE IN CRISTO
-Servizio
di Roberta Gisotti -
Il Papa quest’oggi - Festa di Santo Stefano, primo martire
cristiano - ha espresso particolare vicinanza a quanti in ogni parte della
Terra sono perseguitati a causa della loro fede in Cristo. Migliaia di
pellegrini si sono raccolti anche stamane in Piazza San Pietro, festosamente
addobbata con l’Albero natalizio ed il Presepe, per ascoltare la parola di
Giovanni Paolo II, che è apparso in buona forma. Un cielo terso ed assolato ha
fatto da splendida cornice all’incontro del vescovo di Roma con i fedeli giunti
da tutto il mondo e con milioni di persone collegate attraverso la televisione
e la radio.
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Il profondo significato cristiano del martirio, nelle
parole del Papa all’Angelus dedicate alla coraggiosa figura di Santo Stefano,
di cui ricorre oggi la memoria liturgica. Tra i “primi diaconi della Chiesa”,
“fu il primo discepolo di Cristo a versare il suo sangue per Lui”, e “venne
lapidato per false accuse simili a quelle rivolte contro Gesù stesso e, come il
Maestro morì perdonando i suoi uccisori”. E se la Chiesa - ha spiegato il Santo Padre – “chiama il
giorno del martirio dies natalis” è perché si tratta di “una nascita al
Cielo, in forza della morte e risurrezione di Cristo”. Da qui l’importanza di
celebrare il primo Martire nel giorno dopo Natale, perché Gesù “ha dato la vita
per noi, affinché noi pure, rinati ‘dall’alto’ per la fede e il Battesimo,
fossimo disposti a sacrificare la nostra per amore dei fratelli”
Quindi il pensiero di Giovanni Paolo II è andato a quanti
patiscono in nome di Cristo.
“Desidero oggi ricordare in modo speciale le
comunità cristiane che subiscono persecuzione, e tutti i fedeli che soffrono
per la fede. Il Signore dia loro la forza della perseveranza e la capacità di
amare anche coloro che li fanno soffrire.”
Infine
l’invocazione a “Maria, Madre e discepola” di Gesù.
“Ci aiuti Lei, la Regina dei Martiri, ad essere
anche noi “martiri”, cioè in ogni occasione testimoni dell’amore di
Cristo...Buon Natale a tutti, tanti auguri”.
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LA CORAGGIOSA TESTIMONIANZA DI
SANTO STEFANO, DIACONO E PRIMO MARTIRE
DELLA CHIESA, ESEMPIO DI FORTEZZA D’ANIMO PER I
CRISTIANI DI OGGI
Oggi la
Chiesa ricorda,dunque, la figura di Santo Stefano, diacono protomartire, primo
testimone fino alla morte della Resurrezione di Cristo. Quale significato
particolare assume la sua vigorosa testimonianza nel mondo odierno? Paolo
Ondarza lo ha chiesto a don Rino Rossi, che ha vissuto per anni a Medellin, in
Colombia, a stretto contatto con situazioni umane disperate.
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R. - Santo Stefano che ci viene presentato negli Atti
degli Apostoli quando si parla della istituzione dei sette diaconi, viene
presentato come l’icona di Gesù Cristo. Una icona, anche oggi, molto attuale.
Una cosa che lo caratterizza, come ci dicono gli Atti degli Apostoli, è che era
pieno di forza e di Spirito Santo, di grazia e di fortezza che lo portano a
dare una testimonianza fino al martirio.
D. – Lo Spirito Santo, che dà quel coraggio necessario per
affrontare la missione, quel coraggio che ancora oggi è necessario specie in
quelle parti del mondo dove il cristianesimo è ancora osteggiato. Lei, nella
sua esperienza è stato ex-rettore nel Seminario di Medellin.
R. – Ho potuto toccare con mano situazioni molto dolorose,
perché oltre ad esercitare il mio ministero nel Seminario ho dovuto anche
portare avanti un ministero all’interno di un carcere con circa sei mila
detenuti. Ho imparato una cosa molto importante che ritrovo anche in Santo
Stefano, che quando viene lapidato dice “Signore, non imputare loro questo
peccato”. Mi sono sentito, in quell’ambiente di situazioni terribili,
ascoltando esperienze molto dure, di non imputare loro di ciò che hanno fatto.
Non si può veramente giudicare, come dice Gesù Cristo.
D. – Don Rino, chi sono i martiri di oggi?
R. – C’è una forma di martirio che è la testimonianza
cristiana. Essere cristiani, oggi, vuol dire andare contro corrente.
D. – Stefano era un diacono. Chi sono i diaconi oggi e
quale il loro ruolo nella Chiesa?
R. – Noi veniamo da una Chiesa dove molto era accentrato
nei presbiteri, nei sacerdoti, ed oggi, con la visione del Concilio, si
comincia a riscoprire il ruolo anche dei laici e tra questi anche il carisma
del diacono che è il servitore per eccellenza, cioè colui che fa presente Gesù
Cristo che serve; ed è interessante che in Santo Stefano si evidenzia
maggiormente questo aspetto di servizio della Parola. Noi non siamo abituati,
nella stessa Chiesa, ad ascoltare laici, o anche diaconi che predicano. Se ne
parla tanto, però direi che si realizza poco, perché oggi quasi ci si vergogna
di essere cristiani. Gesù che è risorto dalla morte, questo è ciò che i diaconi
devono annunciare in questa generazione.
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26
dicembre 2003
LA SOLIDARIETA’ APPLICATA ALL’ECONOMIA,
UNA VIA PER ORIENTARE I MERCATI INTERNAZIONALE ALL’EQUITA’
- Intervista con il prof. Luis Razeto -
E’ possibile associare all’economia il concetto morale
della solidarietà? A prima vista, sembrerebbe solo un paradosso, o una provocazione,
inserire l’idea di un’impresa solidale negli spazi angusti della contabilità,
piegati alle esigenze di bilanci, del profitto, degli investimenti. Eppure, in
alcuni economisti, soprattutto del sud del mondo, sta facendosi strada la
convinzione che sia necessario integrare la solidarietà con l’economia. Uno di
questi, è il prof. Luis Razeto, vicepresidente dell’Università bolivariana di
Santiago del Cile e autore del libro “Le dieci strade dell’economia di solidarietà”.
La strada dell’economia popolare, la strada dell’ecologia o dei popoli indigeni,
la strada dello spirito sono alcune delle vie indicate da Razeto per delineare
le forme di un’economia alternativa. Ascoltiamolo, nell’intervista di
Alessandro De Carolis.
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R. – Produrre la solidarietà significa fare della
solidarietà una forza produttiva, che venga introdotta nei processi di
creazione di imprese di un nuovo tipo. Imprese che si creano inizialmente non
come un investimento di capitali, che si fa con lo scopo di riprodurre in modo
accresciuto quel capitale investito, ma che si creano attraverso un atto
sociale, con la costituzione di un gruppo umano e con un’idea di un’impresa attorno
alla quale tutti i partecipanti apportano la forza lavoro, le conoscenze tecnologiche,
le capacità organizzative e di gestione e anche le risorse finanziarie necessarie
per realizzare quel progetto e portare avanti quella impresa.
D. – I profitti dell’economia di solidarietà a cosa
servono, come vengono impiegati?
R. – La domanda è interessante, perché nel modo in cui noi
intendiamo l’economia di solidarietà parliamo appunto di profitti. Lo dico
perché ci sono altri modi di fare economia sociale, nei quali si parla
esplicitamente di no profit. L’economia di solidarietà è solidale però è sempre
economia, cioè agisce con efficienza e cerca di produrre dei profitti.
L’importante poi è che tali profitti vengano distribuiti con giustizia, ovvero
ad ognuno secondo il lavoro fatto e i contributi versati. Questo è importante
perché crea una differenza sostanziale con altri modi di fare economia, come
quello capitalista, nei quali i profitti non vengono distribuiti ad ognuno
secondo la partecipazione e la creazione del valore, ma concentrano i capitali
nelle mani di coloro che hanno fatto l’investimento.
D. – Visto così, un sistema fondato sull’economia di
solidarietà sembrerebbe perfetto per i Paesi del sud del mondo. Ma in che modo
l’economia di solidarietà si rapporta con il sistema globalizzato del
capitalismo?
R. – In realtà, questa economia di solidarietà noi la
stiamo portando avanti con molta forza e in maniera progressiva nei Paesi
dell’America latina. Possiamo individuare qualche centinaio di migliaia di
imprese di economia di solidarietà nell’insieme dei Paesi dell’America Latina.
Questa economia di solidarietà è una risposta a degli effetti che producono
questi processi di globalizzazione. Noi crediamo di avere individuato in questo
modo di fare economia con solidarietà, un modo molto efficiente di fare
economia: non soltanto è una modalità in grado di reinserire nei mercati i
Paesi poveri, ma è un modo di fare economia efficiente che può essere scelto
anche da professionisti, da investitori di capitali, da chiunque voglia fare
economia in modo giusto e solidale.
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AUMENTANO
I NUOVI POVERI ACCANTO A NOI.
L’INIZIATIVA DELLA PROVINCIA DI ROMA CON LA
CARITAS DIOCESANA,
PROGETTO
PILOTA IN ITALIA, PER UN NATALE DI SOLIDARIETÀ
-
Intervista con don Guerino Di Tora -
Oltre 7 milioni di italiani vivono sotto la soglia di
povertà, fissata in 800 euro mensili: un fenomeno in aumento, che supera le
categorie tradizionali e crea “nuovi poveri” accanto a noi. Per offrire un
Natale più sereno e dignitoso anche alle famiglie indigenti, per la prima volta
in Italia si segnala l’iniziativa di solidarietà della provincia di Roma, che
all’interno del progetto “Provincia Capitale e Solidale” mette loro a
disposizione una card di acquisti alimentari, il fondo etico per soggetti non
garantiti e lo sportello intercomunale antiusura, in collaborazione con la
Fondazione “Salus Populi Romani” e la Caritas diocesana. A.V. ha
intervistato il direttore, don Guerino Di Tora.
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R. – Oggi facilmente ci si sveglia a Roma sotto la soglia
della povertà. Un famiglia dice: “Non arriviamo più alla fine del mese”. Questo
comporta non solo un disagio materiale, ma entrare in una logica completamente
diversa. Stiamo cercando dei nuovi valori. Per esempio, quanti sono i pretesti
bancari, gli assegni rimessi a vuoto, le bollette non pagate. Queste situazioni
di nuove povertà portano alla rovina delle famiglie. Oggi ci troviamo non solo
con il barbone della porta accanto, che nessuno conosce, gente che muore e nello
stesso palazzo nessuno se ne accorge, ma anche con mamme e bambini per strada,
famiglie distrutte per problemi di lavoro, per altre situazioni. Bisognerebbe
poter dare a queste forme non semplicemente l’emergenza del momento, ma il
senso e il rispetto della dignità: poter andare come tutte le altre persone a
fare spesa, entrare in un circuito che ti fa sentire una persona uguale agli
altri. Il concetto di povertà oggi tende invece a diversificare, a fare entrare
in una categoria.
D. – La Carta Coop della solidarietà copre un bisogno
immediato. Ma ci sono anche altri bisogni e altre risposte da dare…
R. – I bisogni sono purtroppo in continuo aumento.
Diventiamo più solidali. Cerchiamo. Sono in tanti a voler dare una risposta, a
voler fare qualcosa, un’esperienza di volontariato, ma la povertà corre più
veloce della nostra solidarietà. Questo è il problema oggi. Allora occorre
anche un criterio di prevenzione, di educazione, specialmente nel mondo
giovanile. Non si può sperperare tutto quello che si vuole. Non si può vivere
soltanto per consumare. Ci vuole una educazione all’uso del denaro, dei beni
consumistici, che possa rispecchiare la nostra dignità e farci rientrare in un
criterio di vera comunione con gli altri e con il creato. Oggi non serve, come
spesso immaginiamo, fare l’elemosina, fare un’offerta per risolvere con la
propria coscienza. Occorre essere presenti, accompagnare quella che viene
chiamata “la teologia dell’affiancamento”, la teologia dell’essere accanto
all’altro, come Dio si è fatto accanto all’uomo nel Natale. Perché il Natale è
proprio questa condivisione di Dio con l’uomo. Gesù è venuto a condividere la
nostra realtà, a portarci la speranza e l’amore di Dio Padre.
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MOSTRA
SULL’ARTE DI GIORGIONE NELLA GALLERIA DELL’ACCADEMIA A VENEZIA
-
Intervista con Giovanna Nepi Scirè -
Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione, rappresenta una
delle personalità più affascinanti e misteriose dell’arte italiana di tutti i
tempi. Si propone di gettare nuova luce sull’artista veneto la mostra
“Giorgione – Le maraviglie dell’arte”, allestita all’interno delle Gallerie
dell’Accademia fino al 22 febbraio 2004. Realizzata alla conclusione del
restauro della celebre Pala conservata nel Duomo di Castelfranco, la rassegna
presenta nove opere del maestro, tra dipinti conservati in Veneto e lavori
provenienti da altre città europee, alcuni dei quali assenti dall’Italia da
oltre 50 anni. Maria Di Maggio ha sentito per noi Giovanna Nepi Scirè,
Soprintendente Speciale per il Polo Museale Veneziano e curatrice della mostra:
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(musica)
R. – Giorgione è un grande pittore veneto. Nasce
probabilmente a Castelfranco e va a studiare e a lavorare a Venezia. Muore giovanissimo
nel 1510, di peste. La figura è misteriosa perché abbiamo pochissimi dati
documentari sulla sua vita. Appena morto, nel 1510, già Isabella d’Este cercava
di procurarsi un suo quadro, inutilmente. E da allora, il mito è continuato:
fiumi di inchiostro sono stati scritti sulle sue opere e sul loro significato,
e questo perché la qualità, la modernità dei contenuti delle sue opere sono
straordinarie.
D. – E quindi, come viene documentato all’interno della
mostra il genio artistico di Giorgione?
R. – La mostra rispecchia la grandezza del pittore: con
poche opere di grande qualità. Opere che sono a dimostrazione che la capacità
di Giorgione di trasfigurare i soggetti, di interpretare il paesaggio, il
ritratto in maniera assolutamente nuova, e anche la pala d’altare in maniera
assolutamente nuova. Le opere esposte sono tutte ormai concordemente attribuite
a Giorgione, documentate dalle fonti, e quindi ci rimandano a quella che è effettivamente
la figura di Giorgione. Sono le opere delle Gallerie, la Tempesta e la Vecchia,
i frammenti di affresco del Fondaco dei Tedeschi e, accanto, eccezionalmente
dopo 50 anni per la prima volta, la Laura di Vienna, i Tre Filosofi di Vienna.
L’unica opera devozionale rimasta a Venezia è il Cristo portacroce della Scuola
di San Rocco e l’eccezionale Pala di Castelfranco, la Madonna tra i Santi Nicasio,
probabilmente, anche se più noto come San Liberale, e Francesco.
D. – Professoressa Nepi Scirè, tra le opere proposte in mostra,
quale a suo avviso particolarmente significativa dell’arte di Giorgione?
R. – Sono tutte importanti ed emblematiche. Vorrei parlare
dei Tre Filosofi perché sono qui solo temporaneamente, poi ritorneranno a
Vienna. Le interpretazioni di questo soggetto misterioso ed enigmatico sono
state tantissime. Immediatamente dopo la sua acquisizione da parte del Museo,
fu ritenuto che raffigurasse i tre magi; successivamente, si è pensato alle tre
generazioni dell’aristotelismo, oppure che fosse allusiva alle tre religioni
monoteiste. E questa, forse, è l’interpretazione al momento più accolta, cioè i
cosiddetti Filosofi-Astrologi - perché stanno misurando e calcolando evidentemente
la natura - rappresenterebbero Mosè, la figura di destra con il capo coperto ed
un foglio in mano, la figura centrale vestita alla maniera araba rappresenterebbe
Maometto, e quindi l’islam, la figura di sinistra, il cristianesimo. Per cui
sembra attualissimo tale argomento in questo momento.
(musica)
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26
dicembre 2003
LA
NASCITA DEL SALVATORE APRE LA STRADA ALLA SPERANZA E ALLA CARITA’.
LO
HANNO RICORDATO I CARDINALI DI MILANO E FIRENZE RIVOLGENDOSI AI FEDELI DURANTE
LA MESSA DI NATALE. ROMA E PERUGIA HANNO TESO UNA MANO AI POVERI DELLA CITTA’
- A
cura di Barbara Castelli -
MILANO/ASSISI/FIRENZE.
= L’avvento del Messia “ci permette di guardare senza paura al nostro presente
e al nostro futuro”. Questo invito alla speranza è stato rivolto ieri dal
cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi durante il pontificale in Duomo. “Il
nostro è un mondo nel quale ad averla vinta sembrano le prepotenze, le
ingiustizie, le violenze, il terrorismo, le guerre, l’emarginazione, la
povertà, la mancanza di lavoro - ha insistito il porporato, che ha celebrato la
messa di Natale anche nel carcere di San Vittore - eppure, anche oggi, in
questo contesto storico, non possiamo, non dobbiamo temere. La speranza ha e
continua ad avere fondamenta solide e inoppugnabili”. Parole rassicuranti e di
gioia sono risuonate anche nella Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi.
“I potenti del mondo pensano di ottenere quello che vogliono - ha dichiarato il
custode del Sacro Convento, padre Vincenzo Coli, durante l’omelia - ma l’amore
dà senso alle piccole cose: Gesù nasce in una casa tra la gente povera,
risplende di luce nel buio”. Sull’esempio di San Francesco, Roma e Perugia
hanno vissuto un Natale all’insegna del donarsi al prossimo, offrendo ai
poveri, ai senza fissa dimora, agli immigrati e ai malati della città un pasto
caldo e una tavola a cui ritrovarsi in un giorno di festa, ma soprattutto
restituendo loro la dignità che ogni giorno si vedono calpestata. “Cerchiamo
Gesù nelle povertà - ha ammonito l’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio
Antonelli - perfino dove Dio sembra più assente è possibile incontrarlo”. “Per
avere un mondo migliore - ha concluso - occorrono idee, regole e istituzioni
adeguate; ma la cosa più necessaria è cominciare a migliorare il nostro cuore e
contribuire all’educazione di quello degli altri”.
MALTEMPO
IN TURCHIA: ALMENO CINQUE PERSONE HANNO PERSO LA VITA PER LE INONDAZIONI CHE SI
SONO ABBATTUTTE SULLA REGIONE TURISTICA DI ANTALYA
ANKARA.
= Inondazioni senza precedenti, causate da diversi giorni di pioggia battente,
si sono abbattute su Antalya, la principale regione turistica della Turchia.
Secondo quanto hanno riferito stamani le autorità di Ankara, il maltempo
avrebbe causato almeno cinque morti, tra i quali un bambino, e diversi
dispersi. Le squadre di soccorso sono all’opera e stanno moltiplicando gli
sforzi per impedire che il bilancio delle vittime salga drammaticamente. La
pioggia e i venti, che hanno raggiunto la velocità di 93 km/h, hanno distrutto
quattro piccoli ponti, reso impraticabili diverse abitazioni e inondato diverse
piantagioni. Secondo quanto hanno detto i meteorologi, la regione di Antalya,
rinomata per i suoi numerosi stabilimenti balneari, ha ricevuto più acqua in un
giorno di quanto non sia abituata a riceverne in un mese intero. (B.C.)
UN
NATALE DI GIOIA E DI CARITÀ IN TUTTE LE DIOCESI DELLA COREA DEL SUD.
REALIZZATE
NUMEROSE INIZIATIVE DI SOLIDARIETÀ,
ANCHE
GRAZIE AL CONTRIBUTO DEI NON CRISTIANI
SEUL. = Un Natale all’insegna
della solidarietà quello nella comunità cristiana in Corea del Sud. Secondo
informazioni raccolte dall’Agenzia Fides nelle diverse diocesi, molti gruppi
parrocchiali, movimenti, associazioni, famiglie sono stati impegnati in
attività di carità, nelle quali sono stati coinvolti anche molti non cristiani,
uniti nello spirito di condivisione e solidarietà tipico del Natale. La società
coreana, infatti, risente del divario fra una parte ricca e benestante della
popolazione e fasce di disoccupati, emarginati e senza fissa dimora, aumentati
dopo la crisi economica del ‘97-‘98. Il Centro Pastorale per i Migranti a Seul
ha organizzato una Santa Messa il 24 dicembre, a cui hanno partecipato i
cattolici vietnamiti, latinoamericani e filippini. Alcune Suore hanno convinto
un non cristiano, proprietario di un piccolo ristorante cinese nel villaggio di
Gungpyeong, ad offrire pasti gratuiti ai poveri e ai bisognosi una volta alla
settimana. Il Centro di Assistenza “Jinju”, della diocesi di Masan, che offrirà
il pranzo a oltre 230 persone, fra senza tetto e immigrati. Molti
professionisti poi hanno deciso di offrirsi come volontari nei diversi servizi
di loro competenza. Presso gli uffici dell’arcidiocesi di Seul, Maria Park
Yong-suk offre consulenza gratuita agli immigrati sui loro problemi legali e
sulle situazioni di abusi che essi subiscono. A Deajeon, un team di medici
offre assistenza a numerosi malati e disabili nella zona di Nonsan, includendo
trattamento sanitario e dentistico gratuito per i poveri. (B.C.)
NATO A
TOME’ ACU, IN BRASILE, IL PRIMO GRUPPO DI INFANZIA MISSIONARIA.
I
BAMBINI IMPEGNATI NELLA COSTRUZIONE DI UN MONDO MIGLIORE,
CON UN
CUORE UNIVERSALE CHE BATTE ALL’UNISONO, NEL SEGNO DELLA SOLIDARIETA’
BRASILIA. = La parrocchia di
Santa Maria, nella città di Tomé Açu, a 150 chilometri a sud di Belém, ha da
quest’anno il suo primo gruppo d’Infanzia Missionaria (Im). L’Opera, fondata
160 anni fa in Francia e dichiarata “pontificia” nel 1922 da Pio XI, è oggi
presente in 110 Paesi. Il fondatore dell’Im ebbe l’intuizione di chiedere ai
bambini della Francia di aiutare i bambini della Cina, allora in situazioni
catastrofiche. Il Papa aggiornò quel carisma con un triplice impegno: la preghiera,
il sacrificio e la solidarietà, con l’intenzione di educare le nuove
generazioni ad un’apertura mondiale. Piccole storie di quel ‘triplice impegno’,
che fanno ricordare i fioretti di San Francesco, continuano ad arrivare in
questi giorni proprio da Tomé Açu, raccontate da suor Marcia Cristina: “è
compito nostro darci da fare perché sorga una nuova generazione che abbia un
cuore universale, affinché l’umanità sia più felice, senza tanta ingiustizia e
tanta violenza. E’ importante che ciascuno di noi si senta responsabile della
costruzione di un mondo migliore, affinché la nostra gioia sia condivisa anche
dagli altri, specialmente dai poveri. Il meglio di questo lavoro è che non si
limita alle feste di Natale, ma avviene tutto l’anno, proprio nell’età in cui
si forma la personalità del ragazzo e dell’adolescente”. (B.C.)
LA
SPAGNA ALL’OPERA PER TENDERE UNA MANO ALLA LIBERIA,
PROSTRATA
DALL’ULTIMA GUERRA CIVILE
VALENCIA. = Le Suore
ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù stanno raccogliendo a Valencia aiuti per
gli oltre 4000 sfollati di Monrovia, vittime dell’ultima guerra civile
liberiana. La campagna di solidarietà si prolungherà fino al prossimo anno e
verrà promossa in tutte le scuole, le parrocchie e le associazioni della
diocesi. Il ricavato di “Solidarietà con la Liberia”, iniziativa in corso in
più Paesi, servirà a realizzare una scuola per cinquecento ragazzi, un pozzo
per l’acqua potabile e un Centro dove si terranno corsi di educazione sanitaria
nella periferia della capitale. Parte del denaro verrà, inoltre, investito per
riattivare il “Centro Benito Menni” di Monrovia, il presidio intitolato al
fondatore della Congregazione delle Ospedaliere che comprende un ambulatorio
capace di rispondere alle esigenze di una comunità di 20 mila abitanti, un
Centro di riabilitazione per bambini handicappati ed un reparto di ortopedia.
(D.D.)
POSSIBILE FALLIMENTO DELLA MISSIONE DELLA SONDA
EUROPEA BEAGLE 2,
IL CUI ARRIVO
SU MARTE ERA PREVISTO IERI
SYDNEY. = Ancora nessuna notizia dal veicolo Europeo
Beagle 2, sganciato il 19 dicembre dalla sonda dell’Agenzia Spaziale europea
(ESA) Mars Express ed il cui arrivo
sulla superficie di Marte era atteso nella mattinata di ieri. Dopo il
nulla di fatto della prima possibilità di ricezione del segnale da parte della
sonda Americana Mars Odissey ieri mattina, non è arrivato nessun aggiornamento
neppure dopo la seconda finestra utile per la ricezione del segnale da parte
del radiotelescopio Jodrell Bank, in Gran Bretagna. La prossima possibilità,
con la sonda Mars Odissey, è attesa per questa sera. (B.C)
SENSIBILIZZARE
L’OPINIONE PUBBLICA SUL PROBLEMA DELL’INFIBULAZIONE:
E’ L’OBIETTIVO CHE SI
PROPONE LA MOSTRA “SMILING EYES”,
INAUGURATA NEI GIORNI
SCORSI A VICENZA
VICENZA. = “Smiling Eyes”: è lo slogan che accompagna la
mostra fotografica contro l’infibulazione, inaugurata nei giorni scorsi presso
il Salone degli Zavatteri della Basilica Palladiana, a Vicenza. “L’esposizione
- ha spiegato l’assessore alle pari opportunità, Francesca Brennan -
rappresenta un’occasione per ribadire un ‘no’ deciso ad una pratica mutilante,
causa di terribili infezioni, oltre che di umiliazione e prostrazione
psicologica”. La rassegna si apre alla vigilia dell’anno in cui l’Unicef ha
scelto di battersi per la scolarizzazione della bambine, il che significa
soprattutto maggiore consapevolezza dei propri diritti. Secondo quanto riferiscono
i dati presentati in occasione della mostra, l’infibulazione è una pratica
compiuta su bambine fra i 4 ed i 12 anni, con una frequenza di 6000 casi al
giorno, per un totale di 130 milioni di donne mutilate nel mondo. Di queste,
2,2 milioni subiscono tale pratica in Medio Oriente e in Africa, mentre 40.000
proprio in Italia e senza che il padre si opponga. La mostra fotografica rimarrà in Italia fino all’11 gennaio 2004,
per poi spostarsi negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Canada e negli Emirati
Arabi. (B.C.)
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26
dicembre 2003
- A cura di Dorotea Gambardella -
Duemila
vittime accertate. Secondo le autorità provinciali, tante sono le persone che
hanno perso la vita nel violentissimo sisma che questa mattina ha devastato la
città storica di Bam, nel sud-est dell’Iran. I particolari nel nostro servizio.
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Si
teme che il numero dei morti sia molto più elevato, perché migliaia di persone
si troverebbero ancora sotto le macerie. L'emittente americana Cnn, citando
fonti ufficiali del governo di Teheran, ha affermato che sarebbero almeno 20
mila le vittime, un deputato iraniano della provincia di Kernan, dove si trova
la città di Bam, parla di 10mila morti, mentre l'agenzia russa Itar Tass si
spinge addirittura ad affermare che potrebbero essere 40 mila. Difficile avere
notizie certe, perché sono saltate le comunicazioni telefoniche. Intanto almeno
500 corpi sono già stati sepolti. Lo ha annunciato la Tv di Stato iraniana. La
scossa di terremoto, dell’entità di 6.3 gradi della scala Richter, ha danneggiato
anche numerosissime abitazioni. Quello di oggi è il sisma più significativo
nella regione dal 1998. Il quartiere storico di Bam, nota meta turistica, è
antichissimo, risale a qualche secolo prima di Cristo. Andato distrutto nel
1700 e 1800 per le invasioni degli afghani, è stato ricostruito a partire dagli
anni Cinquanta, ma il processo è ancora in corso. La città nuova, dove la
scossa ha fatto molte vittime, è stata invece edificata nel 1850. Vi risiedono
circa 200 mila abitanti.
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Medio Oriente. L’Esercito israeliano non adotterà una
nuova politica contro le organizzazioni palestinesi, che perseguono la lotta
armata contro lo Stato ebraico. Confermato inoltre l’isolamento della
Cisgiordania e di Gaza. La decisione è stata presa oggi, al termine di una serie
di consultazioni, che il ministro della Difesa Shaul Moffaz ha avuto con alti
ufficiali delle Forze armate e dei Servizi segreti, all’indomani dell’attentato
suicida avvenuto a Tel Aviv, in cui sono state uccise altre quattro persone. Il
servizio è di Graziano Motta.
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Il nuovo attentato terroristico suicida in territorio
israeliano, il primo dopo due mesi, è avvenuto non appena le autorità militari
avevano allentato per Natale i controlli ai posti di blocco con i territori
palestinesi, ragion per cui hanno ripristinato subito le misure severe preesistenti.
Nell’impresa compiuta a Tel Aviv da un diciottenne di Furik, villaggio nella
zona di Nablus, quattro israeliani sono rimasti uccisi e 15 feriti.
L’abitazione del ragazzo, questa mattina è stata demolita per rappresaglia. Il
ministro della Difesa Moffaz ha riunito questa mamtina lo Stato Maggiore e i
vertici dei Servizi di sicurezza per fronteggiare la nuova emergenza, in quanto
il Fronte popolare, che ha rivendicato la strage di Tel Aviv, ha preannunciato
altre gesta terroristiche, così come la Jihad islamica, che così intende
vendicarsi dell’uccisione, ieri pomeriggio a Gaza, del capo di un suo gruppo
combattente e di due sue guardie del corpo. I tre erano su un’automobile che
percorreva il quartiere Sheik Radwan di Gaza città, raggiunta dai missili di un
elicottero, che però hanno causato pure la morte di due passanti e il ferimento
di decine di altri, nuove vittime innocenti di questo conflitto, definito
disumano dal patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, nell’omelia della
Messa di mezzanotte a Betlemme. Il patriarca ha auspicato che se i capi dei due
popoli volessero veramente servirli, dovrebbero avere il coraggio di prendere
decisioni di pace, anche se queste decisioni potrebbero condurli al martirio.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Torna a colpire la guerriglia in Iraq. Due soldati
polacchi sono rimasti feriti durante un agguato vicino alla base militare di
Babilonia, 120 km a sud di Bagdad. Lo ha riferito un portavoce dello Stato
maggiore polacco. Altri due militari americani oggi hanno trovato la morte a
nord della capitale irachena, dopo che due loro commilitoni erano rimasti
uccisi ieri sera in un attacco contro la base statunitense di Baquba. Intanto,
cinque sospettati di aver partecipato agli attacchi di ieri contro il quartier
generale Usa a Bagdad, sono stati arrestati. Lo hanno annunciato fonti
dell'esercito Usa, precisando che la guerriglia aveva lanciato diversi razzi
nel centro della capitale irachena. Ma come è stato vissuto dalla comunità
cristiana il primo Natale in Iraq dopo la fine della dittatura di Saddam
Hussein? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Lorenzo Cremonesi, inviato in
Iraq per il Corriere della Sera.
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R. - La comunità cristiana l’ha vissuto in due modi.
Primo, c’è un sentimento di speranza per il dopo Saddam, un sentimento che
quindi il Paese possa riprendersi nel modo più veloce possibile, che si torni
ad un certo tipo di normalità; e poi c’è preoccupazione, perché nessuno tra i
leaders delle comunità cristiane locali nasconde la preoccupazione che la
crescita del fondamentalismo sciita possa davvero rendere più difficile e precaria
l’esistenza della piccola comunità cristiana.
D. – Si è sottolineato che i contingenti militari, anche
quelli italiani, abbiano vissuto un Natale all’ombra dei carri armati?
R. – E’ vero che il Natale è stato vissuto all’ombra dei
blindati e con preoccupazione, ma questa ormai è una situazione normale da
oltre un mese. Io ho trovato un’atmosfera abbastanza rilassata tra i nostri
militari italiani. Naturalmente c’è allarme e c’è l’impressione che i gruppi
terroristici, la guerriglia, intendano alzare il tiro nel contesto, in
contemporanea alle feste, perché vorrebbe dire attirare l’attenzione e
dimostrare ancora una volta che, nonostante tutto, il Paese è nel caos e che la
guerriglia continua anche dopo la cattura di Saddam Hussein.
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Almeno 111 vittime. Questo il bilancio, ancora
provvisorio, del disastro del Boeing 727 precipitato in mare vicino la capitale
del Benin, Cotonou. A renderlo noto, il ministero della Sanità del Paese
dell'Africa Occidentale, precisando che i sopravvissuti, accertati al momento,
sono 18. Inizialmente erano 22, ma quattro delle persone soccorse sono morte in
ospedale. La ricerca nel luogo del disastro è andata avanti per tutta la notte,
con l'ausilio di luci potenti. I soccorritori hanno tentato di liberare alcuni
corpi imprigionati all'interno del velivolo. Sul Boeing, noleggiato dalla compagnia
charter libanese Uta e diretto a Beirut, viaggiavano circa 150 passeggeri.
Dovrebbe essere riportata sotto controllo entro oggi la
situazione nella Cina sud-occidentale, dove l’esplosione in un pozzo di gas
naturale, nella contea di Kaixian, ha provocato oltre 190 vittime e centinaia
di feriti. Lo ha dichiarato il responsabile del giacimento. La deflagrazione è
avvenuta martedì scorso, ma l'agenzia Nuova
Cina, ne ha dato notizia soltanto ieri. Il servizio è di Bernardo Cervellera.
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Gruppi di soccorso stanno controllando palmo a palmo la
zona in cerca di superstiti, mentre si è dato fuoco al gas per ridurre la velenosità
dei fumi. Il gas conteneva un’alta percentuale di acido solfidrico. Bambini e
vecchi sono tra i più colpiti dall’intossicazione. Si teme che il bilancio
delle vittime possa salire ancora di
più. Intanto, 41 mila persone sono sfollate in un raggio di circa 6 km dal disastro
e dormono all’aperto. Almeno 800 persone sono state ricoverate in ospedali, con
segni di soffocamento e 10 mila con infiammazione e congiuntivite agli occhi.
Le autorità governative hanno chiesto a tutti i responsabili di operare per
salvare la popolazione. La tragedia accade proprio nei giorni in cui si
celebrano i 110 anni dalla nascita di Mao Tse Tung, primo presidente della
Repubblica popolare cinese. Incidenti come quello di Chongging sono piuttosto
frequenti in Cina. L’accelerata industrializzazione e la poca manutenzione
producono ogni anno milioni di vittime per incidenti legati al lavoro.
Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervellera.
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Natale in stato di allerta negli Stati Uniti per il
ventilato pericolo di attentati terroristici. Ma la Francia ha fatto sapere,
oggi, di non avere trovato riscontri all'allarme lanciato dagli Usa, che ha
portato all'annullamento di sei voli tra Parigi e Los Angeles previsti per ieri
e oggi. Un portavoce della Air France, la compagnia di bandiera francese, ha
annunciato quindi che i collegamenti domani saranno riattivati. Secondo fonti
del Ministero americano per la sicurezza interna, nella lista dei passeggeri
prenotati per i sei voli, vi sarebbe
stato almeno un membro di Al Qaida pronto a compiere un clamoroso attentato
suicida una volta che l’aereo, decollato da Parigi, avesse raggiunto i cieli
della California.
Sono stati identificati dai servizi di sicurezza pakistani
i corpi dei kamikaze che ieri hanno tentato di uccidere il presidente Pervez
Musharraf, in un attacco che ha causato 14 morti e 46 feriti. Lo ha annunciato
oggi il ministro degli Interni, Faisal Saleh Hayat. Si tratta del secondo attentato
a cui Musharraf è scampato in 11 giorni, mentre si trovava a passare con un
convoglio di automobili per una strada nella città di Rawalpindi, poco distante
da Islamabad. Dalla ricostruzione fatta dalla Polizia, l'attacco è stato
condotto da due attentatori suicidi, che a bordo di altrettante vetture si sono
fatti saltare al passaggio del convoglio. Musharraf ieri ha dichiarato che gli
autori potrebbero essere “terroristi ed estremisti”, ostili al ruolo giocato
dal Pakistan nella lotta degli Stati Uniti al terrorismo internazionale.
Otto persone, tra cui una ragazzina, sono state uccise
questa mattina dall'esplosione di una mina a Singhpora, un villaggio del
Kashmir indiano. E' il primo grave episodio avvenuto nella regione contesa da
India e Pakistan da quando, un mese fa, i governi di Nuova Delhi e Islamabad
hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco.
Tre feriti è il bilancio di un nuovo attentato a Grozny,
capitale della Cecenia, contro una stazione della Polizia. Secondo le prime
informazioni sarebbe esplosa una mina telecomandata. La deflagrazione è
avvenuta in una strada molto trafficata.
E' stata sgominata l'organizzazione terroristica che, lo
scorso mese ad Istanbul, ha compiuto gli attentati suicidi contro due
sinagoghe. Lo ha reso noto oggi il governatore della città, Muammer Guler,
sottolineando che “adesso altri attacchi sono impossibili”.
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