RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 359 - Testo della Trasmissione di giovedì 25 dicembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Salvaci dai grandi mali che lacerano l’umanità del terzo millennio: è la preghiera del Papa nel suo messaggio natalizio prima degli auguri pronunciati in 62 lingue e della benedizione Urbi et Orbi. Nella Messa di mezzanotte Giovanni Paolo II racconta l’immenso stupore di fronte al Creatore dell’universo che nasce povero nella fredda grotta di Betlemme.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Natale nel mondo: l’appello di pace del patriarca Michel Sabbah

 

Esplode un giacimento di gas in Cina: oltre 190 i morti

 

Pakistan: il presidente Musharraf sfugge ad un nuovo attentato. Almeno 7 i morti

 

Tradizionale pranzo di Natale organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio per i senza fissa dimora: ce ne parla Francesca Zuccari

 

Il Natale nel carcere minorile romano di Casal del Marmo: la testimonianza dei detenuti e di don Gaetano Greco

 

L’arte presepiale come terreno di confronto tra diverse culture: questo l’intento della mostra di Giffoni Valle Piana allestita fino al 6 gennaio prossimo. Con noi padre Lucio Viscido.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Missione su Marte: la Nasa non conferma l’atterraggio della capsula Beagle 2

 

Turchia, Cina e Colombia si uniscono ai Paesi che hanno bloccato le importazioni di carne americana dopo il primo caso di Mucca Pazza negli Usa

 

A Fiuggi è stato allestito un presepe dove la sacra famiglia è circondata da un muro

 

Nelle cattedrali di Perugia e Terni, pranzo di Natale per i poveri organizzato dalla Caritas e dalle amministrazioni comunali

 

Natale in Thailandia tra festa e solidarietà

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 dicembre 2003

 

 

SALVACI DAI GRANDI MALI CHE LACERANO L’UMANITA’ DEL TERZO MILLENNIO:

E’ LA PREGHIERA DEL PAPA NEL SUO MESSAGGIO NATALIZIO PRIMA DELLA BENEDIZIONE URBI ET ORBI. NELLA MESSA DI MEZZANOTTE  GIOVANNI PAOLO II RACCONTA L’IMMENSO STUPORE DI FRONTE AL CREATORE DELL’UNIVERSO

 CHE NASCE POVERO NELLA FREDDA GROTTA DI BETLEMME

 

Una grande preghiera per la pace, lo stupore immenso, la tenerezza e la gioia infinita di fronte al mistero insondabile del Creatore dell’universo che si fa bambino e nasce povero in una stalla di Betlemme: queste le parole e i sentimenti di Giovanni Paolo II  oggi nel messaggio natalizio prima della benedizione Urbi et Orbi e nella messa di mezzanotte in san Pietro.  E’ Natale: è nato il Salvatore del mondo! A lui il Papa ha rivolto stamane un’accorata preghiera per liberare dal male l’umanità. Ascoltiamo la sua voce nel servizio di Sergio Centofanti.

 

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“Salvaci dai grandi mali che lacerano l’umanità

in questi inizi del terzo millennio.

Salvaci dalle guerre e dai conflitti armati

che devastano intere regioni del globo,

dalla piaga del terrorismo

e dalle molte forme di violenza

che straziano persone deboli ed inermi.

Salvaci dallo scoraggiamento

nell’affrontare i cammini della pace,

difficili sì, ma possibili e perciò doverosi;

cammini urgenti sempre e dovunque,

soprattutto nella Terra dove sei nato Tu,

Principe della Pace”.

 

Questa è la forte invocazione alla pace lanciata dal Papa oggi a mezzogiorno dal sagrato della basilica vaticana nel suo messaggio natalizio.  In collegamento con 82 TV di 50 diversi Paesi Giovanni Paolo II ha fatto gli auguri di Natale in 62 lingue impartendo poi  la solenne benedizione Urbi et Orbi, cioè alla città di Roma e al mondo. Il Pontefice già nella suggestiva messa di mezzanotte da lui presieduta in san Pietro aveva pregato con grande intensità perché il fulgore della nascita di Gesù possa illuminare la notte del mondo. La potenza del suo messaggio d’amore – ha detto – distrugga le orgogliose insidie del maligno”:

 

“Il dono della tua vita ci faccia comprendere sempre più quanto vale la vita di ogni essere umano. Troppo sangue scorre ancora sulla terra! Troppa violenza e troppi conflitti turbano la serena convivenza delle nazioni! Tu vieni a portarci la pace. Tu sei la nostra pace!”

 

(canto ” Tu scendi dalle stelle”)

 

Il Papa – nell’omelia della messa di mezzanotte - si è soffermato sul mistero insondabile del Creatore dell’universo che si è fatto bambino e ha voluto avere per culla una mangiatoia in una fredda grotta di Betlemme: e racconta l’infinito stupore di fronte al Verbo di Dio che si spoglia della gloria divina per farsi povero, spinto dall’amore per l’uomo:

 

Nasce un Bambino. Apparentemente, uno dei tanti bambini del mondo. Nasce un Bambino in una stalla di Betlemme. Nasce dunque in una condizione di estremo disagio: povero tra i poveri. Questo Bambino è il Figlio di Dio”.

 

Un’onda di tenerezza e di speranza ci riempie l’animo – dice il Papa : “E’ disceso dal Cielo il Salvatore del mondo!”, “unico Salvatore dell’umanità”. Lui, che ha cambiato il corso della storia ed è entrato nella storia di ogni persona, si è presentato nell’angusta povertà del presepe:

 

“Nella sua semplicità, il Bambino di Betlemme ci insegna a riscoprire il senso vero della nostra esistenza; ci insegna a “vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”.

 

Questo messaggio è racchiuso nel presepe e nell’albero di Natale che rappresenta l’albero della vita che rifiorisce nel deserto dell’umanità. E proprio ieri sera è stato inaugurato il tradizionale e bel presepe di piazza san Pietro che quest’anno ha una particolare struttura circolare per poter essere ammirato da ogni lato della piazza: il Papa affacciandosi dalla finestra del suo studio ha benedetto il lume della pace. Il presepe e l’albero di Natale – ha detto stamane – sono “simboli preziosi che tramandano nel tempo il senso vero del Natale” che ha “unito Dio e l’uomo per sempre”. Un concetto ripreso negli auguri rivolti ai romani e agli italiani:

 

“Il Bambino Gesù renda più salda la speranza e sempre più generoso l’impegno di tutti perché, attingendo al patrimonio di valori con cui il cristianesimo ha arricchito il costume e la cultura del popolo italiano, si costruisca insieme l’Italia del terzo millennio”.

 

(canto “Adeste fideles”)

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 dicembre 2003

 

 

 

 

NATALE NEL MONDO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

E’ un Natale all’insegna della speranza per un futuro di pace quello che caratterizza la comunità cristiana in Terra Santa. Il patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah ha rivolto durante la messa di mezzanotte a Betlemme un appello a cristiani, ebrei e musulmani, perché vivano in armonia. Il servizio di Graziano Motta:

 

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“Se i capi volessero veramente servire i loro popoli dovrebbero avere il coraggio di prendere decisioni di pace, anche se queste decisioni potrebbero condurli al martirio”. E’ questo uno dei passi più significativi dell’omelia della Messa di mezzanotte a Betlemme, che è stata un’evocazione e insieme una denuncia di tragedie e lutti, di odio e sofferenze. “Non è una questione politica questa situazione conflittuale”, ha insistito il patriarca Sabbah. “Prima di essere tale è una questione di persone umane sottoposte a condizioni disumane, come è disumano spargere sangue innocente, continuare a far vivere un popolo nella paura e nell’insicurezza, imporre una occupazione militare ad un altro popolo, quello palestinese. Occupazione che il patriarca definisce “il male di base dal quale ha origine ogni sorta di violenza” e - afferma - che “i capi delle tre religioni di questo Paese dovrebbero avere loro stessi il coraggio necessario per dire insieme che l’occupazione è un male e che l’effusione di sangue innocente è un male. Due mali – sostiene – che devono fermarsi. Allora Dio guarderà e donerà la pace in tutti i cuori e in questa terra”. A vivere la Notte Santa nella Basilica di Santa Caterina, sovrastante la grotta della Natività, diplomatici, autorità politiche e civili palestinesi – assente Arafat sulla cui sedia era stata deposta una kefiah, il copricapo palestinese, rischiava infatti di non poter tornare più nella sua residenza assediata di Ramallah – molti pellegrini, più dello scorso anno, e alcune delegazioni italiane, in particolare quella della diocesi di Verona, venuta per l’inaugurazione della Porta della pace, artistica opera in bronzo per l’ingresso principale della Basilica. Presente per accogliere il dono e come concelebrante della Messa il ministro generale dei Frati minori, padre Josè Rodriguez Carballo.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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E in queste ore difficili per la Terra Santa è in pellegrinaggio a Betlemme anche il cardinale Carlo Maria Martini. Fabio Colagrande lo ha raggiunto telefonicamente per chiedergli il senso della preghiera per la pace che si leva da molte parti del mondo per il Medio Oriente.

 

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R. – Significa promuovere, soprattutto, quelle azioni di intesa, di dialogo e linee comuni. E anche noi cerchiamo di portare a Betlemme un segno di  pace.

 

D. – Il Natale è occasione di scambio di auguri, come quelli che si rivolgono molte persone in queste giornate di festa. Passato il periodo natalizio, cosa resterà di questa euforia, di questa allegria?

 

R. – Certamente molte di queste cose sono un po’ retoriche, perché si pensa che il momento del Natale abbia in sé qualche cosa di risolutivo, che invece non ha. Il Natale vale come memoria di ciò che Dio ha fatto per il bene dell’umanità e come premessa ed attesa di ciò che Dio farà quando metterà a posto ogni cosa, quando vi saranno cieli e terra nuovi dove abiterà stabilmente la giustizia. Allora, tutti i gesti che vanno in quel senso, rimarranno:  tutti i gesti che vanno nel senso della giustizia e della riconciliazione porteranno frutto ed avranno un seguito. Tutte le parole vane, invece, passeranno.

 

D. – In questo senso, che augurio fa ai nostri ascoltatori per questo Natale?

 

R. – Anzitutto un augurio di pace interiore con se stessi e di riconciliazione con Dio, nella famiglia e con gli amici. E un augurio a guardare a chi è diverso da noi con occhio attento e benevolo: così faremo un buon cammino.

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Restiamo in Medio Oriente. Una serie di esplosioni ha scosso questa mattina, fortunatamente senza causare vittime, il centro di Baghdad. Colpi di mortaio hanno raggiunto l’albergo Sheraton, l’ambasciata iraniana e quella tedesca. Fonti militari americane hanno inoltre rivelato, che un soldato statunitense è rimasto ucciso ieri sera, nella capitale irachena, per l’esplosione di un ordigno. Ma i timori e la grave insicurezza che domina lo scenario iracheno non sembra comunque frenare la voglia di festeggiare il Natale. Il nostro servizio.

 

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La festa della Natività è stata celebrata questa mattina nella cattedrale di Baghdad dal nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, e la Messa della vigilia si è svolta non a mezzanotte ma, per motivi di sicurezza, ieri pomeriggio. “La vera essenza del Natale – spiega mons. Filoni – è forse rappresentata al meglio dal convento delle suore di madre Teresa di Calcutta che gestiscono, nella capitale irachena, un orfanotrofio per bambini con handicap fisici e mentali”. E non lontano dalla casa di accoglienza, una modesta casa in una strada stretta e fangosa, il parroco della Chiesa caldea di San Giorgio, padre Habib Alnoufaly, ha preparato un grande presepe vivente e molti bambini hanno recitato la parte dei pastorelli. Nella base italiana di Nassiriya il Natale è stato accolto all’aperto, sotto le stelle. Sul grande piazzale dell’alzabandiera è stato allestito l’altare dove il cappellano militare della Brigata Sassari, padre Mariano Azuris, e l’ordinario militare per l’Italia, mons. Angelo Bagnasco, hanno concelebrato la Santa Messa. Durante la funzione liturgica sono stati accesi 19 ceri, in ricordo dei 12 carabinieri, cinque soldati e due civili morti nel tragico attentato dello scorso 12 novembre. Ma nel dolore per la drammatica spirale di odio e violenze perpetrate in Iraq, non può mancare la speranza. Ce lo conferma padre Mariano:

 

R. - La speranza è una caratteristica cristiana e non deve mai mancare. Abbiamo avuto la morte di 19 persone. Non è facile parlare di speranza, se fossero le mie parole di speranza. Ma sono le parole di Gesù, che ha detto: “Non abbiate paura, io sono con voi tutti i giorni della vita e non vi lascerò soli”. E per coloro che sono già andati accanto a Lui, sappiamo che c’è un posto particolare che Lui ha scelto per ognuno dei 19 che sono stati chiamati ad altra vita, che hanno operato per la pace, soprattutto dando la propria vita.

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Tragico Natale in Cina: è salito a 190 il drammatico bilancio, ancora provvisorio, delle vittime dell’esplosione in un pozzo di gas naturale, avvenuta martedì scorso a Chongging, nell’area sud-occidentale del Paese. E il Natale asiatico è stato purtroppo funestato anche da un altro grave episodio verificatosi stamani a Rawalpindi, in Pakistan, dove è stato perpetrato un attentato suicida, al quale è sfuggito il presidente pachistano Pervez Musharraf, che ha causato la morte di almeno sette persone. Ma quali sono, in un contesto così complesso, le luci e le ombre nel Continente? Risponde Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia del Pime, Asia News:

 

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Da una parte c’è senz’altro il tentativo di portare la pace nella zona del Kashmir, che da decenni è in guerra, con Pakistan ed India che cercano di dialogare di più e cercano di distendere la situazione. Poi c’è anche il dialogo tra Nord Corea e Sud Corea che continua molto profondamente per frenare una possibilità di conflitto nucleare. Questi sono senz’altro gli aspetti più positivi che vedo in tutta l’Asia. Ci sono però degli aspetti molto preoccupanti che continuano a crescere. Aspetto preoccupante e fondamentale è il terrorismo di matrice islamica. In tutta l’Asia e soprattutto nel sud-est asiatico stanno crescendo sempre di più gruppi di fondamentalisti ed i gruppi legati probabilmente ad Al Qaeda o, in ogni caso, locali che cercano di creare uno Stato islamico. Questo sta creando molta paura, per esempio, in Indonesia e nella Malesia. In Indonesia, quindi, i cristiani temono di essere perseguitati. In Cina poi si verificano distruzioni di chiese e di case di cristiani protestanti e anche l’arresto, l’isolamento, di vescovi e sacerdoti cattolici. Dentro questo grande quadro bisogna dire che i cristiani dell’Asia stanno facendo un grande lavoro di testimonianza. Ci sono tanti segni di amore e di pace, spinti dal desiderio di testimoniare il Vangelo.   

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Trasferiamoci in Africa. In diversi Paesi del continente, tra i quali la Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda, la Costa d’Avorio e la Liberia, milioni di persone vivono un altro Natale tra paura e speranza. Conflitti e crisi affliggono, infatti, le popolazioni locali e i missionari che vivono e operano in questi Stati. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il Natale africano sarà purtroppo - è triste dirlo - in molte regioni del continente un Natale caldo sotto tutti i punti di vista, soprattutto per quanto concerne la sicurezza. Pensiamo ai missionari, alle missionarie, ai volontari che operano nel nord Uganda, dove da anni imperversano i famigerati ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore. Per non parlare delle remote regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, dove le bande armate dei senza legge fanno il bello e il cattivo tempo, nonostante nella capitale Kinshasa i signori della guerra abbiano deciso tutti insieme di governare democraticamente, almeno dicono loro, un Paese ridotto allo stremo. E che dire dell’Angola, l’ex colonia portoghese, dove su una popolazione di 10 milioni e mezzo di abitanti sono ancora disseminate sotto terra oltre 15 milioni di mine antiuomo. “L’Africa vuole la pace”, hanno ripetutamente detto ad alta voce i vescovi del Secam, l’organismo ecclesiale che riunisce l’episcopato dell’Africa e del Madagascar. Una pace che solo Dio fatto uomo, Gesù Cristo, può portare ad una umanità dolente che ha fame e sete di giustizia. “Non dobbiamo cedere alla tentazione della disfatta”, ha detto l’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptiste Odama, ricordando che le Chiese sono chiamate soprattutto nel nord Uganda a testimoniare il mistero dell’Incarnazione, in un continente nel quale Cristo nasce anche oggi, come 2000 anni fa, come profugo nella periferia di un mondo sempre più povero.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Le capitali europee sono avvolte dall’atmosfera natalizia ma sono forti i timori di possibili attentati. Parigi scintilla di luci, i grandi magazzini del centro brillano di mille lampadine come la Torre Eiffel che ogni ora, per dieci minuti, sprizza stelle luminose trasformandosi in un prezioso merletto. Sull’atmosfera natalizia della Russia grava la minaccia di possibili attentati ed anche negli Stati Uniti l’allarme terrorismo, passato dal giallo all’arancione, è alto.

 

In America Latina si moltiplicano gli sforzi per aiutare il gran numero di poveri che vivono a ridosso delle grandi città o nelle isolate aree di campagna. Sulle molteplici iniziative promosse in occasione del Natale, in Sud America, ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Le chiese locali, le organizzazioni di base e le Caritas nazionali hanno lanciato programmi specifici per raccogliere alimenti e denaro per lenire l’emergenza povertà che, a livello continentale, riguarda quasi il 50 per cento della popolazione latino-americana. A differenza dagli anni ’90, in cui l’illusione di un benessere che non era reale incoraggiava l’ostentazione e lo spreco, il Natale in Brasile, Argentina e Messico sarà all’insegna della solidarietà e dell’impegno per soccorrere le fasce più svantaggiate. Questa preoccupazione si aggiungerà spesso a problemi specifici esistenti nei vari Paesi che aumentano i rischi di stabilità istituzionale. E’ il caso del Venezuela, dove il Natale dovrà far dimenticare le polemiche legate alla raccolta di firme per il referendum contro il presidente Hugo Chavez o contro i deputati dell’opposizione. O dell’Ecuador, dove il presidente Lucio Gutierrez ha realizzato un rimpasto di governo, ma dove le organizzazioni degli indios si apprestano a lanciare una serie di proteste popolari che potrebbero portare ad una situazione non dissimile da quella che ha portato in Bolivia le dimissioni del presidente Gonzalo Sanchez de Lozada.

 

Da Buenos Aires,  Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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TRADIZIONALE PRANZO NATALIZIO ORGANIZZATO A ROMA

 DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO PER I SENZA FISSA DIMORA

- Intervista con Francesca Zuccari -

 

Far sentire anche a loro il calore di una famiglia, restituendogli la dignità di essere persone. Con questo spirito si rinnova ogni anno la tradizione del pranzo di Natale per i poveri, organizzato  a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. Centinaia di senza fissa dimora affollano i vari centri della Comunità, nella capitale, e in particolare la Basilica di Santa Maria in Trastevere. Sentiamo in proposito, al microfono di Dorotea Gambardella, Francesca Zuccari di Sant’Egidio. Al microfono di Dorotea Gambardella.

 

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R. – Per chi non ha famiglia, ce l’ha lontana o ha rotto i legami con essa, il Natale è il giorno più difficile dell’anno, essendo la vera festa della famiglia. Ecco perché, da tanti anni teniamo a fare questa festa con le persone che normalmente frequentano i nostri centri, per fare una famiglia con i poveri.

 

D. – Ma per persone che hanno bisogni più essenziali è importante stare insieme?

 

R. – Sì, è molto importante e soprattutto è importante fare festa. In una vita che spesso è dura, difficile, in cui si deve lottare per la sopravvivenza, avere un momento di festa in cui stare seduti a tavola con gli altri, come in una famiglia, ricevere un regalo – come noi offriamo a ciascuno alla fine del pranzo di Natale – è una cosa importante, perché restituisce la dignità di essere persone come tutti, bisognose di affetto.

 

D. – E’ una dignità che forse si riscopre solo in questi momenti e invece dovrebbe essere sentita sempre...

 

R. – Sì, crediamo che chi ha bisogno, proprio per questo meriti più rispetto. Spesso queste persone non solo cercano aiuto, ma cercano la considerazione per i loro problemi, come si farebbe per qualsiasi persona.

 

(musica)

 

Ma quale potrebbe essere un primo passo per contrastare la povertà? Lo abbiamo chiesto a Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio?

 

R. – Intanto, ognuno di noi dovrebbe smettere di guardare ai poveri con diffidenza e pensare che sono parte di noi. Oggi noi possiamo registrare che molte più persone ‘normali’ e comuni vengono ai nostri centri. Cresce la povertà, l’intensità della povertà e chi non ce la fa, magari avendo anche una casa. Quindi, dovremmo pensare che potrebbe toccare anche noi qualche problema, magari quando siamo più anziani. Oggi un povero su tre è un anziano. E poi anche riguardo a coloro che ci sembrano strani: cerchiamo di immaginarci cosa vuol dire una vita dormendo quasi mai – perché di notte senza una casa non si riesce a dormire - e poi dovendo il giorno dopo cercare un lavoro e magari lavorare bene. E’ una vita insostenibile. Accorciamo le distanze.

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NATALE IN CARCERE

- Intervista con alcuni ragazzi del Carcere minorile di Casal del Marmo

e con il cappellano don Gaetano Greco -

 

 Il Natale dei dimenticati: a volte l’atmosfera di festa può acuire il senso di solitudine, di emarginazione, di malinconia. Resta la fede in Dio, unica compagna, a dare speranza in un avvenire migliore. Paolo Ondarza è andato nel carcere minorile romano di Casal del Marmo. Ascoltiamo il suo servizio.

 

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(musica)

 

Un luogo dimenticato, soprattutto in questi giorni di Festa. Eppure, il carcere, con il suo ritmo di vita ripetitiva, resta lì in attività 12 mesi all’anno. “Pensare ai detenuti a Natale” ha scritto un cappellano in una sua omelia “è paradossale, come immaginare la nascita di Dio in una mangiatoia”. Ma cosa vuol dire ‘Natale’ per un detenuto? Siamo andati al carcere minorile di Casal del Marmo a Roma. Ecco le risposte di alcuni ragazzi:

 

R. - Io credo nel Natale. Forse è l’unica cosa buona che mi è rimasta.

 

R. - Sinceramente non lo so.

 

R. - Sì, io credo al Natale ed è una cosa bellissima. Sono già due Natali che faccio qui dentro. E’ una cosa brutta, perché trascorrere il Natale con i familiari è la cosa più bella che ci sia al mondo.

 

D. – C’è un ricordo particolare?

 

R. – Non belli.

 

D. – E’ Natale o è un giorno qualsiasi, qui?

 

R. – Non posso dire che sia un giorno qualsiasi, ma il Natale qui non lo passi come lo passeresti fuori.

 

D. – Durante le Feste ci si scambiano i regali. Un regalo che ti piacerebbe ricevere ed un regalo che ti piacerebbe fare …

 

R. – Fare, non dare più dispiaceri alle persone che mi vogliono bene; ricevere, riceverei volentieri un bel viaggio per lasciarmi tutto dietro …

 

R. – Io, invece, vorrei uscire in permesso … Agli altri ci penserò poi, quando esco.

 

D. – A Natale, per la Chiesa, nasce Gesù. Chi è per te Gesù?

 

R. – E’ una cosa favolosa. Credo in Dio, in Gesù e nella Madonna.

 

D. – A Natale Gesù viene per salvare l’uomo, viene anche per te. Ti dice qualcosa questo?

 

R. – Spero che mi aiuti adesso che finalmente esco.

 

La parola ora al cappellano del carcere, don Gaetano Greco.

 

R. - Il Natale è anche un’occasione per parlare di speranza o di fiducia nella vita.

 

D. – Qui c’è speranza?

 

R. – Diciamo che, per chi arriva per la prima volta, la speranza è tanta, per chi è recidivo, la speranza comincia ad essere un po’ più problematica da mantenere viva.

 

D. – Chi sono questi ragazzi?

 

R. – Questi ragazzi che si trovano in carcere, non voglio dire che vadano premiati, ma che comunque vada offerto loro ciò che la vita non ha dato. In fondo, io dico sempre che questi sono state vittime di tutta una situazione di ingiustizie, non sono stati amati, non sono stati aiutati e cosa importante è evitare di dare giudizi.

 

(musica)

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PRESEPI AFRICANI IN MOSTRA A SALERNO

- Intervista con padre Lucio Viscido -

 

L’arte presepiale come terreno di confronto tra diverse culture. Questo l’intento della “Mostra Internazionale di Arte Presepiale” di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno allestita nel complesso monumentale dell’ex convento di San Francesco fino al 6 gennaio prossimo. La rassegna, giunta quest’anno alla sua ottava stagione, comprende oltre duecento pezzi provenienti da diverse nazioni estere e da varie regioni d’Italia. Punta di diamante dell’esposizione è la sezione dedicata ai presepi africani, con oltre 70 pezzi appartenenti a collezionisti privati italiani e stranieri. Ascoltiamo il commento di padre Lucio Viscido, già missionario cappuccino in Africa, tra i curatori della rassegna. L’intervista è di Maria Di Maggio.

 

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R. - Nella mostra sono esposti esempi di arte del Nordafrica, particolarmente Etiopia ed Egitto, che sono collegati al cristianesimo delle origini; c’è un’altra sezione del Sud del Sahara, presenti, in modo particolare, lavori del Congo, del Mozambico, della Namibia, del Sudafrica e del Benin.

 

D. – Quali sono gli elementi di distinzione tra questi presepi provenienti dalle diverse realtà dell’Africa?

 

R. – Per esempio, nei presepi del Nord dell’Africa il materiale utilizzato può essere il papiro, ma hanno più una impostazione grafica così come i tappeti tradizionali; ci sono delle immagini della nascita di Gesù in alcune Croci copte, mentre nel Sud del Sahara i materiali sono tra i più vari, in modo particolare, sono confezionati con i legni tipici africani, quali l’ebano, il teck e altri legni pregiati. Ci sono anche presepi intessuti con foglie di banano oppure fatti con altri legni meno pregiati, ma ugualmente di una grande espressività.

 

D. – Che cosa caratterizza la rappresentazione della natività propria dell’arte africana?

 

R. – Nella visione tradizionale africana c’è la madre terra. Questa madre terra, nelle sua varie espressioni tradizionali, prima ancora del cristianesimo, era la divinità della fertilità della terra e della creatività, che poi viene posposta nella figura di Maria, come Colei che genera l’autore della vita stessa. Quindi, la figura di Maria è sempre centrale, anche perché la donna è già centrale nel ruolo che svolge nella società africana.

 

D. – Padre Lucio, lei è stato missionario in Congo per circa 20 anni. Che ricordo ha del Natale in Africa, magari legato proprio alla tradizione del presepe?

 

R. – Visitando i villaggi, in ogni chiesa costruita di fango e di paglia, c’erano dei presepi straordinari che magari, con la semplicità e la spontaneità dell’animo africano, naturalmente religioso, erano capaci di esprimere una forte adesione al mistero di Cristo, che diventa nella realtà quotidiana accoglienza generosa dell’altro. Questo dovremmo imparare dagli africani.

 

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CHIESA E SOCIETA’

25 dicembre 2003

 

 

MISSIONE SU MARTE: LA NASA NON CONFERMA L’ATTERRAGGIO

 DELLA CAPSULA BEAGLE 2. MA IL DIRETTORE DEL VOLO DELLA MISSIONE, MIKE MCKAY, ASSICURA CHE LA SONDA MARS EXPRESS E’ NELL’ORBITA DEL PIANETA ROSSO

 

SYDNEY.= Nessun segnale per ora dal Mars Express, il satellite destinato a raggiungere il suolo di Marte nella missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Ad annunciarlo, il responsabile dei programmi scientifici dell'ESA, David Southwood. Il primo segnale era previsto per le 7.30 di questa mattina. Non significa però che la sonda sia perduta. Un  nuovo segnale è, infatti, atteso per questa sera  alle 23. Secondo gli esperti, inoltre, un contatto con la capsula Beagle 2 è possibile fino al 7 gennaio, data ultima prima che si scarichino le batterie. Il satellite Mars Express ha comunque raggiunto l’orbita di Marte. Lo ha annunciato il direttore del volo della missione, Mike McKay, commentando che già questo “è un eccellente risultato”. Intanto i monaci benedettini di New Norcia, in Australia, hanno accolto con piacere la stazione di comunicazione con lo spazio, ubicata proprio nella città da loro fondata nel 1846. La località avrà un ruolo chiave nel ricevere e ritrasmettere i dati finali d'atterraggio sul Pianeta Rosso della capsula Beagle 2, dopo un viaggio di 400 milioni di chilometri. (D.G.)

 

 

TURCHIA, CINA E COLOMBIA SI UNISCONO AI PAESI CHE HANNO BLOCCATO

 LE IMPORTAZIONI DI CARNE AMERICANA DOPO IL PRIMO CASO DI MUCCA PAZZA

NEGLI USA, ANNUNCIATO DUE GIORNI FA

 

WASHINGTON.= Anche Cina e Turchia hanno sospeso, oggi, le importazioni di carni bovine dagli Stati Uniti, dopo la scoperta del primo caso, in un allevamento dello Stato di Washington, di un animale affetto da encefalopatia spongiforme. Lo hanno reso noto i responsabili delle importazioni dei due Paesi. Ad essi si aggiunge la Colombia, che ieri sera ha bloccato “a tempo indeterminato” l'importazione dagli Stati Uniti di bovini e di altre 14 specie di animali, che potrebbero trasmettere la malattia. Secondo gli esperti dell’Fda, l’ente federale che controlla i mercati alimentare e farmaceutico, il primo caso di bovino affetto dalla sindrome di Bse negli Usa sarebbe stato causato da mangime contaminato. Pesanti le conseguenze in Borsa, dove il titolo della McDonald, il colosso Usa del fast food, a Wall Street, in apertura di seduta, ieri ha perso oltre l'8 per cento del suo valore. (D.G.)

 

 

A FIUGGI E’ STATO ALLESTITO UN PRESEPE DOVE LA SACRA FAMIGLIA E’ CIRCONDATA

DA UN MURO. “UN MODO PER FAR RIFLETTERE SULLA DECISIONE DI ISRAELE

 DI COSTRUIRE UN MURO IN CISGIORDANIA”, HA SPIEGATO IL PARROCO MARIO FUCA’

 

FROSINONE.= Un presepe in cui la Sacra Famiglia è circondata da un muro. E’ l’idea escogitata dal parroco della Chiesa “Regina Pacis” di Fiuggi, “per attirare l’attenzione della gente sulla decisione del governo israeliano di costruire un muro in Cisgiordania: un fatto gravissimo che dovrebbe farci seriamente riflettere”. Il sacerdote ha utilizzato un pannello di legno su cui ha aggiunto una finta torretta di osservazione e del filo spinato, oltre alle due bandiere, israeliana e palestinese. “Gesù nato a Betlemme, oltre il muro…” dice un cartello affisso sul tramezzo. “Con questo vogliamo dire che le barriere tagliano fuori il messaggio di fratellanza della Natività”, ha spiegato don Mario, aggiungendo: “La fede, a qualsiasi religione appartenga, è impegno a costruire fraternità tra gli uomini in un mondo senza barriere. Bisogna andare oltre i muri e non costruirne di nuovi. (D.G.)

 

 

NELLE CATTEDRALI DI PERUGIA E TERNI, PRANZO DI NATALE PER I POVERI

 ORGANIZZATO DALLA CARITAS E DALLE AMMINISTRAZIONI COMUNALI

 

PERUGIA.= Natale all’insegna della solidarietà in Umbria. Oggi, Perugia e Terni si sono trasformate in un gran convivio per i poveri. La Caritas diocesana, in collaborazione con le amministrazioni comunali e le rispettive mense, ha organizzato un pranzo che ha visto la partecipazione di quanti ogni giorno si rivolgono ai centri di assistenza. “E’ un Natale in cui abbiamo condiviso i valori più veri con i più bisognosi”, ha detto Andrea Ciarapica, coordinatore della mensa di Perugia. Al pranzo, hanno partecipato anche i vescovi delle due città umbre. Le iniziative della Caritas proseguiranno anche nelle altre occasioni di festività, che seguiranno il Natale. (D.G.)

 

 

NATALE IN THAILANDIA TRA FESTA E SOLIDARIETA’. GRAZIE AI FONDI RACCOLTI

 DALLA COMUNITA’ CATTOLICA DI BANGKOK, I GIOVANI DELLA DIOCESI DI CHIENG MAI, TRA LE PIU’ POVERE DEL PAESE, RIESCONO A CIBARSI PER UN ANNO INTERO

 

BANGKOK.= I cattolici tailandesi rappresentano una delle più piccole comunità asiatiche, appena lo 0,43% della popolazione. Eppure nelle diverse comunità si organizzano numerose attività per ricordare la nascita di Gesù. Fra le tante celebrazioni, una delle più suggestive è la Processione della Grande Stella, durante la quale è rappresentata la storia della natività con l’accompagnamento di tradizionali canti natalizi. La manifestazione è organizzata dall’arcidiocesi di Tharae-Nongsaeng. A Bangkok, dove vivono i cattolici più agiati, da 10 anni le comunità raccolgono fondi da inviare come dono di Natale a Chieng Mai nel nord del Paese. Si tratta di una diocesi abitata da tribali molto poveri. Grazie agli aiuti, i giovani riusciranno ad avere cibo per tutto l’anno. (D.G.)

 

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