RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 359 - Testo della
Trasmissione di giovedì 25 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Natale nel mondo:
l’appello di pace del patriarca Michel Sabbah
Esplode un giacimento
di gas in Cina: oltre 190 i morti
Pakistan: il
presidente Musharraf sfugge ad un nuovo attentato. Almeno 7 i morti
CHIESA E SOCIETA’:
Missione su Marte: la Nasa non
conferma l’atterraggio della capsula Beagle 2
A Fiuggi è stato allestito un
presepe dove la sacra famiglia è circondata da un muro
Natale in Thailandia tra festa e solidarietà
25
dicembre 2003
SALVACI
DAI GRANDI MALI CHE LACERANO L’UMANITA’ DEL TERZO MILLENNIO:
E’ LA
PREGHIERA DEL PAPA NEL SUO MESSAGGIO NATALIZIO PRIMA DELLA BENEDIZIONE URBI ET ORBI. NELLA MESSA DI MEZZANOTTE GIOVANNI PAOLO II RACCONTA L’IMMENSO STUPORE
DI FRONTE AL CREATORE DELL’UNIVERSO
CHE NASCE POVERO NELLA FREDDA GROTTA DI
BETLEMME
Una grande preghiera per la pace, lo stupore immenso, la
tenerezza e la gioia infinita di fronte al mistero insondabile del Creatore
dell’universo che si fa bambino e nasce povero in una stalla di Betlemme:
queste le parole e i sentimenti di Giovanni Paolo II oggi nel messaggio natalizio prima della benedizione Urbi et Orbi
e nella messa di mezzanotte in san Pietro.
E’ Natale: è nato il Salvatore del mondo! A lui il Papa ha rivolto
stamane un’accorata preghiera per liberare dal male l’umanità. Ascoltiamo la
sua voce nel servizio di Sergio Centofanti.
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in questi inizi del terzo millennio.
Salvaci dalle guerre e dai conflitti armati
che devastano intere regioni del globo,
dalla piaga del terrorismo
e dalle molte forme di violenza
che straziano persone deboli ed inermi.
Salvaci dallo scoraggiamento
nell’affrontare i cammini della pace,
difficili sì, ma possibili e perciò doverosi;
cammini urgenti sempre e dovunque,
soprattutto nella Terra dove sei nato Tu,
Principe della Pace”.
Questa
è la forte invocazione alla pace lanciata dal Papa oggi a mezzogiorno dal
sagrato della basilica vaticana nel suo messaggio natalizio. In collegamento con 82 TV di 50 diversi
Paesi Giovanni Paolo II ha fatto gli auguri di Natale in 62 lingue impartendo
poi la solenne benedizione Urbi et Orbi,
cioè alla città di Roma e al mondo. Il Pontefice già nella suggestiva messa di
mezzanotte da lui presieduta in san Pietro aveva pregato con grande intensità
perché il fulgore della nascita di Gesù possa illuminare la notte del mondo. La
potenza del suo messaggio d’amore – ha detto – distrugga le orgogliose insidie
del maligno”:
“Il dono della tua vita ci faccia comprendere
sempre più quanto vale la vita di ogni essere umano. Troppo sangue scorre
ancora sulla terra! Troppa violenza e troppi conflitti turbano la serena
convivenza delle nazioni! Tu vieni a portarci la pace. Tu sei la nostra pace!”
(canto ” Tu scendi dalle stelle”)
Il
Papa – nell’omelia della messa di mezzanotte - si è soffermato sul mistero insondabile
del Creatore dell’universo che si è fatto bambino e ha voluto avere per culla
una mangiatoia in una fredda grotta di Betlemme: e racconta l’infinito stupore
di fronte al Verbo di Dio che si spoglia della gloria divina per farsi povero,
spinto dall’amore per l’uomo:
“Nasce un Bambino. Apparentemente, uno dei tanti
bambini del mondo. Nasce un Bambino in una stalla di Betlemme. Nasce dunque in
una condizione di estremo disagio: povero tra i poveri. Questo Bambino è il
Figlio di Dio”.
Un’onda di tenerezza e di speranza ci riempie l’animo –
dice il Papa : “E’ disceso dal Cielo il Salvatore del mondo!”, “unico Salvatore
dell’umanità”. Lui, che ha cambiato il corso della storia ed è entrato nella
storia di ogni persona, si è presentato nell’angusta povertà del presepe:
“Nella sua semplicità, il Bambino di Betlemme ci
insegna a riscoprire il senso vero della nostra esistenza; ci insegna a “vivere
con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”.
Questo messaggio è racchiuso nel presepe e nell’albero di
Natale che rappresenta l’albero della vita che rifiorisce nel deserto
dell’umanità. E proprio ieri sera è stato inaugurato il tradizionale e bel
presepe di piazza san Pietro che quest’anno ha una particolare struttura
circolare per poter essere ammirato da ogni lato della piazza: il Papa
affacciandosi dalla finestra del suo studio ha benedetto il lume della pace. Il
presepe e l’albero di Natale – ha detto stamane – sono “simboli preziosi che
tramandano nel tempo il senso vero del Natale” che ha “unito Dio e l’uomo per
sempre”. Un concetto ripreso negli auguri rivolti ai romani e agli italiani:
“Il
Bambino Gesù renda più salda la speranza e sempre più generoso l’impegno di
tutti perché, attingendo al patrimonio di valori con cui il cristianesimo ha
arricchito il costume e la cultura del popolo italiano, si costruisca insieme
l’Italia del terzo millennio”.
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25
dicembre 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
E’ un
Natale all’insegna della speranza per un futuro di pace quello che caratterizza
la comunità cristiana in Terra Santa. Il patriarca latino di Gerusalemme Michel
Sabbah ha rivolto durante la messa di mezzanotte a Betlemme un appello a
cristiani, ebrei e musulmani, perché vivano in armonia. Il servizio di Graziano
Motta:
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“Se i
capi volessero veramente servire i loro popoli dovrebbero avere il coraggio di
prendere decisioni di pace, anche se queste decisioni potrebbero condurli al
martirio”. E’ questo uno dei passi più significativi dell’omelia della Messa di
mezzanotte a Betlemme, che è stata un’evocazione e insieme una denuncia di
tragedie e lutti, di odio e sofferenze. “Non è una questione politica questa
situazione conflittuale”, ha insistito il patriarca Sabbah. “Prima di essere
tale è una questione di persone umane sottoposte a condizioni disumane, come è
disumano spargere sangue innocente, continuare a far vivere un popolo nella
paura e nell’insicurezza, imporre una occupazione militare ad un altro popolo,
quello palestinese. Occupazione che il patriarca definisce “il male di base dal
quale ha origine ogni sorta di violenza” e - afferma - che “i capi delle tre
religioni di questo Paese dovrebbero avere loro stessi il coraggio necessario
per dire insieme che l’occupazione è un male e che l’effusione di sangue
innocente è un male. Due mali – sostiene – che devono fermarsi. Allora Dio
guarderà e donerà la pace in tutti i cuori e in questa terra”. A vivere la
Notte Santa nella Basilica di Santa Caterina, sovrastante la grotta della
Natività, diplomatici, autorità politiche e civili palestinesi – assente Arafat
sulla cui sedia era stata deposta una kefiah, il copricapo palestinese,
rischiava infatti di non poter tornare più nella sua residenza assediata di
Ramallah – molti pellegrini, più dello scorso anno, e alcune delegazioni
italiane, in particolare quella della diocesi di Verona, venuta per
l’inaugurazione della Porta della pace, artistica opera in bronzo per
l’ingresso principale della Basilica. Presente per accogliere il dono e come
concelebrante della Messa il ministro generale dei Frati minori, padre Josè
Rodriguez Carballo.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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E in
queste ore difficili per la Terra Santa è in pellegrinaggio a Betlemme anche il
cardinale Carlo Maria Martini. Fabio Colagrande lo ha raggiunto telefonicamente
per chiedergli il senso della preghiera per la pace che si leva da molte parti
del mondo per il Medio Oriente.
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R. – Significa promuovere, soprattutto, quelle azioni di
intesa, di dialogo e linee comuni. E anche noi cerchiamo di portare a Betlemme
un segno di pace.
D. –
Il Natale è occasione di scambio di auguri, come quelli che si rivolgono molte
persone in queste giornate di festa. Passato il periodo natalizio, cosa resterà
di questa euforia, di questa allegria?
R. – Certamente molte di queste cose sono un po’
retoriche, perché si pensa che il momento del Natale abbia in sé qualche cosa
di risolutivo, che invece non ha. Il Natale vale come memoria di ciò che Dio ha
fatto per il bene dell’umanità e come premessa ed attesa di ciò che Dio farà
quando metterà a posto ogni cosa, quando vi saranno cieli e terra nuovi dove
abiterà stabilmente la giustizia. Allora, tutti i gesti che vanno in quel
senso, rimarranno: tutti i gesti che
vanno nel senso della giustizia e della riconciliazione porteranno frutto ed
avranno un seguito. Tutte le parole vane, invece, passeranno.
D. – In questo senso, che augurio fa ai nostri ascoltatori
per questo Natale?
R. – Anzitutto un augurio di pace interiore con se stessi
e di riconciliazione con Dio, nella famiglia e con gli amici. E un augurio a
guardare a chi è diverso da noi con occhio attento e benevolo: così faremo un
buon cammino.
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Restiamo
in Medio Oriente. Una serie di esplosioni ha scosso questa mattina, fortunatamente
senza causare vittime, il centro di Baghdad. Colpi di mortaio hanno raggiunto
l’albergo Sheraton, l’ambasciata iraniana e quella tedesca. Fonti militari
americane hanno inoltre rivelato, che un soldato statunitense è rimasto ucciso
ieri sera, nella capitale irachena, per l’esplosione di un ordigno. Ma i timori
e la grave insicurezza che domina lo scenario iracheno non sembra comunque
frenare la voglia di festeggiare il Natale. Il nostro servizio.
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La
festa della Natività è stata celebrata questa mattina nella cattedrale di
Baghdad dal nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, e la Messa della
vigilia si è svolta non a mezzanotte ma, per motivi di sicurezza, ieri
pomeriggio. “La vera essenza del Natale – spiega mons. Filoni – è forse rappresentata
al meglio dal convento delle suore di madre Teresa di Calcutta che gestiscono,
nella capitale irachena, un orfanotrofio per bambini con handicap fisici e
mentali”. E non lontano dalla casa di accoglienza, una modesta casa in una
strada stretta e fangosa, il parroco della Chiesa caldea di San Giorgio, padre
Habib Alnoufaly, ha preparato un grande presepe vivente e molti bambini hanno
recitato la parte dei pastorelli. Nella base italiana di Nassiriya il Natale è
stato accolto all’aperto, sotto le stelle. Sul grande piazzale
dell’alzabandiera è stato allestito l’altare dove il cappellano militare della
Brigata Sassari, padre Mariano Azuris, e l’ordinario militare per l’Italia,
mons. Angelo Bagnasco, hanno concelebrato la Santa Messa. Durante la funzione
liturgica sono stati accesi 19 ceri, in ricordo dei 12 carabinieri, cinque
soldati e due civili morti nel tragico attentato dello scorso 12 novembre. Ma
nel dolore per la drammatica spirale di odio e violenze perpetrate in Iraq, non
può mancare la speranza. Ce lo conferma padre Mariano:
R. - La speranza è una caratteristica cristiana e non deve
mai mancare. Abbiamo avuto la morte di 19 persone. Non è facile parlare di
speranza, se fossero le mie parole di speranza. Ma sono le parole di Gesù, che
ha detto: “Non abbiate paura, io sono con voi tutti i giorni della vita e non
vi lascerò soli”. E per coloro che sono già andati accanto a Lui, sappiamo che
c’è un posto particolare che Lui ha scelto per ognuno dei 19 che sono stati
chiamati ad altra vita, che hanno operato per la pace, soprattutto dando la
propria vita.
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Tragico Natale in Cina: è salito a 190 il drammatico
bilancio, ancora provvisorio, delle vittime dell’esplosione in un pozzo di gas
naturale, avvenuta martedì scorso a Chongging, nell’area sud-occidentale del
Paese. E il Natale asiatico è stato purtroppo funestato anche da un altro grave
episodio verificatosi stamani a Rawalpindi, in Pakistan, dove è stato
perpetrato un attentato suicida, al quale è sfuggito il presidente pachistano
Pervez Musharraf, che ha causato la morte di almeno sette persone. Ma quali
sono, in un contesto così complesso, le luci e le ombre nel Continente? Risponde
Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia del Pime, Asia News:
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Da una parte c’è senz’altro il tentativo di portare la
pace nella zona del Kashmir, che da decenni è in guerra, con Pakistan ed India
che cercano di dialogare di più e cercano di distendere la situazione. Poi c’è
anche il dialogo tra Nord Corea e Sud Corea che continua molto profondamente
per frenare una possibilità di conflitto nucleare. Questi sono senz’altro gli
aspetti più positivi che vedo in tutta l’Asia. Ci sono però degli aspetti molto
preoccupanti che continuano a crescere. Aspetto preoccupante e fondamentale è
il terrorismo di matrice islamica. In tutta l’Asia e soprattutto nel sud-est
asiatico stanno crescendo sempre di più gruppi di fondamentalisti ed i gruppi
legati probabilmente ad Al Qaeda o, in ogni caso, locali che cercano di creare
uno Stato islamico. Questo sta creando molta paura, per esempio, in Indonesia e
nella Malesia. In Indonesia, quindi, i cristiani temono di essere perseguitati.
In Cina poi si verificano distruzioni di chiese e di case di cristiani
protestanti e anche l’arresto, l’isolamento, di vescovi e sacerdoti cattolici.
Dentro questo grande quadro bisogna dire che i cristiani dell’Asia stanno
facendo un grande lavoro di testimonianza. Ci sono tanti segni di amore e di
pace, spinti dal desiderio di testimoniare il Vangelo.
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Trasferiamoci in Africa. In diversi Paesi del continente,
tra i quali la Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda, la Costa d’Avorio e
la Liberia, milioni di persone vivono un altro Natale tra paura e speranza.
Conflitti e crisi affliggono, infatti, le popolazioni locali e i missionari che
vivono e operano in questi Stati. Il servizio di Giulio Albanese:
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Il Natale africano sarà purtroppo - è triste dirlo - in
molte regioni del continente un Natale caldo sotto tutti i punti di vista,
soprattutto per quanto concerne la sicurezza. Pensiamo ai missionari, alle
missionarie, ai volontari che operano nel nord Uganda, dove da anni
imperversano i famigerati ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore. Per
non parlare delle remote regioni orientali della Repubblica Democratica del
Congo, dove le bande armate dei senza legge fanno il bello e il cattivo tempo,
nonostante nella capitale Kinshasa i signori della guerra abbiano deciso tutti
insieme di governare democraticamente, almeno dicono loro, un Paese ridotto
allo stremo. E che dire dell’Angola, l’ex colonia portoghese, dove su una popolazione
di 10 milioni e mezzo di abitanti sono ancora disseminate sotto terra oltre 15
milioni di mine antiuomo. “L’Africa vuole la pace”, hanno ripetutamente detto
ad alta voce i vescovi del Secam, l’organismo ecclesiale che riunisce
l’episcopato dell’Africa e del Madagascar. Una pace che solo Dio fatto uomo,
Gesù Cristo, può portare ad una umanità dolente che ha fame e sete di
giustizia. “Non dobbiamo cedere alla tentazione della disfatta”, ha detto
l’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptiste Odama, ricordando che le Chiese sono
chiamate soprattutto nel nord Uganda a testimoniare il mistero
dell’Incarnazione, in un continente nel quale Cristo nasce anche oggi, come
2000 anni fa, come profugo nella periferia di un mondo sempre più povero.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Le capitali europee sono avvolte dall’atmosfera natalizia ma
sono forti i timori di possibili attentati. Parigi scintilla di luci, i grandi
magazzini del centro brillano di mille lampadine come la Torre Eiffel che ogni
ora, per dieci minuti, sprizza stelle luminose trasformandosi in un prezioso
merletto. Sull’atmosfera natalizia della Russia grava la minaccia di possibili
attentati ed anche negli Stati Uniti l’allarme terrorismo, passato dal giallo
all’arancione, è alto.
In
America Latina si moltiplicano gli sforzi per aiutare il gran numero di poveri
che vivono a ridosso delle grandi città o nelle isolate aree di campagna. Sulle
molteplici iniziative promosse in occasione del Natale, in Sud America, ci
riferisce Maurizio Salvi:
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Le chiese locali, le organizzazioni di base e le Caritas
nazionali hanno lanciato programmi specifici per raccogliere alimenti e denaro
per lenire l’emergenza povertà che, a livello continentale, riguarda quasi il
50 per cento della popolazione latino-americana. A differenza dagli anni ’90,
in cui l’illusione di un benessere che non era reale incoraggiava
l’ostentazione e lo spreco, il Natale in Brasile, Argentina e Messico sarà
all’insegna della solidarietà e dell’impegno per soccorrere le fasce più
svantaggiate. Questa preoccupazione si aggiungerà spesso a problemi specifici
esistenti nei vari Paesi che aumentano i rischi di stabilità istituzionale. E’
il caso del Venezuela, dove il Natale dovrà far dimenticare le polemiche legate
alla raccolta di firme per il referendum contro il presidente Hugo Chavez o
contro i deputati dell’opposizione. O dell’Ecuador, dove il presidente Lucio
Gutierrez ha realizzato un rimpasto di governo, ma dove le organizzazioni degli
indios si apprestano a lanciare una serie di proteste popolari che potrebbero
portare ad una situazione non dissimile da quella che ha portato in Bolivia le
dimissioni del presidente Gonzalo Sanchez de Lozada.
Da Buenos Aires,
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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TRADIZIONALE
PRANZO NATALIZIO ORGANIZZATO A ROMA
DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO PER I SENZA
FISSA DIMORA
-
Intervista con Francesca Zuccari -
Far sentire anche a loro il calore di una famiglia, restituendogli
la dignità di essere persone. Con questo spirito si rinnova ogni anno la tradizione
del pranzo di Natale per i poveri, organizzato
a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. Centinaia di senza fissa dimora
affollano i vari centri della Comunità, nella capitale, e in particolare la
Basilica di Santa Maria in Trastevere. Sentiamo in proposito, al microfono di
Dorotea Gambardella, Francesca Zuccari di Sant’Egidio. Al microfono di Dorotea
Gambardella.
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R. – Per chi non ha famiglia, ce l’ha lontana
o ha rotto i legami con essa, il Natale è il giorno più difficile dell’anno,
essendo la vera festa della famiglia. Ecco perché, da tanti anni teniamo a fare
questa festa con le persone che normalmente frequentano i nostri centri, per
fare una famiglia con i poveri.
D. – Ma per persone che hanno bisogni più
essenziali è importante stare insieme?
R. – Sì, è molto importante e soprattutto è
importante fare festa. In una vita che spesso è dura, difficile, in cui si deve
lottare per la sopravvivenza, avere un momento di festa in cui stare seduti a
tavola con gli altri, come in una famiglia, ricevere un regalo – come noi
offriamo a ciascuno alla fine del pranzo di Natale – è una cosa importante,
perché restituisce la dignità di essere persone come tutti, bisognose di
affetto.
D. – E’ una dignità che forse si riscopre solo
in questi momenti e invece dovrebbe essere sentita sempre...
R. – Sì, crediamo che chi ha bisogno, proprio
per questo meriti più rispetto. Spesso queste persone non solo cercano aiuto,
ma cercano la considerazione per i loro problemi, come si farebbe per qualsiasi
persona.
(musica)
Ma quale potrebbe essere un primo passo per contrastare la povertà? Lo
abbiamo chiesto a Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio?
R. – Intanto, ognuno di noi dovrebbe smettere
di guardare ai poveri con diffidenza e pensare che sono parte di noi. Oggi noi
possiamo registrare che molte più persone ‘normali’ e comuni vengono ai nostri
centri. Cresce la povertà, l’intensità della povertà e chi non ce la fa, magari
avendo anche una casa. Quindi, dovremmo pensare che potrebbe toccare anche noi
qualche problema, magari quando siamo più anziani. Oggi un povero su tre è un
anziano. E poi anche riguardo a coloro che ci sembrano strani: cerchiamo di
immaginarci cosa vuol dire una vita dormendo quasi mai – perché di notte senza
una casa non si riesce a dormire - e poi dovendo il giorno dopo cercare un
lavoro e magari lavorare bene. E’ una vita insostenibile. Accorciamo le distanze.
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-
Intervista con alcuni ragazzi del Carcere minorile di Casal del Marmo
e con
il cappellano don Gaetano Greco -
Il
Natale dei dimenticati: a volte l’atmosfera di festa può acuire il senso di
solitudine, di emarginazione, di malinconia. Resta la fede in Dio, unica
compagna, a dare speranza in un avvenire migliore. Paolo Ondarza è andato nel
carcere minorile romano di Casal del Marmo. Ascoltiamo il suo servizio.
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(musica)
Un luogo dimenticato, soprattutto in questi giorni di
Festa. Eppure, il carcere, con il suo ritmo di vita ripetitiva, resta lì in
attività 12 mesi all’anno. “Pensare ai detenuti a Natale” ha scritto un
cappellano in una sua omelia “è paradossale, come immaginare la nascita di Dio
in una mangiatoia”. Ma cosa vuol dire ‘Natale’ per un detenuto? Siamo andati al
carcere minorile di Casal del Marmo a Roma. Ecco le risposte di alcuni ragazzi:
R. - Io credo nel Natale. Forse è l’unica cosa buona
che mi è rimasta.
R. - Sinceramente
non lo so.
R. - Sì, io credo al Natale ed è una cosa bellissima.
Sono già due Natali che faccio qui dentro. E’ una cosa brutta, perché
trascorrere il Natale con i familiari è la cosa più bella che ci sia al mondo.
D. – C’è un ricordo particolare?
R. – Non belli.
D. – E’ Natale o è un giorno qualsiasi, qui?
R. – Non posso dire che sia un giorno qualsiasi, ma il
Natale qui non lo passi come lo passeresti fuori.
D. – Durante le Feste ci si scambiano i regali. Un regalo
che ti piacerebbe ricevere ed un regalo che ti piacerebbe fare …
R. – Fare, non dare più dispiaceri alle persone che mi
vogliono bene; ricevere, riceverei volentieri un bel viaggio per lasciarmi
tutto dietro …
R. – Io, invece, vorrei uscire in permesso … Agli altri
ci penserò poi, quando esco.
D. – A Natale, per la Chiesa, nasce Gesù. Chi è per te
Gesù?
R. – E’ una cosa favolosa. Credo in Dio, in Gesù e
nella Madonna.
D. – A Natale Gesù viene per salvare l’uomo, viene anche
per te. Ti dice qualcosa questo?
R. – Spero che mi aiuti adesso che finalmente esco.
La parola ora al cappellano del carcere, don Gaetano
Greco.
R. - Il Natale è anche un’occasione per parlare di
speranza o di fiducia nella vita.
D. – Qui c’è speranza?
R. – Diciamo che, per chi arriva per la prima volta, la
speranza è tanta, per chi è recidivo, la speranza comincia ad essere un po’ più
problematica da mantenere viva.
D. – Chi sono questi ragazzi?
R. – Questi
ragazzi che si trovano in carcere, non voglio dire che vadano premiati, ma che
comunque vada offerto loro ciò che la vita non ha dato. In fondo, io dico
sempre che questi sono state vittime di tutta una situazione di ingiustizie,
non sono stati amati, non sono stati aiutati e cosa importante è evitare di
dare giudizi.
(musica)
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PRESEPI AFRICANI IN
MOSTRA A SALERNO
- Intervista con padre Lucio Viscido -
L’arte presepiale come terreno di confronto tra diverse
culture. Questo l’intento della “Mostra Internazionale di Arte Presepiale” di
Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno allestita nel complesso
monumentale dell’ex convento di San Francesco fino al 6 gennaio prossimo. La
rassegna, giunta quest’anno alla sua ottava stagione, comprende oltre duecento
pezzi provenienti da diverse nazioni estere e da varie regioni d’Italia. Punta
di diamante dell’esposizione è la sezione dedicata ai presepi africani, con
oltre 70 pezzi appartenenti a collezionisti privati italiani e stranieri. Ascoltiamo
il commento di padre Lucio Viscido, già missionario cappuccino in Africa, tra i
curatori della rassegna. L’intervista è di Maria Di Maggio.
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(musica)
R. - Nella mostra sono esposti esempi di arte del
Nordafrica, particolarmente Etiopia ed Egitto, che sono collegati al
cristianesimo delle origini; c’è un’altra sezione del Sud del Sahara, presenti,
in modo particolare, lavori del Congo, del Mozambico, della Namibia, del
Sudafrica e del Benin.
D. – Quali sono gli elementi di distinzione tra questi
presepi provenienti dalle diverse realtà dell’Africa?
R. – Per esempio, nei presepi del Nord dell’Africa il
materiale utilizzato può essere il papiro, ma hanno più una impostazione
grafica così come i tappeti tradizionali; ci sono delle immagini della nascita
di Gesù in alcune Croci copte, mentre nel Sud del Sahara i materiali sono tra i
più vari, in modo particolare, sono confezionati con i legni tipici africani,
quali l’ebano, il teck e altri legni pregiati. Ci sono anche presepi intessuti
con foglie di banano oppure fatti con altri legni meno pregiati, ma ugualmente
di una grande espressività.
D. – Che cosa caratterizza la rappresentazione della
natività propria dell’arte africana?
R. – Nella visione tradizionale africana c’è la madre
terra. Questa madre terra, nelle sua varie espressioni tradizionali, prima
ancora del cristianesimo, era la divinità della fertilità della terra e della
creatività, che poi viene posposta nella figura di Maria, come Colei che genera
l’autore della vita stessa. Quindi, la figura di Maria è sempre centrale, anche
perché la donna è già centrale nel ruolo che svolge nella società africana.
D. – Padre Lucio, lei è stato missionario in Congo per
circa 20 anni. Che ricordo ha del Natale in Africa, magari legato proprio alla
tradizione del presepe?
R. – Visitando i villaggi, in ogni chiesa costruita di
fango e di paglia, c’erano dei presepi straordinari che magari, con la
semplicità e la spontaneità dell’animo africano, naturalmente religioso, erano
capaci di esprimere una forte adesione al mistero di Cristo, che diventa nella
realtà quotidiana accoglienza generosa dell’altro. Questo dovremmo imparare
dagli africani.
(musica)
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25
dicembre 2003
MISSIONE
SU MARTE: LA NASA NON CONFERMA L’ATTERRAGGIO
DELLA CAPSULA BEAGLE 2. MA IL DIRETTORE DEL
VOLO DELLA MISSIONE, MIKE MCKAY, ASSICURA CHE LA SONDA MARS EXPRESS E’
NELL’ORBITA DEL PIANETA ROSSO
SYDNEY.=
Nessun segnale per ora dal Mars Express, il satellite destinato a raggiungere il suolo di Marte nella missione
dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Ad annunciarlo, il responsabile dei
programmi scientifici dell'ESA, David Southwood. Il primo segnale era previsto
per le 7.30 di questa mattina. Non significa però che la sonda sia perduta.
Un nuovo segnale è, infatti, atteso per
questa sera alle 23. Secondo gli
esperti, inoltre, un contatto con la capsula Beagle 2 è possibile fino al 7
gennaio, data ultima prima che si scarichino le batterie. Il satellite Mars
Express ha comunque raggiunto l’orbita di Marte. Lo ha annunciato il direttore
del volo della missione, Mike McKay, commentando che già questo “è un eccellente
risultato”. Intanto i monaci benedettini di New Norcia, in Australia, hanno
accolto con piacere la stazione di comunicazione con lo spazio, ubicata proprio
nella città da loro fondata nel 1846. La località avrà un ruolo chiave nel
ricevere e ritrasmettere i dati finali d'atterraggio sul Pianeta Rosso della
capsula Beagle 2, dopo un viaggio di 400 milioni di chilometri. (D.G.)
TURCHIA,
CINA E COLOMBIA SI UNISCONO AI PAESI CHE HANNO BLOCCATO
LE IMPORTAZIONI DI CARNE AMERICANA DOPO IL
PRIMO CASO DI MUCCA PAZZA
NEGLI
USA, ANNUNCIATO DUE GIORNI FA
WASHINGTON.=
Anche Cina e Turchia hanno sospeso, oggi, le importazioni di carni bovine dagli
Stati Uniti, dopo la scoperta del primo caso, in un
allevamento dello Stato di Washington, di un animale
affetto da encefalopatia spongiforme. Lo hanno reso noto i responsabili
delle importazioni dei due Paesi. Ad essi si aggiunge la Colombia, che ieri
sera ha bloccato “a tempo indeterminato” l'importazione dagli Stati Uniti di
bovini e di altre 14 specie di animali, che potrebbero trasmettere la malattia.
Secondo gli esperti dell’Fda, l’ente federale che controlla i mercati alimentare
e farmaceutico, il primo caso di bovino affetto dalla sindrome di Bse negli Usa
sarebbe stato causato da mangime contaminato. Pesanti le conseguenze in Borsa,
dove il titolo della McDonald, il colosso Usa del fast food, a Wall Street, in
apertura di seduta, ieri ha perso oltre l'8 per cento del suo valore. (D.G.)
A
FIUGGI E’ STATO ALLESTITO UN PRESEPE DOVE LA SACRA FAMIGLIA E’ CIRCONDATA
DA
UN MURO. “UN MODO PER FAR RIFLETTERE SULLA DECISIONE DI ISRAELE
DI COSTRUIRE UN MURO IN CISGIORDANIA”, HA
SPIEGATO IL PARROCO MARIO FUCA’
FROSINONE.= Un presepe in
cui la Sacra Famiglia è circondata da un muro. E’ l’idea escogitata dal parroco
della Chiesa “Regina Pacis” di Fiuggi, “per attirare l’attenzione della gente
sulla decisione del governo israeliano di costruire un muro in Cisgiordania: un
fatto gravissimo che dovrebbe farci seriamente riflettere”. Il sacerdote ha utilizzato
un pannello di legno su cui ha aggiunto una finta torretta di osservazione e
del filo spinato, oltre alle due bandiere, israeliana e palestinese. “Gesù nato
a Betlemme, oltre il muro…” dice un cartello affisso sul tramezzo. “Con questo
vogliamo dire che le barriere tagliano fuori il messaggio di fratellanza della
Natività”, ha spiegato don Mario, aggiungendo: “La fede, a qualsiasi
religione appartenga, è impegno a costruire fraternità tra gli uomini in un mondo
senza barriere. Bisogna andare oltre i muri e non costruirne di nuovi”. (D.G.)
NELLE CATTEDRALI DI PERUGIA E TERNI, PRANZO DI
NATALE PER I POVERI
ORGANIZZATO DALLA CARITAS E DALLE
AMMINISTRAZIONI COMUNALI
PERUGIA.=
Natale all’insegna della solidarietà in Umbria. Oggi, Perugia e Terni si sono
trasformate in un gran convivio per i poveri. La Caritas diocesana, in collaborazione
con le amministrazioni comunali e le rispettive mense, ha organizzato un pranzo
che ha visto la partecipazione di quanti ogni giorno si rivolgono ai centri di
assistenza. “E’ un Natale in cui abbiamo condiviso i valori più veri con i più
bisognosi”, ha detto Andrea Ciarapica, coordinatore della mensa di Perugia. Al
pranzo, hanno partecipato anche i vescovi delle due città umbre. Le iniziative
della Caritas proseguiranno anche nelle altre occasioni di festività, che
seguiranno il Natale. (D.G.)
NATALE
IN THAILANDIA TRA FESTA E SOLIDARIETA’. GRAZIE AI FONDI RACCOLTI
DALLA COMUNITA’ CATTOLICA DI BANGKOK, I
GIOVANI DELLA DIOCESI DI CHIENG MAI, TRA LE PIU’ POVERE DEL PAESE, RIESCONO A
CIBARSI PER UN ANNO INTERO
BANGKOK.=
I cattolici tailandesi rappresentano una delle più piccole comunità asiatiche,
appena lo 0,43% della popolazione. Eppure nelle diverse comunità si organizzano
numerose attività per ricordare la nascita di Gesù. Fra le tante celebrazioni,
una delle più suggestive è la Processione della Grande Stella, durante la quale
è rappresentata la storia della natività con l’accompagnamento di tradizionali
canti natalizi. La manifestazione è organizzata dall’arcidiocesi di Tharae-Nongsaeng.
A Bangkok, dove vivono i cattolici più agiati, da 10 anni le comunità
raccolgono fondi da inviare come dono di Natale a Chieng Mai nel nord del
Paese. Si tratta di una diocesi abitata da tribali molto poveri. Grazie agli
aiuti, i giovani riusciranno ad avere cibo per tutto l’anno. (D.G.)
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