RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 356 - Testo della Trasmissione di lunedì 22 dicembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il contributo dei cristiani alla costruzione della nuova Europa e l’impegno a promuovere la pace nel mondo in primo piano nel discorso del Papa alla curia romana, in occasione del tradizionale scambio di auguri natalizi, stamani in sala Clementina: ai nostri microfoni il cardinale Joseph Ratzinger

 

Messaggio del Papa al cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, in occasione della creazione dell’Istituto di Diritto canonico dedicato a San Pio X nel centenario della sua elezione al soglio pontificio.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il capo del governo transitorio iracheno a Mosca per discutere del debito estero, mentre gli Usa annunciano altri arresti importanti tra gli ex di Saddam.  Anche nell’incertezza che regna c’e chi vive la speranza cristiana del Natale: la testimonianza di una focolarina

 

Sempre molto grave la situazione umanitaria, soprattutto per l’infanzia, in Afghanistan: intervista con Antonello Sacchetti

 

A Gerusalemme e Betlemme “per la vita e per la pace”: ieri e oggi la provincia di Roma porta in Terra Santa la grande musica: con noi Sergio Rendine.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello del segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, Konrad Kaiser, nel messaggio di Natale, affinché i cristiani lavorino per sanare i conflitti armati e si adoperino per la solidarietà e la giustizia

 

Drammatico il 2003 per la chiesa del Nepal, oggetto di numerose violenze

 

Vivace protesta delle donne islamiche residenti in Francia contro la proposta di Chirac di vietare per le legge il velo in classe

 

Si è spento a Roma, all’età di 65 anni, il giornalista Giorgio Bonelli, da 40 anni capo ufficio stampa delle Acli e grande protagonista della difesa dei diritti della sua categoria

 

Designato alla guida del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano, il vescovo argentino Andrés Stanovnik, 55.enne cappuccino.

 

24 ORE NEL MONDO:

 L’accordo sul petrolio sembra mettere fine a 20 di guerra civile in Sudan: dei problemi ancora aperti ci parla il direttore di Nigrizia padre Carmine Curci

 

Le ispezioni nucleari in Libia potrebbero cominciare dalla prossima settimana, mentre Tripoli si dice pronta a firmare il protocollo di non proliferazione nucleare

 

Cina: la proprietà privata entrerà nella Costituzione nel marzo prossimo.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 dicembre 2003

 

 

 IL CONTRIBUTO DEI CRISTIANI ALLA COSTRUZIONE DELLA NUOVA EUROPA

 E L’IMPEGNO A PROMUOVERE LA PACE NEL MONDO IN PRIMO PIANO NEL DISCORSO

DEL PAPA ALLA CURIA ROMANA, IN OCCASIONE DEL TRADIZIONALE SCAMBIO

DI AUGURI NATALIZI, STAMANI IN SALA CLEMENTINA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Le radici cristiane dell’Europa e il dovere di promuovere la pace nel mondo sono stati i temi forti del discorso del Papa alla Curia Romana, ricevuta stamani in Sala Clementina per i tradizionali auguri natalizi. Un momento caratterizzato da un clima particolarmente festoso. Nel suo discorso, Giovanni Paolo II ha ricordato i viaggi apostolici effettuati quest’anno e gli sforzi compiuti sulla via dell’ecumenismo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Riandando con la memoria al primo incontro con la Curia Romana, il 22 dicembre di 25 anni fa, Giovanni Paolo II ha ringraziato i suoi più stretti collaboratori per il servizio sempre prestato con “intelligenza e dedizione”. Uniti in vista dell’unico fine di “annunciare il Vangelo di Cristo per la salvezza del mondo”. Il Papa ha così sottolineato la necessità per tutti i fedeli di “essere testimoni di pace”, ed “educare alla pace”. Ancor più in questo nostro tempo che vede “addensarsi all’orizzonte rischi e minacce per la serena convivenza dell’umanità”. Pensiero corredato da una viva esortazione:

 

“La pace resta possibile anche oggi e, se possibile, essa è doverosa”

 

Il Bambino di Betlemme, “che ci prepariamo ad accogliere nel mistero del Natale”, ha aggiunto, “rechi nel mondo il dono prezioso della sua pace”. Quindi, si è soffermato sull’Enciclica Pacem in terris del Beato Giovanni XXIII, che, ha constatato, nel quarantesimo di promulgazione “ci ha fatto rivivere l’ottimismo, permeato di speranza cristiana, di quel grande Pontefice in momenti non meno difficili dei nostri”. Non ha poi mancato di rivolgere l’attenzione al Vecchio Continente, rilevando come abbia attraversato e continui a vivere “una fase cruciale della sua storia”, mentre “allarga i confini ad altri popoli e nazioni”.

 

E’ importante che l’Europa, arricchita nel corso dei secoli del tesoro della fede cristiana, confermi queste sue origini e ravvivi queste radici.

 

“Il contributo più importante che i cristiani sono chiamati a dare alla costruzione della nuova Europa – ha proseguito – è anzitutto quello della loro fedeltà a Cristo e al Vangelo”. L’Europa ha detto ancora, ha bisogno di santi e di testimoni. E qui ha messo l’accento sulle cerimonie di beatificazione e canonizzazione celebrate quest’anno, citando in particolare quella di Madre Teresa di Calcutta, icona del Buon Samaritano. Nel ripercorrere l’intenso anno di attività pastorale, il Santo Padre ha ricordato i viaggi apostolici in Spagna, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e nella Repubblica Slovacca. Ancora, la promulgazione di importanti documenti come l’Enciclica Ecclesia de Eucaristia e le esortazioni post-sinodali Ecclesia in Europa e Pastores Gregis. D’altro canto, ha indicato i passi compiuti sulla strada dell’ecumenismo. “La consapevolezza dell’anelito di Cristo per l’unità dei credenti”, ha detto ancora, mi ha spinto “a intensificare i contatti ecumenici” con le Chiese ortodosse, la comunione anglicana e ancora esponenti di altre Chiese e comunità ecclesiali.

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Nel suo indirizzo di omaggio, il cardinale Joseph Ratzinger, decano del collegio cardinalizio ha messo l’accento sul dono prezioso offerto dal Papa con la promulgazione dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia. Quindi, ha ricordato la viva esperienza del concistoro, che ha coronato i giorni di festa per il 25.mo di Pontificato. Ma sulle sfide che oggi maggiormente interessano la Chiesa ascoltiamo il cardinale Ratzinger al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Conosciamo la forza della violenza in questo mondo, le minacce contro la pace e contro i fondamenti etici dell’umanità, che si mostrano in tanti campi della legislazione, soprattutto nella tecnica della riproduzione dell’uomo, secondo la quale l’uomo diventa un prodotto. Quindi, le preoccupazioni sono che le forze della fede siano sufficientemente presenti, anche dinamiche, perché possano realmente opporsi alla minaccia della violenza e creare un clima di perdono, di giustizia, come condizione della pace. E perché la fede possa realmente rispondere alle sfide del nostro tempo è importante che sia forte in se stessa, cioè che la fede soprattutto in Cristo sia completa, nel senso che capisca che Cristo è l’incarnazione dell’unico Dio e il Salvatore di tutti gli uomini. Quindi, tra le preoccupazioni c’è il grande il problema del  relativismo, il vedere Cristo Gesù come uno dei rivelatori di Dio, invece di vedere in Lui realmente l’incarnazione del Figlio di Dio.

 

D. – Eminenza, nonostante la salute precaria, che desta tante preoccupazioni, di questo Papa, egli procede con coraggio nella sua missione…

 

R. – E’ vero. Il Papa soffre fisicamente, come si vede, ma nello stesso tempo è spiritualmente molto forte. Mi sembra proprio che questa croce che gli è imposta renda ancora più forte la sua fede, la sua connessione intima con Cristo, il suo dialogo con Cristo. E da questa comunione nella croce di Cristo viene questa sua forza di annunciare, senza la minima paura, al mondo di oggi, questa fede. Quindi, è un testimone della forza di Cristo nel nostro mondo.

 

D. - Uno sguardo alla Curia Romana che stamattina ha formulato gli auguri al Papa. A volte le sono rivolte tante critiche...

 

R. - Dobbiamo dire che la Curia, umanamente parlando, è una grande amministrazione e le grandi amministrazioni hanno sempre delle mancanze e quindi non vogliamo fare una apologia totale. E’ vero, siamo tutti uomini, quindi ci sono anche debolezze umane, ma tutto sommato mi sembra che la Curia abbia l’intenzione di servire, con tutte le sue forze, il Santo Padre, la Chiesa stessa, il Signore. Ci sono veramente tante persone che lavorano con umiltà, dedizione e non soltanto nell’amministrazione ma lavorano anche per il bene delle anime, lavorano nelle parrocchie, confessano, predicano, sono animate da vero zelo. Quindi, nonostante i limiti umani, che sempre ci saranno, penso che la Curia sia veramente uno strumento fedele nelle mani del Papa al servizio della Chiesa e di Cristo.

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MESSAGGIO DEL PAPA AL CARDINALE ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA,

 IN OCCASIONE DELLA CREAZIONE DELL’ISTITUTO DI DIRITTO CANONICO DEDICATO

 A SAN PIO X, NEL CENTENARIO DELLA SUA ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO

 

Giovanni Paolo II ha inviato al cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, un messaggio in occasione del centenario dell'elezione di san Pio X al soglio pontificio. Tra le iniziative con cui il Patriarcato ha voluto onorare la memoria di papa Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia dal 1893 al 1903, “significativa – scrive Giovanni Paolo II - è la creazione dell'Istituto di Diritto Canonico San Pio X (recentemente eretto dalla Congregazione dell'Educazione Cattolica e aggregato alla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce)  con il quale si intende riprendere la tradizione degli studi canonistici curati dal Patriarca Sarto”.

 

Il nuovo Istituto fa parte dello Studium Generale Marcianum, iniziativa con cui la Chiesa in Venezia vuole approfondire e promuovere quella “dimensione educativa e culturale che è intrinseca all'opera di evangelizzazione”. Il Papa, nel messaggio, ricorda la sua visita a Venezia nel 1985 durante la quale affermò  che «con questa città, ricca di cultura, è in piena sintonia un'istituzione come l'università che, per eccellenza, attraverso la ricerca, riflette criticamente sulla realtà della natura e dell'esperienza storica dell'uomo per arricchirne il patrimonio di valori, ossia per produrre nuova cultura». Non poteva mancare a questo appello la comunità cristiana. “Attraverso lo Studium Generale Marcianum– scrive ancora il Papa -  i fedeli potranno offrire il loro contributo nella ricerca scientifica, nell'insegnamento e nello studio ai vari livelli dell'educazione, in dialogo aperto e costruttivo con tutti gli interlocutori sociali e culturali. In questo modo la Chiesa che è in Venezia  vuole rispondere alla singolare vocazione civile, culturale e artistica. che la Provvidenza le ha affidato lungo il corso della sua gloriosa storia”.

 

Quindi il Papa auspica “che, nell'attuale momento in cui la nuova Europa cerca di darsi un'identità, il lavoro dello Studium Generale Marcianum possa ribadire e mostrare a tutti che ogni cultura è finalizzata all'uomo”. Possa la fede – ha concluso -  continuare ad irrigare il campo del mondo per far crescere una civiltà a misura dell'uomo!”

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina è fortemente caratterizzata dal titolo "Gesù ci domanda di essere suoi testimoni. Ecco il nostro servizio alla Chiesa, all'uomo, alla pace, all'Europa": il discorso di Giovanni Paolo II ai cardinali, alla Curia e alla Prelatura romana per lo scambio degli auguri natalizi.

 

Nelle vaticane, all'Angelus in vista del Natale, il Papa auspica che Dio possa trovare spazio "nel nostro cuore", non oscurato dall'orgoglio e dalla superbia. Al contempo il Santo Padre ha indicato "il valore del silenzio, che sa ascoltare il canto degli Angeli e il vagito del Bimbo, non soffocandoli nel chiasso e nella confusione". Il Messaggio del Papa in occasione della creazione dell'Istituto di Diritto Canonico dedicato a san Pio X, nel centenario della sua elezione al soglio pontificio.

 

Nelle estere, in Iraq la Forza della coalizione intensifica le operazioni anti-guerriglia.

Riguardo al terrorismo si sottolinea che negli Usa sale lo stato di allerta per possibili attacchi; il Governatore di New York mobilita la Guardia Nazionale.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Pietro Borzomati dedicato ai saggi di Mario Casella sull'Azione Cattolica nel '900.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 dicembre 2003

 

 

 

DUE SOLDATI AMERICANI E UN INTERPRETE MORTI A BAGHDAD. MENTRE IL CAPO

DEL GOVERNO TRANSITORIO E’ A MOSCA PER COLLOQUI SUL DEBITO ESTERO.

 ANCHE NELL’INCERTEZZA C’E’ CHI VIVIE IN MODO PARTICOLARE

 LA SPERANZA CRISTIANA DEL NATALE

 

Due soldati americani e un interprete iracheno sono rimasti uccisi in un attentato dinamitardo compiuto ai danni di un convoglio che stava  attraversando Baghdad. Le truppe statunitensi hanno annunciato l’arresto di un ex alto funzionario di Saddam e di esperti in armi nucleari, mentre il capo del Consiglio provvisorio iracheno, Abdel Aziz al-Hakim, comincia oggi a Mosca una visita per discutere, con il governo russo ed esponenti dell’industria petrolifera, la questione del debito estero di Baghdad e dei contratti bilaterali. In ogni caso, anche nell’incertezza che regna in Iraq c’è chi vive in modo particolare la speranza cristiana del Natale. Al microfono di Adriana Masotti, sentiamo la testimonianza di Mirvet, del Centro del Movimento dei Focolari nella capitale irachena:

 

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R. – Si vive una situazione di insicurezza. Domina ancora l’anarchia e c’è tanta paura, tanta mancanza di lavoro. Chiunque voglia fare progetti non può andare avanti. I mercanti, per esempio, vanno al lavoro e, poi, ad un certo punto capita che qualcuno con un fucile in mano dice: ‘Metti qui tutto quello che hai e vai a casa’. Tante mamme mandano i figli a scuola e non si sa cosa accadrà. A volte hanno trovato bombe nelle scuole. Poi ci sono rapine: sequestrano i bambini per chiedere un riscatto.

 

D. – In questo contesto, voi del Focolare e la Comunità che è collegata con voi, come vivete?

 

R. – Base della nostra vita è la vita del Vangelo, ma dico che mai ho avuto un momento di così profonda unione con Dio, di fiducia in Dio come in questo periodo. Magari, uscendo così non hai nessuno che ti protegge e quindi ti abbandoni totalmente a Dio e anche agli altri. Non sono tutti terroristi, non sono tutti cattivi! Bisogna anche avere fiducia negli altri. E poi, con la comunità è stata una cosa molto bella, perché magari uno davanti ad una situazione così, si chiede cosa possa fare. Invece, ci siamo incontrati ed abbiamo detto: ‘Possiamo fare tanto’. Anche dietro le quinte, ogni atto d’amore può fermare un terrorista. Questa realtà che Gesù è in mezzo a noi, il suo imperativo di amarci l’uno l’altro ci fanno sentire che Gesù dopo ci ascolta, viene in nostro aiuto!

 

D. – Siete riusciti ad organizzare qualcosa, qualche attività in favore dei più poveri?

 

R. – La comunità non è ricca, però c’è stato un gesto molto bello: all’inizio dell’inverno abbiamo tutto quello che avevamo in più di vestiario e simili e lo abbiamo messo a disposizione di quelli che avevano di meno.

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SEMPRE DIFFICILE LA SITUAZIONE IN AFGHANISTAN. LA DENUNCIA

 DI SAVE THE CHILDREN SULLE DRAMMATICHE CONDIZIONI DEI MINORI

- Intervista con Antonello Sacchetti -

 

Sempre difficile la situazione in Afghanistan. Sette soldati sono rimasti uccisi e cinque feriti nel corso di un assalto sferrato da un gruppo di Talebani nel sud-est del Paese mentre a Kabul, nella notte, si sono susseguite quattro esplosioni senza provocare vittime. Intanto rimane sempre molto grave l’emergenza umanitaria, soprattutto per l’infanzia. Sono moltissimi i minori che perdono la vita a causa di malattie o a causa degli effetti della guerra. Marina Tomarro ha intervistato Antonello Sacchetti, portavoce dell’Associazione Save the Children:

 

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R. – La situazione dell’infanzia in Afghanistan è terribile ed è peggiorata nell’ultimo anno. Un dato che deve farci capire tutto è che il 50 per cento dei bambini sotto i cinque anni sono cronicamente malnutriti. Non solo: il 60 per cento dei decessi infantili, che continuano a verificarsi in questo Paese, sono provocati da malattie prevenibili e curabili. Poi si calcola che ci sono circa 70 mila minori che sono sfruttati in varie forme di lavoro nell’economia informale. L’ultimo allarme che è arrivato è che c’è il sospetto che esista un mercato che porti i minori afghani nei Paesi limitrofi.

 

D. – In questi giorni, diversi bambini sono stati uccisi “per sbaglio”. Com’è possibile?

 

R. – In Afghanistan sono episodi che si verificano quasi quotidianamente da 25 anni. Questo è un Paese che ha un’aspettativa di vita di 46 anni, la più bassa del mondo. Non è soltanto una questione di risorse che mancano durante il tempo di guerra. C’è sempre un rischio, un rischio che vede soprattutto i bambini come vittime degli ordigni inesplosi, delle mine antiuomo. Nonostante ci si sia un po’ dimenticati, anche a livello di opinione pubblica internazionale, dell’Afghanistan, la situazione lì non è cambiata un granché. Sicuramente, oggi non ci sono più al governo i talebani, ma anche la situazione politica è molto, molto confusa. E’ vero che a Kabul c’è un governo che si propone di dare un assetto democratico al Paese. Però, è vero anche che  in tutto il Paese continua la guerra tra le varie fazioni politiche e i bambini in questo sono le prime vittime e sono anche parte in causa, nel senso che sono anche molti i bambini che continuano a combattere, arruolati da quasi tutti gli eserciti personali di questi “signori della guerra”. La ripresa è molto, molto lenta.

 

D. – C’è qualcosa che si può fare di concreto per aiutare questi bambini a crescere in una maniera più dignitosa?

 

R. – Noi, come “Save The Children”, stiamo lavorando a Kabul e in diverse città dell’Afghanistan. Chiaramente abbiamo incominciato intanto a dare un’assistenza alimentare e medica e, poi, a ricostruire le scuole e, quindi, a formare insegnanti per dare una nuova speranza di vita all’infanzia di questo Paese, che veramente è uno dei Paesi più martoriati di tutta la terra.

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A GERUSALEMME E BETLEMME “PER LA VITA E PER LA PACE”: OGGI E DOMANI

LA PROVINCIA DI ROMA PORTA IN TERRA SANTA LA GRANDE MUSICA E FAVORISCE L’INCONTRO FRA I SINDACI DELLE DUE CITTA’

- Con noi, il direttore artistico e compositore Sergio Rendine -

 

“Per la Vita e per la Pace” a Gerusalemme e Betlemme: ieri sera e oggi i concerti dell’Orchestra e Coro del Teatro Marruccino di Chieti e l’incontro con i Sindaci delle due città, promosso dalla Conferenza delle Città Storiche del Mediterraneo e dalla Provincia di Roma, con il sostegno del Consolato italiano e della Nunziatura Apostolica di Terra Santa.

 

Per l’occasione, la Provincia finanzierà il restauro dell’organo della Chiesa del Sacro Cuore e l’attività delle suore dell’Istituto Effeta di Betlemme che si occupano di ragazzi sordomuti. Testimonial dell’iniziativa, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini.

 

Grande repertorio sacro, dal Magnificat di Bach alla Vergine degli Angeli di Verdi, ma anche contemporaneo - l’Exultate di Rendine – nel programma musicale presentato nella Henry Crown Symphony Hall di Gerusalemme e all’Auditorium Chiesa di Betlemme. A.V. ha intervistato il direttore artistico.

 

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D. - Sergio Rendine, compositore, e direttore artistico dell’orchestra del Teatro Marucino di Chieti. Quale messaggio portate, attraverso la musica, in Israele e Palestina? Su quali autori e brani è caduta la sua scelta?

 

R. – Noi portiamo un messaggio di pace, un messaggio in cui la cultura si impegna a dare quell’energia che sembra perduta in questo momento. Lo facciamo attraverso autori storici e contemporanei, una prima esecuzione assoluta di Luciano di Giandomenico e “Omnia exultate”, che chiude la serata.

 

D. – Come è cambiata la situazione culturale, ma anche sociale, in questi ultimi anni?

 

R. – E’ un popolo di alto impegno culturale. Tra l’altro dalla cultura ebraica vengono tra i più grandi musicisti del nostro tempo e non solo: Bernstein, presente con il finale del “Candide” nel concerto, uno tra tutti.  La situazione sociale è cambiata in peggio. Ovviamente, anni di guerra e di odio non possono far altro che inasprire non solo gli animi, ma anche la vita di tutti i giorni. Io sono di tradizione e di religione cattolica, ma il candelabro ebraico, che ho nel mio studio, è proprio un segno al di là di ogni religione, simbolo dei sette giorni della creazione, simbolo sacro. 

 

D. – Ed è un simbolo che proprio in questi giorni ha un valore particolare, data la festa di Hannuka, per gli ebrei la festa della luce…

 

R. – E’ uno dei grandi simboli di tutta una cultura, che va anche al di là del mondo ebraico, passa attraverso Platone, e riguarda tutta la cultura dell’Occidente e dell’Oriente.

 

D. – E proprio attraverso questa unità culturale, questa ricerca, forse si può sperare di raggiungere anche l’unità degli animi, la pace…

 

R. – E’ la speranza di tutti. E’ la speranza che ci si riconosca tutti figli di un unico Dio e che ci si possa rispettare come fratelli sulla terra. E la nostra missione culturale, anche se è un piccolo granello di sabbia, cerca di testimoniare questa volontà e questa speranza.

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CHIESA E SOCIETA’

22 dicembre 2003

 

 

 

I CRISTIANI DI OGNI CONFESSIONE  LAVORINO PER SANARE I CONFLITTI ARMATI

E SI ADOPERINO PER LA SOLIDARIETA’ E LA GIUSTIZIA, IN MODO PARTICOLARE VERSO

 I MALATI DI AIDS. L’APPELLO CONTENUTO NEL MESSAGGIO DI NATALE

DEL SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE,

KONRAD RAISER

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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GINEVRA. = La pace nel mondo come impegno e non come “mero augurio”. Una pace che porti i cristiani a riecheggiare il messaggio degli angeli nella notte della Natività, confermandoli nella loro scelta di lotta contro ogni forma di violenza, di ingiustizia. E come uomini di solidarietà accanto a chi soffre, in modo particolare i malati di Aids. Si snoda lungo questi auspici il Messaggio di Natale del pastore luterano Konrad Raiser, segretario generale uscente del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). Per 11 anni alla guida dell’organismo ecumenico che riunisce 342 chiese di varie confessioni cristiane in 120 Paesi e ora in procinto di lasciare la carica in favore del nuovo segretario, il pastore metodista kenyota Samuel Kobia, Raiser si sofferma sui conflitti che dilaniano il pianeta. Conflitti, afferma, che hanno alla radice “il conflitto tra Dio e l’umanità”. “Quando gli uomini danno gloria a Dio – afferma Raiser - tutto ciò che porta ai conflitti umani perde poi di giustificazione. E questo – aggiunge – è particolarmente il caso di quei luoghi in cui i conflitti trovano legittimazione in campo religioso”. Ma la “pace di Dio”, prosegue il segretario del Wcc – quella che chiama i cristiani all’impegno – “è più di una dichiarazione scritta, di un accordo o di un programma”. Essa mira al bene reale della creazione intera, alla giustizia nei rapporti tra le famiglie, tra i sessi, nella politica, secondo la strada tracciata dal Vangelo. Quando i cristiani e le Chiese, come avvenuto nella recente guerra in Iraq, si uniscono in un’unica voce di protesta, “costoro – scrive Raiser - rafforzano l’alleanza di Dio con l’umanità”. E qui il pastore luterano indica, come “risposta adeguata” agli stimoli di pace e di giustizia del messaggio natalizio, il coinvolgimento delle Chiese nella lotta all’Aids. “Se le Chiese – obietta – rimangono in silenzio o ignorano” la realtà dei circa 8 mila malati che muoiono ogni giorno nel mondo, “noi saremo colpevoli di aver causato le sofferenze e la morte di persone che avrebbero potuto essere salvate”. “E’ urgente – conclude Raiser – mobilitare tutte le nostre energie per promuovere un lavoro di educazione e prevenzione e assicurare per tutti la disponibilità della cura”.

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DRAMMATICO IL 2003 PER LA CHIESA DEL NEPAL, OGGETTO DI NUMEROSE VIOLENZE.

LA DENUNCIA VIENE DAL LOCALE PROPREFETTO APOSTOLICO,

IL GESUITA PADRE PERUMANA,

CHE ANNUNCIA ANCHE L’APERTURA DI UN NUOVO CENTRO PASTORALE PER I GIOVANI

 

KATHMANDU. = La Chiesa del Nepal ha vissuto nel 2003 un anno di notevoli sofferenze: numerose istituzioni ecclesiali - scuole, ambulatori - hanno subito attacchi e ricatti a scopo di estorsione, ed alcune strutture sono state costrette alla chiusura. La denuncia è stata fatta all’agenzia Fides dal gesuita padre Pius Perumana, pro-prefetto apostolico nello Stato asiatico. L’anno che sta per concludersi, ha ricordato il religioso, “è cominciato con un’esplosione di violenza, poi c’è stato un raggio di speranza con la tregua annunciata a fine gennaio fra i ribelli maoisti e il governo, e con l’inizio dei colloqui. Ma poi la rottura delle trattative, alla fine di agosto, ha segnato un triste ritorno alle ostilità”. Molte famiglie, ha riferito il gesuita, sono state coinvolte in assalti e uccisioni, ma “nonostante tutto – ha affermato - non ci siamo arresi”. A fare da argine alla violenza con la solidarietà, si è spesso trovata la piccola comunità cattolica nepalese, che conta 6 mila fedeli su 23 milioni di abitanti: “Continuiamo a servire il popolo di questa terra, condividendone gioie e dolori”, ha assicurato padre Perumana, che ha annunciato anche, per il 2 gennaio, l’apertura del nuovo Centro Pastorale a Kathmandu, dedicato alle attività per i giovani. (A.D.C.)

 

 

VIVACE PROTESTA DELLE DONNE ISLAMICHE RESIDENTI IN FRANCIA

CONTRO LA PROPOSTA DI CHIRAC DI VIETARE PER LEGGE IL VELO

IN CLASSE. CIRCA MILLE HANNO SFILATO IN CORTEO A PARIGI,

 MENTRE MANIFESTAZIONI ANALOGHE SI SONO SVOLTE IN ALTRE CITTA’ DEL PAESE

 

PARIGI. = No all’“abiura” del velo per le studentesse musulmane in Francia. Con una vivace protesta scandita a suon di slogan, un migliaio di donne e ragazze di religione islamica hanno manifestato ieri pomeriggio per le strade di Parigi, contestando la proposta del presidente Jacques Chirac, che intende bandire per legge il velo dalle scuole statali, in nome della laicità. Le manifestanti si sono radunate a Place de la Republique e, nonostante la pioggia, hanno sfilato fino alla Bastiglia. “Il mio velo è la mia voce”, “Laicità è coesione, legiferare è esclusione”, si leggeva su alcuni dei cartelli inalberati durante il corteo. Il prossimo 17 gennaio è prevista un'altra manifestazione di piazza contro la proposta presidenziale che vorrebbe vietare in classe tutti i simboli religiosi “ostentati”. A livello politico, con qualche eccezione, anche l'opposizione di sinistra francese caldeggia una legge anti-velo che riaffermi e rilanci la  laicità repubblicana. I musulmani francesi - da quattro a sei milioni secondo le stime – si oppongono strenuamente e  le manifestazioni di Strasburgo e Avignone che hanno preceduto quella di Parigi sono il segno di una protesta montante. Oltre al presidente Chirac, bersaglio della vivace protesta femminile è stato anche Jacques Martin, sindaco di una città della cintura parigina, Nogent-sur-Marne, che nei giorni scorsi aveva proibito l'esibizione del velo islamico e di tutti gli altri “simboli” durante i matrimoni in municipio. (A.D.C.)

 

 

SI E’ SPENTO A ROMA, ALL’ETA’ DI 65 ANNI, IL GIORNALISTA GIORGIO BONELLI,

DA 40 ANNI CAPO UFFICIO STAMPA DELLE ACLI E GRANDE PROTAGONISTA

DELLA DIFESA DEI DIRITTI DELLA SUA CATEGORIA. I FUNERALI IL 23 DICEMBRE ALLE 11, NELLA CHIESA DEI MARTIRI CANADESI

 

ROMA. = “Un giornalista di grande umanità e fede cristiana, buono e generoso, vivace e responsabile, aclista nel cuore e nella mente, tenace nel difendere coloro che aspirano a vedersi riconosciuti i propri diritti”. Sono le parole affettuose e commosse che le Acli, l’Associazione cattolica lavoratori italiani, dedica alla memoria di Giorgio Bonelli, “storico” capo ufficio stampa dell’organismo cattolico, morto nel primo pomeriggio di ieri, all’età di 65 anni, dopo una lunga malattia. Noto per la sua passione civile, espressa soprattutto nella difesa dei diritti della sua categoria professionale, Bonelli era membro della Giunta esecutiva dell'Associazione Stampa Romana ed era tra i promotori della riforma dell'accesso alla professione giornalistica. “Una perdita grave per me e per tutta l’Associazione – ha dichiarato il presidente delle Acli, Luigi Bobba - perché viene a mancare un amico e collaboratore fedele e un testimone significativo delle Acli degli ultimi 40 anni”. Nell’esprimere il cordoglio dell’Ucsi, l’Unione della stampa cattolica italiana, il vicepresidente Angelo Paoluzi ha ricordato, tra l’altro, le qualità “di spiccata umanità, simpatia e disponibilità al dialogo” che caratterizzavano Bonelli. Di “straordinarie qualità umane, professionali e civili” ha parlato anche la segreteria della Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana: la sua “azione nella professione – si legge in un comunicato - ha rappresentato una delle pagine più significative della storia degli organismi rappresentativi della categoria”. I funerali di Giorgio Bonelli si terranno martedi' prossimo 23 dicembre, alle ore 11 a Roma, nella Chiesa dei Martiri Canadesi. (A.D.C)

 

 

DESIGNATO ALLA GUIDA DEL CELAM, IL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO,

IL VESCOVO ARGENTINO ANDRÉS STANOVNIK, 55.ENNE CAPPUCCINO.

LA CONFERMA DELLA NOMINA PREVISTA DURANTE LA PLENARIA DEL 2005

- A cura di Antonio Mancini -

 

BUENOS AIRES. = Il vescovo argentino di Reconquista, mons. Andrés Stanovnik, 55 anni, religioso cappuccino, è stato designato come segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). E' la terza volta che un vescovo argentino viene chiamato alla segretaria dell'importante organismo ecclesiale latinoamericano. La conferma nell'incarico è prevista nella prossima plenaria del 2005. Mons. Stanovnik, di Buenos Aires, prende il posto di mons. Ramòn Benito de La Rosa y Caprio, vescovo di Nostra Signora di Altagracia, nella Repubblica Dominicana, nominato arcivescovo di Santiago de los Caballeros.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 dicembre 2003

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il miglioramento delle  relazioni con Israele è legato a progressi nel processo di pace. Lo ha affermato oggi a Gerusalemme il ministro degli  esteri egiziano Ahmed Maher che stamane si è incontrato separatamente col premier Ariel Sharon e col collega israeliano Silvan Shalom. Quest'ultimo, a sua volta, ha affermato che il miglioramento delle relazioni con Israele permetterà all' Egitto di svolgere  un ruolo importante nel processo di pace tra israeliani e  palestinesi e nei rapporti tra lo stato ebraico e il mondo arabo. Intanto, da parte sua, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, incontrando a Ramallah una delegazione di amministratori italiani guidati dal presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, ha detto di essere sempre dalla parte della pace, conservando le speranze espresse dall’accordo di Oslo con Rabin e dall’intesa siglata, a livello informale, di recente a Ginevra.

 

Le ispezioni nucleari in  Libia potrebbero cominciare dalla prossima settimana. Lo ha detto il direttore generale dell'Aiea Mohamed el Baradei. La Libia è pronta a firmare il protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Lo ha detto oggi alla Bbc Radio il premier libico Choukri Ghanem.

 

Un accordo sullo sfruttamento delle risorse petrolifere del Sudan è stato raggiunto ieri pomeriggio tra il governo sudanese e i ribelli dell'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (Spla). E’ un successo delle trattative in corso a Naivasha, in Kenya, e dovrebbe mettere fine alla guerra civile che in 20 anni ha causato la morte di oltre due milioni di persone. Sulle prospettive aperte da questo accordo e sui passi ancora da compiere verso la pace, Giancarlo La Vella ha intervistato padre Carmine Curci, direttore della rivista dei missionari comboniani, Nigrizia:

 

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R. – Sicuramente, con l’accordo di massima per la spartizione dei proventi del petrolio, è stato superato uno dei più grossi ostacoli. Teniamo presente che è l’elemento che ha portato ad intensificare la guerra in Sudan.

 

D. – Padre Curci, oltre alla spartizione dei proventi del petrolio ci sono altri ostacoli al raggiungimento della pace su tutto il territorio del Sudan?

 

R. - Ci sono ancora molte difficoltà per la pace. Innanzitutto, questo accordo di Naiwasha è stato firmato solamente da due protagonisti, cioè il governo di Khartoum e l’SPLA di John Garang. Non sono state invitate alle trattative altre forze molto importanti del Sudan come, per esempio, la società civile e le Chiese. Secondo grave difetto di questo accordo è che in Sudan non esiste solo un conflitto, ma esistono diversi conflitti. Non dimentichiamo, ad esempio, quello nel Darfur. Perciò, se da una parte possiamo constatare che si sta portando a termine la più lunga guerra civile, dall’altra parte restano ancora molte perplessità su questa pace.

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Continua a piovere nel centro-sud delle Filippine, dove circa 200 persone sarebbero morte per le frane causate dalle alluvioni. Tra le zone più colpite dell’arcipelago, l’isola di Leyte e quella di Mindanao. Ma il bilancio è ancora provvisorio e rischia di essere aggravato dal naufragio di un traghetto con 75 passeggeri, avvenuto ieri nel mare di Sulu. Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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Anche contare le vittime, a questo punto, diventa un’impresa: non si riesce neppure a tirarle fuori dal fango, tanto forte è la pioggia che continua a scendere sulla provincia meridionale di Leyte. Tra strade sommerse e ponti distrutti, i mezzi di soccorso fanno il possibile, aiutati dagli elicotteri militari messi a disposizione dagli Stati Uniti. Le immagini mostrate dalla televisione non sono rassicuranti, né lo sono le parole della presidente Gloria Arroyo, che ha autorizzato gli amministratori locali a dichiarare lo stato di calamità naturale. Le accuse contro il governo di Manila sono durissime. Un po’, perché il diluvio era iniziato una settimana fa e nessuno aveva avvisato gli abitanti del rischio che stavano correndo. Inoltre, perché dall’alluvione del ’91 – quella che causò 5 mila morti ad Ormoc, proprio nella provincia di Leyte – non erano state prese sul serio le raccomandazioni degli ambientalisti, preoccupati per la nuova offensiva edilizia. Troppe le case abusive in zone a rischio, pochi gli alberi rimasti a difendere i villaggi nella stagione delle piogge: trent’anni fa le foreste erano più di un terzo del territorio, ora sono meno di un quinto. “La mancanza di alberi nella zona è una colpa che stiamo pagando cara”, ha ammesso il responsabile regionale della Protezione civile, Dionisio Coloma, paventando anche il rischio di una possibile epidemia. Non ci sarebbero neppure le medicine per fermarla: c’è un solo aereo cargo in azione ed una nave, partita alla volta di Leyte, è ancora in mezzo al mare.

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E’ stata bassa ieri l’affluenza dei cittadini della Guinea alle urne per eleggere il nuovo presidente. L'opposizione aveva lanciato appelli a boicottare il voto affermando che unico favorito resta il generale da circa 20 anni al potere. Della situazione e della tensione interna al Paese, ci riferisce Giulio Albanese.

 

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L’opposizione ha continuato a lanciare ripetuti appelli a boicottare il voto sottolineando che la consultazione non offriva nessuna garanzia di trasparenza. Il favorito è sempre lui, l’uomo forte, il generale Lansana Conté, che ha fatto intendere di voler vincere a tutti i costi. Per inciso, alla vigilia del voto, la polizia di Conakry ha arrestato decine di soldati accusati di aver ordito un golpe e personaggi considerati ostili al capo di Stato, che dal 1984 guida il Paese con il pugno di ferro e che non ha esitato a modificare la Costituzione per presentarsi di nuovo alle presidenziali. In effetti, nella capitale Conakry, i sostenitori del generale hanno dichiarato di volerlo rieleggere per la stabilità di cui gode il Paese. Molti, però, affermano che la Guinea, in questi anni, ha vissuto un benessere riflesso, indotto dalle disgrazie altrui, cioè di Sierra Leone e Liberia in testa, per non parlare della vicina Guinea Bissau. Gran parte delle agenzie umanitarie hanno, infatti, diretto le operazioni di soccorso proprio da Conakry in considerazione soprattutto delle difficoltà occorse all’ex isola felice dell’Africa occidentale, la Costa d’Avorio. Sta di fatto che l’unico avversario di Conté è Mamadu Boiebarie, esponente moderato di un piccolo partito. Secondo l’opposizione, si tratterebbe di un candidato finanziato dallo stesso regime, per dare una parvenza democratica alle elezioni. La Guinea, ex colonia francese, è un punto chiave nello scacchiere dell’Africa occidentale, con l’85% della popolazione di religione musulmana. In questo contesto, la Chiesa cattolica, pur essendo minoritaria, ha comunque sempre fatto sentire la sua voce in difesa dei ceti meno abbienti.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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In Italia è stata catturata all'alba, sul litorale a nord di Roma, Diana Blefari Melazzi, individuata come la terrorista che aveva in affitto il covo delle Brigate rosse scoperto di recente nella capitale. C’è poi  l’altro fatto di cronaca di rilievo: l’attentato dinamitardo di ieri sera a Bologna, avvenuto nelle vicinanze dell’abitazione di Romano Prodi, presidente della Commissione Europea. Secondo gli inquirenti, si tratta di un’azione di matrice anarchica. L’esplosione ha provocato solo lievi danni a cassonetti delle immondizie.

 

Sempre in Italia, proseguono i disagi per gli scioperi nell’ambito dei trasporti. Nelle grandi città la situazione oggi sembra sotto controllo ma in molti capoluoghi sono fermi autobus e metropolitane. A Genova lo sciopero si è fatto nonostante la precettazione.

 

La Cina ha confermato ufficialmente oggi che la proprietà privata entrerà nella costituzione nel marzo prossimo. Secondo una proposta di emendamento alla costituzione del 1982, sottoposta al comitato permanente dell'Assemblea nazionale popolare, “la proprietà privata acquisita legalmente diventa inviolabile”. La decisione e' stata presa nell'ottobre scorso dal partito  comunista ma non era stata ancora annunciata ufficialmente.

 

E’ iniziato oggi a Belgrado il processo per i presunti responsabili dell’assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic, avvenuto il 12 marzo scorso davanti alla sede del governo di Belgrado. Non sarà presente all’udienza, in quanto latitante, colui che viene considerato la “mente” dell’attentato: Zvezdan Jovanovic, un ex ufficiale della polizia serba. Alla sbarra ci sono 21 dei 36 imputati, che dovranno rispondere non solo della morte del premier, ma anche di altri 13 delitti del passato, fra cui l'uccisione dell'ex  presidente serbo Ivan Stambolic, scomparso a Belgrado il 30  agosto del 2000, alla vigilia delle elezioni che avrebbero  sancito la caduta di Slobodan Milosevic.

 

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