RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 356 - Testo della
Trasmissione di lunedì 22 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Drammatico
il 2003 per la chiesa del Nepal, oggetto di numerose violenze
L’accordo sul petrolio sembra mettere fine a 20 di
guerra civile in Sudan: dei problemi ancora aperti ci parla il direttore di
Nigrizia padre Carmine Curci
Le ispezioni nucleari in Libia potrebbero
cominciare dalla prossima settimana, mentre Tripoli si dice pronta a firmare il
protocollo di non proliferazione nucleare
Cina: la proprietà privata entrerà nella
Costituzione nel marzo prossimo.
22
dicembre 2003
IL CONTRIBUTO DEI CRISTIANI ALLA COSTRUZIONE DELLA
NUOVA EUROPA
E L’IMPEGNO A PROMUOVERE LA PACE NEL MONDO IN
PRIMO PIANO NEL DISCORSO
DEL
PAPA ALLA CURIA ROMANA, IN OCCASIONE DEL TRADIZIONALE SCAMBIO
DI
AUGURI NATALIZI, STAMANI IN SALA CLEMENTINA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Le
radici cristiane dell’Europa e il dovere di promuovere la pace nel mondo sono
stati i temi forti del discorso del Papa alla Curia Romana, ricevuta stamani in
Sala Clementina per i tradizionali auguri natalizi. Un momento caratterizzato
da un clima particolarmente festoso. Nel suo discorso, Giovanni Paolo II ha
ricordato i viaggi apostolici effettuati quest’anno e gli sforzi compiuti sulla
via dell’ecumenismo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
*********
Riandando con la memoria al primo incontro con la Curia
Romana, il 22 dicembre di 25 anni fa, Giovanni Paolo II ha ringraziato i suoi
più stretti collaboratori per il servizio sempre prestato con “intelligenza e
dedizione”. Uniti in vista dell’unico fine di “annunciare il Vangelo di Cristo
per la salvezza del mondo”. Il Papa ha così sottolineato la necessità per tutti
i fedeli di “essere testimoni di pace”, ed “educare alla pace”. Ancor più in
questo nostro tempo che vede “addensarsi all’orizzonte rischi e minacce per la
serena convivenza dell’umanità”. Pensiero corredato da una viva esortazione:
E’ importante che l’Europa, arricchita nel corso
dei secoli del tesoro della fede cristiana, confermi queste sue origini e
ravvivi queste radici.
“Il contributo più importante che i cristiani sono
chiamati a dare alla costruzione della nuova Europa – ha proseguito – è
anzitutto quello della loro fedeltà a Cristo e al Vangelo”. L’Europa ha detto
ancora, ha bisogno di santi e di testimoni. E qui ha messo l’accento sulle cerimonie di
beatificazione e canonizzazione celebrate quest’anno, citando in particolare
quella di Madre Teresa di Calcutta, icona del Buon Samaritano. Nel ripercorrere
l’intenso anno di attività pastorale, il Santo Padre ha ricordato i viaggi
apostolici in Spagna, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e nella Repubblica Slovacca.
Ancora, la promulgazione di importanti documenti come l’Enciclica Ecclesia
de Eucaristia e le esortazioni post-sinodali Ecclesia in Europa e Pastores
Gregis. D’altro canto, ha indicato i passi compiuti sulla strada
dell’ecumenismo. “La consapevolezza dell’anelito di Cristo per l’unità dei credenti”,
ha detto ancora, mi ha spinto “a intensificare i contatti ecumenici” con le
Chiese ortodosse, la comunione anglicana e ancora esponenti di altre Chiese e
comunità ecclesiali.
********
Nel suo
indirizzo di omaggio, il cardinale Joseph Ratzinger, decano del collegio
cardinalizio ha messo l’accento sul dono prezioso offerto dal Papa con la
promulgazione dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia. Quindi, ha
ricordato la viva esperienza del concistoro, che ha coronato i giorni di festa
per il 25.mo di Pontificato. Ma sulle sfide che oggi maggiormente
interessano la Chiesa ascoltiamo il cardinale Ratzinger al microfono di Giovanni
Peduto:
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R. – Conosciamo la forza della violenza in questo mondo,
le minacce contro la pace e contro i fondamenti etici dell’umanità, che si
mostrano in tanti campi della legislazione, soprattutto nella tecnica della
riproduzione dell’uomo, secondo la quale l’uomo diventa un prodotto. Quindi, le
preoccupazioni sono che le forze della fede siano sufficientemente presenti,
anche dinamiche, perché possano realmente opporsi alla minaccia della violenza
e creare un clima di perdono, di giustizia, come condizione della pace. E
perché la fede possa realmente rispondere alle sfide del nostro tempo è importante
che sia forte in se stessa, cioè che la fede soprattutto in Cristo sia completa,
nel senso che capisca che Cristo è l’incarnazione dell’unico Dio e il Salvatore
di tutti gli uomini. Quindi, tra le preoccupazioni c’è il grande il problema
del relativismo, il vedere Cristo Gesù
come uno dei rivelatori di Dio, invece di vedere in Lui realmente
l’incarnazione del Figlio di Dio.
D. – Eminenza, nonostante la salute precaria, che desta
tante preoccupazioni, di questo Papa, egli procede con coraggio nella sua
missione…
R. – E’ vero. Il Papa soffre fisicamente, come si vede, ma
nello stesso tempo è spiritualmente molto forte. Mi sembra proprio che questa
croce che gli è imposta renda ancora più forte la sua fede, la sua connessione
intima con Cristo, il suo dialogo con Cristo. E da questa comunione nella croce
di Cristo viene questa sua forza di annunciare, senza la minima paura, al mondo
di oggi, questa fede. Quindi, è un testimone della forza di Cristo nel nostro
mondo.
D. - Uno sguardo alla Curia Romana che stamattina ha
formulato gli auguri al Papa. A volte le sono rivolte tante critiche...
R. - Dobbiamo dire che la Curia, umanamente parlando, è
una grande amministrazione e le grandi amministrazioni hanno sempre delle
mancanze e quindi non vogliamo fare una apologia totale. E’ vero, siamo tutti
uomini, quindi ci sono anche debolezze umane, ma tutto sommato mi sembra che la
Curia abbia l’intenzione di servire, con tutte le sue forze, il Santo Padre, la
Chiesa stessa, il Signore. Ci sono veramente tante persone che lavorano con
umiltà, dedizione e non soltanto nell’amministrazione ma lavorano anche per il
bene delle anime, lavorano nelle parrocchie, confessano, predicano, sono
animate da vero zelo. Quindi, nonostante i limiti umani, che sempre ci saranno,
penso che la Curia sia veramente uno strumento fedele nelle mani del Papa al
servizio della Chiesa e di Cristo.
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MESSAGGIO
DEL PAPA AL CARDINALE ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA,
IN OCCASIONE DELLA CREAZIONE DELL’ISTITUTO DI
DIRITTO CANONICO DEDICATO
A SAN PIO X, NEL CENTENARIO DELLA SUA
ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO
Giovanni Paolo II ha inviato al
cardinale Angelo Scola, patriarca
di Venezia, un messaggio in occasione del centenario dell'elezione di san Pio X
al soglio pontificio. Tra le iniziative con cui il Patriarcato ha voluto
onorare la memoria di papa Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia dal 1893 al
1903, “significativa – scrive Giovanni Paolo II - è la creazione dell'Istituto
di Diritto Canonico San Pio X (recentemente eretto dalla Congregazione
dell'Educazione Cattolica e aggregato alla Facoltà di Diritto Canonico della
Pontificia Università della Santa Croce)
con il quale si intende riprendere la tradizione degli studi canonistici
curati dal Patriarca Sarto”.
Il nuovo Istituto fa parte dello Studium Generale Marcianum,
iniziativa con cui la Chiesa in Venezia vuole approfondire e promuovere
quella “dimensione educativa e culturale che è intrinseca all'opera di
evangelizzazione”. Il Papa, nel messaggio, ricorda la sua visita a Venezia nel
1985 durante la quale affermò che «con
questa città, ricca di cultura, è in piena sintonia un'istituzione come l'università
che, per eccellenza, attraverso la ricerca, riflette criticamente sulla realtà
della natura e dell'esperienza storica dell'uomo per arricchirne il patrimonio
di valori, ossia per produrre nuova cultura». Non poteva mancare a questo
appello la comunità cristiana. “Attraverso lo Studium Generale Marcianum– scrive ancora il Papa - i fedeli potranno offrire il loro contributo nella ricerca scientifica,
nell'insegnamento e nello studio ai vari livelli dell'educazione, in dialogo
aperto e costruttivo con tutti gli interlocutori sociali e culturali. In questo
modo la Chiesa che è in Venezia vuole
rispondere alla singolare vocazione civile, culturale e artistica. che la
Provvidenza le ha affidato lungo il corso della sua gloriosa storia”.
Quindi il Papa auspica “che, nell'attuale momento in cui
la nuova Europa cerca di darsi un'identità, il lavoro dello Studium Generale Marcianum possa ribadire e mostrare a tutti che
ogni cultura è finalizzata all'uomo”. Possa la fede – ha concluso - continuare ad irrigare il campo del mondo
per far crescere una civiltà a misura dell'uomo!”
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina è fortemente
caratterizzata dal titolo "Gesù ci domanda di essere suoi testimoni. Ecco
il nostro servizio alla Chiesa, all'uomo, alla pace, all'Europa": il
discorso di Giovanni Paolo II ai cardinali, alla Curia e alla Prelatura romana
per lo scambio degli auguri natalizi.
Nelle vaticane, all'Angelus in
vista del Natale, il Papa auspica che Dio possa trovare spazio "nel nostro
cuore", non oscurato dall'orgoglio e dalla superbia. Al contempo il Santo
Padre ha indicato "il valore del silenzio, che sa ascoltare il canto degli
Angeli e il vagito del Bimbo, non soffocandoli nel chiasso e nella
confusione". Il Messaggio del Papa in occasione della creazione
dell'Istituto di Diritto Canonico dedicato a san Pio X, nel centenario della
sua elezione al soglio pontificio.
Nelle estere, in Iraq la Forza
della coalizione intensifica le operazioni anti-guerriglia.
Riguardo al terrorismo si
sottolinea che negli Usa sale lo stato di allerta per possibili attacchi; il
Governatore di New York mobilita la Guardia Nazionale.
Nella pagina culturale, un
contributo di Pietro Borzomati dedicato ai saggi di Mario Casella sull'Azione
Cattolica nel '900.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il terrorismo.
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22
dicembre 2003
DUE
SOLDATI AMERICANI E UN INTERPRETE MORTI A BAGHDAD. MENTRE IL CAPO
DEL
GOVERNO TRANSITORIO E’ A MOSCA PER COLLOQUI SUL DEBITO ESTERO.
ANCHE NELL’INCERTEZZA C’E’ CHI VIVIE IN MODO
PARTICOLARE
LA SPERANZA CRISTIANA DEL NATALE
Due
soldati americani e un interprete iracheno sono rimasti uccisi in un attentato
dinamitardo compiuto ai danni di un convoglio che stava attraversando Baghdad. Le truppe
statunitensi hanno annunciato l’arresto di un ex alto funzionario di Saddam e
di esperti in armi nucleari, mentre il capo del Consiglio provvisorio iracheno,
Abdel Aziz al-Hakim, comincia oggi a Mosca una visita per discutere, con il
governo russo ed esponenti dell’industria petrolifera, la questione del debito
estero di Baghdad e dei contratti bilaterali. In ogni caso, anche
nell’incertezza che regna in Iraq c’è chi vive in modo particolare la speranza
cristiana del Natale. Al microfono di Adriana Masotti, sentiamo la testimonianza
di Mirvet, del Centro del Movimento dei Focolari nella capitale irachena:
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R. – Si
vive una situazione di insicurezza. Domina ancora l’anarchia e c’è tanta paura,
tanta mancanza di lavoro. Chiunque voglia fare progetti non può andare avanti.
I mercanti, per esempio, vanno al lavoro e, poi, ad un certo punto capita che
qualcuno con un fucile in mano dice: ‘Metti qui tutto quello che hai e vai a
casa’. Tante mamme mandano i figli a scuola e non si sa cosa accadrà. A volte
hanno trovato bombe nelle scuole. Poi ci sono rapine: sequestrano i bambini per
chiedere un riscatto.
D. – In questo contesto, voi del Focolare e la Comunità
che è collegata con voi, come vivete?
R. – Base della nostra vita è la vita del Vangelo, ma dico
che mai ho avuto un momento di così profonda unione con Dio, di fiducia in Dio
come in questo periodo. Magari, uscendo così non hai nessuno che ti protegge e
quindi ti abbandoni totalmente a Dio e anche agli altri. Non sono tutti terroristi,
non sono tutti cattivi! Bisogna anche avere fiducia negli altri. E poi, con la
comunità è stata una cosa molto bella, perché magari uno davanti ad una
situazione così, si chiede cosa possa fare. Invece, ci siamo incontrati ed
abbiamo detto: ‘Possiamo fare tanto’. Anche dietro le quinte, ogni atto d’amore
può fermare un terrorista. Questa realtà che Gesù è in mezzo a noi, il suo
imperativo di amarci l’uno l’altro ci fanno sentire che Gesù dopo ci ascolta,
viene in nostro aiuto!
D. – Siete riusciti ad organizzare qualcosa, qualche
attività in favore dei più poveri?
R. – La comunità non è ricca, però c’è stato un gesto molto bello:
all’inizio dell’inverno abbiamo tutto quello che avevamo in più di vestiario e
simili e lo abbiamo messo a disposizione di quelli che avevano di meno.
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SEMPRE DIFFICILE LA SITUAZIONE IN AFGHANISTAN. LA
DENUNCIA
DI SAVE THE CHILDREN SULLE DRAMMATICHE
CONDIZIONI DEI MINORI
-
Intervista con Antonello Sacchetti -
Sempre difficile la situazione in
Afghanistan. Sette soldati sono rimasti uccisi e cinque feriti nel corso di un
assalto sferrato da un gruppo di Talebani nel sud-est del Paese mentre a Kabul,
nella notte, si sono susseguite quattro esplosioni senza provocare vittime. Intanto rimane sempre molto grave
l’emergenza umanitaria, soprattutto per l’infanzia. Sono moltissimi i minori
che perdono la vita a causa di malattie o a causa degli effetti della guerra.
Marina Tomarro ha intervistato Antonello Sacchetti, portavoce dell’Associazione
Save the Children:
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R. – La situazione dell’infanzia in Afghanistan è
terribile ed è peggiorata nell’ultimo anno. Un dato che deve farci capire tutto
è che il 50 per cento dei bambini sotto i cinque anni sono cronicamente
malnutriti. Non solo: il 60 per cento dei decessi infantili, che continuano a
verificarsi in questo Paese, sono provocati da malattie prevenibili e curabili.
Poi si calcola che ci sono circa 70 mila minori che sono sfruttati in varie
forme di lavoro nell’economia informale. L’ultimo allarme che è arrivato è che
c’è il sospetto che esista un mercato che porti i minori afghani nei Paesi
limitrofi.
D. – In questi giorni, diversi bambini sono stati uccisi
“per sbaglio”. Com’è possibile?
R. – In Afghanistan sono episodi che si verificano quasi
quotidianamente da 25 anni. Questo è un Paese che ha un’aspettativa di vita di
46 anni, la più bassa del mondo. Non è soltanto una questione di risorse che
mancano durante il tempo di guerra. C’è sempre un rischio, un rischio che vede
soprattutto i bambini come vittime degli ordigni inesplosi, delle mine
antiuomo. Nonostante ci si sia un po’ dimenticati, anche a livello di opinione pubblica
internazionale, dell’Afghanistan, la situazione lì non è cambiata un granché.
Sicuramente, oggi non ci sono più al governo i talebani, ma anche la situazione
politica è molto, molto confusa. E’ vero che a Kabul c’è un governo che si
propone di dare un assetto democratico al Paese. Però, è vero anche che in tutto il Paese continua la guerra tra le
varie fazioni politiche e i bambini in questo sono le prime vittime e sono
anche parte in causa, nel senso che sono anche molti i bambini che continuano a
combattere, arruolati da quasi tutti gli eserciti personali di questi “signori
della guerra”. La ripresa è molto, molto lenta.
D. – C’è qualcosa che si può fare di concreto per aiutare
questi bambini a crescere in una maniera più dignitosa?
R. – Noi, come “Save The Children”, stiamo
lavorando a Kabul e in diverse città dell’Afghanistan. Chiaramente abbiamo
incominciato intanto a dare un’assistenza alimentare e medica e, poi, a
ricostruire le scuole e, quindi, a formare insegnanti per dare una nuova speranza
di vita all’infanzia di questo Paese, che veramente è uno dei Paesi più
martoriati di tutta la terra.
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A GERUSALEMME E BETLEMME “PER LA VITA E PER LA
PACE”: OGGI E DOMANI
LA
PROVINCIA DI ROMA PORTA IN TERRA SANTA LA GRANDE MUSICA E FAVORISCE L’INCONTRO
FRA I SINDACI DELLE DUE CITTA’
- Con
noi, il direttore artistico e compositore Sergio Rendine -
“Per la
Vita e per la Pace” a Gerusalemme e Betlemme: ieri sera e oggi i concerti
dell’Orchestra e Coro del Teatro Marruccino di Chieti e l’incontro con i
Sindaci delle due città, promosso dalla Conferenza delle Città Storiche del
Mediterraneo e dalla Provincia di Roma, con il sostegno del Consolato italiano
e della Nunziatura Apostolica di Terra Santa.
Per
l’occasione, la Provincia finanzierà il restauro dell’organo della Chiesa del
Sacro Cuore e l’attività delle suore dell’Istituto Effeta di Betlemme che si
occupano di ragazzi sordomuti. Testimonial dell’iniziativa, il Premio Nobel
Rita Levi Montalcini.
Grande repertorio sacro, dal Magnificat di Bach alla Vergine degli Angeli di Verdi, ma anche
contemporaneo - l’Exultate di Rendine
– nel programma musicale presentato nella Henry Crown Symphony Hall di
Gerusalemme e all’Auditorium Chiesa di Betlemme. A.V. ha intervistato
il direttore artistico.
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D. - Sergio Rendine, compositore, e direttore artistico
dell’orchestra del Teatro Marucino di Chieti. Quale messaggio portate,
attraverso la musica, in Israele e Palestina? Su quali autori e brani è caduta
la sua scelta?
R. – Noi portiamo un messaggio di pace, un messaggio in
cui la cultura si impegna a dare quell’energia che sembra perduta in questo
momento. Lo facciamo attraverso autori storici e contemporanei, una prima
esecuzione assoluta di Luciano di Giandomenico e “Omnia exultate”, che chiude
la serata.
D. – Come è cambiata la situazione culturale, ma anche
sociale, in questi ultimi anni?
R. – E’ un popolo di alto impegno culturale. Tra l’altro
dalla cultura ebraica vengono tra i più grandi musicisti del nostro tempo e non
solo: Bernstein, presente con il finale del “Candide” nel concerto, uno tra
tutti. La situazione sociale è cambiata
in peggio. Ovviamente, anni di guerra e di odio non possono far altro che
inasprire non solo gli animi, ma anche la vita di tutti i giorni. Io sono di
tradizione e di religione cattolica, ma il candelabro ebraico, che ho nel mio
studio, è proprio un segno al di là di ogni religione, simbolo dei sette giorni
della creazione, simbolo sacro.
D. – Ed è un simbolo che proprio in questi giorni ha un
valore particolare, data la festa di Hannuka, per gli ebrei la festa della
luce…
R. – E’ uno dei grandi simboli di tutta una cultura, che
va anche al di là del mondo ebraico, passa attraverso Platone, e riguarda tutta
la cultura dell’Occidente e dell’Oriente.
D. – E proprio attraverso questa unità culturale, questa
ricerca, forse si può sperare di raggiungere anche l’unità degli animi, la
pace…
R. – E’ la speranza di tutti. E’ la speranza che ci si
riconosca tutti figli di un unico Dio e che ci si possa rispettare come
fratelli sulla terra. E la nostra missione culturale, anche se è un piccolo
granello di sabbia, cerca di testimoniare questa volontà e questa speranza.
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22
dicembre 2003
I
CRISTIANI DI OGNI CONFESSIONE LAVORINO
PER SANARE I CONFLITTI ARMATI
E SI
ADOPERINO PER LA SOLIDARIETA’ E LA GIUSTIZIA, IN MODO PARTICOLARE VERSO
I MALATI DI AIDS. L’APPELLO CONTENUTO NEL
MESSAGGIO DI NATALE
DEL
SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE,
KONRAD
RAISER
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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GINEVRA. = La pace nel mondo come impegno e non
come “mero augurio”. Una pace che porti i cristiani a riecheggiare il messaggio
degli angeli nella notte della Natività, confermandoli nella loro scelta di
lotta contro ogni forma di violenza, di ingiustizia. E come uomini di solidarietà
accanto a chi soffre, in modo particolare i malati di Aids. Si snoda lungo
questi auspici il Messaggio di Natale del pastore luterano Konrad Raiser,
segretario generale uscente del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). Per 11
anni alla guida dell’organismo ecumenico che riunisce 342 chiese di varie
confessioni cristiane in 120 Paesi e ora in procinto di lasciare la carica in
favore del nuovo segretario, il pastore metodista kenyota Samuel Kobia, Raiser si sofferma
sui conflitti che dilaniano il pianeta. Conflitti, afferma, che hanno alla
radice “il conflitto tra Dio e l’umanità”. “Quando gli uomini danno gloria a
Dio – afferma Raiser - tutto ciò che porta ai conflitti umani perde poi di giustificazione.
E questo – aggiunge – è particolarmente il caso di quei luoghi in cui i conflitti
trovano legittimazione in campo religioso”. Ma la “pace di Dio”, prosegue il
segretario del Wcc – quella che chiama i cristiani all’impegno – “è più di una
dichiarazione scritta, di un accordo o di un programma”. Essa mira al bene reale
della creazione intera, alla giustizia nei rapporti tra le famiglie, tra i
sessi, nella politica, secondo la strada tracciata dal Vangelo. Quando i
cristiani e le Chiese, come avvenuto nella recente guerra in Iraq, si uniscono
in un’unica voce di protesta, “costoro – scrive Raiser - rafforzano l’alleanza
di Dio con l’umanità”. E qui il pastore luterano indica, come “risposta adeguata”
agli stimoli di pace e di giustizia del messaggio natalizio, il coinvolgimento
delle Chiese nella lotta all’Aids. “Se le Chiese – obietta – rimangono in
silenzio o ignorano” la realtà dei circa 8 mila malati che muoiono ogni giorno
nel mondo, “noi saremo colpevoli di aver causato le sofferenze e la morte di
persone che avrebbero potuto essere salvate”. “E’ urgente – conclude Raiser –
mobilitare tutte le nostre energie per promuovere un lavoro di educazione e
prevenzione e assicurare per tutti la disponibilità della cura”.
**********
DRAMMATICO
IL 2003 PER LA CHIESA DEL NEPAL, OGGETTO DI NUMEROSE VIOLENZE.
LA
DENUNCIA VIENE DAL LOCALE PROPREFETTO APOSTOLICO,
IL
GESUITA PADRE PERUMANA,
CHE
ANNUNCIA ANCHE L’APERTURA DI UN NUOVO CENTRO PASTORALE PER I GIOVANI
KATHMANDU. = La Chiesa del Nepal
ha vissuto nel 2003 un anno di notevoli sofferenze: numerose istituzioni
ecclesiali - scuole, ambulatori - hanno subito attacchi e ricatti a scopo di
estorsione, ed alcune strutture sono state costrette alla chiusura. La denuncia
è stata fatta all’agenzia Fides dal gesuita padre Pius Perumana, pro-prefetto
apostolico nello Stato asiatico. L’anno che sta per concludersi, ha ricordato
il religioso, “è cominciato con un’esplosione di violenza, poi c’è stato un raggio
di speranza con la tregua annunciata a fine gennaio fra i ribelli maoisti e il
governo, e con l’inizio dei colloqui. Ma poi la rottura delle trattative, alla
fine di agosto, ha segnato un triste ritorno alle ostilità”. Molte famiglie, ha
riferito il gesuita, sono state coinvolte in assalti e uccisioni, ma
“nonostante tutto – ha affermato - non ci siamo arresi”. A fare da argine alla
violenza con la solidarietà, si è spesso trovata la piccola comunità cattolica
nepalese, che conta 6 mila fedeli su 23 milioni di abitanti: “Continuiamo a
servire il popolo di questa terra, condividendone gioie e dolori”, ha
assicurato padre Perumana, che ha annunciato anche, per il 2 gennaio,
l’apertura del nuovo Centro Pastorale a Kathmandu, dedicato alle attività per i
giovani. (A.D.C.)
VIVACE
PROTESTA DELLE DONNE ISLAMICHE RESIDENTI IN FRANCIA
CONTRO
LA PROPOSTA DI CHIRAC DI VIETARE PER LEGGE IL VELO
IN CLASSE.
CIRCA MILLE HANNO SFILATO IN CORTEO A PARIGI,
MENTRE MANIFESTAZIONI ANALOGHE SI SONO SVOLTE
IN ALTRE CITTA’ DEL PAESE
PARIGI.
= No all’“abiura” del velo per le studentesse musulmane in Francia. Con una vivace
protesta scandita a suon di slogan, un migliaio di donne e ragazze di religione
islamica hanno manifestato ieri pomeriggio per le strade di Parigi, contestando
la proposta del presidente Jacques Chirac, che intende bandire per legge il
velo dalle scuole statali, in nome della laicità. Le manifestanti si sono radunate
a Place de la Republique e, nonostante la pioggia, hanno sfilato fino alla Bastiglia.
“Il mio velo è la mia voce”, “Laicità è coesione, legiferare è esclusione”, si
leggeva su alcuni dei cartelli inalberati durante il corteo. Il prossimo 17
gennaio è prevista un'altra manifestazione di piazza contro la proposta
presidenziale che vorrebbe vietare in classe tutti i simboli religiosi
“ostentati”. A livello politico, con qualche eccezione, anche l'opposizione di
sinistra francese caldeggia una legge anti-velo che riaffermi e rilanci la laicità repubblicana. I musulmani francesi -
da quattro a sei milioni secondo le stime – si oppongono strenuamente e le manifestazioni di Strasburgo e Avignone
che hanno preceduto quella di Parigi sono il segno di una protesta montante.
Oltre al presidente Chirac, bersaglio della vivace protesta femminile è stato
anche Jacques Martin, sindaco di una città della cintura parigina,
Nogent-sur-Marne, che nei giorni scorsi aveva proibito l'esibizione del velo islamico
e di tutti gli altri “simboli” durante i matrimoni in municipio. (A.D.C.)
SI E’ SPENTO A ROMA, ALL’ETA’ DI 65 ANNI, IL
GIORNALISTA GIORGIO BONELLI,
DA 40
ANNI CAPO UFFICIO STAMPA DELLE ACLI E GRANDE PROTAGONISTA
DELLA
DIFESA DEI DIRITTI DELLA SUA CATEGORIA. I FUNERALI IL 23 DICEMBRE ALLE 11, NELLA
CHIESA DEI MARTIRI CANADESI
ROMA.
= “Un giornalista di grande umanità e fede cristiana, buono e generoso, vivace
e responsabile, aclista nel cuore e nella mente, tenace nel difendere coloro
che aspirano a vedersi riconosciuti i propri diritti”. Sono le parole
affettuose e commosse che le Acli, l’Associazione cattolica lavoratori
italiani, dedica alla memoria di Giorgio Bonelli, “storico” capo ufficio stampa
dell’organismo cattolico, morto nel primo pomeriggio di ieri, all’età di 65
anni, dopo una lunga malattia. Noto per la sua passione civile, espressa
soprattutto nella difesa dei diritti della sua categoria professionale, Bonelli
era membro della Giunta esecutiva dell'Associazione Stampa Romana ed era tra i
promotori della riforma dell'accesso alla professione giornalistica. “Una
perdita grave per me e per tutta l’Associazione – ha dichiarato il presidente
delle Acli, Luigi Bobba - perché viene a mancare un amico e collaboratore
fedele e un testimone significativo delle Acli degli ultimi 40 anni”.
Nell’esprimere il cordoglio dell’Ucsi, l’Unione della stampa cattolica italiana,
il vicepresidente Angelo Paoluzi ha ricordato, tra l’altro, le qualità “di
spiccata umanità, simpatia e disponibilità al dialogo” che caratterizzavano
Bonelli. Di “straordinarie qualità umane, professionali e civili” ha parlato
anche la segreteria della Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana:
la sua “azione nella professione – si legge in un comunicato - ha rappresentato
una delle pagine più significative della storia degli organismi rappresentativi
della categoria”. I funerali di Giorgio Bonelli si terranno martedi' prossimo
23 dicembre, alle ore 11 a Roma, nella Chiesa dei Martiri Canadesi. (A.D.C)
DESIGNATO
ALLA GUIDA DEL CELAM, IL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO,
IL
VESCOVO ARGENTINO ANDRÉS STANOVNIK, 55.ENNE CAPPUCCINO.
LA
CONFERMA DELLA NOMINA PREVISTA DURANTE LA PLENARIA DEL 2005
- A
cura di Antonio Mancini -
BUENOS AIRES. = Il vescovo argentino di Reconquista, mons.
Andrés Stanovnik, 55 anni, religioso cappuccino, è stato designato come
segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). E' la
terza volta che un vescovo argentino viene chiamato alla segretaria dell'importante
organismo ecclesiale latinoamericano. La conferma nell'incarico è prevista
nella prossima plenaria del 2005. Mons. Stanovnik, di Buenos Aires, prende il
posto di mons. Ramòn Benito de La Rosa y Caprio, vescovo di Nostra Signora di
Altagracia, nella Repubblica Dominicana, nominato arcivescovo di Santiago de
los Caballeros.
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22
dicembre 2003
- A cura di Fausta Speranza -
Il miglioramento delle relazioni con Israele è legato a progressi
nel processo di pace. Lo ha affermato oggi a Gerusalemme il ministro degli esteri egiziano Ahmed Maher che stamane si è
incontrato separatamente col premier Ariel Sharon e col collega israeliano
Silvan Shalom. Quest'ultimo, a sua volta, ha affermato che il miglioramento
delle relazioni con Israele permetterà all' Egitto di svolgere un ruolo importante nel processo di pace tra
israeliani e palestinesi e nei rapporti
tra lo stato ebraico e il mondo arabo. Intanto, da parte sua, il presidente
dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, incontrando a Ramallah una
delegazione di amministratori italiani guidati dal presidente della Provincia
di Roma, Enrico Gasbarra, ha detto di essere sempre dalla parte della pace,
conservando le speranze espresse dall’accordo di Oslo con Rabin e dall’intesa
siglata, a livello informale, di recente a Ginevra.
Le ispezioni nucleari in Libia potrebbero cominciare dalla prossima
settimana. Lo ha detto il direttore generale dell'Aiea Mohamed el Baradei. La Libia
è pronta a firmare il protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione
nucleare (Tnp). Lo ha detto oggi alla Bbc Radio il premier libico Choukri
Ghanem.
Un accordo sullo sfruttamento
delle risorse petrolifere del Sudan è stato raggiunto ieri pomeriggio tra il
governo sudanese e i ribelli dell'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese
(Spla). E’ un successo delle trattative in corso a Naivasha, in Kenya, e
dovrebbe mettere fine alla guerra civile che in 20 anni ha causato la morte di
oltre due milioni di persone. Sulle prospettive aperte da questo accordo e sui
passi ancora da compiere verso la pace, Giancarlo La Vella ha intervistato
padre Carmine Curci, direttore della rivista dei missionari comboniani,
Nigrizia:
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R. – Sicuramente, con l’accordo
di massima per la spartizione dei proventi del petrolio, è stato superato uno
dei più grossi ostacoli. Teniamo presente che è l’elemento che ha portato ad
intensificare la guerra in Sudan.
D. – Padre Curci, oltre alla
spartizione dei proventi del petrolio ci sono altri ostacoli al raggiungimento
della pace su tutto il territorio del Sudan?
R. - Ci sono ancora molte
difficoltà per la pace. Innanzitutto, questo accordo di Naiwasha è stato
firmato solamente da due protagonisti, cioè il governo di Khartoum e l’SPLA di
John Garang. Non sono state invitate alle trattative altre forze molto
importanti del Sudan come, per esempio, la società civile e le Chiese. Secondo
grave difetto di questo accordo è che in Sudan non esiste solo un conflitto, ma
esistono diversi conflitti. Non dimentichiamo, ad esempio, quello nel Darfur.
Perciò, se da una parte possiamo constatare che si sta portando a termine la
più lunga guerra civile, dall’altra parte restano ancora molte perplessità su
questa pace.
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Continua a piovere nel
centro-sud delle Filippine, dove circa 200 persone sarebbero morte per le frane
causate dalle alluvioni. Tra le zone più colpite dell’arcipelago, l’isola di
Leyte e quella di Mindanao. Ma il bilancio è ancora provvisorio e rischia di
essere aggravato dal naufragio di un traghetto con 75 passeggeri, avvenuto ieri
nel mare di Sulu. Il servizio di Andrea Sarubbi:
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Anche contare le vittime, a questo punto, diventa
un’impresa: non si riesce neppure a tirarle fuori dal fango, tanto forte è la
pioggia che continua a scendere sulla provincia meridionale di Leyte. Tra
strade sommerse e ponti distrutti, i mezzi di soccorso fanno il possibile,
aiutati dagli elicotteri militari messi a disposizione dagli Stati Uniti. Le
immagini mostrate dalla televisione non sono rassicuranti, né lo sono le parole
della presidente Gloria Arroyo, che ha autorizzato gli amministratori locali a
dichiarare lo stato di calamità naturale. Le accuse contro il governo di Manila
sono durissime. Un po’, perché il diluvio era iniziato una settimana fa e
nessuno aveva avvisato gli abitanti del rischio che stavano correndo. Inoltre,
perché dall’alluvione del ’91 – quella che causò 5 mila morti ad Ormoc, proprio
nella provincia di Leyte – non erano state prese sul serio le raccomandazioni
degli ambientalisti, preoccupati per la nuova offensiva edilizia. Troppe le
case abusive in zone a rischio, pochi gli alberi rimasti a difendere i villaggi
nella stagione delle piogge: trent’anni fa le foreste erano più di un terzo del
territorio, ora sono meno di un quinto. “La mancanza di alberi nella
zona è una colpa che stiamo pagando cara”, ha ammesso il responsabile regionale
della Protezione civile, Dionisio Coloma, paventando anche il rischio di una
possibile epidemia. Non ci sarebbero neppure le medicine per fermarla: c’è un
solo aereo cargo in azione ed una nave, partita alla volta di Leyte, è ancora
in mezzo al mare.
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E’ stata bassa ieri l’affluenza
dei cittadini della Guinea alle urne per eleggere il nuovo presidente.
L'opposizione aveva lanciato appelli a boicottare il voto affermando che unico
favorito resta il generale da circa 20 anni al potere. Della situazione e della
tensione interna al Paese, ci riferisce Giulio Albanese.
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L’opposizione ha continuato a
lanciare ripetuti appelli a boicottare il voto sottolineando che la
consultazione non offriva nessuna garanzia di trasparenza. Il favorito è sempre
lui, l’uomo forte, il generale Lansana Conté, che ha fatto intendere di voler
vincere a tutti i costi. Per inciso, alla vigilia del voto, la polizia di
Conakry ha arrestato decine di soldati accusati di aver ordito un golpe e
personaggi considerati ostili al capo di Stato, che dal 1984 guida il Paese con
il pugno di ferro e che non ha esitato a modificare la Costituzione per presentarsi
di nuovo alle presidenziali. In effetti, nella capitale Conakry, i sostenitori
del generale hanno dichiarato di volerlo rieleggere per la stabilità di cui gode
il Paese. Molti, però, affermano che la Guinea, in questi anni, ha vissuto un
benessere riflesso, indotto dalle disgrazie altrui, cioè di Sierra Leone e
Liberia in testa, per non parlare della vicina Guinea Bissau. Gran parte delle
agenzie umanitarie hanno, infatti, diretto le operazioni di soccorso proprio da
Conakry in considerazione soprattutto delle difficoltà occorse all’ex isola
felice dell’Africa occidentale, la Costa d’Avorio. Sta di fatto che l’unico
avversario di Conté è Mamadu Boiebarie, esponente moderato di un piccolo partito.
Secondo l’opposizione, si tratterebbe di un candidato finanziato dallo stesso
regime, per dare una parvenza democratica alle elezioni. La Guinea, ex colonia
francese, è un punto chiave nello scacchiere dell’Africa occidentale, con l’85%
della popolazione di religione musulmana. In questo contesto, la Chiesa
cattolica, pur essendo minoritaria, ha comunque sempre fatto sentire la sua
voce in difesa dei ceti meno abbienti.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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In Italia è stata catturata
all'alba, sul litorale a nord di Roma, Diana Blefari Melazzi, individuata come
la terrorista che aveva in affitto il covo delle Brigate rosse scoperto di
recente nella capitale. C’è poi l’altro
fatto di cronaca di rilievo: l’attentato dinamitardo di ieri sera a Bologna, avvenuto
nelle vicinanze dell’abitazione di Romano Prodi, presidente della Commissione
Europea. Secondo gli inquirenti, si tratta di un’azione di matrice anarchica.
L’esplosione ha provocato solo lievi danni a cassonetti delle immondizie.
Sempre
in Italia, proseguono i disagi per gli scioperi nell’ambito dei trasporti.
Nelle grandi città la situazione oggi sembra sotto controllo ma in molti
capoluoghi sono fermi autobus e metropolitane. A Genova lo sciopero si è fatto
nonostante la precettazione.
La Cina ha confermato
ufficialmente oggi che la proprietà privata entrerà nella costituzione nel
marzo prossimo. Secondo una proposta di emendamento alla costituzione del 1982,
sottoposta al comitato permanente dell'Assemblea nazionale popolare, “la
proprietà privata acquisita legalmente diventa inviolabile”. La decisione e'
stata presa nell'ottobre scorso dal partito
comunista ma non era stata ancora annunciata ufficialmente.
E’ iniziato oggi a Belgrado il processo per i presunti
responsabili dell’assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic, avvenuto
il 12 marzo scorso davanti alla sede del governo di Belgrado. Non sarà presente
all’udienza, in quanto latitante, colui che viene considerato la “mente”
dell’attentato: Zvezdan Jovanovic, un ex ufficiale della polizia serba. Alla
sbarra ci sono 21 dei 36 imputati, che dovranno rispondere non solo della morte
del premier, ma anche di altri 13 delitti del passato, fra cui l'uccisione
dell'ex presidente serbo Ivan Stambolic,
scomparso a Belgrado il 30 agosto del
2000, alla vigilia delle elezioni che avrebbero sancito la caduta di Slobodan Milosevic.
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