RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 354 - Testo della
Trasmissione di sabato 20 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sono
tremila i bambini albanesi caduti nella rete dei mercanti di esseri umani
Ripresa generalizzata per l’economia degli Stati
latino e centroamericani
Negli Stati Uniti torna la minaccia terrorismo
dopo le minacce di Al Qaeda
Italia: la conferenza stampa di fine anno del
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
Il processo di pace in Costa d’Avorio al centro
dei lavori del Vertice dell’Ecowas ad Accra.
20
dicembre 2003
NELLA PROMULGAZIONE, OGGI, DEI DECRETI DELLA
CONGREGAZIONE
PER LE CAUSE DEI SANTI, L’ANNUNCIO DI 4 PROSSIMI
NUOVI SANTI,
7 PROSSIMI BEATI E 7 SERVI DI DIO
Nella promulgazione, oggi, dei Decreti della Congregazione per le Cause
dei Santi, il prefetto, il cardinale
Josè Saraiva Martins, ha annunciato 4
prossimi nuovi Santi, 7 prossimi Beati e 7 Servi di Dio, spiegando i miracoli o
le virtù eroiche attribuiti a
ciascuno. Ce ne parla Fausta Speranza:
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Saranno Santi Giuseppe Manyanet
y Vives, il sacerdote che promosse la costruzione della Chiesa della Santa
Famiglia a Barcellona su progetto di Antonio Gaudì. Giuseppe Kassab, sacerdote
dell’Ordine Libanese Maronita, impegnato nell’insegnamento della teologia nel
nascondimento del monastero. Paola Elisabetta Cerioli che trasformò il suo
dramma personale per la perdita della famiglia in aiuto ai ragazzi abbandonati.
Più nota è Gianna Beretta Molla, la madre di tre figli che ha rifiutato di
curare la sua malattia per non compromettere la sua quarta gravidanza, perdendo
così la vita.
Ci sono poi quanti, già Servi di
Dio, si apprestano a diventare Beati. Augusto
Czartoryski, nato in una famiglia di principi polacchi ha scelto di diventare
sacerdote salesiano. Maria Guadalupe, che si è dedicata all’assistenza dei
malati in Messico, e Ludovica De Angelis, che ha fatto la stessa scelta in
Argentina. Nemesia Valle, della
Congregazione di Santa Giovanna Antida Thouret, e Alessandrina Maria da Costa,
laica portoghese, hanno in comune l’aver abbracciato molto giovani scelte di
fede importanti. Un personaggio di rango è Carlo, imperatore
d’Austria e re di Ungheria fino al 1922.
Mentre per la sua umiltà compare Eusebia Palomino Yenes, delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Il segno delle diverse strade che si possono imboccare verso la santità. Resta da dire che nel gruppo dei futuri
Servi di Dio c’è cardinale vescovo di Münster che in Germania negli anni del
nazismo si oppose a Hitler.
Attualmente il numero di Santi
proclamati da Giovanni Paolo II è di 478 e il numero di Beati è di 1327.
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Tra i
quattro futuri santi, dunque, anche Gianna Beretta Molla, la pediatra milanese,
già madre di tre bambini, che non ha esitato a sacrificare la propria vita,
rinunciando a curarsi un fibroma all’utero, pur di dare alla luce la sua quarta
figlia, Gianna Emanuela. Beatificata nel 1994, Gianna era una donna vitale e
gioiosa, che prima di sposarsi, si era prodigata con fervore nell’apostolato,
nell’opera di San Vincenzo, nell’Azione Cattolica. Il miracolo attribuitole,
che la eleverà agli onori degli altari, è la nascita - avvenuta tre anni e
mezzo fa - di una bambina brasiliana dopo una gravidanza gravemente traumatica,
il cui esito positivo non ha precedenti in medicina. Ma sulla figura di questa
beata, morta nel 1962 all’età di 39 anni, e sul valore del suo gesto,
ascoltiamo, al microfono di Dorotea Gambardella, il commento del presidente del
“Movimento per la vita”, Carlo Casini.
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R. – E’ un esempio per tutte le donne, per tutte le famiglie;
fra l’altro, per noi del Movimento per la Vita, il sacrificio di Gianna Beretta
Molla è qualcosa che ci tocca da vicino. L’immagine che noi abbiamo di lei è
quella di una donna normale, a cui piaceva lo sport e la natura - amava infatti
lo sci e l’alpinismo - a cui piaceva vivere e che ha considerato il sacrificio
della sua vita per far nascere la figlia come una cosa normale, come una cosa
doverosa. Io penso che debba essere additata ad esempio. Qualche tempo fa ho
partecipato all’inaugurazione di un giardino pubblico dedicato a lei: che bello
che tante mamme possano raccontare e spiegare ai loro bambini la scelta di
questa mamma.
D. – Si tratta, infatti, di una testimonianza di vita che
ha colpito molto le persone, ancor prima che questa donna diventi santa ...
R. –
Sì, ma la cosa singolare che va sottolineata è questa: nessuno ha mai detto che
Gianna è stata una pazza. Lei era medico, quindi si rendeva conto di quello che
stava facendo e delle conseguenze che ne sarebbero seguite. Tutti giudicano quello
che ha compiuto Gianna, un atto nobile, un atto eroico. Questo vuol dire che il
figlio che lei recava in seno ha un valore: è una persona, non è una cosa!
Questa è la dimostrazione più piena di quanto siano false le teorie secondo cui
un bimbo che deve nascere non è un bimbo. Se così fosse, allora Gianna e con
lei altre mamme che hanno compiuto lo stesso gesto, sarebbero delle folli,
perché non si possono sacrificare il marito e gli altri figli per un oggetto:
si possono sacrificare solo dinanzi a un enorme valore, una figlia in questo
caso, che è bambino, che è essere umano, che è persona fin dall’inizio. Questa
è la testimonianza straordinaria di Gianna.
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“L’ITALIA
E’ DAVVERO LA MIA SECONDA PATRIA”, COSI’ IL PAPA
NEL MESSAGGIO
PER LA CERIMONIA CHE, IERI SERA A
PALAZZO MADAMA,
HA
CONCLUSO LE INIZIATIVE VOLUTE DAL MINISTERO DEGLI ESTERI ITALIANO
PER IL
25. MO DI PONTIFICATO
“L’Italia è diventata davvero la mia seconda patria”: è
quanto ha scritto Giovanni Paolo II nel messaggio inviato per la cerimonia di
conclusione, ieri sera, dell’iniziativa voluta dal Ministero degli esteri
italiano per il 25esimo del Pontificato. 8 manifestazioni-evento e 32
conferenze si sono svolte da maggio scorso in diverse località di diversi
continenti, con il sostegno dei locali Istituti Italiani di cultura. L’Italia – ha scritto il Papa nel testo
letto da mons. Sandri, sostituto della Segreteria di Stato – “con la sua
ricchezza di genio artistico e spirituale” è stata “protagonista
nell’evangelizzazione”. Ma ascoltiamo
Fausta Speranza che ha preso parte alla cerimonia a Villa Madama. Colonna
sonora, l’originale “Tema di Karol” di Stelvio Cipriani.
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(musica)
“Possano gli italiani, rimanendo fedeli al patrimonio di
valori cristiani, contribuire a realizzare una nuova era di pace”. E’ questo
l’auspicio di Giovanni Paolo II nel ringraziare per la manifestazione che ha
scelto anche un segno simbolico: honoris causa, il Diploma di lingua italiana per stranieri riconosciuto a
Giovanni Paolo II. Il Papa che ha
portato il Vangelo in tutto il mondo è il Papa che ha parlato all’Italia con la
sua lingua e che per l’Italia ha avuto uno sguardo attento – ha spiegato il
cardinale Ruini, presidente della CEI. Ha ricordato come Giovanni Paolo II, in
questi anni, abbia chiesto in
particolare alla Chiesa della penisola di essere forza sociale e come abbia
fortemente voluto lo slancio di una nuova evangelizzazione. Parlare la lingua del Paese, dunque, -
sembra aver voluto spiegare il cardinale Ruini – ha significato comprendere ed
esprimere le attese della popolazione.
(musica)
Roma, sede del vicario di Cristo e porta del mondo è l’immagine che sembra aver
suggerito il cardinale Sepe, prefetto della Congregazione per
l’evangeliz-zazione dei popoli, quando ha ricordato che hanno incontrato il
Papa solo nella città eterna almeno 160 milioni di persone, mentre tutti gli
italiani sono circa 50 milioni.
Dell’incontro generoso con ogni persona anche attraverso
la moltiplicazione delle immagini, ha parlato Padre Federico Lombardi,
direttore dei nostri programmi e responsabile del Centro Televisivo Vaticano,
presentando il video Dona Nobis pacem di 12’30’’ che raccoglie momenti forti del Pontificato. Padre Lombardi
ha sottolineato come il Papa abbia intuito la potenzialità e la forza delle
immagini anche al di là delle convenienze: la scelta di non vietare la ripresa
del colloquio con Ali Agca, suo attentatore, sembrava sfiorare l’indiscrezione
ma oggi quelle immagini restano una testimonianza fortissima del valore del
perdono, più delle parole.
(musica)
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Nel corso
della mattina il Papa ha ricevuto anche
il dottor Ibrahim Rugova, presidente delle Istituzioni Provvisorie del Kosovo e
il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi.
Il Papa ha nominato oggi vescovo
ausiliare per il vicariato apostolico di Arabia (Penisola Arabica) padre Paul Hinder, definitore generale
dell’Ordine dei Cappuccini, assegnandoli la sede titolare vescovile di Macon.
Il Santo
Padre ha nominato presidente della Corte d'Appello dello Stato della Città del
Vaticano mons. Raffaello Funghini.
Il Santo Padre ha quindi nominato membri ordinari della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali lo studioso statunitense Joseph Stiglitz,
premio Nobel per l’economia nel 2001, attualmente docente alla Columbia
University, e il professor Yves Quéré, francese, docente emerito di Fisica all'École polytechnique di
Parigi e Co-Presidente dell’Inter-Academy
Panel on International Issues di Trieste.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Nella Prima Pagina da
segnalare la riflessione di Alberto Migone sul Messaggio di Giovanni Paolo II
per la Giornata Mondiale della Pace e la promulgazione dei Decreti da parte
della Congregazione delle Cause dei santi. Per la cronaca estera, Medio
Oriente: da febbraio la Corte dell’Aja esaminerà gli effetti legati al “muro”;
nei Territori manifestazioni dei simpatizzanti di Hamas.
Nelle pagine vaticane,
le celebrazioni promosse dalle nunziature apostoliche per il XXV di Pontificato
di Giovanni Paolo II, l’indirizzo d’omaggio rivolto al Santo Padre dal
cardinale José Saraiva Martins e una pagina dedicata ad una giornata di studio
tenuta a Foglianise sull’Enciclica “Ecclesia de Eucharistia” di Giovanni Paolo
II.
Nelle pagine estere, Iraq:
rafforzato il contingente statunitense. Continua serrato il dibattito sul
processo a Saddam Hussein.
Nella pagina culturale, il
convegno di studi su Santa Chiara che si è svolto a novembre ad Assisi.
Nelle pagine italiane, in primo
piano ancora l’emergenza trasporto pubblico. Per la questione Alitalia i
sindacati respingono il piano proposto dal Governo.
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20
dicembre 2003
LA
LIBIA AMMETTE IL POSSESSO DI ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA
E
ACCETTA I CONTROLLI INTERNAZIONALI
-
Intervista con Guido Olimpio -
Smantellamento immediato di tutte le armi di
distruzione di massa. La pace tra la comunità internazionale e la Libia fa registrare
concreti e importantissimi passi avanti. Con un annuncio a sorpresa, fatto ieri
sera personalmente prima dal premier britannico Blair e poi dal presidente Usa Bush,
è stato reso noto l’accordo in base al quale il governo del colonnello Gheddafi
ha ammesso di aver avviato in passato programmi per la realizzazione di ordigni
nucleari ed ha accettato l’ingresso sul suo territorio di osservatori internazionali.
Il servizio di Luciano Ardesi:
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Con
questo accordo il colonnello Gheddafi ha ammesso implicitamente che stava
lavorando ad un programma di armi nucleari e chimiche e, secondo fonti
dell’amministrazione americana, anche alla costruzione di missili balistici
scud in cooperazione con la Corea del Nord. La decisione libica è avvenuta dopo
nove mesi di trattative segrete che hanno accompagnato l’ultimo tratto della
lunga marcia del colonnello Gheddafi per il ritorno a pieno titolo nella
comunità internazionale. La prima tappa di questo percorso è iniziativa con la
consegna di due agenti responsabili dell’attentato al Boeing della PanAm
distrutto in volo sopra Lockerbie, in Scozia, nel 1988. A seguito di questa
disponibilità l’Onu aveva annullato nel settembre scorso le sanzioni nei
confronti della Libia e si attende ora una analoga decisione dell’Unione Europea.
Si disegna così un nuovo ruolo di Tripoli sulla scena internazionale
contrassegnato fino a pochi anni fa da una aggressività nella regione, non solo
verbale.
Luciano
Ardesi, per la Radio Vaticana.
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Ma
quali sono i motivi che hanno convinto il regime di Tripoli a prendere questa
decisione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Guido Olimpio del Corriere della
Sera:
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R. – La possiamo chiamare “la lunga marcia del colonnello”, nel senso che
sono ormai tre o quattro anni che Gheddafi sta cercando di rientrare nel consesso
internazionale. Ovviamente il primo passo importante è stato il processo di
Lockerbie: ha infatti accettato in qualche modo di far giudicare la Libia e di
ammettere la responsabilità del Boeing americano nell’88. Adesso, ammettendo di
aver costruito e progettato armi di distruzione di massa, Gheddafi cerca di
eliminare un altro pericolo: sa bene che dall’altra parte c’è
un’amministrazione americana che è decisa ad andare in fondo su questi temi e
la situazione irachena lo insegna. Quindi dice: venite qui e guardate; ammetto
di aver sbagliato. In questo modo cerca di entrare ulteriormente in quello che
è la comunità internazionale.
D. – Una scelta quella di Gheddafi importante soprattutto se vista
nell’intero quadro che comprende anche l’Iraq?
R. – Assolutamente. E’ paradossale ma Gheddafi dà ragione ai
neo-conservatori americani, che diranno: vedete, siamo intervenuti con
decisione in Iraq ed ora ci sono altri che trasformano le loro case in case di
vetro: fanno cioè vedere quello che hanno, denunciano quello che hanno. Il
quadro generale è molto interessante, perché a questo punto anche altri Paesi,
che si trovano in una situazione un po’ particolare – penso all’Iran, ma penso
anche alla Siria – e che sviluppano armi di questo tipo. E’ un bel dilemma ora
per questi Paesi.
D. – Questa decisione di Gheddafi è il primo passo verso lo smantellamento
del cosiddetto asse del male, di cui secondo gli Stati Uniti la Libia
faceva parte?
R. – Non c’è dubbio che se Gheddafi manterrà fede a queste promesse e se ci
saranno veramente queste ispezioni, indubbiamente la Libia potrà uscire dall’asse
del male, tenendo conto che già sul terrorismo ha fatto un mea culpa, lo fa
ora anche su questo tipo di armi molto pericolose. C’è tra l’altro da ricordare
che soltanto un paio di mesi fa era stata sequestrata una nave carica di
missili scud che erano partiti dalla Corea del Nord e che si è detto erano
stati ordinati dallo Yemen. Si è scoperto che invece erano della Libia, ma gli
americani erano stati zitti su questo e quindi è probabile che già allora fosse
in corso una specie di trattativa in questo senso.
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UN IMPEGNO SEMPRE
ATTUALE: EDUCARE ALLA PACE
E’ IL TEMA DELLA 36.MA MARCIA PER LA PACE PRESENTATA
OGGI
NELLA SEDE DELLA NOSTRA EMITTENTE
- Servizio di Paolo Ondarza -
“Guardare a chi soffre nel volontariato vuol dire
contribuire come Chiesa al diritto internazionale”. E’ quanto sottolineato oggi
nel corso della conferenza stampa di presentazione della 36.ma marcia della
Pace, nella sala Marconi della nostra emittente. Il servizio è di Paolo
Ondarza.
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Sarà la diocesi di Termoli Larino la meta dei passi
di pace quest’anno della 36.ma marcia promossa da Pax Christi per il prossimo
31 dicembre e a cui aderiranno circa 7 mila persone. Termoli Larino: un luogo
duramente segnato un anno fa, il 31 ottobre del 2002, da un violentissimo sisma. La marcia,
vigilia di preghiera e testimonianza alla Giornata mondiale della pace del 1°
gennaio, è stata presentata oggi nella Sala Marconi, nella sede della nostra
emittente da mons. Giancarlo
Bregantini, presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il
lavoro, la giustizia e la pace della Cei, mons. Tommaso Valentinetti, vescovo
di Termoli Larino e mons. Francesco Montenegro, presidente della Caritas
italiana.
“Un impegno sempre
attuale: educare alla pace”: il tema. Da sempre infatti, come ricordato da
monsignor Valentinetti, in qualità di presidente di Pax Christi Italia, citando
le parole del Papa, il popolo dei marcianti “ribadisce la necessità che la via
della pace venga imboccata rafforzando la garanzia di un diritto internazionale
chiamato ad essere sempre più diritto della pace”.
“Un diritto alla pace, un diritto della pace che
chiaramente si deve affermare sempre di più e alla cui costruzione nessuno è
escluso: non sono escluse assolutamente le comunità dei credenti, a qualunque
tipo di confessione cristiana esse appartengano,
non sono escluse le autorità”.
“Impegnarsi per la pace è annunciare Cristo che è
giustizia – insiste Giovanni Paolo II nel suo messaggio per il 1 gennaio”. Lo
ha ricordato anche mons. Francesco
Montenegro.
“Il
Papa richiama anche l’Onu. Lui dice: “occorre che l’Organizzazione delle Nazioni
Unite alzi un po’ il tenore del suo essere; che da struttura-istituzione amministrativa
diventi centro morale in cui tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro,
perché si arrivi finalmente ad una famiglia di nazioni”.
Il programma prevede due possibilità di partecipazione a
seconda della disponibilità dei partecipanti e degli orari di arrivo: alle
15:30 dalla Chiesa di Santa Maria degli Angeli sul litorale, alcuni autobus
accompagneranno i marcianti nelle zone terremotate per incontrare gli abitanti
e rendersi conto delle condizioni di vita, dei programmi di ricostruzione, dei
progetti. La sera, alle 20 dalla stessa chiesa, partirà la marcia che attraverserà
il centro storico di Termoli, con una sosta nella Cattedrale e l’arrivo nella
chiesa di san Francesco dove sarà celebrata l’Eucaristia.
Al termine del cammino per salutare l’arrivo del nuovo
anno seguirà un momento conviviale. Un Capodanno sicuramente diverso dal solito
quello vissuto dai partecipanti: anche quest’anno l’evento si riproporrà come
alternativa al cenone consumista di san Silvestro. I partecipanti sono invitati
a digiunare e a devolvere il corrispettivo del pasto alle popolazioni in
guerra. Ma il programma non si esaurisce con la notte del 31. Il 1° mattina è
prevista la lettura del messaggio del Papa per la 37 giornata della Pace e una
serie di testimonianze da alcuni Paesi in conflitto con la proposta di racconti
di vita vissuta nelle zone terremotate.
Alla marcia è legato il convegno nazionale promosso da Pax
Christi dal titolo “Nell’Arca… Sotto il
diluvio… verso l’arcobaleno. Il conflitto come via alla pace”. Un occasione di
approfondimento della figura di Noè, metafora e chiave di lettura dell’attuale
realtà sociale, politica e relazionale.
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INAUGURATO
A ROMA IL PRESEPE DEI NETTURBINI
-
Intervista con Giuseppe Ianni e mons. Mauro Parmeggiani -
E’
stato inaugurato ieri presso la sede dell’Azienda Municipale Ambiente di Roma
il “Presepe dei Netturbini”, giunto quest’anno alla sua 32.ma edizione. La
cerimonia, a cui hanno preso parte diverse autorità politiche e civili della
Capitale, è stata presieduta da mons. Mauro Parmeggiani, segretario generale
del Vicariato di Roma. Il presepe potrà essere visitato tutti i giorni,
compresi i festivi, con ingresso gratuito. Il servizio è di Maria Di Maggio.
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Si rinnova come ogni Natale l’appuntamento con il “Presepe
dei Netturbini”, che da 32 anni accoglie nel suo caldo abbraccio centinaia di
visitatori italiani e stranieri. Realizzato interamente in muratura,
utilizzando tufo romano, calce e pietre, il “Presepe dei Netturbini” si
arricchisce ogni anno di particolari provenienti da ogni angolo del mondo,
confermandosi così un simbolo di pace e di comunione tra i popoli. Ci racconta
le novità di quest’anno Giuseppe Ianni, autore del presepe.
“Ogni anno, c’è sempre qualcosa di nuovo. Quest’anno, ci
sono le pietre portate da San Giovanni Rotondo, con cui abbiamo fatto le strade
ed i gradini. Poi, abbiamo la porta della Natività del nostro presepe fatta con
il legno di ulivo di Betlemme, e me l’ha portato il Custode della Natività,
padre Ibrahim”.
Lunga è la lista di personalità religiose, civili e
politiche che in questi anni hanno reso omaggio al “Presepe dei Netturbini”. Ma
il visitatore più assiduo resta Giovanni Paolo II che dall’inizio del suo
pontificato non è mai mancato all’appuntamento natalizio con gli addetti
dell’Ama. Ascoltiamo in proposito mons. Mauro Parmeggiani, Segretario Generale
del Vicariato di Roma.
“Fin dall’inizio del suo pontificato, lui è sempre sceso –
intorno all’Epifania – a visitare questo presepio, e lo scorso anno, non riuscendo
a scendere, ha voluto che i netturbini salissero in visita da lui, nella sua
casa. Io credo però che il Papa, che è un grande innamorato dell’uomo, veda nel
presepio quel mistero dell’uomo, di Dio che si fa uomo e che redime l’uomo, che
è il mistero più grande e più centrale che ci possa essere per una persona che
vive sulla terra e che ha bisogno di sentire la compagnia di Dio. Il Papa è un
artista e quindi probabilmente vede la poesia del presepe, si ferma a contemplare
questa poesia della nascita di Gesù e di questo mondo che intorno a questa
nascita prodigiosa quasi si ferma, incantato, ad ammirare. Credo poi che con i
netturbini ci sia un particolare rapporto; il Santo Padre ha riconosciuto
ufficialmente la Madonna della Strada come patrona presso Dio dei Netturbini
romani. Questo credo che sia un ulteriore segno di attenzione, di vicinanza, di
affetto che il Papa nutre per queste persone, forse anche perché una volta, gli
spazzini – adesso si dice ‘netturbini’ o ‘operatori dell’ambiente’ – erano considerati
tra le persone più umili, più semplici e forse anche più vicine alla realtà.
Forse anche per questo il Papa ha una predilezione per loro”.
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20
dicembre 2003
PRESENTATO
A ROMA IL LIBRO SU MADRE TERESA DI CALCUTTA
SCRITTO
DA UN SUO ANTICO E STRETTO COLLABORATORE,
PADRE
SEBASTIAN VAZHAKALA, SUPERIORE GENERALE DEL RAMO CONTEMPLATIVO
DEI
MISSIONARI DELLA CARITA’
ROMA. = Giustizia e
solidarietà, parole d’ordine per il Natale dei senzatetto, di coloro che vivono
ai margini delle metropoli, come Roma o Calcutta: il popolo dei derelitti,
prediletto da Madre Teresa. Ad affermarlo è stato questa mattina il cardinale
José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione per la Cause dei Santi, durante una Messa celebrata, alla
presenza del senatore Giulio Andreotti, presso il centro di accoglienza Casa
Serena al Borghetto Prenestino, gestito dai Fratelli missionari della Carità.
L'occasione è stata offerta dalla presentazione del libro “Vita con Madre
Teresa”, scritto da padre Sebastian Vazhakala, indiano, originario del Kerala,
per 30 anni stretto collaboratore della suora beatificata dal Papa due mesi fa.
Padre Vezhakala - che attualmente dirige nella periferia romana la Casa Serena
per una settantina di indigenti, ed è superiore generale del secondo ramo
maschile dell’Ordine, i Missionari
Contemplativi - conobbe Madre Teresa nel 1966 ed entrò l’anno dopo nel primo
gruppo di fratelli che diedero vita al primo ramo maschile dei Missionari della
Carità. “E' il primo libro scritto da qualcuno veramente dentro l'Ordine, a
diretto contatto con la Madre”, ha spiegato la curatrice, Maria Giuseppina
Scanziani, che ha tradotto dall'inglese quello che in origine era una “sorta di
diario contenente confessioni e lettere inedite” scritte dalla Beata a padre
Sebastian. Ricordando la figura di Madre Teresa e la sua “proposta forte di
santità”, il cardinale Saraiva ha invitato a considerare quest'ultima come
strada maestra per “annunciare e testimoniare Cristo” e a chiedere a Dio, per
intercessione di Madre Teresa, di “aiutarci a scorgere Cristo nei poveri”. (A.D.C.)
IN
DIFESA DEI “FUORI CASTA” INDU’ DI RELIGIONE CRISTIANA,
LA
DENUNCIA DEL CONSIGLIO DELLE CHIESE CRISTIANE DELL’INDIA,
CHE
CHIEDE PER I DALIT CONVERTITI
GLI STESSI BENEFIT SOCIALI
PREVISTI
PER I FUORI CASTA CHE PROFESSANO ALTRI CREDI
NEW DEHLI. = Il Consiglio delle
chiese cristiane dell’India All India Christian Council (Aicc), ha
fermamente protestato per il tentativo condotto nel parlamento di New Delhi di
ostacolare l’integrazione dei dalit (indiani di basso ceto sociale, i cosiddetti
“fuori casta”) di religione cristiana. L’Aicc ha condannato il discorso tenuto
giovedì scorso dal ministro degli Affari sociali, Satya Narain Jatiya, alla Lok
Sabha, la Camera bassa del Parlamento. Durante l’intervento, il ministro avrebbe
riferito di presunte preoccupazioni della comunità internazionale circa
l’inclusione dei dalit di religione cristiana nella lista delle caste che hanno
diritto alle misure preferenziali, come già accade per i dalit indu, musulmani,
sikh e buddisti. Si tratta di strumenti di integrazione come benefit
sull’istruzione e quote riservate per l’accesso agli impieghi nel settore
pubblico. Il presidente del Consiglio delle Chiese cristiane, Joseph Souza, e
il segretario generale John Dayal, hanno obiettato che, contrariamente a quanto
sostenuto dal ministro, la questione dei diritti dei “fuori casta” raccoglie
invece un vasto consenso internazionale, come già provato durante la conferenza
delle Nazioni Unite contro il razzismo tenutasi due anni fa a Durban
(Sudafrica). Lo scorso 17 novembre, nel ricevere in udienza i vescovi indiani
del Tamil Nadu, anche Giovanni Paolo II si era soffermato sulla situazione dei
dalit e sulle discriminazioni prodotte dal sistema sociale indiano. “I costumi che perpetuano o
rafforzano la divisione in caste – aveva sostenuto - dovrebbero essere
sensibilmente riformati”. L’Aicc ha sottolineato che la Commissione
nazionale per le minoranze ha ripetutamente sollecitato il governo indiano a
stabilire un’uguaglianza di trattamento tra gli appartenenti di ‘caste
inferiori’ di tutte le religioni. In passato un disegno di legge di questo indirizzo
presentato dall’allora ministro degli Affari sociali, Sitaram Kesri, non era
riuscito ad approdare in Parlamento. (A.D.C.)
SONO
TREMILA I BAMBINI ALBANESI CADUTI NELLA RETE DEI MERCANTI
DI
ESSERI UMANI. IL DATO RESO NOTO DAL “VOLONTARIATO INTERNAZIONALE
PER LO
SVILUPPO”, UNA ONG PRESENTE IN ALBANIA DA DODICI ANNI
TIRANA. = Sarebbero tremila i
minori albanesi vittime della tratta degli esseri umani. Lo stima il Vis, il
Volontariato internazionale per lo sviluppo, una ong presente in Albania dal
1991 per progetti di sviluppo. Per il Vis - che in questi giorni ha organizzato
a Roma un seminario su una piaga dai contorni sempre più drammatici ed
estesi - questo “traffico illecito è un
fenomeno che riguarda molto da vicino l'Italia per l'elevato numero di bambini
e ragazzi che finisce nel nostro Paese e per l'impiego che ne fa la criminalità
organizzata obbligandoli alla prostituzione, all'accattonaggio, ai piccoli
furti, e a volte finiscono nel giro dell'adozione illegale”. “La tratta dei minori nel mondo – ha
affermato il presidente del Vis, Antonio Raimondi, in un comunicato - è un
business di oltre un miliardo di dollari e si stima che ogni anno coinvolga 2
milioni di bambini e adolescenti. E' necessario – ha aggiunto - promuovere
degli incontri tra i governanti dei diversi Paesi coinvolti dal fenomeno, così
da avviare, in sinergia, tutti gli interventi e le attività svolte alla lotta
al traffico, sia nei contesti di origine che in quelli di azione diretta delle
reti criminali coinvolte”. “L’impegno – ha osservato ancora Raimondi - è di
rendere possibile il trasferimento di know how dell'esperienza italiana
associativa e di assistenza, che da diversi anni si propone la tutela dei
diritti dei minori stranieri presenti sul territorio italiano, ponendo a
servizio di altri soggetti coinvolti, il proprio bagaglio di esperienze e allo
stesso tempo rendendosi disponibili ad un accrescimento e arricchimento
attraverso il confronto con l'altro”. (A.D.C)
RIPRESA GENERALIZZATA PER L’ECONOMIA DEGLI STATI
LATINO E CENTROAMERICANI.
DOPO
50 ANNI DI SALDI IN “ROSSO”, IL 2003 CHIUDE CON UNO STORICO ATTIVO
SANTIAGO DEL CILE. = Per la
prima volta in mezzo secolo, il sistema economico America Latina-Caraibi ha
chiuso l’anno con uno “storico” attivo, crescendo dell’1,5 per cento rispetto
al 2002 e, secondo alcune previsioni, si accinge a crescere ulteriormente nel
2004, a un tasso del 3,5%: i dati sono contenuti in un bilancio della
Commissione economica dell’Onu per l’America Latina e i Caraibi (Cepal/Eclac),
diffuso a Santiago del Cile. L’organismo, dal 10 dicembre, ha come segretario
esecutivo l’economista argentino José Luis Ma Chinea, che ha preso il posto di
José Antonio Ocampo. In testa all’inversione di marcia figura l’Argentina,
passata da un saldo negativo del 10,8% nel 2002 a uno positivo di oltre il 7%.
A seguire, il Perù (+4%), Colombia (+3,4%) Cile (più 3,2%). Ancora in positivo,
ma meno esaltante, la prestazione di grandi economie come quella messicana
(+1,2%) e del Brasile (appena +0,1%). Particolare la posizione del Venezuela
che, a causa delle sue vicende interne, chiude l’anno con un meno 9,5%, ma
viene accreditato di un tasso di crescita superiore al 7% per l’anno prossimo.
Perfino Cuba, nonostante l’embargo statunitense, ha visto la sua economia crescere
del 2,6% (+1,2% nel 2002), grazie certamente agli introiti dell’industria
turistica, ma anche di settori meno dinamici come quelli minerario e
agricolo-zootecnico. Ad avere effetti positivi sulla ripresa generalizzata
delle principali economie latino-americane e caraibiche sono state soprattutto
la domanda asiatica e quella statunitense riguardante in particolare
alimentari, minerali e petrolio. La regione ha anche ricevuto fondi
compensativi per circa 22 miliardi di dollari, la metà dei quali versati dal
Fondo monetario internazionale (Fmi). L’inflazione, infine, che è tornata a
scendere, mentre il tasso medio per la maggior parte dei Paesi è risultato
attorno all’8,5%. (A.D.C.)
DIFFONDERE
UN MESSAGGIO DI PACE, CON LA SPERANZA DI MIGLIORARE IL DIALOGO INTERRELIGIOSO:
E’ L’AUSPICIO DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL BUDDISMO, IN CORSO IN
INDONESIA, ALLA QUALE PARTECIPANO 430 MONACI
DA TUTTO IL MONDO
JAKARTA. = Religioni e dialogo per la pace. Un
binomio e un obiettivo ormai di dimensioni planetarie, che incontra una
crescente sensibilità ad ogni latitudine. Ne hanno parlato anche gli oltre 400
monaci buddisti, provenienti da diversi Paesi del mondo, che hanno preso parte
alla Conferenza Internazionale del Buddismo, svoltasi nel suggestivo tempio di
Borobudur, a Magelang, provincia di Java Centrale. La Conferenza – riferisce
l’agenzia AsiaNews- è stata organizzata dal Consiglio Mondiale della Comunità
Buddista (World Buddhist Sangha Council, WBSC), si è aperta
giovedì scorso e continuerà fino al 21 dicembre. Secondo Sri Pannyavasa Maha
Thera, presidente del WBSC, la conferenza ha riscosso un grande successo. Era
atteso l’arrivo di circa 300 monaci mentre ne sono giunti 433, non solo
da vicini Stati asiatici ma anche da Bangladesh, Canada, Stati Uniti e
Australia. Partecipano alla conferenza anche rappresentanti di altre religioni.
Lo scopo della conferenza, ha ribadito lo stesso Thera, è diffondere un
messaggio di pace a tutto il mondo, con la speranza di migliorare il dialogo
tra i capi delle diverse religioni mondiali. (A.D.C.)
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20
dicembre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Dall’Iraq, Paese dove stamani è giunto il premier spagnolo
Josè Maria Aznar per una visita a sorpresa al contingente spagnolo, giungono
nuovi particolari sulla cattura del deposto presidente Saddam Hussein. Ce ne
parla Amedeo Lomonaco:
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“L’uomo che ha consegnato l’ex
rais alle forze americane è stato il suo braccio destro durante gli otto mesi
che hanno seguito la caduta del regime”. Lo ha dichiarato un ufficiale
americano, Stan Murphy, escludendo che l’informatore, la cui identità non sarà
rivelata, ottenga la ricompensa di 25 milioni di dollari. Uno tra i giudici più
accreditati a presiedere la corte penale speciale per Saddam Hussein, il
magistrato Abdul Latif, ha inoltre affermato che “il processo all’ex presidente
iracheno si svolgerà non in tempi brevi nel Paese arabo”, dove purtroppo non si
arresta la catena di violenze. Nella notte tre agenti di polizia iracheni sono
stati uccisi per errore da soldati americani nei pressi di Kirkuk e questa
mattina una ex funzionaria del disciolto partito Baath iracheno, Damiyah Abbas,
è stata uccisa insieme al figlio di cinque anni a Najaf. Negli Stati Uniti
cresce, intanto, l’allarme terrorismo per possibili attentati contro New York e
altre città americane, fra le quali Los Angeles e Washington. Ed in questo
complesso scenario si deve infine registrare il recente messaggio attribuito al
numero due dell’organizzazione terroristica di Al Qaida, Ayman Al Zawahri, nel quale il medico
egiziano minaccia l’America e parla del tentativo di omicidio, in Iraq, del
vice ministro della Difesa statunitense, Paul Wolfowitz.
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In
Medio Oriente proseguono gli sforzi per la pace. Don Weisglass,
capo dell’ufficio di gabinetto del premier israeliano incontrerà la prossima
settimana il suo collega palestinese, Abu Libda, per tentare di concordare un
faccia a faccia tra Ariel Sharon e Abu Ala. Lo rende noto oggi il sito del
quotidiano israeliano “Haaretz”.
15 capi di Stato e di governo
sono riuniti da ieri ad Accra, in Ghana, per il Vertice annuale dell’Ecowas, la
Conferenza degli Stati dell’Africa occidentale. Al centro dei lavori, il
processo di pace in Costa d’Avorio, dove governo e ribelli hanno iniziato da
pochi giorni il disarmo. Ma sul terreno, i segnali di pacificazione non sono ancora
evidenti, come ci riferisce padre Luciano Ragazzo, missionario nella città settentrionale
di Korogò, intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Per quanto riguarda il disarmo, ci siamo accorti che
almeno qui, a Korogò, diventa difficile poter dire se ci sia stato, o meno, un
disarmo. Ci sono ancora, certamente, militari che occupano la città ma meno
posti di blocco all’interno della città e questo è un segnale positivo.
D. – Il presidente ivoriano Gbagbo ha detto: “La pace sarà
il mio regalo di Natale alla popolazione ivoriana”. Secondo lei è un regalo
possibile?
R. – Questa è la prospettiva di Gbagbo, e qui dobbiamo
calarci nella mentalità secondo cui i ribelli, da quest’altra parte, dicono:
“Siamo noi che facciamo il regalo, non Gbagbo”. Quindi, Gbagbo può decidere per
quanto riguarda la parte meridionale della Costa d’Avorio ma non ha autorità – anche se è il presidente
del Paese – di fare dei regali alla Costa d’Avorio del Nord, dove noi ci
troviamo.
D. – L’impressione, comunque, è che sia il governo sia
l’esercito siano ormai piuttosto stanchi di questa guerra ...
R. – Anche i ribelli sono stanchi, quindi tutti vogliono
la pace. Ognuno, però, ha delle prospettive individuali, personali della pace.
Psicologicamente, i ribelli non sono d’accordo sul calendario di Gbagbo. Io
credo che la pace arriverà, le prospettive ci sono e anche l’accordo di
riaprire le scuole, che è l’ultima notizia, proprio di questa settimana
conferma questa mia speranza. Il vero problema è che i due calendari non
coincidono.
D. – La popolazione come sta vivendo questo momento di
incertezza?
R. – La popolazione è stanca e vede in un accordo l’unica
soluzione possibile; il problema è come trovare un accordo che sia poi solido
in grado di portare a nuove elezioni.
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Italia.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha tenuto oggi a Roma la consueta
conferenza stampa di fine anno difendendo l’operato del suo governo. Il premier
ha invitato le famiglie italiane all’ottimismo, ha accusato l’opposizione di
non aver voluto risolvere a suo tempo il conflitto d’interessi, ha annunciato
che firmerà un decreto sulla TV il 23 dicembre prossimo: chiudere Rete 4 – ha
detto – non è pluralismo. Sulle riforme ha poi affermato che basterà una sola
Camera per approvare le leggi. Sul piano internazionale Berlusconi ha detto di
considerare positivamente il semestre italiano alla presidenza dell’Unione Europea
e ha annunciato che si candiderà alle prossime elezioni dell’UE: quindi ha
detto che è doveroso che le truppe italiane restino in Iraq e che le democrazie
devono gradualmente eliminare gli Stati illiberali. Ascoltiamo questo passo del
suo intervento.
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Credo che l’ordine mondiale nuovo consenta ai Paesi
dell’Occidente di assumere la responsabilità affinché si possa sconfiggere,
vincere la guerra contro il terrorismo ed eliminare la possibilità di attacchi
nucleari. In che modo? Esportando la democrazia, con l’informazione, con la
propaganda, con la cultura, con interventi economici ... Infine, ove ci fossero
pericoli precisi, ma come ultimo, ultimo mezzo e strumento, anche con interventi
militari come è stato per esempio per quanto riguarda l’Iraq.
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In Cecenia duemila uomini delle
forze armate russe sono stati concentrati sulle montagne del Daghestan per
bloccare la ritirata di alcune decine di guerriglieri che lunedì scorso hanno
ucciso una decina di guardie di frontiera al confine con la Georgia. Lo ha reso
noto il comandante delle forze russe nel Caucaso del Nord affermando che il
contingente di miliziani è stato accerchiato e quasi completamente eliminato
con l’ausilio dell’aviazione e dell’artiglieria.
Nelle Filippine ameno 100 persone
sono morte ed oltre 80 risultano disperse a causa di una serie di frane che,
dopo sei giorni di pesanti piogge, hanno devastato l’isola di Leyte. Gli
abitanti delle città meridionali di Liloam e Maasin sono stati sorpresi nel
sonno e si teme che il drammatico bilancio delle vittime possa ancora salire.
Il Programma Alimentare Mondiale (Pam) ridurrà gli aiuti
alimentari alla Corea del Nord per il netto calo di donazioni. Lo ha reso noto
il direttore dell’agenzia delle Nazioni Unite, James Morris, nel corso di una
conferenza stampa a Pechino precisando che il Pam ha ricevuto, finora, soltanto
il 60 per cento delle forniture previste per i bisogni di oltre sei milioni di
nordcoreani.
In Marocco cinque presunti terroristi, di cui quattro marocchini e
un britannico, sono stati condannati in contumacia a 20 anni di prigione nel
quadro dell’inchiesta sugli attentati avvenuti lo scorso 16 maggio a Casablanca
scorso e costati la vita a 45 persone.
Domani la Guinea Conakry si
reca alle urne per eleggere il presidente. Scontata la riconferma di Lansana
Contè dopo che le opposizioni hanno annunciato che boicotteranno il voto a
causa di brogli riscontrati a loro avviso già in fase di allestimento della
macchina elettorale.
E’ salito a 12 morti e 37 feriti il drammatico bilancio del grave
incidente che ha coinvolto un autobus tedesco alla frontiera tra Belgio e
Francia, sull'autostrada Bruxelles-Parigi.
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