RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 348 - Testo della
Trasmissione di domenica 14 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Musica e solidarietà protagoniste ieri al Concerto
di Natale in Aula Paolo VI
CHIESA E SOCIETA’:
Una pace
stabile e duratura. E’ l’auspicio del cardinale Gabriel Zubeir Wako per il
Sudan
A Nairobi,
diverse iniziative contro la piaga dell’alcolismo
Riapre
in Camerun l’emittente cattolica ‘Radio Veritas’
La
situazione di Iraq e Turchia al centro di un dibattito al Centro Astalli di
Roma
Lo svizzero
Jacob Kellenberger confermato alla guida della Croce Rossa internazionale
Questa sera a Roma un concerto di musica sacra, promosso dall’ambasciata della Repubblica ceca presso la Santa Sede.
In
un clima di grande tensione, si è aperta a Kabul l’assemblea della Loya Jirga
Con
la mente all’Europa, Cipro nord vota per il rinnovo del parlamento.
14 dicembre 2003
L’AVVENTO
E’ IL TEMPO DELLA GIOIA, DIO NON E’ LONTANO
MA VICINO
E COMPASSIONEVOLE: COSI’, IL PAPA ALL’ANGELUS IN PIAZZA SAN PIETRO,
AL
TERMINE DEL QUALE HA BENEDETTO I “BAMBINELLI”
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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“Rallegratevi nel Signore, sempre… Il Signore è vicino”.
All’Angelus domenicale, il Papa ha ricordato le parole dell’apostolo Paolo,
il suo invito alla gioia. Ed ha sottolineato che questa domenica, la terza
d’Avvento, è proprio detta Domenica “Gaudete”. L’Avvento, ha proseguito, è
dunque “tempo di gioia, perché fa rivivere l’attesa dell’evento più lieto nella
storia: la nascita del Figlio di Dio dalla Vergine Maria”.
“Sapere
che Dio non è lontano, ma vicino, non indifferente, ma compassionevole, non
estraneo, ma Padre misericordioso che ci segue amorevolmente nel rispetto della
nostra libertà: tutto questo è motivo di una gioia profonda che le alterne
vicende quotidiane non possono scalfire”.
Il
Santo Padre ha messo l’accento proprio su questa caratteristica inconfondibile
della gioia cristiana che “può convivere con la sofferenza perché è tutta
basata sull’amore”. Il Signore, ha aggiunto, ci è vicino “al punto da farsi
uomo, viene ad infonderci la sua gioia, la gioia di amare”:
“Solo
così si capisce la serena letizia dei martiri anche in mezzo alle prove, o il
sorriso dei santi della carità dinanzi a chi è nel dolore”.
Ha così
esortato i fedeli a chiedere alla Vergine Santa il dono della gioia cristiana,
giacché l’annuncio dell’Angelo a Maria è proprio un “invito alla gioia”. Dopo
l’Angelus, salutando i pellegrini raccolti in piazza San Pietro, il Papa ha benedetto
i “Bambinelli” dei presepi, ringraziando il Centro Oratori Romani per questa
bella tradizione. Quindi ha rivolto parole affettuose ai bambini presenti nella
piazza:
“Cari
bambini e ragazzi, quando metterete nel presepe la statuina di Gesù Bambino,
dite una preghiera per me e per le tante persone che si rivolgono al Papa nelle
loro difficoltà. Buon Natale a tutti!”
Un
augurio, che è stato accolto con canti festosi:
(applausi
e musica)
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14 dicembre 2003
CATTURATO SADDAM HUSSEIN: L’EX DITTATORE IRACHENO
E’ ORA NELLE
MANI
DELLE FORZE AMERICANE. MOSTRATE LE IMMAGINI DEL RAIS
IN UNA
CONFERENZA STAMPA TENUTA A BAGHDAD DA PAUL BREMER
-
Intervista con Alberto Negri -
Saddam Hussein è stato arrestato ed è ora sotto
strettissima sorveglianza delle forze della coalizione. Soddisfazione è stata
espressa poco fa, in conferenza stampa, a Baghdad, dal capo dell’Autorità
civile provvisoria americana in Iraq, Paul Bremer. Sull’operazione che ha
portato alla sua cattura ci riferisce Amedeo Lomonaco:
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“WE GOT HIM. SADDAM HUSSEIN
WAS CAPTURED SATURDAY, ...”.
“Lo abbiamo preso, abbiamo preso Saddam Hussein; questo è
un grande giorno per l’Iraq”. Con queste parole Paul Bremer ha confermato la
cattura dell’ex rais iracheno. L’annuncio del suo arresto è stato inizialmente
dato dal leader curdo, Jalal Talabani, e successivamente è stato confermato
anche dal Consiglio di governo provvisorio iracheno e dal Pentagono. L’ex rais,
di cui sono state mostrate le prime immagini dopo il suo ritrovamento, è stato
catturato la scorsa notte, in una cantina di un edificio della sua città
natale, Tikrit, al termine di un’operazione congiunta condotta da soldati americani
e pershmerga curdi. La sua identità – hanno rivelato fonti irachene – è stata
accertata dall’esame del Dna. Al momento della cattura Saddam Hussein, molto
dimagrito è apparso stanco, rassegnato e con una lunga barba grigia. Stava
dormendo e aveva accanto una valigetta contenente mezzo milione di dollari.
La Cnn ha anche annunciato che il presidente americano,
George Bush, è stato informato della cattura dell’ex rais nella serata di ieri
dal segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld. Il premier britannico, Tony Blair
ha inoltre dichiarato che il suo arresto “fornisce l’opportunità di far
svolgere il processo dai tribunali iracheni”. “Ora – ha proseguito Blair -
dobbiamo cercare di riunire tutto il Paese arabo negli sforzi di ricostruzione
per offrire un nuovo futuro”. Alla notizia dell’arresto del deposto presidente
iracheno sono seguite manifestazioni di gioia e giubilo in diverse città
dell’Iraq dove non si arresta, purtroppo, la catena di violenze. Un ennesimo, drammatico attentato è
stato infatti perpetrato a Khalidiyah, città ad una sessantina di chilometri ad
Ovest di Baghdad. L’attacco, eseguito con un’autobomba contro una stazione di
polizia, ha causato la morte di diciassette iracheni, tra i quali due bambini.
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Dopo la
cattura dell’ex rais, come potrà cambiare la strategia dell’amministrazione
provvisoria in Iraq? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato
speciale del Sole 24 Ore:
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R. –
Sicuramente, la cattura di Saddam Hussein segna una svolta, non soltanto
storica per l’Iraq: ricordiamo che quest’uomo ha dominato per 35 anni e oltre
la vita di questo Paese. Anche quando Baghdad era caduta, era rimasto comunque
dietro ad una parte consistente della resistenza anti-americana. Oggi, la
cattura può significare una svolta anche per le operazioni sul terreno della
coalizione internazionale. Dobbiamo però vedere che cosa succederà realmente.
E’ chiaro: ci sono le prove che Saddam Hussein fosse dietro ad una parte di
questa resistenza irachena, di questa guerriglia che aveva assunto anche forme
di terrorismo terrificante. Però, è anche vero che non è forse l’unica
componente di questa resistenza, per cui la cattura di Saddam Hussein
costituisce sicuramente una svolta, ma non il fine delle operazioni militari.
Costituisce sicuramente un punto importante, prima di tutto per il morale delle
truppe americane, per il morale della coalizione occidentale, forse anche
proprio per gli iracheni, che dopo la caduta di Baghdad adesso vedono forse
finalmente finire quel regime che li ha governati e dominati per 35 anni.
D. –
C’è il rischio di attentati, di ritorsioni, anche fuori dall’Iraq, attentati
già più volte minacciati nei giorni scorsi?
R. –
Sul fronte del terrorismo, nulla è prevedibile. Il terrorismo, prima ancora che
una politica, è una ideologia, è soprattutto una tecnica. E’ una tecnica molto
difficile da contrastare, dove si possono ridurre i rischi ma non assolutamente
tutto può essere fatto in modo da evitare che ci siano attentati. Il terrorismo
di ogni tipologia, può colpire ovunque e in ogni momento.
D. –
Come va interpretata questa cattura per quanto riguarda i rapporti tra Stati
Uniti e quei Paesi che non hanno appoggiato la guerra e sono stati esclusi, proprio
nei giorni scorsi da Washington, dalla ricostruzione dell’Iraq?
R. –
Questo sicuramente forse è l’aspetto più interessante in questa congiuntura
politico-diplomatico-internazionale: la contrapposizione tra gli Stati Uniti e
una parte dei Paesi europei, come la Francia e la Germania, ma anche la Russia,
che si sono opposti all’intervento. La cattura di Saddam Hussein sicuramente
costituisce la fine di un quadro in cui ancora questi Paesi si muovevano nella
speranza, forse, un giorno di ritornare in Iraq e di poterlo fare da
protagonisti.
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DELUSIONE E POLEMICHE
PER IL MANCATO ACCORDO AL VERTICE DI BRUXELLES,
CHE AVREBBE DOVUTO APPROVARE LA COSTITUZIONE
DELL’EUROPA A 25
- Con
noi, il prof. Pietro Scoppola -
Nulla di fatto alla Conferenza Intergovernativa, sospesa ieri
senza l’approvazione del testo di nuova Costituzione europea. I leader dei 25
Paesi non hanno trovato accordo sul sistema di voto in seno al Consiglio
europeo. “Posizioni troppo distanti”, ha detto ieri pomeriggio - in conferenza
stampa - il presidente di turno Berlusconi, anche per poter continuare la
plenaria fino a questa mattina, come inizialmente previsto. Ma sugli squilibri
tra le diverse posizioni, ascoltiamo da Bruxelles la nostra inviata, Fausta
Speranza:
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Il premier italiano non ha
voluto citare chi ha detto no alle sue ultime proposte. Sollecitato sulle
responsabilità della Germania, ha detto che non è stata la sola a mettere veti,
aggiungendo che non si può addossare la colpa al binomio franco-tedesco. E,
nello stesso tempo, ha sottolineato una certa apertura a trattare di Spagna e
Polonia, non sufficiente, però, a più di uno dei Paesi più grandi. Da una
parte, infatti, c’erano le posizioni dei Paesi più popolosi e dall’altra le richieste
di Madrid e Varsavia di non voler fare passi indietro rispetto al Trattato di
Nizza, anche se il sistema deciso nella città francese, nel 2000, non tiene
giusto conto del rapporto tra voto e popolazione e, dunque, anche prodotto interno
lordo. Aznar ha difeso la disponibilità secondo lui dimostrata.
Poi ci sono le dichiarazioni forti di Chirac che continua a
difendere la sua idea di un gruppo di Paesi “pionieri” che facciano da motore
attivo per trascinare gli altri, per quanto riguarda la Carta costituzionale. E
minimizza il mancato accordo rimandando al prossimo semestre irlandese, che
però cade in periodo di elezioni. Poi il testimone passa all’Olanda che è tra
quei Paesi fondatori che potrebbero fare il balzo in avanti. Nella stessa
direzione sembra guardare il cancelliere tedesco, Schroeder, quando afferma che
se non si riformano i Trattati Ue in “tempi ragionevoli, la logica
conseguenza potrebbe essere un'Europa a due velocità”. Nessuno ha
voluto un accordo al ribasso, è stato il commento del presidente della
Commissione, Prodi, che ha riconosciuto la necessità di una lunga riflessione
raccomandando di evitare “sterili polemiche” e piuttosto di occuparsi dei
problemi dei cittadini. “Continuare a lavorare insieme per avere successo è
stato anche l’invito del presidente dell’Europarlamento, Pat Cox. Resta aperto
l’interrogativo su che cosa implichi veramente il mancato accordo sulla Costituzione.
Nonostante le varie dichiarazioni che l’Europa può continuare a andare avanti
così, a conclusione dell’atteso vertice che si voleva storico per la nascita di
una Costituzione che non ci sarà, le incognite non mancano.
Da Bruxelles, Fausta Speranza,
Radio Vaticana.
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Per una riflessione sulla
battuta d’arresto al vertice di Bruxelles, ascoltiamo lo storico Pietro
Scoppola, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Certamente, questo è un momento di caduta, però se ci
rendiamo conto della difficoltà del progetto e della complessità della
Costituzione europea, non si deve parlare di fallimento. E’ una battuta
d’arresto. La cosa preoccupante è che non è stato fissato nemmeno una data per
rivedersi: si ha la sensazione di un momento di sconcerto. Bisogna reagire a
questo e bisogna che reagiscano i governi, ma anche i popoli, l’opinione
pubblica ...
D. – Professore, l’Europa si è divisa profondamente su un
passaggio fondamentale. Da dove ripartire ora?
R. – Bisogna ripartire, come ha messo bene in evidenza il
presidente della Commissione Ue, dal ruolo dell’Europa nel mondo. Non possiamo
fare il bis degli “staterelli” italiani nel Rinascimento, divisi e in lotta tra
di loro, quando si erano già formate le grandi potenze nazionali in Europa che
hanno finito poi con il travolgere la indipendenza dell’Italia. Dobbiamo essere
all’altezza di queste grandi sfide: lo si è visto nella vicenda irachena e
adesso nei rapporti con la Cina. Ci sono problemi di dimensioni enormi, che i
singoli Stati europei non possono affrontare! Forse è sorprendente e un po’
penoso che proprio uno di quegli Stati che appartengono all’Europa orientale -
mi riferisco alla Polonia - siano venute delle difficoltà, delle resistenze.
Ecco: i problemi difficili vanno affrontati con quel senso di responsabilità
che c’è stato all’origine: questi grandi uomini che avevano il senso della
gravità e le dimensioni della storia.
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MUSICA E SOLIDARIETA’ PROTAGONISTE IERI SERA
AL CONCERTO DI NATALE IN AULA PAOLO VI
-
Servizio di Benedetta Capelli -
Davanti a settemilacinquecento
persone, è andato in scena nell’Aula Paolo VI in Vaticano il tradizionale
Concerto di Natale. Un evento nato per promuovere il progetto “50 Chiese per
Roma Terzo Millennio”. Iniziativa, voluta dal Vicariato della capitale,
destinata a raccogliere fondi per la costruzione di nuove parrocchie nei
quartieri della città, che ne sono privi. Tanti i momenti emozionanti, come ci
racconta Benedetta Capelli:
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(musica)
Con un
pensiero rivolto alle famiglie degli italiani caduti nell’attentato di
Nassiriya, affinché nella fede ritrovino serenità, si è aperta l’undicesima
edizione del Concerto di Natale in Vaticano. Un evento per ricordare il
messaggio di gioia e di pace che la natività di Gesù ogni volta infonde nel
cuore delle genti. Sul palco tanti artisti, ognuno testimone di culture diverse.
Dodici le personalità della musica internazionale e nazionale, accompagnate e
dirette, come sempre, dal maestro Renato Serio, tre i cori, tra i quali l’Harlem
Gospel Choir che cantò davanti al Papa durante il suo ultimo viaggio in
America.
Trascinante
l’esibizione del re della black music, Solomon Burke, intensa quella di Randy
Crawford, habitué del concerto da almeno quattro anni. E poi Khaled, unico
artista di fede islamica, innovatore del “rai”, la tradizionale musica
algerina. Ricordata con la trasmissione di un filmato, anche l’udienza del
venerdì in cui Giovanni Paolo II ha ricevuto gli artisti, che ha ringraziato
per la loro partecipazione. E poi di nuovo la musica con i canti natalizi,
interpretati in duetti inediti come quello del tenore Alessandro Safina con la
Crawford o di Kelly Joyce, Alina, la più giovane cantante salita sul palco, e
Natalia Kukulska, la prima artista polacca ad intervenire a questo concerto.
Nota
stonata l’intervento della cantante Lauryn Hill che, in un fuori programma
assolutamente inopportuno, ha criticato l’istituzione della Chiesa, prendendo
spunto dalle vicende connesse con la pedofilia. Il vescovo ausiliario di Roma,
mons. Fisichella ha giudicato l’episodio “increscioso ed inqualificabile, un
atto di grande maleducazione”.
Per il
resto, un crescendo di emozioni grazie a “Il mio amico” cantato da Gianni
Morandi e scritto in occasione dell’anno del disabile. Composta per la serata
“Padre della notte” di Sergio Cammariere, un’invocazione al Signore, una
struggente preghiera. La dolcezza delle parole e la forza delle note hanno
colpito il pubblico dell’Aula Paolo VI che ogni anno attraverso la musica, vive
intensamente la gioia del Santo Natale.
(musica)
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VENEZIA
ATTENDE CON EMOZIONE LA RIAPERTURA DELLO STORICO
TEATRO “LA FENICE”, DEVASTATO DA UN INCENDIO
8 ANNI FA.
CON
NOI, IL SINDACO PAOLO COSTA
-
Servizio di A.V. -
“La Fenice com’era e dov’era”. A sette anni dall’incendio
doloso che, il 29 gennaio 1996 distrusse completamente il Teatro lirico di
Venezia, gioiello di architettura settecentesca e di acustica, il Teatro torna
a splendere nelle sue antiche forme e solleva il sipario sulla grande musica:
questa sera alla presenza del presidente della Repubblica Ciampi, Riccardo Muti
dirigerà Orchestra e Coro del Teatro La Fenice in musiche di Stravinsky,
Caldara e Wagner, compositori legati alla città lagunare, oltre alla cantata
“La Consacrazione della Casa” di Beethoven, aprendo la settimana inaugurale di
concerti in cui si avvicenderanno prestigiose orchestre internazionali, da
Londra a Vienna a San Pietroburgo. Il servizio di A.V.:
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(musica)
Per sette anni, la città e il mondo hanno atteso questo
momento. Attraverso una lunga, sofferta ricostruzione, rallentata dall’inchiesta
giudiziaria e da inceppamenti burocratici e documentata anche dal libro “La
Fenice ritrovata”, edito da Scheiwiller e scritto da Paolo Costa, sindaco di
Venezia e Commissario delegato per la ricostruzione.
D. - Cosa ha rappresentato nella storia, e cosa
rappresenta oggi il Teatro “La Fenice” per Venezia?
R. – Nella storia è stato e – fortunatamente, possiamo
dire – ritornerà ad essere, il luogo in cui si è riassunta la massima
espressione artistica e musicale della città, a partire dalla fine del Settecento.
Ha partecipato da protagonista alla storia dell’Opera: “Attila”, “Rigoletto”,
“Traviata” e “Simon Boccanegra” di Verdi, per esempio, hanno avuto la loro
‘prima’ a Venezia; ma ci sono molte altre opere di grandissima importanza e
quindi tutto il periodo romantico, il periodo dell’Opera è cresciuto a Venezia.
In più, si raccontava di questa leggendaria acustica che faceva del Teatro un
luogo in cui la musica veniva prodotta in maniera eccezionale. Per i veneziani,
poi, la “Fenice” era questa grande istituzione, questo luogo élitario da un
punto di vista, ma anche immerso nella vita della città in cui tutti si
sentivano proprietari orgogliosamente partecipi. E la sua sparizione, dalla
sera dell’incendio, ha prodotto degli effetti psicologici sull’intera città,
che solo oggi si chiudono.
D. – “Com’era – dov’era” fu lo slogan lanciato fra le
lacrime, all’indomani del rogo, il 30 gennaio 1996, dal suo predecessore, il
sindaco Massimo Cacciari. Questo slogan, per il Teatro “La Fenice”, è una
promessa mantenuta, oggi?
R. – Lo abbiamo onorato. Era un impegno preso dal sindaco
Cacciari a nome di tutti nei confronti del mondo, oggi possiamo dire che è
esattamente com’era, è esattamente dov’era: è forse un po’ troppo splendente,
perché gli ori non hanno ancora ricevuto la patina del tempo ma posso
testimoniare che tutti coloro che sono entrati in Teatro in questi giorni,
anche giornalisti di grande esperienza, ho visto in tutti loro una lacrima o
quantomeno inumidirsi gli occhi. E questa è stata sicuramente la cosa che mi ha
ricolmato di ogni soddisfazione.
D. – Signor Sindaco, lei è un economista, lo ricordiamo.
Le chiedo: quanto è costata al comune di Venezia la perdita, per sette anni,
del Teatro “La Fenice” e, secondo lei, oggi è giusto parlare – come si fa spesso
– di ‘impresa culturale’, o c’è un valore aggiunto, che va oltre le cifre?
R. – Se dovessimo misurare la produzione di un teatro, di
una fondazione musicale solo in termini strettamente economici, avremmo dovuto
chiudere i battenti subito, perché non copre normalmente nemmeno i costi
correnti. Posso dire invece con un certo orgoglio che la ricostruzione è stata
contenuta esattamente nel budget previsto, meno di 90 milioni di euro. Nel
nostro Paese, la creazione musicale è così importante che vuole e sa mantenere,
e quindi questo è un sacrificio che facciamo tutti insieme.
(musica)
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AGIRE SUBITO PER RIPORTARE L’EDUCAZIONE IN PRIMO
PIANO
NELLE STRATEGIE DI SVILUPPO:
APPELLO DELL’UNICEF NEL RAPPORTO 2004 SULL’INFANZIA NEL MONDO
- Con noi, Donata Lodi -
Ogni giorno 2 bambini su 10 sono del tutto privati del
loro diritto all’istruzione primaria, non impareranno mai né leggere né a
scrivere, e resteranno per sempre a margini della società. Questa media sale a
4 bambini su 10 nei Paesi più poveri dell’Africa subsahariana e dell’Asia sud
orientale. A restare fuori dalle aule scolastiche sono soprattutto le bambine.
La denuncia emerge nel Rapporto annuale dell’Unicef sullo stato dell’infanzia
nel mondo, presentato questa settimana. L’Agenzia dell’Onu punta il dito contro
i Paesi industrializzati, ma anche contro le Istituzioni finanziarie
internazionali: ciò che è stato fatto è “decisamente inadeguato”, come spiega
la dott.ssa Donata Lodi, portavoce dell’Unicef-Italia, intervistata da Roberta
Gisotti:
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R. – E’ inadeguato, tant’è che oggi ci sono ancora, nel
mondo, 121 milioni di bambini che non hanno mai visto un’aula scolastica, e di
questi una larga maggioranza sono proprio bambine. E’ inadeguato perché non
sono state messe a disposizione le risorse necessarie per questo: l’istruzione
è stata considerata una sotto-priorità, mentre invece tutte le ricerche
condotte anche da Istituzioni economiche dimostrano che mandare a scuola le
bambine è il migliore investimento che un Paese povero possa fare per il suo
futuro.
D. – Al diritto all’istruzione sono legati anche tanti
altri diritti ...
R. – Certamente, noi sappiamo che le madri istruite sono
quelle che hanno minore mortalità per i propri figli, perché sono maggiormente
capaci di assistere i propri bambini e di accedere ai servizi sanitari; le
madri istruite sono quelle che riescono meglio a proteggere i propri figli dai
rischi dello sfruttamento e degli abusi. Davvero, investire sull’istruzione
delle bambine, oggi, significa garantire ai bambini di domani – maschi e
femmine – un futuro migliore ed una vita più sicura.
D. – Abbiamo una “Dichiarazione del Millennio”,
sottoscritta dal mondo intero nel settembre 2000, dove si fissava un obiettivo,
allora, certamente ambizioso: quello di raggiungere l’istruzione primaria
universale. Quindi: ancora solo parole?
R. – Rischiano di restare parole sulla carta. Il messaggio
che noi vogliamo dare con chiarezza è che però si possono tradurre quelle
parole in pratica se da subito ci si mobilita, si mettono a disposizione
risorse, si aiutano le esperienze che funzionano nei Paesi più poveri ... Se si
fa questo, è possibile invertire la tendenza, è possibile raggiungere gli
obiettivi. Se non si fa questo, rischiamo di andare incontro ad un fallimento
storico degli obiettivi che l’umanità si è data.
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IN
BRASILE, VA DENUNCIATO IL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO NEL LAVORO
PER
FAVORIRE UN SISTEMA DI LEGGI PIÙ
GIUSTO.
COSI’,
AI NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO DI SÃO FÉLIX
DO ARAGUAIA,
MONS.
PEDRO CASALDÁLIGA PLÁ
Nei
primi sei mesi del 2003, oltre 1.600 contadini sono stati costretti a lavorare
in regime di schiavitù nei latifondi del Nord e del
Nord Est del Brasile. E’ questo l’allarmante dato, reso noto dal ‘Gruppo
mobile’ del ministero del lavoro brasiliano, che solleva la grave questione
dello sfruttamento nel Paese sudamericano dove, a
causa della mancanza di sanzioni amministrative adeguate, è molto diffuso il
fenomeno della schiavitù soprattutto nelle ‘fazendas’. I primi casi di
schiavismo sono stati denunciati pubblicamente nel 1972, dal ve-scovo di São
Félix do Araguaia, mons. Pedro Casaldáliga Plá, che spiega al microfono di
Cristiane Murray le radici di questo deprecabile fenomeno:
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R. –
Per 500 anni, in Brasile e nell’America Latina, il dramma del lavoro in condizioni
di schiavitù è stato, purtroppo, una triste realtà. Tale fenomeno oggi è legato
a forme di sfruttamento dovute, soprattutto, alla povertà e alla disoccupazione.
A questo scenario bisogna aggiungere la mancata riforma agraria e l’assenza di
leggi adeguate a tutela dei lavoratori. E poi, in Brasile, i controlli fiscali
e il difficile monitoraggio delle condizioni di lavoro sono resi ancora più
problematici dalla vastità del territorio.
D. – La
piaga della schiavitù è una delle più
gravi forme di violazione della dignità dei diritti umani. Cosa può fare la
Chiesa cattolica per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori?
R. –
Può impegnarsi in attività di informazione denunciando e prevenendo la diffusione
di questo fenomeno. E’ necessario realizzare campagne nazionali pretendendo dal
governo punizioni esemplari. Ma spesso, per i datori di lavoro, le condanne
sono ridicole…
D. – Il
problema della schiavitù è reso ancora più drammatico proprio dall’assenza di
un complesso normativo adeguato. Quali sono le speranze per il futuro?
R. –
Credo che nei prossimi 10 anni assisteremo ad un cambiamento significativo.
Quando ho scritto il documento ‘Schiavitù e feudalismo nel Nord del Mato
Grosso’, di cui è stata proibita la pubblicazione, il problema sembrava una
novità, anche per molti vescovi brasiliani. Ora, almeno, c’è una maggiore
consapevolezza di questo fenomeno che viene condannato dalla popolazione. La
presa di coscienza di tale piaga è il primo passo per l’eliminazione della
schiavitù.
D. –
Lei crede che il governo Lula abbia gli strumenti per combattere il fenomeno
dello sfruttamento nel lavoro?
R. –
Io credo che ci sia la volontà del presidente e dei ministri per risolvere questo
problema. Nelle ultime settimane sono stati scoperti, in Brasile, eclatanti
casi di corruzione che sono emersi come un ‘pus sociale’. E questo è un bene
perché permette di affrontare la questione dell’impunità. Recentemente,
inoltre, è stato reso noto il ‘Piano per la riforma agraria’. Se verrà attuato,
il Brasile farà un passo determinante per l’eliminazione della schiavitù perché
maggiori saranno gli strumenti di controllo e prevenzione.
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14 dicembre 2003
NON UNA PACE FRAGILE E IMPOSTA MA UN PROCESSO DI
RICONCILIAZIONE DURATURO. E’ QUESTA LA SPERANZA ESPRESSA DALL’ARCIVESCOVO DI
KHARTOUM,
IL CARDINALE GABRIEL ZUBEIR WAKO, SUL FUTURO DEL
SUDAN,
PAESE MARTORIATO DA 20 ANNI DI GUERRA CIVILE
ROMA. = “Tra la popolazione c’è il timore che le speranze
di pace vengano deluse e la volontà di mettere fine alla guerra è sempre più
forte”. E’ il commento, rilasciato all’Agenzia Fides dall’arcivescovo di
Khartoum, il cardinale Gabriel Zubeir Wako, sugli ultimi sviluppi del processo
di pace in Sudan. “Bisogna sempre pregare e sperare per la pace – ha aggiunto
il porporato che si trova a Roma insieme ai presuli sudanesi per la visita ad
Limina - perché ancora non si sono risolti, in maniera definitiva, i nodi
fondamentali che sono alla base del conflitto tra i ribelli del sedicente
Esercito di liberazione del signore ed il governo”. Il porporato ha poi
spiegato che è necessario considerare le esigenze reali del popolo sudanese
garantendo alla gente del Sud del Paese un governo che la rappresenti. “E’ inoltre
necessario – ha precisato - non imporre dall’esterno accordi deboli che non
risolvono tutti i problemi di un conflitto molto complesso che dura da 20
anni”. Agli inizi di dicembre una delegazione dei miliziani si è recata a
Khartoum ed è stata ricevuta dal governo. Le due parti hanno già raggiunto a
settembre un accordo che prevede il ritiro delle truppe governative dal Sud del
Paese. È stato inoltre raggiunto un accordo politico in base al quale, dopo un
periodo di transizione di 6 anni, si terrà un referendum di autodeterminazione
per le regioni meridionali del Sudan. (A.L.)
‘UNITI
CONTRO LA BEVANDA ALCOLICA DELLA CHAG’AA’.
E’
QUESTO IL TITOLO DI UNA SERIE DI INIZIATIVE, PROMOSSE OGGI A NAIROBI,
DALLA
CHIESA CATTOLICA DEL KENYA, PER COMBATTERE IL FENOMENO DELL’ALCOLISMO
NAIROBI.
= Seminari, rappresentazioni teatrali, spettacoli di marionette, concerti
musicali, una processione religiosa e due maratone per sensibilizzare la popolazione delle
periferie sui danni provocati dall’uso della Chag’aa, un micidiale distillato
alcolico prodotto e distribuito illegalmente. Sono queste le manifestazioni
previste oggi a Nairobi, in Kenya, per coinvolgere la popolazione degli ‘slums’
nella lotta all’alcolismo. Gli organizzatori dell’iniziativa “Uniti contro la
Chag’aa”, promossa dalla Chiesa cattolica del Paese africano e da diverse
realtà della società civile, intende anche attirare l’attenzione del governo di
Nairobi sulla normativa del 1980 che mira a contrastare la diffusione, la
produzione, la vendita e l’uso di questo alcolico. La
Chag’aa era in origine un distillato prodotto dal mais, miglio o altro cereale,
con l’aggiunta di zucchero o melassa. Come altre bevande tradizionali, questo
prodotto si beve in occasione delle festività o di eventi importanti come
nascite o matrimoni, ma negli anni è stato radicalmente cambiato, diventando
sempre più alcolico e dannoso per le sostanze tossiche aggiunte alla miscela.
(A.L.)
CONFERMATO
ALLA GUIDA DELLA CROCE ROSSA INTERNAZIONALE
LO SVIZZERO JACOB KELLENBERGER. IL
DIPLOMATICO ELEVETICO
RESTERA’
IN CARICA PER I PROSSIMI QUATTRO ANNI
GINEVRA.= Lo svizzero Jacob
Kellenberger continuerà a guidare il Comitato internazionale della Croce Rossa
(Cicr). Il diplomatico elvetico è stato riconfermato presidente dall'Assemblea
del Cicr, e resterà in carica per i 4 anni previsti del mandato. La notizia è
stata diffusa dall’istituzione umanitaria con sede a Ginevra, precisando che anche Jacques Forster
continuerà a svolgere le funzioni di vice-presidente. Il 59.enne Kellenberger è
subentrato il primo gennaio del 2000 al connazionale Cornelio Sommaruga. E’
stato segretario di Stato della Confederazione Elvetica per 7 anni, dal 1992 al
1999. Il Comitato della Croce Rossa è stato fondato nel 1863 dall’uomo d’affari
svizzero Henri Dunant. Attualmente impiega 10 mila operatori. (A.G.)
RIAPERTA
IN CAMERUN ‘RADIO VERITAS’,
EMITTENTE
CATTOLICA DELL’ARCIDIOCESI DI DOUALA
YAOUNDÈ. = È stata finalmente riaperta ‘Radio
Veritas’, l’emittente cattolica fondata dall’arcivescovo di Douala, il
cardinale Christian Wiyghan Tumi, e chiusa dalle autorità all’inizio di
novembre 2003. La notizia è stata confermata all’Agenzia missionaria Misna da
fonti religiose di Douala. il ministero dell’informazione ha infatti concesso,
venerdì scorso, l’autorizzazione alla ripresa delle trasmissioni e secondo
fonti ufficiali, citate dall’agenzia ‘Afp’, l’attività della radio resta comunque
sottoposta ad alcune condizioni, tra cui il “rispetto delle leggi e dei regolamenti”
del Paese africano, il mantenimento di un carattere “confessionale” e la
sottomissione alla “tutela” della stessa arcidiocesi, che conta oltre 2 milioni
di abitanti. L’emittente recentemente aveva iniziato a trasmettere ‘in prova’,
ma le autorità avevano immediatamente ordinato al cardinale Tumi di sospendere
le trasmissioni. L’ordine, emesso dal ministro della comunicazione, Jacques
Fame Ndongo, era stato inviato al governatore della provincia, che lo aveva
notificato al porporato. La radio, in Camerun, come in molti altri Paesi
dell’Africa, è il principale strumento di comunicazione di massa. Ma la censura
del governo non ha colpito solo l’emittente dell’arcidiocesi di Douala. Lo
scorso 27 maggio il governo di Yaoundé aveva infatti sospeso le trasmissioni di
un’altra radio privata, ‘Freedom Fm’, chiusa il giorno prima dell’inizio delle
trasmissioni. (A.L.)
‘DALL’IRAQ
ALLA TURCHIA. LA SFIDA DEMOCRATICA IN TEMPO DI GUERRA’.
E’
QUESTO IL TEMA DELL’INCONTRO CHE SI TERRÀ DOMANI A ROMA
PER
ANALIZZARE IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA NEI PAESI ISLAMICI
ROMA. = Lo sviluppo democratico nei Paesi a
maggioranza musulmana, la presenza islamica in Europa e i rapporti
politici e culturali tra Oriente ed Occidente. Sono questi i temi
dell’incontro, intitolato “Dall’Iraq alla Turchia – La sfida democratica in
tempo di guerra”, che si terrà domani nella sede del Centro Astalli di Roma. La
tavola rotonda, promossa dall’associazione culturale Relazioni internazionali e
dal centro interuniversitario di studi sull’Europa centro-orientale
dell’Università di Roma ‘La Sapienza’, sarà l’occasione per approfondire
questioni complesse, quali il terrorismo,
l’esportazione armata della democrazia e la guerra preventiva in Iraq.
Per quanto riguarda la Turchia, saranno invece analizzati i delicati rapporti
tra fondamentalismo e democrazia e tra europeismo e atlantismo. Attraverso la
delicata situazione politica di questi
Paesi, che costituiscono due fondamentali tasselli di un mosaico molto
più complesso, si esaminerà anche l’irrisolto conflitto israelo-palestinese e
il complesso scenario asiatico. Al dibattito interverranno, tra gli altri, il
rettore del Pontificio istituto di studi arabo islamici, padre Justo
Lacunza-Balda, il direttore del Jesuit Refugee Service Italia, padre Francesco
de Luccia ed il portavoce della missione diplomatica in Italia della Lega Araba,
Fathi Abu Abed. (A.L.)
LA BASILICA ROMANA DI SAN
MARCO AL CAMPIDOGLIO SARA’ QUESTA SERA
LA SUGGESTIVA CORNICE DEL CONCERTO INAUGURALE
DELLA STAGIONE DI MUSICA SACRA
ROMA. = “Grande musica in chiesa”. E’ questo il titolo
della stagione di musica sacra che avrà inizio stasera, alle ore 21, nella
Basilica romana di San Marco al Campidoglio. Il concerto inaugurale, promosso
dall’ambasciata della Repubblica Ceca presso la Santa Sede e dalla rivista
delle Nazioni Unite, prevede l’esecuzione di brani corali tratti dal “Messiah”
di George Friedrich Händel e diretti dal maestro Karel Tomek. “Dalla Repubblica
Ceca – spiega l’ambasciatore ceco Pavel Jajtner - sono venuti più di ottanta
musicisti del complesso ‘Musica animata’ che sono felici di poter suonare e
cantare in Italia, il Paese dove nacque l’opera e dove la musica ha una grande
tradizione”. (A.L.)
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14 dicembre 2003
- A cura di Barbara Castelli -
Urne aperte oggi a
Cipro per il rinnovo dei 50 seggi del quinto ‘Parlamento’ dell’autoproclamata
Repubblica Turca di Cipro del Nord (Rtcn), riconosciuta solo da Ankara. Circa
140 mila persone sono chiamate ad un voto largamente interpretato come una
sorta di referendum per l’accettazione o meno del piano di pace per la
riunificazione dell’isola proposto dal segretario generale delle Nazioni Unite,
Kofi Annan, e sempre rifiutato dal premier turco-cipriota, Rauf Denktash. La
tornata elettorale si tiene cinque mesi prima della fatidica scadenza del maggio
2004, quando la Repubblica di Cipro - costituita dalla sola parte Sud, l’unica
riconosciuta dalla comunità internazionale - entrerà a far parte dell’Ue. Le
urne rimarranno aperte fino alle 18.
Tensione in Medio Oriente. Un palestinese della Jihad
islamica armato è stato ucciso questa mattina dal fuoco dei soldati israeliani
vicino a Ramallah, in Cisgiordania. A Khan Yunes, intanto, un’incursione
militare israeliana avrebbe causato 5 feriti, fra cui 2 bambini. Intanto, dalle
colonie ebraiche di Neveh Dekalim e da Netzarim giunge notizia di ripetuti attacchi
di mortai palestinesi.
Aperta stamani in
Afghanistan la Loya Jirga. Obiettivo della riunione dei capi tribali del Paese,
l’approvazione della nuova Carta costituzionale. Sull’appuntamento, rinviato
diverse volte, pesano le minacce dei talebani e l’ombra del fallimento. “Una
presidenza solida - ha detto il presidente afghano, Hamid Karzai, nel suo
discorso di apertura - è di vitale importanza per un Paese devastato dalla
guerra e in cui mancano partiti politici con supporto nazionale”. Il servizio
di Barbara Castelli:
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Tra serrate misure di sicurezza, imposte dalle minacce dei
talebani, l’ex monarca afgano, Mohammed Zahir Shah, ha aperto oggi a Kabul, con
grande solennità, i lavori della Loya Jirga. La grande assemblea dei capi
tribali ha il compito di approvare la nuova costituzione afghana, che aprirà la
strada il prossimo anno alle elezioni. I 500 delegati, provenienti da tutte le
regioni del Paese, si sono riuniti in una gigantesco tendone eretto nel campus
del politecnico della capitale, dove si prevede che resteranno a lavoro da
dieci giorni a diverse settimane. Alla riunione si è giunti dopo vari rinvii e
dopo ripetute minacce di morte da parte dei taleban contro la partecipazione a
quella che il mullah Omar, il leader del passato regime, nell’ultimo messaggio
attribuitogli, definisce “solo una commedia messa in scena da ebrei e
cristiani”. Queste ombre si sommano alle difficoltà oggettive di raggiungere
una posizione comune sui 160 articoli della costituzione. Il tema centrale sarà
quello dei poteri del presidente, che l’attuale leader Hamid Karzai vorrebbe
molto estesi, mentre altri settori preferirebbero equilibrare
i suoi poteri con un forte ruolo del parlamento. Tra gli altri aspetti
controversi, il ruolo dell’Islam e delle donne. A vigilare sui delegati,
centinaia di poliziotti, soldati e uomini dei contingenti di pace.
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Il partito
liberal-democratico russo Yabloko ricorrerà contro il risultato dello spoglio
delle schede elettorali che domenica scorsa lo ha escluso dalla Duma.
L’annuncio è stato rilasciato, in un’intervista radiofonica, dal vice-capo del
partito, Mitrokhin. Per partecipare alla distribuzione dei seggi del Parlamento
russo è necessario superare la soglia del 5 per cento dei voti nello scrutinio,
in base al criterio proporzionale.
La polizia indiana che combatte i separatisti
islamici nel Kashmir, la regione contesa con il Pakistan, ha annunciato ieri di
aver scoperto, in un covo di guerriglieri, cartucce ricoperte di una sostanza
chimica potenzialmente letale. Fonti ufficiali hanno precisato che l’arsenale è
stato rinvenuto nei giorni scorsi in una casa nel villaggio di Nagri, distretto
di Kupwara, a nordovest di Srinagar, capitale estiva dello Stato.
Ha preso il via ieri in Costa
d’Avorio il disarmo degli ex-ribelli e delle forze governative. Lo sostiene il
sito on-line dell’emittente britannica ‘Bbc’, citando il portavoce del
contingente francese schierato nella zona smilitarizzata, che divide il
centro-nord del Paese, sotto controllo delle ‘Forze Nuove’, dal sud, presidiato
dai soldati governativi. La notizia non è stata confermata da fonti ufficiali.
Il premier albanese Fatos Nano è stato
riconfermato presidente del partito. L’annuncio è stato dato nella notte, a
conclusione del sesto congresso nazionale socialista. Al termine delle
operazioni di voto, durate quasi 10 ore, Nano ha ottenuto la stragrande
maggioranza dei consensi, 455 voti contro gli appena 61 ottenuti dall’ex
presidente della repubblica, Rexhpmd, e i 41 strappati dal sindaco di Tirana,
Edi Rama. Con la schiacciante vittoria ottenuta al Congresso, Nano potrebbe
tornare, forse già la prossima settimana, in Parlamento per chiedere il voto di
fiducia al suo governo, che subirà un rimpasto, scongiurando il rischio di elezioni
politiche anticipate.
Commozione nelle Filippine. Il ministro degli
esteri Blas Ople è morto oggi in un ospedale di Taiwan, dopo essersi sentito
male durante un viaggio aereo fra Tokyo e Bangkok. Lo hanno reso noto fonti
diplomatiche di Manila precisando che Ople si stava recando in Medio Oriente
quando si è sentito male, accusando disturbi respiratori o, secondo un’altra
fonte, un attacco cardiaco.
E’
morto in Colombia, forse per un attacco cardiaco, Noel Mata Mata, alias ‘Efraín
Guzmán’, uno dei principali leader guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie
della Colombia. Ne hanno dato notizia, senza precisare la data né le cause del
decesso, le stesse Farc, il principale gruppo ribelle colombiano.
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