RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 338- Testo della Trasmissione di giovedì 4 dicembre 2003

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il saluto del Papa al nuovo patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly: con noi, il Patriarca neo-eletto e il cardinale Moussa I Daoud

 

Giovanni Paolo II riceve il presidente della presidenza della Bosnia Erzegovina e i  comitati preparatori della visita papale in Bosnia del giugno scorso e incoraggia il Paese a proseguire sulla strada della riconciliazione e della democrazia

 

Il Santo Padre ricorda in un messaggio i milioni di ucraini uccisi dalla carestia provocata dal regime comunista sovietico negli anni ’30.

 

40 anni fa, Paolo VI promulgava la Sacrosantum Concilium, la Costituzione conciliare  che dava il via alla riforma conciliare: oggi in Vaticano una giornata commemorativa dell’evento.  Intervista con il cardinale Francis Arinze.  

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Italia, la legge sulla procreazione assistita ricompatta i cattolici dei due schieramenti: ai nostri microfoni, Olimpia Tarzia

 

Dopo l’“Iniziativa di Ginevra”, resta aperto il dibattito – tra speranze e polemiche – sulla strada da perseguire per la pace in Medio Oriente: intervista con il cardinale Roberto Tucci

 

CHIESA E SOCIETA’:

In una nota, i gesuiti del Salvador chiedono sostegno alla Procura del Paese per la difesa dei diritti umani

 

La Comece esprime il proprio rammarico per il mancato accordo del Consiglio dei ministri dell’Unione europea sui limiti etici della ricerca sulle cellule staminali

 

Convegno alla Pontificia Università Lateranense sul tema della solidarietà: intervento del cardinale Camillo Ruini

 

Appello accorato dei vescovi cileni nella Dichiarazione finale a conclusione dell’Assemblea plenaria: “La dignità della persona umana, il bene più ricercato e prezioso della nostra società”

 

24 ORE NEL MONDO:    

Il segretario di Stato USA Colin Powell a Bruxelles chiede un maggiore coinvolgimento della Nato in Iraq. Anche il Giappone decide l’invio di truppe

 

Nelle elezioni regionali indiane avanzano i nazionalisti indù

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 dicembre 2003

 

ELETTO IL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI:

E’ L’ARCIVESCOVO DI KASKAR, EMMANUEL DELLY.

IERI SERA L’INCONTRO CON GIOVANNI PAOLO II, CHE HA ESORTATO

I VESCOVI IRACHENI A LAVORARE PER LA PACE E LA CONCORDIA NEL PAESE.

 AI NOSTRI MICROFONI IL NUOVO PATRIARCA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Il Sinodo dei vescovi della Chiesa Caldea, riunitosi in Vaticano in questi giorni, ha eletto ieri Patriarca di Babilonia dei Caldei, l’arcivescovo di Kaskar, Emmanuel Delly. Il nuovo Patriarca, che ha assunto il nome di Emmanuel III succede al compianto Raphael I Bidawid. Ieri sera, l’incontro con il Papa, che ha concesso  - in conformità ai sacri canoni - la comunione ecclesiastica con il nuovo Patriarca. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Con grande affetto, Giovanni Paolo II ha accolto il nuovo Patriarca, i membri del Sinodo e il cardinale Daoud, a cui ha affidato la presidenza dei lavori sinodali. Il Papa ha espresso la sua vicinanza affettuosa alle popolazioni provate dell’Iraq:

 

“Il Papa è vicino a tutti gli iracheni e conosce le loro aspirazioni alla pace, alla sicurezza e alla libertà”.

 

La Chiesa caldea, ha detto ancora, è “fiera di testimoniare Cristo” nella terra dalla quale partì Abramo e che trae le sue origini apostoliche nella predicazione di San Tommaso. “Partecipe dell’unica linfa vitale che promana da Cristo - ha avvertito - essa deve continuare a fiorire, fedele alla propria identità”. Quindi, ha esortato i presuli iracheni a sviluppare un’unità di intenti per il bene dell’intera società irachena:

        

“La concordia è tanto più necessaria se guardiamo alla vostra terra, oggi più bisognosa che mai di vera pace e di tranquillità nell’ordine. Operate per ‘ unire le forze’ di tutti i credenti in un rispettoso dialogo, che favorisca ad ogni livello l’edificazione di una società stabile e libera”.

 

La comunità cattolica caldea conta circa un milione e mezzo di fedeli in tutto il mondo. La maggior parte, circa mezzo milione, risiede in Iraq dove ha sede il Patriarcato. Di antichissime origini, la Chiesa caldea, fin dalla predicazione di San Tommaso apostolo, si è estesa in tutto il Medio Oriente. Oggi vi sono eparchie - equiparabili alle diocesi - in Egitto, Siria, Iran, Libano e Turchia. Esiste inoltre la Chiesa caldea della diaspora, nata in seguito all’emigrazione. Circa 200 mila fedeli sono presenti in Nord America, 15 mila in Oceania, 60 mila in Europa.

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Nato nel 1927 a Telkaif, nell’arcieparchia di Mossul, il nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei, è stato ordinato sacerdote nel 1952 ed elevato alla dignità vescovile nel 1962. Dal 1967 è arcivescovo di Kaskar. Ma quali sono le principali difficoltà per la Chiesa caldea nell’Iraq del dopo Saddam Hussein? Ascoltiamo il Patriarca Emmanuel III Delly, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Tante difficoltà ci aspettano; le difficoltà sono di carattere ecclesiastico, sociale, politico. Per quanto riguarda le difficoltà ecclesiastiche, abbiamo una forte carenza di sacerdoti: è vero, abbiamo la libertà, ma la nostra libertà è limitata. Abbiamo la libertà della devozione, ma finora non ci è stata ancora riconosciuta la libertà religiosa. E questa libertà la chiediamo adesso, al nuovo regime. Viviamo insieme ai nostri cari fratelli musulmani, abbiamo tanti amici musulmani come tanti musulmani hanno tra di noi tanti che collaborano con loro. Speriamo di continuare questa vita insieme.

 

D. – Quali sono le vostre speranze?

 

R. – La mia speranza è di trattare con il nostro governo con prudenza, con carità e con amore; essere uniti, musulmani e cristiani, per glorificare il Signore Iddio.

 

D. – Cosa chiedete alla comunità internazionale?

 

R. – Preghiamo la comunità internazionale di aiutarci moralmente in ogni cosa, e di non agire da egoisti. Chiediamo di fare di tutto affinché il nostro governo ci riconosca la libertà religiosa, la libertà di essere veramente Figli di Dio. Oggi stiamo relativamente bene, nonostante la tragica situazione nella quale ci troviamo. Nel vecchio regime di Saddam eravamo – è vero – liberi, però dovevamo seguire, obbligati moralmente, il regime per sopravvivere.

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Per una testimonianza sullo spirito che ha animato il Sinodo dei vescovi della Chiesa caldea, ecco la testimonianza – raccolta ancora da Giovanni Peduto - del cardinale Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, che ha presieduto i lavori sinodali:

 

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R. - I lavori si sono svolti in un clima sereno e concorde. Abbiamo evocato lo Spirito Santo e ci siamo affidati alla Madonna, pregando i misteri della luce. Al patriarca Emmanuel rivolgo ancora un caldo incoraggiamento, con l’assicurazione della preghiera, e gli auguri natalizi che estendo alla cara Chiesa caldea.

 

D. – Eminenza, come aiutare questa Chiesa in un momento così difficile?

 

R. – Bisogna aiutare questa Chiesa, in questa situazione così difficile, con la preghiera, con la vicinanza. Bisogna preoccuparsi della loro situazione e, materialmente, aiutare con doni che è possibile mandare in questo Paese molto provato.

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CON UN RINNOVATO INVITO AL PERDONO E AL RECIPROCO RISPETTO DELL’IDENTITA’ CULTURALE E RELIGIOSA, GIOVANNI PAOLO II HA RICEVUTO STAMANI IN VATICANO

IL PRESIDENTE DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA E I COMITATI PREPARATORI

DELLA VISITA PASTORALE DELLO SCORSO GIUGNO

- Il servizio di Barbara Castelli -

 

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“Un autentico rinnovamento spirituale”, capace di aprire il cuore dell’uomo “al perdono, alla riconciliazione e al reciproco rispetto dell’identità culturale e religiosa”, permetterà alla Bosnia ed Erzegovina di rialzarsi e di sanare le ferite di “un regime oppressivo e di una lunga guerra”. Questa, in sintesi, la riflessione che Giovanni Paolo II ha offerto stamani ai comitati preparatori della visita pastorale dello scorso giugno nel Paese, ricevuta oggi in Vaticano. La costruzione di “una società prospera e serena, libera e solidale”, ha insistito il Pontefice, potrà essere raggiunta anche grazie “alla realizzazione di istituzioni democratiche, a livello politico e amministrativo”.

 

Rivolgendosi alle autorità religiose e civili convenute, tra cui il presidente cattolico della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina, Dragan Čović, precedentemente ricevuto in udienza, il Santo Padre ha espresso viva attenzione per il problema dei “profughi e degli esuli nei loro paesi nativi”. La guerra civile nel Paese, infatti, che ha visto contrapporsi tra il 1992 e il 1995 le milizie serbe a quelle musulmane e croate, ha causato la morte di 250 mila persone e un milione tra sfollati e profughi. “Cittadini - ha sottolineato mons. Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka e presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina, nel suo indirizzo di omaggio - che auspicano contro ogni speranza di vedersi restituiti i diritti umani e le libertà civili dei quali sono stati privati con la violenza. Tra questi c’è il diritto al rientro e a una vita degna dell’uomo nei loro Paesi d’origine”. “Mai dimenticare Dio!, ha esortato ancora Giovanni Paolo II - Desiderare sempre di unirsi a Lui!”. Pensando alla beatificazione di Ivan Merz dello scorso 22 giugno a Banja Luka, il Papa ha, infine, invitato tutti a trarre ispirazione da questo “fulgido esempio di santità” e di impegnarsi a testimoniare il Vangelo, “criterio ed orientamento fondamentale dei cristiani di ogni tempo”.

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LA MEMORIA DELLE TRAGEDIE PASSATE CI AIUTI AD ESSERE SENTINELLE

DEL RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA: COSI’, IL PAPA NEL MESSAGGIO PER IL 70.MO ANNIVERSARIO DELL’HOLOMODOR DELL’UCRAINA, LA TERRIBILE CARESTIA

 PROVOCATA DAL REGIME SOVIETICO TRA IL 1932 E IL 1933

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il ricordo delle “vicende drammatiche di un popolo” si rivela “quanto mai utile per suscitare nelle nuove generazioni l’impegno a farsi, in ogni circostanza, vigili sentinelle del rispetto della dignità di ogni uomo”. E’ la profonda riflessione di Giovanni Paolo II in un messaggio - indirizzato al cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini e al cardinale Marian Jaworsky, arcivescovo di Lviv dei Latini - per il 70.mo anniversario dell’Holomodor dell’Ucraina, la carestia provocata da Stalin, tra il 1932 e 1933, che provocò la morte di milioni di innocenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La memoria degli eventi passati diventi “fonte di ispirazione” per le generazioni presenti e future. Sono parole di speranza quelle del Papa nel ricordare una tragedia della storia. Il Pontefice rammenta il “disegno disumano attuato con fredda determinazione” dal regime sovietico per piegare il popolo ucraino alla collettivizzazione forzata. “Milioni di persone – afferma - hanno subito una morte atroce per la nefasta efficacia di un’ideologia che, lungo tutto il XX secolo, ha causato sofferenze e lutti in molte parti del mondo”. E si sofferma sulle parole di Pio XI, che riferendosi all’Unione sovietica distingueva “nettamente tra governanti e sudditi” scagionando gli ultimi e denunciando “apertamente le responsabilità del sistema misconoscitore della vera origine della natura e del fine dello Stato”.

 

 Con il pensiero rivolto a quanti hanno patito il dramma dell’Holomodor, il Santo Padre ripete ancora una volta e con forza “mai più”. La consapevolezza delle aberrazioni passate, avverte, si deve tradurre “in un costante stimolo a costruire un avvenire più a misura dell’uomo, contrastando ogni ideologia che profani la vita, la dignità, le giuste aspirazioni della persona”. L’esperienza di quella tragedia, prosegue, deve guidare il popolo ucraino “verso prospettive di concordia e cooperazione”. Nonostante l’ideologia comunista abbia contribuito “ad approfondire le divisioni anche nell’ambito della vita sociale e religiosa”, occorre “impegnarsi per una pacificazione sincera e fattiva”.

 

Il Papa non manca, infine, di ricordare il suo viaggio in terra ucraina nel giugno del 2001. Custode dell’eredità cristiana orientale e occidentale, constata, l’Ucraina è chiamata ad offrire il suo specifico contributo all’edificazione della “casa comune europea”.

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ALTRE UDIENZE

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto in successive udienze il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini ed un gruppo di presuli francesi, al termine della Visita ad limina.

 

 

OGGI IN VATICANO GIORNATA COMMEMORATIVA PER I 40 ANNI

DALLA PROMULGAZIONE DELLA COSTITUZIONE CONCILIARE

SACROSANTUM CONCILIUM

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

40 anni fa Paolo VI promulgava la costituzione conciliare “Sacrosantum Concilium” che poneva le premesse della riforma liturgica. Oggi in Vaticano si svolge una giornata commemorativa dell’evento organizzata dal cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.  Tra gli elementi principali del rinnovamento liturgico ricordiamo l’introduzione delle lingue volgari accanto al latino, la semplificazione dei riti, la partecipazione attiva dei laici nelle celebrazioni, la regolamentazione del canto popolare religioso, la riforma della preghiera delle Ore. Ma come è stato recepito questo documento? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Arinze.

 

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R. - E’ stato recepito bene, perché questo documento ha aiutato la Chiesa a vivere, con più partecipazione di tutti i fedeli, le celebrazioni liturgiche, specialmente la Santa Messa. Anche l’introduzione della lingua locale aiuta a comprendere; è un elemento molto importante.

 

D. – Quindi, i frutti della Sacrosanctum Concilium sono stati positivi?

 

R. – Certo, si vede la ricchezza della Sacra Scrittura che abbiamo nella liturgia e poi la partecipazione dei laici: non è nuova, ma è molto più viva. Se si considera come celebriamo oggi la Messa e com’era celebrata 60 anni fa, si nota veramente una differenza. Inoltre, il breviario, la preghiera della Chiesa nelle diverse ore della giornata, attraverso letture scelte, è uno dei libri migliori del rinnovamento. Purtroppo molti laici non utilizzano questa preghiera.

 

D. – Eminenza, tuttavia non sono mancate difficoltà in questi 40 anni…

 

R. – Certo, ci sono quelli che hanno introdotto abusi nella Chiesa, nella celebrazione. Quando vanno all’altare non seguono ciò che è stato approvato. Dicono cose strane, dicono cose che banalizzano la liturgia e la gente si stufa. Ci sono quelli che, avendo visto tanti abusi durante la celebrazione della Messa, dicono: “Noi torneremo alla Messa così come era 50 anni fa”. Ma chi è colpevole è la persona che non ha celebrato secondo i riti approvati.

 

D. – Ma si può ancora migliorare qualcosa?

 

R. – Certo. Ogni opera umana può essere perfezionata. La liturgia come tale è opera di Cristo. Ma non possiamo non vedere il modo di agire sull’altare che può essere migliorato, in modo che sia di buon gusto. L’arte sacra, la musica polifonica gregoriana, la musica popolare: tutto deve essere in funzione della liturgia. Tutto ciò può essere migliorato.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Il Messaggio del Santo Padre ai cardinali Husar e Jaworski in occasione del 70.mo anniversario dell’”holodomor” ucraina apre il giornale che titola: “Nel 1933 milioni di persone furono uccise in Ucraina dalla carestia provocata dal regime comunista. MAI PIU’”; in evidenza anche l’udienza del Papa ai membri del Sinodo della Chiesa caldea e la richiesta di “comunione ecclesiastica” da parte del neo-eletto Patriarca di Babilonia dei Caldei S. B. Emmanuel III Delly; l’udienza del Papa al presidente della Presidenza di Bosnia ed Erzegovina e ai membri dei Comitati preparatori per la visita pastorale compiuta il 22 giugno scorso a Banja Luka; infine, in Medio Oriente, il pressante appello alla pace lanciato dal Patriarcato di Gerusalemme dei Latini.

Nelle pagine vaticane, l’arcivescovo Angelo Comastri porta una testimonianza in ricordo di Pino Arpioni, il fondatore e consigliere della Fondazione La Pira; una pagina dedicata al cardinale Angelo Dell’Acqua nel centenario della nascita; l’inaugurazione dell’Istituto Teologico a Salerno con la benedizione dell’icona di san Giuseppe Moscati.

 

Nelle pagine estere, Iraq: il governo giapponese decide d’inviare contingenti militari anche nelle “zone a rischio”.

 

Nella pagina culturale, due articoli, di Mario Gabriele Giordano e di Franco Patruno, propongono delle considerazioni sulla recente fiction televisiva dedicata all’imperatore Augusto.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il voto parlamentare sulla legge che intende regolare la procreazione assistita; i temi dell’economia, della sicurezza e della sanità.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 dicembre 2003

 

LA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA AL VAGLIO DEL PARLAMENTO IN ITALIA.

LA SODDISFAZIONE DEI CATTOLICI

- Ai nostri microfoni, Olimpia Tarzia -

 

Prosegue al Senato in Italia il sofferto cammino del disegno di legge sulla procreazione assistita già approvato alla Camera. Per il voto finale bisognerà aspettare fino alla prossima settimana. La legge dovrà comunque tornare alla Camera. Il servizio di Giampiero Guadagni.

 

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Prime votazioni, prime polemiche tra i poli, soprattutto all’interno dei poli, sulla procreazione assistita. Ieri era in discussione l’articolo 1 che prevede il ricorso alla procreazione, medicalmente assistita, garantendo anche i diritti del concepito. Palazzo Madama ha bocciato per pochi voti l’emendamento presentato dal repubblicano Antonio Del Pennino, iscritto al gruppo di Forza Italia, che consentiva il ricorso alla procreazione assistita, anche alle coppie con patologie genetiche. A favore ha votato il centro-sinistra, tranne la Margherita, accusata dai Ds di aver fatto saltare l’unità dell’Ulivo. Pronta la replica. L’unità dell’Ulivo non è in discussione, ma i cattolici del centro-sinistra rivendicano il diritto di fare una battaglia in favore dei diritti dell’embrione in coerenza con i principi della dottrina sociale della Chiesa. Ma anche nella Casa delle Libertà non mancano le frizioni tra cattolici e laici, questi ultimi favorevoli a norme meno restrittive. Sono quasi 500 gli emendamenti complessivamente presentati. Il testo approvato il mese scorso alla Camera prevede che il ricorso alle tecniche di procreazione, medicalmente assistita, sia consentito solo se accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause che impediscono la procreazione ed è comunque circoscritta ai casi di sterilità o di infertilità inspiegata o accertata. Vietata la fecondazione eterologa, la clonazione umana e la sperimentazione sugli embrioni e il loro congelamento. Secondo quanto prevede il Ddl potranno ricorrere alle tecniche di procreazione assistita solo le coppie formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi in età potenzialmente fertile ed entrambe viventi. Previste sanzioni amministrative e penali per chi non rispetterà le norme.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Stamani, il Senato ha dato il via libera all’articolo 3 che prevede, tra l’altro, l’obbligo di informazione delle coppie che intendono ricorrere alla procreazione assistita, ad opera dei Consultori, sia sulle tecniche di intervento, sia sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare. Ieri, l’attenzione è stata concentrata sull’articolo 1 della legge che sancisce i diritti del concepito. Alessandro Guarasci ha intervistato, Olimpia Tarzia, segretario nazionale del Movimento per la Vita.

 

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R. – A cosa serve la legge? Serve a tutelare i più deboli e in questo caso nell’articolo 1 è riconosciuto tra i soggetti da tutelare il concepito, che ovviamente è il più debole. Una legge deve sempre porsi in termini di difesa del più debole, perché i forti si difendono da sé.

 

D. – Il fatto di non permettere il ricorso alla fecondazione assistita alle coppie portatrici di patologie, che possono poi essere trasmesse al feto, tutela il concepito?

 

R. – Io credo che inserire una diagnosi pre-impianto significa non tenere conto che il concepito, comunque sia, sano o malato, è un essere umano e quindi va difeso per quello che è e non per quello che sa fare. Questo fatto significherebbe inserire una forma di selezione genetica, una forma di selezione della razza di fronte alla quale il tecnico è in grado di valutare e decidere di selezionare gli embrioni sani da salvare ed invece scartare e quindi sopprimere la vita di quegli embrioni che risultano “difettosi”.

 

D. – Lei come risponde a chi dice che questa legge è molto restrittiva rispetto alle altre normative simili che ci sono in Europa e in altri Paesi del mondo?

 

R. – Se restrittivo significa che mette dei paletti più chiari in termini di difesa dei diritti umani, senza dubbio è una legge più restrittiva.  Ma in questo caso io come italiana ne sarei fiera e direi anzi che l’Italia può essere, da questo punto di vista, un punto di riferimento in Europa. Perché pensare sempre che arriviamo tardi e con leggi che sono poi integraliste, frutto di una visione cattolica? Bisogna veramente sgomberare il campo da questi equivoci.

 

D. – Secondo lei c’è il rischio di “turismo procreativo”?

 

R. – Io credo che noi dobbiamo fare – ripeto – una legge secondo quello che riteniamo giusto e tenendo conto che il discorso etico deve essere dentro al discorso politico. Non possono essere realtà distinte, come non può essere distinta la scienza dall’etica. Questa integrazione, che fa fatica a farsi strada, è l’obiettivo che questa legge dovrebbe raggiungere.

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DOPO LA COSIDDETTA “INIZIATIVA DI GINEVRA”, TRA SPERANZE E POLEMICHE,

RESTA APERTO IL DIBATTITO SULLA STRADA DA PERSEGUIRE

PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE

- Ai nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci -

 

La pace in Medio Oriente sembra passare oggi per il Cairo, dove è iniziata poco fa la riunione di 13 fazioni palestinesi, impegnate a discutere di una possibile tregua. La tregua, nelle intenzioni del governo egiziano che ha promosso i colloqui, dovrebbe essere la premessa per l' attuazione della Road map, l'itinerario di pace di Usa, Ue, Onu e Russia che prevede la creazione di uno stato palestinese entro il 2005.

 

    L'inizio dei colloqui era fissato inizialmente per martedi, ma e' stato rinviato ad oggi. Nel frattempo è cresciuta nella comunità internazionale l’attesa per possibili risvolti positivi sul processo di pace dopo la cosiddetta Iniziativa di Ginevra promossa da pacifisti israeliani e palestinesi. L’iniziativa, in realtà, ha suscitato speranze ma anche polemiche e delusioni. In ogni caso, riunendo personalità di spicco ha riacceso il dibattito sulla strada da perseguire per la pace. A questo proposito Rosario Tronnolone ha intervistato il cardinale Roberto Tucci:

 

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R. - E’ una sfida, in fondo, sia a Sharon che ad Arafat. Il dialogo è possibile. Purtroppo noi vediamo in questi giorni che si rinvia sempre l’incontro tra il primo ministro palestinese e il primo ministro israeliano, perché ognuno dei due pone condizioni previe. Credo che il testo concordato tra palestinesi e israeliani a Ginevra dimostri che è possibile arrivare ad un accordo, ma siamo ben lontani. Non è un atto tra capi di Stato, tra governi, quindi ha solo un valore privato. Può essere, però, una sfida e anche un motivo di speranza. Speriamo che si possa arrivare a cominciare a discutere concretamente dei punti che sono nevralgici per un accordo tra israeliani e palestinesi, per arrivare finalmente alla costituzione di uno Stato palestinese indipendente, ma garantendo la sicurezza che giustamente il popolo israeliano aspetta per sé.

 

D. – Il Papa, anche recentemente, è intervenuto più volte sul problema del terrorismo…

 

R. – Sì, ha avuto rilievo l’intervento sul muro, quando il Papa ha detto che bisogna costruire ponti piuttosto che muri. “Non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi non ci può essere pace”- ha detto. In fondo, a questo proposito, il Papa ritorna sul principio che ha enunciato in altre occasioni: “Senza giustizia, non c’è pace. Ma senza perdono, non c’è giustizia”.

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CHIESA E SOCIETA’

4 dicembre 2003

 

IN EL SALVADOR I GESUITI CHIEDONO, CON UNA NOTA,

SOSTEGNO ALLA PROCURA PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI

 

SAN SALVADOR. = L’Istituto dei diritti umani dell’Università Centroamericana di El Salvador (Idhuca), gestita dalla Compagnia di Gesù, esprime con una nota il proprio sostegno al lavoro svolto dalla Procura per la difesa dei diritti umani nel Paese Centroamericano. I gesuiti, rilevando l’esistenza di “campagne di discredito contro la legislazione nazionale quando non favorisce determinati interessi”, condanna inoltre il “costante disprezzo” riservato all’organismo, creato sulla base degli accordi di pace che, nel 1992, posero fine a 12 anni di guerra civile. L’Istituto sottolinea anche come “le recenti inquietanti accuse di funzionari contro la Procura per la difesa dei diritti umani siano state avanzate al fine di neutralizzare l’organismo in prossimità delle elezioni presidenziali”, in programma nel mese di marzo 2004. Secondo i gesuiti, proprio in vista dell’importante appuntamento con le urne, “si vuole impedire che venga diffusa la verità sulla situazione dei diritti umani nello Stato Centroamericano per evitare gravi sconvolgimenti politici”. (A.L.)

 

 

LA COMECE ESPRIME, CON UN COMUNICATO, IL PROPRIO RAMMARICO

PER IL MANCATO ACCORDO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DELL’UNIONE EUROPEA

SUI LIMITI ETICI DELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI

 

BRUXELLES. = Il Consiglio dei ministri dell’Unione Europea non ha raggiunto, martedì scorso, un accordo sui limiti etici dei progetti di ricerca che utilizzano cellule staminali ottenute da embrioni umani. Il segretario generale della Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece), mons. Noël Treanor, ha espresso con un comunicato il proprio rammarico per  tale mancato accordo. “Accettare che i fondi europei siano usati per la ricerca sulle cellule staminali – si legge nel documento della Comece -  significa legittimare le tecniche usate per produrre queste cellule e quindi la distruzione degli embrioni umani”. A prescindere dalle posizioni di ciascuno, secondo il segretario della Comece è importante capire che il dibattito sulle cellule staminali è inevitabile per la persona e la società umana. “L’incapacità del Consiglio dei ministri europei di raggiungere l’accordo – conclude il comunicato - è la prova della complessità etica di tale questione. Le decisioni dovrebbero essere decise dagli Stati membri in conformità con il principio di sussidiarietà”. (A.L.)

 

 

“ALLE RADICI DELLA CIVILTÀ: COOPERAZIONE, REGOLE, COMPETIZIONE”. 

E’ QUESTO IL TITOLO DEL CONVEGNO SVOLTOSI, STAMANI,

NELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE.

L’INTERVENTO DEL CARDINALE RUINI

 

ROMA. = “La solidarietà è la radice antropologica di una società aperta e questa idea, che ha oggi ampio credito teorico e pratico, non era così accettata in passato per l’eredità negativa di certe forme di corporativismo o di irenismo”. Lo ha affermato stamani il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, intervenendo al convegno “Alle radici della civiltà: cooperazione, regole, competizione”, promosso dalla Banca nazionale del lavoro e dall’Università Lateranense. Il porporato ha spaziato su alcuni temi di teologia morale e di filosofia contemporanea, auspicando un “rapporto tra etica ed economia che respinga sia la separatezza dello statalismo che le invadenze dello stato etico”. “Senza solidarietà – ha aggiunto Ruini – si rischia di estendere l’atteggiamento del commerciante che vede nell’altro un concorrente al comportamento generale della moderna conoscenza dell’altro”. Mettendo in rapporto il concetto di solidarietà con quello di cooperazione il cardinale Ruini ha infine chiarito che “'la cooperazione è la  modalità di risposta alla universale destinazione dei beni”, e che “la solidarietà è il contrario dell’assistenzialismo, che mantiene in uno stato di passività e dipendenza”. (A.L.)

 

 

“LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA, IL BENE PIÙ RICERCATO E PREZIOSO

DELLA NOSTRA SOCIETÀ”: APPELLO ACCORATO DEI VESCOVI CILENI

ALLA VIGILANZA E ALLA SOLIDARIETA’

 

SANTIAGO. = La solidarietà, il delitto, la pedofilia, l’offesa recata all’onore delle persone, il senso autentico della sessualità e il dovere di non dare scandalo. Sono questi i temi al centro della dichiarazione finale della 86.esima Assemblea plenaria dei vescovi della Conferenza Episcopale Cilena, svoltasi recentemente. Riferendosi agli avvenimenti che hanno scosso l’opinione pubblica negli ultimi tempi - pedofilia, pornografia e droghe - e al modo in cui sono stati affrontati da alcuni mass media, i presuli sottolineano che “la confusione tra fatti oggettivi e azioni presupposte, richiedono una speciale attenzione ed un esercizio onesto nella ricerca della verità e nell’adesione ad essa. Questo richiede di vivere nella verità, nella libertà, nell’onestà e nella responsabilità; di sviluppare i doni ricevuti e di optare per la dignità personale, non cedendo alle inclinazioni che attentano ad essa”. “Oggi più che mai - si legge nel testo, intitolato “Trattiamo gli altri come vorremmo essere trattati noi” - è necessario vigilare e mantenere il cuore attento e sensibile dinanzi al bene più ricercato e prezioso della nostra società, la dignità della persona umana”. Il rispetto della reputazione e dell’onore delle persone, concludono i vescovi cileni, è responsabilità di ogni persona, ma “una speciale attenzione spetta ai mass media, chiamati a vivere il loro impegno per la verità e il bene, per elevare il livello culturale e morale della nazione e contribuire così alla vera pace”. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 dicembre 2003

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

A Baghdad si guarda al futuro dell’Iraq. Il governo di transizione, sotto la guida dell’amministratore Bremer, ha discusso, ieri, la possibilità di creare un’assemblea nazionale provvisoria, primo passo per il trasferimento della sovranità del Paese agli iracheni. La scelta trova il sostegno del ministro degli esteri cinese. Sul terreno, c’è da segnalare che le forze americane hanno catturato l’ex generale della Guardia Repubblicana, Daham al Mahemdi, sospettato di aver mantenuto contatti indiretti con il deposto dittatore iracheno Saddam Hussein.    Intanto, La Nato si pronuncia sul suo ruolo in Iraq ribadendo che Nato e Ue “condividono interessi strategici comuni e restano fortemente impegnate a migliorare la cooperazione” tra di loro. E' quanto si legge nel comunicato stampa finale dell'incontro ministeriale dell'Alleanza atlantica diffuso a Bruxelles. Il servizio di  Giancarlo La Vella.

 

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La pace e la stabilità in Iraq sono obiettivi da raggiungere anche attraverso il ruolo decisivo dell’Alleanza Atlantica, così come è stato fatto in Afghanistan. Le parole che oggi Colin Powell ha pronunciato al Consiglio Nato di Bruxelles aprono la crisi irachena alla partecipazione dei partner occidentali, perché il raggiungimento della democrazia nel Paese - ha sottolineato Powell - rappresenta un tassello fondamentale per la pacificazione dell’intera regione mediorientale. Il segretario di Stato ha poi definito i rapporti con l’Unione Europea, affermando che “gli Stati Uniti non possono accettare strutture indipendenti europee, che duplichino quelle già esistenti della Nato. La difesa europea deve essere coordinata con quella degli alleati”. E il documento finale della riunione sancisce gli stretti rapporti tra i due organismi. “La Nato e l'Unione Europea - si legge -  condividono interessi strategici comuni e restano fortemente impegnate a migliorare la cooperazione tra di loro”. Intanto, con una decisione contestata, il premier giapponese Koizumi ha approvato oggi un piano per l'invio in Iraq di un contingente militare di mille uomini. La polemica nasce dal fatto che, contravvenendo ai vincoli costituzionali sull’invio di truppe all'estero, il governo di Tokyo ha lasciato intendere che l’attività dei soldati non sarà sottoposta ad alcuna condizione circa l’impiego in zone a rischio di combattimento. E a Tokyo l’opposizione del Partito Democratico denuncia con forza quello che viene definito il “grave colpo di mano del governo”.

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Un impiegato afghano delle Nazioni Unite è stato ucciso ed altri 11 sono rimasti feriti nell’ovest dell’Afghanistan. Il convoglio su cui viaggiavano è stato preda di un’imboscata tra Farah e Nimroz, probabilmente organizzata dai talebani. E in Afghanistan ha compiuto un viaggio lampo il segretario alla difesa statunitense, Rumsfeld. Il capo del Pentagono, giunto stamattina dall’Azerbaidjan a Mazar-i-Sharif nel nord del Paese, ha incontrato due capi di formazioni guerrigliere rivali per convincerli ad una tregua. Poi è partito alla volta di Kabul per un vertice con il capo del governo, Karzai. E della presenza Nato in Afghanistan ha parlato il segretario generale dell’Alleanza atlantica, George Robertson, annunciando stamani che sono stati trovati mezzi e uomini necessari a colmare lacune che ostacolavano un’espansione della missione denominata Isaf.

 

Alle elezioni in quattro Stati dell’India è pesante la sconfitta del partito del Congresso guidato a livello nazionale da Sonia Gandhi. Perde nettamente in due dei quattro Stati che hanno rinnovato i parlamenti con il voto di lunedì scorso e sembra proprio sconfitto anche a Chattisgarh. In vantaggio, dunque, c’è il Bharatiya Janata Party (Bjp). Il Partito del Congresso, sulla base dei voti finora scrutinati, ha strappato la vittoria di stretta misura solo nello Stato di New Delhi. In particolare, sono pesanti le conseguenze per la scelta a favore del Bharatiya Janta Party fatta dagli Stati del Rajasthan e del Madhya Pradesh che insieme raccolgono circa 120 milioni di abitanti. Avranno indubbiamente un notevole peso nell’appuntamento elettorale  nazionale del prossimo ottobre. Da New Delhi, Maria Grazia Coggiola:

 

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Come previsto dagli exit-poll c’è stata una larga vittoria per il partito popolare indiano che è attualmente al governo. Il Congresso, guidato da Sonia Gandhi, che aveva la maggioranza in tutti e quattro gli Stati, è riuscito soltanto a mantenere il controllo nella capitale, New Delhi. E’ un risultato importante per il governo indu-nazionalista di Atal Behari Vajpayee, soprattutto in vista delle elezioni generali previste per l’ottobre del 2004. Il primo ministro, che oggi parte per la Nigeria dove parteciperà ad un vertice dei Paesi del Commonwealth, ha lasciato intendere che in caso di una vittoria schiacciante del suo partito potrebbe forse ricorrere alle elezioni anticipate. Ma un suo ministro, Arun Giacli, ha smentito, affermando che le elezioni si terranno alla data prestabilita. Al vasto successo dei conservatori ha contribuito una campagna elettorale basata su temi locali, ma anche la sfavorevole congiuntura economica dell’India, il progressivo disgelo con il Pakistan voluto da Vajpayee, che proprio oggi ha annunciato la sua presenza ad Islamabad per il vertice dei Paesi del sud-est asiatico, che si terrà nella prima settimana di gennaio.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Il dibattito politico in Italia resta aperto, oltre che sul voto in corso al Senato sulla procreazione assistita, anche sulla legge Gasparri votata nei giorni scorsi. L’intenzione di rimettere il suo mandato subito dopo l’eventuale firma del presidente della Repubblica Ciampi, è stata ribadita ieri da Giorgio Rumi, membro di area cattolica del Consiglio di amministrazione Rai, in sintonia con la stessa presidente Lucia Annunziata. Motivo di amarezza per Rumi è la modifica del meccanismo di elezione del Cda che, secondo la nuova normativa, spetterà alla Commissione parlamentare di vigilanza e non più ai presidenti di Camera e Senato. Ma ascoltiamo lo stesso Rumi al microfono di Adriana Masotti.

 

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R. – Siamo passati da una stagione in cui la nomina del governo dell’ente era devoluta ai due presidenti delle Camere, Pera e Casini, quindi a delle istituzioni, ad un nuovo dispositivo per cui viene praticamente nominato dai partiti. Io non ce l’ho con la politica come tale, non sono un qualunquista. Penso, tuttavia, che di fronte ad un ente come la Rai i partiti avrebbero dovuto fare un passo indietro. Invece le istituzioni Camera e Senato, ma poteva aggiungersi anche l’Accademia dei Lincei, il Cnr o altri enti, avrebbero potuto nominare persone di qualità, naturalmente di un certo indirizzo culturale e politico in senso ampio, ma non uomini del potere e di potere. Io penso che quello che è accaduto sia molto grave.

 

D. – Passare da cinque a nove all’interno del Cda può voler dire qualcosa?

 

R. – No, può voler dire una più calibrata lottizzazione. Partiti e piccoli partiti possono trovare la loro rappresentanza. Si aumenta l’alchimia e non credo si favorisca la chiarezza. Quello che mi preoccupa – ma mi preoccuperebbe sotto qualsiasi governo – è la omogeneizzazione di sei principali canali televisivi ad un medesimo indirizzo politico. Questo è preoccupante.

 

D. – Il proliferare dei canali non potrà portare più pluralismo?

 

R. – In teoria sì, però se ci sono sei canali che si mangiano il 70, l’80, il 90 per cento, e sono allineati, il resto cosa vuole che faccia. Non ha la forza economica, la pubblicità necessaria e così via. Quello che conta sono i sei colossi. Se questi vengono omogeneizzati, questo crea qualche problema, qualunque sia l’omogeneizzazione: azzurra o rosè.

 

D. – Non dovrebbe avere tutto lo stesso colore, insomma…

 

R. – In pratica sì.

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Il Parlamento sudcoreano sembra aver fatto una scelta significativa contro il presidente Roth Moo Hyun. Ha annullato, infatti, con la maggioranza richiesta dei due terzi, il veto posto dal capo dello Stato alla creazione di un procuratore indipendente su scandali di corruzione. Roh è stato eletto nel dicembre 2002 sulla scia del forte appoggio popolare al suo programma centrato anche sulla lotta alla corruzione. Aveva motivato il suo no alla elezione di un procuratore indipendente con la necessità di attendere la conclusione dell’inchiesta in corso su scandali di corruzione che vedono implicati suoi ex collaboratori.

 

Paura in Georgia dopo l’attentato di ieri sera all’edificio della tv di Stato, scosso da una violenta esplosione poco prima dell’arrivo della neopresidente Burdzhanadze, attesa per una intervista. Il ministro dell’Interno, Baramidze, ha confermato stamattina la pista politica: un tentativo – ha detto – di far crescere la tensione in vista delle elezioni di gennaio, quando il Paese dovrà scegliere il sostituto del dimissionario Shevarnadze.

 

Il presidente lituano Paksas, al centro di uno scandalo nel proprio Paese, ha rinviato la visita negli Stati Uniti, prevista per lunedì 8 dicembre: dovrà infatti comparire davanti alla Corte costituzionale, per rispondere delle accuse di collusione con la mafia. Nel mirino delle indagini, la naturalizzazione del russo Jurijus Borisovas, principale finanziatore della sua campagna elettorale, accusato di traffico illegale di armi con il Sudan.

 

Un giovane di 20 anni, Zak Mullah, è stato arrestato la scorsa notte a Sydney ed è comparso oggi in tribunale imputato di aver programmato un’azione terroristica, un’accusa passibile di ergastolo. E’ stato rinviato a giudizio in stato di arresto e dovrà ricomparire in corte il 23 dicembre. Si tratta della prima imputazione formulata sotto la nuova legge federale antiterrorismo e coincide con il rafforzamento delle misure di sicurezza in 180 aeroporti regionali del Paese.

 

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