RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 338- Testo della
Trasmissione di giovedì 4 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Santo Padre ricorda in un messaggio i milioni di ucraini uccisi dalla carestia provocata dal regime comunista sovietico negli anni ’30.
OGGI IN PRIMO PIANO:
In Italia, la legge sulla procreazione assistita ricompatta i cattolici dei due schieramenti: ai nostri microfoni, Olimpia Tarzia
CHIESA E SOCIETA’:
Il segretario di Stato USA Colin Powell a
Bruxelles chiede un maggiore coinvolgimento della Nato in Iraq. Anche il
Giappone decide l’invio di truppe
Nelle elezioni regionali indiane avanzano i
nazionalisti indù
4 dicembre 2003
ELETTO IL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI:
E’
L’ARCIVESCOVO DI KASKAR, EMMANUEL DELLY.
IERI SERA
L’INCONTRO CON GIOVANNI PAOLO II, CHE HA ESORTATO
I
VESCOVI IRACHENI A LAVORARE PER LA PACE E LA CONCORDIA NEL PAESE.
AI NOSTRI MICROFONI IL NUOVO PATRIARCA
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Il Sinodo dei vescovi della Chiesa Caldea, riunitosi in Vaticano
in questi giorni, ha eletto ieri Patriarca di Babilonia dei Caldei,
l’arcivescovo di Kaskar, Emmanuel Delly. Il nuovo Patriarca, che ha assunto il
nome di Emmanuel III succede al compianto Raphael I Bidawid. Ieri sera,
l’incontro con il Papa, che ha concesso
- in conformità ai sacri canoni - la comunione ecclesiastica con il
nuovo Patriarca. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Con grande affetto, Giovanni Paolo
II ha accolto il nuovo Patriarca, i membri del Sinodo e il cardinale Daoud, a
cui ha affidato la presidenza dei lavori sinodali. Il Papa ha espresso la sua
vicinanza affettuosa alle popolazioni provate dell’Iraq:
“Il Papa è vicino a tutti gli
iracheni e conosce le loro aspirazioni alla pace, alla sicurezza e alla
libertà”.
La Chiesa caldea, ha detto ancora,
è “fiera di testimoniare Cristo” nella terra dalla quale partì Abramo e che
trae le sue origini apostoliche nella predicazione di San Tommaso. “Partecipe
dell’unica linfa vitale che promana da Cristo - ha avvertito - essa deve
continuare a fiorire, fedele alla propria identità”. Quindi, ha esortato i
presuli iracheni a sviluppare un’unità di intenti per il bene dell’intera
società irachena:
“La concordia è tanto più necessaria
se guardiamo alla vostra terra, oggi più bisognosa che mai di vera pace e di
tranquillità nell’ordine. Operate per ‘ unire le forze’ di tutti i credenti in
un rispettoso dialogo, che favorisca ad ogni livello l’edificazione di una
società stabile e libera”.
La comunità cattolica caldea conta
circa un milione e mezzo di fedeli in tutto il mondo. La maggior parte, circa
mezzo milione, risiede in Iraq dove ha sede il Patriarcato. Di antichissime
origini, la Chiesa caldea, fin dalla predicazione di San Tommaso apostolo, si è
estesa in tutto il Medio Oriente. Oggi vi sono eparchie - equiparabili alle
diocesi - in Egitto, Siria, Iran, Libano e Turchia. Esiste inoltre la Chiesa
caldea della diaspora, nata in seguito all’emigrazione. Circa 200 mila fedeli
sono presenti in Nord America, 15 mila in Oceania, 60 mila in Europa.
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Nato nel 1927 a Telkaif,
nell’arcieparchia di Mossul, il nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei, è
stato ordinato sacerdote nel 1952 ed elevato alla dignità vescovile nel 1962.
Dal 1967 è arcivescovo di Kaskar. Ma quali sono le principali difficoltà per la
Chiesa caldea nell’Iraq del dopo Saddam Hussein? Ascoltiamo il Patriarca
Emmanuel III Delly, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Tante difficoltà ci
aspettano; le difficoltà sono di carattere ecclesiastico, sociale, politico.
Per quanto riguarda le difficoltà ecclesiastiche, abbiamo una forte carenza di
sacerdoti: è vero, abbiamo la libertà, ma la nostra libertà è limitata. Abbiamo
la libertà della devozione, ma finora non ci è stata ancora riconosciuta la
libertà religiosa. E questa libertà la chiediamo adesso, al nuovo regime.
Viviamo insieme ai nostri cari fratelli musulmani, abbiamo tanti amici
musulmani come tanti musulmani hanno tra di noi tanti che collaborano con loro.
Speriamo di continuare questa vita insieme.
D. – Quali sono le vostre
speranze?
R. – La mia speranza è di trattare
con il nostro governo con prudenza, con carità e con amore; essere uniti,
musulmani e cristiani, per glorificare il Signore Iddio.
D. – Cosa chiedete alla comunità
internazionale?
R. – Preghiamo la comunità
internazionale di aiutarci moralmente in ogni cosa, e di non agire da egoisti.
Chiediamo di fare di tutto affinché il nostro governo ci riconosca la libertà
religiosa, la libertà di essere veramente Figli di Dio. Oggi stiamo
relativamente bene, nonostante la tragica situazione nella quale ci troviamo.
Nel vecchio regime di Saddam eravamo – è vero – liberi, però dovevamo seguire,
obbligati moralmente, il regime per sopravvivere.
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Per una testimonianza sullo
spirito che ha animato il Sinodo dei vescovi della Chiesa caldea, ecco la
testimonianza – raccolta ancora da Giovanni Peduto - del cardinale Moussa I
Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, che ha presieduto
i lavori sinodali:
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R. - I lavori si sono svolti in un clima sereno e
concorde. Abbiamo evocato lo Spirito Santo e ci siamo affidati alla Madonna,
pregando i misteri della luce. Al patriarca Emmanuel rivolgo ancora un caldo
incoraggiamento, con l’assicurazione della preghiera, e gli auguri natalizi che
estendo alla cara Chiesa caldea.
D. – Eminenza, come aiutare questa
Chiesa in un momento così difficile?
R. – Bisogna aiutare questa
Chiesa, in questa situazione così difficile, con la preghiera, con la
vicinanza. Bisogna preoccuparsi della loro situazione e, materialmente, aiutare
con doni che è possibile mandare in questo Paese molto provato.
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CON UN RINNOVATO INVITO AL PERDONO E AL RECIPROCO RISPETTO
DELL’IDENTITA’ CULTURALE E RELIGIOSA, GIOVANNI PAOLO II HA RICEVUTO STAMANI IN
VATICANO
IL
PRESIDENTE DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA E I COMITATI PREPARATORI
DELLA
VISITA PASTORALE DELLO SCORSO GIUGNO
- Il
servizio di Barbara Castelli -
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“Un autentico rinnovamento
spirituale”, capace di aprire il cuore dell’uomo “al perdono, alla
riconciliazione e al reciproco rispetto dell’identità culturale e religiosa”,
permetterà alla Bosnia ed Erzegovina di rialzarsi e di sanare le ferite di “un
regime oppressivo e di una lunga guerra”. Questa, in sintesi, la riflessione
che Giovanni Paolo II ha offerto stamani ai comitati preparatori della visita
pastorale dello scorso giugno nel Paese, ricevuta oggi in Vaticano. La
costruzione di “una società prospera e serena, libera e solidale”, ha insistito
il Pontefice, potrà essere raggiunta anche grazie “alla realizzazione di
istituzioni democratiche, a livello politico e amministrativo”.
Rivolgendosi alle autorità
religiose e civili convenute, tra cui il presidente cattolico della Presidenza
della Bosnia ed Erzegovina, Dragan Čović, precedentemente ricevuto in
udienza, il Santo Padre ha espresso viva attenzione per il problema dei
“profughi e degli esuli nei loro paesi nativi”. La guerra civile nel Paese,
infatti, che ha visto contrapporsi tra il 1992 e il 1995 le
milizie serbe a quelle musulmane e croate, ha causato la morte di 250 mila
persone e un milione tra sfollati e profughi. “Cittadini - ha sottolineato mons. Franjo Komarica, vescovo di
Banja Luka e presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina,
nel suo indirizzo di omaggio - che auspicano contro ogni speranza di vedersi
restituiti i diritti umani e le libertà civili dei quali sono stati privati con
la violenza. Tra questi c’è il diritto al rientro e a una vita degna dell’uomo
nei loro Paesi d’origine”. “Mai dimenticare Dio!, ha esortato ancora Giovanni
Paolo II - Desiderare sempre di unirsi a Lui!”. Pensando alla beatificazione di
Ivan Merz dello scorso 22 giugno a Banja Luka, il Papa ha, infine, invitato
tutti a trarre ispirazione da questo “fulgido esempio di santità” e di
impegnarsi a testimoniare il Vangelo, “criterio ed orientamento fondamentale
dei cristiani di ogni tempo”.
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LA MEMORIA DELLE TRAGEDIE PASSATE CI AIUTI AD ESSERE SENTINELLE
DEL
RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA: COSI’, IL PAPA NEL MESSAGGIO PER IL 70.MO
ANNIVERSARIO DELL’HOLOMODOR DELL’UCRAINA, LA TERRIBILE CARESTIA
PROVOCATA DAL REGIME SOVIETICO TRA IL 1932 E
IL 1933
- Servizio
di Alessandro Gisotti -
Il ricordo delle “vicende
drammatiche di un popolo” si rivela “quanto mai utile per suscitare nelle nuove
generazioni l’impegno a farsi, in ogni circostanza, vigili sentinelle del
rispetto della dignità di ogni uomo”. E’ la profonda riflessione di Giovanni
Paolo II in un messaggio - indirizzato
al cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini e al
cardinale Marian Jaworsky, arcivescovo di Lviv dei Latini - per il 70.mo
anniversario dell’Holomodor dell’Ucraina, la carestia provocata da
Stalin, tra il 1932 e 1933, che provocò la morte di milioni di innocenti. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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La memoria degli eventi passati
diventi “fonte di ispirazione” per le generazioni presenti e future. Sono
parole di speranza quelle del Papa nel ricordare una tragedia della storia. Il
Pontefice rammenta il “disegno disumano attuato con fredda determinazione” dal
regime sovietico per piegare il popolo ucraino alla collettivizzazione forzata.
“Milioni di persone – afferma - hanno subito una morte atroce per la nefasta
efficacia di un’ideologia che, lungo tutto il XX secolo, ha causato sofferenze
e lutti in molte parti del mondo”. E si sofferma sulle parole di Pio XI, che
riferendosi all’Unione sovietica distingueva “nettamente tra governanti e
sudditi” scagionando gli ultimi e denunciando “apertamente le responsabilità
del sistema misconoscitore della vera origine della natura e del fine dello
Stato”.
Con il pensiero rivolto a quanti hanno patito il dramma dell’Holomodor,
il Santo Padre ripete ancora una volta e con forza “mai più”. La consapevolezza
delle aberrazioni passate, avverte, si deve tradurre “in un costante stimolo a
costruire un avvenire più a misura dell’uomo, contrastando ogni ideologia che
profani la vita, la dignità, le giuste aspirazioni della persona”. L’esperienza
di quella tragedia, prosegue, deve guidare il popolo ucraino “verso prospettive
di concordia e cooperazione”. Nonostante l’ideologia comunista abbia
contribuito “ad approfondire le divisioni anche nell’ambito della vita sociale
e religiosa”, occorre “impegnarsi per una pacificazione sincera e fattiva”.
Il Papa non manca, infine, di
ricordare il suo viaggio in terra ucraina nel giugno del 2001. Custode
dell’eredità cristiana orientale e occidentale, constata, l’Ucraina è chiamata
ad offrire il suo specifico contributo all’edificazione della “casa comune
europea”.
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ALTRE
UDIENZE
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto in successive udienze il
cardinale Lubomyr
Husar, arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini ed un
gruppo di presuli francesi, al termine della Visita ad limina.
OGGI
IN VATICANO GIORNATA COMMEMORATIVA PER I 40 ANNI
DALLA PROMULGAZIONE DELLA COSTITUZIONE
CONCILIARE
SACROSANTUM
CONCILIUM
- Intervista
con il cardinale Francis Arinze -
40 anni fa Paolo VI promulgava la costituzione conciliare
“Sacrosantum Concilium” che poneva le premesse della riforma liturgica.
Oggi in Vaticano si svolge una giornata commemorativa dell’evento organizzata
dal cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti. Tra gli
elementi principali del rinnovamento liturgico ricordiamo l’introduzione delle
lingue volgari accanto al latino, la semplificazione dei riti, la
partecipazione attiva dei laici nelle celebrazioni, la regolamentazione del
canto popolare religioso, la riforma della preghiera delle Ore. Ma come è stato
recepito questo documento? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Arinze.
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R. - E’ stato recepito bene, perché questo documento ha
aiutato la Chiesa a vivere, con più partecipazione di tutti i fedeli, le
celebrazioni liturgiche, specialmente la Santa Messa. Anche l’introduzione
della lingua locale aiuta a comprendere; è un elemento molto importante.
D. – Quindi, i frutti della Sacrosanctum
Concilium sono stati positivi?
R. – Certo, si vede la ricchezza
della Sacra Scrittura che abbiamo nella liturgia e poi la partecipazione dei
laici: non è nuova, ma è molto più viva. Se si considera come celebriamo oggi
la Messa e com’era celebrata 60 anni fa, si nota veramente una differenza.
Inoltre, il breviario, la preghiera della Chiesa nelle diverse ore della
giornata, attraverso letture scelte, è uno dei libri migliori del rinnovamento.
Purtroppo molti laici non utilizzano questa preghiera.
D. – Eminenza, tuttavia non sono
mancate difficoltà in questi 40 anni…
R. – Certo, ci sono quelli che
hanno introdotto abusi nella Chiesa, nella celebrazione. Quando vanno
all’altare non seguono ciò che è stato approvato. Dicono cose strane, dicono
cose che banalizzano la liturgia e la gente si stufa. Ci sono quelli che,
avendo visto tanti abusi durante la celebrazione della Messa, dicono: “Noi
torneremo alla Messa così come era 50 anni fa”. Ma chi è colpevole è la persona
che non ha celebrato secondo i riti approvati.
D. – Ma si può ancora migliorare
qualcosa?
R. – Certo. Ogni opera umana può
essere perfezionata. La liturgia come tale è opera di Cristo. Ma non possiamo
non vedere il modo di agire sull’altare che può essere migliorato, in modo che
sia di buon gusto. L’arte sacra, la musica polifonica gregoriana, la musica
popolare: tutto deve essere in funzione della liturgia. Tutto ciò può essere
migliorato.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il Messaggio del Santo Padre ai
cardinali Husar e Jaworski in occasione del 70.mo anniversario dell’”holodomor”
ucraina apre il giornale che titola: “Nel 1933 milioni di persone furono uccise
in Ucraina dalla carestia provocata dal regime comunista. MAI PIU’”; in
evidenza anche l’udienza del Papa ai membri del Sinodo della Chiesa caldea e la
richiesta di “comunione ecclesiastica” da parte del neo-eletto Patriarca di
Babilonia dei Caldei S. B. Emmanuel III Delly; l’udienza del Papa al presidente
della Presidenza di Bosnia ed Erzegovina e ai membri dei Comitati preparatori
per la visita pastorale compiuta il 22 giugno scorso a Banja Luka; infine, in
Medio Oriente, il pressante appello alla pace lanciato dal Patriarcato di
Gerusalemme dei Latini.
Nelle pagine vaticane,
l’arcivescovo Angelo Comastri porta una testimonianza in ricordo di Pino
Arpioni, il fondatore e consigliere della Fondazione La Pira; una pagina
dedicata al cardinale Angelo Dell’Acqua nel centenario della nascita;
l’inaugurazione dell’Istituto Teologico a Salerno con la benedizione dell’icona
di san Giuseppe Moscati.
Nelle pagine estere, Iraq: il
governo giapponese decide d’inviare contingenti militari anche nelle “zone a rischio”.
Nella pagina culturale, due
articoli, di Mario Gabriele Giordano e di Franco Patruno, propongono delle
considerazioni sulla recente fiction televisiva dedicata all’imperatore
Augusto.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il voto parlamentare sulla legge che intende regolare la procreazione
assistita; i temi dell’economia, della sicurezza e della sanità.
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4 dicembre 2003
LA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA AL
VAGLIO DEL PARLAMENTO IN ITALIA.
LA
SODDISFAZIONE DEI CATTOLICI
- Ai
nostri microfoni, Olimpia Tarzia -
Prosegue al Senato in Italia il sofferto cammino del
disegno di legge sulla procreazione assistita già approvato alla Camera. Per il
voto finale bisognerà aspettare fino alla prossima settimana. La legge dovrà
comunque tornare alla Camera. Il servizio di Giampiero Guadagni.
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Prime votazioni, prime polemiche tra i poli, soprattutto
all’interno dei poli, sulla procreazione assistita. Ieri era in discussione
l’articolo 1 che prevede il ricorso alla procreazione, medicalmente assistita,
garantendo anche i diritti del concepito. Palazzo Madama ha bocciato per pochi
voti l’emendamento presentato dal repubblicano Antonio Del Pennino, iscritto al
gruppo di Forza Italia, che consentiva il ricorso alla procreazione assistita,
anche alle coppie con patologie genetiche. A favore ha votato il
centro-sinistra, tranne la Margherita, accusata dai Ds di aver fatto saltare
l’unità dell’Ulivo. Pronta la replica. L’unità dell’Ulivo non è in discussione,
ma i cattolici del centro-sinistra rivendicano il diritto di fare una battaglia
in favore dei diritti dell’embrione in coerenza con i principi della dottrina
sociale della Chiesa. Ma anche nella Casa delle Libertà non mancano le frizioni
tra cattolici e laici, questi ultimi favorevoli a norme meno restrittive. Sono
quasi 500 gli emendamenti complessivamente presentati. Il testo approvato il
mese scorso alla Camera prevede che il ricorso alle tecniche di procreazione,
medicalmente assistita, sia consentito solo se accertata l’impossibilità di
rimuovere altrimenti le cause che impediscono la procreazione ed è comunque
circoscritta ai casi di sterilità o di infertilità inspiegata o accertata.
Vietata la fecondazione eterologa, la clonazione umana e la sperimentazione
sugli embrioni e il loro congelamento. Secondo quanto prevede il Ddl potranno
ricorrere alle tecniche di procreazione assistita solo le coppie formate da
persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi in età
potenzialmente fertile ed entrambe viventi. Previste sanzioni amministrative e
penali per chi non rispetterà le norme.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Stamani, il Senato ha dato il via
libera all’articolo 3 che prevede, tra l’altro, l’obbligo di informazione delle
coppie che intendono ricorrere alla procreazione assistita, ad opera dei
Consultori, sia sulle tecniche di intervento, sia sulle procedure per
l’adozione e l’affidamento familiare. Ieri, l’attenzione è stata concentrata
sull’articolo 1 della legge che sancisce i diritti del concepito. Alessandro
Guarasci ha intervistato, Olimpia Tarzia, segretario nazionale del Movimento
per la Vita.
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R. – A cosa serve la legge? Serve
a tutelare i più deboli e in questo caso nell’articolo 1 è riconosciuto tra i
soggetti da tutelare il concepito, che ovviamente è il più debole. Una legge
deve sempre porsi in termini di difesa del più debole, perché i forti si
difendono da sé.
D. – Il fatto di non permettere il
ricorso alla fecondazione assistita alle coppie portatrici di patologie, che
possono poi essere trasmesse al feto, tutela il concepito?
R. – Io credo che inserire una
diagnosi pre-impianto significa non tenere conto che il concepito, comunque
sia, sano o malato, è un essere umano e quindi va difeso per quello che è e non
per quello che sa fare. Questo fatto significherebbe inserire una forma di
selezione genetica, una forma di selezione della razza di fronte alla quale il
tecnico è in grado di valutare e decidere di selezionare gli embrioni sani da
salvare ed invece scartare e quindi sopprimere la vita di quegli embrioni che
risultano “difettosi”.
D. – Lei come risponde a chi dice
che questa legge è molto restrittiva rispetto alle altre normative simili che
ci sono in Europa e in altri Paesi del mondo?
R. – Se restrittivo significa che
mette dei paletti più chiari in termini di difesa dei diritti umani, senza
dubbio è una legge più restrittiva. Ma
in questo caso io come italiana ne sarei fiera e direi anzi che l’Italia può
essere, da questo punto di vista, un punto di riferimento in Europa. Perché
pensare sempre che arriviamo tardi e con leggi che sono poi integraliste,
frutto di una visione cattolica? Bisogna veramente sgomberare il campo da
questi equivoci.
D. – Secondo lei c’è il rischio di
“turismo procreativo”?
R. – Io credo che noi dobbiamo
fare – ripeto – una legge secondo quello che riteniamo giusto e tenendo conto
che il discorso etico deve essere dentro al discorso politico. Non possono essere
realtà distinte, come non può essere distinta la scienza dall’etica. Questa
integrazione, che fa fatica a farsi strada, è l’obiettivo che questa legge
dovrebbe raggiungere.
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DOPO LA COSIDDETTA “INIZIATIVA DI
GINEVRA”, TRA SPERANZE E POLEMICHE,
RESTA
APERTO IL DIBATTITO SULLA STRADA DA PERSEGUIRE
PER LA
PACE IN MEDIO ORIENTE
- Ai
nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci -
La pace in Medio
Oriente sembra passare oggi per il Cairo, dove è iniziata poco fa la riunione
di 13 fazioni palestinesi, impegnate a discutere di una possibile tregua. La
tregua, nelle intenzioni del governo egiziano che ha promosso i colloqui,
dovrebbe essere la premessa per l' attuazione della Road map, l'itinerario di
pace di Usa, Ue, Onu e Russia che prevede la creazione di uno stato palestinese
entro il 2005.
L'inizio dei colloqui era fissato
inizialmente per martedi, ma e' stato rinviato ad oggi. Nel frattempo è
cresciuta nella comunità internazionale l’attesa per possibili risvolti
positivi sul processo di pace dopo la cosiddetta Iniziativa di Ginevra promossa
da pacifisti israeliani e palestinesi. L’iniziativa, in realtà, ha suscitato
speranze ma anche polemiche e delusioni. In ogni caso, riunendo personalità di
spicco ha riacceso il dibattito sulla strada da perseguire per la pace. A
questo proposito Rosario Tronnolone ha intervistato il cardinale Roberto Tucci:
***********
R. - E’ una sfida, in fondo, sia a
Sharon che ad Arafat. Il dialogo è possibile. Purtroppo noi vediamo in questi
giorni che si rinvia sempre l’incontro tra il primo ministro palestinese e il
primo ministro israeliano, perché ognuno dei due pone condizioni previe. Credo
che il testo concordato tra palestinesi e israeliani a Ginevra dimostri che è
possibile arrivare ad un accordo, ma siamo ben lontani. Non è un atto tra capi
di Stato, tra governi, quindi ha solo un valore privato. Può essere, però, una
sfida e anche un motivo di speranza. Speriamo che si possa arrivare a
cominciare a discutere concretamente dei punti che sono nevralgici per un
accordo tra israeliani e palestinesi, per arrivare finalmente alla costituzione
di uno Stato palestinese indipendente, ma garantendo la sicurezza che
giustamente il popolo israeliano aspetta per sé.
D. – Il Papa, anche recentemente,
è intervenuto più volte sul problema del terrorismo…
R. – Sì, ha avuto rilievo l’intervento sul muro, quando il
Papa ha detto che bisogna costruire ponti piuttosto che muri. “Non di muri ha
bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi non ci
può essere pace”- ha detto. In fondo, a questo proposito, il Papa ritorna sul
principio che ha enunciato in altre occasioni: “Senza giustizia, non c’è pace.
Ma senza perdono, non c’è giustizia”.
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4 dicembre 2003
IN EL SALVADOR I GESUITI CHIEDONO, CON UNA NOTA,
SOSTEGNO
ALLA PROCURA PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
SAN SALVADOR. = L’Istituto dei
diritti umani dell’Università Centroamericana di El Salvador (Idhuca), gestita
dalla Compagnia di Gesù, esprime con una nota il proprio sostegno al lavoro
svolto dalla Procura per la difesa dei diritti umani nel Paese Centroamericano.
I gesuiti, rilevando l’esistenza di “campagne di discredito contro la
legislazione nazionale quando non favorisce determinati interessi”, condanna
inoltre il “costante disprezzo” riservato all’organismo, creato sulla base
degli accordi di pace che, nel 1992, posero fine a 12 anni di guerra civile.
L’Istituto sottolinea anche come “le recenti inquietanti accuse di funzionari contro
la Procura per la difesa dei diritti umani siano state avanzate al fine di
neutralizzare l’organismo in prossimità delle elezioni presidenziali”, in
programma nel mese di marzo 2004. Secondo i gesuiti, proprio in vista
dell’importante appuntamento con le urne, “si vuole impedire che venga diffusa
la verità sulla situazione dei diritti umani nello Stato Centroamericano per
evitare gravi sconvolgimenti politici”. (A.L.)
LA COMECE ESPRIME, CON UN COMUNICATO, IL PROPRIO
RAMMARICO
PER
IL MANCATO ACCORDO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DELL’UNIONE EUROPEA
SUI
LIMITI ETICI DELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI
BRUXELLES. = Il Consiglio dei
ministri dell’Unione Europea non ha raggiunto, martedì scorso, un accordo sui
limiti etici dei progetti di ricerca che utilizzano cellule staminali ottenute
da embrioni umani. Il segretario generale della Commissione degli episcopati
della comunità europea (Comece), mons. Noël Treanor, ha espresso con un
comunicato il proprio rammarico per
tale mancato accordo. “Accettare che i fondi europei siano usati per la
ricerca sulle cellule staminali – si legge nel documento della Comece - significa legittimare le tecniche usate per
produrre queste cellule e quindi la distruzione degli embrioni umani”. A
prescindere dalle posizioni di ciascuno, secondo il segretario della Comece è
importante capire che il dibattito sulle cellule staminali è inevitabile per la
persona e la società umana. “L’incapacità del Consiglio dei ministri europei di
raggiungere l’accordo – conclude il comunicato - è la prova della complessità
etica di tale questione. Le decisioni dovrebbero essere decise dagli Stati
membri in conformità con il principio di sussidiarietà”. (A.L.)
“ALLE RADICI DELLA CIVILTÀ: COOPERAZIONE, REGOLE,
COMPETIZIONE”.
E’
QUESTO IL TITOLO DEL CONVEGNO SVOLTOSI, STAMANI,
NELLA
PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE.
L’INTERVENTO
DEL CARDINALE RUINI
ROMA. = “La
solidarietà è la radice antropologica di una società aperta e questa idea, che
ha oggi ampio credito teorico e pratico, non era così accettata in passato per
l’eredità negativa di certe forme di corporativismo o di irenismo”. Lo ha
affermato stamani il presidente della Conferenza episcopale italiana, il
cardinale Camillo Ruini, intervenendo al convegno “Alle radici della civiltà:
cooperazione, regole, competizione”, promosso dalla Banca nazionale del lavoro
e dall’Università Lateranense. Il porporato ha spaziato su alcuni temi di
teologia morale e di filosofia contemporanea, auspicando un “rapporto tra etica
ed economia che respinga sia la separatezza dello statalismo che le invadenze
dello stato etico”. “Senza solidarietà – ha aggiunto Ruini – si rischia di
estendere l’atteggiamento del commerciante che vede nell’altro un concorrente
al comportamento generale della moderna conoscenza dell’altro”. Mettendo in
rapporto il concetto di solidarietà con quello di cooperazione il cardinale
Ruini ha infine chiarito che “'la cooperazione è la modalità di risposta alla universale destinazione dei beni”, e
che “la solidarietà è il contrario dell’assistenzialismo, che mantiene in uno
stato di passività e dipendenza”. (A.L.)
“LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA, IL BENE PIÙ RICERCATO E PREZIOSO
DELLA
NOSTRA SOCIETÀ”: APPELLO ACCORATO DEI VESCOVI CILENI
ALLA
VIGILANZA E ALLA SOLIDARIETA’
SANTIAGO.
= La solidarietà, il delitto, la pedofilia, l’offesa recata all’onore delle
persone, il senso autentico della sessualità e il dovere di non dare scandalo.
Sono questi i temi al centro della dichiarazione finale della 86.esima
Assemblea plenaria dei vescovi della Conferenza Episcopale Cilena, svoltasi
recentemente. Riferendosi agli avvenimenti che hanno scosso l’opinione pubblica
negli ultimi tempi - pedofilia, pornografia e droghe - e al modo in cui sono
stati affrontati da alcuni mass media, i presuli sottolineano che “la
confusione tra fatti oggettivi e azioni presupposte, richiedono una speciale
attenzione ed un esercizio onesto nella ricerca della verità e nell’adesione ad
essa. Questo richiede di vivere nella verità, nella libertà, nell’onestà e
nella responsabilità; di sviluppare i doni ricevuti e di optare per la dignità
personale, non cedendo alle inclinazioni che attentano ad essa”. “Oggi più che
mai - si legge nel testo, intitolato “Trattiamo gli altri come vorremmo essere
trattati noi” - è necessario vigilare e mantenere il cuore attento e sensibile
dinanzi al bene più ricercato e prezioso della nostra società, la dignità della
persona umana”. Il rispetto della reputazione e dell’onore delle persone,
concludono i vescovi cileni, è responsabilità di ogni persona, ma “una speciale
attenzione spetta ai mass media, chiamati a vivere il loro impegno per la
verità e il bene, per elevare il livello culturale e morale della nazione e
contribuire così alla vera pace”. (B.C.)
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4 dicembre 2003
- A cura di Fausta Speranza -
A Baghdad si guarda al futuro
dell’Iraq. Il governo di transizione, sotto la guida dell’amministratore
Bremer, ha discusso, ieri, la possibilità di creare un’assemblea nazionale
provvisoria, primo passo per il trasferimento della sovranità del Paese agli
iracheni. La scelta trova il sostegno del ministro degli esteri cinese. Sul
terreno, c’è da segnalare che le forze americane hanno catturato l’ex generale
della Guardia Repubblicana, Daham al Mahemdi, sospettato di aver mantenuto
contatti indiretti con il deposto dittatore iracheno Saddam Hussein. Intanto, La Nato si pronuncia sul suo
ruolo in Iraq ribadendo che Nato e Ue “condividono interessi strategici comuni
e restano fortemente impegnate a migliorare la cooperazione” tra di loro. E'
quanto si legge nel comunicato stampa finale dell'incontro ministeriale
dell'Alleanza atlantica diffuso a Bruxelles. Il servizio di Giancarlo La Vella.
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La pace e la stabilità in Iraq
sono obiettivi da raggiungere anche attraverso il ruolo decisivo dell’Alleanza
Atlantica, così come è stato fatto in Afghanistan. Le parole che oggi Colin
Powell ha pronunciato al Consiglio Nato di Bruxelles aprono la crisi irachena
alla partecipazione dei partner occidentali, perché il raggiungimento della
democrazia nel Paese - ha sottolineato Powell - rappresenta un tassello
fondamentale per la pacificazione dell’intera regione mediorientale. Il
segretario di Stato ha poi definito i rapporti con l’Unione Europea, affermando
che “gli Stati Uniti non possono accettare strutture indipendenti europee, che
duplichino quelle già esistenti della Nato. La difesa europea deve essere
coordinata con quella degli alleati”. E il documento finale della riunione
sancisce gli stretti rapporti tra i due organismi. “La Nato e l'Unione Europea
- si legge - condividono interessi
strategici comuni e restano fortemente impegnate a migliorare la cooperazione
tra di loro”. Intanto, con una decisione contestata, il premier giapponese
Koizumi ha approvato oggi un piano per l'invio in Iraq di un contingente
militare di mille uomini. La polemica nasce dal fatto che, contravvenendo ai
vincoli costituzionali sull’invio di truppe all'estero, il governo di Tokyo ha
lasciato intendere che l’attività dei soldati non sarà sottoposta ad alcuna
condizione circa l’impiego in zone a rischio di combattimento. E a Tokyo
l’opposizione del Partito Democratico denuncia con forza quello che viene
definito il “grave colpo di mano del governo”.
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Un impiegato afghano
delle Nazioni Unite è stato ucciso ed altri 11 sono rimasti feriti nell’ovest
dell’Afghanistan. Il convoglio su cui viaggiavano è stato preda di un’imboscata
tra Farah e Nimroz, probabilmente organizzata dai talebani. E in Afghanistan ha
compiuto un viaggio lampo il segretario alla difesa statunitense, Rumsfeld. Il
capo del Pentagono, giunto stamattina dall’Azerbaidjan a Mazar-i-Sharif nel
nord del Paese, ha incontrato due capi di formazioni guerrigliere rivali per
convincerli ad una tregua. Poi è partito alla volta di Kabul per un vertice con
il capo del governo, Karzai. E della presenza Nato in Afghanistan ha parlato il
segretario generale dell’Alleanza atlantica, George Robertson, annunciando
stamani che sono stati trovati mezzi e uomini necessari a colmare lacune che
ostacolavano un’espansione della missione denominata Isaf.
Alle elezioni in quattro Stati
dell’India è pesante la sconfitta del partito del Congresso guidato a livello
nazionale da Sonia Gandhi. Perde nettamente in due dei quattro Stati che hanno
rinnovato i parlamenti con il voto di lunedì scorso e sembra proprio sconfitto
anche a Chattisgarh. In vantaggio, dunque, c’è il Bharatiya Janata Party (Bjp).
Il Partito del Congresso, sulla base dei voti finora scrutinati, ha strappato
la vittoria di stretta misura solo nello Stato di New Delhi. In particolare,
sono pesanti le conseguenze per la scelta a favore del Bharatiya Janta Party
fatta dagli Stati del Rajasthan e del Madhya Pradesh che insieme raccolgono
circa 120 milioni di abitanti. Avranno indubbiamente un notevole peso
nell’appuntamento elettorale nazionale
del prossimo ottobre. Da New Delhi, Maria Grazia Coggiola:
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Come previsto dagli exit-poll c’è
stata una larga vittoria per il partito popolare indiano che è attualmente al
governo. Il Congresso, guidato da Sonia Gandhi, che aveva la maggioranza in
tutti e quattro gli Stati, è riuscito soltanto a mantenere il controllo nella
capitale, New Delhi. E’ un risultato importante per il governo
indu-nazionalista di Atal Behari Vajpayee, soprattutto in vista delle elezioni
generali previste per l’ottobre del 2004. Il primo ministro, che oggi parte per
la Nigeria dove parteciperà ad un vertice dei Paesi del Commonwealth, ha
lasciato intendere che in caso di una vittoria schiacciante del suo partito
potrebbe forse ricorrere alle elezioni anticipate. Ma un suo ministro, Arun
Giacli, ha smentito, affermando che le elezioni si terranno alla data
prestabilita. Al vasto successo dei conservatori ha contribuito una campagna
elettorale basata su temi locali, ma anche la sfavorevole congiuntura economica
dell’India, il progressivo disgelo con il Pakistan voluto da Vajpayee, che
proprio oggi ha annunciato la sua presenza ad Islamabad per il vertice dei
Paesi del sud-est asiatico, che si terrà nella prima settimana di gennaio.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Il dibattito politico in Italia
resta aperto, oltre che sul voto in corso al Senato sulla procreazione
assistita, anche sulla legge Gasparri votata nei giorni scorsi. L’intenzione di
rimettere il suo mandato subito dopo l’eventuale firma del presidente della
Repubblica Ciampi, è stata ribadita ieri da Giorgio Rumi, membro di area
cattolica del Consiglio di amministrazione Rai, in sintonia con la stessa
presidente Lucia Annunziata. Motivo di amarezza per Rumi è la modifica del
meccanismo di elezione del Cda che, secondo la nuova normativa, spetterà alla
Commissione parlamentare di vigilanza e non più ai presidenti di Camera e
Senato. Ma ascoltiamo lo stesso Rumi al microfono di Adriana Masotti.
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R. – Siamo passati da una stagione
in cui la nomina del governo dell’ente era devoluta ai due presidenti delle
Camere, Pera e Casini, quindi a delle istituzioni, ad un nuovo dispositivo per
cui viene praticamente nominato dai partiti. Io non ce l’ho con la politica
come tale, non sono un qualunquista. Penso, tuttavia, che di fronte ad un ente
come la Rai i partiti avrebbero dovuto fare un passo indietro. Invece le
istituzioni Camera e Senato, ma poteva aggiungersi anche l’Accademia dei
Lincei, il Cnr o altri enti, avrebbero potuto nominare persone di qualità,
naturalmente di un certo indirizzo culturale e politico in senso ampio, ma non
uomini del potere e di potere. Io penso che quello che è accaduto sia molto
grave.
D. – Passare da cinque a nove
all’interno del Cda può voler dire qualcosa?
R. – No, può voler dire una più
calibrata lottizzazione. Partiti e piccoli partiti possono trovare la loro
rappresentanza. Si aumenta l’alchimia e non credo si favorisca la chiarezza.
Quello che mi preoccupa – ma mi preoccuperebbe sotto qualsiasi governo – è la
omogeneizzazione di sei principali canali televisivi ad un medesimo indirizzo
politico. Questo è preoccupante.
D. – Il proliferare dei canali non
potrà portare più pluralismo?
R. – In teoria sì, però se ci sono
sei canali che si mangiano il 70, l’80, il 90 per cento, e sono allineati, il
resto cosa vuole che faccia. Non ha la forza economica, la pubblicità
necessaria e così via. Quello che conta sono i sei colossi. Se questi vengono
omogeneizzati, questo crea qualche problema, qualunque sia l’omogeneizzazione:
azzurra o rosè.
D. – Non dovrebbe avere tutto lo
stesso colore, insomma…
R. – In pratica sì.
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Il Parlamento sudcoreano sembra
aver fatto una scelta significativa contro il presidente Roth Moo Hyun. Ha
annullato, infatti, con la maggioranza richiesta dei due terzi, il veto posto
dal capo dello Stato alla creazione di un procuratore indipendente su scandali
di corruzione. Roh è stato eletto nel dicembre 2002 sulla scia del forte
appoggio popolare al suo programma centrato anche sulla lotta alla corruzione.
Aveva motivato il suo no alla elezione di un procuratore indipendente con la
necessità di attendere la conclusione dell’inchiesta in corso su scandali di
corruzione che vedono implicati suoi ex collaboratori.
Paura in Georgia dopo l’attentato
di ieri sera all’edificio della tv di Stato, scosso da una violenta esplosione
poco prima dell’arrivo della neopresidente Burdzhanadze, attesa per una
intervista. Il ministro dell’Interno, Baramidze, ha confermato stamattina la
pista politica: un tentativo – ha detto – di far crescere la tensione in vista
delle elezioni di gennaio, quando il Paese dovrà scegliere il sostituto del
dimissionario Shevarnadze.
Il presidente lituano Paksas, al
centro di uno scandalo nel proprio Paese, ha rinviato la visita negli Stati
Uniti, prevista per lunedì 8 dicembre: dovrà infatti comparire davanti alla
Corte costituzionale, per rispondere delle accuse di collusione con la mafia.
Nel mirino delle indagini, la naturalizzazione del russo Jurijus Borisovas,
principale finanziatore della sua campagna elettorale, accusato di traffico
illegale di armi con il Sudan.
Un giovane di 20 anni, Zak Mullah,
è stato arrestato la scorsa notte a Sydney ed è comparso oggi in tribunale
imputato di aver programmato un’azione terroristica, un’accusa passibile di
ergastolo. E’ stato rinviato a giudizio in stato di arresto e dovrà ricomparire
in corte il 23 dicembre. Si tratta della prima imputazione formulata sotto la
nuova legge federale antiterrorismo e coincide con il rafforzamento delle
misure di sicurezza in 180 aeroporti regionali del Paese.
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