RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 335 - Testo della
Trasmissione di lunedì 1 dicembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cordoglio di Giovanni Paolo II per gli agenti spagnoli
uccisi in Iraq.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Prosegue a Roma la conferenza della FAO. Al centro dei lavori la
situazione alimentare mondiale
CHIESA E SOCIETA’:
In
Iraq le forze statunitensi uccidono 46 guerriglieri: nell’ attacco muoiono
anche 8 civili iracheni
48
ore per lasciare la Costa d’Avorio è l’ultimatum di un gruppo di militari ai
soldati francesi.
1
dicembre 2003
L’INVITO DEL PAPA ALLA PREGHIERA COMUNE PER LA
PACE E LA RICONCILIAZIONE,
IN UN MONDO CHE VIVE “TEMPI DIFFICILI”,
E’ STATO LEVATO OGGI NELL’UDIENZA AD UNA
DELEGAZIONE DEL CENTRO EBRAICO
“SIMON WIESENTHAL”
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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“In questi tempi difficili
preghiamo perché tutti i popoli si rafforzino nel loro impegno di reciproca
comprensione, di riconciliazione e di pace”. Con queste parole, Giovanni Paolo
II ha salutato questa mattina una delegazione del Simon Wiesenthal Centre, celebre
organizzazione non governativa ebraica consacrata alla preservazione della
memoria dell’Olocausto sul piano sociale, educativo e politico. Il Papa ha
ringraziato la delegazione accolta in Vaticano per il premio umanitario consegnatogli
dal Centro: un premio annuale, la cui edizione per il 2003 è stata attribuita
al Pontefice come segno di riconoscimento, recita la motivazione, per “la sua
amicizia verso il popolo ebraico”. Negli anni scorsi, il premio era stato
assegnato tra gli altri al Dalai Lama e all'allora re di Giordania, Hussein. Secondo
quanto riferito dalle agenzie, inoltre, il rabbino Marvin Hier, decano del Centro, ha chiesto
sostegno al Papa per l’avvio di una campagna internazionale che giunga a
dichiarare gli attacchi suicidi dei terroristi un “crimine contro l’umanità”.
L’organizzazione ebraica, fondata nel 1977, ha sedi in
tutto il mondo e conta 400 mila membri sparsi negli Stati Uniti, in Canada, in
Europa e in America Latina. Il Centro porta il nome dell’architetto viennese
che, sopravvissuto ai tredici campi di sterminio nazisti, ha speso la vita
nell’assicurare alla giustizia quanti si sono macchiati di crimini contro l’umanità
durante la Seconda guerra mondiale, facendo processare e condannare oltre 1.100
nazisti. Il Simon Wiesenthal Center è una organizzazione non governativa
accreditata presso l’Onu e l’Unesco, e combatte ovunque la discriminazione
razziale, il proliferare di gruppi estremisti neonazisti e il terrorismo.
Ultimamente il Centro si occupa anche dell’istigazione all’odio razziale su
Internet.
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DAL PAPA, I DOCENTI E GLI STUDENTI DEL
PONTIFICIO SEMINARIO FRANCESE
CHE
FESTEGGIA I 150 ANNI DALLA FONDAZIONE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un secolo e mezzo a servizio della “formazione integrale”
e della “maturazione umana, spirituale morale e intellettuale dei futuri
sacerdoti francesi”. E’ il compito svolto dal Pontificio seminario francese di
Roma, la cui comunità è stata ricevuta oggi da Giovanni Paolo II, in occasione
del 150.mo anniversario di fondazione dell’istituzione ecclesiastica. “La
formazione dei futuri preti è un compito essenziale della Chiesa, che richiama
l’attenzione dei vescovi”, ha ribadito nel suo saluto il Papa ai circa 70 - tra
docenti e studenti - presenti nella Sala Clementina. E rivolto ai seminaristi
ha aggiunto: “Approfittate di questa vostra tappa per lasciarvi condurre dal
Signore, con una grande docilità allo Spirito e una profonda obbedienza alla
Chiesa e ai suoi pastori”.
IL
CORDOGLIO DI GIOVANNI PAOLO II PER GLI AGENTI SPAGNOLI UCCISI IN IRAQ,
IN UN
TELEGRAMMA INVIATO AL PREMIER AZNAR
- A
cura dio Alessandro De Carolis -
Un invito a “pregare e a lavorare” perché nella “tanto
provata” regione irachena si possano creare, “quanto prima, le condizioni per
la normalità e per la pace”. E’ quanto si legge nel telegramma di cordoglio
inviato, a nome del Papa, dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, al
premier spagnolo José Maria Aznar, in seguito all’uccisione di sette agenti
spagnoli, avvenuta sabato scorso in Iraq. Nell’assicurare le preghiere e la
solidarietà ai familiari delle vittime, il telegramma sottolinea il carattere
pacifico della missione svolta dagli uomini coinvolti nella strage e ribadisce
la “ferma condanna” del Papa per il nuovo e “ingiustificabile atto di violenza,
che si aggiunge ai tanti genti crudeli perpetrati in quella tormentata
nazione”.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche alcuni vescovi francesi in visita
“ad Limina”.
Sempre oggi
il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Pavia presentata da mons. Giovanni Volta, per raggiunti limiti di età. Al suo
posto ha nominato mons. Giovanni Giudici, finora vescovo titolare di Usula e
ausiliare dell’arcivescovo di Milano. Mons. Giudici è nato a Varese il 6 marzo
1940. Laureato in Lingue e letterature straniere presso l'Università “Bocconi”
di Milano, è stato ordinato sacerdote nel 1964. Dal 1995 anni è membro della
Commissione CEI per il Laicato.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Non-violenza, perdono,
riconciliazione" sono le tre parole-chiave che aprono, con forte
evidenza, la prima pagina: nel primo Angelus di Avvento, il vigoroso
appello di Giovanni Paolo II ai responsabili delle grandi religioni ad unire le
forze per risvegliare nel mondo la speranza della pace.
Nelle vaticane, nel discorso
alla Comunità del Pontificio Seminario Francese di Roma, il Papa ha esortato a
lasciarsi guidare dal Signore con profonda obbedienza alla Chiesa e ai suoi
Pastori.
L'udienza di Giovanni Paolo II
alla Sezione Europea del "Simon Wiesenthal Centre" di Parigi.
L'omelia del cardinale Angelo
Sodano, Legato Pontificio, in occasione della celebrazione eucaristica, a
Savona, per il V centenario dell'elezione di Papa Giulio II.
L'omelia del cardinale
Crescenzio Sepe - Inviato Speciale del Santo Padre - a conclusione del II
Congresso Missionario Americano, a Città del Guatemala.
Il Messaggio del cardinale
Javier Lozano Barragan in occasione della Giornata Mondiale dell'Aids.
Nelle estere, riguardo all'Iraq
si sottolinea che sabato e domenica sono state giornate di terrore e di sangue,
che hanno concluso il tragico mese di novembre.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre per i sette spagnoli uccisi in un attentato perpetrato vicino a
Baghdad.
Nella pagina culturale, per la
rubrica "Incontri" il fotografo dell'"Osservatore Romano",
Arturo Mari, intervistato da Giuseppe Costa.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda del crollo - dovuto all'apertura di una voragine - di una
palazzina a Sant'Antimo, a Napoli.
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1 dicembre 2003
FIRMA
OGGI A GINEVRA DELL’ACCORDO DI PACE ALTERNATIVO
TRA PACIFISTI ISRELIANI ED ESPONENTI
PALESTINESI
- Intervista con Marcella Emiliani -
Tre
palestinesi armati sono rimasti uccisi stamane a Ramallah, in Cisgiordania,
durante l’incursione israeliana alla ricerca di estremisti palestinesi. Un bambino di nove anni, ferito accidentalmente
durante l’incursione, è deceduto invece pochi minuti fa. Decine gli arrestati. Si
fa problematico pensare a un incontro
tra Sharon e Abu Ala dopo che Israele ha ribadito all'inviato degli Stati Uniti, Burns, che la costruzione del
'muro' in Cisgiordania andrà avanti e
non sarà accolta la richiesta palestinese di cessare i lavori per facilitare
l'incontro. Mancano poche ore, invece, alla cerimonia per il varo
dell'Iniziativa di Ginevra per la pace in Medio oriente, l'intesa negoziata da personalità israeliane e palestinesi
senza il mandato delle rispettive autorità. Solo in extremis, e dietro
pressioni del presidente egiziano
Mubarak, Arafat ha autorizzato due esponenti del suo movimento Al Fatah a
partire per Ginevra. L’iniziativa raccoglierà
oggi a Ginevra centinaia di personalità tra cui l'ex presidente americano Jimmy Carter. Ha già espresso il proprio
appoggio l'alto rappresentante per la
politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, Javier Solana. Resta forte però l’opposizione di molti,
come spiega nel servizio Graziano Motta:
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Il piano viene
respinto dalla maggioranza parlamentare confessionale e nazionalista, che
denuncia i suoi principi basilari, quali: la definizione delle frontiere sulla
linea dell’armistizio del 1948; lo smantellamento di quasi tutti gli
insediamenti di coloni nei territori occupati nella guerra del ’67; e la
rinuncia israeliana alla sovranità sulla parte araba di Gerusalemme e sulla
spianata dell’antico tempio ebraico dove adesso sorgono le moschee, preludio
alla divisione della città santa, alle tre religioni monoteiste. Il piano è
considerato nullo dal governo Sharon perché formulato al di fuori dei canali
istituzionali e perché – sostiene – incoraggia il terrorismo. Nel compromesso
accettato dai palestinesi vi è la rinuncia al diritto al ritorno dei profughi,
delle guerre del ’48 e del ’67, alle loro case in territorio israeliano. E per
questo il patto è stato contestato da molti membri di Al Fatah, anche con
manifestazioni di piazza. Nel tentativo di comporre le divisioni, Arafat ha
inviato alla cerimonia di Ginevra il suo consigliere per la sicurezza, Yibril
Rayub, e due ministri. Vi assisteranno alcune centinaia di pacifisti palestinesi
e di israeliani, fra cui personalità della cultura, nonché esponenti di
rappresentanti di Paesi arabi moderati, per testimoniare tutti che il dialogo
di pace è possibile anche dopo più di 3 anni di violenza e di morte.
Per Radio Vaticana,
Graziano Motta.
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L’intesa
di Ginevra può considerarsi un percorso verso la pace in Medio Oriente come la
Road Map? Giada Aquilino lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Relazioni
Internazionali del Medio Oriente all’Università di Bologna:
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R. – Assolutamente
no. Questa cosiddetta Dichiarazione di Ginevra è una iniziativa che è stata
presa da politici, che certamente hanno ricoperto ruoli importanti in passato, ma
va ad intendersi come una iniziativa al di fuori della politica ufficiale ed avanzata
dalla società civile.
D. – Quindi quanto
vale l’intesa di Ginevra rispetto alla Road Map?
R. – I due progetti
non sono minimamente comparabili, nel senso che la Road Map è il piano
ufficiale sponsorizzato – come sappiamo – da Stati Uniti, Unione Europea,
Russia ed Onu. La cosa più importante qui è che la società civile si fa sentire
attraverso un documento del genere e soprattutto spezza quel fronte di odio e
di guerra che sembra ormai il destino a cui vanno incontro israeliani e
palestinesi. E’ quindi un segnale forte per influenzare la politica.
D. – Tra i punti
dell’Accordo di Ginevra c’è la spartizione di Gerusalemme. Quali problemi si
innescherebbero per esempio sul controllo dei Luoghi Santi?
R. - Con questa
proposta viene riconosciuta, comunque, una sovranità pale-stinese su
Gerusalemme Est, naturalmente con il pieno rispetto per la libertà di culto per
tutte le religioni. Il problema è che esiste una legge fondamentale cioè
costituzionale dello Stato di Israele del 1980 che recita: “Israele è la
capitale unita ed indivisibile dello Stato”.
D. – Il testo non
accenna a scadenze e modi per la fine delle violenze, perché?
R. – Non può
impegnare nessuno quel testo, non impegna neanche l’Autonomia Nazionale
Palestinese, figurarsi se impegna le organizzazioni come Hamas e Jihad
Islamica, che peraltro non riconoscono neanche l’Autorità Nazionale
Palestinese. Il primo a dire che non impegna nessuno è lo stesso primo ministro
israeliano Sharon. Rappresenta quindi la speranza e la volontà che si arrivi ad
una pace. Quella è una piattaforma praticabile, sempre però se qualcuno la pace
la vuole fare, perché se la si vuole fare anche nella Road Map sono previste
delle modalità.
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OGGI
LA GIORNATA MONDIALE DI LOTTA CONTRO L’AIDS
- Intervista
con Rainard Gluck, Aldo Morrone e il cardinale Javier Lozano Barragan -
“Vivi e lascia vivere” questa la sfida dell’odierna
giornata mondiale di lotta contro l’AIDS, istituita dalle Nazioni Unite nel
1988. Il tema della campagna di quest’anno riprende quello per il 2002–2003 e
punta ad eliminare la discriminazione considerata tra i principali ostacoli
alla prevenzione e alla cura di una malattia, che secondo le stime
dell’Unicef-Unaids nel 2010 avrà reso
orfani almeno 25 milioni di bambini. Il servizio di Massimiliano Menichetti.
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“Il virus avanza inesorabilmente ed il mondo non fa ancora
abbastanza contro l’Aids”. Così, in sintesi, il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per la giornata odierna, ha
sottolineato l’urgenza di un maggiore impegno da parte di tutti i governi per
debellare questa piaga dell’umanità. Sono circa 40 milioni, secondo l’ultimo
rapporto delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le
persone nel mondo che hanno contratto la patologia. Le popolazioni più colpite:
quelle dell’Africa subsahariana e l’Asia. Preoccupante anche la situazione
dell’Europa dell’est. La speranza adesso viene dall’Italia. E’ infatti in
sperimentazione un nuovo vaccino. Ma si potrà debellare la patologia? Rainard
Gluck, virologo e consulente dell’Oms:
“C’è sempre una speranza. Deve esserci una speranza. Penso
che sia molto importante questa sperimentazione che hanno iniziato gli
italiani. E’ una via alternativa. Ma dobbiamo essere cauti, perché questo molto
probabilmente è solo il primo passo”.
Il tema della Giornata di quest’anno è incentrato sulla
solidarietà e la non discriminazione nei confronti di chi ha contratto il
virus. Ma quale significato hanno iniziative come questa? Ancora Rainard Gluck:
“Penso sia importante avere una tale Giornata, perché
tanti hanno dimenticato il gran pericolo di questo virus. Pensiamo di averlo
sottocontrollo attraverso queste medicine, ma non è affatto vero. Miglioriamo
solo lo stato di questi pazienti, ma sono sempre malati”.
In Europa ed in America il numero dei morti da Aids è in costante
diminuzione e questo grazie ai farmaci che prolungano l’aspettativa di vita. Ma
nei Paesi poveri il dato è in costante aumento. Aldo Morrone, primario del San
Gallicano di Roma, più volte in missione in Africa:
“Dobbiamo avere più coraggio. Le aziende farmaceutiche
internazionali, le politiche economiche dei Paesi ricchi devono darsi una
scrollata, devono avere più coraggio nel decidere che investire sulla salute di
questi Paesi vuol dire investire sulla salute di tutto il pianeta. Finché
quest’idea non sarà chiara, ci sarà sempre una mancanza di coraggio”.
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Il Pontificio Consiglio per la pastorale della salute ha
pubblicato un messaggio per la Giornata Mondiale di lotta contro l’AIDS in cui
è contenuto un appello: ascoltiamo il cardinale Javier Lozano Barragan,
presidente del dicastero, al microfono di Giovanni Peduto.
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R. – L’appello è di
avere cura di tutti i malati di Aids e di operare molto nella prevenzione e
nell’accompagnamento dei malati; di migliorare le condizioni di povertà nella
quale si trova tanta gente, che è una delle cause dell’Aids. L’appello è poi
rivolto a tutti coloro che hanno l’Aids perché offrano la loro sofferenza al
Signore Gesù.
D. – Eminenza, cosa
dire sulla prevenzione?
R. – Conosciamo le
vie di trasmissione della malattia si può: i rapporti sessuali, il sangue e la
trasmissione madre-figlio. Riguardo ai rapporti sessuali la fedeltà e
l’astinenza sono l’unica maniera di far fronte a questa malattia. Se la coppia
rimane fedele non c’é il problema dell’Aids. Se anche durante il fidanzamento i
giovani rispettano la legge del Signore, allora l’Aids non esiste.
D. – A volte la
posizione della Chiesa viene criticata…
R. – Penso che la
legge di Dio venga criticata spesso...
D. – La questione
del diritto dei malati ai farmaci…
R. – Si deve fare
in maniera che tutti possano accedere ai farmaci antiretrovirali.
D. – Spesso i
malati di Aids sono emarginati e discriminati…
R. – Perciò il
nostro appello è che si pensi a loro come ai più piccoli nei quali il Cristo è
presente e Lui ci dirà se abbiamo soccorso o no questi malati.
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PROSEGUE
A ROMA LA CONFERENZA DELLA FAO
-
Servizio di Dorotea Gambardella -
Prosegue
a Roma la conferenza della FAO. Al centro dei lavori la situazione alimentare
mondiale: tra il 95 e il 2001 il numero
delle persone malnutrite nei Paesi in via di sviluppo è aumentato di 18 milioni.
In totale negli ultimi 10 anni sono state 842 milioni le persone che hanno
sofferto per carenza di cibo: di esse il 60% in Asia e nell’area del pacifico e
il 24% nell’Africa subsahariana. Ma ascoltiamo il servizio di Dorotea
Gambardella.
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E’
questo il quadro disegnato dal segretario generale della Fao, Jacques Diouf,
che ha parlato di un’evoluzione preoccupante, considerando l’impegno della
comunità internazionale per risolvere il problema della fame nel mondo; la sua
capacità di produrre cibo sufficiente per la popolazione mondiale; la
possibilità di utilizzare i media per sapere esattamente dove si registrano le
emergenze, nonché di distribuire gli alimenti ovunque con rapidità.
Dal Rapporto della Fao emerge
inoltre che nel settembre scorso sono stati 38 i Paesi costretti a combattere
contro una seria carenza di cibo. Tra i fattori che l’hanno determinata anche
il propagarsi dell’Aids. L’impatto del virus da Hiv - ha sottolineato infatti
Diouf – dal ’99 al 2001 ha provocato la morte di otto milioni di agricoltori,
numero che si prevede sarà duplicato se non si porranno rimedi efficaci entro
il 2020. Ma vi sono anche le responsabilità degli uomini, conflitti ed
instabilità economica in testa, con un’incidenza del 35 per cento. Negli ultimi
due anni si è registrato inoltre un calo degli aiuti alimentari di 7,4 milioni
di tonnellate, il livello più basso dal ’98-’99. Sul fronte agricoltura, dallo
studio dell’Organizzazione, si evince che negli ultimi tre anni la produzione è
sensibilmente diminuita. Tra le cause che hanno provocato la flessione,
soprattutto nell’est asiatico e nel nord Africa, le condizioni climatiche
sempre più instabili. Particolarmente critico il settore dei cereali, la cui
produzione, che pure fornisce il 48 per cento del fabbisogno calorico in più
della metà dei Paesi in via di sviluppo, è in costante diminuzione dal 1996.
Negativi anche i dati
sull’assistenza esterna al settore agricolo, sensibilmente contratta negli
ultimi tre anni, soprattutto nell’area subsahariana. In questo scenario, si
innesta il piano di azione della Fao, già approvato nella precedente Conferenza
mondiale, i cui obiettivi sono: assistere gli Stati membri nei loro sforzi
volti a favorire un accesso più equo per uomini e donne ad un cibo nutrizionalmente adeguato, sicuro e sufficiente; a sostenerli
nel loro impegno per un accesso paritario nel controllo e la gestione delle
risorse agricole; nel promuovere l’impiego nelle aree rurali ed una politica di
settore più equa sia per gli uomini, sia per le donne.
Dal Palazzo della Fao di Roma,
Dorotea Gambardella, per la Radio Vaticana.
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AL VIA
A MILANO LA IX CONFERENZA DELL’ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
-
Intervista col ministro Altero Matteoli -
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Un appuntamento considerato
decisivo per l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il trattato
internazionale che introduce misure per il contenimento dell’emissione del gas
serra ritenuto responsabile del riscaldamento globale e dei mutamenti del
clima. Fino al 12 dicembre prossimo, quasi 6 mila tra delegati governativi di
agenzie intergovernative e rappresentanti di associazioni ambientaliste si
incontreranno alla Fiera di Milano per verificare lo stato della ratifica del
Protocollo di Kyoto, dei meccanismi finanziari della Convenzione, dello
sviluppo e del trasferimento delle tecnologie e dei problemi legati ai Paesi
meno sviluppati. In agenda anche l’audizione dei singoli Stati che faranno il
punto sullo stato delle loro emissioni nei singoli Paesi.
L’obiettivo principale – ciò che
segnerebbe un successo totale – sarebbe ottenere la firma di Stati Uniti e
Russia che ancora manca, al Protocollo di Kyoto e dare così un impulso decisivo
all’abbassamento dell’emissione di anidride carbonica, disperso nell’ambiente.
L’appuntamento di Milano può
dunque segnare un passo decisivo verso il raggiungimento degli obiettivi
fissati dal Protocollo di Kyoto. La parola al ministro italiano dell’ambiente,
Altero Matteoli:
“A
mio avviso sì, perché a Milano si può anche in qualche modo rispondere ai
tentennamenti della Russia sulla ratifica del Protocollo di Kyoto; e a seconda
di come si svolgeranno i lavori, siccome la Russia non ha mai detto che non
vuole ratificare, molto probabilmente sarà anche una pressione verso quel
Paese”.
Delle 188 Nazioni che partecipano
a questo summit milanese, si segnalano come più virtuose nella riduzione di gas-serra
la Germania, con meno il 21%, il Lussemburgo - meno 28% - Austria, meno 13% e
Regno Uniti meno 12,5% mentre l’Italia, rispetto al Protocollo di Kyoto, è a
quota meno 6,5%. Ci sono però Paesi come la Grecia ed il Portogallo che hanno
aumentato le loro emissioni rispettivamente del 25% e del 27%.
I ministri dell’ambiente si
riuniranno a Milano il 10 e 11 dicembre
per adottare una dichiarazione congiunta da approvare il 12 dicembre.
Da Milano, per la Radio Vaticana,
Fabio Brenna.
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PRESENTATO
A ROMA UN LIBRO SU SANTA FAUSTINA KOWALSKA,
LA MISTICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
-
Intervista con il cardinale Camillo Ruini e l’autrice Ludmila Grygiel -
E’
stato presentato nei giorni scorsi a Roma presso la Pontificia Università Lateranense
il libro “Misericordia Divina per il mondo intero. La mistica di Santa Faustina
Kowalska” scritto da Ludmila Grygiel per le Edizioni Cantagalli. Il volume, che
si avvale dell’introduzione del cardinale Camillo Ruini, intende spiegare il
messaggio della Santa polacca attraverso una rilettura del suo Diario e di
alcuni brani dell’Epistolario. Ascoltiamo Ludmila Grygiel al microfono di Maria
Di Maggio.
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R. – Nel mio libro
cerco soltanto di spiegare, quasi di raccontare il suo diario, mettendovi un
po’ di ordine, perché lei ha scritto in diversi periodi: poi a un certo punto ha
distrutto il diario, poi lo ha ripreso. Cerco anche di mettere in rilievo la
parte centrale, che spiega proprio tutta la dinamica della Divina misericordia
verso l’uomo, verso ogni singola persona e verso il mondo intero. Penso che poi
sia il lettore a dover trarre le conseguenze ...
D. – Il diario di
Santa Faustina è molto diffuso tra i giovani d’oggi. Si tratta però di una
mistica, quindi non sempre di immediata e facile lettura. Come spiega questa
estrema popolarità di Santa Faustina tra i giovani?
R. – Io penso che i
giovani cercano nel diario quello che è il tema centrale del diario stesso,
cioè cercano di capire Dio nella sua grande, immensa misericordia. Perché i
giovani cercano questa tenerezza di Dio, cercano l’espressione dell’amore di
Dio, e penso che nel diario la trovano!
D. – Ma qual è
l’attualità del messaggio di Santa Faustina Kowalska? Lo abbiamo chiesto al
cardinale Camillo Ruini:
R. – Il messaggio
da una parte è sempre attuale, perché la misericordia di Dio è il centro del
Vangelo, è qualcosa che vale sempre, come Dio in eterno è amore. Ma c’è
un’attualità specifica per il nostro tempo che, fondamentalmente, è quella
stessa che già Giovanni Paolo II nell’enciclica Dives in Misericordia designava
e presentava per il secolo XX, dicendo che l’uomo del secolo XX da una parte ha
difficoltà ad aprirsi alla misericordia, ad accettare il concetto stesso di
misericordia, perché pensa erroneamente che la misericordia contraddica la sua
autonomia, la sua razionalità, la sua sete di giustizia. Mentre, in realtà, non
c’ è giustizia piena senza apertura alla misericordia. Questo vale in
profondità per il secolo che è appena iniziato, almeno da quello che abbiamo
potuto vedere in questi primi anni, simbolicamente a partire dall’11 settembre
2001. Si è visto e si vede come soltanto se sapremo dare un’impronta nuova al
corso della storia, fidandoci della misericordia di Dio e cercando di renderla
operativa, per così dire, nella nostra vita personale, sociale e anche
mondiale, l’umanità potrà avere un futuro come desidera avere.
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1 dicembre 2003
CON UN
RINNOVATO APPELLO PER LA MISSIONE AD GENTES,
SI E’ CHIUSO IN GUATEMALA IL CONGRESSO
MISSIONARIO AMERICANO.
TRA I
FRUTTI DEL CONGRESSO, LA CREAZIONE DI UN CENTRO DI FORMAZIONE
E
ANIMAZIONE MISSIONARIA. PROSSIMO INCONTRO IN ECUADOR NEL 2007
- A
cura di Alessandro Gisotti -
*********
CITTA’
DEL GUATEMALA.= “Non possiamo tacere su ciò che abbiamo visto e sentito”: è
questo il significativo titolo del messaggio finale del Cam2, il Congresso
missionario americano, conclusosi ieri a Città del Guatemala. Incontro a cui ha
preso parte il cardinale Crescenzio Sepe, nella veste di inviato speciale del
Papa. Nei giorni di congresso, sottolinea il documento, si è “sperimentata
l’unità fondamentale” nella fede e nella carità. In questo periodo, prosegue,
“la povertà sta colpendo duramente i popoli centroamericani”. Tuttavia, seppure
“poveri di beni materiali, hanno la ricchezza immensa della fede”. E’ allora
necessario dare “impulso alla missione” ad gentes nell’annuncio del
Vangelo, anche al di là delle frontiere del continente americano. La missione,
si legge ancora, “è una vocazione alla santità”. Il messaggio non manca,
d’altro canto, di ricordare il sacrificio dei numerosi martiri laici e
religiosi latinoamericani, tra cui in particolare mons. Romero e mons. Gerardi.
Pregando con le popolazioni indigene del Guatemala, evidenziano i partecipanti
al Congresso, “abbiamo riaffermato il convincimento che il Regno di Dio nasce
nei cuori dalla povertà e dal martirio”. Non possiamo dimenticare, si afferma,
inoltre, che la metà dei cattolici del mondo vivono nel continente americano.
Proprio per questo, è stato assunto l’impegno a creare in America un centro per
la formazione e l’animazione dei missionari. Al termine dell’incontro è stato
annunciato che l’ottavo congresso missionario Latinoamericano (Comla8) e il
terzo Congresso americano missionario (Cam3) si terranno in Ecuador nel 2007.
*********
DEPLORIAMO PROFONDAMENTE GLI ATTI TERRORISTICI CHE
HANNO SCONVOLTO LA TURCHIA. COSI’ IERI IL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI,
BARTOLOMEO I,
CHIUDENDO LE CELEBRAZIONI PER LA FESTA DI
SANT’ANDREA
ISTANBUL.= Nei
tragici attentati di Istanbul del 15 e 20 novembre “tanti innocenti, nostri
fratelli, hanno perso la vita, mentre tantissimi altri sono rimasti feriti.
Atti di questo tipo, sotto qualsiasi idea, ideale o qualifica si nascondano, li
accomuniamo sotto un solo nome: “terrorismo”, e li deploriamo profondamente”.
Così ieri il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, rivolgendosi alle
autorità civili e religiose presenti in Turchia per la festa di sant’Andrea, fondatore e patrono della Chiesa
di Costantinopoli. Nel suo discorso al Fanar, sede
del Patriarcato ecumenico, Bartolomeo I ha poi sottolineato che le radici
dell’odio vanno ricercate nel fanatismo, nell’intolleranza e nella mentalità di
scontro. “Consci che affinché il dialogo possa dare buoni frutti è necessario
un equilibrio tra le parti ad ogni livello - ha concluso il Patriarca - ci
impegniamo ad impedire l’ingiusta distribuzione dei beni e la spaccatura, ogni
giorno più evidente, fra il nord e il sud del mondo”. Presente ieri alle
celebrazioni anche una delegazione del Vaticano. Sant’Andrea, infatti, è fratello dell’apostolo San
Pietro ed è tradizione l’invio di delegazioni tra il Patriarcato di Costantinopoli
e la Santa Sede, in occasione delle due festività di San Pietro, il 29 giugno,
e di Sant’Andrea, il 30 novembre, con uno scambio di messaggi tra il Papa e il
Patriarca ecumenico. (B.C.)
CON
UNA SOLENNE CERIMONIA IN CATTEDRALE, LA DIOCESI DI VICENZA
HA
ACCOLTO IERI IL SUO NUOVO PASTORE, L’ARCIVESCOVO CESARE NOSIGLIA
- A
cura di Silvio Scacco -
*********
VICENZA.=
L’arcivescovo Cesare Nosiglia, proveniente dalla diocesi di Roma, dove ha
ricoperto l’incarico di vicegerente e ausiliare del settore Est dal 1996, di
fatto, ha già iniziato da giorni il suo servizio pastorale in terra vicentina
con una ricca serie di appuntamenti ufficiali e privati. Il più importante lo
ha vissuto con la festosa e sincera accoglienza che gli hanno riservato oltre 3
mila giovani nell’incontro di giovedì sera presso il Santuario mariano di
Monteberico. In cattedrale, per il rito d’ingresso, mons. Nosiglia ha ricevuto
il pastorale dalle mani del predecessore e amministratore apostolico, mons.
Nonis, il quale ora sarà vescovo emerito di Vicenza. Ad accompagnare il nuovo
pastore nel suo ingresso ufficiale vi erano anche il patriarca di Venezia,
cardinale Angelo Scola, il porporato vicentino, cardinale Agostino
Cacciavillan, e l’arcivescovo vicentino mons. Agostino Marchetto; con loro, i
vescovi delle diocesi del Triveneto ed altri presuli provenienti da Roma.
Nell’omelia, l’annuncio della priorità di un progetto pastorale già ben
delineato: “Migliorare ciò che già facciamo - ha detto il nuovo vescovo di Vicenza
all’omelia - ma occorre anche un supplemento di creatività e di coraggio nel
cercare vie e modalità nuove di evangelizzazione, per raggiungere con
l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo ogni persona dentro le esperienze
concrete che più la preoccupano e la interessano: gli affetti, il lavoro, lo
studio, l’amicizia, la sofferenza, la vita sociale e il tempo libero. Facendoci
presenti, dunque, e vicini nelle case, negli ambienti di lavoro, nella scuola,
negli ospedali e perfino sulla strada, se necessario”.
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UNA MANO
TESA PER I BAMBINI DEL PERU’. SIGLATO GIOVEDI’ SCORSO UN ACCORDO
DI
COLLABORAZIONE TRA LA CONFERENZA EPISCOPALE LOCALE E L’UNICEF
LIMA. =
Ricercare progetti per la difesa dei diritti dei bambini e degli adolescenti,
alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. E’ l’obiettivo che si prefigge
l’accordo di collaborazione stipulato, il 27 novembre scorso, tra la Conferenza
Episcopale Peruviana e il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF). Il
Patto è stato siglato sulla base dei principi delle Nazioni Unite sui Diritti
del bambino e il Codice del bambino e dell’adolescente della legislazione
peruviana. “La Chiesa cattolica - ha detto mons. José Hugo Garaycoan Hawkins,
vescovo di Tacna y Moquegua - si augura di promuovere il lavoro degli operatori
pastorali in tutte le diocesi del paese, al fine di sviluppare centri di
protezione per i bambini e per gli adolescenti in stato di abbandono”. Il
presidente della Conferenza Episcopale peruviana ha, inoltre, ringraziato
l’Unicef per l’aiuto offerto e ha espresso parole di compiacimento per
l’importante lavoro che sta portando avanti la rete della Chiesa, promossa
dalla pastorale dell’Infanzia della CEP, che raccoglie le denunce sugli abusi
dei minori a livello nazionale. (B.C.)
SEGNI
DI APERTURA DEMOCRATICA IN CINA.
E’
TORNATA IN LIBERTA’ OGGI LA ‘CYBER DISSIDENTE’ LIU DI,
PECHINO. = E’ tornata in
libertà Liu Di, una studentessa cinese 23.enne detenuta da più di un anno in
una prigione di Pechino. La notizia è stata diffusa stamani dal “Centro
d’informazione per i diritti dell'uomo e la democrazia”, con sede a Hong Kong.
La ragazza, che navigava nel Web sotto lo pseudonimo di ‘Mouse d’acciaio senza
macchia’, era stata arrestata il 7 novembre 2002, con l’accusa di aver pubblicato
in rete degli scritti con i quali contestava le limitazioni imposte dal governo
alle informazioni che circolano su Internet. La scarcerazione di Liu era stata
chiesta all’inizio del mese di novembre 2003 dalla stessa magistratura cinese,
per mancanza di prove a carico della ragazza. Questo provvedimenti, fa notare
l’organizzazione di Hong Kong, sono stati adottati a una settimana dal viaggio
in America del primo ministro Wen Jiabao e il loro significato potrebbe essere
quello di mostrare una qualche apertura democratica al governo di Washington.
(B.C.)
ALLARME
AMBIENTE IN ECUADOR, PERU’ E BOLIVIA.
SECONDO
QUANTO RIFERISCE UN RAPPORTO DEL WWF,
LO
SCIOGLIMENTO GHIACCI MINACCIA I TRE PAESI ANDINI
BERNA. = Ecuador, Perú e
Bolivia si trovano “nelle regioni del pianeta più minacciate dalla scomparsa
dei ghiacciai”, provocata dall’effetto serra e dal conseguente surriscaldamento
globale. Lo sostiene uno studio dell’associazione ecologista Wwf (Fondo
mondiale per la natura). Le Ande settentrionali, si legge nel testo, “hanno la
maggior concentrazione di ghiacciai delle zone tropicali. La loro superficie si
sta riducendo sensibilmente”. Per i tre Paesi andini il pericolo è immediato,
denuncia il Wwf, in quanto l’acqua che proviene da quelli che una volta erano considerati
ghiacci eterni è “in sostanza, l’unica fonte di approvvigionamento idrico per
le principali città durante la stagione secca”. Il ghiacciaio di Chacaltaya, in
Bolivia, “alla metà degli anni Novanta aveva perso quasi la metà della sua superficie
e i due terzi del volume e potrebbe scomparire del tutto entro il 2010”, si
legge nel rapporto dell’organizzazione internazionale con base in Svizzera.
Stesso allarme in Perú, dove il ghiacciaio di Yanamarey “si è ridotto di un
quarto negli ultimi cinquant’anni” mentre quelli di Uruashraju e Broggi “sono
diminuiti tra il 40 e il 50 per cento tra il 1948 e il 1990”. In Ecuador,
infine, “il ghiacciaio di Antizana negli anni Novanta è retrocesso sette o otto
volte più rapidamente che in tutta la sua storia”. (B.C.)
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1
dicembre 2003
- A cura di Fausta Speranza -
Sono giornate di estrema
violenza quelle che si stanno vivendo in Iraq dove la guerriglia fedele a
Saddam Hussein continua a colpire la presenza straniera. E ieri, gli Usa hanno
risposto alle ultime violenze, lanciando un raid 100 chilometri a Nord di
Baghdad. Le conseguenze nel servizio di Amedeo Lomonaco:
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E’ salito a 54 persone il bilancio delle vittime della
drammatica battaglia avvenuta ieri a Samarra, città situata nel cosiddetto
“triangolo sunnita” a Nord di Baghdad, tra feddayn iracheni e soldati
americani: oltre a 46 guerriglieri fedeli a Saddam Hussein sono infatti stati uccisi anche otto civili iracheni, tra cui una donna e un bambino. Lo ha riferito un portavoce
militare americano aggiungendo che lo scontro, durante il quale sono anche
rimasti feriti 5 soldati statunitensi e 18 feddayn, ha avuto inizio quando due
convogli americani sono stati attaccati con mortai, granate e armi leggere. A
questo agguato è seguita la risposta dei militari statunitensi che hanno
distrutto gli edifici dove si trovavano i guerriglieri. Nell’ambito
dell’offensiva americana contro la resistenza
irachena, sono stati inoltre catturati, nei pressi di Mossul, tre
presunti membri dell'organizzazione terroristica di Al Qaida. Il grave episodio
di violenza di Samarra si aggiunge ai drammatici attentati costati la vita, in
questo tragico fine settimana, a sette funzionari dei servizi di intelligence
spagnoli, due diplomatici giapponesi, due tecnici sudcoreani, un funzionario
colombiano e due militari statunitensi. Resta ancora da verificare
l’ipotesi di un possibile collegamento
fra questi attacchi. Per partecipare al processo di ricostruzione dell’Iraq, il
Giappone e la Corea del Sud hanno ribadito la ferma determinazione a mantenere
gli impegni presi per l’invio di civili e militari nel Paese arabo.
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48 ore per lasciare la Costa
d’Avorio: è l’ultimatum lanciato, ieri sera, da un gruppo di militari ivoriani
ai soldati francesi dislocati nel Paese africano per evitare nuovi scontri fra
le forze governative e i ribelli, dopo la crisi politico-militare cominciata
nel settembre 2002. Un gruppo di soldati in divisa è apparso in diretta alla
televisione nazionale per chiedere le dimissioni del capo di stato maggiore, il
generale Mathias Doue. Ma quale attendibilità si può riconoscere all’ultimatum
dei militari? Giancarlo La Vella, lo ha chiesto a padre Giovanni De Franceschi,
missionario del Pime a Bouaké, seconda città della Costa d’Avorio:
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R. – Non è chiaro tutto quello
che è capitato. Si fa vedere, da una parte, che non si vuole più l’esercito
francese ma, dall’altra, il presidente della Repubblica vuole dimostrare che ha
veramente bisogno dell’esercito francese per raggiungere la pace. Il portavoce
del presidente ha detto questa mattina che non dipende dai militari rinviare
l’esercito francese dalla Costa d’Avorio, ma piuttosto, dal momento che è stato
il presidente stesso a chiamare l’esercito, è lui che decide. L’ultimatum è stato presentato da un piccolo
gruppo di militari che non si sa neanche da dove siano usciti. Non si sa con
l’approvazione di chi e a nome di chi abbiano parlato.
D. – Com’è l’atteggiamento degli
ivoriani nei confronti delle forze francesi, che sono venute per tutelare la
pace?
R. – Le forze regolari criticano
l’atteggiamento delle truppe francesi perché stanno con i ribelli. I ribelli
criticano le forze francesi perché stanno con il governo. Si trovano quindi in
una situazione veramente difficile. Ciascuno cerca di tirare l’acqua al proprio
mulino.
D. – In che stato vive la
popolazione civile?
R. – E’ veramente scoraggiata
perché non vede alcuna via di uscita. Hanno difficoltà materiali e morali, si
sentono veramente lasciati soli. Gruppi incontrollati continuano a rubare e a
saccheggiare. Siamo in uno stato di insicurezza totale.
D. – In questa situazione qual è
il ruolo della Chiesa locale e di voi missionari?
R. – Il nostro ruolo è quello di
stare accanto alla gente, per aiutarla materialmente fin dove possiamo. E poi
cerchiamo di incoraggiarla a sperare e naturalmente a pregare. In politica non
possiamo entrare, nel senso che non possiamo assolutamente schierarci da una
parte o dall’altra perché vediamo che ci sono dei mali da una parte e
dall’altra. Sono stato in una cittadina a circa trenta chilometri da qui, dove
ci sono state manifestazioni abbastanza forti contro l’esercito francese: io ho
osato chiedere cosa volessero. Mi è stato risposto: vogliono che i bianchi se
ne vadano. Noi missionari stranieri dobbiamo quindi stare molto attenti, fare
tranquillamente il nostro lavoro.
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Dopo il successo degli unionisti intransigenti di Ian Paisley alle elezioni
di mercoledì in Irlanda del Nord, il governo di Londra è impegnato a difendere
gli accordi del 1998 con l’intento di vedere ripristinate, il prima possibile,
le istituzioni politiche autonome della
provincia. Paisley, leader del
Democratic Unionist Party che ha conquistato 30 seggi ed e' diventato il piu' grande partito protestante
della provincia, si dice intenzionato a
cestinare quella che si ricorda come l’intesa del Venerdì Santo. Murphy, ministro di Londra, ha incontrato
separatamente, vicino Belfast, l'ex
primo ministro David Trimble
dell'Ulster Unionist Party; il repubblicano Gerry Adams, presidente
dello Sinn Fein ed il nazionalista Mark Durkan del Social Democratic and Labour Party. Nei prossimi giorni vedrà lo stesso Paisley. Il servizio di Enzo
Farinella:
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Il
primo ministro irlandese, Bertie Ahern, ha invitato il leader Ian Paisley e il
suo vice, Peter Robinson, a Dublino. Secondo il premier Ahern la revisione
dell’accordo del Venerdì Santo, che dovrebbe aver luogo all’inizio del nuovo
anno, potrebbe risolvere alcune difficoltà poste dal risultato delle elezioni
della settimana scorsa e dall’intransigenza dei democratici unionisti. Peter
Robinson, a sua volta, ha dichiarato che, se i paramilitari dell’Ira dovessero
distruggere le loro armi e sciogliere la loro organizzazione, potrebbe parlare
allora con i nazionalisti di Jerry Adams. Il leader del Sinn Fein si augura che
nell’incertezza dell’assemblea, i due governi – inglese ed irlandese – possano
apportare le riforme soprattutto nel campo della giustizia, dei diritti umani,
dell’uguaglianza e della smilitarizzazione del territorio.
Da Dublino, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.
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Oltre
93 milioni di elettori sono chiamati
alle urne oggi in quattro grandi stati dell'India per uno scrutinio regionale che verrà letto come prova generale
dei due principali partiti prima delle elezioni nazionali previste nel
2004. Oltre 102mila i seggi aperti nel
Madhya Pradesh e Chattisgarth, nel
centro del paese, nel Rajasthan, nel nord
ovest, e a New Delhi, capitale dell'Unione indiana. Il Partito del
Congresso di Sonia Gandhi, che guida
l'opposizione a livello federale, e' al potere in questi quattro stati, dove sono in lizza 5.348 candidati
per 590 seggi di deputato regionale. I risultati saranno annunciati giovedi'
prossimo. Anche per il Bharatiya Janata (Bjp,nazionalista indu') del primo
ministro federale Atal Behari Vajpayee queste elezioni rappresentano un test cruciale.
E
guardiamo all’India nei suoi rapporti con il Pakistan: saranno ripresi i
collegamenti aerei che erano stati sospesi dopo l'attentato contro il
parlamento indiano del dicembre 2001 che
aveva portato i due paesi sull'orlo di un nuovo conflitto. La decisione
e' stata presa stamane a New Delhi dalla commissione congiunta incaricata di
trattare la questione e il primo volo potrebbe essere effettuato il primo gennaio. Nei mesi scorsi era stata
ripristinata la corriera che collega
ogni giorno New Delhi con la citta' pachistana di Lahore. Dalla settimana scorsa India e Pakistan rispettano
un cessate-il-fuoco sulla Linea di
controllo che divide la parte indiana del Kashmir da quella pachistana.
La situazione politica in
Georgia, il dramma del traffico degli esseri umani, il terrorismo: sono questi
i principali temi all’undicesima conferenza annuale dell'Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa che
si è aperta questa mattina a Maastricht. Circa la situazione politica in
Georgia, e' previsto un incontro fra il
ministro degli esteri russo Igor Ivanov e il
presidente ad interim georgiano, signora Nino Burdzhanadze. Si tratta
del primo colloquio a questo livello fra Mosca e Tbilisi dopo le dimissioni del
presidente georgiano Eduard Shevardnadze.
Alla conferenza dell'Osce partecipano i rappresentanti dei 55 Paesi membri
dell'organizzazione, fra i quali il segretario di stato americano, Colin Powell, che sara' presente ai
dibattiti di domani.
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