RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 242 - Testo della Trasmissione sabato 30 agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dolore del Papa e il rimpianto di Napoli per la scomparsa del cardinale Corrado Ursi, per lunghi anni zelante e generoso pastore della Chiesa partenopea. Domani pomeriggio i funerali del compianto porporato, presieduti dal cardinale Camillo Ruini, nella Basilica dell’Incoronata a Capodimonte

 

Le religioni del mondo uniscano le proprie forze contro il terrorismo. Così  il Papa ai vescovi d’Egitto in visita “ad Limina”.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Importante accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sui farmaci “salvavita”

 

Situazione fuori controllo in Iraq: dopo la strage a Najaf si teme una spirale di violenza. Con noi, mons. Fernando Filoni e Laura Boldrini

 

Conclusa ad Acireale la 54.ma Settimana Liturgica Nazionale della Chiesa italiana. Ai nostri microfoni, mons. Adriano Caprioli

 

Al Festival del cinema di Venezia, storie di miracoli e di civiltà.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I ministri di una quindicina di Paesi si sono riuniti a Nairobi, in Kenya, per ribadire la necessità che nel vertice di Cancún, in programma dal 10 settembre, il Wto non dimentichi le esigenze delle nazioni più povere

 

Guzman Carriquiry, sottosegretario al Pontificio Consiglio per i Laici, in un’intervista pubblicata sul prossimo numero del Sir, commenta la situazione socioeconomica dell’America Latina

 

Appello della Caritas Italiana alla comunità internazionale, per portare pace, democrazia e assistenza umanitaria alle popolazioni africane della regione dei Grandi Laghi provate dalla guerra

 

I vescovi brasiliani in un loro documento parlano del crescente contrasto tra gli attivi record delle banche e l’aumento della povertà

 

Da lunedì a Roma il Capitolo generale dei Missionari Comboniani. Tra i temi, la scelta per gli esclusi e il dialogo tra religioni e culture.

 

Si è appena conclusa ad Assahoun, in Togo, l’ottava edizione del Festival teatrale della fraternità (Festhef), a cui hanno partecipato  artisti provenienti da varie nazioni dell’Africa

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iraq teme la guerra civile dopo il sanguinoso attentato di ieri

 

Dopo Hamas e Jihad anche le Brigate di al-Aqsa rompono la tregua in Medio Oriente.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 agosto 2003

 

 

 

UNO ZELANTE E GENEROSO PASTORE IMPEGNATO NEL RINNOVAMENTO CONCILIARE E DOCILE ALLE ISPIRAZIONI DELLO SPIRITO SANTO: COSI’ IL PAPA RICORDA IL CARINALE CORRADO URSI, ARCIVESCOVO EMERITO DI NAPOLI, IN UN MESSAGGIO DI CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL PORPORATO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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(musica)

 

Inventò la “bonifica della miseria” per risollevare il gregge di fedeli della sua città dalle piaghe sociali che l’affliggevano endemicamente. E rivoluzionò la vita pastorale, alla luce delle direttive conciliari. Per questo, e per molti altri meriti ancora - dettati da un cuore che non cessava di cogliere occasioni di portare aiuto e da un’intelligenza in grado di pianificarle - la città e la Chiesa di Napoli lo ha amato affettuosamente fino alla fine. Fine che per l’arcivescovo emerito del capoluogo partenopeo, il cardinale Corrado Ursi, è sopraggiunta ieri, alle 16.25, all’età di 95 anni. Giovanni Paolo II, nel telegramma di cordoglio inviato al successore di Ursi, il cardinale arcivescovo di Napoli, Michele Giordano, afferma di ricordare “con ammirazione” la “feconda e molteplice attività apostolica” del porporato scomparso. Un’attività, scrive il Papa, “animata dal desiderio di applicare gli orientamenti pastorali del Concilio Vaticano II, promuovendo un autentico rinnovamento ecclesiale fedele a Cristo e sempre docile alle ispirazioni dello Spirito Santo”.

                  

Autentico rinnovamento: la diocesi di Napoli reca ancora in molte sue zone e strutture i segni dell’azione pastorale intrapresa dal cardinale Ursi, nei suoi ventuno anni di servizio episcopale, dal 1966 al 1987. In precedenza, subito dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta nel ’31, il porporato – nato ad Andria nel 1908 - era stato vicerettore e poi rettore, nell’arco di 20 anni, del Seminario di Molfetta e successivamente vescovo a Nardò. Nel 1961, in veste di arcivescovo della diocesi lucana di Acerenza, aveva preso parte ai lavori del Vaticano II, i cui insegnamenti e le cui aperture divennero per il cardinale Ursi - elevato alla porpora da Paolo VI nel ’67 - materia per un’intensa opera di solidarietà, tradotta in opere in favore di Napoli e dei suoi cittadini. Girando gli angoli della sua diocesi, il defunto arcivescovo si rese presto conto che le sacche di degrado in cui molta parte della popolazione era costretta potevano venire arginate con una serie di interventi mirati. Ecco, dunque, l’idea della “bonifica della miseria” che nel corso degli anni – grazie ad un centro studi istituito presso la curia - metterà a disposizione dei baraccati, degli ex carcerati, degli analfabeti, dei minori, una serie di strutture di accoglienza, di scuole, di case. Compreso un centro di qualificazione per bambini in attesa di assistenza.

 

Non meno ardente è lo zelo pastorale, già manifestatosi con le sue caratteristiche di generosa dedizione negli anni precedenti al trasferimento a Napoli. Nell'arcidiocesi partenopea, il cardinale Ursi rinnovò le strutture diocesane secondo quanto indicato dal Concilio, costituendo un consiglio pastorale e va­rie sezioni specializzate per la catechesi nei vari ambienti e favo­rendo la partecipazione dei laici all'attività di evangelizzazione. Decise la fusione in un’unica grande struttura universitaria della facoltà teologica diocesana con quella omologa dei Gesuiti e fece istituire l’Idim, l’Istituto diocesano per l’iniziazione ai ministeri, grazie al quale Napoli può vantare, con i suoi 206 membri, il più alto numero di diaconi permanenti in Italia. Con la sua presenza, la sua parola, l'apertura eccezionale del suo cuore, creò il clima di quella “nuova stagione della vita pastorale napoletana“, che Paolo VI mise in risalto nell'udienza accordata ai pellegrini di Napoli di ritorno da Lour­des il 29 settembre 1966. “Il suo zelo arrivava fino all’idealismo”, ha dichiarato il cardinale Giordano, in un’intervista pubblicata oggi da Avvenire. “Sì, era davvero un grande uomo di Dio, innamorato di Gesù e della Chiesa”.

 

(musica)

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Ricordiamo che i funerali del cardinale Ursi saranno celebrati domani pomeriggio a Napoli, alle ore 18, nella Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte. La cerimonia sarà presieduta, a nome di Giovanni Paolo II, dal cardinale vicario, Camillo Ruini. Con la scomparsa dell’arcivescovo emerito di Napoli, il Collegio cardinalizio risulta ora composto di 165 cardinali, dei quali 109 elettori e 56 non elettori.

 

 

 

LE RELIGIONI UNISCANO I PROPRI SFORZI CONTRO IL TERRORISMO:

E’ L’INVITO DEL PAPA NELL’UDIENZA AD UN GRUPPO DI VESCOVI DELL’EGITTO,

IN VISITA AD LIMINA

 

Il dialogo tra le grandi religioni del mondo, impegno necessario per combattere la piaga del terrorismo, in primo piano nel discorso indirizzato dal Papa ad un gruppo di vescovi dell’Egitto, ricevuti, stamani, in udienza a Castel Gandolfo, in occasione della visita ad Limina Apostolorum. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Il dialogo con l’Islam – ha affermato Giovanni Paolo II – è particolarmente importante nel vostro Paese dove questa religione” è professata dalla maggioranza dei suoi abitanti. Ma, ha osservato, assume anche un “carattere esemplare per il dialogo tra le grandi religioni del mondo”, sforzo “particolarmente richiesto dopo i tragici avvenimenti legati al terrorismo che hanno segnato l’inizio del terzo millennio”. Soprattutto, perché l’opinione pubblica “potrebbe essere tentata di imputarli a cause di origine religiosa”.

 

Il Papa ha, così, tenuto a ricordare “quanto sia essenziale che le religioni del mondo uniscano i propri sforzi per denunciare il terrorismo e per lavorare assieme al servizio della giustizia, della pace e della fraternità tra gli uomini”. All’inizio del terzo millennio, ha detto ancora, il “campo della missione è largamente aperto” per la Chiesa che “vuole essere la voce dei piccoli e dei poveri”, vuole “ascoltare l’appello di coloro che aspirano alla pace”. Ancora, che vuole “accogliere i rifugiati senza Paese” e “mettersi al servizio della vera dignità di ogni uomo”. E proprio soffermandosi sulla situazione dell’Egitto, il Papa ha messo in rilievo il lavoro svolto dalla Chiesa per il progresso della società egiziana “nel settore socio-educativo”, al servizio della “promozione femminile, dell’assistenza alla maternità e all’infanzia” e, ancora, della “lotta all’analfabetismo”.

 

Quindi, ha esortato i vescovi egiziani dei diversi riti ad “approfondire assieme i legami della vera unità cattolica”. In una società segnata dalla presenza dell’Islam, ha sottolineato, i presuli sanno che “la testimonianza più importante” è quella della vita quotidiana, “centrata sul duplice comandamento di amore a Dio e verso il prossimo”. Il Papa si è poi rallegrato per le numerose vocazioni che caratterizzano la vita della comunità cristiana d’Egitto. Né ha mancato di sottolineare l’importanza dei giovani per l’avvenire della Chiesa e della società egiziana. La Chiesa cattolica, ha evidenziato, assicura alle giovani generazioni “una formazione umana sana ed equilibrata, capace di donare riferimenti durevoli, specie nell’ambito della morale”.

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Ieri pomeriggio, dopo una visita alle Catacombe di Santa Priscilla a Roma, il Patriarca di Alessandria dei Copti, Sua Beatitudine Stefanos II Ghattas, vi ha presieduto una Santa Messa in lingua araba.

 

La Chiesa d’Egitto, Paese di 66 milioni di abitanti per l’89 per cento musulmani sunniti, conta 240 mila cattolici dei diversi riti: armeno, caldeo, copto, greco-melkita, latino, siro e maronita. I fedeli, suddivisi in 14 circoscrizioni ecclesiastiche sono assistiti in 209 parrocchie da 206 sacerdoti diocesani e 279 religiosi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Pietro e Paolo i due pilastri della prima Cattedrale in Mongolia”, è il titolo di apertura della Prima Pagina in riferimento alla consacrazione ad Ulaanbaatar, testimonianza di un evento storico che delinea il futuro cammino della comunità ecclesiale.

Il messaggio di Giovanni Paolo II ai vescovi della Chiesa copta dell’assemblea della gerarchia cattolica d’Egitto ricevuti in visita “ad limina”.

In basso, il cordoglio del Santo Padre per la morte del cardinale Corrado Ursi, arcivescovo emerito di Napoli.

A seguire, Iraq: lo sdegno della comunità internazionale dopo l’attentato a Najaf che ha provocato la morte di 87 persone tra i quali l’ayatollah Mohammed Bakr al-Hakim; l’Onu minaccia di ridurre il personale; Chirac invita a trasferire rapidamente i poteri agli iracheni; si è dimesso Alastair Campbell, consigliere di Blair, dopo l’audizione del premier sul caso Kelly.

 

Nelle pagine vaticane, l’omelia del cardinale Crescenzio Sepe per la consacrazione della nuova cattedarle in Mongolia e una pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.

 

Nelle pagine estere, Afghanistan: cruenta battaglia nella provincia di Zabul, decine di morti tra i Taleban.

Gran Bretagna: chiuso per tutta la notte il porto di Dover dopo il rinvenimento di un ordigno.

Russia: un nuovo attentato in Daghestan sembra confermare l’estensione della rivolta cecena; affonda un sottomarino a propulsione nucleare.

Medio Oriente: missione di Solana per sostenere la “road-map”; da Mosca giunge un monito ad Arafat.

Corea del Nord: valutazioni contrastanti sui colloqui a Pechino.

Iran: smentita la cooperazione nucleare con il Pakistan.

 

Nella pagina culturale. l’articolo di Giuseppe Costa su una recente pubblicazione sulla “fiction” in Italia.

 

Nelle pagine italiane, i temi dell’economia, del maltempo e l’articolo di Piero Amici sul Meeting di Rimini.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 agosto 2003

 

IL WTO TROVA L’ACCORDO SUI FARMACI ESSENZIALI,

A POCHI GIORNI DALL’INIZIO DELLA CONFERENZA DI CANCÚN

- Servizio di Andrea Sarubbi -

 

Dopo mesi di discussioni, i 146 Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio hanno formalmente approvato oggi a Ginevra l’accordo sui farmaci salvavita. È un’intesa importante, alla vigilia della Conferenza ministeriale che si aprirà a Cancún, in Messico, il prossimo 10 settembre. Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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Era forte la paura di ritrovarsi a Cancún, tra dieci giorni, e di dover ripartire da zero. Di scoprire che i progressi compiuti a fatica, negli ultimi 21 mesi, non erano serviti a nulla. Ma alla fine l’accordo è arrivato, quando tutti hanno capito che era indispensabile fare un passo avanti. Gli Stati Uniti – i più scettici, nell’ultimo vertice – hanno accettato deroghe al regime dei brevetti, purché i medicinali generici siano riconoscibili dalla confezione, non vengano messi in commercio e non varchino i confini degli Stati colpiti dalle epidemie. I Paesi in via di sviluppo dotati di un’industria farmaceutica – come Argentina, Cuba e Filippine, esclusi dalla lista delle Nazioni beneficiarie delle deroghe – si sono adeguati, dopo aver rischiato di far saltare l’intesa. L’Europa, da parte sua, si è impegnata a chiarire il concetto di “emergenza sanitaria”, che a Doha aveva fatto tanto discutere: sarà uno speciale Consiglio sulla proprietà intellettuale, insieme al Wto, a decidere sui casi dubbi.

 

Alla base dell’intesa, dunque, c’è il concetto di buona fede. Che Washington ha voluto mettere per iscritto, in un documento allegato a quello principale: i Paesi poveri bisognosi di farmaci essenziali dovranno agire “per proteggere la salute pubblica e non a fini commerciali o industriali”. E la Santa Sede, che da osservatore esterno ma interessato aveva seguito tutte le trattative, manifesta soddisfazione per il risultato raggiunto. Ce lo conferma mons. Osvaldo Neves de Almeyda, già membro della delegazione vaticana a Doha:

 

“Questa vicenda mi ha lasciato un’impressione positiva. Ha fatto emergere, infatti, la capacità della comunità internazionale di creare regole che vadano al di là degli interessi economici di tipo prettamente nazionalistico o settoriale. Anche se si tratta di interessi di un Paese molto potente”.

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SITUAZIONE FUORI CONTROLLO IN IRAQ:

DOPO LA STRAGE DI IERI A NAJAF SI TEME UNA SPIRALE DI VIOLENZA

CON NOI, MONS. FERNANDO FILONI E LAURA BOLDRINI

- Servizio da Alessandro Gisotti -

 

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Ancora un attentato, ancora un’orrenda strage. Nell’Iraq del dopo Saddam Hussein, la normalizzazione sembra davvero lontana. Il massacro di Najaf è il più grave dalla fine della seconda guerra del Golfo. Prima l’attentato all’ambasciata di Giordania, poi alla sede dell’Onu di Baghdad, infine quello devastante di ieri nella città santa degli sciiti sono indice di una situazione, che sta drammaticamente sfuggendo di mano alle forze anglo-americane presenti sul territorio. Intanto, sono molti gli interrogativi sollevati da questa “campagna di destabilizzazione”, come sottolinea il nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, raggiunto telefonicamente a Baghdad da Giada Aquilino:

        

R. - Non si può pensare ad una forma cieca di violenze contro tutti e tutto. Dunque, il problema fondamentale, in questo momento, da parte di tutti, è interrogarsi su quale strategia c’è e chi sono gli autori di questo ennesimo attentato. Ovviamente, da parte della polizia, da parte delle Forze della coalizione c’è la massima allerta per cercare di controllare forme di violenza che poi potrebbero sfociare anche contro persone ed istituzioni che non hanno nulla a che fare con l’attentato.

 

D. – Cosa si può auspicare in questo clima di tensione?

 

R. – L’auspicio ovviamente da parte della gente è che si arrivi ad una forma stabile in cui queste prime istituzioni, create come Consiglio di governo, riescano a produrre un governo stesso e quindi ci sia l’adozione di misure atte a prevenire tante situazioni difficili, e poi a curare tutto quello stato di cose che in questo momento ancora restano insolute.

 

L’attentato a Najaf rischia, così, di inasprire pericolosamente il confronto tra le diverse componenti etniche e religiose della società irachena. L’ayatollah Mohammed Baqer Al-Hakim, ucciso nell’attacco terroristico di ieri, era infatti una delle personalità più forti del nuovo Iraq. E’ quanto sottolinea il portavoce in Italia dell’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati, Laura Boldrini, che proprio recentemente ha visitato in Iran dei campi profughi di iracheni sostenitori del capo sciita vittima dell’attentato:

 

R. – L’ayatollah Al Hakim ha rappresentato per anni la guida spirituale degli sciiti. Di recente, in un viaggio nel sud dell’Iran, nei campi profughi tra gli iracheni sciiti ho incontrato molti sostenitori di questo ayatollah che per 22 anni è stato esule in Iran. Quindi, c’è una grossa implicazione in questo attentato, sicuramente espressione di una tensione interna e anche di lotte intestine per il controllo del potere, perché oltre ad essere una guida spirituale quest’uomo era anche un uomo di grande carisma e di grande presa sulla popolazione. Ciò denota che l’Iraq ancora è molto lontano da una possibile normalizzazione.

 

D. – Quanto l’attentato alla sede dell’Onu di Baghdad del 19 agosto sta influendo sulla vostra attività nel Paese?

 

R. – Sicuramente sta influendo sulla nostra attività come su quella di tutte le altre agenzie delle Nazioni Unite, perché ora stiamo lavorando a ranghi ridotti perché adesso abbiamo 50 operatori sul terreno anziché 100, come ne avevamo prima. E’ chiaro che stiamo portando avanti il programma di assistenza con più fatica. Vorrei ricordare che in Iraq ci sono circa 100 mila rifugiati, 80 mila sono palestinesi ma ci sono anche iraniani, turchi di etnia curda ... questa gente si trova, soprattutto i palestinesi, in situazione di enorme disagio!

 

D. – Nel nord dell’Iraq, a causa della campagna di arabizzazione attuata dal regime di Saddam, migliaia di curdi sono stati costretti negli anni scorsi a lasciare la propria casa. Qual è ora la loro situazione?

 

R. – Il regime prevedeva l’arabizzazione di alcune zone curde, non solo scacciando i curdi dalle loro case, ma imponendo anche agli arabi di andare nei villaggi nuovi per loro. Quindi, questa situazione ha generato uno sradicamento reciproco sia della popolazione curda che araba. Ora stiamo assistendo questa gente nel loro ritorno a casa, ma con estrema difficoltà perché ci sono molte dispute circa la proprietà. Chiaramente, attorno a questo ci sono anche tanti altri equilibri da salvaguardare. Abbiamo avuto anche un’autorizzazione di sicurezza ad operare, stiamo assistendo i curdi nel rientro nei villaggi d’origine e gli arabi a lasciare le case dei curdi e rientrare nei propri villaggi. E’ un esercizio molto complesso ed estremamente delicato.

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LA LITURGIA CENTRO DELLA VITA CRISTIANA. CONCLUSA AD ACIREALE

 LA SETTIMANA LITURGICA DELLA CHIESA ITALIANA

- Intervista con mons. Adriano Caprioli -

 

Si è conclusa ieri ad Acireale la 54ma Settimana Liturgica Nazionale della Chiesa italiana sul tema “Liturgia, fonte e culmine. A 40 anni dalla Costituzione conciliare”. L’incontro, organizzato dal Centro Azione Liturgica, ha inteso esplorare la portata della Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium a quarant’anni dalla promulgazione. Ma quali sono i tratti principali del rinnovamento in campo liturgico? Risponde il vescovo mons. Adriano Caprioli, presidente della Commissione episcopale per la Liturgia, al microfono di Maria Di Maggio.

 

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R. – Quello che è sotto gli occhi di tutti è il cambiamento degli altari, il modo di costruire le chiese, dei libri liturgici. Ma io vorrei soprattutto dire che i cambiamenti sono di fondo e riguardano la consapevolezza della centralità della liturgia nella vita della Chiesa e del cristiano; poi, la liturgia come azione dell’insieme di tutto il popolo di Dio, certo nella differenziazione dei suoi ministeri. Poi, in modo particolare, la Sacrosantum Concilium lega strettamente la liturgia con la riscoperta della scrittura, e quindi il riferimento alla parola di Dio.

 

D. – Ma il cristiano, oggi, ha realmente assimilato la riforma liturgica?

 

R. – Dunque, qui è più difficile rispondere, perché questa domanda riguarda appunto il tema della partecipazione. Su questo tema si può dire che finora si è insistito molto sul rapporto tra ‘partecipare’ e ‘capire’ la liturgia, per cui all’istanza di partecipazione raccomandata appunto dalla Costituzione liturgica, si è risposto puntando molto sulla comprensione. Quindi, l’introdu-zione della lingua viva, la semplificazione dei riti, la maggior visibilità dell’azione liturgica e così via. Però, che cosa è mancato, su che cosa bisognerà puntare di più? Sul nesso tra ‘partecipare’, ‘capire’ ma attraverso il ‘celebrare’ stesso. La liturgia non è un ennesima forma di catechesi, di scuola; è – a suo modo – una maniera appunto di dire il mistero attraverso – dice la Costituzione – i riti e le preghiere. Quindi, è il modo stesso di celebrare che in qualche modo rende più partecipe il popolo di Dio e l’assemblea.

 

D. – A suo avviso, oggi cosa va ancora attuato?

 

R. – Noi abbiamo un modello di iniziazione cristiana prevalentemente rivolto ai fanciulli; i catechismi sono fatti bene, ma il modo con cui si usano è piuttosto appiattito su un modello ancora d’iniziazione cristiana di tipo scolastico, e non riusciamo a trasmettere che essere iniziati tramite i sacramenti vuol dire essere iniziati alla vita della comunità: la comunità parrocchiale, quella che celebra, che fa festa, che vive le feste e i ritmi dell’anno liturgico, che ama ed è attenta ai suoi poveri, ai suoi malati. La cosa importante è formare sì ancora i bambini alla partecipazione, ma a partire innanzitutto dagli adulti, dalle famiglie: questa è un po’ la difficoltà, la debolezza educativa della famiglia nei confronti della fede. Credo che il passo da fare sia proprio la riscoperta della centralità della liturgia per la vita stessa del cristiano come singolo e comunità.

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VICENDE E SORPRESE DELLA VITA, TRA REALTA’ E FANTASIA,

ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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Miracoli e civiltà. Due bei film, oggi a Venezia,  che raccontano credulità e storia. Passa oggi in concorso il secondo film italiano firmato da Edoardo Winspeare, “Il miracolo”. Il protagonista è un bambino che in seguito ad un incidente, ad una luce intravista e con un animo candido,  guarisce - o crede di farlo -  un paziente affetto da crisi cardiaca. Si può bene immaginare che cosa questo avvenimento scatena nei diversi ambienti che formano la quotidianità di Tonio - questo il nome del bambino - e di Taranto, la città dove si svolge il film.

 

A cominciare dalla famiglia: madre, ansiosa di trasformare l’episodio in un successo personale; padre, giustamente dubbioso ed irritato, cede all’incanto dei soldi per poi redimersi e rifiutare la vendita del figlio alle televisioni; amici, più o meno curiosi, soprattutto uno, che crede, come tutti i bambini, al potere buono dei coetanei e tenta di usare Tonio per guarire il nonno malato di cancro; la città, che sta per entrare nel meccanismo consacratorio per esorcizzare ben altri generi di problemi. C’è anche chi si ribella. La giovane Cinzia, colpevole di aver investito Tonio, sbandata e abbandonata, è l’unica capace di costruire un rapporto autentico col bambino. E sarà proprio lei a beneficiare dell’unico, vero dono che Tonio è capace di offrire: un sorriso carico d’innocenza, un’attenzione pudica che può salvare davvero una vita.

 

Anche le belle signore – protagoniste del secondo film in concorso -  che sono ospiti di una crociera nel Mediterraneo verso Bombay vorrebbero credere che il mondo sia simile a quello da loro raccontato, plasmato da civiltà millenarie e dalla filosofia greca, dal dialogo e dal riconoscimento e rispetto per le diversità culturali.

 

L’ultranovantenne Manoel de Oliveira ancora una volta non delude con il suo Un film parlato. Sulla sua barca troviamo nientemeno che Catherine Deneuve, Irene Papas, Stefania Sandrelli, belle e famose,  e John Malkovich, capitano coraggioso, e Leonor Silveira con la bella figlia. Toccano la storia del Mediterraneo, sono affascinate dal passato, credono, fino all’ultimo, nelle loro idee di pace e di progresso. Ahimè, come ogni giorno i giornali ci raccontano, il presente non è frutto di belle parole, ma di fatti cruenti e assurdi.

 

Infine, non dovrebbero essere solo parole, ma costruire fatti, quelle del ministro italiano per i Beni e le Attività culturali, Giuliano Urbani, che ieri ha presentato la nuova legge sul cinema. Garantirà non solo la sopravvivenza del cinema, ma la sua qualità. Ne fa un commento Andrea Piersanti, presidente dell’Istituto Luce:

 

“Questa nuova legge rappresenta una novità importantissima nel comparto cinematografico italiano, perché ci permetterà di attirare sulla nostra produzione cinematografica delle nuove risorse. Questo è il primo obiettivo di questa legge e gli strumenti che sono stati indicati dal ministro Urbani sembrano adeguati a questo scopo. Questa legge contiene però anche degli elementi interessanti per ristabilire degli equilibri che con il tempo erano stati perduti, soprattutto quegli equilibri tra maestri e discepoli. Con il Reference System si stabiliranno, invece, dei meccanismi per cui produttori con anzianità di servizio, e quindi con esperienza, saranno stimolati a lavorare con giovani autori alle prime esperienze e questo permetterà un passaggio di cultura e di conoscenze che alla fine non potrà fare altro che rivitalizzare l’intero settore”.

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CHIESA E SOCIETA’

30 agosto 2003

 

 

APPELLO DELLA CARITAS ITALIANA, AL RIENTRO DI UNA PROPRIA DELEGAZIONE

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO: LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

 SI ADOPERI PER PORTARE LA PACE, LA DEMOCRAZIA E L’ASSISTENZA UMANITARIA

ALLE POPOLAZIONI PROVATE DALLA GUERRA NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI

 

ROMA.= La Caritas Italiana auspica che “siano rispettati gli accordi di pace” per la Repubblica Democratica del Congo e, in particolare, che “le istituzioni internazionali, a livello mondiale ed europeo, facciano pressione sulle parti in conflitto, convocando una Conferenza regionale, che veda coinvolti tutti i governi dei Paesi della regione dei Grandi Laghi, con l’obiettivo di trovare soluzioni durature e non violente ai problemi dell’area e di promuovere la democratizzazione”. E’ quanto afferma in un comunicato la stessa Caritas Italiana, al rientro di una propria delegazione dal Paese africano, duramente provato dal più grave conflitto del continente, che ha causato in cinque anni circa tre milioni di morti. La missione della Caritas, che ha visitato le diocesi di Goma e Kindu, richiama l’attenzione sul drammatico conflitto, che ha visto coinvolti, con modalità e tempi diversi, numerosi Paesi ed ha avuto al centro la lotta alla ribellione rwandese, ma soprattutto il controllo di un Paese dalle immense ricchezze: oro, diamanti, petrolio, cobalto, rame zinco, legname. Il comunicato spiega che la missione della Caritas “è servita a constatare per l’ennesima volta la gravissima situazione in cui versa la popolazione congolese ed il generoso impegno della Chiesa locale”. A Kindu, ad esempio, continuano ad essere circa mille i bambini che vengono assistiti in centri nutrizionali. Nel mese di maggio è stata inaugurata la nuova maternità finanziata dalla Caritas Italiana, nell’ultima settimana di luglio sono state aiutate più di cento donne vittime di violenze. In piena solidarietà con la Chiesa e la popolazione congolese, conferma e rafforza il suo sostegno agli interventi di promozione umana e di soccorso alle vittime del conflitto. La Caritas Italiana auspica pure che i mezzi di comunicazione diano maggiore spazio a quanto sta accadendo in Africa, guerre e conflitti, ma anche esperienze positive. (P.Sv.)

 

 

L’AFRICA CHIEDE GARANZIE ALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMERCIO.

I MINISTRI DI UNA QUINDICINA DI PAESI SI SONO RIUNITI A NAIROBI, IN KENYA,

PER RIBADIRE LA NECESSITÀ CHE NEL VERTICE DI CANCÚN, IN PROGRAMMA

DAL 10 SETTEMBRE, IL WTO NON DIMENTICHI LE ESIGENZE

DELLE NAZIONI PIÙ POVERE

- A cura di Giulio Albanese -

 

NAIROBI.= La riunione dei ministri africani si è chiusa ieri con una lista di questioni che evidenziano la scarsa attenzione rivolta in questi anni alle problematiche africane, su cui i Paesi ricchi si erano impegnati nel passato a fornire il proprio aiuto. La vexata e tormentata quaestio, in sostanza il punto principale su cui i Paesi africani intendono ottenere qualche risultato, è quello relativo all’abolizione degli impedimenti, vale a dire le cosiddette barriere doganali o sovvenzioni governative che non consentono ai prodotti africani, quali il cotone e lo zucchero, di fare il loro ingresso nei ricchi mercati occidentali. Proprio per questa ragione, dalla capitale keniana, i Paesi del Continente nero hanno fatto sapere che le trattative a Cancún su questi temi saranno portate avanti dall’Unione africana che rappresenterà la voce di tutti i governi del Continente.

 

 

"L’AMERICA LATINA NON HA BISOGNO DI AIUTI, MA DELLA POSSIBILITÀ DI POTER

COMMERCIARE LE PROPRIE MERCI IN CONDIZIONI DI PARITÀ”. E’ QUANTO AFFERMA L’URUGUAYANO GUZMAN CARRIQUIRY, SOTTOSEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, AUTORE DEL LIBRO “UNA SCOMMESSA PER L’AMERICA LATINA”

 IN UN’INTERVISTA AL SIR

 

ROMA. = "L’America Latina in questo momento è molto interessata all’apertura dei mercati, con l’obiettivo di superare le tentazioni protezionistiche, che soprattutto in Europa sono predominanti. Non ha infatti bisogno di aiuti, ma della possibilità di poter commerciare le proprie merci in condizioni di parità”. E’ quanto afferma Guzman Carriquiry, sottosegretario al Pontificio Consiglio per i Laici, che in un’intervista pubblicata sul prossimo numero del Sir, commenta la situazione socioeconomica dell’America Latina. "L’America Latina – afferma il sottosegretario, autore, tra l’altro, del libro "Una scommessa per l’America Latina" (edizioni Le Lettere) - si trova di fronte ad appuntamenti importanti. Il primo riguarda i negoziati per un area di libero commercio che vada dal Canada fino alla Terra del Fuoco. Il secondo appuntamento riguarda le negoziazioni con l’Unione Europea. L’America Latina chiede una maggiore liberalizzazione dei mercati ed un abbassamento dei dazi di importazione, soprattutto per quanto riguarda i prodotti agricoli. Attualmente i dazi statunitensi sono molto più bassi di quelli europei". (C.C.)

 

 

L’ASSOLUTA PRIORITA’  DELLA SOLUZIONE DEI PROBLEMI SOCIALI,

SOLLECITATA DAI VESCOVI BRASILIANI CHE IN UN LORO DOCUMENTO PARLANO

DEL CRESCENTE CONTRASTO TRA GLI ATTIVI RECORD DELLE BANCHE

 E L’AUMENTO DELLA POVERTÀ

 

BRASILIA. = Gli indicatori economici ''godono di buona salute, mentre quelli sociali soffrono di anemia cronica", si legge in un documento denominato 'Analisi di congiuntura' presentato ieri dalla Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). ''C'e' un forte contrasto fra gli attivi record delle banche e il forte aumento delle persone che non hanno nulla; fra la concentrazione della terra, la ricchezza e la rendita, e l'aumento delle favelas”. Durante la campagna elettorale, il presidente Lula aveva indicato tra le sue priorità lo sradicamento della povertà e la creazione di 10 milioni di posti di lavoro. Ma la disoccupazione ha toccato i livelli più alti degli ultimi 20 mesi e l'economia è in recessione.  I vescovi sollecitano con urgenza che vengano affrontati i problemi fondamentali: quelli sociali che – come ha detto il cardinale Geraldo Macella Agnelo, presidente della Conferenza episcopale brasiliana – “devono avere la precedenza”.  Di fatto due giorni fa è stata presentata la nuova finanziaria per il 2004, nella quale vengono aumentate le spese per il sociale.  La Chiesa brasiliana sostiene da tempo il Partito dei lavoratori di Lula, con il quale divide l'obiettivo di ridurre le grandi diseguaglianze che segnano la società brasiliana. I vescovi hanno ribadito la loro fiducia nel primo presidente operaio della storia del Paese e nella sua determinazione a combattere le differenze, economiche ed educative. Ma hanno chiesto al governo di "indicare più chiaramente la strada che intende prendere". ''Comunque - ha detto il vice-presidente della Cnbb, mons. Celso Queiroz - sei mesi di governo sono ancora pochi per cambiare la fisionomia di un paese. (C.C.)

 

 

IN PROSSIMITA’ DELLA CANONIZZAZIONE DEL FONDATORE, IL VESCOVO

 DANIELE COMBONI, DA LUNEDI’ A ROMA SI RIUNISCE

IL CAPITOLO GENERALE DEI MISSIONARI COMBONIANI. RIFLETTERANNO

SULLE PRIORITA’ DEL LORO SERVIZIO MISSIONARIO TRA CUI L’OPZIONE

PER GLI ESCLUSI E IL  DIALOGO INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE

 

ROMA.= Lunedì 1° settembre avrà inizio a Roma il  XVI Capitolo generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, presso la Curia Generalizia. Gli 81 capitolari - in rappresentanza dei 1.800 confratelli operanti in Africa, Asia, America ed Europa - rifletteranno sul loro servizio missionario per il sessennio 2003-2009 e sulle priorità che dovranno caratterizzarlo: l’opzione per gli esclusi, la promozione della convivenza fraterna fra i popoli, la valorizzazione dell’alterità di fronte all’effetto livellante della globalizzazione, la ricerca del dialogo interreligioso e interculturale. Il Capitolo ha anche funzione elettiva e si tiene in prossimità della canonizzazione del fondatore dell’opera,  il vescovo Daniele Comboni, fissata per il prossimo 5 ottobre in Piazza San Pietro. (C.C.)

 

 

TEATRO IN AFRICA. UN FESTIVAL INTITOLATO ALLA FRATERNITA’,

APPENA CONCLUSO IN TOGO. IL PREMIO PER LA MIGLIORE RAPPRESENTAZIONE

 TEATRALE VINTO DALLA COMPAGNIA TOGOLESE AKTION THEATRE

 PER LA RAPPRESENTAZIONE SUL VALORE DEGLI ANZIANI NELLA SOCIETA’ AFRICANA

 

ASSAHOUN. = Il teatro africano di scena in Togo. Si è appena conclusa ad Assahoun (55 chilometri a nord-ovest della capitale Lomé) l’ottava edizione del Festival teatrale della fraternità (Festhef), a cui hanno partecipato  artisti provenienti da varie nazioni dell’Africa. Dal 22 al 27 agosto si sono alternati nella città togolese spettacoli di prosa, danza, opere musicali, balletti, mostre fotografiche e di arti varie. Quest’anno il premio per la migliore rappresentazione teatrale è stato vinto dalla compagnia togolese Aktion Théâtre con lo spettacolo ‘Autour de la kora’, un racconto adattato per il teatro sull’importanza e il ruolo che rivestono gli anziani nella società africana. Uno dei suoi attori, Roger Attikpo, ha conseguito il riconoscimento come miglior attore. Il secondo premio è andato ad una compagnia del Benin, Kauris d’Afrik, con ‘Le dernier pas’ (L’ultimo passo) e il terzo alla ‘Compagnie Assassan du Togo’, interprete di ‘Quand l’oiseau s’envole’ (Quando l’uccello prende il volo). Nato del 1993, il Festhef intende incoraggiare lo scambio di competenze, idee e di stimoli intellettuali tra i giovani artisti africani.(C.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

30 agosto 2003

 

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Un’ennesima giornata di sangue si deve purtroppo registrare in Iraq dove, ieri, davanti alla moschea di Najaf è esplosa un’autobomba causando secondo l’ultimo bilancio, non ancora definitivo, almeno 100 morti ed oltre 200 feriti. Nel sanguinoso attentato è rimasto ucciso anche il capo dell’Assemblea suprema della rivoluzione islamica in Iraq (Asrii), l’ayatollah Mohammad Baqr Al-Hakim. Poche ore dopo la strage la polizia irachena ha arrestato quattro arabi, che hanno confessato di essere gli autori del grave episodio di violenza, e le Nazioni Unite hanno annunciato che ridurranno drasticamente il loro personale presente nel Paese arabo. Questa mattina, inoltre, si sono tenute nelle città di Bassora e Najaf, manifestazioni di protesta organizzate dalla comunità sciita. A Bassora, dove ieri era stata lanciata una granata contro una base dei militari britannici, hanno manifestato circa cinquemila persone, sfilando nei pressi della moschea Al-Ebla. A Najaf, dove stamani artificieri americani hanno disinnescato un’altra autobomba, i manifestanti si sono riuniti nei pressi della Moschea di Ali, teatro del sanguinoso attentato di ieri, innalzando ritratti del leader sciita, Al-Hakim. Sulla figura dell’ayatollah ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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Al-Akim era il leader del Supremo Consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq e finora aveva appoggiato l’occupazione mandando anche suo fratello nel Consiglio governativo provvisorio insediato dagli Stati Uniti a luglio. Pochi giorni fa un altro attentato aveva cercato di uccidere un suo parente. Ahmed Chalabi, altro membro del governo provvisorio, ha accusato dell’attentato i fedelissimi di Saddam che avrebbero interessi a provocare il caos e a dividere la comunità sunnita dalla maggioranza sciita in modo da generare una guerra civile incontrollabile. I sospetti, però, riguardano anche Al-Qaeda e altre formazioni sciite contrarie all’occupazione impegnate in una faida interna per la leadership della comunità. La giornata di violenza è stata segnata anche da due nuovi attacchi contro le truppe americane a Baquba e Falluja. Un soldato è stato ucciso ed almeno 6 i feriti. Il presidente Bush ha detto che gli attentati non intaccheranno la sua determinazione a combattere il terrorismo, ma intanto l’Onu ha deciso di ridurre il suo personale in Iraq del 90 per cento per ragioni di sicurezza.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Gli effetti della crisi irachena si fanno sentire anche in Gran Bretagna, ancora scossa dall’apparente suicidio dello scienziato David Kelly. Ieri, il giorno dopo l’udienza in tribunale del premier britannico, Tony Blair, si è infatti dimesso Alastair Campbell, il direttore della comunicazione e della strategia di Downing Street. Campbell ha svolto un ruolo centrale nella preparazione del controverso dossier sulle armi di distruzione di massa irachene. Al suo posto è subentrato il 55.enne David Hill, ex direttore delle comunicazioni del partito laburista e già ma-nager di una società di relazioni pubbliche.

 

Un sottomarino nucleare russo, con a bordo un equipaggio di dieci persone è affondato, la scorsa notte, nel Mare di Barents. Secondo quanto riferito dal portavoce del ministero federale della Difesa, il colonnello Nikolay Deryabin, solo un marinaio è stato tratto in salvo. Il reattore del sottomarino era già stato disattivato, le sue armi scaricate e non si temono, dunque, rischi ecologici. La tragedia è avvenuta a tre anni di distanza da quella del 12 agosto del 2000, quando 118 marinai persero la vita nell’incidente del Kursk.

 

Il presidente russo, Vladimir Putin, è stato avvertito dell’accaduto mentre si trova in Sardegna, ospite del premier italiano, Silvio Berlusconi. L’Iraq è stato il tema dell’incontro tra i due leader politici. “E’ chiaro - ha detto il primo ministro italiano - che una risoluzione Onu sull’Iraq aprirebbe una strada corale dei Paesi dell’Unione europea”. “Il primo obiettivo - ha aggiunto il capo del Cremlino - è oggi quello di arrestare la scia di violenze nel Paese arabo”. Sui rapporti tra la Russia e l’Unione europea, Putin ha inoltre dichiarato che “l’obiettivo è di puntare ad un avvicinamento graduale e strategico, ma senza troppa fretta”.

 

Ci spostiamo in Medio Oriente, dove non si spezza la catena di violenze. Ieri un colono israeliano è stato ucciso in Cisgiordania dalle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa: dopo Hamas e Jihad, dunque, anche il gruppo armato legato al partito di Arafat ha ora rotto la tregua. Il servizio di Graziano Motta:

 

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L’agguato teso dai guerriglieri ad una automobile di coloni raggiunta da colpi da fuoco sulla Allon Road, ad Est di Gerusalemme è diventato un caso nazionale seguito ora per ora dalle emittenti radiofoniche, perché la moglie del giovane guidatore ucciso, rimasta seriamente ferita, era incinta al settimo mese. Dopo essere stata ricoverata all’ospedale ‘Limor Har-Melech’ di Gerusalemme, i medici hanno fatto nascere la bambina ma la mamma non è ancora stata dichiarata fuori pericolo. Le tensioni sono rimaste intanto alte nella Striscia di Gaza, perché il movimento fondamentalista Hamas ha minacciato vendetta al più presto per l’uccisione di un suo esponente e poi per una seconda incursione di unità blindate di fanteria del genio nella zona di Beit Hanun, dove è stato spianato un agrumeto dal quale i guerriglieri di Hamas l’altro ieri avevano colpito, con missili kassem perfezionati durante la recente tregua, la zona industriale di Askelon.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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“Il cammino da compiere per la pace e per una penisola coreana denuclearizzata è ancora lungo e molto accidentato”. E’ questo il pensiero di James Kelly, rappresentante degli Stati Uniti ai negoziati di Pechino sulla crisi nucleare nordcoreana. Dal vertice – convocato con l’obiettivo di placare le tensioni tra Washington e Pyongyang – non sono emerse decisioni concrete, ma i 6 Paesi partecipanti hanno manifestato il proprio impegno a superare le divisioni, come ci conferma Chiaretta Zucconi:

 

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Stati Uniti, Cina, Russia, il Giappone e le Coree si sono impegnati ad allentare le tensioni e a continuare il dialogo con un nuovo giro di consultazioni, probabilmente già da metà ottobre, ma le parti non sono riuscite a trovare un accordo sulle misure specifiche da adottare per mettere fine alla crisi. Piani operativi che in parte non sono emersi, anche perché la Cina, Paese che ha ospitato i colloqui, ha preferito che queste consultazioni fossero soprattutto informative e non ancora veri e propri negoziati. Al termine delle consultazioni, il vice-ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha riferito che Washington non vuole minacciare o attaccare la Nord Corea e che a sua volta Pyongyang non desidera possedere armi nucleari. Ma al di là degli sforzi diplomatici cinesi, profonde restano le divergenze, la diffidenza tra Usa e Corea del Nord. Pyongyang ha sventolato ancora una volta lo spauracchio dei suoi arsenali nucleari e dei test missilistici e Washington ha ripetuto il suo categorico ‘no’ alla firma di un trattato di non aggressione.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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La giunta militare al potere in Myanmar ha annunciato oggi un piano in sette punti per ripristinare la democrazia nel Paese. Il progetto prevede elezioni libere e una nuova costituzione. Nel ‘90 si tennero delle elezioni ma, quando si stava profilando una travolgente vittoria dell’opposizione della Lega nazionale per la democrazia, guidata dal premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, i militari annullarono i risultati della consultazione e arrestarono la leader birmana. La donna è attualmente ancora detenuta.

 

L’assenza di uno sbocco al mare può rendere poveri anche i Paesi ricchi di risorse. È quanto emerso dalla Conferenza ministeriale che si è conclusa ieri ad Almaty, in Kazakhstan. I governi di alcuni Stati dell’Asia centrale si sono confrontati, insieme ai rappresentanti dell’Onu, sulle difficoltà di integrarsi nel commercio internazionale.

 

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