RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 242 - Testo della
Trasmissione sabato 30 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Importante accordo dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio sui farmaci “salvavita”
Al Festival del cinema di Venezia, storie di miracoli e di
civiltà.
CHIESA
E SOCIETA’:
L’Iraq teme la guerra civile dopo il sanguinoso
attentato di ieri
Dopo Hamas e Jihad anche le Brigate di al-Aqsa
rompono la tregua in Medio Oriente.
30 agosto 2003
UNO ZELANTE E GENEROSO PASTORE IMPEGNATO NEL
RINNOVAMENTO CONCILIARE E DOCILE ALLE ISPIRAZIONI DELLO SPIRITO SANTO: COSI’ IL
PAPA RICORDA IL CARINALE CORRADO URSI, ARCIVESCOVO EMERITO DI NAPOLI, IN UN
MESSAGGIO DI CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL PORPORATO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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(musica)
Inventò
la “bonifica della miseria” per risollevare il gregge di fedeli della sua città
dalle piaghe sociali che l’affliggevano endemicamente. E rivoluzionò la vita
pastorale, alla luce delle direttive conciliari. Per questo, e per molti altri
meriti ancora - dettati da un cuore che non cessava di cogliere occasioni di
portare aiuto e da un’intelligenza in grado di pianificarle - la città e la
Chiesa di Napoli lo ha amato affettuosamente fino alla fine. Fine che per
l’arcivescovo emerito del capoluogo partenopeo, il cardinale Corrado Ursi, è
sopraggiunta ieri, alle 16.25, all’età di 95 anni. Giovanni Paolo II, nel
telegramma di cordoglio inviato al successore di Ursi, il cardinale arcivescovo
di Napoli, Michele Giordano, afferma di ricordare “con ammirazione” la “feconda
e molteplice attività apostolica” del porporato scomparso. Un’attività, scrive
il Papa, “animata dal desiderio di applicare gli orientamenti pastorali del
Concilio Vaticano II, promuovendo un autentico rinnovamento ecclesiale fedele a
Cristo e sempre docile alle ispirazioni dello Spirito Santo”.
Autentico rinnovamento: la diocesi di Napoli reca ancora
in molte sue zone e strutture i segni dell’azione pastorale intrapresa dal
cardinale Ursi, nei suoi ventuno anni di servizio episcopale, dal 1966 al 1987.
In precedenza, subito dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta nel ’31, il
porporato – nato ad Andria nel 1908 - era stato vicerettore e poi rettore,
nell’arco di 20 anni, del Seminario di Molfetta e successivamente vescovo a
Nardò. Nel 1961, in veste di arcivescovo della diocesi lucana di Acerenza,
aveva preso parte ai lavori del Vaticano II, i cui insegnamenti e le cui
aperture divennero per il cardinale Ursi - elevato alla porpora da Paolo VI nel
’67 - materia per un’intensa opera di solidarietà, tradotta in opere in favore
di Napoli e dei suoi cittadini. Girando gli angoli della sua diocesi, il
defunto arcivescovo si rese presto conto che le sacche di degrado in cui molta
parte della popolazione era costretta potevano venire arginate con una serie di
interventi mirati. Ecco, dunque, l’idea della “bonifica della miseria” che nel
corso degli anni – grazie ad un centro studi istituito presso la curia -
metterà a disposizione dei baraccati, degli ex carcerati, degli analfabeti, dei
minori, una serie di strutture di accoglienza, di scuole, di case. Compreso un
centro di qualificazione per bambini in attesa di assistenza.
Non
meno ardente è lo zelo pastorale, già manifestatosi con le sue caratteristiche
di generosa dedizione negli anni precedenti al trasferimento a Napoli.
Nell'arcidiocesi partenopea, il cardinale Ursi rinnovò le strutture diocesane
secondo quanto indicato dal Concilio, costituendo un consiglio pastorale e varie
sezioni specializzate per la catechesi nei vari ambienti e favorendo la
partecipazione dei laici all'attività di evangelizzazione. Decise la fusione in
un’unica grande struttura universitaria della facoltà teologica diocesana con
quella omologa dei Gesuiti e fece istituire l’Idim, l’Istituto diocesano per
l’iniziazione ai ministeri, grazie al quale Napoli può vantare, con i suoi 206
membri, il più alto numero di diaconi permanenti in Italia. Con la sua
presenza, la sua parola, l'apertura eccezionale del suo cuore, creò il clima di
quella “nuova stagione della vita pastorale napoletana“, che Paolo VI mise in
risalto nell'udienza accordata ai pellegrini di Napoli di ritorno da Lourdes
il 29 settembre 1966. “Il suo zelo arrivava fino all’idealismo”, ha dichiarato
il cardinale Giordano, in un’intervista pubblicata oggi da Avvenire. “Sì, era
davvero un grande uomo di Dio, innamorato di Gesù e della Chiesa”.
(musica)
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Ricordiamo
che i funerali del cardinale Ursi saranno celebrati domani pomeriggio a Napoli,
alle ore 18, nella Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a
Capodimonte. La cerimonia sarà presieduta, a nome di Giovanni Paolo II, dal
cardinale vicario, Camillo Ruini. Con la scomparsa dell’arcivescovo emerito di
Napoli, il Collegio cardinalizio risulta ora composto di 165 cardinali, dei
quali 109 elettori e 56 non elettori.
LE RELIGIONI UNISCANO I PROPRI SFORZI
CONTRO IL TERRORISMO:
E’ L’INVITO DEL PAPA NELL’UDIENZA AD UN GRUPPO DI VESCOVI DELL’EGITTO,
IN VISITA AD LIMINA
Il dialogo tra le grandi religioni del mondo, impegno
necessario per combattere la piaga del terrorismo, in primo piano nel discorso
indirizzato dal Papa ad un gruppo di vescovi dell’Egitto, ricevuti, stamani, in
udienza a Castel Gandolfo, in occasione della visita ad Limina Apostolorum.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Il dialogo con l’Islam – ha affermato Giovanni Paolo II –
è particolarmente importante nel vostro Paese dove questa religione” è
professata dalla maggioranza dei suoi abitanti. Ma, ha osservato, assume anche
un “carattere esemplare per il dialogo tra le grandi religioni del mondo”,
sforzo “particolarmente richiesto dopo i tragici avvenimenti legati al
terrorismo che hanno segnato l’inizio del terzo millennio”. Soprattutto, perché
l’opinione pubblica “potrebbe essere tentata di imputarli a cause di origine
religiosa”.
Il Papa ha, così, tenuto a ricordare “quanto sia
essenziale che le religioni del mondo uniscano i propri sforzi per denunciare
il terrorismo e per lavorare assieme al servizio della giustizia, della pace e
della fraternità tra gli uomini”. All’inizio del terzo millennio, ha detto
ancora, il “campo della missione è largamente aperto” per la Chiesa che “vuole
essere la voce dei piccoli e dei poveri”, vuole “ascoltare l’appello di coloro
che aspirano alla pace”. Ancora, che vuole “accogliere i rifugiati senza Paese”
e “mettersi al servizio della vera dignità di ogni uomo”. E proprio
soffermandosi sulla situazione dell’Egitto, il Papa ha messo in rilievo il
lavoro svolto dalla Chiesa per il progresso della società egiziana “nel settore
socio-educativo”, al servizio della “promozione femminile, dell’assistenza alla
maternità e all’infanzia” e, ancora, della “lotta all’analfabetismo”.
Quindi, ha esortato i vescovi egiziani dei diversi riti ad
“approfondire assieme i legami della vera unità cattolica”. In una società
segnata dalla presenza dell’Islam, ha sottolineato, i presuli sanno che “la
testimonianza più importante” è quella della vita quotidiana, “centrata sul
duplice comandamento di amore a Dio e verso il prossimo”. Il Papa si è poi
rallegrato per le numerose vocazioni che caratterizzano la vita della comunità
cristiana d’Egitto. Né ha mancato di sottolineare l’importanza dei giovani per
l’avvenire della Chiesa e della società egiziana. La Chiesa cattolica, ha
evidenziato, assicura alle giovani generazioni “una formazione umana sana ed
equilibrata, capace di donare riferimenti durevoli, specie nell’ambito della
morale”.
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Ieri
pomeriggio, dopo una visita alle Catacombe di Santa Priscilla a Roma, il
Patriarca di Alessandria dei Copti, Sua Beatitudine Stefanos II Ghattas, vi ha
presieduto una Santa Messa in lingua araba.
La Chiesa d’Egitto, Paese di 66 milioni di abitanti per
l’89 per cento musulmani sunniti, conta 240 mila cattolici dei diversi riti:
armeno, caldeo, copto, greco-melkita, latino, siro e maronita. I fedeli,
suddivisi in 14 circoscrizioni ecclesiastiche sono assistiti in 209 parrocchie
da 206 sacerdoti diocesani e 279 religiosi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Pietro e Paolo i due pilastri della prima
Cattedrale in Mongolia”, è il titolo di apertura della Prima Pagina in
riferimento alla consacrazione ad Ulaanbaatar, testimonianza di un evento
storico che delinea il futuro cammino della comunità ecclesiale.
Il messaggio di Giovanni Paolo II ai vescovi della
Chiesa copta dell’assemblea della gerarchia cattolica d’Egitto ricevuti in
visita “ad limina”.
In basso, il cordoglio del Santo Padre per la morte
del cardinale Corrado Ursi, arcivescovo emerito di Napoli.
A seguire, Iraq: lo sdegno della comunità
internazionale dopo l’attentato a Najaf che ha provocato la morte di 87 persone
tra i quali l’ayatollah Mohammed Bakr al-Hakim; l’Onu minaccia di ridurre il
personale; Chirac invita a trasferire rapidamente i poteri agli iracheni; si è
dimesso Alastair Campbell, consigliere di Blair, dopo l’audizione del premier
sul caso Kelly.
Nelle pagine vaticane, l’omelia del cardinale
Crescenzio Sepe per la consacrazione della nuova cattedarle in Mongolia e una
pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.
Nelle pagine estere, Afghanistan: cruenta battaglia nella
provincia di Zabul, decine di morti tra i Taleban.
Gran Bretagna: chiuso per tutta la notte il porto di Dover
dopo il rinvenimento di un ordigno.
Russia: un nuovo attentato in Daghestan sembra confermare
l’estensione della rivolta cecena; affonda un sottomarino a propulsione
nucleare.
Medio Oriente: missione di Solana per sostenere la “road-map”;
da Mosca giunge un monito ad Arafat.
Corea del Nord: valutazioni contrastanti sui colloqui a
Pechino.
Iran: smentita la cooperazione nucleare con il Pakistan.
Nella pagina culturale. l’articolo di Giuseppe Costa su
una recente pubblicazione sulla “fiction” in Italia.
Nelle
pagine italiane, i temi dell’economia, del maltempo e l’articolo di Piero Amici
sul Meeting di Rimini.
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30 agosto 2003
IL WTO TROVA L’ACCORDO SUI FARMACI ESSENZIALI,
A
POCHI GIORNI DALL’INIZIO DELLA CONFERENZA DI CANCÚN
-
Servizio di Andrea Sarubbi -
Dopo mesi di discussioni, i 146
Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio hanno formalmente
approvato oggi a Ginevra l’accordo sui farmaci salvavita. È un’intesa
importante, alla vigilia della Conferenza ministeriale che si aprirà a Cancún,
in Messico, il prossimo 10 settembre. Il servizio di Andrea Sarubbi:
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Era
forte la paura di ritrovarsi a Cancún, tra dieci giorni, e di dover ripartire
da zero. Di scoprire che i progressi compiuti a fatica, negli ultimi 21 mesi,
non erano serviti a nulla. Ma alla fine l’accordo è arrivato, quando tutti
hanno capito che era indispensabile fare un passo avanti. Gli Stati Uniti – i
più scettici, nell’ultimo vertice – hanno accettato deroghe al regime dei
brevetti, purché i medicinali generici siano riconoscibili dalla confezione,
non vengano messi in commercio e non varchino i confini degli Stati colpiti
dalle epidemie. I Paesi in via di sviluppo dotati di un’industria farmaceutica
– come Argentina, Cuba e Filippine, esclusi dalla lista delle Nazioni beneficiarie
delle deroghe – si sono adeguati, dopo aver rischiato di far saltare l’intesa.
L’Europa, da parte sua, si è impegnata a chiarire il concetto di “emergenza
sanitaria”, che a Doha aveva fatto tanto discutere: sarà uno speciale Consiglio
sulla proprietà intellettuale, insieme al Wto, a decidere sui casi dubbi.
Alla base dell’intesa, dunque,
c’è il concetto di buona fede. Che Washington ha voluto mettere per iscritto,
in un documento allegato a quello principale: i Paesi poveri bisognosi di
farmaci essenziali dovranno agire “per proteggere la salute pubblica e non a
fini commerciali o industriali”. E la Santa Sede, che da osservatore esterno ma
interessato aveva seguito tutte le trattative, manifesta soddisfazione per il
risultato raggiunto. Ce lo conferma mons. Osvaldo Neves de Almeyda, già membro
della delegazione vaticana a Doha:
“Questa vicenda mi ha lasciato
un’impressione positiva. Ha fatto emergere, infatti, la capacità della comunità
internazionale di creare regole che vadano al di là degli interessi economici
di tipo prettamente nazionalistico o settoriale. Anche se si tratta di
interessi di un Paese molto potente”.
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SITUAZIONE
FUORI CONTROLLO IN IRAQ:
DOPO
LA STRAGE DI IERI A NAJAF SI TEME UNA SPIRALE DI VIOLENZA
CON
NOI, MONS. FERNANDO FILONI E LAURA BOLDRINI
- Servizio
da Alessandro Gisotti -
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Ancora un attentato, ancora un’orrenda strage. Nell’Iraq
del dopo Saddam Hussein, la normalizzazione sembra davvero lontana. Il massacro
di Najaf è il più grave dalla fine della seconda guerra del Golfo. Prima l’attentato
all’ambasciata di Giordania, poi alla sede dell’Onu di Baghdad, infine quello
devastante di ieri nella città santa degli sciiti sono indice di una
situazione, che sta drammaticamente sfuggendo di mano alle forze
anglo-americane presenti sul territorio. Intanto, sono molti gli interrogativi
sollevati da questa “campagna di destabilizzazione”, come sottolinea il nunzio
apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, raggiunto telefonicamente a Baghdad
da Giada Aquilino:
R. - Non si può pensare ad una forma cieca di violenze
contro tutti e tutto. Dunque, il problema fondamentale, in questo momento, da
parte di tutti, è interrogarsi su quale strategia c’è e chi sono gli autori di
questo ennesimo attentato. Ovviamente, da parte della polizia, da parte delle
Forze della coalizione c’è la massima allerta per cercare di controllare forme
di violenza che poi potrebbero sfociare anche contro persone ed istituzioni che
non hanno nulla a che fare con l’attentato.
D. – Cosa si può auspicare in questo clima di tensione?
R. – L’auspicio ovviamente da parte della gente è che si
arrivi ad una forma stabile in cui queste prime istituzioni, create come
Consiglio di governo, riescano a produrre un governo stesso e quindi ci sia
l’adozione di misure atte a prevenire tante situazioni difficili, e poi a
curare tutto quello stato di cose che in questo momento ancora restano
insolute.
L’attentato
a Najaf rischia, così, di inasprire pericolosamente il confronto tra le diverse
componenti etniche e religiose della società irachena. L’ayatollah Mohammed
Baqer Al-Hakim, ucciso nell’attacco terroristico di ieri, era infatti una delle
personalità più forti del nuovo Iraq. E’ quanto sottolinea il portavoce in Italia
dell’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati, Laura Boldrini, che proprio recentemente
ha visitato in Iran dei campi profughi di iracheni sostenitori del capo sciita
vittima dell’attentato:
R. – L’ayatollah Al Hakim ha rappresentato per anni la
guida spirituale degli sciiti. Di recente, in un viaggio nel sud dell’Iran, nei
campi profughi tra gli iracheni sciiti ho incontrato molti sostenitori di
questo ayatollah che per 22 anni è stato esule in Iran. Quindi, c’è una grossa
implicazione in questo attentato, sicuramente espressione di una tensione
interna e anche di lotte intestine per il controllo del potere, perché oltre ad
essere una guida spirituale quest’uomo era anche un uomo di grande carisma e di
grande presa sulla popolazione. Ciò denota che l’Iraq ancora è molto lontano da
una possibile normalizzazione.
D. – Quanto l’attentato alla sede dell’Onu di Baghdad del
19 agosto sta influendo sulla vostra attività nel Paese?
R. – Sicuramente sta influendo sulla nostra attività come
su quella di tutte le altre agenzie delle Nazioni Unite, perché ora stiamo
lavorando a ranghi ridotti perché adesso abbiamo 50 operatori sul terreno
anziché 100, come ne avevamo prima. E’ chiaro che stiamo portando avanti il
programma di assistenza con più fatica. Vorrei ricordare che in Iraq ci sono
circa 100 mila rifugiati, 80 mila sono palestinesi ma ci sono anche iraniani,
turchi di etnia curda ... questa gente si trova, soprattutto i palestinesi, in
situazione di enorme disagio!
D. – Nel nord dell’Iraq, a causa della campagna di
arabizzazione attuata dal regime di Saddam, migliaia di curdi sono stati
costretti negli anni scorsi a lasciare la propria casa. Qual è ora la loro
situazione?
R. – Il regime prevedeva l’arabizzazione di alcune zone
curde, non solo scacciando i curdi dalle loro case, ma imponendo anche agli
arabi di andare nei villaggi nuovi per loro. Quindi, questa situazione ha
generato uno sradicamento reciproco sia della popolazione curda che araba. Ora
stiamo assistendo questa gente nel loro ritorno a casa, ma con estrema
difficoltà perché ci sono molte dispute circa la proprietà. Chiaramente,
attorno a questo ci sono anche tanti altri equilibri da salvaguardare. Abbiamo
avuto anche un’autorizzazione di sicurezza ad operare, stiamo assistendo i
curdi nel rientro nei villaggi d’origine e gli arabi a lasciare le case dei
curdi e rientrare nei propri villaggi. E’ un esercizio molto complesso ed
estremamente delicato.
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LA
LITURGIA CENTRO DELLA VITA CRISTIANA. CONCLUSA AD ACIREALE
LA SETTIMANA LITURGICA DELLA CHIESA ITALIANA
-
Intervista con mons. Adriano Caprioli -
Si è conclusa ieri ad Acireale la 54ma Settimana Liturgica
Nazionale della Chiesa italiana sul tema “Liturgia, fonte e culmine. A 40 anni
dalla Costituzione conciliare”. L’incontro, organizzato dal Centro Azione
Liturgica, ha inteso esplorare la portata della Costituzione conciliare Sacrosantum
Concilium a quarant’anni dalla promulgazione. Ma quali sono i tratti
principali del rinnovamento in campo liturgico? Risponde il vescovo mons.
Adriano Caprioli, presidente della Commissione episcopale per la Liturgia, al
microfono di Maria Di Maggio.
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R. – Quello che è sotto gli occhi di tutti è il
cambiamento degli altari, il modo di costruire le chiese, dei libri liturgici.
Ma io vorrei soprattutto dire che i cambiamenti sono di fondo e riguardano la
consapevolezza della centralità della liturgia nella vita della Chiesa e del
cristiano; poi, la liturgia come azione dell’insieme di tutto il popolo di Dio,
certo nella differenziazione dei suoi ministeri. Poi, in modo particolare, la Sacrosantum
Concilium lega strettamente la liturgia con la riscoperta della scrittura,
e quindi il riferimento alla parola di Dio.
D. – Ma il cristiano, oggi, ha realmente assimilato la
riforma liturgica?
R. – Dunque, qui è più difficile rispondere, perché questa
domanda riguarda appunto il tema della partecipazione. Su questo tema si può
dire che finora si è insistito molto sul rapporto tra ‘partecipare’ e ‘capire’
la liturgia, per cui all’istanza di partecipazione raccomandata appunto dalla
Costituzione liturgica, si è risposto puntando molto sulla comprensione.
Quindi, l’introdu-zione della lingua viva, la semplificazione dei riti, la
maggior visibilità dell’azione liturgica e così via. Però, che cosa è mancato,
su che cosa bisognerà puntare di più? Sul nesso tra ‘partecipare’, ‘capire’ ma
attraverso il ‘celebrare’ stesso. La liturgia non è un ennesima forma di
catechesi, di scuola; è – a suo modo – una maniera appunto di dire il mistero
attraverso – dice la Costituzione – i riti e le preghiere. Quindi, è il modo
stesso di celebrare che in qualche modo rende più partecipe il popolo di Dio e
l’assemblea.
D. – A suo avviso, oggi cosa va ancora attuato?
R. – Noi abbiamo un modello di iniziazione cristiana
prevalentemente rivolto ai fanciulli; i catechismi sono fatti bene, ma il modo
con cui si usano è piuttosto appiattito su un modello ancora d’iniziazione
cristiana di tipo scolastico, e non riusciamo a trasmettere che essere iniziati
tramite i sacramenti vuol dire essere iniziati alla vita della comunità: la
comunità parrocchiale, quella che celebra, che fa festa, che vive le feste e i
ritmi dell’anno liturgico, che ama ed è attenta ai suoi poveri, ai suoi malati.
La cosa importante è formare sì ancora i bambini alla partecipazione, ma a
partire innanzitutto dagli adulti, dalle famiglie: questa è un po’ la
difficoltà, la debolezza educativa della famiglia nei confronti della fede.
Credo che il passo da fare sia proprio la riscoperta della centralità della
liturgia per la vita stessa del cristiano come singolo e comunità.
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VICENDE
E SORPRESE DELLA VITA, TRA REALTA’ E FANTASIA,
ALLA
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
- A
cura di Luca Pellegrini -
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Miracoli e civiltà. Due bei film, oggi a Venezia, che raccontano credulità e storia. Passa
oggi in concorso il secondo film italiano firmato da Edoardo Winspeare, “Il
miracolo”. Il protagonista è un bambino che in seguito ad un incidente, ad una
luce intravista e con un animo candido,
guarisce - o crede di farlo - un
paziente affetto da crisi cardiaca. Si può bene immaginare che cosa questo avvenimento
scatena nei diversi ambienti che formano la quotidianità di Tonio - questo il
nome del bambino - e di Taranto, la città dove si svolge il film.
A cominciare dalla famiglia: madre, ansiosa di trasformare
l’episodio in un successo personale; padre, giustamente dubbioso ed irritato,
cede all’incanto dei soldi per poi redimersi e rifiutare la vendita del figlio
alle televisioni; amici, più o meno curiosi, soprattutto uno, che crede, come
tutti i bambini, al potere buono dei coetanei e tenta di usare Tonio per
guarire il nonno malato di cancro; la città, che sta per entrare nel meccanismo
consacratorio per esorcizzare ben altri generi di problemi. C’è anche chi si
ribella. La giovane Cinzia, colpevole di aver investito Tonio, sbandata e
abbandonata, è l’unica capace di costruire un rapporto autentico col bambino. E
sarà proprio lei a beneficiare dell’unico, vero dono che Tonio è capace di
offrire: un sorriso carico d’innocenza, un’attenzione pudica che può salvare
davvero una vita.
Anche le belle signore – protagoniste del secondo film in
concorso - che sono ospiti di una
crociera nel Mediterraneo verso Bombay vorrebbero credere che il mondo sia
simile a quello da loro raccontato, plasmato da civiltà millenarie e dalla
filosofia greca, dal dialogo e dal riconoscimento e rispetto per le diversità
culturali.
L’ultranovantenne Manoel de Oliveira ancora una volta non
delude con il suo Un film parlato.
Sulla sua barca troviamo nientemeno che Catherine Deneuve, Irene Papas,
Stefania Sandrelli, belle e famose, e
John Malkovich, capitano coraggioso, e Leonor Silveira con la bella figlia.
Toccano la storia del Mediterraneo, sono affascinate dal passato, credono, fino
all’ultimo, nelle loro idee di pace e di progresso. Ahimè, come ogni giorno i
giornali ci raccontano, il presente non è frutto di belle parole, ma di fatti
cruenti e assurdi.
Infine, non dovrebbero essere solo parole, ma costruire
fatti, quelle del ministro italiano per i Beni e le Attività culturali,
Giuliano Urbani, che ieri ha presentato la nuova legge sul cinema. Garantirà
non solo la sopravvivenza del cinema, ma la sua qualità. Ne fa un commento
Andrea Piersanti, presidente dell’Istituto Luce:
“Questa nuova legge rappresenta una novità importantissima
nel comparto cinematografico italiano, perché ci permetterà di attirare sulla
nostra produzione cinematografica delle nuove risorse. Questo è il primo
obiettivo di questa legge e gli strumenti che sono stati indicati dal ministro
Urbani sembrano adeguati a questo scopo. Questa legge contiene però anche degli
elementi interessanti per ristabilire degli equilibri che con il tempo erano
stati perduti, soprattutto quegli equilibri tra maestri e discepoli. Con il Reference
System si stabiliranno, invece, dei meccanismi per cui produttori con
anzianità di servizio, e quindi con esperienza, saranno stimolati a lavorare
con giovani autori alle prime esperienze e questo permetterà un passaggio di
cultura e di conoscenze che alla fine non potrà fare altro che rivitalizzare
l’intero settore”.
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30
agosto 2003
APPELLO DELLA CARITAS ITALIANA, AL RIENTRO DI UNA PROPRIA DELEGAZIONE
NELLA REPUBBLICA
DEMOCRATICA DEL CONGO: LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
SI ADOPERI PER PORTARE LA PACE, LA DEMOCRAZIA
E L’ASSISTENZA UMANITARIA
ALLE POPOLAZIONI PROVATE
DALLA GUERRA NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI
ROMA.= La Caritas Italiana
auspica che “siano rispettati gli accordi di pace” per la Repubblica
Democratica del Congo e, in particolare, che “le istituzioni internazionali, a
livello mondiale ed europeo, facciano pressione sulle parti in conflitto,
convocando una Conferenza regionale, che veda coinvolti tutti i governi dei
Paesi della regione dei Grandi Laghi, con l’obiettivo di trovare soluzioni
durature e non violente ai problemi dell’area e di promuovere la democratizzazione”.
E’ quanto afferma in un comunicato la stessa Caritas Italiana, al rientro di
una propria delegazione dal Paese africano, duramente provato dal più grave
conflitto del continente, che ha causato in cinque anni circa tre milioni di
morti. La missione della Caritas, che ha visitato le diocesi di Goma e Kindu,
richiama l’attenzione sul drammatico conflitto, che ha visto coinvolti, con
modalità e tempi diversi, numerosi Paesi ed ha avuto al centro la lotta alla
ribellione rwandese, ma soprattutto il controllo di un Paese dalle immense
ricchezze: oro, diamanti, petrolio, cobalto, rame zinco, legname. Il comunicato
spiega che la missione della Caritas “è servita a constatare per l’ennesima
volta la gravissima situazione in cui versa la popolazione congolese ed il
generoso impegno della Chiesa locale”. A Kindu, ad esempio, continuano ad
essere circa mille i bambini che vengono assistiti in centri nutrizionali. Nel
mese di maggio è stata inaugurata la nuova maternità finanziata dalla Caritas
Italiana, nell’ultima settimana di luglio sono state aiutate più di cento donne
vittime di violenze. In piena solidarietà con la Chiesa e la popolazione
congolese, conferma e rafforza il suo sostegno agli interventi di promozione umana
e di soccorso alle vittime del conflitto. La Caritas Italiana auspica pure che
i mezzi di comunicazione diano maggiore spazio a quanto sta accadendo in Africa,
guerre e conflitti, ma anche esperienze positive. (P.Sv.)
L’AFRICA CHIEDE GARANZIE ALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DEL COMERCIO.
I MINISTRI DI UNA QUINDICINA DI PAESI SI SONO
RIUNITI A NAIROBI, IN KENYA,
PER RIBADIRE LA NECESSITÀ CHE NEL VERTICE DI CANCÚN,
IN PROGRAMMA
DAL 10 SETTEMBRE, IL WTO NON DIMENTICHI LE ESIGENZE
DELLE NAZIONI PIÙ POVERE
- A cura di Giulio Albanese -
NAIROBI.= La riunione dei
ministri africani si è chiusa ieri con una lista di questioni che evidenziano
la scarsa attenzione rivolta in questi anni alle problematiche africane, su cui
i Paesi ricchi si erano impegnati nel passato a fornire il proprio aiuto. La vexata
e tormentata quaestio, in sostanza il punto principale su cui i Paesi
africani intendono ottenere qualche risultato, è quello relativo all’abolizione
degli impedimenti, vale a dire le cosiddette barriere doganali o sovvenzioni governative
che non consentono ai prodotti africani, quali il cotone e lo zucchero, di fare
il loro ingresso nei ricchi mercati occidentali. Proprio per questa ragione, dalla
capitale keniana, i Paesi del Continente nero hanno fatto sapere che le
trattative a Cancún su questi temi saranno portate avanti dall’Unione africana
che rappresenterà la voce di tutti i governi del Continente.
"L’AMERICA LATINA NON HA BISOGNO DI AIUTI, MA DELLA POSSIBILITÀ DI
POTER
COMMERCIARE LE PROPRIE
MERCI IN CONDIZIONI DI PARITÀ”. E’ QUANTO AFFERMA L’URUGUAYANO GUZMAN
CARRIQUIRY, SOTTOSEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, AUTORE DEL
LIBRO “UNA SCOMMESSA PER L’AMERICA LATINA”
IN UN’INTERVISTA AL SIR
ROMA.
= "L’America Latina in questo momento è molto interessata all’apertura dei
mercati, con l’obiettivo di superare le tentazioni protezionistiche, che soprattutto
in Europa sono predominanti. Non ha infatti bisogno di aiuti, ma della possibilità
di poter commerciare le proprie merci in condizioni di parità”. E’ quanto
afferma Guzman Carriquiry, sottosegretario al Pontificio Consiglio per i Laici,
che in un’intervista pubblicata sul prossimo numero del Sir, commenta la
situazione socioeconomica dell’America Latina. "L’America Latina – afferma
il sottosegretario, autore, tra l’altro, del libro "Una scommessa per
l’America Latina" (edizioni Le Lettere) - si trova di fronte ad
appuntamenti importanti. Il primo riguarda i negoziati per un area di libero
commercio che vada dal Canada fino alla Terra del Fuoco. Il secondo
appuntamento riguarda le negoziazioni con l’Unione Europea. L’America Latina
chiede una maggiore liberalizzazione dei mercati ed un abbassamento dei dazi di
importazione, soprattutto per quanto riguarda i prodotti agricoli. Attualmente
i dazi statunitensi sono molto più bassi di quelli europei". (C.C.)
L’ASSOLUTA
PRIORITA’ DELLA SOLUZIONE DEI PROBLEMI
SOCIALI,
SOLLECITATA DAI VESCOVI
BRASILIANI CHE IN UN LORO DOCUMENTO PARLANO
DEL CRESCENTE CONTRASTO
TRA GLI ATTIVI RECORD DELLE BANCHE
E L’AUMENTO DELLA POVERTÀ
BRASILIA. = Gli indicatori economici ''godono di
buona salute, mentre quelli sociali soffrono di anemia cronica", si legge
in un documento denominato 'Analisi di congiuntura' presentato ieri dalla
Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). ''C'e' un forte contrasto fra gli
attivi record delle banche e il forte aumento delle persone che non hanno
nulla; fra la concentrazione della terra, la ricchezza e la rendita, e
l'aumento delle favelas”. Durante la campagna elettorale, il presidente Lula
aveva indicato tra le sue priorità lo sradicamento della povertà e la creazione
di 10 milioni di posti di lavoro. Ma la disoccupazione ha toccato i livelli più
alti degli ultimi 20 mesi e l'economia è in recessione. I vescovi sollecitano con urgenza che
vengano affrontati i problemi fondamentali: quelli sociali che – come ha detto
il cardinale Geraldo Macella Agnelo, presidente della Conferenza episcopale
brasiliana – “devono avere la precedenza”.
Di fatto due giorni fa è stata presentata la nuova finanziaria per il
2004, nella quale vengono aumentate le spese per il sociale. La Chiesa brasiliana sostiene da tempo il
Partito dei lavoratori di Lula, con il quale divide l'obiettivo di ridurre le
grandi diseguaglianze che segnano la società brasiliana. I vescovi hanno
ribadito la loro fiducia nel primo presidente operaio della storia del Paese e
nella sua determinazione a combattere le differenze, economiche ed educative.
Ma hanno chiesto al governo di "indicare più chiaramente la strada che
intende prendere". ''Comunque - ha detto il vice-presidente della Cnbb,
mons. Celso Queiroz - sei mesi di governo sono ancora pochi per cambiare la
fisionomia di un paese. (C.C.)
IN PROSSIMITA’ DELLA
CANONIZZAZIONE DEL FONDATORE, IL VESCOVO
DANIELE COMBONI, DA LUNEDI’ A ROMA SI
RIUNISCE
IL CAPITOLO GENERALE DEI
MISSIONARI COMBONIANI. RIFLETTERANNO
SULLE PRIORITA’ DEL LORO
SERVIZIO MISSIONARIO TRA CUI L’OPZIONE
PER GLI ESCLUSI E
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E
INTERCULTURALE
ROMA.=
Lunedì 1° settembre avrà inizio a Roma il
XVI Capitolo generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù,
presso la Curia Generalizia. Gli 81 capitolari - in rappresentanza dei 1.800
confratelli operanti in Africa, Asia, America ed Europa - rifletteranno sul
loro servizio missionario per il sessennio 2003-2009 e sulle priorità che
dovranno caratterizzarlo: l’opzione per gli esclusi, la promozione della
convivenza fraterna fra i popoli, la valorizzazione dell’alterità di fronte
all’effetto livellante della globalizzazione, la ricerca del dialogo
interreligioso e interculturale. Il Capitolo ha anche funzione elettiva e si
tiene in prossimità della canonizzazione del fondatore dell’opera, il vescovo Daniele Comboni, fissata per il
prossimo 5 ottobre in Piazza San Pietro. (C.C.)
TEATRO IN AFRICA. UN
FESTIVAL INTITOLATO ALLA FRATERNITA’,
APPENA CONCLUSO IN TOGO.
IL PREMIO PER LA MIGLIORE RAPPRESENTAZIONE
TEATRALE VINTO DALLA COMPAGNIA TOGOLESE
AKTION THEATRE
PER LA RAPPRESENTAZIONE SUL VALORE DEGLI
ANZIANI NELLA SOCIETA’ AFRICANA
ASSAHOUN. = Il teatro
africano di scena in Togo. Si è appena conclusa ad Assahoun (55 chilometri a
nord-ovest della capitale Lomé) l’ottava edizione del Festival teatrale della
fraternità (Festhef), a cui hanno partecipato
artisti provenienti da varie nazioni dell’Africa. Dal 22 al 27 agosto si
sono alternati nella città togolese spettacoli di prosa, danza, opere musicali,
balletti, mostre fotografiche e di arti varie. Quest’anno il premio per la
migliore rappresentazione teatrale è stato vinto dalla compagnia togolese
Aktion Théâtre con lo spettacolo ‘Autour de la kora’, un racconto adattato per
il teatro sull’importanza e il ruolo che rivestono gli anziani nella società
africana. Uno dei suoi attori, Roger Attikpo, ha conseguito il riconoscimento
come miglior attore. Il secondo premio è andato ad una compagnia del Benin,
Kauris d’Afrik, con ‘Le dernier pas’ (L’ultimo passo) e il terzo alla
‘Compagnie Assassan du Togo’, interprete di ‘Quand l’oiseau s’envole’ (Quando
l’uccello prende il volo). Nato del 1993, il Festhef intende incoraggiare lo
scambio di competenze, idee e di stimoli intellettuali tra i giovani artisti
africani.(C.C.)
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30
agosto 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Un’ennesima giornata di sangue si
deve purtroppo registrare in Iraq dove, ieri, davanti alla moschea di Najaf è esplosa un’autobomba causando
secondo l’ultimo bilancio, non ancora definitivo, almeno 100
morti ed oltre 200 feriti. Nel sanguinoso attentato è rimasto ucciso
anche il capo dell’Assemblea suprema della rivoluzione islamica in Iraq
(Asrii), l’ayatollah Mohammad Baqr Al-Hakim. Poche ore dopo
la strage la polizia irachena ha arrestato quattro arabi, che hanno
confessato di essere gli autori del grave episodio di violenza, e le Nazioni Unite hanno annunciato che ridurranno
drasticamente il loro personale presente nel Paese arabo. Questa mattina,
inoltre, si sono tenute nelle città di Bassora e Najaf, manifestazioni di protesta
organizzate dalla comunità sciita. A Bassora, dove ieri era
stata lanciata una granata contro una base dei militari britannici, hanno manifestato
circa cinquemila persone, sfilando nei pressi della moschea Al-Ebla. A Najaf,
dove stamani artificieri americani hanno disinnescato un’altra autobomba, i manifestanti
si sono riuniti nei pressi della Moschea di Ali, teatro del sanguinoso attentato
di ieri, innalzando ritratti del leader sciita, Al-Hakim. Sulla figura dell’ayatollah
ci riferisce Paolo Mastrolilli:
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Al-Akim era il leader del Supremo Consiglio per la
rivoluzione islamica in Iraq e finora aveva appoggiato l’occupazione mandando
anche suo fratello nel Consiglio governativo provvisorio insediato dagli Stati
Uniti a luglio. Pochi giorni fa un altro attentato aveva cercato di uccidere un
suo parente. Ahmed Chalabi, altro membro del governo provvisorio, ha accusato
dell’attentato i fedelissimi di Saddam che avrebbero interessi a provocare il
caos e a dividere la comunità sunnita dalla maggioranza sciita in modo da
generare una guerra civile incontrollabile. I sospetti, però, riguardano anche
Al-Qaeda e altre formazioni sciite contrarie all’occupazione impegnate in una
faida interna per la leadership della comunità. La giornata di violenza è stata
segnata anche da due nuovi attacchi contro le truppe americane a Baquba e
Falluja. Un soldato è stato ucciso ed almeno 6 i feriti. Il presidente Bush ha
detto che gli attentati non intaccheranno la sua determinazione a combattere il
terrorismo, ma intanto l’Onu ha deciso di ridurre il suo personale in Iraq del
90 per cento per ragioni di sicurezza.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Gli effetti della crisi irachena si fanno sentire anche in
Gran Bretagna, ancora scossa dall’apparente suicidio dello scienziato David
Kelly. Ieri, il giorno dopo l’udienza in tribunale del premier britannico, Tony
Blair, si è infatti dimesso Alastair Campbell, il direttore della comunicazione
e della strategia di Downing Street. Campbell ha svolto un ruolo centrale nella
preparazione del controverso dossier sulle armi di distruzione di massa
irachene. Al suo posto è subentrato il 55.enne David Hill, ex direttore delle
comunicazioni del partito laburista e già ma-nager di una società di relazioni
pubbliche.
Un sottomarino nucleare russo,
con a bordo un equipaggio di dieci persone è affondato, la scorsa notte, nel
Mare di Barents. Secondo quanto riferito dal portavoce del ministero federale
della Difesa, il colonnello Nikolay Deryabin, solo un marinaio è stato tratto
in salvo. Il reattore del sottomarino era già stato disattivato, le sue armi
scaricate e non si temono, dunque, rischi ecologici. La tragedia è avvenuta a
tre anni di distanza da quella del 12 agosto del 2000, quando 118 marinai
persero la vita nell’incidente del Kursk.
Il presidente russo, Vladimir Putin, è stato avvertito
dell’accaduto mentre si trova in Sardegna, ospite del premier italiano, Silvio
Berlusconi. L’Iraq è stato il tema dell’incontro tra i due leader politici. “E’ chiaro -
ha detto il primo ministro italiano - che una risoluzione Onu sull’Iraq
aprirebbe una strada corale dei Paesi dell’Unione europea”. “Il primo obiettivo
- ha aggiunto il capo del Cremlino - è oggi quello di arrestare la scia di
violenze nel Paese arabo”. Sui rapporti tra la Russia e l’Unione europea, Putin
ha inoltre dichiarato che “l’obiettivo è di puntare ad un avvicinamento
graduale e strategico, ma senza troppa fretta”.
Ci spostiamo in Medio Oriente,
dove non si spezza la catena di violenze. Ieri un colono israeliano è stato
ucciso in Cisgiordania dalle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa: dopo Hamas e
Jihad, dunque, anche il gruppo armato legato al partito di Arafat ha ora rotto
la tregua. Il servizio di Graziano Motta:
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L’agguato teso dai guerriglieri ad una automobile di
coloni raggiunta da colpi da fuoco sulla Allon Road, ad Est di Gerusalemme è
diventato un caso nazionale seguito ora per ora dalle emittenti radiofoniche,
perché la moglie del giovane guidatore ucciso, rimasta seriamente ferita, era
incinta al settimo mese. Dopo essere stata ricoverata all’ospedale ‘Limor
Har-Melech’ di Gerusalemme, i medici hanno fatto nascere la bambina ma la mamma
non è ancora stata dichiarata fuori pericolo. Le tensioni sono rimaste intanto
alte nella Striscia di Gaza, perché il movimento fondamentalista Hamas ha
minacciato vendetta al più presto per l’uccisione di un suo esponente e poi per
una seconda incursione di unità blindate di fanteria del genio nella zona di
Beit Hanun, dove è stato spianato un agrumeto dal quale i guerriglieri di Hamas
l’altro ieri avevano colpito, con missili kassem perfezionati durante la
recente tregua, la zona industriale di Askelon.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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“Il cammino da compiere per la
pace e per una penisola coreana denuclearizzata è ancora lungo e molto
accidentato”. E’ questo il pensiero di James Kelly, rappresentante degli Stati
Uniti ai negoziati di Pechino sulla crisi nucleare nordcoreana. Dal vertice –
convocato con l’obiettivo di placare le tensioni tra Washington e Pyongyang –
non sono emerse decisioni concrete, ma i 6 Paesi partecipanti hanno manifestato
il proprio impegno a superare le divisioni, come ci conferma Chiaretta Zucconi:
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Stati Uniti, Cina, Russia, il Giappone e le Coree si sono
impegnati ad allentare le tensioni e a continuare il dialogo con un nuovo giro
di consultazioni, probabilmente già da metà ottobre, ma le parti non sono
riuscite a trovare un accordo sulle misure specifiche da adottare per mettere
fine alla crisi. Piani operativi che in parte non sono emersi, anche perché la
Cina, Paese che ha ospitato i colloqui, ha preferito che queste consultazioni
fossero soprattutto informative e non ancora veri e propri negoziati. Al termine
delle consultazioni, il vice-ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha riferito
che Washington non vuole minacciare o attaccare la Nord Corea e che a sua volta
Pyongyang non desidera possedere armi nucleari. Ma al di là degli sforzi
diplomatici cinesi, profonde restano le divergenze, la diffidenza tra Usa e
Corea del Nord. Pyongyang ha sventolato ancora una volta lo spauracchio dei
suoi arsenali nucleari e dei test missilistici e Washington ha ripetuto il suo
categorico ‘no’ alla firma di un trattato di non aggressione.
Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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La giunta militare al potere in
Myanmar ha annunciato oggi un piano in sette punti per ripristinare la
democrazia nel Paese. Il progetto prevede elezioni libere e una nuova
costituzione. Nel ‘90 si tennero delle elezioni ma, quando si stava profilando
una travolgente vittoria dell’opposizione della Lega nazionale per la
democrazia, guidata dal premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, i militari
annullarono i risultati della consultazione e arrestarono la leader birmana. La
donna è attualmente ancora detenuta.
L’assenza di uno sbocco al mare può rendere poveri anche i
Paesi ricchi di risorse. È quanto emerso dalla Conferenza ministeriale che si è
conclusa ieri ad Almaty, in Kazakhstan. I governi di alcuni Stati dell’Asia
centrale si sono confrontati, insieme ai rappresentanti dell’Onu, sulle
difficoltà di integrarsi nel commercio internazionale.
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