RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 240 - Testo della
Trasmissione di giovedì 28 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Un blackout informatico ha colpito ieri il continente
americano
I
servizi di intelligence americani temono di aver ricevuto informazioni false
sugli arsenali iracheni
Il
primo ministro inglese, Tony Blair, si è presentato davanti al giudice Hutton
per il caso Kelly
Nella
seconda giornata di negoziati sulla crisi nucleare nordcoreana raggiunto a
Pechino un accordo tra Pyongyang e Seul per la costruzione di una ferrovia
comune.
28 agosto 2003
IL GIUBILEO DEL PONTIFICATO, IL PELLEGRINAGGIO AL
SANTUARIO DI POMPEI
E LA
BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA:
QUESTI
GLI AVVENIMENTI PRINCIPALI CHE ATTENDONO IL PAPA
FINO
AL MESE DI NOVEMBRE
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Un autunno
fitto di impegni pastorali, spiritualmente denso, ricco di celebrazioni di
grande richiamo. E’ quello che attende Giovanni Paolo II per i mesi da
settembre a novembre, secondo quanto reso noto dal vescovo Piero Marini,
maestro delle cerimonie pontificie. Già all’orizzonte, si profila il 102.mo
viaggio internazionale, che il Papa compirà in Slovacchia dall’11 al 14
settembre prossimi, durante il quale presiederà un solenne cerimonia di
beatificazione di due martiri locali, vittime della persecuzione comunista. Due
settimane più tardi, il 27 settembre, il Pontefice ricorderà le figure dei suoi
predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo I, nel 25.mo della loro morte, durante
una Messa in San Pietro, alle ore 18.
L’agenda di ottobre - che vedrà tra l’altro i
festeggiamenti per il giubileo pontificio di Giovanni Paolo II - si apre
domenica 5 con la Messa di canonizzazione di tre beati. Il più noto è il
vescovo bresciano Daniele Comboni, l’evangelizzatore per eccellenza dell’Africa
e avversario giurato della schiavitù, obiettivi ai quali consacrò l’esistenza,
fondando tra il 1867 e il 1872 due istituti missionari, uno maschile e uno
femminile, che portano il suo nome. Gli altri due futuri Santi sono il
fondatore della Società del Verbo Divino, padre Arnold Janssen, e un
missionario dello stesso Istituto, padre Josef Freinademetz. Entrambi furono beatificati nel ’76 da Paolo VI nel primo centenario di
fondazione della Congregazione, meglio conosciuta come dei Padri Verbiti.
Animato da un grande zelo apostolico, padre Janssen inviò nel 1879 i primi
missionari in Cina, quindi fu la volta del Nord e del Sud America, del Giappone
e delle Filippine. Nel primo gruppo di missionari inviati in Cina, figura padre
Josef Freinademetz, altoatesino, affascinato da padre Jannsen e dal suo
carisma. In Cina, padre Josef impianta nello Shantung la prima missione della
congregazione e si distingue per la sua carità senza limiti. Muore nel 1908,
vittima di un’epidemia di tifo che egli si era prodigato ad arginare, curandone
coraggiosamente i malati.
Due giorni dopo le canonizzazioni, martedì 7 ottobre,
Giovanni Paolo II si recherà in visita pastorale al Santuario della Beata Maria
Vergine del S. Rosario di Pompei. Il pellegrinaggio, di una sola giornata,
porrà in risalto l’Anno speciale che il Papa ha voluto dedicare
all’approfondimento della preghiera mariana. Il culmine delle celebrazioni del
mese coinciderà con i festeggiamenti per il 25.mo di Pontificato di Giovanni
Paolo II, il 16 ottobre. In quel giorno, saranno a Roma tutti i cardinali e i
presidenti delle Conferenze episcopali del mondo per un momento di riflessione
su questo straordinario traguardo. Il 19 ottobre poi, Piazza San Pietro e Roma
accoglieranno le migliaia di pellegrini che parteciperan-no, alle ore 10, alla
Messa di beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, che verrà elevata agli
onori degli altari a sei anni dalla morte. Quindi, il 24 ottobre, come da
tradizione, in vista dell’inizio dell’anno accademico delle Università
ecclesiastiche, il Papa presiederà una Messa nella Basilica Vaticana con inizio
alle 17.30.
Tre le celebrazioni del Papa per il mese di novembre: il
momento di preghiera per i Pontefici defunti in occasione della solennità di
Tutti i Santi, il primo novembre, che vedrà Giovanni Paolo II scendere alle 18
nelle Grotte vaticane. Il 9 novembre, alle 9.30, la Basilica petrina tornerà a
riempirsi per la Messa di beatificazione di cinque Servi di Dio. Infine, il 13
novembre alle 11.30, il Papa presiederà la Santa Messa in suffragio dei
cardinali e dei vescovi morti nel corso dell’anno.
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NUOVO
ESARCATO DI RITO BIZANTINO IN SERBIA E MONTENEGRO.
RINUNCIA
DI AUSILIARE IN USA
Il
Santo Padre ha istituito l’esarcato apostolico
di Serbia e Montenegro per i cattolici di rito bizantino residenti nel
Paese, con territorio distaccato dall’eparchia di Krizevci (Croazia) e con sede
nella città di Ruski Krstur. Allo stesso tempo, il Papa ha nominato come primo
esarca apostolico della nuova circoscrizione il vescovo mons. Djura Dzudzar,
finora ausiliare dell’eparchia di Mukacheve di rito bizantino, in Ucraina. Il
nuovo esarcato comprende oltre 22 mila fedeli cattolici di rito bizantino,
distribuiti in 17 parrocchie e assistiti da 18 sacerdoti. Vi sono inoltre 55
religiose, 12 seminaristi maggiori e 4 seminaristi minori.
Negli
Stati Uniti d’America, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di
ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimore, presentata dal vescovo mons. William
Clifford Newman, per raggiunti limiti di età. Il presule statunitense ha
infatti compiuto l’età “canonica” di 75 anni lo scorso 16 agosto.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Le esperienze della storia di tutta l’Europa
rendono profeticamente attuale la voce di Giovanni Paolo II”: è il titolo che
apre la Prima Pagina in riferimento al ringraziamento dell’episcopato della
Polonia al Santo Padre per l’Esortazione apostolica “Ecclesia in Europa” e per
i suoi recenti interventi sulle radici cristiane del Continente.
A seguire, Medio Oriente: la Lega Araba sollecita
l’intervento del Quartetto; l’appello di Arafat alla tregua non convince gli
Stati Uniti; arrestati 21 militanti dell’Fplp.
Iraq: per l’Onu il pericolo maggiore è la
criminalità organizzata; Bremer chiede ingenti finanziamenti per la
ricostruzione del Paese. Gran Bretagna: le deposizioni del primo ministro Blair
e del ministro Hoon sul caso Kelly.
Corea del Nord: gli Stati Uniti escludono incontri
bilaterali.
Nelle pagine vaticane, un articolo sulla visita del
cardinale Crescenzio Sepe in Mongolia alla vigilia della consacrazione
episcopale del nuovo vescovo e della dedicazione della cattedrale dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo e un contributo su Santa Chiara nel 750.mo anniversario
della morte e dell’approvazione della regola.
Nelle pagine estere, Russia: la guerriglia cecena estende
la sua offensiva.
India: si indaga sul possibile coinvolgimento di Al Qaeda
nell’attentato di Bombay.
Iran: per Teheran il nuovo rapporto dell’Aiea è “meno
duro”.
Costa d’Avorio: presunti golpisti arrestati in Francia.
Serbia: il Parlamento riafferma la sovranità sul Kosovo.
Europa: secondo le stime l’ondata di caldo ha causato la
morte di 20.000 persone.
Nella pagina culturale, un articolo di Franco Pelliccioni
sulle antiche città romane di Thysdrus
e Sefetula in Tunisia.
Nelle pagine italiane, i temi dell’economia, della
politica e l’articolo di Piero Amici sul Meeting di Rimini.
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28 agosto 2003
QUARANT’ANNI
FA A WASHINGTON, IL SOGNO DI LIBERTA’ DI MARTIN LUTHER KING.
CON
NOI, VITTORIO ZUCCONI
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Servizio di Alessandro Gisotti -
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I HAVE A
DREAM. ...
“Io ho un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel
sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino
in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che
tutti gli uomini sono creati uguali. Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse
colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli
di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo
della fratellanza”.
(Battle Hymn of the
Republic)
Ci sono discorsi che fanno la storia e restano scolpiti
nel cuore degli uomini. Quarant’anni fa, a Washington di fronte a più di
duecentomila persone, Martin Luther King dava voce al sogno di milioni di neri
americani. Un sogno di libertà, iniziato nel 1955 quando il pastore battista
aveva guidato il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, in Alabama, per
protestare contro l’arresto di Rosa Parks. Una donna di colore la cui unica
colpa era quella di essersi rifiutata di lasciare il proprio posto ad un
passeggero bianco. Armato soltanto di parole, sorretto da una fede
incrollabile, Martin Luther King ha saputo cambiare il volto dell’America. Una
sfida che il leader dei diritti civili seppe cogliere con coraggio e
lungimiranza, come sottolinea da Washington, il corrispondente dagli Stati
Uniti del quotidiano “La Repubblica”, Vittorio Zucconi:
R. – Occorreva da una parte una rivoluzione autentica, ma
dall’altra doveva essere una rivoluzione civile pacifica: lui era un seguace,
un lettore accanitissimo del Mahatma Gandhi, e di tutta la predicazione della
non-violenza che aveva liberato ed emancipato l’India dall’impero inglese.
Quello fu il suo principale pensiero ispiratore: dimostrare la dignità e la
maturità civile del popolo nero americano nel Sud, dalle zone dove la
discriminazione era più violenta, per marciare verso il cuore delle decisioni
politiche americane, verso la coscienza dell’America che era, naturalmente,
Washington, la capitale.
D. – Cosa resta nella società americana dello spirito di
quei giorni?
R. – Il movimento per i diritti civili americani, che si
estendono naturalmente dalla popolazione di colore ai nuovo immigrati, ai
gruppi discriminati, alla povertà soprattutto, è in un momento di grande stasi.
Si può dire che manca un leader, manca una persona con la forza carismatica. Si
può anche dire, invece, al contrario, che è l’assenza di un forte spirito
civile che non produce un leader.
D. – Quanto del sogno di Martin Luther King si è
realizzato in questi ultimi 40 anni, e quanto è ancora lungo, invece, il
cammino americano sulla via dell’uguaglianza?
R. – Dobbiamo essere giusti: moltissima strada è stata
fatta; oggi nessuno si scandalizzerebbe più se ci fosse un presidente degli
Stati Uniti di colore. Abbiamo visto personaggi come Powell, come Condoleeza
Rice... Rimane oggi una discriminazione molto più sottile: non si è più
costretti a sedere in fondo all’autobus e a non utilizzare i gabinetti
riservati ai bianchi, però esiste una discriminazione di fatto, quello che in
America chiamano il ‘soffitto di cristallo’: il fatto che oltre certi livelli è
molto difficile andare. E in questi anni è intervenuta la grande
discriminazione della miseria e quella della droga: non c’è dubbio, per
esempio, che il trattamento dei giovani neri nei ghetti trovati a spacciare o a
consumare droga è infinitamente più severo e draconiano di quello inflitto ai
giovani bianchi, sorpresi a commettere lo stesso reato. Una delle grandi virtù
di Martin Luther King, al di là della iconizzazione della sua figura,
dell’averne fatto un ‘santino’, era che attraverso la chiave della non-violenza
è riuscito a mobilitare anche altre forze non di colore. Ecco, questa grande
fusione, che noi diremmo unitaria o transetnica, oggi c’è sempre meno!
(We
shall overcome)
Nel 1964, a soli 35 anni, Martin Luther King fu insignito
del premio Nobel per la pace. Nel discorso di accettazione, pronunciato ad
Oslo, il suo pensiero andò ai milioni di neri americani impegnati nella
battaglia per i propri diritti. “Quando gli anni passeranno - affermò - gli
uomini e le donne sapranno e i bambini impareranno che il nostro Paese si è
fatto più bello, la sua gente più nobile perché questi umili figli di Dio hanno
voluto soffrire per il bene di ciò che è giusto”.
(Coda musicale)
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LE GRANDI RELIGIONI SUL TEMA DELLA FELICITA’
AL
MEETING DI RIMINI PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI
-
Servizio di Debora Donnini -
Ebrei,
cristiani e musulmani sul tema della felicità. Questo l’incontro clou stamani
al Meeting di Rimini per l’Amicizia fra i popoli, che continua a parlare di
politica. Il servizio dal Meeting di Rimini della nostra inviata, Debora
Donnini.
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Proporre piattaforme di incontro: questo l’intento del
Meeting, che oggi ha riflettuto sul tema “Perché sono felice di essere ebreo,
cristiano e musulmano?”. Un incontro reso possibile – ha ricordato Savorara,
direttore di “Tracce” e moderatore – dall’impegno di mons. Pietro Sambi, nunzio
apostolico in Terra Santa. Un incontro fra il rabbino David Broadman, direttore
del centro Savion, Giancarlo Cesana del Consiglio Nazionale di Comunione e
Liberazione e Alì Kleibo, docente presso la Al Kous?? University di
Gerusalemme. “Ogni respiro, ogni secondo di vita dobbiamo ringraziare Dio, così
come dobbiamo ringraziare Dio perché oggi le religioni possono parlarsi, qui,
davanti a voi”, ha detto il rabbino Broadman. Parlando della propria esperienza
in campo di concentramento, da piccolo, il rabbino ha ricordato che sua madre
lo invitava sempre a recitare lo “Shemà Israel”. “Anche se spesso non
comprendiamo Dio, come accadde a Giobbe, sappiamo che Dio è con noi. Saremo
insieme – ha detto poi il rabbino – quando verrà il Messia”.
E sulla vicinanza di Dio come motivo di felicità vera si è
dipanata anche la riflessione di Alì Kleibo, musulmano, che ha sottolineato
come Dio non solo ha creato l’uomo, ma cerca con lui un incontro, e in questo
consiste la felicità, non nel denaro. “In un abbraccio concreto percepisco Dio
– ha poi detto Giancarlo Cesana – un abbraccio che a sua volta è vero se
rimanda all’Altro con la ‘a’ maiuscola. La vicenda di Cristo ci dice che Dio si
è mischiato con l’uomo. Percepisco Dio – ha detto Cesana – attraverso l’amore
di cui sono circondato, la comunità cristiana, e dell’incontro di oggi sono
grato, perché la speranza che ho mi fa crescere il desiderio di essere in unità
con loro, con tutti. Perché non è Dio che vuole la guerra, l’uomo vuole la
guerra. Perché – ha concluso Cesana – non siamo al mondo per avere ragione,
siamo al mondo per amare”.
Distinguendo fra piccola felicità e grande felicità, ieri
il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, ha sottolineato che il
compito della politica non è di dare la grande felicità, ma di garantire il
benessere comune, la pace e la sicurezza, cose importanti, che però si possono
perdere se non ancorate alla grande felicità che consiste nel dono di sé e
poggia su due pilastri, quello del perdono e della misericordia.
E ieri sera il Meeting ha anche assistito ad un’altra
piattaforma di dialogo, quella fra il segretario dei Ds, Fassino, e il
presidente della regione Lombardia, Formigoni, sulle riforme. Il segretario dei
Ds si è detto favorevole a richiamare le radici cristiane nella Costituzione
europea e ha posto alcune condizioni per la ripresa del dialogo con la
maggioranza sulle riforme.
Dal Meeting di Rimini, Debora Donnini, Radio Vaticana.
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CON
WOODY ALLEN E I SUO FILM “ANYTHING ELSE” SULL’AMERICA CHE CAMBIA,
INAUGURATA
A VENEZIA LA 60.MA MOSTRA DEL CINEMA
- A
cura di Luca Pellegrini -
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“Non rivedo mai i miei film. E’ più forte di me. Per cui
farò un giretto qui attorno, poi ci vedremo al party. Col cibo non ho lo stesso
tipo di problemi”. Così, piccolo, smarrito, come sempre arguto e sincero, Woody
Allen, proprio lui finalmente in carne ed ossa, ha idealmente inaugurato ieri
sera la sessantesima Mostra del cinema di Venezia, attorniato da Franco
Bernabè, presidente della Biennale, Moritz de Hadeln, direttore della Mostra,
ed Alessandra Martines, madrina della serata d’inaugurazione nella parzialmente
rinnovata Sala Grande.
Arrivano le tre diverse giurie, passerella, qualche
dichiarazione – Mario Monicelli alla bella età di 88 spigliato e divertito – e
poi via alle immagini di New York, palcoscenico più che mai amato dal grande
Woody Allen, che in “Anything Else” inserisce, tra i suoi temi
preferiti, tre importanti novità: la presa di coscienza che qualche cosa in
America è cambiato; l’urgenza di confrontarsi finalmente con la gioventù e le
sue irrequietezze; il coraggio di lasciare tutto e tutti, compresa la Grande
Mela.
Ma i tempi, al Festival, corrono veloci. Oggi arriva il
francese Jacques Doillon con “Raja”, primo film in concorso. Con un affanno
spietato ed irritante Fred, un occidentale annoiato nella sua bella villa in
Marocco, e la poco attraente Raja assunta nel suo staff domestico, si cercano,
tentano di amarsi, ciascuno imponendo le ragioni giuste e sbagliate dei loro
divergenti punti di vista. Purtroppo non viene delineata con esattezza e
perseguita fino in fondo la denuncia sociale che ben si attaglierebbe a tante
simili situazioni che nascono e crescono in quei Paesi più facilmente
colonizzati dal male e dalle ossessioni occidentali, ultimo, tragico rimasuglio
di ben altre tragiche imprese di conquista. Infine, l’odore della sofferenza
che circola in quella casa e la pesantezza dell’animo che in fondo segna e
nutre gesti e parole dei due, sembrano piuttosto un pretesto per raccontare
qualche cosa di personalmente toccante ed innescare una sorta di condivisione
raggelata, nonostante i colori ed i profumi del Marocco.
Da Venezia, Luca Pellegrini per
Radio Vaticana.
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28 agosto 2003
UN
NUOVO BLACKOUT, QUESTA VOLTA INFORMATICO, HA COLPITO IERI
IL
CONTINENTE AMERICANO. PER CIRCA DUE ORE, DALLE 15.30 LOCALI,
CIRCA
LA META’ DEI COLLEGAMENTI INTERNET E’ SALTATA IN ARGENTINA, BRASILE,
URUGUAY,
PERU’, VENEZUELA, CILE E BOLIVIA
BUENOS AIRES. = Un gigantesco blackout informatico di
circa due ore ha lasciato ieri pomeriggio senza servizio di Internet circa la
metà dei clienti dell'America latina,
e si calcola che solo in Argentina siano 'caduti' oltre 1 milione e 200
mila collegamenti. Oltre all'Argentina,
il guasto ha gravemente danneggiato i sistemi di Uruguay, Brasile, Perù,
Venezuela, Cile e Bolivia. Alla radice del problema vi è stato un guasto ad un
raccordo di fibra ottica manifestatosi verso le 15.30 (le 20.30 italiane), che ha messo fuori uso i
sistemi informatici di numerose banche, mezzi di informazione, enti pubblici,
nonché di moltissimi privati. Fonti specializzate hanno indicato che ''vi sono
solo due grandi società che gestiscono i collegamenti in fibra ottica in
Argentina e nel continente americano E
quella che ha avuto problemi è la Global Crossing, di cui si
servono circa la metà dei fornitori di servizi della regione''. La Global
Crossing, uno dei principali operatori di telecomunicazione degli Stati
Uniti con 100.000 miglia di fibre ottiche in tutto il mondo, è in bancarotta
dall'inizio dello scorso anno, ed ha a fine luglio chiesto al Tribunale
fallimentare un prestito di 100 milioni di dollari. L'incidente è stato di dimensioni
eccezionali perché ha riguardato due contemporanee interruzioni dei cavi di
fibra ottica del cosiddetto South America Ring. ''Un circuito - hanno
spiegato tecnici di Internet - è sempre predisposto per sopportare una
interruzione. Ma in questo caso ve ne sono state due: una fra Buenos Aires in
Argentina e San Paolo in Brasile, la seconda, sottomarina, al largo del
Cile.” (R.G.)
VIVERE
LA SPERANZA NELLA SOCIETA’ GLOBALE DEL RISCHIO:
E’ IL TEMA DELL’INCONTRO NAZIONALE DI STUDIO
DELLE ACLI,
IN
PROGRAMMA AD ORVIETO DAL 5 AL 7 SETTEMBRE PROSSIMO
ROMA.= Come affrontare la dimensione del rischio senza
lasciarsi paralizzare dalla paura in un
mondo sempre più complesso ed interconnesso. Quali sono gli strumenti più
efficaci per combattere i problemi transnazionali, a cominciare dal terrorismo.
In definitiva, come promuovere una globalizzazione più responsabile. Sono
queste le domande su cui si ragionerà ad Orvieto dal 5 al 7 settembre, in
occasione dell’“Incontro nazionale di studio delle ACLI”, che quest’anno verte
proprio sul tema “Vivere la speranza nella società globale del rischio” dalla
sfida della bioetica, a quella mediatica, dalla questione delle risorse alla
sfida multiculturale. “Sono temi vasti, diversi tra loro e per certi versi
nuovi per le ACLI - afferma, in una nota, il presidente nazionale delle ACLI,
Luigi Bobba - che si snoderanno in un programma fitto di appuntamenti, con
esperti e testimoni nazionali ed internazionali”. A tenere insieme questi
argomenti, prosegue Bobba, “la proposta del paradigma della responsabilità come
criterio per governare i processi di globalizzazione economica, culturale,
politica oggi in atto, nella convinzione che si possa e si debba costruire un
mondo più giusto, più solidale, più in pace per il bene comune dell’intera
famiglia umana”. Il 5 settembre aprirà i lavori il presidente nazionale delle
ACLI. Quindi, seguiranno gli interventi introduttivi di Massimo Cacciari e
Giuseppe De Rita. Nei giorni successivi è previsto l’intervento di numerose
personalità tra cui il cardinale Ersilio Tonini, l’arcivescovo Renato Martino,
Chiara Lubich, il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, i giornalisti
Gad Lerner, Enrico Mentana, Paolo Ruffini, Magdi Allam, Luigi Accatoli ed
Angela Bottiglione. E ancora, Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on
Economic Trends, Staffan de Mistura, rappresentante personale di Kofi Annan nel
Libano del Sud ed Euclides Andrè Mance, consigliere del presidente del Brasile
Lula, Nelle giornate di studio, le ACLI presenteranno anche le esperienze sul
campo della loro Ong (IPSIA) dal Brasile al Sudan, dal Mozambico al Kosovo.
(A.G.)
8OO
PSICOLOGI DELL’ETA’ EVOLUTIVA, GIUNTI DA EUROPA, AMERICA ED ASIA
SONO
RIUNITI DA IERI A MILANO PER UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE OSPITATA
DALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA. AL CENTRO DEI LAVORI L’ANALISI DELLE DIVERSITA’
CULTURALI
NEI PROCESSI DI SVILUPPO NELLA PRIMA INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA
MILANO.
= Le differenze culturali al centro dell'undicesima Conferenza internazionale
sulla psicologia dello sviluppo, cui partecipano 800 docenti e ricercatori
europei, americani e asiatici. L’incontro si è aperto ieri sera all'Università
Cattolica di Milano, promosso dall'European Society for Development Psychology.
Tanti i campi di indagine, accomunati dalla ricerca sulla psicologia dell'età evolutiva, che va dalla nascita
all'adolescenza, periodo che dovrebbe concludersi con la pubertà, intorno ai
17/18 anni, ma che nel mondo occidentale tende sempre più spesso a prolungarsi
agli anni universitari. Come ha spiegato Paola di Blasio, psicologa dell’Ateneo
cattolico milanese, mentre alcune emozioni, come rabbia e gioia, sono
considerate universali alla nascita, perché si sviluppano nello stesso modo in
tutte le culture, ce ne sono altre che hanno un carattere più sociale, e
variano a seconda dell'educazione e dell'ambiente. Un esempio? Il concetto di
colpa e di vergogna, emozioni che variano in culture diverse. ''Noi proviamo il
senso di colpa, mentre gli orientali – ha detto la studiosa - hanno una cultura
basata sulla vergogna, che si estende dal singolo al suo gruppo di riferimento:
in un'industria giapponese, per esempio, se sbaglia uno, si vergognano tutti''.
A questo punto è legittimo chiedersi: cosa succede quando un bambino cinese entra
in una scuola italiana? come fare a capire le sue reazioni? Proprio per questo,
ha aggiunto Paola De Blasio, una delle professioni del futuro sarà quella del mediatore
culturale, per avvicinare una cultura ad un'altra. Oltre alla differenze culturali,
durante la Conferenza di Milano, fino al 31 agosto, si parlerà di adolescenza,
in relazione ai legami familiari, all'amicizia, allo sviluppo del linguaggio e
al fenomeno del ‘bullismo’. In particolare, nel corso di un Simposio dedicato
alla narrazione, si affronterà la questione dell'efficacia terapeutica del
racconto scritto che, da alcuni studi, sembra avere degli effetti persino sul
benessere fisico. (R.G.)
ANCORA
FORTE IN RUSSIA IL RETAGGIO DELL’ATEISMO DI MASSA:
IL 70 PER CENTO DELLA POPOLAZIONE SI DICHIARA
NON CREDENTE. NONOSTANTE CIO’ SI REGISTRA UN RISVEGLIO D’INTERESSE RELIGIOSO,
AVVALORATO
DALLA NASCITA DI DIVERSI GIORNALI E DI UNA TV CATTOLICI
MOSCA.
= Ancora oggi in Russia si dichiara non credente oltre il 70 per cento dei 147
milioni di abitanti. Ma nonostante il pesante retaggio di decenni di ateismo di
massa propugnato del regime comunista sovietico, la Russia, sta
registrando oltre un risveglio politico
ed economico, anche una ripresa del sentimento religioso. I dati ufficiali
parlano di una presenza ortodossa del 16,3%, musulmana del 10%, protestante
dello 0,9%, ebraica dello 0,4%. I cattolici sono ancor meno: alcune centinaia
di migliaia, comprese le comunità di stranieri. Eppure, la presenza cattolica
si sta espandendo anche grazie al fiorire di iniziative editoriali. Come
documenta il sito ufficiale della comunità cattolica russa (w.catholic.net.ru)
sul piano dei mass media, ci sono già diverse iniziative locali: si va dal
settimanale cattolico ufficiale "Svet Evangelija (Luce del Vangelo)",
diretto da Victor Khroul, che è anche il portavoce della Conferenza episcopale
russa, al mensile della Caritas russa "Samaritan"; dal periodico
"Tvoy Blagovestnik (Il tuo pastore)" retto da un francescano
conventuale, al magazine per i giovani "Sviataja Radost (Santa Gioia),
diretto da un salesiano. In Siberia sono attivi sia un giornale (il
"Siberian Catholic Newspaper"), sia una tivù ( TV Kana", senza
contare la presenza anche nella capitale Novosibirsk della Caritas come già a
Mosca e in altre città dell'Ovest. (R.G.)
IL
PREMIO SAKHAROV 2003 PER LA LIBERTA’ DI PENSIERO ALLE NAZIONI UNITE:
E’
QUANTO PROPOSTO DAI DEPUTATI DELL’EUROPARLAMENTO
BRUXELLES.=
I due maggiori gruppi politici dell’Europarlamento - il Ppe e il Pse - hanno
presentato a Bruxelles la candidatura del segretario generale dell’Onu, Kofi
Annan, e di tutto il personale delle Nazioni Unite al premio Sakharov 2003 per
la libertà di pensiero. La candidatura dell’Onu è stata presentata dai due
gruppi, che assieme rappresentano i due terzi circa dei seggi a Strasburgo,
durante le loro prime riunioni dopo la pausa estiva. Accanto alla proposta di
Popolari e Socialisti, un terzo gruppo, quello della sinistra unitaria europea
ha, invece, proposto tre candidati, sempre esponenti dell'Onu: l’inviato in
Iraq, Sergio Vieira de Mello - ucciso nel tragico attentato a Baghdad della
settimana scorsa - e gli ex capi degli ispettori Onu sul disarmo Hans Blix e
Mohamed El Baradei. Il premio Sakharov viene assegnato ogni anno in dicembre
dall'Europarlamento a una o più personalità o organizzazioni internazionali che
si sono distinte nella difesa dei diritti umani e della libertà d’espressione.
Negli scorsi anni è stato assegnato, fra gli altri, a Nelson Mandela, al leader
dell’opposizione di Myanmar, Aung San Suu Kyi, alla deputata curda Leyla Zana,
detenuta a Ankara, e all’organizzazione argentina delle madri della Plaza de
Majo. (A.G.)
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28 agosto 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Le cause che hanno portato allo scoppio della
seconda guerra del Golfo potrebbero essere state inficiate da una serie di
informazioni false che avrebbero ingigantito, nel complesso contesto mondiale,
la minaccia Iraq. Dopo la vicenda del presunto acquisto di uranio africano da
parte dell’esecutivo di Baghdad, i servizi di intelligence americani temono,
infatti, di essere stati vittime di finti disertori iracheni che avrebbero
fornito, con lo scopo di rafforzare il prestigio di Saddam Hussein nel mondo
arabo, altre notizie false sulla presenza di armi di distruzione di massa nel
Paese. I dubbi sull’intricato scenario prebellico si sono dunque chiaramente
manifestati in questa difficile fase del dopoguerra, anche oggi tragicamente
segnata da un ennesimo agguato contro le forze della coalizione. Un soldato
britannico è stato ucciso ed un altro ferito in uno scontro a fuoco avvenuto la
scorsa notte vicino a Bassora, nell’area meridionale del Paese. Un portavoce
militare ha precisato che il soldato è stato colpito quando il convoglio con
cui viaggiava è stato attaccato da una folla
armata. Sulla situazione del Paese arabo, ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
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L’operazione
“Ivy lightning”, in corso da due settimane nel nord del Paese, ha portato
all’arresto di 390 membri della resistenza, con l’obiettivo di fare terra
bruciata intorno all’ex rais. Ieri, poi, gli americani hanno diffuso altri
poster di Saddam per ricordare la taglia da 25 milioni di dollari ancora sulla
sua testa. Ma intanto l’amministratore, Paul Bremer, ha lanciato l’allarme sui
costi dell’occupazione, dicendo che il prezzo supererà le decine di miliardi.
La sicurezza è così precaria che una delle più grandi agenzie internazionali
per l’assistenza umanitaria, ha annunciato il ritiro del personale dall’Iraq.
Il Consiglio di sicurezza ha approvato una nuova risoluzione che rende un crimine
di guerra ogni attacco contro il personale umanitario. Resta in sospeso invece
la risoluzione per aumentare il contributo di truppe straniere. Il vice
segretario di Stato, Armitage, ha indicato come possibile compromesso una forza
multilaterale approvata dall’Onu, ma sotto il comando di un generale americano.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E’
ancora l’Iraq lo sfondo del complesso caso, tinto di giallo, che sta sconvolgendo
gli equilibri del governo britannico. Con la deposizione del premier Tony Blair
davanti al giudice Hutton, è infatti entrato nel vivo, questa mattina, il processo
sulla morte di David Kelly, lo scienziato inglese che prima del suo apparente
suicidio ha accusato l’esecutivo di Londra di aver gonfiato i documenti sulle
armi si distruzione di massa irachene per compattare l’opinione pubblica sulla
necessità di intervenire nel Golfo Persico. Nel corso della sua audizione Tony
Blair ha dichiarato di ignorare il coinvolgimento del microbiologo nella stesura
di una parte del dossier sull’arsenale iracheno. Ieri il ministro della Difesa,
Geoff Hoon, aveva inoltre negato di aver autorizzato il suo ufficio ad indicare
in David Kelly la fonte degli scoop della Bbc sui servizi segreti
inglesi.
La fine della tregua continua ad accrescere le
tensioni in Medio Oriente. Particolarmente alte quelle all’interno dei vertici
palestinesi, dove il dissidio tra il presidente, Yasser Arafat, ed il primo
ministro, Abu Mazen, potrebbe concludersi lunedì prossimo con l’approvazione di
una mozione di sfiducia al premier da parte del Consiglio legislativo.
L’appello lanciato da Arafat ai movimenti estremisti perché pongano fine alle
azioni anti-israeliane e ritornino alla tregua, è stato intanto respinto da
Hamas e Jihad Islamica. Israele ha reagito affermando di attendere
dall’Autorità nazionale palestinese un effettivo disarmo dei membri delle due organizzazioni.
L'Iran
è disponibile a cooperare pienamente con l’Agenzia internazionale per l’energia
atomica (Aiea). Lo ha dichiarato, questa mattina, il ministro degli Esteri di
Teheran, Kharazi, aggiungendo però che, prima di accettare ispezioni sui propri
siti nucleari, l’esecutivo di Teheran esige l’eliminazione di ogni perplessità
sul proprio conto.
Nei colloqui di Pechino sulla crisi nucleare
nordcoreana si deve registrare l’accordo raggiunto tra Pyongyang e Seul per la
costruzione di una ferrovia comune.
Fonti sudcoreane hanno intanto dichiarato che il prossimo round di negoziati
multilaterali potrebbe tenersi di nuovo a Pechino nel mese di ottobre.
Sull’andamento dei colloqui ci riferisce Chiaretta Zucconi:
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Massima segretezza. Sono infatti
ancora segreti i testi degli interventi pronunciati dai sei capi delegazione in
apertura dei colloqui e segreto il programma delle tre giornate di
consultazioni, la cui conclusione è prevista per venerdì. Ma una cosa è certa,
sinora l’evento più importante è stato l’inatteso fuori programma dell’incontro
a latere tra il sottosegretario di Stato americano, James Kelly, e il vice
ministro degli Esteri nordcoreano, Kim Yong Il. Altra cosa certa, emersa finora,
è che questi colloqui non produrranno risultati immediati. La Cina, che ospita
i negoziati, ha definito la prima giornata un successo, ma non è affatto chiaro
come i sei Paesi riusciranno ad esempio a superare le divergenze sui metodi da
adottare per risolvere la crisi. Washington esige che Pyongyang proceda allo
smantellamento del programma nucleare. Quest’ultima vuole prima ottenere garanzie
sulla sua sicurezza.
Per Radio Vaticana,
Chiaretta Zucconi.
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Dopo il
drammatico bilancio di oltre quaranta persone decedute a causa della ressa di
fedeli riuniti a Nasik l’India torna, purtroppo, ad essere colpita da una nuova
tragedia. Almeno 50 persone, tra le quali numerosi bambini, sono morte, oggi, a
seguito del crollo di un ponte a Daman, nella parte occidentale del Paese. In
base alle prime ricostruzioni, il ponte si è spezzato in due, inghiottendo le
numerose automobili che transitavano in quel momento, incluso un scuolabus.
Uomini
armati, presumibilmente militanti islamici, hanno attaccato con una granata una
pattuglia dell’esercito a Srinagar, principale città del Kashmir indiano. Nella
stessa località, sempre ieri, è avvenuta un’esplosione in coincidenza con una
riunione del governo guidato dal primo ministro Atal Behari Vajpayee. I due
episodi sono avvenuti simultaneamente ed entrambi nel cuore della città. Il bilancio
finale parla di un morto ed una decina di feriti.
E’
durata appena 7 mesi la fragile tregua tra il governo del Nepal e la guerriglia
maoista. Guerriglieri maoisti hanno ucciso, oggi, un colonnello delle forze
armate del Nepal, il giorno dopo aver abbandonato i negoziati di pace.
“Un importante passo verso la riconciliazione e la
democrazia”. Così la Casa Bianca ha definito le elezioni presidenziali svoltesi
in Rwanda, che hanno visto la riconferma di Paul Kagame alla guida del Paese.
Ma sul voto non mancano le perplessità, manifestate anche da mons. Twagirayezu,
segretario della Conferenza episcopale rwandese. Anche Amnesty International contesta
la validità della consultazione, come spiega Stephanie Brancaforte, responsabile
di Amnesty per l’Africa centrale, al microfono di Linda Bordoni:
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R. – Nei mesi prima delle elezioni il governo rwandese ha
preparato il terreno per assicurare la sua vittoria in queste elezioni. Per
esempio, in Aprile è stato sciolto il partito principale di opposizione, nei
mesi seguenti la gente è stata forzata ad iscriversi al partito del governo e
ci sono stati molti arresti di membri dell’opposizione politica. La gente,
quindi, non si è sentita libera di votare come forse avrebbe voluto.
D. – Che speranze per una possibile riconciliazione in
Rwanda?
R. – Secondo me, una vera riconciliazione deve essere
basata sul rispetto dei diritti umani. Una riconciliazione che si basi su una
repressione totale delle libertà di espressione non è una vera riconciliazione:
è una repressione. Quindi, speriamo che nelle prossime settimane, prima delle
elezioni parlamentari, il governo abbandoni la repressione che ha
caratterizzato questi ultimi mesi.
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Ci
vorrà ancora un mese per conoscere la sorte di Amina Lawal, la donna nigeriana
condannata alla lapidazione per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio. Il
verdetto del processo d’appello per la donna è stato aggiornato ieri dalla
Corte d’Appello al prossimo 25 settembre, stessa data in cui il precedente processo
aveva fissato l’esecuzione.
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