RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 240 - Testo della Trasmissione di giovedì 28 agosto 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Pubblicato il calendario delle principali attività del Papa nei prossimi mesi. Tra gli impegni di rilievo, oltre al viaggio in Slovacchia, la visita al santuario mariano di Pompei, la Messa in Piazza San Pietro per il 25.mo di Pontificato e la beatificazione di Madre Teresa.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I have a dream … Quarant’anni fa a Washington il memorabile discorso di Martin Luther King per i diritti civili dei neri americani. Intervista con Vittorio Zucconi

 

Il tema della felicità espresso da ebrei, cristiani e musulmani, al Meeting di Rimini per l’Amicizia fra i Popoli

 

Con Woody Allen e il suo film “Anything Else” sull’America che cambia, inaugurata a Venezia la 60.ma Mostra del Cinema.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Un blackout informatico ha colpito ieri il continente americano

 

Vivere la speranza nella società globale del rischio, tema dell’incontro nazionale delle Acli ad Orvieto dal 5 al 7 settembre

 

800 psicologi dell’età evolutiva riuniti da ieri a Milano per una Conferenza internazionale ospitata dall’Università Cattolica

 

Ancora forte in Russia il retaggio dell’ateismo di massa: il 70 per cento si dichiara non credente. Si registra però un risveglio d’interesse religioso, grazie anche ad alcuni mass media cattolici

 

Proposto dai deputati dell’Europarlamento di conferire il Premio Sakharov 2003 per la libertà di pensiero alle Nazioni Unite

 

24 ORE NEL MONDO:

I servizi di intelligence americani temono di aver ricevuto informazioni false sugli arsenali iracheni

 

Il primo ministro inglese, Tony Blair, si è presentato davanti al giudice Hutton per il caso Kelly

 

Nella seconda giornata di negoziati sulla crisi nucleare nordcoreana raggiunto a Pechino un accordo tra Pyongyang e Seul per la costruzione di una ferrovia comune.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 agosto 2003

 

 

IL GIUBILEO DEL PONTIFICATO, IL PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DI POMPEI

E LA BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA:

QUESTI GLI AVVENIMENTI PRINCIPALI CHE ATTENDONO IL PAPA

FINO AL MESE DI NOVEMBRE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

 

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Un autunno fitto di impegni pastorali, spiritualmente denso, ricco di celebrazioni di grande richiamo. E’ quello che attende Giovanni Paolo II per i mesi da settembre a novembre, secondo quanto reso noto dal vescovo Piero Marini, maestro delle cerimonie pontificie. Già all’orizzonte, si profila il 102.mo viaggio internazionale, che il Papa compirà in Slovacchia dall’11 al 14 settembre prossimi, durante il quale presiederà un solenne cerimonia di beatificazione di due martiri locali, vittime della persecuzione comunista. Due settimane più tardi, il 27 settembre, il Pontefice ricorderà le figure dei suoi predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo I, nel 25.mo della loro morte, durante una Messa in San Pietro, alle ore 18.

 

L’agenda di ottobre - che vedrà tra l’altro i festeggiamenti per il giubileo pontificio di Giovanni Paolo II - si apre domenica 5 con la Messa di canonizzazione di tre beati. Il più noto è il vescovo bresciano Daniele Comboni, l’evangelizzatore per eccellenza dell’Africa e avversario giurato della schiavitù, obiettivi ai quali consacrò l’esistenza, fondando tra il 1867 e il 1872 due istituti missionari, uno maschile e uno femminile, che portano il suo nome. Gli altri due futuri Santi sono il fondatore della Società del Verbo Divino, padre Arnold Janssen, e un missionario dello stesso Istituto, padre Josef Freinademetz. Entrambi furono beatificati nel ’76 da Paolo VI nel primo centenario di fondazione della Congregazione, meglio conosciuta come dei Padri Verbiti. Animato da un grande zelo apostolico, padre Janssen inviò nel 1879 i primi missionari in Cina, quindi fu la volta del Nord e del Sud America, del Giappone e delle Filippine. Nel primo gruppo di missionari inviati in Cina, figura padre Josef Freinademetz, altoatesino, affascinato da padre Jannsen e dal suo carisma. In Cina, padre Josef impianta nello Shantung la prima missione della congregazione e si distingue per la sua carità senza limiti. Muore nel 1908, vittima di un’epidemia di tifo che egli si era prodigato ad arginare, curandone coraggiosamente i malati.

 

Due giorni dopo le canonizzazioni, martedì 7 ottobre, Giovanni Paolo II si recherà in visita pastorale al Santuario della Beata Maria Vergine del S. Rosario di Pompei. Il pellegrinaggio, di una sola giornata, porrà in risalto l’Anno speciale che il Papa ha voluto dedicare all’approfondimento della preghiera mariana. Il culmine delle celebrazioni del mese coinciderà con i festeggiamenti per il 25.mo di Pontificato di Giovanni Paolo II, il 16 ottobre. In quel giorno, saranno a Roma tutti i cardinali e i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo per un momento di riflessione su questo straordinario traguardo. Il 19 ottobre poi, Piazza San Pietro e Roma accoglieranno le migliaia di pellegrini che parteciperan-no, alle ore 10, alla Messa di beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, che verrà elevata agli onori degli altari a sei anni dalla morte. Quindi, il 24 ottobre, come da tradizione, in vista dell’inizio dell’anno accademico delle Università ecclesiastiche, il Papa presiederà una Messa nella Basilica Vaticana con inizio alle 17.30.

 

Tre le celebrazioni del Papa per il mese di novembre: il momento di preghiera per i Pontefici defunti in occasione della solennità di Tutti i Santi, il primo novembre, che vedrà Giovanni Paolo II scendere alle 18 nelle Grotte vaticane. Il 9 novembre, alle 9.30, la Basilica petrina tornerà a riempirsi per la Messa di beatificazione di cinque Servi di Dio. Infine, il 13 novembre alle 11.30, il Papa presiederà la Santa Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti nel corso dell’anno.

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NUOVO ESARCATO DI RITO BIZANTINO IN SERBIA E MONTENEGRO.

RINUNCIA DI AUSILIARE IN USA

 

Il Santo Padre ha istituito l’esarcato apostolico  di Serbia e Montenegro per i cattolici di rito bizantino residenti nel Paese, con territorio distaccato dall’eparchia di Krizevci (Croazia) e con sede nella città di Ruski Krstur. Allo stesso tempo, il Papa ha nominato come primo esarca apostolico della nuova circoscrizione il vescovo mons. Djura Dzudzar, finora ausiliare dell’eparchia di Mukacheve di rito bizantino, in Ucraina. Il nuovo esarcato comprende oltre 22 mila fedeli cattolici di rito bizantino, distribuiti in 17 parrocchie e assistiti da 18 sacerdoti. Vi sono inoltre 55 religiose, 12 seminaristi maggiori e 4 seminaristi minori.

 

Negli Stati Uniti d’America, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimore, presentata dal vescovo mons. William Clifford Newman, per raggiunti limiti di età. Il presule statunitense ha infatti compiuto l’età “canonica” di 75 anni lo scorso 16 agosto.

 

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Le esperienze della storia di tutta l’Europa rendono profeticamente attuale la voce di Giovanni Paolo II”: è il titolo che apre la Prima Pagina in riferimento al ringraziamento dell’episcopato della Polonia al Santo Padre per l’Esortazione apostolica “Ecclesia in Europa” e per i suoi recenti interventi sulle radici cristiane del Continente.

A seguire, Medio Oriente: la Lega Araba sollecita l’intervento del Quartetto; l’appello di Arafat alla tregua non convince gli Stati Uniti; arrestati 21 militanti dell’Fplp.

Iraq: per l’Onu il pericolo maggiore è la criminalità organizzata; Bremer chiede ingenti finanziamenti per la ricostruzione del Paese. Gran Bretagna: le deposizioni del primo ministro Blair e del ministro Hoon sul caso Kelly.

Corea del Nord: gli Stati Uniti escludono incontri bilaterali.

 

Nelle pagine vaticane, un articolo sulla visita del cardinale Crescenzio Sepe in Mongolia alla vigilia della consacrazione episcopale del nuovo vescovo e della dedicazione della cattedrale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e un contributo su Santa Chiara nel 750.mo anniversario della morte e dell’approvazione della regola.

 

Nelle pagine estere, Russia: la guerriglia cecena estende la sua offensiva.

India: si indaga sul possibile coinvolgimento di Al Qaeda nell’attentato di Bombay.

Iran: per Teheran il nuovo rapporto dell’Aiea è “meno duro”.

Costa d’Avorio: presunti golpisti arrestati in Francia.

Serbia: il Parlamento riafferma la sovranità sul Kosovo.

Europa: secondo le stime l’ondata di caldo ha causato la morte di 20.000 persone.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Pelliccioni sulle antiche città romane  di Thysdrus e Sefetula in Tunisia.

 

Nelle pagine italiane, i temi dell’economia, della politica e l’articolo di Piero Amici sul Meeting di Rimini.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 agosto 2003

 

QUARANT’ANNI FA A WASHINGTON, IL SOGNO DI LIBERTA’ DI MARTIN LUTHER KING.

CON NOI, VITTORIO ZUCCONI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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I HAVE A DREAM. ...

“Io ho un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali. Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza”.

(Battle Hymn of the Republic)

 

Ci sono discorsi che fanno la storia e restano scolpiti nel cuore degli uomini. Quarant’anni fa, a Washington di fronte a più di duecentomila persone, Martin Luther King dava voce al sogno di milioni di neri americani. Un sogno di libertà, iniziato nel 1955 quando il pastore battista aveva guidato il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, in Alabama, per protestare contro l’arresto di Rosa Parks. Una donna di colore la cui unica colpa era quella di essersi rifiutata di lasciare il proprio posto ad un passeggero bianco. Armato soltanto di parole, sorretto da una fede incrollabile, Martin Luther King ha saputo cambiare il volto dell’America. Una sfida che il leader dei diritti civili seppe cogliere con coraggio e lungimiranza, come sottolinea da Washington, il corrispondente dagli Stati Uniti del quotidiano “La Repubblica”, Vittorio Zucconi:

 

R. – Occorreva da una parte una rivoluzione autentica, ma dall’altra doveva essere una rivoluzione civile pacifica: lui era un seguace, un lettore accanitissimo del Mahatma Gandhi, e di tutta la predicazione della non-violenza che aveva liberato ed emancipato l’India dall’impero inglese. Quello fu il suo principale pensiero ispiratore: dimostrare la dignità e la maturità civile del popolo nero americano nel Sud, dalle zone dove la discriminazione era più violenta, per marciare verso il cuore delle decisioni politiche americane, verso la coscienza dell’America che era, naturalmente, Washington, la capitale.

 

D. – Cosa resta nella società americana dello spirito di quei giorni?

 

R. – Il movimento per i diritti civili americani, che si estendono naturalmente dalla popolazione di colore ai nuovo immigrati, ai gruppi discriminati, alla povertà soprattutto, è in un momento di grande stasi. Si può dire che manca un leader, manca una persona con la forza carismatica. Si può anche dire, invece, al contrario, che è l’assenza di un forte spirito civile che non produce un leader.

 

D. – Quanto del sogno di Martin Luther King si è realizzato in questi ultimi 40 anni, e quanto è ancora lungo, invece, il cammino americano sulla via dell’uguaglianza?

 

R. – Dobbiamo essere giusti: moltissima strada è stata fatta; oggi nessuno si scandalizzerebbe più se ci fosse un presidente degli Stati Uniti di colore. Abbiamo visto personaggi come Powell, come Condoleeza Rice... Rimane oggi una discriminazione molto più sottile: non si è più costretti a sedere in fondo all’autobus e a non utilizzare i gabinetti riservati ai bianchi, però esiste una discriminazione di fatto, quello che in America chiamano il ‘soffitto di cristallo’: il fatto che oltre certi livelli è molto difficile andare. E in questi anni è intervenuta la grande discriminazione della miseria e quella della droga: non c’è dubbio, per esempio, che il trattamento dei giovani neri nei ghetti trovati a spacciare o a consumare droga è infinitamente più severo e draconiano di quello inflitto ai giovani bianchi, sorpresi a commettere lo stesso reato. Una delle grandi virtù di Martin Luther King, al di là della iconizzazione della sua figura, dell’averne fatto un ‘santino’, era che attraverso la chiave della non-violenza è riuscito a mobilitare anche altre forze non di colore. Ecco, questa grande fusione, che noi diremmo unitaria o transetnica, oggi c’è sempre meno!

 

(We shall overcome)

 

Nel 1964, a soli 35 anni, Martin Luther King fu insignito del premio Nobel per la pace. Nel discorso di accettazione, pronunciato ad Oslo, il suo pensiero andò ai milioni di neri americani impegnati nella battaglia per i propri diritti. “Quando gli anni passeranno - affermò - gli uomini e le donne sapranno e i bambini impareranno che il nostro Paese si è fatto più bello, la sua gente più nobile perché questi umili figli di Dio hanno voluto soffrire per il bene di ciò che è giusto”.

 

(Coda musicale)

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LE GRANDI RELIGIONI SUL TEMA DELLA FELICITA’

AL MEETING DI RIMINI PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI

- Servizio di Debora Donnini -

 

 

Ebrei, cristiani e musulmani sul tema della felicità. Questo l’incontro clou stamani al Meeting di Rimini per l’Amicizia fra i popoli, che continua a parlare di politica. Il servizio dal Meeting di Rimini della nostra inviata, Debora Donnini. 

 

 

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Proporre piattaforme di incontro: questo l’intento del Meeting, che oggi ha riflettuto sul tema “Perché sono felice di essere ebreo, cristiano e musulmano?”. Un incontro reso possibile – ha ricordato Savorara, direttore di “Tracce” e moderatore – dall’impegno di mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico in Terra Santa. Un incontro fra il rabbino David Broadman, direttore del centro Savion, Giancarlo Cesana del Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione e Alì Kleibo, docente presso la Al Kous?? University di Gerusalemme. “Ogni respiro, ogni secondo di vita dobbiamo ringraziare Dio, così come dobbiamo ringraziare Dio perché oggi le religioni possono parlarsi, qui, davanti a voi”, ha detto il rabbino Broadman. Parlando della propria esperienza in campo di concentramento, da piccolo, il rabbino ha ricordato che sua madre lo invitava sempre a recitare lo “Shemà Israel”. “Anche se spesso non comprendiamo Dio, come accadde a Giobbe, sappiamo che Dio è con noi. Saremo insieme – ha detto poi il rabbino – quando verrà il Messia”.

 

E sulla vicinanza di Dio come motivo di felicità vera si è dipanata anche la riflessione di Alì Kleibo, musulmano, che ha sottolineato come Dio non solo ha creato l’uomo, ma cerca con lui un incontro, e in questo consiste la felicità, non nel denaro. “In un abbraccio concreto percepisco Dio – ha poi detto Giancarlo Cesana – un abbraccio che a sua volta è vero se rimanda all’Altro con la ‘a’ maiuscola. La vicenda di Cristo ci dice che Dio si è mischiato con l’uomo. Percepisco Dio – ha detto Cesana – attraverso l’amore di cui sono circondato, la comunità cristiana, e dell’incontro di oggi sono grato, perché la speranza che ho mi fa crescere il desiderio di essere in unità con loro, con tutti. Perché non è Dio che vuole la guerra, l’uomo vuole la guerra. Perché – ha concluso Cesana – non siamo al mondo per avere ragione, siamo al mondo per amare”.

 

Distinguendo fra piccola felicità e grande felicità, ieri il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, ha sottolineato che il compito della politica non è di dare la grande felicità, ma di garantire il benessere comune, la pace e la sicurezza, cose importanti, che però si possono perdere se non ancorate alla grande felicità che consiste nel dono di sé e poggia su due pilastri, quello del perdono e della misericordia.

 

E ieri sera il Meeting ha anche assistito ad un’altra piattaforma di dialogo, quella fra il segretario dei Ds, Fassino, e il presidente della regione Lombardia, Formigoni, sulle riforme. Il segretario dei Ds si è detto favorevole a richiamare le radici cristiane nella Costituzione europea e ha posto alcune condizioni per la ripresa del dialogo con la maggioranza sulle riforme.

 

Dal Meeting di Rimini, Debora Donnini, Radio Vaticana.

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CON WOODY ALLEN E I SUO FILM “ANYTHING ELSE” SULL’AMERICA CHE CAMBIA,

INAUGURATA A VENEZIA LA 60.MA MOSTRA DEL CINEMA

- A cura di Luca Pellegrini -

 

 

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“Non rivedo mai i miei film. E’ più forte di me. Per cui farò un giretto qui attorno, poi ci vedremo al party. Col cibo non ho lo stesso tipo di problemi”. Così, piccolo, smarrito, come sempre arguto e sincero, Woody Allen, proprio lui finalmente in carne ed ossa, ha idealmente inaugurato ieri sera la sessantesima Mostra del cinema di Venezia, attorniato da Franco Bernabè, presidente della Biennale, Moritz de Hadeln, direttore della Mostra, ed Alessandra Martines, madrina della serata d’inaugurazione nella parzialmente rinnovata Sala Grande.

 

Arrivano le tre diverse giurie, passerella, qualche dichiarazione – Mario Monicelli alla bella età di 88 spigliato e divertito – e poi via alle immagini di New York, palcoscenico più che mai amato dal grande Woody Allen, che in “Anything Else” inserisce, tra i suoi temi preferiti, tre importanti novità: la presa di coscienza che qualche cosa in America è cambiato; l’urgenza di confrontarsi finalmente con la gioventù e le sue irrequietezze; il coraggio di lasciare tutto e tutti, compresa la Grande Mela.

 

Ma i tempi, al Festival, corrono veloci. Oggi arriva il francese Jacques Doillon con “Raja”, primo film in concorso. Con un affanno spietato ed irritante Fred, un occidentale annoiato nella sua bella villa in Marocco, e la poco attraente Raja assunta nel suo staff domestico, si cercano, tentano di amarsi, ciascuno imponendo le ragioni giuste e sbagliate dei loro divergenti punti di vista. Purtroppo non viene delineata con esattezza e perseguita fino in fondo la denuncia sociale che ben si attaglierebbe a tante simili situazioni che nascono e crescono in quei Paesi più facilmente colonizzati dal male e dalle ossessioni occidentali, ultimo, tragico rimasuglio di ben altre tragiche imprese di conquista. Infine, l’odore della sofferenza che circola in quella casa e la pesantezza dell’animo che in fondo segna e nutre gesti e parole dei due, sembrano piuttosto un pretesto per raccontare qualche cosa di personalmente toccante ed innescare una sorta di condivisione raggelata, nonostante i colori ed i profumi del Marocco.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

28 agosto 2003

 

UN NUOVO BLACKOUT, QUESTA VOLTA INFORMATICO, HA COLPITO IERI

IL CONTINENTE AMERICANO. PER CIRCA DUE ORE, DALLE 15.30 LOCALI,

CIRCA LA META’ DEI COLLEGAMENTI INTERNET E’ SALTATA IN ARGENTINA, BRASILE,

URUGUAY, PERU’, VENEZUELA, CILE E BOLIVIA

BUENOS AIRES. = Un gigantesco blackout informatico di circa due ore ha lasciato ieri pomeriggio senza servizio di Internet circa la metà dei clienti dell'America   latina, e si calcola che solo in Argentina siano 'caduti' oltre 1 milione e 200 mila  collegamenti. Oltre all'Argentina, il guasto ha gravemente danneggiato i sistemi di Uruguay, Brasile, Perù, Venezuela, Cile e Bolivia. Alla radice del problema vi è stato un guasto ad un raccordo di fibra ottica manifestatosi verso le 15.30 (le   20.30 italiane), che ha messo fuori uso i sistemi informatici di numerose banche, mezzi di informazione, enti pubblici, nonché di moltissimi privati. Fonti specializzate hanno indicato che ''vi sono solo due grandi società che gestiscono i collegamenti in fibra ottica in Argentina e nel continente americano E  quella che ha avuto problemi è la Global Crossing, di cui si servono circa la metà dei fornitori di servizi della regione''. La Global Crossing, uno dei principali operatori di telecomunicazione degli Stati Uniti con 100.000 miglia di fibre ottiche in tutto il mondo, è in bancarotta dall'inizio dello scorso anno, ed ha a fine luglio chiesto al Tribunale fallimentare un prestito di 100 milioni di dollari. L'incidente è stato di dimensioni eccezionali perché ha riguardato due contemporanee interruzioni dei cavi di fibra ottica del cosiddetto South America Ring. ''Un circuito - hanno spiegato tecnici di Internet - è sempre predisposto per sopportare una interruzione. Ma in questo caso ve ne sono state due: una fra Buenos Aires in Argentina e San Paolo in Brasile, la seconda, sottomarina, al largo del Cile.”  (R.G.)

 

 

VIVERE LA SPERANZA NELLA SOCIETA’ GLOBALE DEL RISCHIO:

 E’ IL TEMA DELL’INCONTRO NAZIONALE DI STUDIO DELLE ACLI,

IN PROGRAMMA AD ORVIETO DAL 5 AL 7 SETTEMBRE PROSSIMO

 

ROMA.= Come affrontare la dimensione del rischio senza lasciarsi paralizzare dalla  paura in un mondo sempre più complesso ed interconnesso. Quali sono gli strumenti più efficaci per combattere i problemi transnazionali, a cominciare dal terrorismo. In definitiva, come promuovere una globalizzazione più responsabile. Sono queste le domande su cui si ragionerà ad Orvieto dal 5 al 7 settembre, in occasione dell’“Incontro nazionale di studio delle ACLI”, che quest’anno verte proprio sul tema “Vivere la speranza nella società globale del rischio” dalla sfida della bioetica, a quella mediatica, dalla questione delle risorse alla sfida multiculturale. “Sono temi vasti, diversi tra loro e per certi versi nuovi per le ACLI - afferma, in una nota, il presidente nazionale delle ACLI, Luigi Bobba - che si snoderanno in un programma fitto di appuntamenti, con esperti e testimoni nazionali ed internazionali”. A tenere insieme questi argomenti, prosegue Bobba, “la proposta del paradigma della responsabilità come criterio per governare i processi di globalizzazione economica, culturale, politica oggi in atto, nella convinzione che si possa e si debba costruire un mondo più giusto, più solidale, più in pace per il bene comune dell’intera famiglia umana”. Il 5 settembre aprirà i lavori il presidente nazionale delle ACLI. Quindi, seguiranno gli interventi introduttivi di Massimo Cacciari e Giuseppe De Rita. Nei giorni successivi è previsto l’intervento di numerose personalità tra cui il cardinale Ersilio Tonini, l’arcivescovo Renato Martino, Chiara Lubich, il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, i giornalisti Gad Lerner, Enrico Mentana, Paolo Ruffini, Magdi Allam, Luigi Accatoli ed Angela Bottiglione. E ancora, Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, Staffan de Mistura, rappresentante personale di Kofi Annan nel Libano del Sud ed Euclides Andrè Mance, consigliere del presidente del Brasile Lula, Nelle giornate di studio, le ACLI presenteranno anche le esperienze sul campo della loro Ong (IPSIA) dal Brasile al Sudan, dal Mozambico al Kosovo. (A.G.)

 

 

8OO PSICOLOGI DELL’ETA’ EVOLUTIVA, GIUNTI DA EUROPA, AMERICA ED ASIA

SONO RIUNITI DA IERI A MILANO PER UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE OSPITATA DALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA. AL CENTRO DEI LAVORI L’ANALISI DELLE DIVERSITA’

CULTURALI NEI PROCESSI DI SVILUPPO NELLA PRIMA INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA

 

MILANO. = Le differenze culturali al centro dell'undicesima Conferenza internazionale sulla psicologia dello sviluppo, cui partecipano 800 docenti e ricercatori europei, americani e asiatici. L’incontro si è aperto ieri sera all'Università Cattolica di Milano, promosso dall'European Society for Development Psychology. Tanti i campi di indagine, accomunati dalla ricerca  sulla psicologia dell'età evolutiva, che va dalla nascita all'adolescenza, periodo che dovrebbe concludersi con la pubertà, intorno ai 17/18 anni, ma che nel mondo occidentale tende sempre più spesso a prolungarsi agli anni universitari. Come ha spiegato Paola di Blasio, psicologa dell’Ateneo cattolico milanese, mentre alcune emozioni, come rabbia e gioia, sono considerate universali alla nascita, perché si sviluppano nello stesso modo in tutte le culture, ce ne sono altre che hanno un carattere più sociale, e variano a seconda dell'educazione e dell'ambiente. Un esempio? Il concetto di colpa e di vergogna, emozioni che variano in culture diverse. ''Noi proviamo il senso di colpa, mentre gli orientali – ha detto la studiosa - hanno una cultura basata sulla vergogna, che si estende dal singolo al suo gruppo di riferimento: in un'industria giapponese, per esempio, se sbaglia uno, si vergognano tutti''. A questo punto è legittimo chiedersi: cosa succede quando un bambino cinese entra in una scuola italiana? come fare a capire le sue reazioni? Proprio per questo, ha aggiunto Paola De Blasio, una delle professioni del futuro sarà quella del mediatore culturale, per avvicinare una cultura ad un'altra. Oltre alla differenze culturali, durante la Conferenza di Milano, fino al 31 agosto, si parlerà di adolescenza, in relazione ai legami familiari, all'amicizia, allo sviluppo del linguaggio e al fenomeno del ‘bullismo’. In particolare, nel corso di un Simposio dedicato alla narrazione, si affronterà la questione dell'efficacia terapeutica del racconto scritto che, da alcuni studi, sembra avere degli effetti persino sul benessere fisico. (R.G.)

 

 

ANCORA FORTE IN RUSSIA IL RETAGGIO DELL’ATEISMO DI MASSA:

 IL 70 PER CENTO DELLA POPOLAZIONE SI DICHIARA NON CREDENTE. NONOSTANTE CIO’ SI REGISTRA UN RISVEGLIO D’INTERESSE RELIGIOSO,

AVVALORATO DALLA NASCITA DI DIVERSI GIORNALI E DI UNA TV CATTOLICI

 

MOSCA. = Ancora oggi in Russia si dichiara non credente oltre il 70 per cento dei 147 milioni di abitanti. Ma nonostante il pesante retaggio di decenni di ateismo di massa propugnato del regime comunista sovietico, la Russia, sta registrando  oltre un risveglio politico ed economico, anche una ripresa del sentimento religioso. I dati ufficiali parlano di una presenza ortodossa del 16,3%, musulmana del 10%, protestante dello 0,9%, ebraica dello 0,4%. I cattolici sono ancor meno: alcune centinaia di migliaia, comprese le comunità di stranieri. Eppure, la presenza cattolica si sta espandendo anche grazie al fiorire di iniziative editoriali. Come documenta il sito ufficiale della comunità cattolica russa (w.catholic.net.ru) sul piano dei mass media, ci sono già diverse iniziative locali: si va dal settimanale cattolico ufficiale "Svet Evangelija (Luce del Vangelo)", diretto da Victor Khroul, che è anche il portavoce della Conferenza episcopale russa, al mensile della Caritas russa "Samaritan"; dal periodico "Tvoy Blagovestnik (Il tuo pastore)" retto da un francescano conventuale, al magazine per i giovani "Sviataja Radost (Santa Gioia), diretto da un salesiano. In Siberia sono attivi sia un giornale (il "Siberian Catholic Newspaper"), sia una tivù ( TV Kana", senza contare la presenza anche nella capitale Novosibirsk della Caritas come già a Mosca e in altre città dell'Ovest. (R.G.)

 

 

IL PREMIO SAKHAROV 2003 PER LA LIBERTA’ DI PENSIERO ALLE NAZIONI UNITE:

E’ QUANTO PROPOSTO DAI DEPUTATI DELL’EUROPARLAMENTO

 

BRUXELLES.= I due maggiori gruppi politici dell’Europarlamento - il Ppe e il Pse - hanno presentato a Bruxelles la candidatura del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e di tutto il personale delle Nazioni Unite al premio Sakharov 2003 per la libertà di pensiero. La candidatura dell’Onu è stata presentata dai due gruppi, che assieme rappresentano i due terzi circa dei seggi a Strasburgo, durante le loro prime riunioni dopo la pausa estiva. Accanto alla proposta di Popolari e Socialisti, un terzo gruppo, quello della sinistra unitaria europea ha, invece, proposto tre candidati, sempre esponenti dell'Onu: l’inviato in Iraq, Sergio Vieira de Mello - ucciso nel tragico attentato a Baghdad della settimana scorsa - e gli ex capi degli ispettori Onu sul disarmo Hans Blix e Mohamed El Baradei. Il premio Sakharov viene assegnato ogni anno in dicembre dall'Europarlamento a una o più personalità o organizzazioni internazionali che si sono distinte nella difesa dei diritti umani e della libertà d’espressione. Negli scorsi anni è stato assegnato, fra gli altri, a Nelson Mandela, al leader dell’opposizione di Myanmar, Aung San Suu Kyi, alla deputata curda Leyla Zana, detenuta a Ankara, e all’organizzazione argentina delle madri della Plaza de Majo. (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 agosto 2003

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Le cause che hanno portato allo scoppio della seconda guerra del Golfo potrebbero essere state inficiate da una serie di informazioni false che avrebbero ingigantito, nel complesso contesto mondiale, la minaccia Iraq. Dopo la vicenda del presunto acquisto di uranio africano da parte dell’esecutivo di Baghdad, i servizi di intelligence americani temono, infatti, di essere stati vittime di finti disertori iracheni che avrebbero fornito, con lo scopo di rafforzare il prestigio di Saddam Hussein nel mondo arabo, altre notizie false sulla presenza di armi di distruzione di massa nel Paese. I dubbi sull’intricato scenario prebellico si sono dunque chiaramente manifestati in questa difficile fase del dopoguerra, anche oggi tragicamente segnata da un ennesimo agguato contro le forze della coalizione. Un soldato britannico è stato ucciso ed un altro ferito in uno scontro a fuoco avvenuto la scorsa notte vicino a Bassora, nell’area meridionale del Paese. Un portavoce militare ha precisato che il soldato è stato colpito quando il convoglio con cui viaggiava è stato attaccato da una folla  armata. Sulla situazione del Paese arabo, ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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L’operazione “Ivy lightning”, in corso da due settimane nel nord del Paese, ha portato all’arresto di 390 membri della resistenza, con l’obiettivo di fare terra bruciata intorno all’ex rais. Ieri, poi, gli americani hanno diffuso altri poster di Saddam per ricordare la taglia da 25 milioni di dollari ancora sulla sua testa. Ma intanto l’amministratore, Paul Bremer, ha lanciato l’allarme sui costi dell’occupazione, dicendo che il prezzo supererà le decine di miliardi. La sicurezza è così precaria che una delle più grandi agenzie internazionali per l’assistenza umanitaria, ha annunciato il ritiro del personale dall’Iraq. Il Consiglio di sicurezza ha approvato una nuova risoluzione che rende un crimine di guerra ogni attacco contro il personale umanitario. Resta in sospeso invece la risoluzione per aumentare il contributo di truppe straniere. Il vice segretario di Stato, Armitage, ha indicato come possibile compromesso una forza multilaterale approvata dall’Onu, ma sotto il comando di un generale americano.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E’ ancora l’Iraq lo sfondo del complesso caso, tinto di giallo, che sta sconvolgendo gli equilibri del governo britannico. Con la deposizione del premier Tony Blair davanti al giudice Hutton, è infatti entrato nel vivo, questa mattina, il processo sulla morte di David Kelly, lo scienziato inglese che prima del suo apparente suicidio ha accusato l’esecutivo di Londra di aver gonfiato i documenti sulle armi si distruzione di massa irachene per compattare l’opinione pubblica sulla necessità di intervenire nel Golfo Persico. Nel corso della sua audizione Tony Blair ha dichiarato di ignorare il coinvolgimento del microbiologo nella stesura di una parte del dossier sull’arsenale iracheno. Ieri il ministro della Difesa, Geoff Hoon, aveva inoltre negato di aver autorizzato il suo ufficio ad indicare in David Kelly la fonte degli scoop della Bbc sui servizi segreti inglesi.

 

La fine della tregua continua ad accrescere le tensioni in Medio Oriente. Particolarmente alte quelle all’interno dei vertici palestinesi, dove il dissidio tra il presidente, Yasser Arafat, ed il primo ministro, Abu Mazen, potrebbe concludersi lunedì prossimo con l’approvazione di una mozione di sfiducia al premier da parte del Consiglio legislativo. L’appello lanciato da Arafat ai movimenti estremisti perché pongano fine alle azioni anti-israeliane e ritornino alla tregua, è stato intanto respinto da Hamas e Jihad Islamica. Israele ha reagito affermando di attendere dall’Autorità nazionale palestinese un effettivo disarmo dei membri delle due organizzazioni.

 

L'Iran è disponibile a cooperare pienamente con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Lo ha dichiarato, questa mattina, il ministro degli Esteri di Teheran, Kharazi, aggiungendo però che, prima di accettare ispezioni sui propri siti nucleari, l’esecutivo di Teheran esige l’eliminazione di ogni perplessità sul proprio conto.

 

Nei colloqui di Pechino sulla crisi nucleare nordcoreana si deve registrare l’accordo raggiunto tra Pyongyang e Seul per la costruzione di una ferrovia comune.  Fonti sudcoreane hanno intanto dichiarato che il prossimo round di negoziati multilaterali potrebbe tenersi di nuovo a Pechino nel mese di ottobre. Sull’andamento dei colloqui ci riferisce Chiaretta Zucconi:

 

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Massima segretezza. Sono infatti ancora segreti i testi degli interventi pronunciati dai sei capi delegazione in apertura dei colloqui e segreto il programma delle tre giornate di consultazioni, la cui conclusione è prevista per venerdì. Ma una cosa è certa, sinora l’evento più importante è stato l’inatteso fuori programma dell’incontro a latere tra il sottosegretario di Stato americano, James Kelly, e il vice ministro degli Esteri nordcoreano, Kim Yong Il. Altra cosa certa, emersa finora, è che questi colloqui non produrranno risultati immediati. La Cina, che ospita i negoziati, ha definito la prima giornata un successo, ma non è affatto chiaro come i sei Paesi riusciranno ad esempio a superare le divergenze sui metodi da adottare per risolvere la crisi. Washington esige che Pyongyang proceda allo smantellamento del programma nucleare. Quest’ultima vuole prima ottenere garanzie sulla sua sicurezza.


Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Dopo il drammatico bilancio di oltre quaranta persone decedute a causa della ressa di fedeli riuniti a Nasik l’India torna, purtroppo, ad essere colpita da una nuova tragedia. Almeno 50 persone, tra le quali numerosi bambini, sono morte, oggi, a seguito del crollo di un ponte a Daman, nella parte occidentale del Paese. In base alle prime ricostruzioni, il ponte si è spezzato in due, inghiottendo le numerose automobili che transitavano in quel momento, incluso un scuolabus.

 

Uomini armati, presumibilmente militanti islamici, hanno attaccato con una granata una pattuglia dell’esercito a Srinagar, principale città del Kashmir indiano. Nella stessa località, sempre ieri, è avvenuta un’esplosione in coincidenza con una riunione del governo guidato dal primo ministro Atal Behari Vajpayee. I due episodi sono avvenuti simultaneamente ed entrambi nel cuore della città. Il bilancio finale parla di un morto ed una decina di feriti.

 

E’ durata appena 7 mesi la fragile tregua tra il governo del Nepal e la guerriglia maoista. Guerriglieri maoisti hanno ucciso, oggi, un colonnello delle forze armate del Nepal, il giorno dopo aver abbandonato i negoziati di pace.

 

“Un importante passo verso la riconciliazione e la democrazia”. Così la Casa Bianca ha definito le elezioni presidenziali svoltesi in Rwanda, che hanno visto la riconferma di Paul Kagame alla guida del Paese. Ma sul voto non mancano le perplessità, manifestate anche da mons. Twagirayezu, segretario della Conferenza episcopale rwandese. Anche Amnesty International contesta la validità della consultazione, come spiega Stephanie Brancaforte, responsabile di Amnesty per l’Africa centrale, al microfono di Linda Bordoni:

 

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R. – Nei mesi prima delle elezioni il governo rwandese ha preparato il terreno per assicurare la sua vittoria in queste elezioni. Per esempio, in Aprile è stato sciolto il partito principale di opposizione, nei mesi seguenti la gente è stata forzata ad iscriversi al partito del governo e ci sono stati molti arresti di membri dell’opposizione politica. La gente, quindi, non si è sentita libera di votare come forse avrebbe voluto.

 

D. – Che speranze per una possibile riconciliazione in Rwanda?

 

R. – Secondo me, una vera riconciliazione deve essere basata sul rispetto dei diritti umani. Una riconciliazione che si basi su una repressione totale delle libertà di espressione non è una vera riconciliazione: è una repressione. Quindi, speriamo che nelle prossime settimane, prima delle elezioni parlamentari, il governo abbandoni la repressione che ha caratterizzato questi ultimi mesi.

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Ci vorrà ancora un mese per conoscere la sorte di Amina Lawal, la donna nigeriana condannata alla lapidazione per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio. Il verdetto del processo d’appello per la donna è stato aggiornato ieri dalla Corte d’Appello al prossimo 25 settembre, stessa data in cui il precedente processo aveva fissato l’esecuzione.

 

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