RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 238 - Testo della Trasmissione di martedì 26 agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa domattina in Vaticano, per l’udienza generale del mercoledì, che si terrà nell’Aula “Paolo VI”

 

 Il cordoglio del Santo Padre per le vittime dei due attentati dinamitardi di Bombay. Le possibili cause della nuova esplosione di violenza, nell’intervista con il cardinale arcivescovo della città Ivan Dias

 

 25 anni fa l’elezione di Albino Luciani al Pontificato. Un ricordo di Giovanni Paolo I, Papa del sorriso per 33 giorni. Con noi, mons. Vincenzo Savio e Andrea Tornelli

 

Le comunità religiose manifestino il più radicale ripudio di ogni violenza. L’appello di Giovanni Paolo II ad Assisi, lo scorso anno, ribadito dalla Santa Sede, accogliendo l’invito al Congresso interreligioso in Kazakhstan, dal 23 al 24 settembre.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il 26 agosto di 93 anni fa nasceva a Skopje Madre Teresa di Calcutta. Una testimonianza inedita di padre Sebastian  Vazhakala, superiore generale dei Missionari della Carità

 

Le radici cristiane d’Europa irrompono al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta a Cuba la Conferenza internazionale contro la desertificazione e la siccità, rischi del pianeta terra.

 

Il potere della televisione sotto accusa in Australia: la tv insegna perfino a delinquere.

 

Da domani al 31 agosto, a Marina di Massa, in Toscana, “XI Convegno internazionale delle donne in nero”: 300 le partecipanti, da Paesi in conflitto, per dire ‘no’ a guerre e violenze.

 

Anche l’Africa protagonista nella ricerca spaziale: fra un mese la Nigeria lancerà nello spazio il suo primo satellite.

 

“La circolazione delle opere cinematografiche europee, all'interno dell'Unione Europea: meccanismi di sostegno e nuove tecnologie”: questo il tema dell'Incontro che si terrà sabato prossimo a Palazzo Labia a Venezia, nell'ambito della Mostra internazionale d'Arte cinematografica.

 

24 ORE NEL MONDO:

Cresce in India l’allarme terrorismo dopo l’esplosione di due bombe avvenuta ieri a Bombay

 

 In Rwanda è ormai scontata la vittoria alle elezioni del presidente uscente, Paul Kagame

 

 In Colombia l’alleanza stretta tra i due principali gruppi guerriglieri costituisce una minaccia per il futuro del Paese.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 agosto 2003

 

 

IL PAPA DOMANI MATTINA IN VATICANO,

PER L’UDIENZA GENERALE DEL MERCOLEDI’ NELL’AULA “PAOLO VI”

 

Giovanni Paolo II terrà l’udienza generale del mercoledì, domani mattina alle ore 10.30, in Vaticano, nell’Aula “Paolo VI”, anziché nel cortile interno della sua residenza di Castel Gandolfo. Pertanto, a differenza di quanto avvenuto finora in questa estate e venendo incontro al crescente afflusso di pellegrini, il Papa lascerà in auto alle ore 9.50 il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo e vi farà ritorno al termine dell’udienza generale. Mentre gli spazi della residenza estiva sono infatti alquanto limitati, con il cortile in grado di ospitare 3-4 mila persone, l’Aula “Paolo VI” fatta realizzare da Papa Montini all’architetto Pierluigi Nervi può contenere fino a 8 mila persone.

 

 

IL CORDOGLIO DEL PAPA PER I DRAMMATICI ATTENTATI CHE IERI HANNO FATTO STRAGE A BOMBAY. LE TENSIONI TRA HINDU E MUSULMANI E LE DIVERGENZE

TRA INDIA E PAKISTAN, LE PRINCIPALI PISTE SEGUITE DAGLI INQUIRENTI

- Intervista con l’arcivescovo di Bombay, cardinale Ivan Dias -

 

Le due terribili esplosioni che ieri hanno devastato la città di Bombay, causando la morte di oltre 50 persone, hanno subito suscitato l’attenzione e la solidarietà di Giovanni Paolo II. In un telegramma al cardinale arcivescovo di Bombay, Ivan Dias, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa esprime le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime e alle autorità civili e invita tutti gli uomini e le donne a rigettare le vie della violenza “che hanno causato una così inutile sofferenza”. Il Pontefice auspica che la pace possa trionfare “sulle forze dell’odio e della diffidenza”.

 

Le indagini a Bombay procedono, intanto, a pieno ritmo. Dietro gli attentanti potrebbero esserci i precari rapporti politici tra India e Pakistan. Il vice premier indiano, Lal Krishna Ad vani, ha infatti dichiarato che, probabilmente, la responsabilità dell’atto terroristico è da attribuire al governo di Islamabad. Ma quali potrebbero essere le altre cause del sanguinoso episodio di violenza? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto all’arcivescovo di Bombay, il cardinale Ivan Dias.

 

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R. – Le matrici possono essere diverse. Una potrebbe essere legata alle tensioni tra le due maggiori comunità – cioè musulmani e induisti . E poi, c’è un altro gruppo che compie azioni di terrorismo sociale, economico: ecco, queste sono le possibilità.

 

D. – Eminenza, sono state scelte due zone particolari di Bombay: che zone sono?

 

R. – Una è la ‘porta dell’India’, simbolo e orgoglio dei cittadini di Bombay; l’altra zona è un centro commerciale molto rinomato. Colpendo questi due punti, si colpisce quasi il nervo centrale della città di Bombay.

 

D. – Eminenza, è possibile che alla base ci siano sempre gli scontri per la moschea Ababri Adayodia, che hanno causato negli anni passati così tanti morti? Del resto, recentemente c’è stata la diffusione di un rapporto degli archeologi che confermano la presenza dei resti di un tempio indù sotto questa moschea...

 

R. – E’ vero che è stato pubblicato il rapporto, ma questo attentato sicuramente è stato preparato prima; può esserci un collegamento, ma non si può affermare a priori. Bombay è anche capitale industriale dell’India: quindi, colpendo Bombay si mette in pericolo anche questo aspetto commerciale che significa molto per l’India intera.

 

D. – A questo punto c’è comunque il timore che quanto accaduto oggi possa aprire un periodo di forti violenze...

 

R. – Forse tensioni; io credo che la tensione possa creare molto più danno, e questo malessere che gli attentatori vogliono creare può danneggiare il morale del popolo. Speriamo che ciò non avvenga!

 

D. – Lei crede che questo possa peggiorare le relazioni tra l’India e il Pakistan?

 

R. – Una volta accertato chi era dietro a questo attentato – ma credo che si farà molta attenzione prima di puntare il dito, ad avere qualche prova concreta.

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VENTICINQUE ANNI FA, L’ELEZIONE DI GIOVANNI PAOLO I:

PER 33 GIORNI IL “PAPA DEL SORRISO”, OGGI IN ODORE DI SANTITA’

- A cura di Alessandro De Carolis e Fausta Speranza -

 

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“Ieri mattina, io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere…”

 

(applausi - musica)

        

Inizia con queste parole, sfumate da un sorriso costante, il pontificato più breve del Novecento. E’ il 27 agosto 1978 quando un ancora stupito Giovanni Paolo I si affaccia per la prima volta su una Piazza San Pietro gremita di fedeli per la recita dell’Angelus e per salutare le migliaia di persone, e con loro i milioni nel mondo, che da 24 ore lo acclamano Papa. Quel semplice “ieri”, che inaugura il suo primo discorso da pontefice, è la “spia” di uno stile e di un’indole che in poche settimane conquisterà la Chiesa.

 

(musica)

 

Quei primi minuti a contatto con la gente non contengono frasi memorabili, ma il tocco di una gentilezza d’animo che fa breccia facilmente nei cuori. Papa Luciani spiega il perché di quell’insolito doppio nome: Giovanni Paolo. Afferma di non sentirsi all’altezza dei suoi predecessori, di non possedere le loro grandi qualità. E questa pubblica professione di umiltà si completa, qualche istante dopo, col racconto di un aneddoto che strappa ai presenti applausi e sorrisi, attirandogli un’istintiva corrente di affetto, ancora viva nella memoria di chi lo ha conosciuto.

 

“Papa Paolo, non solo mi ha fatto cardinale, ma alcuni mesi prima, sulle passerelle di piazza San Marco, m’ha fatto diventare tutto rosso davanti a 20 mila persone, perché s’è levato la stola e me l’ha messa sulle spalle. Io non son mai diventato così rosso…”

 

(applausi-musica)

 

Venticinque anni più tardi, di Albino Luciani - il “Papa del sorriso” come viene ricordato - si parla come di un futuro santo. Una persona dotata di una profonda spiritualità sacerdotale e una intensa esperienza pastorale. Il suo ricordo nel servizio di Fausta Speranza:

 

Giovanni XXIII lo nomina vescovo a 46 anni. Paolo VI lo chiama nel 1969 al patriarcato di Venezia e quattro anni dopo lo crea cardinale. Ad entrambi voleva fare riferimento nell’eredità di capo della Chiesa che sentiva in tutta la sua importanza. All’Angelus, il giorno dopo l’elezione infatti sottolineava:

 

“Se il Signore dà un peso, darà anche l’aiuto per portarlo. Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni e neanche la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto. Devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere”.

 

(applausi)

 

Sceglie dunque il doppio nome di Giovanni Paolo, ma viene ricordato più spesso come il Papa del sorriso e “Il sorriso del Santo” è il sottotitolo scelto da Andrea Tornielli, vaticanista del Giornale, per il suo volume dedicato a Papa Luciani, che ricorda così:

 

R. - Certamente lui aveva una grandissima comunicativa e le sue prediche, il contatto con la gente, erano per lui importantissimi. E questa semplicità di approccio fece molto scalpore. Credo che si possa innestare la figura di Papa Luciani certamente nella linea degli altri due Patriarchi di Venezia che sono diventati Papi nel secolo scorso. Certamente, Papa Giovanni XXIII, con tante analogie di percorso, ma forse ancora di più, come analogie di percorso, San Pio X, anche lui un sacerdote che si era formato interamente, tranne l’episcopato a Mantova, nella regione del Veneto. Sono convinto che tali analogie ci siano e vorrei sottolineare il fatto che quel sorriso era un sorriso di misericordia. Io credo che Papa Luciani, anche prima, ma nei 33 giorni di Pontificato, abbia mostrato al mondo il volto della misericordia di Dio.

 

Dunque un Pontificato breve ma ricco, come il significato del sorriso di Papa Luciani. Breve ma intenso, come il ricordo che ha lasciato in tutti ed in particolare in quanti si sono impegnati a promuovere l’avvio del processo di canonizzazione che ha ricevuto il nulla osta di Giovanni Paolo II il 17 giugno scorso. Ascoltiamo il vescovo di Belluno-Feltre, Vincenzo Savio:

 

R. - Furono comunque 33 giorni straordinari, perché il senso della paternità nei confronti di tutta la Chiesa è esploso. Giovanni Paolo I si è certamente preoccupato di dimostrare il volto amabile della Chiesa: quel patrimonio genetico che viene dall’essere dono del Signore nello spirito, per il bene e la salvezza dell’umanità.

 

Perché il 26 agosto del 1978, dopo un conclave brevissimo, la scelta di Albino Luciani? Risponde don Diego Lorenzi, suo segretario personale prima a Venezia e poi nei 33 giorni di Pontificato:

 

R. - Il cardinale Luciani aveva già partecipato in precedenza al Sinodo dei vescovi del ’74 e quindi del ’77. Vi erano presenti coloro che potevano essere, in quel periodo, i cardinali elettori. In quelle due circostanze ravvicinate nel tempo, dunque, i colleghi ne avevano conosciuto il carattere, il temperamento, le doti, la bontà, l’equilibrio, la santità, la dolcezza del tratto.

 

D. - Ma quale impronta ha lasciato?

 

R. - Credo che le apparizioni in pubblico – ovvero gli Angelus e le catechesi - abbiano dato potrei dire il “là” alla struttura del pontificato di Papa Luciani, come per dire: “Sono così, né limitato, né superdotato. Il mio stile è questo. So che la gente deve essere evangelizzata, so che Gesù Cristo si è proposto duemila anni fa come Maestro di coloro che vogliono apprendere da lui l’umiltà e la mitezza di cuore”. E su queste cose essenziali, prettamente evangeliche, Giovanni Paolo I ha insistito subito. Non a caso, la prima udienza del mercoledì fu tutta basata sull’umiltà. E poi le altre virtù teologali: fede, speranza e carità. In quello spazio non è stato né un sorriso e né una meteora. Ha avuto tempo di riproporre la cristianità.

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LE COMUNITA’ RELIGIOSE RIPUDINO IN MODO RADICALE OGNI VIOLENZA:

COSI’, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA, NAVARRO VALLS, IN UNA DICHIARAZIONE CHE RENDE NOTA LA PRESENZA DELLA SANTA SEDE AL CONGRESSO INTERRELIGIOSO, IN PROGRAMMA IN KAZAKHSTAN,

DAL 23 AL 24 SETTEMBRE PROSSIMO

-  Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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“E’ doveroso che le persone e le comunità religiose manifestino il più netto e radicale ripudio della violenza, di ogni violenza, a partire da quella che pretende di ammantarsi di religiosità facendo addirittura appello al nome sacrosanto di Dio per offendere l’uomo. L’offesa dell’uomo è, in definitiva, offesa di Dio”. Queste vibranti parole, pronunciate da Giovanni Paolo II ai rappresentanti delle religioni del mondo - convocati ad Assisi il 24 gennaio del 2002 - vengono ricordate dal direttore della Sala Stampa Vaticana, Joaquín Navarro-Valls, in una dichiarazione diffusa stamani dove si rende noto che la Santa Sede ha “accolto con piacere” l’invito a prendere parte al Congresso interreligioso, in programma ad Astana, capitale del Kazakhastan, dal 23 al 24 settembre prossimo.

 

La Santa Sede, prosegue Navarro-Valls, “esprime fervidi voti” per il successo dell’incontro, auspicando che “possa contribuire a promuovere la pace e la concordia della famiglia umana, nel rispetto dei diritti di ogni persona”. La delegazione della Santa Sede ad Astana – informa la nota – sarà presieduta dal cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

E’ “a tutti noto”, aggiunge Navarro-Valls, “che la Chiesa cattolica favorisce il dialogo interreligioso” e, come insegna la Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio ecumenico Vaticano II, “esorta i suoi figli affinché con prudenza e carità, per mezzo dei colloqui e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, testimoniando la fede e la vita cristiana, riconoscano, conservino e promuovano quei beni spirituali e morali e quei valori socio-culturali che in essi si trovano”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina è aperta dalle notizie provenienti dall’India dove è salito a cinquanta il numero delle vittime dell’attentato nel centro di Bombay; trovati cento detonatori sui binari; sospettati due gruppi islamici; la comunità internazionale condanna l’episodio ed esprime il cordoglio per le vittime. Medio Oriente: incursione dell’esercito israeliano a Jenin, arresti in un ospedale a Nablus; Rice chiede ad Israele di applicare la “road map”. Afghanistan: raddoppiati gli aiuti statunitensi; uccisi 64 guerriglieri Taleban in due raid dell’esercito regolare.

 

Nelle pagine vaticane, una pagina sulla clonazione umana e agli aspetti di diritto internazionale e una pagina dedicata all’Anno del Rosario.

 

Nelle pagine estere, Iraq: sospesa per forti divergenze la discussione al Consiglio di sicurezza dell’Onu su una nuova risoluzione che autorizzi l’invio di una forza multinazionale; tre feriti in un nuovo attacco contro le truppe americane. Corea del Nord: sei Paesi a colloquio da domani per favorire il disarmo nucleare di Pyongyang. Rwanda: Kagame vince le elezioni presidenziali. Russia: sale la tensione in vista delle elezioni in Cecenia. Venezuela: nominato il Consiglio nazionale elettorale che si occuperà dell’eventuale referendum su Chavez. Liberia: il difficile recupero alla vita normale di 10.000 bambini-soldato.

 

Nella pagina culturale, per il “Diario di un centenario”, l’elzeviro di Luigi M. Personè sulla sua paura dei mortaretti.

 

Nelle pagine italiane, i temi dell’economia, della giustizia, gli sviluppi della sparatoria nel Milanese e l’articolo di Piero Amici sul Meeting di Rimini

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 agosto 2003

 

 

 

93 ANNI FA NASCEVA MARIA TERESA DI CALCUTTA

LA TESTIMONIANZA INEDITA DI PADRE SEBASTIAN VAZHAKALA, SUPERIORE GENERALE DEI MISSIONARI DELLA CARITÀ, IL RAMO MASCHILE, DA LEI  FONDATO SUGLI INIZI DELL’OPERA DELLA FUTURA BEATA

                                      - Servizio di don Davide Gjugja -

 

93 anni fa nasceva Gonxha (Agnese) Bojaxhiu, la futura Madre Teresa di Calcutta che sarà elevata agli onori degli altari il 19 ottobre prossimo.  Era nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex Jugoslavia). Fin da piccola riceve dalla famiglia, di origine albanese, una profonda educazione cristiana. Già verso il 1928, Gonxha è attratta dalla vita religiosa. Sarà accolta a Dublino dalle Suore di Nostra Signora di Loreto, la cui Regola si ispira alla spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola.

 

Gonxha è attirata irresistibilmente dalle missioni. La superiora la manda  in India, a Darjeeling, città ai piedi dell'Himalaia, dove, nel maggio 1929, ha inizio il suo noviziato. Il 25 maggio 1931, pronuncia i voti religiosi e assume da quel momento il nome di suor Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux.

 

Per terminare gli studi, viene mandata, nel 1935, presso l'Istituto di Calcutta. Forte è l’impatto con il dramma della miseria di una popolazione che nasce, vive e muore sui marciapiedi, dove la media dei bambini muore appena nata, i loro cadaveri gettati in una pattumiera o in un canale di scolo.

 

Nel settembre 1946, mentre sta pregando, suor Teresa percepisce distintamente un invito di Dio a lasciare il convento di Loreto per consacrarsi al servizio dei poveri, e condividere le loro sofferenze vivendo in mezzo a loro. Solo ora, a motivo del processo di beatificazione, vengono in luce le lettere segrete di Madre Teresa che ci svelano ciò che la porterà a lasciare l’Istituto di Nostra Signora di Loreto per iniziare a Calcutta, la nuova ardita avventura. 

 

Su questa grande donna di Dio, ascoltiamo la testimonianza di padre Sebastian Vazhakala, superiore generale dei Missionari della Carità, il ramo maschile, fondato da Madre Teresa, intervistato da don David Gjugja, responsabile del programma albanese della nostra redazione.

 

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R. – I ricordi sono tanti, ma soprattutto quelli legati alla sua fede incrollabile. Era convinta che la sua opera fosse opera di Dio: “Questa – diceva - è opera sua, non mia”. Madre Teresa  ha avuto tre visioni. Nella prima ha visto una grande folla. Lei si trovava in mezzo a questa folla, con vari tipi di persone: poveri, bambini… E le mani di tutti erano alzate verso di lei e le dicevano: “Vieni madre, vieni. Portaci a Gesù”. Nella seconda visione ha visto la stessa folla. Erano tutti tristi. Ha visto la Madonna, ma non il suo volto. Si trovava dietro la Madonna, in mezzo alla folla, in ginocchio. La Madonna ha detto a Madre Teresa: “Prenditi cura di questa gente. E’ mia. Portala a Gesù. Insegna loro a pregare il Rosario e andrà tutto bene. Non avere paura. Porta a loro Gesù e loro a Gesù”.

 

D. – La terza?

 

R. – La stessa folla. Era buio, senza poter vedere nessuno, mentre lei poteva vederli. Ha visto Gesù sulla croce e la Madonna un po’ più lontana. Si trovava davanti alla Madonna. Tutte e due guardavano la croce. E Gesù dalla croce le ha detto: “Io te l’ho chiesto, la gente, la folla, te l’ha chiesto, mia madre te l’ha chiesto. Ti rifiuti di portarli a me?” Allora Madre Teresa ha detto: “No”. E a quel punto, ha ceduto, perché lei non voleva uscire dal convento di Loreto.

 

D. – Madre Teresa diceva che nella sua maturazione di questa scelta radicale voleva compiacere Dio e amarlo più di ogni altra creatura…

 

R. – Lei era come una sposa, la sposa di Cristo. Infatti, ci sono dei bellissimi dialoghi. Lei dice: “Dopo la Comunione, Gesù mi ha detto: tu sei la mia sposa, la sposa di Cristo Crocifisso. Tu soffrirai molto. La tua vocazione consiste nell’amare, soffrire e salvare le anime”.

 

D. – Comunque era una sofferenza che portava l’uomo all’incontro con Dio. Madre Teresa riusciva a far sorridere anche chi non aveva nessun motivo per sorridere, anche quelli che erano vicino alla morte…

 

R. – Sì, infatti. Gesù ha detto proprio questo: offrire più sacrifici, sorridere teneramente. Leggendo queste cose ci si rende conto che lei ha vissuto semplicemente quello che Gesù ha dettato. Anche il nome…

 

D. – Padre Sebastiano, lei ci ha offerto un’immagine di Madre Teresa un po’ diversa da quella per cui lei è conosciuta nel mondo, accanto ai poveri, accanto ai bisognosi. Tutta questa sua forza umana la attingeva da questa fonte…

 

R. – Esatto. Lei era molto convinta, proprio perché aveva questa forza. Quando ha detto: “Io rimango nel convento di Loreto e diventerò una santa”. Gesù ha detto: “No, io ti voglio missionaria della carità”.    

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LE RADICI CRISTIANE D’EUROPA

AL MEETING DI RIMINI PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI

- Servizio di Stefano Andrini -

 

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E’ San Benedetto il protagonista della terza giornata del Meeting. Alla regola del patrono d’Europa è dedicata una mostra che intende aiutare a riscoprire gli indizi di ciò che siamo, ma anche un affollato incontro che ha sviluppato il tema dell’edizione 2003, ‘C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici’. Ne ha parlato Mauro Giuseppe Lepori, abate di Hauterive in Svizzera, che del titolo del Meeting è stato in qualche modo il suggeritore. “La cultura moderna”, ha detto, “sembra aver plasmato un uomo contento della sua tristezza”.

 

Il versetto del Salmo 33, ripreso dalla regola di Benedetto, ci dice cha all’origine di tutto non c’è il desiderio di felicità del nostro cuore, ma il fatto che Dio desidera per ogni uomo la sua pienezza di compimento. Ieri, ha invece tenuto banco l’Europa. Il Meeting in particolare ha bocciato la bozza di Costituzione presentata dalla Convenzione. “La mancata citazione delle radici obiettivamente cristiane dell’Europa”, ha affermato in una dichiarazione il portavoce Robi Ronza “è solo la punta di un iceberg”. La bozza, dopo un omaggio puramente formale al principio di sussidiarietà, crea le premesse per un accentramento autoritario, ignora, inoltre, la sussidiarietà orizzontale.

 

Da Rimini parte quindi un appello al governo italiano perché chieda una radicale revisione del progetto e quindi il rinvio della firma della Carta Costituzionale europea. “Nessun boicottaggio” ha precisato Robi Ronza, “ma è necessario prendersi un periodo di riflessione”. Nel pomeriggio il Meeting ha aperto una finestra sulla Chiesa del Canada, in una situazione dove spesso il cattolicesimo è ai margini della società, non mancano però segni di speranza. “Ci sono” ha detto mons. Terence Prendergast, arcivescovo di Alifax, “la fame di esperienze spirituali soprattutto nei giovani, il rinnovato entusiasmo seguito alla giornata mondiale della gioventù, la costituzione di piccoli gruppi di fede, la fondazione di una scuola cattolica”.

 

Da Rimini, per la Radio Vaticana, Stefano Andrini.

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CHIESA E SOCIETA’

26 agosto 2003

 

 

APERTA IERI A CUBA LA VI CONFERENZA MONDIALE

CONTRO LA DESERTIFICAZIONE E LA SICCITA’, CHE COLPISCONO UN CENTINAIO DI PAESI E PONGONO A RISCHIO L’ECOSISTEMA DEL PIANETA TERRA

 

- Servizio di Maurizio Salvi -

 

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BOGOTA’. = Alla cerimonia di inaugurazione dei lavori ha assistito anche il presidente cubano Fidel Castro, che non ha preso la parola mentre lo ha fatto – a nome del governo – il presidente del Parlamento, Ricardo Alarcon, il quale ha auspicato che i risultati della Conferenza non siano solo una serie di buone intenzioni ma impegni tangibili che rafforzino nei prossimi anni la lotta contro la desertificazione e la siccità. Questi due fattori – ha concluso – costituiscono un momento del circolo vizioso tra sottosviluppo, legato alla povertà, e degrado ambientale che colpisce tutta l’umanità. La desertificazione costa al mondo ben 42 mila milioni di dollari l’anno, a titolo di mancate entrate; ma per combatterla si utilizzano soltanto 2.400 milioni di dollari. E’ per questo che il segretario esecutivo della Convenzione dell’Onu, Hama Arba Diallo, ha rivolto un appello ai Paesi ricchi invitandoli ad investire di più per arginare questo degrado. La Conferenza si concluderà il 5 settembre prossimo e a partire dal 1° vedrà la partecipazione di capi di Stato e di governo, soprattutto di Africa e Caraibi, oltre che una serie di incontri a livello ministeriale. Secondo un rapporto del Programma dell’Onu per l’ambiente, oltre un miliardo di esseri umani in un centinaio di Paesi vedono messa in discussione la propria esistenza per il degrado del suolo. Fra questi, 135 milioni corrono il rischio imminente di essere trasferiti altrove a causa del processo di desertificazione. Tra le misure che la Conferenza cercherà di approvare vi è l’adozione e la realizzazione di programmi nazionali di lotta alla siccità, la ricerca di meccanismi di finanziamento e il rafforzamento della cooperazione internazionale. Nello stesso tempo, i delegati studieranno la possibilità di un decentramento dell’autorità di controllo, il miglioramento dei sistemi di gestione delle terre e la concessione di maggiori responsabilità a donne impegnate nei campi, agli agricoltori in generale e ai pastori.

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IL POTERE DELLA TELEVISIONE SOTTO ACCUSA IN AUSTRALIA:

LA TV INSEGNA PERFINO A DELINQUERE

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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SYDNEY. = Come costruire una bomba in casa: l’ultima trovata per alzare l’audience. L’idea irresponsabile è stata della Tv di Stato australiana “Abc”, che ha messo in onda un documentario per dimostrare come sia possibile per una persona qualunque procurarsi su internet tutte le informazioni per produrre un ordigno, con materiali e sostanze acquistabili ovunque, offrendo allo spettatore un sorta di guida al ‘fai da te’, coronata dalla messa in opera: una volta ultimata la bomba i protagonisti della sceneggiata l’hanno anche fatta esplodere in un auto, sotto la guida degli artificieri. Scopo del programma, denunciare la facilità di delinquere attraverso internet quando la stessa denuncia ha già fatto da alcuni anni il giro del mondo. A che scopo allora riproporre un vecchio scoop, con il rischio reale di invogliare nuovi adepti del crimine fatto in casa? Il caso ha suscitato vibrate proteste in Australia e lo stesso ministro della Giustizia Daryl William ha fortemente criticato il documentario, rivelando che l’Abc ha ignorato “la richiesta di non mandare in onda il programma nonostante questa preghiera fosse arrivata non solo dal Governo ma da quattro Stati”. La Tv, sostanzialmente stupida – guidata da ottusi criteri di mercato non tanto delle merci ma dei cervelli - comanda su tutto e si pone fuori perfino dai poteri democratici degli Stati.

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DA DOMANI AL 31 AGOSTO, A MARINA DI MASSA IN TOSCANA,

“XI CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO”:

300 LE PARTECIPANTI, DA PAESI IN CONFLITTO, PER DIRE ‘NO’ A GUERRE E VIOLENZE

MASSA CARRARA. =  Trecento donne provenienti dai Balcani, dal Medio Oriente, dall'Africa, dall'Asia e dal Sud America, tutte con esperienze di guerra, conflitti etnici e integralismi saranno per la prima volta in Italia nell'ambito del “XI Incontro Internazionale delle Donne in Nero'', che si svolgerà a Marina di Massa da domani al 31 agosto. L'appuntamento rappresenta un momento di conoscenza tra donne provenienti da aree critiche che si confronteranno su alcuni temi guida ‘no’ al militarismo come pensiero dominante e modo di risoluzione dei conflitti, ‘no’ alla guerra come strumento per il superamento di differenze e divergenze. La Rete internazionale delle ''Donne in Nero'' lavora – come informa una nota - ''per la costruzione di una politica internazionale delle donne libera da guerre, violenze e povertà''. (R.G.)       

 

 

ANCHE L’AFRICA PROTAGONISTA NELLA RICERCA SPAZIALE:

FRA UN MESE LA NIGERIA LANCERA’ NELLO SPAZIO IL SUO PRIMO SATELLITE

 

ABUJA. = Un risultato significativo per tutto il continente africano: fra un mese il primo satellite africano sarà in orbita intorno alla Terra. Il prossimo 26 settembre la Nigeria diventerà il primo Paese dell’Africa ad “andare nello spazio”. Ieri, il ministro della scienza e della tecnologia nigeriano ha reso noto che ormai tutto è pronto per il lancio di ‘Sat:1’ che verrà effettuato dalla base spaziale russa di Plesetsk. Sul progetto lavorano, da almeno due anni, 15 giovani ingegneri nigeriani scelti dall’agenzia spaziale nazionale Nsrda, Nigeria Space Research and Development Agency, che hanno effettuato i propri studi in Gran Bretagna. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal ministro, il satellite sarà utilizzato in più settori: dalla sicurezza alla difesa dello Stato, a quello meteorologico. E ancora per finalità di studio urbanistico, ma anche per lanciare il settore telecomunicazioni, monitorare le risorse del sottosuolo e quelle idriche. Il progetto nigeriano, con sede nella capitale Abuja, dove è già stata allestita una modernissima base terrestre, è molto ambizioso e si propone di conseguire un forte ritorno economico attraverso la commercializzazione verso altri Paesi africani dei servizi offerti dalla tecnologia satellitare. Il lancio di ‘Sat:1’ costituisce comunque solo la prima fase di un più ampio progetto spaziale che nei mesi successivi vedrà la Nigeria lanciare in orbita altre componenti da utilizzare prevalentemente nel settore delle telecomunicazioni. (A.G.)

 

 

DAL 28 AL 29 AGOSTO, NELL’AMBITO DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA,

DUE GIORNATE DI DIBATTITO PER PROMUOVERE LA FILMOGRAFIA EUROPEA.

SABATO 30 APPUNTAMENTO A PALAZZO LABIA

PER I MINISTRI EUROPEI DELLA CULTURA

 

VENEZIA. = “La circolazione delle opere cinematografiche europee, all'interno  dell'Unione Europea: meccanismi di sostegno e nuove tecnologie”: questo il tema dell'Incontro che si terrà sabato prossimo a Palazzo Labia a Venezia, nell'ambito della Mostra internazionale d'Arte cinematografica. All'evento promosso dalla  Direzione generale per il Cinema del ministero per i Beni e le  Attività culturali in occasione del semestre italiano di Presidenza dell'Unione Europea, parteciperan-no i ministri della Cultura di 15 Paesi membri e di 10 Paesi candidati firmatari dei Trattati di adesione all'Ue. L’incontro sarà preceduto da due giornate di lavoro, il 28 e 29 agosto, organizzate in collaborazione con l'Efad (European Film Agency Directors) con la partecipazione di tutti i direttori delle strutture pubbliche europee di sostegno al Cinema e di numerosi esperti e professionisti per discutere, cercare soluzioni e nuove strategie al fine di incrementare la distribuzione di film europei in Europa. Inoltre, si discuterà di ''Nuove possibilità e sfide aperte dalle nuove tecnologie nel campo della circolazione delle opere cinematografiche e la lotta alla pirateria'' nel Seminario che si svolgerà sabato 30 agosto. I risultati dei tre giorni di lavoro, saranno presentati dal ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano Urbani, e da Viviane Reding, commissario per la Cultura, nel corso di una conferenza stampa di chiusura, che si terrà domenica 31 agosto alle ore 12.30 presso lo spazio stampa della Biennale al Lido di Venezia.  (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 agosto 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

 

E’ sempre più alto l’allarme terrorismo in India dopo il duplice attentato dinamitardo avvenuto, ieri, nella città costiera di Bombay, dove sono morte almeno 50 persone. Le cause del grave episodio di violenza, che sembrerebbe legato ai dissidi interreligiosi tra musulmani ed indù, non sono ancora del tutto chiare. Il vice primo ministro indiano, Lal Krishna Advani, è intanto arrivato oggi a Bombay per visitare gli oltre 130 feriti, tra i quali molti musulmani, ricoverati nei tre ospedali della città. Il servizio da New Delhi, di Maria Grazia Coggiola:

 

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E’ un brutto risveglio per Bombay. Il cuore turistico e commerciale della metropoli indiana è gravemente ferito e si temono altri attentati dopo un ritrovamento, avvenuto due ore dopo la strage, di 100 detonatori sui binari di una  linea ferroviaria su cui viaggiano migliaia di pellegrini diretti alla Kumbh Mela di Nashik, un Festival religioso che si svolge su un fiume sacro nei pressi di Bombay. La ricerca degli indizi continua nei due luoghi della strage, davanti al monumento Gateway of India e all’incrocio di Zaveri Bazaar, il mercato dell’oro e dei diamanti, abitato soprattutto da musulmani. Il governo indiano continua a puntare il dito su gruppi di estremisti islamici che agirebbero con il supporto di organizzazioni della Jihad pakistana, attive in Kashmir. L’attentato giunge in una fase delicata del dialogo con il Pakistan e proprio per questo il governo di New Delhi si è astenuto dal criticare direttamente Islamabad, come è accaduto, invece, nei precedenti attentati che hanno insanguinato Bombay negli ultimi 8 mesi.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Mariagrazia Coggiola.

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In Iraq non sembra interrompersi l’interminabile catena di attacchi e agguati alle forze della coalizione. Un soldato americano è stato ucciso ed un altro è rimasto gravemente ferito in un attacco perpetrato oggi nel distretto di Dora a Baghdad. Secondo i dati resi noti dal Pentagono, il numero dei militari statunitensi morti nel dopoguerra nel Paese ha raggiunto quota 138, lo stesso di quelli deceduti durante le sei settimane del conflitto. Nonostante la drammaticità della situazione nel Golfo Persico, il sostegno degli americani alle scelte del presidente George Bush sull’Iraq - secondo un sondaggio condotto dalla rete televisiva Abc - appare in calo, ma resta comunque alto. L’imprenditore americano di origine irachena, Rubar Sandi, ha intanto rivelato al ‘Washington Times’ che l’attacco alla sede delle Nazioni Unite di Baghdad è stato preceduto da una serie di lettere minatorie nelle quali venivano annunciati imminenti attentati contro alberghi o altri luoghi noti per essere frequentati da cittadini americani o da altri stranieri.

 

In Afghanistan prosegue la caccia alle milizie talebane: in due distinte offensive, condotte venerdì e sabato scorsi dall’esercito afgano e dai soldati americani nelle province meridionali di Zabol e Kandahar, sono stati uccisi 64 fedelissimi dell’ex regime.

 

In Rwanda il presidente uscente, Paul Kagame, è ampiamente in testa alle elezioni, le prime dopo il genocidio del 1994, con oltre il 90 per cento delle preferenze. Ma il suo principale rivale, Faustin Twagiramungu, ha dichiarato che il voto non è stato libero ed equo. L’ormai scontata riconferma di Kagame nasconderebbe, infatti, procedure poco democratiche, come ci riferisce Giulio Albanese:

 

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L’ordine di scuderia impartito dal fronte patriottico rwandese era chiaro, votare a tutti i costi il candidato Paul Kagame, essendo i suoi avversari politici nemici del Paese, primo tra tutti Faustin Twagiramungu, il candidato più accreditato dell’opposizione nella corsa per la massima carica dello Stato. Un personaggio che ha ricevuto non poche minacce e i cui parenti sono stati addirittura costretti con la forza a sconfessarlo pubblicamente in televisione. Insomma, un voto libero sotto il vigile occhio di un esercito, quello di Kagame, che detta le regole del gioco. Come se non bastasse gli elettori sono stati costretti ad intingere i polpastrelli nell’inchiostro per apporre l’impronta subito a fianco della foto dei candidati in lizza. Resta il rischio di una verifica ad oc che il governo potrebbe effettuare in qualsiasi momento e su qualunque persona qualora lo ritenesse necessario.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Restiamo in Africa ed andiamo in Liberia dove, purtroppo, sembra non reggere il cessate-il-fuoco. I ribelli del Model, il Movimento per la democrazia in Liberia, avrebbero massacrato, domenica scorsa, circa mille persone a Bahn, città nel Nord-Est del Paese. Per avere una visione completa della città e poter intervenire più rapidamente in caso di violenze, i marines hanno, intanto, lasciato le loro postazioni nel porto di Monrovia per tornare sulle navi attraccate al largo della capitale. La popolazione, però, vive nel terrore e chiede una maggiore protezione da parte delle forze americane.

 

In Costa d’Avorio due soldati francesi dell’Operazione “Liocorno”, che erano di pattuglia sul lago Kossou, nel centro del Paese, sono stati uccisi ieri pomeriggio durante uno scontro con ribelli delle Forze Nuove. Lo ha annunciato oggi il portavoce dell’esercito francese ad Abidjan, il colonnello Jerome Sallè, aggiungendo che “si tratta dei primi due soldati, inviati da Parigi, morti in combattimento” nel quadro di questa operazione nel Paese ivoriano. Autorità francesi hanno inoltre annunciato di aver sventato un colpo di stato ad Abidjan. Sono finiti in manette 12 presunti golpisti.

 

L’incertezza politica in Medio Oriente, aggravatasi dopo la fine della tregua, è accresciuta dalle divisioni interne all’Autorità nazionale palestinese (Anp). Mohammed Dahlan, Il ministro degli Interni del governo di Abu Mazen, è stato di fatto esautorato da Jibril Rajoub, a cui ieri il presidente palestinese, Yasser Arafat, ha affidato il controllo della polizia e dei servizi di sicurezza. Arafat ha anche ordinato alle forze della sicurezza nazionale di aprire un’inchiesta sulle fonti dei conti bancari intestati all'organizzazione estremista Hamas, e di prevenire il lancio di missili e mortai dalla Striscia di Gaza.

 

Sul futuro della Colombia sembra incombere una nuova terribile minaccia. I due principali movimenti della guerriglia colombiana, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) hanno infatti stretto un’alleanza contro il governo del presidente Alvaro Uribe.  Ce ne parla Maurizio Salvi:

 

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Non è chiaro se l’intesa tra i due gruppi di guerriglieri si estenderà anche alle operazioni militari, ma è certo che essa si pone come un ulteriore tentativo di esercitare pressioni sul capo dello Stato per spingerlo a trattare. Uribe, che ha assunto la presidenza un anno fa con la promessa di piegare la guerriglia, sembra propenso, invece, ad una soluzione militare, che per il momento ha avuto successi ed insuccessi, ma che è comunque lungi dal risolvere la questione di fondo della guerra civile che da quasi 40 anni affligge il Paese. E per un dialogo che sostituisca la legge delle armi, si è espresso ieri mons. Luis Augusto Castro, vescovo di Tunja, che ha ribadito la volontà della Chiesa di esercitare un’opera di collegamento fra le parti.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Tra le due Coree si registrano ancora gravi focolai di tensione. Seul ha reso noto oggi che alcune sue navi hanno sparato colpi di avvertimento contro un pattugliatore di Pyongyang che aveva superato la linea di confine marittima tra i due Paesi. Lo scontro è avvenuto a meno di 24 ore dall’inizio a Pechino dei colloqui a 6 sulla crisi nucleare innescata dalla Corea del Nord dopo l’abbandono del Trattato di non proliferazione nucleare. Una delegazione di Pyongyang è già arrivata nella capitale cinese.

 

 

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