RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 238 - Testo della
Trasmissione di martedì 26 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Le radici cristiane d’Europa irrompono al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli.
CHIESA
E SOCIETA’:
Il potere della televisione sotto accusa in Australia: la tv
insegna perfino a delinquere.
Cresce
in India l’allarme terrorismo dopo l’esplosione di due bombe avvenuta ieri a
Bombay
In Rwanda è ormai scontata la vittoria alle
elezioni del presidente uscente, Paul Kagame
In Colombia l’alleanza stretta tra i due
principali gruppi guerriglieri costituisce una minaccia per il futuro del
Paese.
26
agosto 2003
IL PAPA DOMANI MATTINA IN VATICANO,
PER
L’UDIENZA GENERALE DEL MERCOLEDI’ NELL’AULA “PAOLO VI”
Giovanni Paolo II terrà l’udienza generale del mercoledì,
domani mattina alle ore 10.30, in Vaticano, nell’Aula “Paolo VI”, anziché nel
cortile interno della sua residenza di Castel Gandolfo. Pertanto, a differenza
di quanto avvenuto finora in questa estate e venendo incontro al crescente
afflusso di pellegrini, il Papa lascerà in auto alle ore 9.50 il Palazzo
Pontificio di Castel Gandolfo e vi farà ritorno al termine dell’udienza
generale. Mentre gli spazi della residenza estiva sono infatti alquanto
limitati, con il cortile in grado di ospitare 3-4 mila persone, l’Aula “Paolo
VI” fatta realizzare da Papa Montini all’architetto Pierluigi Nervi può
contenere fino a 8 mila persone.
IL CORDOGLIO DEL PAPA PER I DRAMMATICI ATTENTATI
CHE IERI HANNO FATTO STRAGE A BOMBAY. LE TENSIONI TRA HINDU E MUSULMANI E LE DIVERGENZE
TRA
INDIA E PAKISTAN, LE PRINCIPALI PISTE SEGUITE DAGLI INQUIRENTI
-
Intervista con l’arcivescovo di Bombay, cardinale Ivan Dias -
Le due terribili esplosioni che
ieri hanno devastato la città di Bombay, causando la morte di oltre 50 persone,
hanno subito suscitato l’attenzione e la solidarietà di Giovanni Paolo II. In
un telegramma al cardinale arcivescovo di Bombay, Ivan Dias, a firma del
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa esprime le proprie
condoglianze alle famiglie delle vittime e alle autorità civili e invita tutti
gli uomini e le donne a rigettare le vie della violenza “che hanno causato una
così inutile sofferenza”. Il Pontefice auspica che la pace possa trionfare
“sulle forze dell’odio e della diffidenza”.
Le indagini a Bombay procedono,
intanto, a pieno ritmo. Dietro gli attentanti potrebbero esserci i precari rapporti
politici tra India e Pakistan. Il vice premier indiano, Lal Krishna Ad vani, ha
infatti dichiarato che, probabilmente, la responsabilità
dell’atto terroristico è
da attribuire al governo di Islamabad. Ma quali potrebbero essere le
altre cause del sanguinoso episodio di violenza? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto all’arcivescovo
di Bombay, il cardinale Ivan Dias.
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R. – Le matrici possono essere
diverse. Una potrebbe essere legata alle tensioni tra le due maggiori comunità
– cioè musulmani e induisti . E poi, c’è un altro gruppo che compie azioni di
terrorismo sociale, economico: ecco, queste sono le possibilità.
D. – Eminenza, sono state scelte
due zone particolari di Bombay: che zone sono?
R. – Una è la ‘porta dell’India’,
simbolo e orgoglio dei cittadini di Bombay; l’altra zona è un centro
commerciale molto rinomato. Colpendo questi due punti, si colpisce quasi il
nervo centrale della città di Bombay.
D. – Eminenza, è possibile che
alla base ci siano sempre gli scontri per la moschea Ababri Adayodia, che hanno
causato negli anni passati così tanti morti? Del resto, recentemente c’è stata
la diffusione di un rapporto degli archeologi che confermano la presenza dei
resti di un tempio indù sotto questa moschea...
R. – E’ vero che è stato
pubblicato il rapporto, ma questo attentato sicuramente è stato preparato
prima; può esserci un collegamento, ma non si può affermare a priori. Bombay è
anche capitale industriale dell’India: quindi, colpendo Bombay si mette in
pericolo anche questo aspetto commerciale che significa molto per l’India
intera.
D. – A questo punto c’è comunque
il timore che quanto accaduto oggi possa aprire un periodo di forti violenze...
R. – Forse tensioni; io credo che
la tensione possa creare molto più danno, e questo malessere che gli
attentatori vogliono creare può danneggiare il morale del popolo. Speriamo che
ciò non avvenga!
D. – Lei crede che questo possa
peggiorare le relazioni tra l’India e il Pakistan?
R. – Una volta accertato chi era
dietro a questo attentato – ma credo che si farà molta attenzione prima di
puntare il dito, ad avere qualche prova concreta.
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VENTICINQUE ANNI FA, L’ELEZIONE DI GIOVANNI PAOLO
I:
PER 33
GIORNI IL “PAPA DEL SORRISO”, OGGI IN ODORE DI SANTITA’
- A
cura di Alessandro De Carolis e Fausta Speranza -
**********
“Ieri mattina, io sono andato alla Sistina a votare
tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere…”
(applausi - musica)
Inizia con queste parole, sfumate
da un sorriso costante, il pontificato più breve del Novecento. E’ il 27 agosto
1978 quando un ancora stupito Giovanni Paolo I si affaccia per la prima volta
su una Piazza San Pietro gremita di fedeli per la recita dell’Angelus e per
salutare le migliaia di persone, e con loro i milioni nel mondo, che da 24 ore
lo acclamano Papa. Quel semplice “ieri”, che inaugura il suo primo discorso da
pontefice, è la “spia” di uno stile e di un’indole che in poche settimane
conquisterà la Chiesa.
(musica)
Quei primi minuti a contatto con
la gente non contengono frasi memorabili, ma il tocco di una gentilezza d’animo
che fa breccia facilmente nei cuori. Papa Luciani spiega il perché di
quell’insolito doppio nome: Giovanni Paolo. Afferma di non sentirsi all’altezza
dei suoi predecessori, di non possedere le loro grandi qualità. E questa
pubblica professione di umiltà si completa, qualche istante dopo, col racconto
di un aneddoto che strappa ai presenti applausi e sorrisi, attirandogli
un’istintiva corrente di affetto, ancora viva nella memoria di chi lo ha
conosciuto.
“Papa Paolo, non solo mi ha fatto cardinale, ma
alcuni mesi prima, sulle passerelle di piazza San Marco, m’ha fatto diventare
tutto rosso davanti a 20 mila persone, perché s’è levato la stola e me l’ha
messa sulle spalle. Io non son mai diventato così rosso…”
(applausi-musica)
Venticinque anni più tardi, di
Albino Luciani - il “Papa del sorriso” come viene ricordato - si parla come di
un futuro santo. Una persona dotata di una profonda spiritualità sacerdotale e
una intensa esperienza pastorale. Il suo ricordo nel servizio di Fausta Speranza:
Giovanni XXIII lo nomina vescovo a
46 anni. Paolo VI lo chiama nel 1969 al patriarcato di Venezia e quattro anni
dopo lo crea cardinale. Ad entrambi voleva fare riferimento nell’eredità di
capo della Chiesa che sentiva in tutta la sua importanza. All’Angelus, il
giorno dopo l’elezione infatti sottolineava:
“Se il Signore dà un peso, darà
anche l’aiuto per portarlo. Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni e
neanche la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto.
Devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre
preghiere”.
(applausi)
Sceglie dunque il doppio nome di
Giovanni Paolo, ma viene ricordato più spesso come il Papa del sorriso e “Il
sorriso del Santo” è il sottotitolo scelto da Andrea Tornielli, vaticanista del
Giornale, per il suo volume dedicato a Papa Luciani, che ricorda così:
R. - Certamente lui aveva una
grandissima comunicativa e le sue prediche, il contatto con la gente, erano per
lui importantissimi. E questa semplicità di approccio fece molto scalpore.
Credo che si possa innestare la figura di Papa Luciani certamente nella linea
degli altri due Patriarchi di Venezia che sono diventati Papi nel secolo
scorso. Certamente, Papa Giovanni XXIII, con tante analogie di percorso, ma
forse ancora di più, come analogie di percorso, San Pio X, anche lui un
sacerdote che si era formato interamente, tranne l’episcopato a Mantova, nella
regione del Veneto. Sono convinto che tali analogie ci siano e vorrei
sottolineare il fatto che quel sorriso era un sorriso di misericordia. Io credo
che Papa Luciani, anche prima, ma nei 33 giorni di Pontificato, abbia mostrato
al mondo il volto della misericordia di Dio.
Dunque un Pontificato breve ma
ricco, come il significato del sorriso di Papa Luciani. Breve ma intenso, come
il ricordo che ha lasciato in tutti ed in particolare in quanti si sono
impegnati a promuovere l’avvio del processo di canonizzazione che ha ricevuto
il nulla osta di Giovanni Paolo II il 17 giugno scorso. Ascoltiamo il vescovo
di Belluno-Feltre, Vincenzo Savio:
R. - Furono comunque 33 giorni
straordinari, perché il senso della paternità nei confronti di tutta la Chiesa
è esploso. Giovanni Paolo I si è certamente preoccupato di dimostrare il volto
amabile della Chiesa: quel patrimonio genetico che viene dall’essere dono del
Signore nello spirito, per il bene e la salvezza dell’umanità.
Perché il 26 agosto del 1978, dopo
un conclave brevissimo, la scelta di Albino Luciani? Risponde don Diego
Lorenzi, suo segretario personale prima a Venezia e poi nei 33 giorni di
Pontificato:
R. - Il
cardinale Luciani aveva già partecipato in precedenza al Sinodo dei vescovi del
’74 e quindi del ’77. Vi erano presenti coloro che potevano essere, in quel
periodo, i cardinali elettori. In quelle due circostanze ravvicinate nel tempo,
dunque, i colleghi ne avevano conosciuto il carattere, il temperamento, le
doti, la bontà, l’equilibrio, la santità, la dolcezza del tratto.
D. - Ma quale impronta ha
lasciato?
R. - Credo che le apparizioni in
pubblico – ovvero gli Angelus e le catechesi - abbiano dato potrei dire il “là”
alla struttura del pontificato di Papa Luciani, come per dire: “Sono così, né
limitato, né superdotato. Il mio stile è questo. So che la gente deve essere
evangelizzata, so che Gesù Cristo si è proposto duemila anni fa come Maestro di
coloro che vogliono apprendere da lui l’umiltà e la mitezza di cuore”. E su
queste cose essenziali, prettamente evangeliche, Giovanni Paolo I ha insistito
subito. Non a caso, la prima udienza del mercoledì fu tutta basata sull’umiltà.
E poi le altre virtù teologali: fede, speranza e carità. In quello spazio non è
stato né un sorriso e né una meteora. Ha avuto tempo di riproporre la
cristianità.
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LE COMUNITA’ RELIGIOSE RIPUDINO IN MODO
RADICALE OGNI VIOLENZA:
COSI’,
IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA, NAVARRO VALLS, IN UNA DICHIARAZIONE
CHE RENDE NOTA LA PRESENZA DELLA SANTA SEDE AL CONGRESSO INTERRELIGIOSO, IN
PROGRAMMA IN KAZAKHSTAN,
DAL 23
AL 24 SETTEMBRE PROSSIMO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
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“E’ doveroso che le persone e le comunità religiose
manifestino il più netto e radicale ripudio della violenza, di ogni violenza, a
partire da quella che pretende di ammantarsi di religiosità facendo addirittura
appello al nome sacrosanto di Dio per offendere l’uomo. L’offesa dell’uomo è,
in definitiva, offesa di Dio”. Queste vibranti parole, pronunciate da Giovanni
Paolo II ai rappresentanti delle religioni del mondo - convocati ad Assisi il
24 gennaio del 2002 - vengono ricordate dal direttore della Sala Stampa
Vaticana, Joaquín Navarro-Valls, in una dichiarazione diffusa stamani dove si
rende noto che la Santa Sede ha “accolto con piacere” l’invito a prendere parte
al Congresso interreligioso, in programma ad Astana, capitale del Kazakhastan,
dal 23 al 24 settembre prossimo.
La Santa Sede, prosegue Navarro-Valls, “esprime fervidi
voti” per il successo dell’incontro, auspicando che “possa contribuire a
promuovere la pace e la concordia della famiglia umana, nel rispetto dei
diritti di ogni persona”. La delegazione della Santa Sede ad Astana – informa
la nota – sarà presieduta dal cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
E’ “a tutti noto”, aggiunge Navarro-Valls, “che la Chiesa
cattolica favorisce il dialogo interreligioso” e, come insegna la Dichiarazione
Nostra Aetate del Concilio ecumenico Vaticano II, “esorta i suoi figli
affinché con prudenza e carità, per mezzo dei colloqui e della collaborazione
con i seguaci delle altre religioni, testimoniando la fede e la vita cristiana,
riconoscano, conservino e promuovano quei beni spirituali e morali e quei
valori socio-culturali che in essi si trovano”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima
pagina è aperta dalle notizie provenienti dall’India dove è salito a cinquanta
il numero delle vittime dell’attentato nel centro di Bombay; trovati cento
detonatori sui binari; sospettati due gruppi islamici; la comunità
internazionale condanna l’episodio ed esprime il cordoglio per le vittime.
Medio Oriente: incursione dell’esercito israeliano a Jenin, arresti in un
ospedale a Nablus; Rice chiede ad Israele di applicare la “road map”.
Afghanistan: raddoppiati gli aiuti statunitensi; uccisi 64 guerriglieri Taleban
in due raid dell’esercito regolare.
Nelle
pagine vaticane, una pagina sulla clonazione umana e agli aspetti di diritto internazionale
e una pagina dedicata all’Anno del Rosario.
Nelle pagine estere, Iraq: sospesa
per forti divergenze la discussione al Consiglio di sicurezza dell’Onu su una
nuova risoluzione che autorizzi l’invio di una forza multinazionale; tre feriti
in un nuovo attacco contro le truppe americane. Corea del Nord: sei Paesi a
colloquio da domani per favorire il disarmo nucleare di Pyongyang. Rwanda:
Kagame vince le elezioni presidenziali. Russia: sale la tensione in vista delle
elezioni in Cecenia. Venezuela: nominato il Consiglio nazionale elettorale che
si occuperà dell’eventuale referendum su Chavez. Liberia: il difficile recupero
alla vita normale di 10.000 bambini-soldato.
Nella
pagina culturale, per il “Diario di un centenario”, l’elzeviro di Luigi M.
Personè sulla sua paura dei mortaretti.
Nelle
pagine italiane, i temi dell’economia, della giustizia, gli sviluppi della
sparatoria nel Milanese e l’articolo di Piero Amici sul Meeting di Rimini
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26
agosto 2003
93 ANNI FA NASCEVA MARIA TERESA DI
CALCUTTA
LA TESTIMONIANZA INEDITA DI PADRE
SEBASTIAN VAZHAKALA, SUPERIORE GENERALE DEI MISSIONARI DELLA CARITÀ, IL RAMO
MASCHILE, DA LEI FONDATO SUGLI INIZI
DELL’OPERA DELLA FUTURA BEATA
-
Servizio di don Davide Gjugja -
93 anni fa nasceva Gonxha (Agnese) Bojaxhiu, la futura Madre Teresa
di Calcutta che sarà elevata agli onori degli altari il 19 ottobre
prossimo. Era nata il 26 agosto 1910 a
Skopje (ex Jugoslavia). Fin da piccola riceve dalla famiglia, di origine
albanese, una profonda educazione cristiana. Già verso il 1928, Gonxha è
attratta dalla vita religiosa. Sarà accolta a Dublino dalle Suore di Nostra
Signora di Loreto, la cui Regola si ispira alla spiritualità di Sant’Ignazio di
Loyola.
Gonxha è attirata irresistibilmente dalle missioni. La superiora
la manda in India, a Darjeeling, città
ai piedi dell'Himalaia, dove, nel maggio 1929, ha inizio il suo noviziato. Il
25 maggio 1931, pronuncia i voti religiosi e assume da quel momento il nome di suor
Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux.
Per terminare gli studi, viene mandata, nel 1935, presso
l'Istituto di Calcutta. Forte è l’impatto con il dramma della miseria di una
popolazione che nasce, vive e muore sui marciapiedi, dove la media dei bambini
muore appena nata, i loro cadaveri gettati in una pattumiera o in un canale di
scolo.
Nel settembre 1946, mentre sta pregando, suor Teresa percepisce
distintamente un invito di Dio a lasciare il convento di Loreto per consacrarsi
al servizio dei poveri, e condividere le loro sofferenze vivendo in mezzo a loro.
Solo ora, a motivo del processo di beatificazione, vengono in luce le lettere
segrete di Madre Teresa che ci svelano ciò che la porterà a lasciare l’Istituto
di Nostra Signora di Loreto per iniziare a Calcutta, la nuova ardita
avventura.
Su questa grande donna di Dio, ascoltiamo la testimonianza di padre
Sebastian Vazhakala, superiore generale dei Missionari della Carità, il ramo maschile,
fondato da Madre Teresa, intervistato da don David Gjugja, responsabile del programma
albanese della nostra redazione.
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R. – I
ricordi sono tanti, ma soprattutto quelli legati alla sua fede incrollabile.
Era convinta che la sua opera fosse opera di Dio: “Questa – diceva - è opera
sua, non mia”. Madre Teresa ha avuto
tre visioni. Nella prima ha visto una grande folla. Lei si trovava in mezzo a
questa folla, con vari tipi di persone: poveri, bambini… E le mani di tutti
erano alzate verso di lei e le dicevano: “Vieni madre, vieni. Portaci a Gesù”.
Nella seconda visione ha visto la stessa folla. Erano tutti tristi. Ha visto la
Madonna, ma non il suo volto. Si trovava dietro la Madonna, in mezzo alla
folla, in ginocchio. La Madonna ha detto a Madre Teresa: “Prenditi cura di
questa gente. E’ mia. Portala a Gesù. Insegna loro a pregare il Rosario e andrà
tutto bene. Non avere paura. Porta a loro Gesù e loro a Gesù”.
D. – La terza?
R. – La stessa folla. Era buio, senza poter vedere
nessuno, mentre lei poteva vederli. Ha visto Gesù sulla croce e la Madonna un
po’ più lontana. Si trovava davanti alla Madonna. Tutte e due guardavano la
croce. E Gesù dalla croce le ha detto: “Io te l’ho chiesto, la gente, la folla,
te l’ha chiesto, mia madre te l’ha chiesto. Ti rifiuti di portarli a me?”
Allora Madre Teresa ha detto: “No”. E a quel punto, ha ceduto, perché lei non
voleva uscire dal convento di Loreto.
D. – Madre Teresa diceva che nella sua maturazione di
questa scelta radicale voleva compiacere Dio e amarlo più di ogni altra
creatura…
R. – Lei era come una sposa, la sposa di Cristo. Infatti,
ci sono dei bellissimi dialoghi. Lei dice: “Dopo la Comunione, Gesù mi ha
detto: tu sei la mia sposa, la sposa di Cristo Crocifisso. Tu soffrirai molto.
La tua vocazione consiste nell’amare, soffrire e salvare le anime”.
D. – Comunque era una sofferenza che portava l’uomo
all’incontro con Dio. Madre Teresa riusciva a far sorridere anche chi non aveva
nessun motivo per sorridere, anche quelli che erano vicino alla morte…
R. – Sì, infatti. Gesù ha detto proprio questo: offrire
più sacrifici, sorridere teneramente. Leggendo queste cose ci si rende conto
che lei ha vissuto semplicemente quello che Gesù ha dettato. Anche il nome…
D. – Padre Sebastiano, lei ci ha offerto un’immagine di
Madre Teresa un po’ diversa da quella per cui lei è conosciuta nel mondo,
accanto ai poveri, accanto ai bisognosi. Tutta questa sua forza umana la
attingeva da questa fonte…
R. – Esatto. Lei era molto convinta, proprio perché aveva
questa forza. Quando ha detto: “Io rimango nel convento di Loreto e diventerò
una santa”. Gesù ha detto: “No, io ti voglio missionaria della carità”.
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AL
MEETING DI RIMINI PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI
-
Servizio di Stefano Andrini -
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E’ San Benedetto il protagonista della terza giornata del
Meeting. Alla regola del patrono d’Europa è dedicata una mostra che intende
aiutare a riscoprire gli indizi di ciò che siamo, ma anche un affollato
incontro che ha sviluppato il tema dell’edizione 2003, ‘C’è un uomo che vuole
la vita e desidera giorni felici’. Ne ha parlato Mauro Giuseppe Lepori, abate
di Hauterive in Svizzera, che del titolo del Meeting è stato in qualche modo il
suggeritore. “La cultura moderna”, ha detto, “sembra aver plasmato un uomo
contento della sua tristezza”.
Il versetto del Salmo 33, ripreso dalla regola di
Benedetto, ci dice cha all’origine di tutto non c’è il desiderio di felicità
del nostro cuore, ma il fatto che Dio desidera per ogni uomo la sua pienezza di
compimento. Ieri, ha invece tenuto banco l’Europa. Il Meeting in particolare ha
bocciato la bozza di Costituzione presentata dalla Convenzione. “La mancata
citazione delle radici obiettivamente cristiane dell’Europa”, ha affermato in
una dichiarazione il portavoce Robi Ronza “è solo la punta di un iceberg”. La
bozza, dopo un omaggio puramente formale al principio di sussidiarietà, crea le
premesse per un accentramento autoritario, ignora, inoltre, la sussidiarietà
orizzontale.
Da Rimini parte quindi un appello al governo italiano
perché chieda una radicale revisione del progetto e quindi il rinvio della
firma della Carta Costituzionale europea. “Nessun boicottaggio” ha precisato
Robi Ronza, “ma è necessario prendersi un periodo di riflessione”. Nel
pomeriggio il Meeting ha aperto una finestra sulla Chiesa del Canada, in una
situazione dove spesso il cattolicesimo è ai margini della società, non mancano
però segni di speranza. “Ci sono” ha detto mons. Terence Prendergast,
arcivescovo di Alifax, “la fame di esperienze spirituali soprattutto nei
giovani, il rinnovato entusiasmo seguito alla giornata mondiale della gioventù,
la costituzione di piccoli gruppi di fede, la fondazione di una scuola
cattolica”.
Da Rimini, per la Radio Vaticana, Stefano Andrini.
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26
agosto 2003
APERTA IERI A CUBA LA VI CONFERENZA MONDIALE
CONTRO LA DESERTIFICAZIONE E LA SICCITA’, CHE
COLPISCONO UN CENTINAIO DI PAESI E PONGONO A RISCHIO L’ECOSISTEMA DEL PIANETA
TERRA
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Servizio di Maurizio Salvi -
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BOGOTA’. = Alla cerimonia di inaugurazione dei lavori ha
assistito anche il presidente cubano Fidel Castro, che non ha preso la parola
mentre lo ha fatto – a nome del governo – il presidente del Parlamento, Ricardo
Alarcon, il quale ha auspicato che i risultati della Conferenza non siano solo
una serie di buone intenzioni ma impegni tangibili che rafforzino nei prossimi
anni la lotta contro la desertificazione e la siccità. Questi due fattori – ha
concluso – costituiscono un momento del circolo vizioso tra sottosviluppo, legato
alla povertà, e degrado ambientale che colpisce tutta l’umanità. La
desertificazione costa al mondo ben 42 mila milioni di dollari l’anno, a titolo
di mancate entrate; ma per combatterla si utilizzano soltanto 2.400 milioni di
dollari. E’ per questo che il segretario esecutivo della Convenzione dell’Onu,
Hama Arba Diallo, ha rivolto un appello ai Paesi ricchi invitandoli ad
investire di più per arginare questo degrado. La Conferenza si concluderà il 5
settembre prossimo e a partire dal 1° vedrà la partecipazione di capi di Stato
e di governo, soprattutto di Africa e Caraibi, oltre che una serie di incontri
a livello ministeriale. Secondo un rapporto del Programma dell’Onu per
l’ambiente, oltre un miliardo di esseri umani in un centinaio di Paesi vedono messa
in discussione la propria esistenza per il degrado del suolo. Fra questi, 135 milioni
corrono il rischio imminente di essere trasferiti altrove a causa del processo
di desertificazione. Tra le misure che la Conferenza cercherà di approvare vi è
l’adozione e la realizzazione di programmi nazionali di lotta alla siccità, la
ricerca di meccanismi di finanziamento e il rafforzamento della cooperazione
internazionale. Nello stesso tempo, i delegati studieranno la possibilità di un
decentramento dell’autorità di controllo, il miglioramento dei sistemi di
gestione delle terre e la concessione di maggiori responsabilità a donne
impegnate nei campi, agli agricoltori in generale e ai pastori.
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IL
POTERE DELLA TELEVISIONE SOTTO ACCUSA IN AUSTRALIA:
LA TV
INSEGNA PERFINO A DELINQUERE
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Servizio di Roberta Gisotti -
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SYDNEY.
= Come costruire una bomba in casa: l’ultima trovata per alzare l’audience.
L’idea irresponsabile è stata della Tv di Stato australiana “Abc”, che ha messo
in onda un documentario per dimostrare come sia possibile per una persona
qualunque procurarsi su internet tutte le informazioni per produrre un ordigno,
con materiali e sostanze acquistabili ovunque, offrendo allo spettatore un
sorta di guida al ‘fai da te’, coronata dalla messa in opera: una volta
ultimata la bomba i protagonisti della sceneggiata l’hanno anche fatta
esplodere in un auto, sotto la guida degli artificieri. Scopo del programma,
denunciare la facilità di delinquere attraverso internet quando la stessa denuncia
ha già fatto da alcuni anni il giro del mondo. A che scopo allora riproporre un
vecchio scoop, con il rischio reale di invogliare nuovi adepti del crimine
fatto in casa? Il caso ha suscitato vibrate proteste in Australia e lo stesso
ministro della Giustizia Daryl William ha fortemente criticato il documentario,
rivelando che l’Abc ha ignorato “la richiesta di non mandare in onda il
programma nonostante questa preghiera fosse arrivata non solo dal Governo ma da
quattro Stati”. La Tv, sostanzialmente stupida – guidata da ottusi criteri di
mercato non tanto delle merci ma dei cervelli - comanda su tutto e si pone
fuori perfino dai poteri democratici degli Stati.
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DA DOMANI AL 31 AGOSTO, A MARINA DI MASSA IN
TOSCANA,
“XI
CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO”:
300 LE
PARTECIPANTI, DA PAESI IN CONFLITTO, PER DIRE ‘NO’ A GUERRE E VIOLENZE
MASSA CARRARA. =
Trecento donne provenienti dai Balcani, dal Medio Oriente, dall'Africa,
dall'Asia e dal Sud America, tutte con esperienze di guerra, conflitti etnici e
integralismi saranno per la prima volta in Italia nell'ambito del “XI Incontro
Internazionale delle Donne in Nero'', che si svolgerà a Marina di Massa da
domani al 31 agosto. L'appuntamento rappresenta un momento di conoscenza tra
donne provenienti da aree critiche che si confronteranno su alcuni temi guida
‘no’ al militarismo come pensiero dominante e modo di risoluzione dei
conflitti, ‘no’ alla guerra come strumento per il superamento di differenze e
divergenze. La Rete internazionale delle ''Donne in Nero'' lavora – come
informa una nota - ''per la costruzione di una politica internazionale delle
donne libera da guerre, violenze e povertà''. (R.G.)
ANCHE
L’AFRICA PROTAGONISTA NELLA RICERCA SPAZIALE:
FRA UN
MESE LA NIGERIA LANCERA’ NELLO SPAZIO IL SUO PRIMO SATELLITE
ABUJA. = Un risultato
significativo per tutto il continente africano: fra un mese il primo satellite
africano sarà in orbita intorno alla Terra. Il prossimo 26 settembre la Nigeria
diventerà il primo Paese dell’Africa ad “andare nello spazio”. Ieri, il ministro
della scienza e della tecnologia nigeriano ha reso noto che ormai tutto è
pronto per il lancio di ‘Sat:1’ che verrà effettuato dalla base spaziale russa
di Plesetsk. Sul progetto lavorano, da almeno due anni, 15 giovani ingegneri
nigeriani scelti dall’agenzia spaziale nazionale Nsrda, Nigeria Space
Research and Development Agency, che hanno effettuato i propri studi in
Gran Bretagna. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal ministro, il satellite
sarà utilizzato in più settori: dalla sicurezza alla difesa dello Stato, a
quello meteorologico. E ancora per finalità di studio urbanistico, ma anche per
lanciare il settore telecomunicazioni, monitorare le risorse del sottosuolo e
quelle idriche. Il progetto nigeriano, con sede nella capitale Abuja, dove è
già stata allestita una modernissima base terrestre, è molto ambizioso e si
propone di conseguire un forte ritorno economico attraverso la
commercializzazione verso altri Paesi africani dei servizi offerti dalla
tecnologia satellitare. Il lancio di ‘Sat:1’ costituisce comunque solo la prima
fase di un più ampio progetto spaziale che nei mesi successivi vedrà la Nigeria
lanciare in orbita altre componenti da utilizzare prevalentemente nel settore
delle telecomunicazioni. (A.G.)
DAL 28
AL 29 AGOSTO, NELL’AMBITO DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA,
DUE
GIORNATE DI DIBATTITO PER PROMUOVERE LA FILMOGRAFIA EUROPEA.
SABATO
30 APPUNTAMENTO A PALAZZO LABIA
PER I
MINISTRI EUROPEI DELLA CULTURA
VENEZIA. = “La circolazione delle opere cinematografiche
europee, all'interno dell'Unione
Europea: meccanismi di sostegno e nuove tecnologie”: questo il tema
dell'Incontro che si terrà sabato prossimo a Palazzo Labia a Venezia,
nell'ambito della Mostra internazionale d'Arte cinematografica. All'evento
promosso dalla Direzione generale per
il Cinema del ministero per i Beni e le
Attività culturali in occasione del semestre italiano di Presidenza
dell'Unione Europea, parteciperan-no i ministri della Cultura di 15 Paesi
membri e di 10 Paesi candidati firmatari dei Trattati di adesione all'Ue.
L’incontro sarà preceduto da due giornate di lavoro, il 28 e 29 agosto,
organizzate in collaborazione con l'Efad (European Film Agency Directors) con
la partecipazione di tutti i direttori delle strutture pubbliche europee di
sostegno al Cinema e di numerosi esperti e professionisti per discutere,
cercare soluzioni e nuove strategie al fine di incrementare la distribuzione di
film europei in Europa. Inoltre, si discuterà di ''Nuove possibilità e sfide
aperte dalle nuove tecnologie nel campo della circolazione delle opere
cinematografiche e la lotta alla pirateria'' nel Seminario che si svolgerà
sabato 30 agosto. I risultati dei tre giorni di lavoro, saranno presentati dal
ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano Urbani, e da Viviane
Reding, commissario per la Cultura, nel corso di una conferenza stampa di
chiusura, che si terrà domenica 31 agosto alle ore 12.30 presso lo spazio
stampa della Biennale al Lido di Venezia.
(R.G.)
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26
agosto 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
E’
sempre più alto l’allarme terrorismo in India dopo il duplice attentato dinamitardo avvenuto,
ieri, nella città costiera di Bombay, dove sono morte almeno 50 persone. Le
cause del grave episodio di violenza, che sembrerebbe legato ai dissidi
interreligiosi tra musulmani ed indù, non sono ancora del tutto chiare. Il vice primo ministro indiano, Lal Krishna Advani, è
intanto arrivato oggi a Bombay per visitare gli oltre 130 feriti, tra i quali
molti musulmani, ricoverati nei tre ospedali della città. Il servizio da New Delhi, di Maria Grazia
Coggiola:
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E’ un brutto risveglio per Bombay.
Il cuore turistico e commerciale della metropoli indiana è gravemente ferito e
si temono altri attentati dopo un ritrovamento, avvenuto due ore dopo la
strage, di 100 detonatori sui binari di una
linea ferroviaria su cui viaggiano migliaia di pellegrini diretti alla
Kumbh Mela di Nashik, un Festival religioso che si svolge su un fiume sacro nei
pressi di Bombay. La ricerca degli indizi continua nei due luoghi della strage,
davanti al monumento Gateway of India e all’incrocio di Zaveri Bazaar, il
mercato dell’oro e dei diamanti, abitato soprattutto da musulmani. Il governo
indiano continua a puntare il dito su gruppi di estremisti islamici che
agirebbero con il supporto di organizzazioni della Jihad pakistana, attive in
Kashmir. L’attentato giunge in una fase delicata del dialogo con il Pakistan e
proprio per questo il governo di New Delhi si è astenuto dal criticare direttamente
Islamabad, come è accaduto, invece, nei precedenti attentati che hanno
insanguinato Bombay negli ultimi 8 mesi.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Mariagrazia Coggiola.
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In Iraq non sembra interrompersi l’interminabile catena di
attacchi e agguati alle forze della coalizione. Un soldato americano è stato
ucciso ed un altro è rimasto gravemente ferito in un attacco perpetrato oggi
nel distretto di Dora a Baghdad. Secondo i dati resi noti dal Pentagono, il
numero dei militari statunitensi morti nel dopoguerra nel Paese ha raggiunto
quota 138, lo stesso di quelli deceduti durante le sei settimane del conflitto.
Nonostante la drammaticità della situazione nel Golfo Persico, il sostegno
degli americani alle scelte del presidente George Bush sull’Iraq - secondo un
sondaggio condotto dalla rete televisiva Abc - appare in calo, ma resta
comunque alto. L’imprenditore
americano di origine irachena, Rubar Sandi, ha intanto rivelato al ‘Washington
Times’ che l’attacco alla sede delle Nazioni Unite di Baghdad è stato preceduto
da una serie di lettere minatorie nelle quali venivano annunciati imminenti
attentati contro alberghi o altri luoghi noti per essere frequentati da
cittadini americani o da altri stranieri.
In Afghanistan prosegue la caccia alle milizie talebane:
in due distinte offensive, condotte venerdì e sabato scorsi dall’esercito
afgano e dai soldati americani nelle province meridionali di Zabol e Kandahar,
sono stati uccisi 64 fedelissimi dell’ex regime.
In Rwanda il presidente uscente, Paul Kagame, è ampiamente
in testa alle elezioni, le prime dopo il genocidio del 1994, con oltre il 90
per cento delle preferenze. Ma il suo principale rivale, Faustin Twagiramungu,
ha dichiarato che il voto non è stato libero ed equo. L’ormai scontata
riconferma di Kagame nasconderebbe, infatti, procedure poco democratiche, come
ci riferisce Giulio Albanese:
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L’ordine di scuderia impartito dal
fronte patriottico rwandese era chiaro, votare a tutti i costi il candidato
Paul Kagame, essendo i suoi avversari politici nemici del Paese, primo tra
tutti Faustin Twagiramungu, il candidato più accreditato dell’opposizione nella corsa per la
massima carica dello Stato. Un personaggio che ha ricevuto non poche minacce e
i cui parenti sono stati addirittura costretti con la forza a sconfessarlo
pubblicamente in televisione. Insomma, un voto libero sotto il vigile occhio di
un esercito, quello di Kagame, che detta le regole del gioco. Come se non bastasse
gli elettori sono stati costretti ad intingere i polpastrelli nell’inchiostro
per apporre l’impronta subito a fianco della foto dei candidati in lizza. Resta
il rischio di una verifica ad oc che il governo potrebbe effettuare in
qualsiasi momento e su qualunque persona qualora lo ritenesse necessario.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Restiamo in Africa ed andiamo in Liberia dove, purtroppo,
sembra non reggere il cessate-il-fuoco. I ribelli del Model, il Movimento per
la democrazia in Liberia, avrebbero massacrato, domenica scorsa, circa mille
persone a Bahn, città nel Nord-Est del Paese. Per avere una visione completa
della città e poter intervenire più rapidamente in caso di violenze, i marines
hanno, intanto, lasciato le loro postazioni nel porto di Monrovia per tornare
sulle navi attraccate al largo della capitale. La popolazione, però, vive nel
terrore e chiede una maggiore protezione da parte delle forze americane.
In Costa
d’Avorio due soldati francesi dell’Operazione “Liocorno”, che erano di
pattuglia sul
lago Kossou, nel centro del Paese, sono
stati uccisi ieri pomeriggio durante uno scontro con ribelli delle Forze Nuove.
Lo ha annunciato oggi il portavoce dell’esercito francese ad Abidjan, il
colonnello Jerome Sallè, aggiungendo che “si tratta dei primi due soldati,
inviati da Parigi, morti in combattimento” nel quadro di questa operazione nel
Paese ivoriano. Autorità
francesi hanno inoltre annunciato di aver sventato un colpo di stato ad
Abidjan. Sono finiti in manette 12 presunti golpisti.
L’incertezza politica in Medio
Oriente, aggravatasi dopo la fine della tregua, è accresciuta dalle divisioni
interne all’Autorità nazionale palestinese (Anp). Mohammed Dahlan, Il ministro
degli Interni del governo di Abu Mazen, è stato di fatto esautorato da Jibril
Rajoub, a cui ieri il presidente palestinese, Yasser Arafat, ha affidato il
controllo della polizia e dei servizi di sicurezza. Arafat ha anche ordinato
alle forze della sicurezza nazionale di aprire un’inchiesta sulle fonti dei
conti bancari intestati all'organizzazione estremista Hamas, e di prevenire il
lancio di missili e mortai dalla Striscia di Gaza.
Sul futuro della Colombia sembra
incombere una nuova terribile minaccia. I due principali movimenti della
guerriglia colombiana, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e
l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) hanno infatti stretto un’alleanza
contro il governo del presidente Alvaro Uribe.
Ce ne parla Maurizio Salvi:
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Non è chiaro se l’intesa tra i due
gruppi di guerriglieri si estenderà anche alle operazioni militari, ma è certo
che essa si pone come un ulteriore tentativo di esercitare pressioni sul capo
dello Stato per spingerlo a trattare. Uribe, che ha assunto la presidenza un
anno fa con la promessa di piegare la guerriglia, sembra propenso, invece, ad
una soluzione militare, che per il momento ha avuto successi ed insuccessi, ma
che è comunque lungi dal risolvere la questione di fondo della guerra civile
che da quasi 40 anni affligge il Paese. E per un dialogo che sostituisca la
legge delle armi, si è espresso ieri mons. Luis Augusto Castro, vescovo di
Tunja, che ha ribadito la volontà della Chiesa di esercitare un’opera di
collegamento fra le parti.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Tra le due Coree si registrano ancora gravi focolai di
tensione. Seul ha reso noto oggi che alcune sue navi hanno sparato colpi di
avvertimento contro un pattugliatore di Pyongyang che aveva superato la linea
di confine marittima tra i due Paesi. Lo scontro è avvenuto a meno di 24 ore
dall’inizio a Pechino dei colloqui a 6 sulla crisi nucleare innescata dalla
Corea del Nord dopo l’abbandono del Trattato di non proliferazione nucleare.
Una delegazione di Pyongyang è già arrivata nella capitale cinese.
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