RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 234 - Testo della
Trasmissione di venerdì 22 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Dal 25 agosto a Cuba la sesta
Conferenza internazionale sulla desertificazione.
Le Nazioni Unite escludono l’invio di caschi blu
in Iraq, dove non si interrompe la scia di violenze.
In Medio Oriente gli estremisti palestinesi
minacciano nuovi attentati dopo la violenta reazione israeliana al recente
attentato di Gerusalemme.
In Liberia il nuovo presidente del governo
transitorio promette di riconciliare il Paese.
22 agosto 2003
GIOVANNI
PAOLO I, LA SANTITA’ E IL SORRISO DELLA VITA QUOTIDIANA.
LA
FIGURA DI PAPA LUCIANI RICORDATA IN UN LIBRO SCRITTO DA DUE GIORNALISTI
A 25 ANNI DALL’ELEZIONE
- Intervista con uno degli autori,
Andrea Tornielli -
“Il
sorriso del santo”. E’ efficace e descrittivo il sottotitolo scelto da Andrea
Tornielli e Alessandro Zangrando – il primo vaticanista del Giornale, il
secondo responsabile delle pagine culturali del Corriere del Veneto - per la
loro biografia scritta a quattro mani dedicata a Papa Luciani. Tra pochi
giorni, il prossimo 26 agosto, ricorrerà il 25.mo di elezione di Giovanni Paolo
I al soglio pontificio. Se il suo pontificato ha fatto storia per la sua
brevità, 33 giorni, molto si può dire del tratto umile e sereno dell’indole,
che gli aveva consentito essere sempre vicino alla gente, anche in veste di
vescovo e poi di cardinale patriarca di Venezia, così come della forza e della sensibilità pastorale mostrate
negli anni del suo ministero episcopale. Un anno fa, il vescovo della diocesi
di Belluno-Feltre, Vincenzo Savio, ha avviato la fase diocesana del processo di
beatificazione di Papa Lucani. Un atto invocato con decine di migliaia di firme
da sacerdoti, religiosi, religiose, laici, in Italia e non solo. Uno degli
autori del libro, Andrea Tornielli, spiega al microfono di Luca Collodi cosa
abbia spinto i due autori a rievocare la parabola del “Papa del sorriso”:
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R. - Bisogna dire che il motivo fondamentale è il fatto
che è Giovanni Paolo I è un Papa, per forza di cose, piuttosto “dimenticato”,
giacché il suo è stato un Pontificato piuttosto breve. Eppure, ho potuto
costatare come sia un Papa tuttora molto presente nel cuore della gente, dei
semplici fedeli. Per questo motivo, si tratta di una figura che secondo me vale
la pena di scoprire per ciò che ha rappresentato, pur nella brevità del
Pontificato. Certamente, Papa Luciani aveva un grandissima comunicativa: le sue
prediche, il contatto con la gente, erano per lui importantissime e questa
semplicità di approccio fece molto scalpore. Anche il giorno dell’elezione,
affacciandosi, va ricordato che Giovanni Paolo I avrebbe voluto pronunciare
delle parole, fare un piccolo saluto alla folla nella piazza, ma il cerimoniere
di allora gli consigliò: “Guardi, Santità, non si usa”, così lui rinunciò a
farlo. Il cerimoniere disse la stessa cosa anche a Giovanni Paolo II, il quale
però decise comunque di rompere questa tradizione. Dico questo perché, fin
dall’inizio, Papa Luciani avrebbe voluto questo approccio diretto con i fedeli,
che sarà comunque rimandato soltanto di poche ore, all’Angelus del giorno dopo.
D. – Mons. Vincenzo Savio, il vescovo di Belluno-Feltre,
ha in qualche modo com-pletato, dopo una raccolta di firme avvenuta nella sua
diocesi, il cammino di inizio di un processo di canonizzazione di Giovanni
Paolo I. Su che basi?
R. – Credo che si possa innestare la figura e l’opera di
Papa Luciani certamente sulla linea diretta che lega gli altri due patriarchi
di Venezia, divenuti Papi nel secolo scorso. Certamente, Giovanni XXIII, con
tante analogie di percorso, ma forse ancor più, come analogie di percorso, San
Pio X, anch’egli un sacerdote che si era formato interamente - tranne la
parentesi dell’episco-pato a Mantova - nella regione del Veneto e credo che
tali analogie siano evidenti. Inoltre, vorrei sottolineare il fatto che quel
celebre sorriso di Papa Luciani era un sorriso di misericordia. Credo che Papa
Luciani, sia prima ma specialmente nei 33 giorni di Pontificato, abbia mostrato
al mondo il volto della misericordia di Dio. C’è una costante nel magistero di
Papa Luciani, che pure era esigente e non, diciamo così, un “bonaccione” che
lasciava passare le cose: era un vescovo tutto di un pezzo, che sapeva decidere.
Papa Luciani mostrava sempre quest’aspetto che credo sia la cosa più grande del
cristianesimo: la possibilità di ricominciare sempre, nonostante il peccato.
Ecco, credo che dietro quel sorriso ci fosse la sovrabbondanza e la grazia di
Dio. In fondo, egli diceva: ‘Beati coloro che non sanno andare avanti, che non
sono molto bravi, perché Dio li porta sul suo palmo, e li porta su con
l’ascensore’. Papa Luciani scompariva, lasciando che ad operare fosse qualcun
altro.
D. – Con l’avvio della causa di beatificazione di Papa
Luciani, la comunità dei Santi si arricchisce ancora una volta di una figura
non identificabile dal punto di vista semplicemente umano…
R. – Sì, anche se direi che si tratta proprio, in Papa
Luciani, del tratto della santità ordinaria, cioè di quella che non fa cose
eccezionali, ma ha la possibilità di vivere la santità dentro la vita di ogni
giorno, con il sorriso sulle labbra. Penso che questo sia molto bello anche
perché, in fondo - pur essendo un Papa, pur avendo avuto una storia
particolarissima – Giovanni Paolo I è e resta un esempio di santità, direi,
molto vicino alla gente. La sua è una santità ‘praticabile’, che uno vede come
possibile anche per se stesso e questo credo sia forse il motivo principale del
fatto che così la gente lo ricorda.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La Prima Pagina è aperta dalle
notizie provenienti dal Medio Oriente: Israele ripristina il blocco a Gaza ed
il coprifuoco a Jenin; per la Lega Araba la responsabilità della ripresa delle
violenze è da attribuirsi esclusivamente al governo israeliano; appello degli
Stati Uniti alle parti affinché riprenda il dialogo. Iraq: incontro tra Kofi
Annan e Colin Powell; non verranno inviati i “caschi blu”; Washington cerca
alleati per inviare truppe; ucciso un altro soldato americano.
Nelle pagine vaticane, da
segnalare una pagina dedicata alla clonazione e terapia cellulare e una serie
di articoli sul cammino della Chiesa in Asia.
Nelle pagine estere, Liberia: prime operazioni di
assistenza fuori da Monrovia, ma la situazione resta critica. Sudan: esuli del
Sud chiedono un pronunciamento dell’Onu. Russia: nove militari russi uccisi in
un attentato in Cecenia. Serbia: 43 rinvii a giudizio per l’uccisione del premier
Djindjic. Francia: Chirac garantisce l’impegno del governo per l’emergenza provocata
dal caldo. Strage di Lockerbie: intesa all’Onu sul rinvio della risoluzione per
abrogare le sanzioni alla Libia. Argentina: definitivamente abrogate le leggi
sulle impunità militari. Afghanistan: rimpatriati 400.000 profughi nel 2003.
Nella pagina culturale, una riflessione
di Manlio Cancogni dopo il blackout che ha investito la città di New York.
Nelle
pagine italiane, i temi dell’economia, della giustizia e dell’emergenza caldo.
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22 agosto 2003
VIVA
EMOZIONE TRA I CURDI PER LA CATTURA DI “ALI’ IL CHIMICO”,
BRACCIO
DESTRO DI SADDAM HUSSEIN, RESPONSABILE DELLO
STERMINIO
DI MIGLIAIA DI CIVILI NEL KURDISTAN IRACHENO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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(musica)
Una tragedia
che non si può dimenticare. Tra il 17 e il 18 marzo del 1988, cinquemila curdi
inermi della cittadina di Halabja, per la maggior parte donne e bambini, furono
sterminati da un attacco con gas asfissianti. Uno dei crimini più efferati di
cui si sia macchiato il regime di Saddam Hussein. Ora, Hasan al-Majid,
considerato il responsabile dell’eccidio, è stato arrestato dalle forze
militari statunitensi. “Ali il chimico”, famigerato appellativo che il cugino
del raìs di Baghdad si “guadagnò” con la strage di Halabja, fu la mente del programma
di sterminio contro le tribù in rivolta nel Kurdistan iracheno. Una campagna
del terrore che tra il 1987 e 1988 provocò la morte di oltre 70 mila persone.
La notizia della cattura di al-Majid è stata accolta con emozione dai curdi. La
fine di un incubo, nella consapevolezza, però, che quella di Halabja è un
ferita profonda, difficile da rimarginare. Ecco la testimonianza dello
scrittore e scultore curdo iracheno, Fuad Aziz:
R. – Sono
contentissimo e, come me, tantissimi altri cittadini iracheni, particolarmente
i cittadini curdi. Parlando di storia, conosciamo Nagasaki e Hiroshima, ma in
Kurdistan è successa la stessa cosa. Purtroppo, come curdo, devo dire che nel momento
non c’è stata nessuna condanna da parte dei Paesi contro questa aggressione.
Oggi, la cattura di questo personaggio ci dà una gioia immensa.
D. – E’ stato scritto che la strage di Halabja è
l’Auschwitz dei curdi. Quanto è profonda ancora oggi questa ferita tra i curdi
sparsi nel mondo?
R. – Noi non dimentichiamo questa strage. E’ molto
profonda nei nostri cuori. Fa parte della nostra storia. Non deve accadere mai
più in nessuna parte del mondo.
D. – Assieme ad al-Majid, il famigerato “Alì il chimico”,
sono molti gli esponenti del regime saddamista catturati in questi giorni. Secondo
lei dovrebbero essere processati dalla giustizia irachena o di fronte ad un
tribunale internazionale?
R. – Noi vogliamo che questi criminali vengano processati
dal Tribunale internazionale de l’Aja, per crimini contro l’umanità. Vogliamo
che vengano processati da un tribunale internazionale.
D. – La situazione in Iraq, a più di tre mesi dalla fine
della guerra, è ancora nel caos. Quale potrebbe essere secondo lei la svolta
per dare finalmente stabilità, sicurezza al Paese?
R. – Noi siamo per il rafforzamento di questo Consiglio di
transizione da parte di tutti i partiti dell’opposizione: quelli che lottavano
– i partiti storici che hanno la credibilità da parte del popolo iracheno – che
credevano, e tuttora credono e lottano per una democrazia in Iraq. Ci deve
essere un governo iracheno scelto dal popolo iracheno. Ora come ora, però, è
necessario rafforzare questo Consiglio del governo di transizione.
D. – Nel nord dell’Iraq, area a maggioranza curda, la
situazione sembra più tranquilla …
R. – Sembra più tranquilla perché dopo la Guerra del Golfo
c’è stato subito un governo regionale dei curdi. Devo dire che esiste tuttora
un certo tipo di democrazia. C’è la volontà di vivere in pace all’interno di
una società democratica di cui i curdi possono avere il diritto, e non chiedere
subito un Kurdistan unito. Gli iracheni stessi vogliono una unità. La
situazione curda ha la sua particolarità per lingua, storia… Ma credo che tutti
i cittadini iracheni vogliano un Iraq unito, federale. Il compito della
comunità internazionale, per primo l’Onu, è quello di non abbandonare l’Iraq.
Devono appoggiare questo popolo che sta attraversando dei momenti difficili.
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GOVERNO
E RIBELLI SUDANESI A COLLOQUIO IN KENYA
PER
PORRE FINE A VENT’ANNI DI GUERRA CIVILE
-
Intervista con padre Giovanbattista Antonini -
Ripresa, oggi in Kenya, dei
colloqui di pace per il Sudan, allo scopo di mettere fine a vent’anni di guerra
civile tra governo islamico di Karthoum e ribelli dell’Esercito popolare di
liberazione, attivi nel Sud del Paese. Il conflitto civile ha provocato oltre 2
milioni di morti e circa 4 milioni e mezzo di profughi interni. Cifre terribili
che evidenziano la intollerabile tragedia della popolazione sudanese. Ma quali
sono i punti sui quali i negoziati, già più volte sospesi in passato, devono
cercare di trovare un’intesa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Giovanbattista
Antonini, religioso comboniano, per anni missionario in Sudan:
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R. - Una speranza c’è, perché è
forte la pressione internazionale per giungere ad una soluzione del conflitto,
quindi la volontà potrebbe esserci, ma troppi passi falsi, troppe promesse sono
state fatte in passato, per cui c’è il timore che la speranza possa andare
delusa.
D. - Che cos’è che divide ancora
governo e ribelli dell’Esercito di liberazione del popolo sudanese?
R. – Due aspetti fondamentali: la
ripartizione del territorio su cui esercitare la legge islamica da parte del
governo e la ripartizione dei proventi del petrolio, ma, in più, c’è anche il
problema su un possibile referendum sul futuro assetto del Paese. Il Sudan è un
crocevia di popoli, ma senza una propria identità nazionale. La parte di
Karthoum vorrebbe costruire questa nazionalità, imponendo la lingua araba e la
cultura islamica, mentre il mondo del Sud Sudan è un mondo più africano,
frammentato in lingue e culture diverse, ma anche nella religione, perché
ricordiamo che nel Sud Sudan ci sono cristiani, ma anche musulmani e seguaci
della religione tradizionale africana.
D. – Qual è la sua esperienza
diretta del popolo sudanese? Come sta vivendo questi 20 anni di guerra?
R. – Il Nord Sudan, per quanto
abbia attraversato gravi difficoltà, ora si sta sviluppando. Tutto questo
sviluppo, invece, è completamente assente nel Sud, ma la depressione di questa
zona è, in un certo senso, una creazione artificiale, voluta, come anche il
problema della ricorrente carestia: è un usare il pane come arma da guerra,
perché, ad esempio, basta impedire le coltivazioni nella stagione giusta e la
popolazione è costretta alla fame per tutto il resto dell’anno. Quindi, secondo
me, c’è un progetto di destabilizzazione che condanna il Sud Sudan a rimanere
nella povertà continua, nella fame, nell’emergenza.
D. – Qual è il ruolo della Chiesa
locale e, in particolare, di voi missionari?
R. – Per la Chiesa del Nord Sudan,
non soltanto per quanto riguarda il mondo cattolico, ma anche per il mondo
protestante, l’interesse rivolto verso la popolazione del Sud è mirato a
curarne la formazione dal punto di vista cristiano, aiutare questa gente a
recuperare il senso dei loro diritti umani. Inoltre, io vorrei che il governo
di Karthoum desse atto che la Chiesa cattolica, e le Chiese cristiane in genere,
sono state l’elemento più efficace di arabizzazione nel Sud Sudan, proprio
perché hanno optato per l’arabo come lingua comune, un arabo, però, che non
deve essere asservito all’islam, ma è la lingua degli arabi, sia cristiani che
musulmani.
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IGNAZIO SILONE, DALLA DELUSIONE COMUNISTA ALL’AVVENTURA CRISTIANA:
25
ANNI FA, LA MORTE DEL CELEBRE INTELLETTUALE ITALIANO
-
Intervista con il professor Giuseppe Leonelli -
25
anni fa moriva in una clinica di Ginevra Ignazio Silone. Intellettuale, militante
politico ancora discusso per il suo
rapporto con il partito comunista, scrittore
tradotto da sempre in più di 20 lingue, resta un autore di tutto rilievo nel panorama letterario del novecento. Il
servizio è di Fausta Speranza:
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Secondino Tranquilli è il nome che sta dietro lo
pseudonimo scelto dallo scrittore che, attraversando gli anni del fascismo, ha
conosciuto la clandestinità dell’esilio, ha pubblicato in tedesco la sua prima
opera, ‘Fontamara’, e non ha voluto epigrafe sulla sua tomba.
Anche quando la storia ha voltato pagina, chiudendo prima
il capitolo dei regimi fascista e comunista che Silone ha combattuto diversamente
ma con la stessa forza, da militante politico e da intellettuale dissidente, la
sua produzione narrativa è stata considerata più per il valore di denuncia che
per il valore strettamente letterario.
In ‘Fontamara’, ma anche in ‘Pane e vino’, e in ‘Il
segreto di Luca’, è la società contadina del Sud Italia, con la sua storia di
ignoranza e di soprusi subiti, ad avere voce.
Questo impegno sociale, però, è rivestito di una cifra
stilistica originale da ben considerare, come sottolinea il critico e saggista
Giuseppe Leonelli, docente di letteratura contemporanea all’Università Roma
Tre:
“Mentre si è sempre riconosciuto il grande valore di
testimonianza, e qualche volta anche di accusa, per la scoperta di un Sud
particolare, per un Risorgimento visto dall’altra parte, dalla parte dei cafoni,
sul valore si è stati un po’ incerti. Qualcuno ha visto in queste opere più una
grande testimonianza culturale e sociale che bei testi di grandissimo valore
letterario. Credo che resti comunque uno degli scrittori più interessanti e,
perché no, anche più godibili del nostro Novecento”.
A meritare la giusta considerazione c’è anche la
dimensione spirituale che viene in primo piano in opere successive come “Uscita
di sicurezza” e “L’avventura di un povero cristiano”.
“‘Uscita di
Sicurezza’, che è una sorta di vibrata protesta in nome dello spirito, senza
enfasi e contro tutte le burocrazie del potere; ed anche il bellissimo ‘L’avventura
di un povero cristiano’, che partendo da una seduzione di ordine spirituale poi
diventa un godibilissimo frutto narrativo, e che forse è stato dimenticato un
po’ in fretta”.
La dimensione spirituale però va riconosciuta anche dietro
tante pagine di illuminante ironia o dietro l’anticonformismo che lo spingeva
ad affermare: “Dio ha creato l’uomo non le istituzioni” e che l’ha portato a
definirsi “un cristiano senza Chiesa e un socialista senza partito”.
“‘Cristiano senza Chiesa’ significa cristiano che forse
rifiuta tutto l’apparato - che in quanto apparato ha anche aspetti ideologici e
mondani - e socialista senza partito. E la stessa cosa dall’altra parte: cioè
una visione del mondo socialista, ma non fiduciosa, per gli eventi storici che
sappiamo, di quelli che sono gli apparati burocratici dei partiti. Sappiamo
tutti che Silone partì come socialista anziché comunista, e poi, ad un certo punto
– a prescindere poi dalla conversione – si ribellò a quello che gli sembrava semplicemente
una ‘altra’ espressione del potere”.
Del suo rigore morale e delle sue convinzioni che hanno
meritato spesso l’appellativo di utopie parlano le sue opere. Forse trovano sintesi in questa affermazione
contenuta nello scritto Il lievito del
cuore, che ci piace ricordare:
“Senza un pò di cuore
Non si fa nulla di buono
In quello che l’uomo fa
il cuore è come il lievito nel pane lo fa ricrescere”.
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22 agosto 2003
FRANCESCANI, DOMENICANI E PAX CHRISTI
DENUNCIANO ALL’ONU L’USO RICORRENTE
IN PAKISTAN DELLA LEGGE SULLA BLASFEMIA, A
DANNO DI CRISTIANI
E DI ALTRE MINORANZE RELIGIOSE O PER FINI
POLITICI
- A cura di Roberta Gisotti -
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NEW YORK. = Rischia perfino la
condanna a morte chi in Pakistan commette reato di blasfemia, ovvero offende il
profeta Maometto e la religione musulmana, e per essere arrestati basta la
testimonianza di chiunque voglia anche per banali motivi personali accusare qualcun’altro.
La controversa legge, introdotta nel Paese islamico nel 1986, si è rivelata
troppo spesso strumento vessatorio contro cittadini cristiani e di altre
minoranze religiose, o per fini politici.
Una denuncia in tal senso è stata formalizzata alla Nazioni Unite da
Francescani, Domenicani e Pax Christi, chiedendo di porre fine a tali
violazioni dei diritti umani da parte delle autorità del Pakistan. Portavoce
della protesta all’Onu è stato il padre domenicano Philippe LeBlanc, ricevuto
dalla sottocommissione sulla promozione e protezione dei diritti umani. Il
religioso ha sostenuto che le persone incriminate di blasfemia in Pakistan, in
maggioranza cristiani e indù, vengono spesso uccise prima del processo, e
coloro che riescono ad evitare la pena capitale sono costretti a cercare asilo
all’estero per paura di ritorsioni dei fondamentalisti islamici. Negli ultimi
anni - ha aggiunto padre LeBlanc – è inoltre aumentato il numero di islamici
condannati in base a questa legge. Francescani, Domenicani e Pax Christi
chiedono al governo di Islamabad di eliminare tutte le leggi discriminatorie e
di ratificare e rispettare i trattati internazionali sui diritti umani e
permettere all’incaricato Onu per la libertà religiosa di incontrare le
minoranze presenti nel Paese.
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DAL 25 AGOSTO AL 5 SETTEMBRE SI TERRA’ A CUBA
LA VI CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA
DESERTIFICAZIONE.
APPELLO DI ARBA DIALLO , RESPONSABILE DELL’ ONU, AGLI STATI INDUSTRIALIZZATI
PERCHE’ LOTTINO SERIAMENTE CONTRO LA SICCITA’:
“ FINORA - HA DETTO - E’ STATO FATTO POCO O NIENTE”
BONN. = Un appello ai Paesi
industrializzati affinché rafforzino l'impegno nella lotta contro la siccità e
la desertificazione, è giunto ieri a Bonn da Hama Arba Diallo, direttore del
segretariato per il deserto delle Nazioni Unite. Dichiarazioni di intenti e
buona volontà non bastano, ''è arrivato il momento di agire'', ha detto
riferendosi alla prossima Conferenza dell'Onu sulla desertificazione in
programma dal 25 agosto al 5 settembre all'Avana. ''Se aspettiamo ancora, sono
previsti problemi e catastrofi ancora maggiori”, ha ammonito: i Paesi colpiti,
in primo luogo l'Africa, hanno bisogno adesso di denaro e progetti: finora è
stato fatto poco e niente''. Ogni anno si perdono per colpa della desertificazione
10 milioni di ettari di terra. I danni economici mondiali ammontano a circa 42
milioni miliardi di dollari l'anno. Oltre 250 milioni di persone sono colpite
dalla desertificazione. La sesta Conferenza in programma a Cuba sull'accordo
Onu per la lotta alla desertificazione deriva dalla Vertice di Rio de Janeiro
del '92. All'accordo, entrato in vigore nel dicembre del '96, hanno aderito 190
Paesi. Al Summit all'Avana parteciperanno circa 100 ministri dei Paesi poveri
ma secondo Diallo solo tre dei Stati industrializzati dell'Ocse: le due parti
devono mettersi d'accordo, la desertificazione non è solo un problema locale,
ma deve essere risolto della comunità internazionale. (R.G.)
ACCANTO AI PIANETI INTITOLATI ALLE DIVINITA’ DELLA
MITOLOGIA GRECO-ROMANA,
UN NUOVO CORPO CELESTE, SCOPERTO DA UN GRUPPO DI
ASTRONOMI
DEL VENEZUELA, PORTERA’ IL NOME DI HUYA,
DIO DELLA PIOGGIA NELLA CULTURA INDIGENA WAYUU
CARACAS. = Un gruppo di astronomi venezuelani
guidati dall'astrofisico Ignacio Ferrin ha dato al Pianeta 2000 Eb173, scoperto
nel marzo 2000 assieme a colleghi dell'Università di Yale, il nome di una
divinità della cultura indigena Wayuu. Huya, il dio della pioggia avrà dunque
un posto accanto ai pianeti del sistema solare intitolati alle divinità della mitologia
greco-romana. Il 'planetoide' orbita oltre Plutone e impiega 256 anni per
compiere una rivoluzione intorno al Sole. Ha un diametro di 700-750 chilometri
e la temperatura alla superficie è intorno ai 180 gradi sottozero. All'epoca
della scoperta, 2000 Eb 173 era stato battezzato, in via provvisoria, Plutino,
per la (relativa) vicinanza al nono pianeta del sistema solare. Negli ultimi
anni diversi corpi celesti sono stati scoperti nei pressi di Plutone, ma
nessuno delle dimensioni di Huya, che ha un'orbita regolare. (R.G.)
IN LIBERIA, RIPRESI IERI GLI AIUTI UMANITARI FUORI
DELLA CAPITALE, MONROVIA: VIVERI DEL PAM SONO GIUNTI AD UN CENTRO PER
HANDICAPPATI ED ORFANI
PAYNESVILLE. = Il Programma alimentare dell'Onu (Pam) ha effettuato ieri
la prima consegna di viveri fuori Monrovia, capitale della Liberia. Venticinque
tonnellate di farina di mais sono state distribuite al centro di Buona speranza
di Paynesville, situato su di una
collina ad una ventina di chilometri a nord-est di Monrovia, in fondo ad un
tracciato scosceso scavato dalle piogge, destinato all'accoglienza di
handicappati, orfani e senza casa. Dall'inizio dell'estate, oltre ai 300 ospiti
abituali, inclusi 130 bambini, il Centro fondato nel 1998 da una religiosa
americana Mary Sponsa-Beltran, ha ospitato più di 3.500 sfollati. (R.G.)
LANCIATO IN MESSICO IN COLLABORAZIONE CON GLI STATI
UNITI UN NUOVO PROGRAMMA DI LOTTA AL TRAFFICO DI DROGA ALLA FRONTIERA TRA I DUE
PAESI,
DOVE CENTINAIA DI RAGAZZINI TRA I 10 E I 17 ANNI
VENGONO IMPIEGATI
COME CORRIERI DI PARTITE DI COCAINA, GESTITE DAL
‘CARTELLO’ DI CIUDAD JUAREZ
CITTA' DEL MESSICO. = Centinaia
di minorenni, fra 10 e 17 anni, si guadagnano la vita in Messico trasferendo
ogni giorno negli Stati Uniti partite di cocaina. La denuncia è stata fatta durante il lancio del programma
“Andiamo... viviamo senza droga”, che le autorità messicane svilupperanno, in
collaborazione con quelle statunitensi di El Paso, per controllare il traffico
di stupefacenti alla frontiera comune. I ragazzini vengono di solito reclutati
all'uscita delle scuole e in cambio della consegna di carichi (fra 30 e 150
chilogrammi) di cocaina, i ‘mini corrieri’ ricevono tra i 300 e i 1.000
dollari. Ma molti di essi, che hanno fallito la missione, si trovano oggi nelle
carceri di El Paso. I responsabili del Centro di detenzione giovanile della
città statunitense hanno indicato che dall'inizio dell'anno sono stati
arrestati 16 minorenni messicani, insieme a 54 statunitensi consumatori. E a
fornire la maggior parte della droga che entra in territorio statunitense
sarebbe, il 'cartello' di Ciudad Juarez. Il traffico di droga non è l'unico
problema endemico con cui gli abitanti di Ciudad Juarez sono costretti a
convivere. Insieme ad Acapulco, Cancun, Guadalajara e Tijuana, la cittadina è
infatti una delle principali mete del turismo sessuale minorile messicano. Sono
almeno 16 mila i bambini che finiscono nella rete delle organizzazioni
criminali che li fanno prostituire in bar frequentati da turisti provenienti da
Paesi ricchi. (R.G.)
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22 agosto 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Il recente attentato contro la
sede dell’Onu a Baghdad e la cattura di Ali Hassan al-Majid, il gerarca
iracheno soprannominato “Ali il chimico” perché ritenuto responsabile
dell’attacco perpetrato, nel 1988, con gas letali contro oltre 5 mila curdi,
intrecciano purtroppo, il presente ed il passato dell’Iraq ad una interminabile
spirale di odio. In questo scenario caratterizzato anche da una sequela di
violenze contro le truppe statunitensi, due
soldati americani sono stati uccisi, ieri,
a Baghdad e nei pressi di Hilla, a circa cento chilometri a Sud della capitale.
Salgono così a 65 i soldati americani morti dal 1° maggio, data ufficiale della
fine della guerra nel Paese arabo. Il segretario generale dell’Onu,
Kofi Annan, che ieri ha incontrato a New York il segretario di Stato americano,
Colin Powell, ha intanto dichiarato che nessun casco blu sarà inviato nel Golfo
Persico. Nel vertice, gli Stati Uniti hanno anche ribadito di non voler cedere
il comando del contingente internazionale nel Paese. Ci riferisce in proposito
Paolo Mastrolilli:
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Il capo della diplomazia di Washington ha detto che il suo
governo non intende cedere il controllo delle operazioni in Iraq, ma sta
discutendo una risoluzione che potrebbe approvare la nascita di una forza
multinazionale. In questo modo verrebbero superate le resistenze di Paesi come
Francia, Germania, Russia, India e Turchia ad inviare truppe, ma Parigi e Mosca
hanno espresso scetticismo perché gli Stati Uniti non sono intenzionati ad
aumentare il ruolo politico dell’Onu. Il Pentagono ha confermato la cattura di
Alì il Chimico, che era già stato dato per morto ad aprile. Il cugino d Saddam
era il responsabile della repressione dei curdi e l’Intelligence spera di ottenere
da lui informazioni sulle armi e sul nascondiglio dell’ex rais. A Baghdad l’Fbi
continua l’inchiesta sull’attentato contro la sede dell’Onu, il cui bilancio è
salito a 23 morti. Una formazione finora sconosciuta, le Avanguardie armate del
secondo esercito di Maometto, ha rivendicato l’attacco, mentre nella capitale è
stato ucciso un altro soldato americano.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L’Iraq
è anche lo sfondo dell’inchiesta, in Gran Bretagna, sulla morte dello
scienziato inglese David Kelly che mesi prima del suo apparente suicidio aveva
annunciato ad un amico – secondo quanto ha rivelato, ieri, un funzionario del ministero
degli esteri britannico - che “sarebbe stato trovato morto in un bosco” se il
Paese arabo fosse stato invaso. E proprio in un bosco dell’Oxfordshire è stato
ritrovato, lo scorso 17 luglio, il cadavere del microbiologo. La nuova,
inquietante testimonianza arriva nel giorno in cui è stato annunciato che il
premier britannico, Tony Blair, ed il ministro della difesa del Regno Unito,
Geoff Hoon, saranno interrogati sul caso Kelly il prossimo 28 agosto.
In Medio
Oriente la rottura della tregua mostra i tragici effetti della paura e delle
violenze: nei Territori risuona la minaccia israeliana “Colpiremo senza pietà i
terroristi”; nella striscia di Gaza viene ripristinato il blocco dell'esercito
di Sharon e dai movimenti islamici Hamas e Jihad arriva l'annuncio ufficiale
che non c'è più nessun cessate-il-fuoco da rispettare. Dopo l’attacco kamikaze
di Gerusalemme e la risposta israeliana che ha colpito al cuore delle
organizzazioni estremiste, uccidendo Ismail Abu Shanaba, uno dei capi di Hamas,
l’itinerario di pace della ‘Road Map’ appare, purtroppo, sempre più a
rischio. Il servizio di Graziano Motta:
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Appena dopo l’uccisione e i funerali a Gaza di Ismail Abu
Shanab, l’esponente di Hamas, e di due suoi collaboratori - uno era il genero
dello sceicco Yassin, fondatore e leader del movimento - i palestinesi hanno ripreso
i tiri di missili Kassem sulle località israeliane di frontiera, dove ieri sera
ne sono caduti quattro, causando molti danni ma, per fortuna, nessuna vittima.
Anche alcune fattorie israeliane del Gush Katif, nella Striscia di Gaza, sono
state colpite da tiri di mortaio, altre attaccate con armi automatiche. E,
d’altra parte, unità militari hanno nuovamente eretto un blocco sulla strada
principale, che attraversa da nord a sud la Striscia di Gaza. In alcune città
della Cisgiordania è proseguita l’operazione intrapresa ieri da reparti
speciali e blindati israeliani. A Nablus, e nella regione di Jenin, sono state
compiute perquisizioni, demolite abitazioni di attivisti della rivolta e
compiuti parecchi arresti. La situazione è così tornata quella precedente alla
tregua del 29 giugno, tregua che di fatto è stata rotta dalla strage compiuta a
Gerusalemme da un esponente religioso di Hebron aderente ad Hamas, ma che
questo movimento e la Jihad islamica sostengono sia stata violata da Israele
con l’uccisione di Abu Shanab. Allineati su queste valutazioni, i giornali
palestinesi parlano da questa mattina di “tregua assassinata dal governo Sharon”.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Resta ancora tesa la situazione in Cecenia: 9 soldati
russi sono stati uccisi e altri 2 sono rimasti feriti in un attentato
perpetrato, ieri, nella regione di Grozny. Lo ha annunciato oggi un
responsabile dello stato maggiore delle forze russe nel Caucaso del Nord.
E’
stato rinviato alle Nazioni Unite il voto della risoluzione per cancellare le
sanzioni imposte alla Libia dopo l’attentato di Lockerbie. Francia e Gran Bretagna,
infatti, si sono accordate ieri per rinviare la votazione. In questo modo, Parigi
potrà avere più tempo per cercare di chiudere con Tripoli un accordo più vantaggioso
per il risarcimento delle vittime di un altro attentato, avvenuto nel 1989,
contro un aereo della compagnia francese dell’Uta, esploso in volo sui cieli
del Niger.
In
attesa della revoca delle sanzioni, la Libia avrebbe pagato “di propria
iniziativa” un riscatto di 5 milioni di euro ai rapitori dei 14 turisti europei
tenuti in ostaggio per oltre 5 mesi nel Sahara, in Mali. Lo hanno rivelato ieri
fonti diplomatiche a Bamako. L’ipotesi potrebbe essere avvalorata dalle
dichiarazioni del presidente del Mali, Amadou Toumani Toure, che martedì scorso
ha ringraziato espressamente l’Algeria e la Libia per il ruolo svolto nelle
trattative.
“Gyude
Bryant è un uomo di pace, una persona aperta al dialogo ed al confronto”. Così
l’arcivescovo di Monrovia, mons. Michael Francis, ha commenta-to la nomina del
nuovo presidente dell’esecutivo liberiano. Da parte sua, il futuro capo del
governo ha promesso di impegnarsi a “curare le ferite che la Liberia ha
accumulato nel corso degli anni”. Sulla situazione del Paese africano, dove
continuano gli episodi di violenza, ci riferisce Giulio Albanese:
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A Gbarnga, il capoluogo della contea di
Nimba, continuano gli scontri tra le truppe del governo e i ribelli del Lurd, i
Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia. In quella stessa zona
sorgono numerosi campi profughi, nel più grande sono ammassate 60 mila persone,
sprovviste di cibo e medicinali. Anche a Buchanan, la seconda città portuale
del Paese, la situazione umanitaria resta estremamente difficile. Nella
missione delle Suore della Consolata si trovano ancora circa 7 mila persone.
Paura e sfiducia anche nella capitale Monrovia, devastata dalla piaga dei
saccheggi: bande armate vanno di casa in casa, depredando le abitazioni di
tutto ciò che ancora si trova al loro interno, oppure usando violenza nei
confronti soprattutto delle donne. Si tratta in prevalenza di soldati e
mercenari stranieri che un tempo costituivano la guardia personale di Taylor.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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In
Burundi si è conclusa, ieri, con soddisfazione espressa da entrambe le parti,
la prima tornata di colloqui tra il presidente, Domitien Ndayizeye, e il leader
delle Forze di difesa della democrazia, Pierre Nkurunziza. Al centro del
‘faccia a faccia’ l’attuazione del cessate-il-fuoco siglato alla fine del 2002.
E’ stato, invece, rinviato al 31 agosto o al primo settembre il summit dei capi
di Stato dei Grandi Laghi sul Burundi.
In
Francia si contano le vittime dell’emergenza caldo. Il governo ha contestato le
cifre ricavate dalle pompe funebri – secondo cui sarebbero morte oltre 10 mila
persone – ed annuncia nuovi provvedimenti. In un messaggio alla nazione, il
presidente Chirac ha assicurato l’attivazione di sistemi di prevenzione e di
meccanismi di aiuto per anziani e disabili. Imminente l’apertura di
un’inchiesta, per accertare i malfunzionamenti del sistema sanitario nazionale.
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