RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 233 - Testo della
Trasmissione di giovedì 21 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Eccezionalmente riaperta, fino a settembre, la chiesa di San
Francesco a Cortona
Finito nelle mani degli americani il noto gerarca
iracheno Alì il Chimico
Nominato
in Liberia il capo del prossimo governo provvisorio: si tratta di Gyude Bryant
stimato uomo d’affari
Possibile svolta nel processo di pace in Sudan
Il senato argentino ha annullato oggi le leggi di
amnistia.
21
agosto 2003
PUBBLICATO
DALLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE
IL
PROGRAMMA DETTAGLIATO DEL PROSSIMO VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA
IN
SLOVACCHIA, DALL’11 AL 14 SETTEMBRE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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Un viaggio in uno dei Paesi dell’Est europeo più prossimi
all’ingresso nelle strutture comunitarie del Vecchio Continente, la cui
evoluzione istituzionale è sempre più spesso al centro dei suoi pensieri e
delle sue esortazioni. Giovanni Paolo II incontrerà la Slovacchia, la sua
Chiesa e i suoi cittadini il prossimo 11 settembre, giorno di inizio del 102.mo
viaggio internazionale. Nel programma dettagliato della visita, reso noto dalla
Sala stampa vaticana, l’arrivo del Papa a Bratislava è annunciato per le 10.40,
ora locale, dopo poco più di un’ora e mezzo di volo con decollo dall’aeroporto
romano di Fiumicino. Al termine della cerimonia di benvenuto, il Pontefice
dedicherà le prime ore della visita ai colloqui istituzionali con i vertici
politici della Repubblica slovacca, ricevendo nella nunziatura apostolica di
Bratislava il capo dello Stato, il presidente del Parlamento e il primo
ministro. Nel tardo pomeriggio, invece, si recherà in visita alla cattedrale di
Trnava.
Il 12 settembre, un breve volo interno porterà Giovanni
Paolo II nella città di Banská Bystrica per la celebrazione della Santa Messa,
in programma alle 10.30 locali. Il pranzo successivo alla liturgia eucaristica,
allestito nel Seminario maggiore diocesano, sarà il luogo del tradizionale
incontro del Pontefice con i vescovi del Paese. In serata, il corteo papale
farà ritorno a Bratislava da dove, il giorno successivo, sabato 13 settembre,
il Papa si sposterà sempre in aereo alla volta di Košice e quindi, in auto,
verso Rožňava, luogo della celebrazione della seconda Messa del viaggio,
fissata per le 11.30. Dopo un nuovo momento conviviale con i vescovi locali, il
Pontefice farà ritorno alla nunziatura della capitale slovacca.
Per tutti i cattolici slovacchi – che con i loro 4 milioni
rappresentano il 75 per cento degli abitanti del Paese – il giorno centrale
della visita apostolica sarà per domenica 14, con la solenne Messa di
beatificazione, presieduta da Giovanni Paolo II, di due martiri slovacchi: il
vescovo greco-cattolico Basile Hopko - arrestato dalla polizia del regime comunista
e ucciso per avvelenamento - e la suora Zdenka Schelingová, morta in seguito
alla torture perpetrate contro di lei dalla polizia segreta. La cerimonia avrà
inizio alle 10 locali e sarà conclusa dalla recita dell’Angelus. Nel
pomeriggio, dopo la cerimonia di congedo, il Pontefice lascerà la Slovacchia
con partenza alle 18.20 e arrivo allo scalo di Ciampino previsto per le 20 ora
italiana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima
pagina è aperta dalle notizie provenienti dall’Iraq: Kofi Annan ribadisce che,
nonostante il grave attentato a Baghdad, le Nazioni Unite non si faranno “né
intimidire né distrarre”. Continuano intanto le polemiche con gli Stati Uniti.
Washington prepara una nuova risoluzione all’Onu; un articolo ricorda il
sacrificio di Sergio Vieira de Mello e di quello di tanti funzionari delle
Nazioni Unite. Catturato Hussein Hasan al Majid, noto col soprannome di “Ali
Chimico”. Medio Oriente: Abu Mazen chiede ad Arafat di appoggiare le misure contro
le organizzazioni estremistiche; Israele lancia le ritorsioni nei Territori;
l’Autorità palestinese ribadisce l’impegno per la tregua; l’inviato degli Stati
Uniti torna nella regione. Sudan: le parti si dicono pronte a riprendere le
trattative.
Nelle
pagine vaticane, da segnalare l’omelia del cardinale Cacciavillan a Loreto e
due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle pagine estere, raggiunto in
Liberia l’accordo sul governo di transizione. Nigeria: rafforzate le misure di
sicurezza a Warri dopo gli scontri tra le etnie. Repubblica Ceca: 35 anni fa
l’invasione sovietica metteva fine alla “Primavera di Praga. Libia: dopo
l’ammissione di colpevolezza per la strage di Lockerbie, il governo libico si
dichiara disposto ad un compromesso con la Francia”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Gian Luigi Giovanola sugli incontri con il pittore Giuseppe Caporossi.
Nelle pagine italiane, i temi
dell’economia, della politica, degli incendi e dell’emergenza caldo.
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21
agosto 2003
L’EMERGENZA
SICUREZZA IN IRAQ AL CENTRO DEL DIBATTITO AL PALAZZO DI VETRO, DOPO L’ORRENDA
STRAGE CHE MARTEDI’ HA COLPITO LE NAZIONI UNITE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
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Sventola a mezz’asta la bandiera
delle Nazioni Unite al Palazzo di Vetro di New York: segno tangibile di uno shock
da cui è difficile riprendersi. Dopo la strage di martedì a Baghdad, in cui
hanno perso la vita – secondo un ultimo bilancio – 23 persone, il Consiglio di
Sicurezza ha ribadito ieri l'impegno dell’Onu a restare in Iraq. Dal canto suo,
il segretario generale, Kofi Annan, ha ribadito che il rispetto dell’ordine in
Iraq spetta alle potenze occupanti, escludendo per ora l'impiego di caschi blu
nel Paese. Oggi, intanto, Annan incontrerà il segretario di Stato americano,
Powell, e il ministro degli Esteri britannico, Straw, latori di una proposta
per una nuova risoluzione che incoraggi altri Paesi a inviare truppe e forze di
polizia in Iraq. L’emergenza sicurezza domina dunque lo scenario politico
iracheno. Ma quali riflessi potrà avere l’attacco alle Nazioni Unite sul processo
di normalizzazione dell’Iraq? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Fernando
Filoni, nunzio apostolico in Iraq, raggiunto telefonicamente a Baghdad:
R. – No, non credo ad una
battuta d’arresto, ma forse un ripensamento nei modi con cui si dovrà
procedere, questo sì. Ovviamente non è un evento che passa inosservato o privo
di considerazione, però la gente ha bisogno di una normalità e questo dimostra
che c’è gente che non vuole questa normalità, mentre tutto il popolo
normalmente spera che quanto prima questa normalità ritorni e che quindi
l’autorità locale riprenda in mano la situazione, che le relazioni
internazionali siano favorite a livello reciproco tra l’Iraq e gli altri Paesi,
che poi è la situazione proprio umanitaria, la situazione degli ospedali, la
situazione della sicurezza interna, della sicurezza esterna. Insomma, la gente
ha bisogno che tutti questi aspetti siano ripristinati e possano dare loro una
speranza di vita futura, però, ritorno a dire che non credo sia una battuta
d’arresto, ma certo un ripensamento sicuramente sarà fatto.
Intanto, mentre il ministero
dell’Interno iracheno ha confermato poco fa che l’attacco alla sede dell’Onu è
stato un attentato suicida, la Banca Mondiale ha deciso di lasciare l’Iraq. I
funzionari dell’organismo finanziario saranno trasferiti ad Amman, in
Giordania. D’altro canto, Kofi Annan, fin dalla prima dichiarazione dopo
l’attentato, ha assicurato che l’Onu continuerà il proprio impegno in favore
della popolazione irachena. Un punto questo su cui si sofferma l’arcivescovo Diarmuid Martin, per due anni Osservatore
permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, al microfono di Fabio
Colagrande:
R. - Noi abbiamo il dovere di
garantire che la missione delle Nazioni Unite vada avanti e non venga
abbandonata. E’ troppo facile per gli Stati membri lasciare il compito di
guadagnare la pace a questi funzionari internazionali poco protetti che si
impegnano a nome nostro. A mio avviso la cosa importante, e sono sicuro che questo
sarebbe stato l’atteggiamento di Sergio De Mello, è di non abbandonare il
mandato dell’Onu, di garantire la protezione della popolazione civile, la
ricostruzione della Nazione e la legalità internazionale.
D. – Qualcuno ha detto che
questo attentato in particolare è contro la Comunità Internazionale …
R. – E’ difficile comprendere
persone che fanno un gesto del genere. Non capisco la loro mentalità, ma
certamente è un attacco alla Comunità Internazionale rappresentata da uno dei
loro migliori interpreti.
D. – Quale sarà il futuro del
ruolo delle Nazioni Unite in Iraq dopo quello che è successo?
R. – Credo che purtroppo chi ha
la responsabilità in questo dovrà anche pensare alla sicurezza degli altri
impiegati dell’Onu. De Mello ha sottolineato più volte quali fossero le
responsabilità di chi ha il controllo del territorio in Iraq: assicurare la protezione, non solo della popolazione
civile, ma anche dei funzionari internazionali.
D. – Dopo la guerra in Iraq,
finalmente l’Onu e gli Stati Uniti stavano tornando in qualche modo a dialogare
per questo dopo-guerra. Dopo questo attentato, cosa può avvenire?
R. – De Mello era un uomo del dialogo, il candidato
preferito dagli Usa per ricoprire questo ruolo in Iraq, ma “non era nelle
tasche di nessuno”, era un uomo molto indipendente e avrebbe potuto svolgere un
ruolo molto importante per assicurare il passaggio del paese alla legalità,
alla normalità. E adesso spetta al segretario generale di trovare
sia un nuovo rappresentante in Iraq, sia un nuovo Alto Commissario per i
diritti umani, cariche che De Mello copriva anche se per un certo periodo si è
dedicato totalmente alle questioni dell’Iraq.
Tra le agenzie umanitarie
dell’Onu impegnate in prima linea in Iraq, fin dal 1983, c’è l’Unicef. Proprio
il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia ha pagato
un pesante tributo nell’attacco di martedì scorso. Nella strage ha, infatti,
perso la vita il numero due dell’Unicef in Iraq, il 32enne canadese Christopher
Klein Beekman. Una morte che va onorata con l’impegno quotidiano in favore dei bambini e delle
donne irachene, come sottolinea Roberto Salvan, direttore generale dell’Unicef
Italia:
R. – Noi vogliamo riuscire a lavorare affinché il
dramma che la popolazione civile irachena sta subendo non debba essere ancora
maggiore. E questo lo vogliamo fare soprattutto nel ricordo di Christopher.
Christopher era una persona dinamica, motivatissima, ha iniziato a lavorare
nell’Unicef nel 1997 e da maggio del 2002 aveva iniziato come numero due dello
stesso Unicef in Iraq. Il suo impegno e la sua voglia di lavorare per i bambini
e per le donne non dev’essere dimenticato, soprattutto da tutti i funzionari
dell’Unicef.
D. – Siete riusciti a dare una
risposta alla domanda che interroga tutta la comunità mondiale: perché le
Nazioni Unite?
R. – Personalmente posso dire
che di fronte ad una situazione di caos come è quella attuale in Iraq, si va ad
intensificare, ad alzare il livello della guerriglia e del caos, perché la
soluzione che le forze anglo-americane stanno portando in questo Paese non
soddisfa evidentemente chi è stato costretto ad abbandonare il potere. Questo
non vuol dire che le Nazioni Unite lasceranno questo Paese: continueranno a
lavorare affinché la popolazione civile non paghi ancora il prezzo più alto di
questa enorme emergenza.
D. – Quali potranno essere le
conseguenze di questa terribile strage sull’impegno dell’Unicef in Iraq?
R. – Purtroppo, saremo costretti
a spendere molte più risorse economiche nella difesa degli operatori. Tutte le
agenzie delle Nazioni Unite che hanno lavorato in questi mesi nel Paese non
hanno mai usufruito della protezione delle forze anglo-americane; hanno sempre
pagato il proprio servizio di sicurezza. Purtroppo, dovremo spendere molte più
risorse nella sicurezza, a scapito degli interventi sul terreno sanitario,
delle vaccinazioni, sulla scuola ...
Purtroppo, la stessa comunità
italiana delle Nazioni Unite piange una grave perdita. Tra le vittime
dell’attentato, infatti, anche Nadia Younes,
attualmente capo di gabinetto di Sergio Vieira de Mello, che - dal 1993 al 1997
- ha rivestito l’incarico di direttore dell'Ufficio dell’Onu per l'Italia, la
Santa Sede, Malta e San Marino. Ecco il ricordo commosso di Katia Miranda
Saleme, funzionario del Centro Informazioni delle Nazioni Unite di Roma:
R. - Una donna di grande
coraggio, dedita alle Nazioni Unite, che ha coperto diverse cariche in diversi
Paesi con grande responsabilità e ovviamente qui in Italia ha avuto il sostegno
di tutti i settori della società. Noi che abbiamo lavorato con lei abbiamo
avuto grande ammirazione e vorrei sottolineare che una delle sue qualità era
quella di trasmettere le sue esperienze, insegnare agli altri quello che lei
sapeva fare e trasmettere le sue convinzioni sugli ideali delle Nazioni Unite.
D. – Cosa resta della
personalità di Nadia Younes nel lavoro e negli operatori delle Nazioni Unite
soprattutto in Italia?
R. – Quello che ci rimane sono
il suo coraggio ed il suo stimolo, i suoi insegnamenti e le sue convinzioni che
ci daranno forza per andare avanti nel nostro lavoro quotidiano.
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SCENARIO DI NUOVE
VIOLENZE IN TERRA SANTA,
SEBBENE PREVALGA LA VOLONTA’ DA PARTE
ISRAELIANA E PALESTINESE
DI PROSEGUIRE NELLA ‘ROAD MAP’
- A cura di Roberta Gisotti -
La speranza è “che nei cuori
prevalga la saggezza” - così come il Papa addolorato ha invocato ieri - perché
“i responsabili della cosa pubblica sappiano rompere questa funesta spirale di
odio e di violenza”. Ed oggi con apprensione si valutano le decisioni prese dal
governo israeliano e dall’Autorità nazionale palestinese in risposta
all’attentato suicida di martedì sera, nel cuore di Gerusalemme.
Il Gabinetto di sicurezza
israeliano, riunito la scorsa notte a Gerusalemme, ha deciso di autorizzare
l’Esercito ad agire contro i gruppi radicali palestinesi ed ha chiesto al
governo di Abu Mazen di agire con passi “reali e significativi” contro tali movimenti
integralisti, che altrimenti non vi saranno progressi nei negoziati di pace.
Nelle stesse ora a Ramallah, in Cisgiordania, si è riunita la direzione palestinese,
che ha ribadito l’appoggio alla tregua di tre mesi proclamata il 29 giugno,
impegnandosi a consolidare la propria autorità e a far applicare la legge.
Dunque Sharon non rinuncia alla
ritorsione, già iniziata in serata nel nord della Cisgiordania, con un
incursione nel campo profughi di Tulkarem, dove nel corso di una sparatoria
sono morti due ragazzi, altri tre palestinesi sono rimasti feriti e quattro esponenti
di Al Fatah sono stati arrestati mentre ad Hebron è stata demolita la casa
dell’attentatore. E questa mattina tanks israeliani sono entrati a Nablus e
Jenin, e missili sono stati sparati sulla città di Gaza uccidendo un leader di
Hamas.
Se Israele premeva per una presa
di posizione forte da parte del governo palestinese, stamane a sorpresa è
arrivata la risposta di Arafat che ha approvato il piano dell’Autorità
palestinese contro Hamas e la Jihad, contrariamente a quanto emerso nella
riunione a Ramallah, dove vi sarebbe stato un braccio di ferro tra Arafat e Abu
Mazen, quest’ultimo espressamente sollecitato ieri anche dagli Stati Uniti a
smantellare i bracci armati della resistenza palestinese. Il piano prevede la
messa al bando dell’ala militare dei due gruppi; la caccia agli attivisti
coinvolti nell’attentato suicida a Gerusalemme; la chiusura delle moschee di
Hamas e delle scuole gestite dai due gruppi a Gerusalemme o in alternativa
l’affido ad organismi indipendenti; l’arresto di esponenti militari e politici di
Hamas e della Jihad nella striscia di Gaza.
Sul piano internazionale si
registrano ancora l’invito dell’Unione Europea perché israeliani e palestinesi
“rafforzino la loro determinazione nel procedere senza esitazioni sul cammino
della pace secondo i principi fissati dalla ‘road map’”.
Difficile fare previsioni,
seppure non si può e si deve cedere al pessimismo quando tra mille difficoltà e
passi d’arresto ci si è comunque avvicinati alla meta, ambita da oltre mezzo
secolo, per una convivenza pacifica di due popoli, entro due Stati che si
riconoscono e si rispettano. La storia chiede allora di andare avanti, oltre il
dolore e la morte di tante vittime, e superare anche quest’altra pagina ‘nera’
degli uomini in Terra Santa. Ma occorre pure essere accanto a questa gente che
soffre e che vive nel terrore quotidiano, da una parte e dall’altra, come ci
testimonia da Gerusalemme la collega Barbara Schiavulli, al microfono di Andrea
Sarubbi.
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R. – Si ha proprio la sensazione
che ormai la tregua si sia spezzata. In Cisgiordania la gente vive di nuovo
sotto coprifuoco, tutte le città sono state chiuse ed è ritornato quello che
c’era un anno fa. Stanotte ci sono stati anche due morti, tra cui un ragazzino
... quindi, si teme che i palestinesi cercheranno di vendicarsi di nuovo con un
attentato. Quindi la situazione in questo momento è molto tesa, sia da una
parte sia dall’altra.
D. – Sul fronte palestinese si
sta assistendo ad uno scontro politico tra Abu Mazen e Arafat; nessuno dei due
sembra in grado, però, in questo momento di fermare gli estremisti ...
R. – Tra di loro c’è una specie
di braccio di ferro che però non porta ad ottimi risultati, perché per adesso
le infrastrutture del terrorismo sono state quasi per niente smantellate, cosa
che però è anche difficile perché gli israeliani hanno ancora potere su tutte
le città palestinesi, non è che ci sia una polizia o militari palestinesi che
possano entrare con efficacia ...
D. – C’è chi dice che Israele
abbia perso un’ottima occasione per non reagire ...
R. – All’inizio sono stati
abbastanza calmi; però questa notte, con tutte le incursioni che ci sono state,
con la distruzione della casa dell’attentatore a Hebron e con i colloqui che
sono stati tutti congelati, non si sa cosa potrà accadere adesso!
D. – Tu in questo momento sei a
Gerusalemme: per strada si respira anche oggi la paura di nuovi attentati?
R. – Oggi, no. Però, due giorni
fa, martedì, quando invece c’è stato l’attentato, lo si aspettava. Tutti gli israeliani
sapevano che Hamas o Jihad avrebbero vendicato la morte del leader avvenuta il
14 agosto. Quindi si sapeva che in qualche modo qualcosa da qualche parte
sarebbe accaduta.
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R. - Nel
bilancio globale di questo fenomeno chiamato ‘clima’, l’uomo incide dal 3 al
7%, certamente non più del 10%. Il 90%, invece, è costituito dall’Oceano
globale, cioè la superficie liquida della terra, e poi dalla superficie solida.
La domanda è: come è possibile che questa minima percentuale disturbi così
pesantemente il sistema? Il problema di fondo che va chiarito è il seguente:
non esiste un’equazione del clima. Questo fenomeno che noi chiamiamo ‘clima’ è
descritto da un sistema di equazioni che non hanno soluzioni che noi definiamo
analitiche, il che vuol dire che non c’è la formula del clima, ma solo i
modelli. I modelli sono pericolosi perché se io creo un modello, che cosa posso
prevedere? In verità, solo quello che metto nel modello. Ecco la difficoltà
nella quale ci si muove oggi. Clima vuol dire qualcosa che avviene nel corso di
decine di anni, diciamo 100 anni, 50 anni, ma certamente non nel corso di 2-3
mesi o di 10 anni. La variazione climatica è come un elefante, mentre le
variazioni meteorologiche sono come le farfalle.
D. - Nell’Anno Internazionale
dell’Acqua indetto dalle Nazioni Unite, il tema del caldo si lega
inesorabilmente all’incubo della sete …
R. - Il tema dell’acqua è di
grande attualità. Noi nel 1986 abbiamo detto che non solo è di grande
attualità, ma l’acqua potrebbe essere più pericolosa del petrolio, nello
scatenare future guerre tra zone interessate ad avere le stesse sorgenti
d’acqua.
D. - In primo piano le epidemie,
prima fra tutte ancora l’Aids, ma anche la Sars preoccupa …
R. - La Sars è un esempio chiaro
del fatto che se si vuole essere rigorosi è possibile bloccare le epidemie. La
Sars, se non fosse stata presa con estrema serietà, avrebbe potuto produrre
disastri.
D. - Quale è il messaggio che
vogliono lanciare i 130 studiosi convenuti in tema di terrorismo e di pace in
Medio Oriente, soprattutto alla luce degli ultimi attentati che hanno sconvolto
i territori?
R. - Che bisogna introdurre la
componente scientifica in questo problema, che è di crisi culturale. Il
terrorismo è un esempio lampante di come la cultura detta moderna sia
prearistotelica e abbia prodotto disastri senza distinguere scienze da tecnica,
senza mettere in evidenza come è nata la scienza e senza far capire al mondo
che la cultura scientifica ha valori che sono in comunione con la fede, come
dice questo grande Papa, non in antitesi. Nessun grande scienziato ha detto che
fede e scienza sono nemiche. Introdurre una componente scientifica in queste
problematiche, apparentemente non idonee ad essere risolte, è una speranza
concreta di possibili soluzioni.
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21
agosto 2003
SI
SONO SVOLTE IERI, A BUDAPEST, LE CELEBRAZIONI PER LA FESTA NAZIONALE
DI
SANTO STEFANO CHE, QUEST’ANNO, RIENTRA NEL KATHOLIKENTAG MITTELEUROPEO
BUDAPEST.
= Con la Santa Messa presieduta ieri dall’arcivescovo di Esztergom-Budapest,
Peter Erdö, l’Ungheria ha festeggiato il patrono Santo Stefano (957-1038), re
dalla nazione magiara che estese la conversione al cristianesimo a tutto il
Paese. L’omelia è stata celebrata sul sagrato della basilica,
intitolata al Santo, dall’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph
Schönborn. La giornata festiva per il popolo ungherese rientra quest’anno anche
nella celebrazione del Katholikentag mitteleuropeo, che si è aperto a giugno e
che vede protagoniste le Chiese dell’Europa occidentale. Al termine della
liturgia, si è svolta la tradizionale processione con la reliquia del braccio
di Santo Stefano. Consacrato re di Ungheria nella notte di Natale dell’anno
mille da Papa Silvestro II con il titolo di “re apostolico”, Santo Stefano
organizzò non solo la vita politica del suo popolo, riunendo le 39 contee in un
unico regno, ma anche quella religiosa gettando le fondamenta di una solida
cultura cristiana. (A.L.)
RAPPRESENTANTI POLITICI DI 25
PAESI DELL’AFRICA SONO RIUNITI DA IERI, IN KENYA, PER PARTECIPARE AD UN
INCONTRO SULLA STRUTTURA E LE FUNZIONI DEL NEPAD, IL PROGRAMMA
DI AZIONE PER LO SVILUPPO DEL CONTINENTE AFRICANO
NAIROBI. = Parlamentari provenienti da diversi
Paesi africani sono riuniti da ieri in Kenya dove resteranno fino a domani per
discutere del “Nuovo partenariato per lo sviluppo” (Nepad). All’incontro
partecipano 60 delegati, tra cui una quarantina di deputati provenienti da 25
Paesi, con il compito di studiare una serie di iniziative da lanciare nei
singoli Paesi per far si che all’interno delle stesse classi dirigenti africane
vi sia una maggiore consapevolezza dei principi e del funzionamento del Nepad.
Proprio per discutere delle strutture e del funzionamento dell’Unione Africana
e del Nepad il governo sudafricano ha creato all’interno del parlamento alcuni
gruppi di lavoro. “É necessario - ha affermato il deputato sudafricano Turok -
che tutti i Paesi costituiscano dei gruppi di studio che discutano sugli
aspetti fondanti di queste istituzioni continentali, in modo da proporre eventuali
miglioramenti”. Il Nepad è nato nel 2001 dalla fusione del Millennium
Partnership per il rinnovamento dell'Africa (Map) e dal Piano Omega, promossi rispettivamente
dai presidenti di Sudafrica, Algeria e Nigeria e dal presidente del Senegal.
Tra i suoi obiettivi figurano la promozione di una crescita accelerata e uno
sviluppo sostenibile, lo sradicamento della povertà e l’arresto dell’esclusione
dell'Africa dai processo di globalizzazione economica. (A.L.)
PORTARE
LA PACE NEL QUOTIDIANO: E’ QUESTO IL MESSAGGIO LANCIATO
IN UN
DOCUMENTO DIFFUSO DA OLTRE 700 GIOVANI DI DIVERSE FEDI RELIGIOSE
E
PROVENIENTI DA 19 PAESI DELL’ASIA
BANGALORE. = “Noi, giovani abitanti dell’Asia,
Continente che ama la pace, crediamo nella volontà di espandere gli orizzonti e
abbracciare i nostri fratelli e sorelle senza più barriere che possano
dividerci, opprimerci o alienarci”. È un brano del documento diffuso da più di
700 giovani di diverse religioni, provenienti da 19 Paesi dell’Asia, al termine
della terza ‘Giornata della gioventù asiatica’, svoltasi dal 9 al 16 agosto a
Bangalore, in India, e promossa dai vescovi del continente. Riflettendo sui
problemi del proprio Continente, i giovani osservano che “l’Asia potrebbe
diventare una regione economicamente e politicamente instabile”. Le emergenze
più gravi sono “guerre, terrorismo, fondamentalismo e repressione delle libertà
religiose”. “Per questi motivi - proseguono i giovani – certe zone stanno
diventando estremamente povere, e la globalizzazione non fa che accentuare le
disuguaglianze”. L’esperienza dei partecipanti alla ‘Giornata della gioventù
asiatica’ è stata molto significativa: “In questi giorni – raccontano – abbiamo
avvertito la serenità della pace e i vari momenti di condivisione e tutto
questo ci hanno fatto capire che la pace è possibile, al di là di qualsiasi
differenza”. Per questo i giovani hanno deciso di portare la memoria della loro
esperienza nella vita di tutti i giorni. “Continueremo a cercare di capire cosa
possiamo fare a livello locale e globale nel quotidiano – hanno concluso -
collaborando con organizzazioni e movimenti che promuovano la cultura della pace
e la civiltà dell’amore”. (A.L.)
DAL 28
AL 31 AGOSTO SI SVOLGERÀ UN PELLEGRINAGGIO ALLA CROCE DELL’ADAMELLO PROMOSSO DAL SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE
GIOVANILE
TRENTO.
= Sul tema “Riscopriamo il Cantico delle Creature all’inizio del terzo millennio”
si svolgerà dal 28 al 31 agosto a Carisolo, in provincia di Trento, un
pellegrinaggio alla Croce dell’Adamello promosso dal Servizio nazionale per la pastorale
giovanile. L’iniziativa si aprirà il 28 agosto alla presenza del cardinale Ersilio
Tonini ed il 30 agosto, dopo il trasferimento al rifugio di Lobbia Alta, ci
sarà una celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Trento, mons.
Luigi Bressan. Il pellegrinaggio, dopo vari momenti di preghiera e di
riflessione, si concluderà il 31 agosto con una celebrazione eucaristica
presieduta dall’arcivescovo di Loreto, mons. Angelo Comastri. “La montagna, una
volta frontiera e teatro di guerra – si legge nel comunicato del Servizio
nazionale di pastorale giovanile - oggi può trasmettere ai giovani d’Italia e
d’Europa un forte messaggio di pace e l’ascesa alla Croce è via di incontro con
Dio negli immensi scenari della creazione e nel segno dell’amore infinito di
Cristo”. La montagna, dunque, è stato e può ancora essere luogo per
l’educazione alla fede delle giovani generazioni nell’orizzonte della santità.
(A.L.)
PER
BLOCCARE IL TRAFFICO DI DROGA DAL MYANMAR ALLA THAILANDIA, IL GOVERNO
DI BANGKOK
HA AUTORIZZATO LE FORZE DI POLIZIA A PROCEDERE ANCHE
AD
ESECUZIONI SOMMARIE CONTRO I TRAFFICANTI DI STUPEFACENTI
BANGKOK. = Il governo thailandese ha deciso di
intensificare le iniziative contro il commercio di droga e, con questo obiettivo,
ha autorizzato le forze di sicurezza a procedere anche ad esecuzioni sommarie
contro i trafficanti che importano sostanze stupefacenti in Thailandia dal
vicino Myanmar (ex Birmania). Lo ha annunciato il primo ministro thailandese,
Thaksin Shinawatra, sostenendo che, se le autorità birmane non sono in grado di
controllare i confini, la Thailandia dovrà agire da sola. Il premier ha
rilasciato queste dichiarazioni dopo che alcuni soldati thailandesi avevano
ucciso nove sospetti trafficanti di droga birmani e ne avevano feriti altri
undici in un conflitto a fuoco nella provincia di frontiera di Chiang Mai. Da
quando è salito al potere nel gennaio 2001, il ricchissimo magnate delle
telecomunicazioni Shinawatra ha intrapreso una serie di iniziative contro lo
smercio di stupefacenti, culminate nella discussa campagna anti-droga iniziata
il primo febbraio e conclusasi il 30 aprile di quest’anno. In questo arco di
tempo le operazioni di polizia hanno provocato la morte di 2.275 persone,
l’arresto di altre cinquantamila e il sequestro di beni di presunti colpevoli
per un totale di 23,3 milioni di dollari. Le forze di sicurezza hanno ammesso
che, dei quasi 2.300 morti, 51 sono stati uccisi dagli stessi agenti per
legittima difesa, sostenendo che gran parte degli altri ha perso la vita
durante le lotte intestine tra bande rivali. Questa tesi, però, è duramente
contestata dagli attivisti per i diritti umani, secondo i quali i poliziotti si
sono resi responsabili di un elevato numero di esecuzioni sommarie. (A.L.)
DA DOMANI E FINO AL 7 SETTEMBRE VERRÀ ECCEZIONALMENTE APERTA
A CORTONA
LA
CHIESA DI SAN FRANCESCO, DOVE SI POTRANNO VEDERE ALCUNI AFFRESCHI DEL XIII E
DEL XIV SECOLO VENUTI ALLA LUCE DURANTE I LAVORI DI RESTAURO
CORTONA.
= La chiesa di San Francesco di Cortona, attualmente chiusa per restauri, verrà
eccezionalmente riaperta al pubblico in occasione della 41.ma edizione di
‘Cortonantiquaria’, la mostra di antiquariato che si terrà da domani fino al 7
settembre presso il Palazzo Casali ed il Palazzo Cagnotti del paese toscano.
All’interno della chiesa saranno visibili in anteprima assoluta una serie di
scoperte, fra cui alcuni affreschi del XIII e del XIV secolo venuti alla luce
durante i lavori di restauro. Oltre agli affreschi, saranno visibili anche
alcune opere in fase di attribuzione a grandi maestri rinascimentali. Oltre
all’esposizione della chiesa di San Francesco, che è stata denominata ‘In corso
d’opera’, sarà allestita una mostra con le opere che l’artista Giambattista
Piazzetta e la sua scuola realizzarono tra 1739 e il 1780 per Cortona. Da
segnalare, inoltre, il premio Cortonantiquaria, una iniziativa nata con
l’obiettivo di valorizzare personaggi che con il loro impegno e la loro storia
hanno rappresentato un passaggio importante della cultura e dell’arte italiana.
Dopo i riconoscimenti al regista Mario Monicelli ed al fondatore della mostra,
Giulio Stanganini, quest’anno la scelta è caduta sul cantante jazz Nicola
Arigliano. (A.L.)
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21
agosto 2003
- A cura di Barbara Castelli -
Sempre più stretta in Iraq la morsa delle truppe americane
intorno agli esponenti dell’ex regime di Saddam. Hussein Hasan al Majid, il
gerarca iracheno noto anche col soprannome di Ali il Chimico, è stato catturato
stamani nel Paese. Lo riferisce la Cnn. Al Majid, cugino e genero dell’ex rais,
è stato governatore del Kuwait e nel 1991 ha operato il massacro dei curdi del
Nord e degli sciiti del Sud usando i gas e le armi chimiche: di qui il
soprannome.
Il prossimo governo provvisorio in Liberia, che entrerà in
carica ad ottobre, sarà guidato da Gyude Bryant, stimato uomo d’affari di 54
anni. L’annuncio è stato dato oggi dai delegati delle fazioni ribelli, riuniti
ad Accra, in Ghana, per i colloqui di pace con il governo liberiano. Principale
incarico della futura amministrazione, che ha il sostegno dei Paesi dell’Africa
Occidentale e delle Nazioni Unite, sarà di porre fine al conflitto che per
quasi 14 anni ha insanguinato la Liberia, di disarmare le bande di ribelli e,
infine, indire le elezioni entro il 2005. “La mia assoluta priorità sarà di
curare la sofferenza e le ferite che abbiamo accumulato nel corso degli anni”,
ha detto oggi il futuro capo del governo della Liberia aggiungendo di essere
consapevole che “le aspettative del popolo liberiano sono alte”. Sulla scelta
operata e sulla figura di Gyude Bryant, Andrea Sarubbi ha raccolto il commento di Massimo
Alberizzi, inviato speciale del “Corriere della Sera”, appena rientrato dalla
Liberia:
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R. -
Gyude Bryant sembra in questo momento uno degli uomini più neutrali. Nessuno si
aspettava che lui apparisse nella rosa finale dei candidati. Sembra, quindi,
quasi un candidato di compromesso per evitare frizione ulteriori. Questo
potrebbe essere un bene, ma anche un male, perché poi lui dovrebbe fare da
parafulmine a tutti gli interessi circolanti in Liberia.
D. - Nel nuovo governo i due gruppi di ribelli hanno
dovuto rinunciare sia alla vice presidenza sia al ministero degli Esteri. C’è
qualcosa di importante a cui possono ancora aspirare?
R. – Ci sono altri ministeri molto importanti, per esempio
il ministero degli Affari Marittimi, che ha i ricavi dell’enorme flotta di
bandiere-ombra panamensi. L’altro è l’ispettorato delle foreste, quello che gestisce
le concessioni per il taglio delle foreste, oltre a quello della gomma,
naturalmente, e quello delle miniere per i diamanti e l’oro. Il ministero degli
Esteri è politicamente importante, ma da quelle parti la politica ha meno senso
dell’economia.
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Dopo 20
anni di guerra civile, costati almeno 2 milioni di morti, il Sudan è di fronte
ad un bivio cruciale. Sembra, infatti, ad un passo la ripresa dei colloqui di
pace tra il governo di Khartoum ed i ribelli dell’Esercito di liberazione popolare.
Il servizio di Giulio Albanese:
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Secondo fonti vicine al leader dei ribelli, John Garang, i
negoziati potrebbero addirittura riprendere entro le prossime 24 ore in Kenya e
durare fino al 20 settembre: un mese oltre la scadenza prevista. Martedì un
quotidiano indipendente sudanese ha riferito che i mediatori dell’Igad,
l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo, avrebbero deciso di rinviare a
tempo indeterminato la trattativa, al termine di una settimana in cui il
governo sudanese aveva nuovamente respinto il piano per porre fine al
ventennale conflitto. Il governo di Khartoum teme - a detta degli osservatori -
che la ricetta proposta dall’Igad possa prima o poi portare all’indipendenza
delle regioni meridionali del Paese.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Giornata chiave ieri per i colloqui di pace in Burundi. Il
presidente, Domitien Ndayizeye, e il leader delle Forze di difesa della
democrazia, Pierre Nkurunziza, hanno avuto un ‘faccia a faccia’ in Sudafrica.
Al centro dell’incontro tra il capo di Stato e il numero uno della ribellione
hutu, l’attuazione del cessate-il-fuoco, che da 8 mesi attende di essere
pienamente rispettato.
Annullate in Argentina le leggi di amnistia. Il
senato ha approvato, infatti, stamani, a larga maggioranza, il progetto che rende
nulle le leggi di “Punto finale” e “Obbedienza dovuta”. Queste ultime negli
anno ‘80 hanno evitato a un gran numero di militari di essere processati per
violazione dei diritti umani durante la dittatura del 1976-1983.
L’opposizione venezuelana torna alla carica contro il
presidente, Hugo Chavez. In coincidenza della fine del primo triennio al potere
del capo dello Stato, il Coordinamento democratico ha depositato ieri una
petizione con oltre 3 milioni di firme per indire un referendum sulle dimissioni
del presidente. In varie città del Paese si sono svolte ieri imponenti
manifestazioni, per fortuna senza incidenti di rilievo. Sentiamo Maurizio
Salvi:
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Il Coordinamento democratico ha festeggiato con fuochi
d’artificio e marce popolari l’ingresso nel periodo in cui, in base alla
Costituzione, si può chiedere un referendum per revocare il mandato
presidenziale, ed ha così consegnato al Consiglio nazionale elettorale i 3,2
milioni di firme già raccolte lo stesso anno per un referendum consultivo poi
annullato dalla Corte Suprema. I leader dell’opposizione hanno sostenuto che
ora comincia il conto alla rovescia per estromettere Chavez dal potere.
Intanto, tra le parti si è aperta anche una polemica sulla validità delle
firme. Il governo avanza ragioni giuridiche e tecniche e anche presunti brogli
nella raccolta per considerare le firme non valide.
Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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La
Libia ha iniziato ieri a trasferire i 2,7 miliardi di dollari, promessi come
risarcimento alle famiglie delle vittime della strage di Lockerbie, su un conto
della Banca di Regolamenti internazionale a Basilea. Tripoli si è detta,
inoltre, disponibile a cercare un compromesso con la Francia sul risarcimento
per i familiari delle vittime dell’attentato del 1989, contro un volo della
compagnia aerea francese Uta.
Continua
ad essere tesa la situazione in Cecenia. 10 persone sono morte ieri in uno
scontro armato tra l’esercito russo e un gruppo di guerriglieri ceceni nella
regione montana di Shali. Il combattimento è avvenuto a 6 settimane dalle
elezioni presidenziali, previste il prossimo 5 ottobre.
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